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F. Muccioli, Le orecchie lunghe di Alessandro Magno, Dispense di Storia Antica

Riassunto chiaro e dettagliato del saggio diviso per capitoli

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 11/06/2021

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sofia-bonmassar 🇮🇹

4.4

(65)

69 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica F. Muccioli, Le orecchie lunghe di Alessandro Magno e più Dispense in PDF di Storia Antica solo su Docsity! Il tiranno nel mondo greco  Il tiranno è da sempre legato a stereotipi di crudeltà, d’altra parte è osannato dalla sua cerchia  Nella realtà istituzionale dell’età ellenistica si differenzia dal sovrano: uno è legge incarnata, frutto della grande espansione macedone, il tiranno nasce dalla crisi della polis e rappresenta un modello temuto da cui ci si tiene a debita distanza con meccanismi legislativi di difesa (l’ostracismo ateniese e l’equivalente siracusano, il petalismòs). Nella percezione storiografica del periodo tendono ad essere più interscambiabili: Plutarco qualifica come un tiranno anche il basiléus per eccellenza, Alesssandro Magno Le forme dell’ironia Il re ellenistico, come il tiranno, si circondava di poeti di coorte (Eschilo e Simonide presso Ierone di Siracusa, alla corte di Antigono Gonata, Antagora di Rodi e Arato di Soli). Questi, per rivolgersi al tiranno senza offenderlo, utilizzano il discorso figurato: biasimano o lodano altre persone che hanno agito in modo simile o opposto: nell’operetta Sullo Stile, falsamente attribuita a Demetrio Falereo, l’autore si rivolge al tiranno Dioniso richiamando i suoi predecessori sicelioti. Scherza con il tiranno risulta infatti pericoloso, come attestano vari episodi tragici. L’ironia a corte  Nell’Atene del IV secolo l’ironia è uno degli intrattenimenti più apprezzati: vengono ricordati alcuni buffoni, ma soprattutto i cosiddetti Sessanta, particolarmente apprezzati dallo stesso Filippo II di Macedonia  Il luogo deputato ad esercitare l’ironia era il convivio all’interno dei palazzi regi (Alessandria in Egitto, Ortigia a Siracusa, Pella in Macedonia, Antiochia in Siria), che risultava il momento prediletto per il confronto dialettico dei poeti al servizio del signore, ma anche per il signore stesso: gioco di parole attribuito al tiranno Dioniso I di Siracusa su Gelone, che si basa sullo scambio tra Gelon e gelos=riso.  Le battute possono essere anche all’interno dello stesso entourage di corte: alcuni versi che mettevano in ridicolo i comandanti macedoni sconfitti dai barbari suscitano l’ira di un certo Clito, che arrivando ad altercare con Ale Magno viene poi ucciso da lui  I numerosi epiteti affibbiati ai dinasti testimoniano una forma anonima di ironia: mettono in risalto una caratteristica fisica (Grypòs per il naso aduno di Antioco VIII di Siria), una morale (Akairos=inopportuno), giocano sui titoli ufficiali (Epiphanès/Epimanés)  Filone satirico  Filone (sia greco che romano) di demonizzazione dei successori di Alessandro Magno: Luciano di Samosata redige una rassegna delle peculiarità dei sovrani di età ellenistica. 1.La figura del Ciclope  Filosseno, poeta alla corte di Dioniso I, tiranno di Siracusa tra 405 e 367, rappresentava nel suo ditirambo il tiranno come Polifemo, raggirato nel suo infelice amore per Galatea da Odisseo. L’obbiettivo del poeta è quello di mettere in ridicolo la propaganda filodionisiaca, che utilizzava il mito di Polifemo e Galatea per sostenere il potere multietnico voluto da Dioniso I e la sua politica filobarbarica (che emerge dall’alleanza con gli Illiri e dai rapporti stretti con i Celti), sottolineando invece l’incompatibilità fra la civiltà, rappresentata da Odisseo e dunque dal poeta stesso, e le barbarie, rappresentate dal Ciclope e dunque dal tiranno. Si tratta di una vendetta del poeta, che secondo vari