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F. Muzzarelli, L'immagine del desiderio. Fotografia di moda tra arte e comunicazione, Bruno Mondadori, Milano 2007., Sintesi del corso di fotografia

Riassunto, foto e appunti dal libro "Immagine del desiderio"

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 15/04/2021

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Scarica F. Muzzarelli, L'immagine del desiderio. Fotografia di moda tra arte e comunicazione, Bruno Mondadori, Milano 2007. e più Sintesi del corso in PDF di fotografia solo su Docsity! 1 / 41 L'immagine del desiderio- Fotografia di moda tra arte e comunicazione Moda e fotografia sono territori sviluppatisi in osmosi attingendo l’ uno dall’ altro e capaci alimentare l’ immaginario collettivo e influenzare i comportamenti sociali, cultura visuale e ricerca artistica. Sicuramente la moda era un fenomeno già esistente, ma grazie alla fotografia ha acquistato legittimità. Seguendo l’ intrecciarsi di questi mondi è facile individuare idee chiave da sempre appartenenti all’ identità del fotografico: 2 / 41 LA MEMORIALa fotografia diviene un presenza essenziale nella vita e occasioni speciali delle persone, perché produce un effetto temporalmente cristallizzante. Questo fa si che si possa: ● combattere l’azione dissolvente del tempo, non disperdendo il contenuto degli eventi della vita ● tenere in ordine i legami con il passato ● lasciare una traccia del proprio passaggio sulla terra, della propria identità e storia: certificazione visiva ● provare la stessa esperienza che ci impone la realtà in quanto ne è una protesi ● trasmettere informazioni al futuro, bloccando una realtà passata che non è più fisica La fotografia ha una capacità di fruizione virtuale superiore a qualsiasi altro mezzo, in quanto viene prodotta da una macchina scientifica e oggettiva, quindi è una vera traccia del reale e il ricordo viene conservato senza interpretazione forvianti. Di fronte a una fotografia proviamo la stessa forte esperienza che ci impone la realtà. La ragione profonda di questo è stata dibattuta a partire dalla nota attribuzione di identità indicale che Charles Sanders Pierce ha riservato alla fotografia: una foto come un’impronta digitale. È ciò che Barthes chiama “L’emanazione del referente”. Allo stesso modo tagliare via da una foto di famiglia la figuretta di chi ci ha tradito aiuta a elaborare il dolore. 5 / 41 Artisti che hanno evocato la memoria attraverso l’ uso dell’ album di famiglia: HANNAH HOCH Dadaista tedesca che nei primi anni ‘30 realizzò degli album di famiglia molto originali: scrapbook. Crea dei depositi della sua memoria attraverso la costituzione di fotomontaggi di foto che aveva collezionato nel corso della vita e che riguardavano temi ricorrenti come: animali, natura e scene di gruppo.. In queste composizioni spesso non ci sono foto personali o da album di famiglia, ma pur parlando di lei in maniera traslata, rappresentano la perfetta metafora dell’ identità e storia della donna. E’ come se attraverso i fotomontaggi, Hannah H. volesse permetterci di vedere il mondo attraverso il suo sguardo d’ artista. In questo pattern visivo collettivo del ‘33 vediamo grandi vedute paesaggistiche naturali accanto ad insediamenti industriali, ballerine insieme a ritratti di indigeni o branchi di animali selvaggi. 6 / 41 ANDY WARHOL Dagli anni ‘50 del 900 inizia a conservare dentro a scatole di cartone le relique del suo tempo: fotografie, ritagli di giornale, bigliettini, piccoli oggetti, corrispondenze…. Nascono così più di 600 “time capsul” oggi conservate nel museo in suo onore a Pitsburg. Costituiscono una specie di testamento spirituale o database autobiografco, che gli permettevano di tenere in ordine i legami con il passato e non disperdere il contenuto degli eventi della vita. GERARD RICHTER “Atlas” è il termine con il quale oggi si riconosce questo sforzo mnemonico e visivo allestito in circa 700 tavole numerate e ordinate come in un rigoroso schedario e abbinate per affinità tematiche o formali. Eppure “Atlas” induce a tutto tranne che una lettera formale: l’impatto del fantastico inventario è quello di una cronaca visiva degli anni appena trascorsi in cui si susseguono riferimenti autobiografici, volti famosi della storia, della politica, avvenimenti collettivi misti e famigliari. Artista tedesco che ha usato il potere evocativo della foto privata e amatoriale. Dal 1962 ha iniziato a raccogliere dentro a scatolini immagini fotografiche ricavate da riviste e album anonimi mescolandole a immagini della sua storia personale, schizzi, disegni e bozzetti. 7 / 41 Per Höch e Richter l’accumulo giustapposto deve turbare, evocare, provocare, raccontare. Un’artista che ha davvero reso centrale l’idea della trasposizione in arte del diario personale è stata la francese SOPHIE CALLE al punto che i suoi “Diaries” sono lavori artistici esposti in gallerie e musei. E’ un’artista in prima persona, nei suoi lavori lei dirige sé stessa. Ogni lavoro nasce dalla complessiva esigenza di raccontare e rendere concrete il maggior numero di attività che la coinvolgono, in lei prevale la voglia di racconto e testimonianza di se, più che la nostalgia. FRANCO VACCARI Nel 2003 per il Festival della Fotografia di Modena ha realizzato un video dal titolo “Provvista di ricordi per il tempo dell’Alzheimer”. Per esorcizzare quel comune timore che assale chiunque di rischiare di perdere ciò che gli è caro, l’artista concettuale italiano ha raccolto fotografie e video sulla sua vita e la sua storia personale e famigliare, creando un emozionante e coinvolgente percorso a ritroso sottolineato con raffinate musiche. Vaccari “La bellezza della vita sta nella sua fragilità”. E di quella fragilità la fotografia mantiene tutto il fascino precario. LUCIA NIMCOVA Crea nel 2007 un tributo all’ idea dell’album di famiglia chiamato “Unofficial”. Un progetto durato sei anni che l’artista ha deciso di sprofondare nella memoria del proprio paese grazie alla scoperta di archivi fotografici sia amatoriali che ufficiali. L’intenzione che la muoveva era andare alla ricerca dell’identità collettiva del suo popolo scavando nel repertorio visivo realizzato durante gli anni della censura del regime comunista. Foto private costrette a dialogare con quelle pubbliche. A questo Nimcova aggiunge la storia visiva, 10 / 41 DUANE MICHALS Grande artista narrative, specializzato in narrazione pseudo-thriller, fu uno dei primi ad intuire la capacità concettuale della fotografia. Negli anni’70 usa la fotografia per rievocare la sua memoria personale, come in “ a letters from my father “ del 1975 in cui: ● Al centro, come se fosse incorniciata, troviamo la foto esplicativa del travagliato rapporto familiare : ● padre con mani sui fianchi che guarda spazientito il figlio ● giovane che distoglie lo sguardo dal padre intento a mortificarlo ● madre/moglie, appena accennata dietro, che c’è ma non può o non sa intervenire. ● In basso, una grafia in corsivo scrive : 11 / 41 FRANCESCA WOODMAN Tra gli anni ‘70 e il 1981, anno in cui morì suicida (a soli 22 anni) è riuscita comunque ha lasciare una traccia inquietante e perturbante attraverso i numerosi autoritratti. Le sue foto ritraggono un corpi evanescenti, visi occultati (spesso delle sue amiche, per creare foto anti segnaletiche) e apparizioni sfuggenti immerse in altrettanti luoghi sdefiniti. Lo scopo era contemporaneamente: - la fuga da un’ identità determinata e stereotipata per sempre - la rappresentazione dello stato di “dormiveglia”, dove dimensione del perturbante è la banalità del quotidiano. - la rievocazione dei tempi andati Per ottenere ciò, acquista vecchi quaderni scolastici di fine ‘800 e primo ‘900 a cui incorpora se stessa, le sue immagini, grafie… si concentra sopratutto sull’ ambiente e sul suo corpo, fondendoli con abilità. Volendo partecipare attivamente alla foto, come soggetto e non solo come autrice, usa delle esposizioni lunghe o doppie. Le vite/storie passate dentro quei quaderni, che erano state inghiottite dal tempo, ora rivivono dentro la dimensione del concettuale Ha fotografato per soli 9 anni, ma è chiaro come i suoi lavori fossero estremamente moderni e attuali. La prima foto, fatta a soli 13 anni, è un autoritratto realizzato spingendo il pulsante della macchina con un bastone e raffigurandosi con il volto nascosto dietro i capelli. Nel 1981 pubblica i suo prima e unica collezione di fotografie dal titolo “ Alcune disordinate geometrie interiori”; questa è costituita da foto complesse, avvincenti ed artisticamente intime dalle quali emerge sia il suo carattere provocatorio e schietto, ma anche tutto il mal di vivere che provava e che l’ha portata poi al suicidio avvenuto nello stesso anno. 12 / 41 MARIO CRESCI Riflettendo sulla simbiosi tra fotografia e recupero del passato, fece molti ritratti fotografici di famiglie del paese. Queste spesso in gruppo, si arrendevano docilmente allo sguardo del fotografo, mettendosi in posa nei loro semplici ambienti domestici mentre uno del gruppo aveva l’ onore di tenere in mano una foto. Questa foto veniva scelta dagli interessati e doveva testimoniare il loro passato comune, poteva raffigurare: i loro avi, foto amatoriali di importanti celebrazioni di famiglia.. DANIELA COMANI Lavoro del 2003 dal titolo “Un matrimonio Felice” ella serie di fotografie in bianco e nero ci troviamo di fronte alla trasposizione del più semplice desiderio di ogni coppia soddisfatta che si rispetti: possedere tante tracce di ricordi e di rituali quotidiani che sanciscano il successo del vivere comune degli innamorati. Tutto ci appare normalissimo e persino una storia semplice e banale. Un omaggio alla massificazione stereotipata e ai codici che imbavagliano la nostra libertà di comportamento? Forse. L’uomo e la donna sono la stessa persona, lo stesso corpo solo leggermente declinato secondo alcune caratteristiche esibite che tentano di definire il genere. Un album immaginario. 