aneddoti: - Filosseno, incapace di trattenersi dal giudicare negativamente i tentativi poetici di Dionisio, fu inviato dal tiranno nelle Latomie - Essendogli stato chiesto di giudicare positivamente la sua poesia, egli chiese di essere riportato nelle Latomie - Quando Dioniso gli chiese di correggere una sua tragedia, egli cancellò totalmente l’opera (Plutarco) - Sedusse Galatea, amante di Dioniso  Agatocle usa coscientemente la figura di Polifemo in opposizione a quella di Odisseo, presentandosi come il vendicatore del Ciclope, vittima di Odisseo e difensore delle forze barbare siciliane: riconduce la devastazione di Cocira e di Itaca all’ospitalità concessa dai Cociresi ad Odisseo e all’origine itacese dell’eroe. L’obbiettivo era quello di servirsi del mito sul matrimonio fra Galatea ed Odisseo per rinsaldare rapporti con le popolazioni illiriche e con i Celti, che il dinasta impiegò come mercenari.  Antigono Monoftalmo, che, come Filippo II, perse un occhio in battaglia, estremamente suscettibile per questo suo difetto fisico, venne apostrofato come Ciclope da Teocrito, che quando venne a sapere che doveva chiedere la grazia sotto gli occhi del sovrano per sfuggire alla morte, affermò che era cosa impossibile a farsi.  Polibio, quando fece pressioni in Senato perché gli esuli achei fossero fatti rientrare in patria, venne paragonato da Catone ad Odisseo, disposto ritornare nella caverna del ciclope per riprendersi berretto e cintura. 2. La tradizione ostile su Alessandro In Vita Ale non voleva farsi chiamare Magno, ma Anìketos. Esiste una vasta tradizione ostile sulla sua persona:  Fra le varie profezie mesopotamiche ex eventu, la profezia dinastica babilonese, la quale prevede che Dario III abbia la rivincita su Alessandro, e dunque modifica la successione degli imperi Assiri-Medi- Persiani-Macedoni-Romani  Nel mondo iranico, la tradizione si concentra sulle violenze dell’incendio di Persepoli, città simbolo degli Achemenidi, ma vi è anche un’altra tradizione, secondo la quale avrebbe fatto distruggere i testi sacri zoroastriani (falso, perché tali opere furono fissate in forma scritta molto più tardi).  La tradizione orientale lo ricorda come bicorne, motivo diffuso anche nel corano: Nizami Ganjavi, poea persiano del XII-XIII secolo, infatti, ricorda che essendo dotato di orecchie lunghe, era chiamato Bicorne. Solo il suo barbiere però lo sapeva, e lui, non sapendo tenerselo per sé, lo gridò in un pozzo, dove crebbe un canneto da cui poi venne costruito un flauto che tradiva il segreto.  Nella tradizione giudaica, la sua cattiva reputazione è assicurata dalla sua parentela (falsa) con Antioco IV, che distrusse e saccheggiò il tempio di Gerusalemme  Anche la letteratura latina, in alcuni casi, tende a sminuirne la grandezza, spesso contrapponendolo al padre Filippo II: - Livio: polemizza contro coloro che esaltavano Alessandro ed erano favorevoli alla gloria partica a scapito di Roma, proprio nel momento in cui Augusto era riuscito a recuperare le insegne sottratte a Crasso nel 53 e anche contro i Greci, che ritenevano che se Ale non fosse morto, avrebbe conquistato anche l’Occidente e dunque tutta l’ecumene. Lo fa descrivendo Ale come un imbarbarito, i suoi uomini come preda dell’alcol, seguaci di Dioniso nelle sue avventure indiane e sostenendo che se si fosse scontrato con i Romani del IV secolo, come Manlio Torquato, non avrebbe retto il confronto - Seneca: sottolinea la libido di conquista di Ale, che lo aveva comunque portato ad occupare una minima parte dell’ecumene e giungendo dunque alla conclusione che il suo epiteto era sbagliato - Lucano: lo descrive come il folle figlio di Filippo II, un brigante fortunato e una sventura per il mondo, che morendo senza lasciare eredi certi fece sì che le città si straziassero fra loro, mostrando lo stesso egoismo che lo aveva portato a conquistare tutto il mondo. 3. Costruzione della genealogia di Tolemeo I I compagni di Alessandro potevano garantirsi il potere tramite il principio della chora dirìkteros, oppure vantando ascendenze illustri, che andavano quindi negate per screditare l’aspirante sovrano: è per questo che la pubblicistica ostile ad Eumene di Cardia sostiene che sia figlio di un carrettiere del Chersoneso (mentre sappiamo da Nepote e da Plutarco che apparteneva all’élite cittadina di Cardia), ed è per questo che vengono messe in luce le incerte origini di Lago, padre di Tolemeo (come risulta dall’aneddoto raccontato da Plutarco) e la sua posizione di gregarius miles (soldato semplice) da Pompeo Trogo, epitomato da Giustino. Al contrario, Pausania afferma che Tolemeo era in realtà figlio di Filippo II, che mise incinta Arsinoe I, una delle sue amanti, per poi darla in sposa a Lago come matrimonio riparatore. - Fece decretare onori postumi per Licurgo, politico e oratore che governò Atene dal 336 al 324, presentandolo come un patriota oppresso dal tiranno Ale Magno - Fa erigere a Trezene una copia epigrafica del decreto di Temistocle, dove si rifugiarono donne e bambini nei giorni cupi della seconda guerra persiana, in modo da rinsaldare i rapporti con la città in favore dell’alleanza panellenica creta da Demetrio Poliorcete a Corinto nel 302/301 Fu bersaglio dell’ironia:  del poeta Filippide di Cefale, nella commedia nuova per aver “distrutto la democrazia”, per aver ricamato le immagini di Antigono e Demetrio vicino a quelle di alcune divinità, tema tipico fra i moderati di fine IV-inizio III che disprezzavano la democrazia radicale, ma non si accorgeva che essendo cambiati i tempi, la concessione di onori divini erano una delle carte che l’élite democratica doveva giocare per mantenere buoni rapporti con i re emergenti.  Del poeta gastronomico Matrone di Pitane, che gioca sul doppio senso sessuale dell’aggettivo thaumathopoioi, generalmente utilizzato per i giochi di prestigio ai banchetti Il suo ultimo atto ufficiale risale ad un mese dopo la battaglia di Isso, ricomparve con uno nuovo quando Demetrio divenne re di Macedonia nel 294. 8. Agatocle di Siracusa Timeo di Tauromenio si scaglia contro il tiranno Agatocle poiché lo costrinse ad un esilio di 5 anni ad Atene, descrivendolo come un depravato incline a comportamenti lascivi. Anche Diodoro ne dà un ritratto negativo: lo descrive come un uomo capace di giocare con le parole e con i giuramenti e racconta l’avvelenamento per mezzo della piuma con cui si puliva i denti dopo il pasto ad opera del suo schiavo (il veleno è una costante in età ellenistica: Ale Magno, Attalo III, Cleopatra VII). Lo stesso Diodoro però tramanda anche una tradizione positiva: - preferì coprirsi il capo con una corona di mirto, per rispetto nei confronti delle dee della Sicilia, piuttosto che il diadema, anche se Eliano dice che era per nascondere la sua non folta chioma. - Dal momento che alla madre in dolce attesa che ebbe sogni inquietanti l’oracolo di Delfi profetizzò grande sventura per Cartagine, egli fu sottoposto all’expositio e fu salvato poi dallo zio materno, poi trasferito con la famiglia a Siracusa; la madre del futuro tiranno, quando egli fu iscritto nelle liste dei cittadini a Siracusa, fece erigere la statua del figlio in un recinto sacro, in cui anche le api costruirono il loro alveare, api che nelle Sicilia dei dinasti sono simbolo di continuità, in quanto si ritrovano anche in racconti legati a Dionisio I e Ierone II. La pubblicistica di corte giocò molto sulla figura del self made man: sarebbe stato figlio di un ceramista e sarebbe poi giunto fino alla regalità; sarebbe stato cordiale e benevolo nei banchetti, così da sollecitare la libertà di parola nei suoi confronti, e da capire chi era ostile al suo potere in modo da mandarlo a morte. Gli esponenti della tradizione filoagatoclea sono il fratello Atanandro (che è già di per sé significativo) e lo storico Callia, condannato anche da Diodoro in quanto adulatore nei confronti del suo datore di lavoro, il quale era arrivato a spacciare crimini di lesa maestà come atti di eusébeia (pietà) e philantropìa (umanità). La tradizione negativa sul sovrano ebbe peraltro un esito positivo in Machiavelli, che esalta il sovrano in quanto capace di guadagnarsi l’imperio, ma non la gloria. 