15 / 41 BRUCE WEBER Americano che rappresenta uno di quei casi in cui è impossibile distinguere l’attività commerciale dalla pratica artistica nel suo complesso. Weber è il fotografo che ha imposto una nuova immagine all’identità maschile, conturbante, ammiccante. National Portrait Gallery di Londra gli ha dedicato tra il novembre 1997 e il febbraio 1998 una mostra dal titolo “Branded Youth and other stories”. La gioventù come simbolo di collettività con le sue regole e le sue dinamiche. In linea con l’idea di una narrazione di cui si è autori e immaginari protagonisti, il catalogo si presenta come un diario che in quanto tale può usare diversi linguaggi: lunghe sequenze di pagine riempite di note e brevi trame scritte a mano, affiancate da disegnini e cancellature, in totale anarchia di ordine compositivo. Poi ancora, brani di poesie, brevi racconti di Bukowski miste a lettere scritte dallo stesso Weber e tantissime fotografie che descrivono il mondo, la storia e le fonti di ispirazione di Weber: ragazzi sportivi, adolescenti, boy-scout e tantissima America. Due servizi di moda sul modello album di famiglia, rispettivamente di Steven Meisel e Larry Sultan. STEVEN MEISEL in “Vogue Italia” dell’ottobre del 1997 realizza un progetto dal titolo “The Good Life” utilizzando colori saturi e un po' pittorici, e giocando così sull’idea che le foto risalgano un album di famiglia degli anni sessanta con il difetto delle stampe non professionistiche dalle cromie eccessive, Meisel ci racconta lo spaccato di una sorridente e energica vita quotidiana stereotipata della famiglia-tipo americana, dove vi è il trionfo del kitsch borghese. Il servizio di Meisel ha il fascino inquietante delle situazioni troppo perfette che in realtà celano un’altra realtà nella profondità. 16 / 41 LARRY SULTAN Realizza un servizio dal titolo “Visiting Tennessee” per la campagna pubblicitaria di Kate Spade del 2002. Anche qui si citano i codici dei comportamenti collettivi e di massa, tra cui emerge quello del turista contemporaneo, soprattutto un turismo famigliare. Ma Larry Sultan porta in realtà un progetto e una modalità operativa a cui aveva già dedicato attenzione in “Pictures from Home”, il lavoro più noto del fotografo cui aveva dedicato una ricostruzione mnemonica dell’album di famiglia. Per diversi anni Sultan fotografa il suo gruppo famigliare, lo intervista, sceglie insieme ai parenti il materiale fotografico che rappresenti momenti importanti del loro passato. Quindi raccoglie tutto in un volume che diventa un archivio visivo-concettuale dell’identità sua e della sua famiglia. 17 / 41 FERDINANDO SCIANNA “dopo 40anni di fotografia, son sicuro che la destinazione voluta dalle foto sia quella di entrare in un album di famiglia” Questo lavoro ampliò ancor di più la sua fama e fu lo stesso per la modella: Marpessa ragazza bellissima e capace di entrare perfettamente nel personaggio della perfetta donna sicula. L’ambientazione fu proprio Palermo, dove Marpessa vestita in D&Ge cliché vestimentari siciliani, venne immersa nella trasposizione dell’ album di famiglia di Scianna. Il fotografo fuse la tradizione intrinseca nella filosofia del marchio, con la sua stessa storia, in quanto anche lui originario di Palermo. ● 1943: nasce a Bagheria (Palermo) in Sicilia ● 1964: da foto-giornalista produce il lavoro “ feste religiose in Sicilia”. Immortala delle atmosfere popolari a metà tra la religiosità, riti e superstizione che negli anni ‘60 non erano ancora così tanto oggetto di riflettori. ● 1967: lavora a Milano per “l’Europeo” ● 1982: Cartier Bresson lo introduce nella Magnum, cooperativa internazionale di fotografia ● 1987: campagna per Dolce&Gabbana ● Fu Domenico Dolce, siciliano come Scianna, a richiederlo dopo aver visto il suo lavoro del ‘64. ● Secondo Scianna, non era realmente lui quello che voleva (ma Letizia Battaglia), ma comunque quando si incontrarono ci fu feeling e quindi mantennero comunque lui. 20 / 41 Protagonista del nuovo servizio sarà Monica Bellucci, perfetta per incarnare la tipica donna del sud e per gli abiti di D&G. Verrà scattata anche questa volta accerchiata da persone comuni (per davvero) e sempre stretta dallo sguardo giudicatore/oggettivante. Altro servizio del ‘89, sempre per D&G, dove la donna cerca l’ accettazione attraverso lo sguardo dell’ uomo. 21 / 41 Altra campagna del 2010-11 per D&G con protagonista Madonna, che vanta origini italiane, si cala nella parte della casalinga indaffarata, ma eroticissima negli abiti griffati. Sapiente uso di luoghi comuni Cucinotta fotografata per Lavazza nello stile siciliano e mediterraneo Uomini che la guardano, sembrano servire ad auto certificare la sua bellezza.* 22 / 41 *Dinamiche degli sguardi presenti anche nel lavoro di RUTH ORKIN che, ricevuto la commissione per una rivista, scatta questo foto spontanea che immortala la sua amiche oggettivata e scrutata dalle persone attorno a lei. La foto è stata scattata a Firenze (mentre era in vacanza) e la città sembra bloccarsi al passaggio della donna. Citazione di quella precedente. Resa ancora più esplicativa dello stereotipo di uomo italiano che conquista con lo sguardo e di donna che lo ricerca e si lascia guardare, dal fatto che la donna in questione è Moira Orfei (italiana). Titolo “gli italiani si voltano” preso dall’ omonimo film quest’ultima troviamo anche artisti veri in senso tradizionale. Nel campo moda “il confine tra fotografia amatoriale e professionale competente, negli anni ‘90, viene volutamente reso confuso” cit. Susan Kismaric 1) Nuove esigenze comunicative dei brand: la perdita dei purismi e moralismi (in realtà già dagli anni ‘80), porta ad un’ apertura nei riguardi della moda, fino al riconoscimento della sua importanza e influenza. La moda, ottenuto lo statuto di forma d’ arte, può accogliere novità e stimoli che poi restituisce alle altre. Ciò che porta davvero la svolta, è il cambio di pensiero dei committenti, infatti i brand iniziano a ricercare un autore contemporaneo che sappia rappresentare più la filosofia e idee dietro il loro brand, più che i prodotti che effettivamente vendono. Nei servizi diventa sempre meno importante la centralità del prodotto e l’ aspetto formale delle immagini stesse, a vantaggio invece della comunicazione di una storia, idee, sensazioni.. Es: nel “Homosapiens Modernus” pubblicato su “Dutch” nel 1998 il fotografo Mikael Jansson ritra modelle nude in paesaggi di campagna e nonostante non ci siano capi, il servizio è associato a brand come Gucci e Dior. 1) Nuove riviste: nascono” i-D” e “the face” per tutto ciò che riguarda lo street e la popular culture; mentre in America “ Interview”, “Punk” e “View”. La presenza di nuove riviste meno rigide e storicizzate sul mercato, permette di diffondere il nuovo stile di vita e ottenere un’ apertura delle immagini di moda verso temi esistenziali, sociali e culturali, includendo temi tradizionalmente considerati tabù come : sangue, armi, mutilazioni, body piercing… * 2) Private aspect: è una pratica fotografica in prima persona,quindi performance auto-rivelativa: partecipazione in tempo reale in un’azione performativa volta al bisogno di raccontare sé e le proprie esperienze in presa diretta. L’ aspetto privato che emerge, si può collegare al saggio sociologico e antropologico di Jean M. Twenge, dove analizzando le conseguenze dell’ arrivo di internet e la possibilità che porta a chiunque voglia di poter comunicare sé stesso, nomina la generazione dei primi anni 2000 “Generation me“ (che da anche il titolo al libro). La comunicazione via web, grazie alla possibilità di trasmettere in maniera diretta materiali multimediali (foto, video, testi..), ha dato vita al bisogno egocentrico della nuove generazioni di parlare di se e del proprio privato, portandosi al centro dell’ attenzione e facendo entrare milioni di sconosciuti nel proprio privato. L’immagine intende comunicare una narrazione viva, in progress, che sta avvenendo davanti ai nostri occhi e a quelli del fotografo e in cui entrambi veniamo coinvolti direttamente, costringendoci ad immedesimarci nel’ accaduto. Colin McDowell 3. New venacular:“indica un’ idioma tipico di una tribù o gruppo che condivide aspetti sociali, culturali.. es. il dialetto.Lo statuto di necessità comunicativa ha reso la fotografia una modalità di performance collettiva, infatti questo stile si ritrova in metodi convenzionali comuni e condivisi. L’esercizio di questo stile ricorda quello di alcuni autori che negli anni ‘70 portano i concetti di raccontare il proprio ambiente e privato attraverso un linguaggio non necessariamente tecnico, per mostrare quello che non aveva avuto cittadinanza nella cultura o nell’ arte es:, il cattivo gusto, il banale, il comune, temi anche un pò disgustose e certamente non eleganti e ricercato = obbiettivo di raffigurare ciò che gli altri possono condividere e in cui possano ritrovarsi. Rappresentanti in fotografia dell’ idea del racconto autobiografico in snapshot style: NAN GOLDINI TILLMANS WOLFAGAANG (> rappresentanti in assoluto) Entrambi suggeriscono un’idea di familiarità con i soggetti fotografati, infatti questi sono amici, compagni di vita, conoscenti.. non modelli scelti. Puntano ad infondere toni più umani e che rappresentino la banalità della vita comune. Propone il racconto visivo, grazie al suo parteciparne quotidiano, del mondo queer, delle drag queen, emarginati.... Es: nel lavoro “the other side” si dedica al mondo delle drag queen di Boston (aspirava a mettere drag q. su copertina Vogue). Raccoglie storie autobiografiche di vita privata, difficoltà sociali, quotidianità, violenza… e per farlo si traferiva con i soggetti d’interesse, vivendo con loro giorno per giorno. Porta uno sguardo naturale nella moda della sua generazione del 1988, testimoniando la ritualità collettiva senza freni e regole scandita da rave party, house music, club culture, mondi underground e metropolitani, ritrovi alternativi, alcool, sesso… a cui lui stesso partecipa e appartiene, come a volere creare una sorta di diario per conservarne i ricordi.Abbatte la distanza tra fotografo e soggetto fotografato. quella generazione che lui cattura e quella di cui fa parte, cattura in tempo reale la sua vita e quella dei suoi amici mentre passa. lui è complice della vita underground è tutto autobiografico, Il suo è uno sgruardo autobiografico partecipe e complice, che cattura la vita in tempo reale e abbattendo la distanza tra fotografo e soggetto. Questo fa si che nella bilancia dei componenti ci sia un massimo di simbolicità e concettualità e un minimo interesse per la tecnica. l’obbiettivo è quello di coinvolgere lo spettatore e portarlo ad interrogarsi sulla vita dei soggetti. autoritratto Fotografa comportamentist a dove la macchina diventa la sua trasportazione, incarna la mano dell’ autore che non fa foto ma carezze Ha saputo suggerire la dimensione di coinvolgimento emotivo e anche fisico nella sua storia personale e nei suoi legami borderline metà degli anni ‘80 documenterà le conseguenze della difusione dell’HIV, prenderà come soggeti i sui familiari e amici. Il lavoro si concentra sull’ aspeto concetuale, infati questo è un tentativo di non perdere cari. La sua poetica trova applicazione anche in alcune pubblicazioni di moda. Es Questo servizio realizzato per la rivista View a metà degli anni ‘80 e con il titolo cinefilo “Masculine/ feminine” che incarna un modo poco tradizionale di raccontare la moda. Ritrae, all’ interno dei bagni russi, le sue amiche che in intimi e lingerie di picco prezioso, elegante e di marca, sono intente a raccontarsi confidenze intime. Dalla poca cura con cui esse si presentano (c’è chi mette in mostra il pancione o il pube peloso, chi è seduto sul wc e chi stravaccato) capiamo che le donne sono completamente a loro agio alla mercee dell’autrice, dato dal fatto che la conoscono e sembrano foto destinate a rimanere private. Il tutto appare aestetico e anche un po' decadente. ROBERT MAPPLETHORPE Usa la fotografia come strumento di rivelazione e narrazione autobiografica nei sofisticati racconti di un’esistenza trasgressiva e provocatoria. Nonostante i suoi lavori possano essere considerati il soddisfacimento di desideri voyeristici, sono da definirsi più come una raccolta di ricordi e memorie da “album di famiglia non tradizionale”, infatti come lui stesso ammetteva: si sentiva partecipe nella situazione che creava davanti alla macchina, ne faceva parte e non ne era estraneo come un voyeur. 1 / 41 L'immagine del desiderio- Fotografia di moda tra arte e comunicazione Moda e fotografia sono territori sviluppatisi in osmosi attingendo l’ uno dall’ altro e capaci alimentare l’ immaginario collettivo e influenzare i comportamenti sociali, cultura visuale e ricerca artistica. Sicuramente la moda era un fenomeno già esistente, ma grazie alla fotografia ha acquistato legittimità. Seguendo l’ intrecciarsi di questi mondi è facile individuare idee chiave da sempre appartenenti all’ identità del fotografico: 2 / 41 LA MEMORIALa fotografia diviene un presenza essenziale nella vita e occasioni speciali delle persone, perché produce un effetto temporalmente cristallizzante. Questo fa si che si possa: ● combattere l’azione dissolvente del tempo, non disperdendo il contenuto degli eventi della vita ● tenere in ordine i legami con il passato ● lasciare una traccia del proprio passaggio sulla terra, della propria identità e storia: certificazione visiva ● provare la stessa esperienza che ci impone la realtà in quanto ne è una protesi ● trasmettere informazioni al futuro, bloccando una realtà passata che non è più fisica La fotografia ha una capacità di fruizione virtuale superiore a qualsiasi altro mezzo, in quanto viene prodotta da una macchina scientifica e oggettiva, quindi è una vera traccia del reale e il ricordo viene conservato senza interpretazione forvianti. Di fronte a una fotografia proviamo la stessa forte esperienza che ci impone la realtà. La ragione profonda di questo è stata dibattuta a partire dalla nota attribuzione di identità indicale che Charles Sanders Pierce ha riservato alla fotografia: una foto come un’impronta digitale. È ciò che Barthes chiama “L’emanazione del referente”. Allo stesso modo tagliare via da una foto di famiglia la figuretta di chi ci ha tradito aiuta a elaborare il dolore. 5 / 41 Artisti che hanno evocato la memoria attraverso l’ uso dell’ album di famiglia: HANNAH HOCH Dadaista tedesca che nei primi anni ‘30 realizzò degli album di famiglia molto originali: scrapbook. Crea dei depositi della sua memoria attraverso la costituzione di fotomontaggi di foto che aveva collezionato nel corso della vita e che riguardavano temi ricorrenti come: animali, natura e scene di gruppo.. In queste composizioni spesso non ci sono foto personali o da album di famiglia, ma pur parlando di lei in maniera traslata, rappresentano la perfetta metafora dell’ identità e storia della donna. E’ come se attraverso i fotomontaggi, Hannah H. volesse permetterci di vedere il mondo attraverso il suo sguardo d’ artista. In questo pattern visivo collettivo del ‘33 vediamo grandi vedute paesaggistiche naturali accanto ad insediamenti industriali, ballerine insieme a ritratti di indigeni o branchi di animali selvaggi. 6 / 41 ANDY WARHOL Dagli anni ‘50 del 900 inizia a conservare dentro a scatole di cartone le relique del suo tempo: fotografie, ritagli di giornale, bigliettini, piccoli oggetti, corrispondenze…. Nascono così più di 600 “time capsul” oggi conservate nel museo in suo onore a Pitsburg. Costituiscono una specie di testamento spirituale o database autobiografco, che gli permettevano di tenere in ordine i legami con il passato e non disperdere il contenuto degli eventi della vita. GERARD RICHTER “Atlas” è il termine con il quale oggi si riconosce questo sforzo mnemonico e visivo allestito in circa 700 tavole numerate e ordinate come in un rigoroso schedario e abbinate per affinità tematiche o formali. Eppure “Atlas” induce a tutto tranne che una lettera formale: l’impatto del fantastico inventario è quello di una cronaca visiva degli anni appena trascorsi in cui si susseguono riferimenti autobiografici, volti famosi della storia, della politica, avvenimenti collettivi misti e famigliari. Artista tedesco che ha usato il potere evocativo della foto privata e amatoriale. Dal 1962 ha iniziato a raccogliere dentro a scatolini immagini fotografiche ricavate da riviste e album anonimi mescolandole a immagini della sua storia personale, schizzi, disegni e bozzetti. 