9. La crudeltà di tiranni e sovrani Apollodoro fu tiranno di Cassandrea, fondata da Cassandro nel 316 sulle ceneri di Potidea, che con l’invasione celtica del 279 e la morte in battaglia di Tolemeo Cerauno, passò dalle mani della madre di Tolemeo Euridice, a quelle di Agatocle, che approfittò del momento di confusione ed ebbe il potere fino a quando non venne sconfitto da Antigono Gonata. Divenne massimo esempio negativo di tiranno: - Annoverato tra i philopòtai - Moschione nella sua tragedia si ispira alle sue vicende raccontando l’uccisione architettata dalla moglie stessa, che si serve dei suoi tre fratelli Periandro viene annoverato da Cicerone nell’opera Sulla divinazione come protagonista di un sogno che lo vede unirsi incestuosamente alla madre, ed infornare del pane in un forno freddo, simbolo degli atti di necrofilia nei confronti della moglie. Diodoro ricorda la crudeltà di Diegylis, re di Tracia, nel trattare i prigionieri di Lisimachia: mutilava i bambini e li faceva indossare come collane ai genitori, amputava parti del corpo a mariti e mogli facendogliele scambiare fra loro. Il nome di Apollodoro è accostato, nella lista di tiranni più crudeli, a quello di Dionisio II e di Falaride. In particolare di Falaride si ricordano i raffinati strumenti di tortura: toro metallico all’interno del quale veniva chiuso il condannato a morte, con sistema di tubazione che diffondeva profumo di incenso e convertiva le urla del condannato che bruciava nei versi di un toro; simile al simulacro di donna di Nabide di Sparta, del tutto simile alla moglie, della quale portava anche il nome, ricoperto di chiodi sotto le vesti, che abbracciava coloro che si rifiutavano di concordare con il tiranno. Di Ieronimo di Siracusa parlano alcuni storici che Polibio condanna come logographoi che guardano al tragodéin più che al fare storia; la forzatura nelle rappresentazione del tiranno si contrappone invece all’esaltazione del nonno Ierone II, riguardo al quale è difficile rintracciare una pubblicistica negativa, il che ci farebbe pensare che fosse stato davvero un tiranno senza macchia. 10. Triangoli amorosi Seleuco I sposò come seconda moglie Stratonice, figlia di Fila e Demetrio Poliorcete, dopo aver sposato Apama, principessa di origine iranica, in occasione delle nozze volute da Alessandro tra Persiani e Macedoni, uno dei pochi matrimoni che ebbero un seguito, per via del controllo del diadoco in Asia. L’episodio fu nobilitato attraverso la figura di Erasistrato, rappresentato come deus ex machina in quanto massimo medico in circolazione che lavorava presso la corte dei Seleucidi che riuscì a salvare Antioco I, figlio di Seleuco I, preso dai sintomi dell’innamoramento (stessi descritti da Saffo); in realtà egli all’epoca dei fatti, tra 299 e 293, era un giovinetto, dunque il suo ruolo fu probabilmente un voluto anacronismo con l’intento di nobilitare l’episodio. Antioco III, sovrano dal 223 al 187, che combatté la quinta guerra siriaca con Tolemeo V e concluse la pace di Apamea con i Romani nel 188, associò al trono il primogenito chiamato Antigono Il Figlio, che secondo alcuni rumores eliminò indispettitosi perché troppo benevoluto. Il suo matrimonio con Laodice III fu inizialmente considerato perfetto: introdusse il culto della moglie, non viene attestata nessuna cortigiana, la regina supportava il coniuge ed era impegnata nel rapporto con le altre realtà civiche; il matrimonio naufragò quando