7 / 41 Per Höch e Richter l’accumulo giustapposto deve turbare, evocare, provocare, raccontare. Un’artista che ha davvero reso centrale l’idea della trasposizione in arte del diario personale è stata la francese SOPHIE CALLE al punto che i suoi “Diaries” sono lavori artistici esposti in gallerie e musei. E’ un’artista in prima persona, nei suoi lavori lei dirige sé stessa. Ogni lavoro nasce dalla complessiva esigenza di raccontare e rendere concrete il maggior numero di attività che la coinvolgono, in lei prevale la voglia di racconto e testimonianza di se, più che la nostalgia. FRANCO VACCARI Nel 2003 per il Festival della Fotografia di Modena ha realizzato un video dal titolo “Provvista di ricordi per il tempo dell’Alzheimer”. Per esorcizzare quel comune timore che assale chiunque di rischiare di perdere ciò che gli è caro, l’artista concettuale italiano ha raccolto fotografie e video sulla sua vita e la sua storia personale e famigliare, creando un emozionante e coinvolgente percorso a ritroso sottolineato con raffinate musiche. Vaccari “La bellezza della vita sta nella sua fragilità”. E di quella fragilità la fotografia mantiene tutto il fascino precario. LUCIA NIMCOVA Crea nel 2007 un tributo all’ idea dell’album di famiglia chiamato “Unofficial”. Un progetto durato sei anni che l’artista ha deciso di sprofondare nella memoria del proprio paese grazie alla scoperta di archivi fotografici sia amatoriali che ufficiali. L’intenzione che la muoveva era andare alla ricerca dell’identità collettiva del suo popolo scavando nel repertorio visivo realizzato durante gli anni della censura del regime comunista. Foto private costrette a dialogare con quelle pubbliche. A questo Nimcova aggiunge la storia visiva, 10 / 41 DUANE MICHALS Grande artista narrative, specializzato in narrazione pseudo-thriller, fu uno dei primi ad intuire la capacità concettuale della fotografia. Negli anni’70 usa la fotografia per rievocare la sua memoria personale, come in “ a letters from my father “ del 1975 in cui: ● Al centro, come se fosse incorniciata, troviamo la foto esplicativa del travagliato rapporto familiare : ● padre con mani sui fianchi che guarda spazientito il figlio ● giovane che distoglie lo sguardo dal padre intento a mortificarlo ● madre/moglie, appena accennata dietro, che c’è ma non può o non sa intervenire. ● In basso, una grafia in corsivo scrive : 11 / 41 FRANCESCA WOODMAN Tra gli anni ‘70 e il 1981, anno in cui morì suicida (a soli 22 anni) è riuscita comunque ha lasciare una traccia inquietante e perturbante attraverso i numerosi autoritratti. Le sue foto ritraggono un corpi evanescenti, visi occultati (spesso delle sue amiche, per creare foto anti segnaletiche) e apparizioni sfuggenti immerse in altrettanti luoghi sdefiniti. Lo scopo era contemporaneamente: - la fuga da un’ identità determinata e stereotipata per sempre - la rappresentazione dello stato di “dormiveglia”, dove dimensione del perturbante è la banalità del quotidiano. - la rievocazione dei tempi andati Per ottenere ciò, acquista vecchi quaderni scolastici di fine ‘800 e primo ‘900 a cui incorpora se stessa, le sue immagini, grafie… si concentra sopratutto sull’ ambiente e sul suo corpo, fondendoli con abilità. Volendo partecipare attivamente alla foto, come soggetto e non solo come autrice, usa delle esposizioni lunghe o doppie. Le vite/storie passate dentro quei quaderni, che erano state inghiottite dal tempo, ora rivivono dentro la dimensione del concettuale Ha fotografato per soli 9 anni, ma è chiaro come i suoi lavori fossero estremamente moderni e attuali. La prima foto, fatta a soli 13 anni, è un autoritratto realizzato spingendo il pulsante della macchina con un bastone e raffigurandosi con il volto nascosto dietro i capelli. Nel 1981 pubblica i suo prima e unica collezione di fotografie dal titolo “ Alcune disordinate geometrie interiori”; questa è costituita da foto complesse, avvincenti ed artisticamente intime dalle quali emerge sia il suo carattere provocatorio e schietto, ma anche tutto il mal di vivere che provava e che l’ha portata poi al suicidio avvenuto nello stesso anno. 12 / 41 MARIO CRESCI Riflettendo sulla simbiosi tra fotografia e recupero del passato, fece molti ritratti fotografici di famiglie del paese. Queste spesso in gruppo, si arrendevano docilmente allo sguardo del fotografo, mettendosi in posa nei loro semplici ambienti domestici mentre uno del gruppo aveva l’ onore di tenere in mano una foto. Questa foto veniva scelta dagli interessati e doveva testimoniare il loro passato comune, poteva raffigurare: i loro avi, foto amatoriali di importanti celebrazioni di famiglia.. DANIELA COMANI Lavoro del 2003 dal titolo “Un matrimonio Felice” ella serie di fotografie in bianco e nero ci troviamo di fronte alla trasposizione del più semplice desiderio di ogni coppia soddisfatta che si rispetti: possedere tante tracce di ricordi e di rituali quotidiani che sanciscano il successo del vivere comune degli innamorati. Tutto ci appare normalissimo e persino una storia semplice e banale. Un omaggio alla massificazione stereotipata e ai codici che imbavagliano la nostra libertà di comportamento? Forse. L’uomo e la donna sono la stessa persona, lo stesso corpo solo leggermente declinato secondo alcune caratteristiche esibite che tentano di definire il genere. Un album immaginario. 15 / 41 BRUCE WEBER Americano che rappresenta uno di quei casi in cui è impossibile distinguere l’attività commerciale dalla pratica artistica nel suo complesso. Weber è il fotografo che ha imposto una nuova immagine all’identità maschile, conturbante, ammiccante. National Portrait Gallery di Londra gli ha dedicato tra il novembre 1997 e il febbraio 1998 una mostra dal titolo “Branded Youth and other stories”. La gioventù come simbolo di collettività con le sue regole e le sue dinamiche. In linea con l’idea di una narrazione di cui si è autori e immaginari protagonisti, il catalogo si presenta come un diario che in quanto tale può usare diversi linguaggi: lunghe sequenze di pagine riempite di note e brevi trame scritte a mano, affiancate da disegnini e cancellature, in totale anarchia di ordine compositivo. Poi ancora, brani di poesie, brevi racconti di Bukowski miste a lettere scritte dallo stesso Weber e tantissime fotografie che descrivono il mondo, la storia e le fonti di ispirazione di Weber: ragazzi sportivi, adolescenti, boy-scout e tantissima America. Due servizi di moda sul modello album di famiglia, rispettivamente di Steven Meisel e Larry Sultan. STEVEN MEISEL in “Vogue Italia” dell’ottobre del 1997 realizza un progetto dal titolo “The Good Life” utilizzando colori saturi e un po' pittorici, e giocando così sull’idea che le foto risalgano un album di famiglia degli anni sessanta con il difetto delle stampe non professionistiche dalle cromie eccessive, Meisel ci racconta lo spaccato di una sorridente e energica vita quotidiana stereotipata della famiglia-tipo americana, dove vi è il trionfo del kitsch borghese. Il servizio di Meisel ha il fascino inquietante delle situazioni troppo perfette che in realtà celano un’altra realtà nella profondità. 16 / 41 LARRY SULTAN Realizza un servizio dal titolo “Visiting Tennessee” per la campagna pubblicitaria di Kate Spade del 2002. Anche qui si citano i codici dei comportamenti collettivi e di massa, tra cui emerge quello del turista contemporaneo, soprattutto un turismo famigliare. Ma Larry Sultan porta in realtà un progetto e una modalità operativa a cui aveva già dedicato attenzione in “Pictures from Home”, il lavoro più noto del fotografo cui aveva dedicato una ricostruzione mnemonica dell’album di famiglia. Per diversi anni Sultan fotografa il suo gruppo famigliare, lo intervista, sceglie insieme ai parenti il materiale fotografico che rappresenti momenti importanti del loro passato. Quindi raccoglie tutto in un volume che diventa un archivio visivo-concettuale dell’identità sua e della sua famiglia. 17 / 41 FERDINANDO SCIANNA “dopo 40anni di fotografia, son sicuro che la destinazione voluta dalle foto sia quella di entrare in un album di famiglia” Questo lavoro ampliò ancor di più la sua fama e fu lo stesso per la modella: Marpessa ragazza bellissima e capace di entrare perfettamente nel personaggio della perfetta donna sicula. L’ambientazione fu proprio Palermo, dove Marpessa vestita in D&Ge cliché vestimentari siciliani, venne immersa nella trasposizione dell’ album di famiglia di Scianna. Il fotografo fuse la tradizione intrinseca nella filosofia del marchio, con la sua stessa storia, in quanto anche lui originario di Palermo. ● 1943: nasce a Bagheria (Palermo) in Sicilia ● 1964: da foto-giornalista produce il lavoro “ feste religiose in Sicilia”. Immortala delle atmosfere popolari a metà tra la religiosità, riti e superstizione che negli anni ‘60 non erano ancora così tanto oggetto di riflettori. ● 1967: lavora a Milano per “l’Europeo” ● 1982: Cartier Bresson lo introduce nella Magnum, cooperativa internazionale di fotografia ● 1987: campagna per Dolce&Gabbana ● Fu Domenico Dolce, siciliano come Scianna, a richiederlo dopo aver visto il suo lavoro del ‘64. ● Secondo Scianna, non era realmente lui quello che voleva (ma Letizia Battaglia), ma comunque quando si incontrarono ci fu feeling e quindi mantennero comunque lui. 20 / 41 Protagonista del nuovo servizio sarà Monica Bellucci, perfetta per incarnare la tipica donna del sud e per gli abiti di D&G. Verrà scattata anche questa volta accerchiata da persone comuni (per davvero) e sempre stretta dallo sguardo giudicatore/oggettivante. Altro servizio del ‘89, sempre per D&G, dove la donna cerca l’ accettazione attraverso lo sguardo dell’ uomo. 21 / 41 Altra campagna del 2010-11 per D&G con protagonista Madonna, che vanta origini italiane, si cala nella parte della casalinga indaffarata, ma eroticissima negli abiti griffati. Sapiente uso di luoghi comuni Cucinotta fotografata per Lavazza nello stile siciliano e mediterraneo Uomini che la guardano, sembrano servire ad auto certificare la sua bellezza.* 22 / 41 *Dinamiche degli sguardi presenti anche nel lavoro di RUTH ORKIN che, ricevuto la commissione per una rivista, scatta questo foto spontanea che immortala la sua amiche oggettivata e scrutata dalle persone attorno a lei. La foto è stata scattata a Firenze (mentre era in vacanza) e la città sembra bloccarsi al passaggio della donna. Citazione di quella precedente. Resa ancora più esplicativa dello stereotipo di uomo italiano che conquista con lo sguardo e di donna che lo ricerca e si lascia guardare, dal fatto che la donna in questione è Moira Orfei (italiana). Titolo “gli italiani si voltano” preso dall’ omonimo film quest’ultima troviamo anche artisti veri in senso tradizionale. Nel campo moda “il confine tra fotografia amatoriale e professionale competente, negli anni ‘90, viene volutamente reso confuso” cit. Susan Kismaric 1) Nuove esigenze comunicative dei brand: la perdita dei purismi e moralismi (in realtà già dagli anni ‘80), porta ad un’ apertura nei riguardi della moda, fino al riconoscimento della sua importanza e influenza. La moda, ottenuto lo statuto di forma d’ arte, può accogliere novità e stimoli che poi restituisce alle altre. Ciò che porta davvero la svolta, è il cambio di pensiero dei committenti, infatti i brand iniziano a ricercare un autore contemporaneo che sappia rappresentare più la filosofia e idee dietro il loro brand, più che i prodotti che effettivamente vendono. Nei servizi diventa sempre meno importante la centralità del prodotto e l’ aspetto formale delle immagini stesse, a vantaggio invece della comunicazione di una storia, idee, sensazioni.. Es: nel “Homosapiens Modernus” pubblicato su “Dutch” nel 1998 il fotografo Mikael Jansson ritra modelle nude in paesaggi di campagna e nonostante non ci siano capi, il servizio è associato a brand come Gucci e Dior. 1) Nuove riviste: nascono” i-D” e “the face” per tutto ciò che riguarda lo street e la popular culture; mentre in America “ Interview”, “Punk” e “View”. La presenza di nuove riviste meno rigide e storicizzate sul mercato, permette di diffondere il nuovo stile di vita e ottenere un’ apertura delle immagini di moda verso temi esistenziali, sociali e culturali, includendo temi tradizionalmente considerati tabù come : sangue, armi, mutilazioni, body piercing… * 2) Private aspect: è una pratica fotografica in prima persona,quindi performance auto-rivelativa: partecipazione in tempo reale in un’azione performativa volta al bisogno di raccontare sé e le proprie esperienze in presa diretta. L’ aspetto privato che emerge, si può collegare al saggio sociologico e antropologico di Jean M. Twenge, dove analizzando le conseguenze dell’ arrivo di internet e la possibilità che porta a chiunque voglia di poter comunicare sé stesso, nomina la generazione dei primi anni 2000 “Generation me“ (che da anche il titolo al libro). La comunicazione via web, grazie alla possibilità di trasmettere in maniera diretta materiali multimediali (foto, video, testi..), ha dato vita al bisogno egocentrico della nuove generazioni di parlare di se e del proprio privato, portandosi al centro dell’ attenzione e facendo entrare milioni di sconosciuti nel proprio privato. L’immagine intende comunicare una narrazione viva, in progress, che sta avvenendo davanti ai nostri occhi e a quelli del fotografo e in cui entrambi veniamo coinvolti direttamente, costringendoci ad immedesimarci nel’ accaduto. Colin McDowell 3. New venacular:“indica un’ idioma tipico di una tribù o gruppo che condivide aspetti sociali, culturali.. es. il dialetto.Lo statuto di necessità comunicativa ha reso la fotografia una modalità di performance collettiva, infatti questo stile si ritrova in metodi convenzionali comuni e condivisi. L’esercizio di questo stile ricorda quello di alcuni autori che negli anni ‘70 portano i concetti di raccontare il proprio ambiente e privato attraverso un linguaggio non necessariamente tecnico, per mostrare quello che non aveva avuto cittadinanza nella cultura o nell’ arte es:, il cattivo gusto, il banale, il comune, temi anche un pò disgustose e certamente non eleganti e ricercato = obbiettivo di raffigurare ciò che gli altri possono condividere e in cui possano ritrovarsi. Rappresentanti in fotografia dell’ idea del racconto autobiografico in snapshot style: NAN GOLDINI TILLMANS WOLFAGAANG (> rappresentanti in assoluto) Entrambi suggeriscono un’idea di familiarità con i soggetti fotografati, infatti questi sono amici, compagni di vita, conoscenti.. non modelli scelti. Puntano ad infondere toni più umani e che rappresentino la banalità della vita comune. Propone il racconto visivo, grazie al suo parteciparne quotidiano, del mondo queer, delle drag queen, emarginati.... Es: nel lavoro “the other side” si dedica al mondo delle drag queen di Boston (aspirava a mettere drag q. su copertina Vogue). Raccoglie storie autobiografiche di vita privata, difficoltà sociali, quotidianità, violenza… e per farlo si traferiva con i soggetti d’interesse, vivendo con loro giorno per giorno. Porta uno sguardo naturale nella moda della sua generazione del 1988, testimoniando la ritualità collettiva senza freni e regole scandita da rave party, house music, club culture, mondi underground e metropolitani, ritrovi alternativi, alcool, sesso… a cui lui stesso partecipa e appartiene, come a volere creare una sorta di diario per conservarne i ricordi.Abbatte la distanza tra fotografo e soggetto fotografato. quella generazione che lui cattura e quella di cui fa parte, cattura in tempo reale la sua vita e quella dei suoi amici mentre passa. lui è complice della vita underground è tutto autobiografico, Il suo è uno sgruardo autobiografico partecipe e complice, che cattura la vita in tempo reale e abbattendo la distanza tra fotografo e soggetto. Questo fa si che nella bilancia dei componenti ci sia un massimo di simbolicità e concettualità e un minimo interesse per la tecnica. l’obbiettivo è quello di coinvolgere lo spettatore e portarlo ad interrogarsi sulla vita dei soggetti. autoritratto Fotografa comportamentist a dove la macchina diventa la sua trasportazione, incarna la mano dell’ autore che non fa foto ma carezze Ha saputo suggerire la dimensione di coinvolgimento emotivo e anche fisico nella sua storia personale e nei suoi legami borderline metà degli anni ‘80 documenterà le conseguenze della difusione dell’HIV, prenderà come soggeti i sui familiari e amici. Il lavoro si concentra sull’ aspeto concetuale, infati questo è un tentativo di non perdere cari. La sua poetica trova applicazione anche in alcune pubblicazioni di moda. Es Questo servizio realizzato per la rivista View a metà degli anni ‘80 e con il titolo cinefilo “Masculine/ feminine” che incarna un modo poco tradizionale di raccontare la moda. Ritrae, all’ interno dei bagni russi, le sue amiche che in intimi e lingerie di picco prezioso, elegante e di marca, sono intente a raccontarsi confidenze intime. Dalla poca cura con cui esse si presentano (c’è chi mette in mostra il pancione o il pube peloso, chi è seduto sul wc e chi stravaccato) capiamo che le donne sono completamente a loro agio alla mercee dell’autrice, dato dal fatto che la conoscono e sembrano foto destinate a rimanere private. Il tutto appare aestetico e anche un po' decadente. ROBERT MAPPLETHORPE Usa la fotografia come strumento di rivelazione e narrazione autobiografica nei sofisticati racconti di un’esistenza trasgressiva e provocatoria. Nonostante i suoi lavori possano essere considerati il soddisfacimento di desideri