Antioco III conobbe a Calcide la figlia di Cleptolemo, che venne ribattezzata con il nome di Eubea, dove, secondo alcune fonti, Antioco si sarebbe dato ai piaceri, in particolare all’alcol e all’ozio (ma si potrebbe trattare di un riflesso degli ozi di Annibale a Capua, durante la seconda guerra punica ad opera della propaganda ostile). Di Laodice non si sa più nulla dal 193, fino a quando non la ritroviamo citata in due manomissioni di schiavi, compiute una da Laodice madre del re, ed una da Laodice sposa del re; dobbiamo quindi presupporre che visse in disparte, sebbene poté godere di uno status particolare in quanto madre del successore al trono (come accadde per Olimpiade madre di Alessandro). 11. Regine virtuose, sovrane viziose Fila, figlia di Antipatro e moglie prima di Cratero e poi di Demetrio Poliorcete, fu fedele consigliera del saggio padre, nonché benefattrice nei confronti di coloro che erano accusati ingiustamente, una volta divenuta moglie di Demetrio, sopportò i suoi tradimenti e dopo che perse il regno di Macedonia, scelse la morte con un veleno. Apollonide di Cizico, moglie di Attalo I di Pergamo, apparteneva ad una famiglia nobile, ma non di stirpe regia. Il suo rapporto con i figli è paragonato a quello di Cidippe con i figli Cleobi e Bitone, che trascinarono la madre fino all’Heraion di Samo. Laodice I, moglie di Antioco II, che ad un certo punto sposò Berenice, figlia di Tolemeo II. Filarco racconta che avvelenò il marito e uccise anche la rivale e il figlio. Cleopatra Theà venne fatta maritare dal padre Tolemeo VI ad Alessandro Balas, che si spacciava per il figlio di Antioco IV: fu lei in primo piano nelle monete fatte coniare per la loro unione. Quando il padre decise di schierarsi con Demetrio II contro Alessandro Balas, questa venne fatta maritare con lui; il padre vinse su Ale Balas ma con una vittoria di Pirro. Il marito Demetrio II viene descritto come vizioso e accidioso, ma non esitò a muoversi contro i parti per difendere i suoi territori: imprigionato in Ircania, si sposò con la figlia del re Mitridate I, Rodogune. Cleopatra osteggiò la loro unione, ma poi si sposò con il fratello minore di Demetrio, Antioco VII. Demetrio II fu sconfitto dall’usurpatore Alessandro Zabìnas, che si spacciava figlio di Antioco VII. Cleopatra fece uccidere il maggiore dei suoi figli avuto da Demetrio II, Seleuco V, quando tentò di assumere il titolo regale senza il consenso della madre. Regnò poi con il secondo figlio, Antioco VIII, che Giustino ritiene abbia avvelenato la madre: in effetti era un conoscitore di veleni, ma viene ricordato come Philométor, dunque bisognerebbe presupporre un rapporto perverso con la madre. 12. Antioco IV, sovrano folle Incarna l’animo folle del sovrano ellenistico dagli atteggiamenti popolareggianti:  Titoli ufficiali che si attribuì fanno capire quanto fu ostinato ed ambizioso: scelse appellativi altisonanti quali Theòs Epiphanès Nikephòros; necessari considerata la debolezza intrinseca del potere monarchico in quel continente, che emerge dall’intrusione di vari usurpatori  Polibio, compendiato da Livio, elenca le stranezze del personaggio, mettendo in luce la sua eccessiva affabilità in determinate situazioni, e al contrario la sua mancanza di socialità con amici, la sua sconcertante generosità (elargiva un’autentica fortuna a coloro che non si aspettavano nulla), o al contrario la sua mancata generosità (a coloro che avevano un’alta concezione di sé dava doni adatti ai bambini). Sottolinea l’eccessiva affabilità con i sudditi, che emerge dal fatto che frequentava i bagni pubblici e le elezioni civiche. Polibio apparteneva al ramo ostile al sovrano, rappresentato da Demetrio I, altro figlio di Seleuco IV: omette spesso l’appellativo Theos, evitando ogni riferimento alla sua divinizzazione, e storpia l’epiteto con Epimanès (demente).  