voyeristici, sono da definirsi più come una raccolta di ricordi e memorie da “album di famiglia non tradizionale”, infatti come lui stesso ammetteva: si sentiva partecipe nella situazione che creava davanti alla macchina, ne faceva parte e non ne era estraneo come un voyeur. Nonostante fossimo quasi a metà anni ‘90, questo tipo di moda borderline non era ancora stata completamente accettata, infatti questo servizio destò molto scandalo perché: ● non sono foto eleganti ● l’ ambiente è disordinato e banale, da case comune ● Le foto suggeriscono una complicità erotica tra la fotografa e la fotografata Giovane donna simbolo di questa nuova idea di fare moda e fotografia, grazie anche ai legami personali che ebbe con alcuni fotografi interpreti della tendenza. CORINNE DAY A questa fotografa britannica si deve il debutto di Kate Moss, infatti nel 1990, la scelse per la copertina di “the Face” . Importante è il servizio del ‘93 per “British Vogue”, realizzato all’ interno dell’appartamento londinese della modella che indossava un abbigliamento underground che sembrava essere stato scelto distrattamente e senza gusto. Iconica e una delle prime “supermodelle”, quindi conosciute anche per la loro personalità e vita privata, star a tutti gli effetti. Con le campagne per Calvin Klein conferma l suo personale stile minimal e verrà criticata per essere troppo magra. JURGEN TELLER Dai suoi lavori si percepisce il desiderio di: ● raccontare il dietro le quinte del mondo della moda ● Dissacrare la finzione dello show-business Partendo dalle modelle che mostra struccate, in abiti comuni ed in interni domestici che sorridono al suo obbiettivo come normali ragazze. es. nella campagna per Macr Jacobs del 2005 mostra la modella Kristen McMenamy in atteggiamenti provocatori su uno sfondo non canonico e con un trucco eccessivamente pesante= sembra la caricatura di se stessa modella gesto di provocazione contro la moda elegantissima che indossa Sempre Kristen con la sigaretta in mano e lo sguardo perso, mostra il corpo nudo su cui nel petto è stato disegnato un on un rossetto un cuore+scritta Versace. Sul ventre inoltre compare una piccola cicatrice (si pensò volesse evocare una violenza, ma venne smentita). Volontà estrema di realismo al contempo di esplorazione del grottesco e del disturbante nel territorio della moda, universo della finzione e artificio per eccellenza. Tendenza a trasformare foto chich in shock includendo la durezza del sesso, violenza e morte. “Terryworld” è un sito in cui Richardson scrive di se stesso e della sua fotografia e si propone come un lavoratore dello snapshot. Usa spesso gli occhi rossi, perchè nonostante da molti autori vengano considerate brutte, lui le vuole a dimostrazione del fatto che nulla è filtrato e la foto è vera, sincera, non censurata, una vera istantanea e racconto in tempo reale Modelli con la sua faccia e con in mano una pocket camera. Camera amatoriale come segno del sorpasso dell’ importanza del formale per porre attenzione sul contenuto Sisley ha fatto una scelta coraggiosa perchè era molto distante dal suo immaginario Le sue immagini invitano a guardare un mondo di erotismo, tema a cui la moda, tempo prima, alludeva solo in maniera soft. MARTIN PARR Fotografo reportagista impegnato nei servizi di moda dal 1999. Propone un’osmosi tra arte-moda attraverso uno stile ironico, caricaturale, votato al kitch e quotidiano “abbassato” allo snapshot. Il progetto “Fashion Magazine” del 2003 è un progetto artistico/marketing di moda che consiste nell’ideazione e realizzazione i una rivista di moda, rispettosa degli stereotipi di genere a partire dalla copertina dove vi è lui stesso. all’interno di essa firma tutti i servizi e immagini che mimano scatti amatoriali a soggetti banali e modelli non professionisti, che in reltà in quel momento erano il prinicpale motore di ricerca del mercato del business della moda glomale, es. protagonisti dello streetstyle grotteschi ma orgogliosi di essere tali. MARIO SORRENTI Nel ‘94 pubblica il suo lavoro emblematico “Diary”, ma la sua creazione inizia molto prima, infatti il risultato è la somma di foto, scritte, appunti, strip di fototessere.. che ha raccolto nel corso della sua vita. E’ materiale privato raccolto nel tempo che riguarda direttamente la sua vita e che, se prima costituiva il suo personale serbatoio d’ispirazione, poi è diventato una vera opera artistica. Ovviamente questi scrapbook svolgono anche la funzione di contenitore di memorie e testimoniano l’intensa vita artistica dell’ autore, tra esperienze e frequentazioni degli anni ‘90. Una delle protagoniste di queste memorie è Kate Moss, compagna di vita e lavoro Mario in quel momento LA PUBBLICITA’ DEL PRIVATO All’interno dell’immaginario collettivo, quando si parla di fotografico, possiamo trovare due diverse esperienze legate alla declinazione del grande contenitore del bisogno, a volte ossessivo, di studiare e compararsi alla vita degli altri : ● Voyerismo fotografico, sopratutto a sfondo erotico ● disvismo/vip, approvazione cinica e cannibale della vita degli atri (paparazzi) Voyerismo fotografico Questa definizione si potrebbe abbinare perfettamente alla modalità di appropriazione visivadel fotografico. Infatti il fotografo è colui che trova appagamento nel prendere possesso della vita degli altri, prendendone un’istante di vita, ruba informazioni e se ne impadronisce con le foto; Quando poi le pubblica diventano patrimonio collettivo, dando l’impressione di violare la privacy di qualcuno. Voyeur e fotografo sono mossi dagli stessi interessi, quindi come diceva Newton: il fotografo è un voyeur . Ciò che rende la fotografia il perfetto modo per soddisfare i bisogni voyeristici è proprio la capacità delle foto di congelare un momento, per poterne poi indurre il ricordo. Questo porta la foto a diventare un oggetto feticistico che permette al voyeur di aver sempre a disposizione quella porzione di estasi di cui potrà usufruire a lungo, in privato,e senza essere visto da nessuno. Foto come protesi dell’ oggetto del desiderio. Boudelare ci racconta un’idea di fotografo che cerca appagamento nell’ abbattimento delle barriere del privato. “Corrispondono ad un’irruzione del pubblico nel privato creando un nuovo valore sociale: la pubblicità del privato” Barthes Fotografare una persona equivale a violarla, vedendola come essa non può mai vedersi, avendone una conoscenza che essa non può mai avere; equivale a trasformarla in oggetto che può essere simbolicamente posseduto. (Sontag, p. 14) Anche se incompatibile con un intervento fisico, I’ usare una macchina è comunque un modo di partecipare, La macchina può essere un osservatorio, ma il fotografo è qualcosa di più di un osservatore passivo”. 5. Sontag, Sulla fotografia, 1978 la vera passione per il voyeur sta nel “vedere la sostanza del reale più nell’ icona che nel soggetto vero della medesima (...) il soggetto appare l’ oggetto alla fin fine posseduto in immagine più appassionatamente che in realtà". A. Gilardi, Muybridge. il magnifico voyeur, 1980 Nel dagherrotipo comunque la patina pittorica rendeva il nudo, non troppo scandaloso perchè nel lecito di una fantasia o desiderio sublimato. (anche se una fotografia è una fotografia) Perfetto esempio del piacere voyeristico attraverso le foto sono quelle di nudo, sia di fotografia da bordello che il nudo artistico da atelier. Le modelle e le prostitute posavano nude o in atteggiamenti provocanti per gli artisti da sempre, ma quando iniziarono a farlo davanti ad una macchina scientifica e di grado zero, rese il tutto più reale e sconvolgente per l’ epoca. Infatti,, erano la testimonianza visiva che la donna si era realmente spogliata davanti al fotografo; motivo per il quale era anche trasposizione del corpo più carnale e reale. Fotografo davanti al corpo diventa un voyerista e noi, a nostra volta, guardando l’immagine, diventiamo voyeristi di un loro momento. JAMES BELLOCQ (Al suo tempo non ottenne il riconoscimento meritato ) . Fece serie di foto a prostitute, che posarono per lui con un atteggiamento normale, anche meno erotizzante di ciò che si potrebbe pensare, nelle loro stanze. Il suo desiderio era quello di fotografare l’in-fotografabile e , sfruttando la capacità documentaristica della fotografia, immortala tutto ciò che generalmente viene apposta ignorato. S.Sontag commenterà le sue foto descriverà queste foto come: informali, antiartisteche, equilibrio tra anonimato virtuale del fotografo e quella reale elle modelle nel loro stato di “objets trouvès” WILHELM VAN GOLDEN Tra i primi anni del ‘900, realizza scatti a giovani siciliani abbronzati e muscolosi, immersi nell natura arcadica o su eleganti terrazze tra oggetti esotici e pelli maculate. Il nudo maschile, meno accettato di quello femminile, veniva sempre epurato o