Diodoro: organizzò una grandiosa pompé a Dafne, vicino ad Antiochia, con l’obbiettivo di mostrare a tutti la sua potenza, mentre gli altri sovrani tendevano a nasconderla ai Romani. Altre fonti ci dicono che il suo obbiettivo era di rivaleggiare con la festa fatta celebrare da Lucio Emilio Paolo in Acaia nel 167. Polibio: passo che descrive la pompé e si divide in due parti. In una prima mette in luce come l’obbiettivo fosse quello di dare una rappresentazione visiva dell’ideologia regale, nella seconda descrive una cerimonia quasi carnevalesca, mettendo in luce una serie di atti che stridono con la regalità, come l’immagine di Antioco in sella ad un povero ronzino, che contrasta con quella del sovrano abile cavallerizzo, il suo scherzare con i cantanti, che lo fa sembrare un re buffone che si dà al karaoke di gruppo. 13. Antioco IV, devoto fervente di Zeus Olimpio  Elargì donazioni per finire il tempio iniziato ai tempi di Pisistrato e mai terminato, che vide la sua realizzazione solo con il filelleno Adriano.  Dal momento che, secondo un passo discusso del I Libro dei Maccabei, voleva assoggettare tutti i popoli ad un’unica legge, mise in atto una politica uniformante anche dal punto di vista religioso, impiantando il culto di Zeus Olimpio a Gerusalemme, al posto di quello di Jahvé, e fondando a Babilonia una pòlis secondo i costumi e le istituzioni greche. La Giudea diventa quindi teatro delle ribellioni dei Maccabei, che termineranno con la vittoria degli Ebrei e la nascita del regno asmoneo. Per questa sua politica in Giudea, le fonti giudaiche, a differenza di quelle classiche che dipingono Antioco IV come un semplice arrogante che diventa oggetto di satira, si arricchiscono di un gusto macabro e quasi barocco nel delineare la morte del sovrano: se nel I Libro dei Maccabei la sua morte viene attribuita ad un’estrema tristezza per gli eventi negativi a Gerusalemme, nel corso della sua campagna orientale per riconquistare i domini perduti con la pace di Apamea, nel II libro dei Maccabei lo si descrive in preda ad un violento attacco di collera che gli provoca spasmi, che vengono attribuiti alla vendetta del Dio dei Giudei, più potente di Zeus Olimpio; in seguito a ciò si dà ad una folle corsa su un carro, dal quale però cade, provocandosi gravi ferite al corpo, che si riempiono di vermi. La putrefazione delle sue membra incarna dunque la crisi inarrestabile del regno impiantato da Seleuco I, vinto dalle armi dei Maccabei. La sua unica via di salvezza è quella della redenzione e della preghiera, che comincia con un falso epistolare nel quale raccomanda ai Giudei la sua persona e quella del figlio Antioco V, e che continua con la sua opera di profeta del Dio degli Ebrei. In realtà è vincitore nella Battaglia di Rafia del 217 contro i Seleucidi, dunque gli studiosi tendono a smorzare i giudizi negativi degli storici antichi. Per Tolemeo IV non sono segnalati rumores, mentre il successore Tolemeo VIII viene dipinto come un mostro sanguinario, che si fece attribuire l’epiteto di Evergétes (benefattore), ma fu ribattezzato dagli Alessandrini come Kakergétes (malfattore) - Finse un attentato ai suoi danni e redasse un testamento mentre era re della Cirenaica, nel 155, in favore dei Romani - Alla morte del fratello Tolemeo VI uccise il nipote tra le braccia della madre per succedere al trono - Sposò la sorella Cleopatra II e violentò e sposò la figlia di costei, Cleopatra III - Causò la diaspora, nel 145, di letterati, artisti e studiosi legati alla corte del fratello, che in gran parte si rifugiarono nel regno dei Seleucidi. Pompeo Trogo, in Giustino, narra di come si accorse di essere re di palazzi e case vuote e di come, dunque proclamò un editto per incoraggiare l’arrivo di stranieri - Uccise il proprio figlio Tolemeo detto Menfite e ne fece il corpo a pezzi - Polibio racconta di essere stato testimone oculare della visita di Scipione