nascosto da ombreggiature. Van Golden invece, crea immagini dove i genitali sono ben in vista creando una specie di cult dell’immaginario omosessuale maschile. La poetica metafisica è presente in Van Golden attraverso: NOBUYOSHI ARAKI Le ragazze sorridono sfacciate alla macchina,si mettono in posa e si lasciano toccare. Spesso nelle foto molto esplicite e osè, vengono smorzate dal fotografo divertito dalla possibilità di giocare con le varie identità possibili. Partecipa alla performance. AL CONTRARIO DIANE ARBUS Fotografo-voyerista SAM TAYLOR WOOD Fotografo inglese che negli anni ‘90 estende il principio della registrazione mimetica del flusso indiscusso e continuo degli eventi quotidiani fino a suggerire la sensazione di trovarci davanti a dei fotogrammi, presi con sguardo artificiale, di una realtà collettiva composta da individui per lo più banali e anonimi. I suoi lavori sono riconducibili all’io tecnologico. La riesumazione di tecniche già usate in precedenza, porta negli anni ‘90, un nuovo interesse per la concettualità; viene sviluppata in due modi: 1.io tecnologico: improntato su uno stile oggetivo (Vitali, Struth, Grusky, Hofer, Ruff..) 2.io psicologico: improntato su uno stile sentimentale (Tillmans, Goldini, Araki..) La fotografa considera i conceti di: ● Partecipazione ● Presenza; presenza non direta ma nell’ attuazione dell’immagine, come fattore menta CARLO MOLLINO Usa la fotografia come ingrediente visivo, estremamente reale e scenografico per concretizzare fantasie ed esperienze erotiche. Allestendo un completo set fotografico (con tanti specchi, tende, paraventi e luci diffuse) negli appartamenti che possedeva a torino, dove fotografa splendide donne seminude che in pose provocanti e maliziose, recitano per lui stereotipi classici del desiderio maschile come cameriere, spogliarelliste, cow-girl.. In queste polaroid codifica la donna sposa erotica, in pizzo bianco, con citazioni afro o animalesche. Mollino per realizzare queste foto comprava abiti e accessori e li modificava da solo. =tutto, secondo il clichè del repertorio del feticista e voyeur, era di proprietà di Mollino. OLIVIERO TOSCANI Fotografo dal morboso sguardo voyeristico, ha usato il suo lavoro come mezzo di comunicazione di denuncia sociale. Realizzerà immagini difficili, disagianti e urtanti, che portano l’attenzione su morte, diversità, malattia, pregiudizio… Esempio ne sono i servizi : ● Benetton(fino al 2002): finto prete che bacia finta suora, abiti militari sporchi di sangue, malato di aids accanto ai suoi cari, serie di Girasoli dedicata a ragazzi down, condannati a morte dello Wee.. ● Nolita: denuncia la poca attenzione verso la malattia dell’ anoressia ”No anorexia” vede come protagonista Isabelle Caro, una giovane ragazza francese che pesa solo 31kg e di cui Toscani pose la foto shokkante in giro per i muri delle maggiori città italiane. ● Ra-re: campagna che ha scatenato tantissime critiche e che vede protagonisti due uominiche allegramente e serenamente si baciano e si toccano. Usa il voyerismo fotografico per scavare nel moralismo e nelle convezioni sociali e usandolo come cura omeopatica per provarea riflettere e ragionare sui problemi che di solito ignoriamo. 22 Newton ci riporta nella idea nel professionismo di moda viene svilito il principio tecnico e la capacità manuale che richiede la fotografia. Lui in primis, quando ammette di usare una macchinetta, niente aiutanti e poche luci, o quando dice di non essere interessato alla tecnica. In realtà i suoi lavori sono ricchi di tecnicismi e conoscenze, ma in lui prevale l’ aspetto concettuale. La dimensione dell’ immaginario in cui si concentra è l’ idea del voyerismo. Lui si definisce voyeur ( in realtà pensa che lo siano tutti i fotografi) in fatti guarda/spia il mondo dall’ obbiettivo. HELMUT NEWTON Diventerà uno dei più famosi fotografi di moda grazie al suo lavoro per Vogue Francia. 25 Stereotipo della donna sottomessa, molto erotica ma ma mai vittima. Porno chich in versione ironica, infatti mentre la donna è nuda, lui al contrario lo troviamo vestito di tutto punto e addirittura con gli occhiali, disteso sul letto. Diventa il manifesto delle donne che in questi anni ‘80 si identificano sotto la definizione di “power woman” e che cercano di affermare la loro indipendenza economica, personale, sociale.. attraverso un abbigliamento serio, spigoloso (spalle imbottite) e sofisticato chiamato “power dressing” 26 Uno degli scenari dell’immaginazione erotica dell’ uomo dal quale attinge è quello della femme fatal; donna dotata di una seduzione mortale. Ovviamente le protagoniste non sono mai vittime, ma sono giochi consapevoli e voluti Anche gli ambienti sono iper eccessivi e codificati 27 Laion Lisa, la famodsa bodybilder si mostra nel suo fascino ambiguo da donna con viso molto femminile, ma corpo muscoloso e mascolino. 30 +Copri post organici e con protesi Foto parte della campagna di Azzaro, produttore di scarpe. Usò manichini per ri-chiamare lo stereotipo post human. Durante il servizio inscena scene di sesso tra corpi artificiali e veri in un esagerazione dei comportamenti Servizio per Vogue Inghilterra Gli accessori/abiti che dovrebbero essere al centro del servizio, perché fatti per fargli pubblicità, in realtà sono meno importanti e lasciati ai margini. 31 L’obbiettivo di Newton era quello di screditare gli stereotipi per eccesso, quindi rendendoli paradossali, tanto da farli diventare inefficaci. Molto spesso non veniva capito. LA FINZIONE IMMAGINARIA Sin dall’inizio la fotografia viene: ● omaggiata per la sua potenzialità documentativa, scientifica e conoscitiva, nelle sue applicazioni pratico- burocratiche ● Denigrata in quanto ➢ non considerata una vera e propria arte. Veniva posta in paragone al massimo rappresentante degli oggetti d’arte: il quadro, ritenuto superiore in quanto richiedeva una manualità e capacità non necessarie per ottenere una foto. Boudlelaire non concepiva la possibilità di un’opera d’arte che non richiedesse l’esercizio della manualità e considerava la fotografia un pericolo per lo statuto tradizionale di arte. Considerata troppo oggettiva, pura rappresentazione realtà e poco creativa, spesso i fotografi hanno dovuto applicare canoni e stili della pittura alle loro foto per far si che venissero prese in considerazioni come frutto di capacità artistica, quindi è stato coniato il termine “ pittorialismo”. ➢ La referenza con la realtà, permetteva alla fotografia di raccontare l’inverosimile in grazia della propria credibilità statuaria tramite costruzioni teatrali e immaginifiche (diventavano reali perché documentate). Questo:  Veniva esaltato da coloro che necessitavano una rottura con il reale  Turbava chi lo considerava un gioco disonorevole Il paradosso della fotografia è proprio quello di poter ammiccare a mondi diversi e porli a confronto, di far uso della attraverso la finzione immaginaria per abbattere le barriere tra reale e immaginario. Tutto questo le fa attribuire il titolo di “messaggio senza codice “da Barthes. Sarà solo l’avvento del digitale e l’evoluzione della tecnica, ha permettere di fare chiarezza sull’identità della fotografia nell’arte e industria culturale. GUY BOURDIN (anche nella parte anni ‘70 “Vogue”) Definito “the first explicit storyteller in fashion photography” già da metà anni ‘50 collabora con Vogue e nel ‘55 esce la sua prima immagine di moda. Molto interessante sono le campagne pubblicitarie fatte per per il calzaturificio Charles Jourdan (con cui collabora fino al ‘81): ● quello del ‘75 pubblicato su Vogue Francia: serie di immagini in cui le scarpe sono poggiate a terra sulla scena di un tragico incidente. ● donna stesa sul letto in una penombra livida schiarita solo dai riflessi rimbalzati da una tv accesa. Oltre una parta aperta dove si intravede la figura di un bambino. Sullo schermo un’agghiacciante volto femminile (probabilemte quello della donna stesa nel letto) contratta in una smorfia di dolore o terrore. Le scarpe nell’immagine, ai piedi della donna senza volto, non sono protagoniste, ma anzi la descrizione della merce è secondaria alla costruzione della storia Negli anni ‘80 a sostegno di questa narrativa nascono: ● Filone narrative-filmico, che lavora su immagini sofisticate in fatto di effetti scenici e di ricostruzione di ambienti. Rappresentante il canadese JEFF WALL che monta i suoi lavori su light-boxes e mette in campo una serie di riferimenti citazionisti della storia della cinematografia mondiale, grazie alla capacità di richiamare con una sola immagine storie che appartengono alla memoria visuale collettiva. ● Staged Photography , dell’americano GREGORY CREWDSON le cui immagini abbandano di citazioni filmiche dedicate a David Lynch e Spielberg. In una serie del 2001-02 alcuni veri attori (Julianne Moore e Gwyneth Paltrow) recitano per lui in immagini silenziose e ad alta tensione. Donna con occhiali è una foto di Lorca (slide dopo) Negli anni ‘90 il filone narrativo-filmico viene intrapreso dai fotografi molto impegnate nella moda: ● SARAH MOON si ispira a De Meyer e al suo flou dove il tempo è sospeso e le inquadrature ricordano il cinema magico delle origini. ● BEDORAH TURBERVILLE, realizza quasi dei romanzi psicologici al femminile, in bianco e nero e dominati da un’atmosfera onirica. ● PHILIP-LORCA DICORCIA i primi lavori risalgono agli anni ‘70 e viene influenzato dal cinema, fiction televisive e del racconto trasposto in immagine. Incanala lo staged photography nelle immagini di moda e realizza servizi in cui le modelle, attrici di un mondo immaginario, si aggirano come fantasmi in ambienti anonimi, sperduti ma claustrofobici. Sono molto vicine tra loro, ma il loro sguardo è spento e assente e non comunicano tra di loro. ● GLEN LUCHFORD Fotografo e citazionista filmico che lega il suono nome al marchio Prada, per cui ha realizzato molte campagne di successo: ➢ 1997 ricostruisce la scena del film di Kubrick dal film “Shining” del bambino che scappa dal padre in mezzo alla neve, ponendo una modella che si stringe nel suo cappotto in mezzo ad un percorso di siepi coperto da neve che dona una luce livida all’ambiente. ➢ due gambe femminili adagiate su un prato umido ➢ una borsa in primo piano a cui è avvinghiata la mano della donna ➢ donna in piedi con lama dietro la schiena, ad evocare una scena di ➢ violenza domestica tramite una sorta di verbale poliziesco , che affianca all’immagine di due gambe su tacchi vertiginosi e in primo piano una borsa. Omaggio a “la lama lungo la schiena” di Bill Beckley del ‘78. Due fotografi che unirono l’immaginario del filone fotografico-thriller al mondo della moda sono Melanine Puller e Izima Kaoru che amplificano le atmosfere lugubri e splatter. MELANINE PULLEN Grazie ai documenti scovati dell’ Archivio del dipartimento di polizia di Los Angeles realizza “High Fashion Crime Scenes”, ricostruisce fedelmente le scene dei delitti più famosi, facendo interpretare le vittime di stupri, suicidi, aggressioni.. a delle bellissime modelle vestite e accessoriate dai marchi più famosi come Gucci, Chanel.. mondo patinato della moda viene messo a contrasto con la realtà tragica e turbante del quotidiano: tessuti costosi e raffinati dialogano con le macchie di sangue e i neon freddi e bellezza incantevole delle modelle a contrasto con situazioni brutali e sgradevoli . Debitore del cinema di Lynch e dell’immaginario di Bourdin IZIMA KAORU Fotografo e regista giapponese che a metà degli anni ‘90 realizzo Una serie “landscapes with a corps” con protagoniste giovani modelle e attrici giapponesi che raffigurò negli abiti di alta moda e modi in cui si immaginavano alla loro morte. Usando quindi come tema centrale la morte: ● Portò un tema inedito nella moda, che escludeva questo e gli altri aspetti seri e non frivoli della ● Scioccò il mondo nipponico che guardava alla morte come un tabu vita ● Riuscì a innovare e rendere meno banali i servizi di moda Questa serie venne pubblicata sulla sua stessa rivista e riuscì ad unire: ● Tema della morte ● Le regole delle foto di moda, con la bellezza e i sofisticati procedimenti produttivi dietro gli scatti ● Stereotipi dell’ immaginario filmico collettivo: forbici piantate nel petto, corpi piegati in modo ● innaturale dentro valige, cadaveri insanguinati sulle poltrone dei cinema.. = l’effetto filmico veniva potenziato realizzando scatti in sequenza che aumentano nell’immaginario dell’osservatore l’idea di essere dentro la scena e di scoprire il delitto. Hanno costruito diverse realtà parallele nei territori della fantasia attraverso la fotografia: ➢ Luigi Ontani: Le sue foto costituiscono un viaggio fisico e mentale nel mondo del credibile fotografico, attraverso innumerovoli dimensioni da lui citate e impersonificate da lui stesso, rende la fotografia una chiave d’accesso ad un mondo altro. Si auto definisce “ombrofago” (p.200 pdf “secondo anno”) ➢ Cindy Sherman (p. 206 pdf “secondo anno” e parte sopra “citazionisimo filmico” “album di famiglia”) ➢ Mariko Mori: tableaux-vivant dove lei è protagonista indossando abiti disegnati da lei stessa e immersa in location rappresentanti della cultura, tradizione e società giapponese; il tutto utilizzando la tecnologia digitale a potenziamento della visualizzazione dell’irreale. Offre in questo modo la sua interpretazione della trasformazione identitaria e del mimetismo tecnologico avanzato nel suo paese (p 217-218 pdf “secondo anno”) ➢ Cao Fei: omaggia il fenomeno giovanile dei cosplay e giochi di ruolo, che hanno come background vivsiovo la cultura dei manga e anime e che permettono ai giovani dell’estremo oriente di vivere una vita di pura fantasia attraverso un’idea di travestimento in modo serio e rigoroso. ➢ Matthew Barney: maestro nel mettere in scena un territorio fatto di finzione cinematografica, teatrale, performativa e visiva. Noto è il ciclo “ Cremaster” dove progetta una dimensione abitata da esseri zoomorfi o in perenne mutamento morfologico e fisiognomico: un circo freak alimentato da citazioni di generi letterali e filmici di cui lui stesso è ideatore e attore. Atri due fotografi fecero del loro tratto distintivo il collegamento delle immagini di moda con un mondo di magia e sogno: ➢Adolf De Meyer: teatrale sia dalle origini misteriose, la storia d’amore sognane con Olga, la carriera disseminati di incontri e divisioni.. ma anche teatrale nelle pose fatte assumere alle modelle, negli allestimenti …. (in “Vogue”) ➢Cecil Beaton : amante del teatro, inizia a mettere in scena tableux-vivant già da quando è piccolo con le sorelle. Quando inzierà a lavorare per Vogue, rifiuterà la tecnica a favore di un’idea di fotografia concettuale (in “Vgue”) ➢ Ivan Van Lamsweerde: collabora con diverse riviste di moda, assieme al suo compagno Vinoogh Matadin, classificandosi come uno degli interpreti più originali dell’idea di fotografia come mezzo per sondare nuove realtà. Negli anni ‘90 con “ thank you tighmaster” e “the forset” da vita ad una nuova uman ità ibrida, assessuata e dalla pelle lucidata e simile alla plastica. Pare attuare sui loro visi l’identità del gender bending grazie all’opposizione di lunghe unghie femminile e sensuali bocche truccate. Il tema del corpo e della bellezza stereotipata sono spesso indagati da Lam. Grazie a foto come “ Sasja 60-90-60” dove la modella è costretta ad una torsione innaturale del corpo. = propone un viaggio nell’irreale spinto che rende esprimibile con i sensi e con la mente le performance del magico-reale. (pdf “secondo anno” pag 216) DIVISMO /GOSSIP Divismo: ammirazione e culto nei confronti di una «diva» che ha un’immagine e identità ben costruita e conosciuta nell’immaginario collettivo e che è portatrice di un sogno. Gossip: è la necessità di conoscere le virtù e i vizi dei personaggi pubblici, spesso per potervici immedesimare meglio. Qualsiasi aspetto riguardante la persona della diva diviene oggetto d’interesse e quindi di vendita e diffusione. Mercificazione: anni ‘60 soprattutto, uso della propria immagine a scopo commerciale, le parti della persona diventano oggetto, attraverso la diffusione di massa promossa dai media. es: «Box from pin up» David Bailey ‘67 «cart-de-visit» di Disderì 1854 Media: creano, diffondo e danno credibilità al sogno e all’immagine della diva nell’immaginario comune. I paparazzi: fotoreporter d’assalto, ovvero coloro che inseguono le celebrities fino a catturarne un’immagine spesso compromettente, fino a rubargli un attimo di debolezza. Ma il termine “paparazzi” diventa di uso globale a partire dalla notte del 30 agosto 1997, quando le televisioni di tutto il mondo rimbalzano la notizia della morte di Lady Diana insieme al compagno Dodi Al Fayed nel tunnel parigino dell’Alma. Uno degli eventi mediatici a più alto impatto nella coscienza collettiva popolare degli ultimi anni viene considerato un effetto invadente dei giornalisti e dei paparazzi che seguivano Diana e i suoi amori. La Principessa del Galles sembra essere la prima vittima di quel voyeurismo che ne ha alimentato per anni il mito Questo termine viene utilizzato per la prima volta nel film « La dolce vita» Federico Fellini, su modello di fotografi come Secchiaroli e Ron Galella. Quest’ultimo, denunciato nel 1972 da Jacqueline Kennedy per l’ossessione con cui la seguiva, ha il merito di aver stabilito la distanza oltre la quale si può essere definiti paparazzi: il giudice aveva stabilito una distanza di almeno 45 metri. Galella rivela nel suo recente libro “No pictures” quanto spesso tra lui e e sue prede d’instaurasse una specie di gioco complice e divertito.
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