Emiliano presso di lui: -Era brutto in volto e piccolo  scarso carisma -pingue, per questo aveva l’epiteto di Physkon, con una veste variopinta e trasparente che metteva un luce le sue forme  rappresentazione visiva della tryphé, di fronte alla quale la delegazione romana dedita alla morigeratezza rimane basita; dunque rappresentazione anche della sua incapacità di autocontrollo sia nella sfera privata che pubblica, dato che anche nelle questioni politiche si comportava come un fanciullo Tolemeo IX era detto Lathyros, con riferimento ad una verruca e quindi alla sua bassa statura. Anche a Tolemeo X Alessandro I venne affibbiato un epiteto per aver osato saccheggiare il sarcofago di Alessandro Magno fatto preparare da Tolemeo I. Mitridate VI del Ponto viene chiamato Dioniso, come sappiamo da Plutarco, per uno dei due motivi: a) da bambino un fulmine incendiò le sue vesti, senza toccargli il corpo; episodio messo in analogia con la morte della madre Semele incinta, uccisa da una folgore inviata da Zeus su richiesta di Era b) grande bevitore di vino Tolemeo XII venne chiamato Nuovo Dioniso e Auletés per i riti da lui organizzati, che prevedevano l’uso dell’aulòs, e infatti la tradizione ricama anche sulle sue sfrenatezze. 18. Cleopatra VII  Sappiamo, come testimonia il detto di Pascal (Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, sarebbe cambiata l’intera faccia della terra), ed anche le monete coniate con la sua immagine e quella di Antonio in Siria, che con il suo naso adunco non era così bella, ma altre fonti (Plutarco e Cassio Dione) si soffermano sul suo fascino, che sarebbe derivato dal suo modo di parlare e di modulare la voce, e dalla sua vasta conoscenza di lingue, oltre che alla sua capacità di seduzione, ben descritta nella Vita di Antonio di Plutarco.  Operò una strategia propagandistica perfetta: - Si faceva chiamare Theà Neotèra, cioè nuova incarnazione di una dea, non è chiaro quale, forse Iside/Afrodite - Presentò il figlio avuto da Cesare nel 47 come l’ultimo dei Tolemei - I gemelli avuti da Antonio furono chiamati Alessandro Helios e Cleopatra Selene, con riferimento al Sole e alla Luna, simboli ben presenti nell’Oriente greco-macedone. - Nominò l’ultimo figlio Tolemeo Philàdelphos, con riferimento al primo Filadelfo - In seguito all’unione con Marco Antonio assunse il titolo di Basilissa Basiléon, con l’obbiettivo di proporre un’altra regalità orientale, opposta a quella romana occidentale La propaganda romana avversa, dunque utilizzò queste su pretese, ed anche il suo vanto di condurre una vita dedita ai piaceri (gli stessi Antonio e Cleopatra si definirono “viventi inimitabili”), per denigrare lei ed Antonio: - Si è fatto leva sui natali malcerti della regina: figlia di un sacerdote, non di Tolemeo XII - Forse non vi fu una vera unione legale con Cesare, ma anche con i fratelli Tolemeo XIII e Tolemeo XIV. - Presentata come l’archetipo della donna orientale bella e fatale, rappresentato prima da Elena e poi rivitalizzato dalla letteratura romantica dell’800. In quanto tale la propaganda augustea la demonizzò privandola delle sue caratteristiche umane, e i risultati di questa pubblicistica emergono: -in Orazio, che pur presentandola come fatale monstrum, la quale morte, che rappresenta la vittoria dell’Occidente sull’Oriente, diventa occasione per un brindisi catartico (Nunc est bibendum), le riconosce la capacità di riscattarsi con la morte, scegliendo l’avvelenamento piuttosto che la cattura da parte del nemico. -Plutarco invece riporta che arrivò a sperimentare il veleno meno doloroso sui condannati a morte -Properzio insiste sulla lussuria della regina e sostiene che ebbe il coraggio di affrontare la morte solo offuscata dal vino, dunque trasfigurando quello che per Orazio era un atto di coraggio in un atto di vigliaccheria.
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