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Famiglia sostantivo plurale, Appunti di Sociologia Della Famiglia

Riassunto del libro famiglia-sostantivo plurale

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 11/05/2020

Giulia24516ii
Giulia24516ii 🇮🇹

4.5

(23)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Famiglia sostantivo plurale e più Appunti in PDF di Sociologia Della Famiglia solo su Docsity! FAMIGLIA: SOSTANTIVO PLURALE 1. LA FAMIGLIA IN ITALIA: LE TENDENZE DI CAMBIAMENTO NEL LUNGO PERIODO 1. i nuovi profili della famiglia tra incertezza e vulnerabilità Le famiglie italiane dal punto di vista strutturale si semplificano, anche se si moltiplicano le tipologie. In Italia ci si sposa sempre meno e più tardi, si generano meno figli e sempre più tardi, i figli tendono a rimanere in casa con i genitori, gli anziani (anche se soli) tendono a formare un nucleo familiare a sè, e con l'allungamento della vita media, per lassi sempre più lunghi. La famiglia tende a polarizzarsi su base generazionale: da una parte vede anziani soli o ancora in coppia, dall'altra parte adulti e giovani che danno origine a famiglie nucleari classiche (coppia coniugale+figli). queste forme di coabitazione tendono ad occupare spazi temporali sempre più lunghi: è come se i tempi della famiglia si fossero dilatati e rallentati. Cambiano i modi, i rapporti, i legami di coloro che vivono sotto lo stesso tetto: si è modificato il senso, il valore e il significato che gli attori sociali danno alle relazioni familiari, sono cambiate le motivazioni e le aspettative che sono alla base di scelte importanti (sposarsi, uscire di casa, avere figli). Nascono nuove strutture familiari (le convivenze, le famiglie ricostituite, i nuclei monogenitoriali), c'è una pluralizzazione delle forme. La famiglia come istituzione era un contenitore ch accoglieva al suo interno uomini e donne, generazioni diverse scandendo e segnando i ritmi e le fasi delle biografie individuali. Oggi le biografie sono individuali, c'è uno spostamento di equilibri e priorità tra individuo e famiglia. In Italia c'è stata una semplificazione delle strutture (pochi ruoli ad es. single, coppia coniugale, un solo genitore con figli), una riduzione dell'ampiezza media dell'unità di coabitazione e una complessità crescente di forme familiare (es. convivenze, fam monogenitoriali, famiglie ricostituite). ALCUNI DATI.. • l'ampiezza di una fam è inferiore alle 3 unità (2,33 componenti) • single+coppie 50% • coppie con 1 figlio 45,8% • coppie con 2 figli 42,9% • coppie con 3 figli 11,3% • fam monogenitoriali 12,3% • coppie conviventi e fam ricostituite 6,8% delle coppie e in circa la metà dei casi non hanno figli • fam con +5 componenti 6,5% • fam con due o più nuclei familiari 5,1% Si ha assistito ad una "esplosione" delle diverse modalità di vivere sotto lo stesso tetto, che è iniziata nella seconda metà degli anni '70. Privatizzazione, de-istituzionalizzazione, individualizzazione sono espressioni che suggeriscono l'esistenza di un lento spostamento della famiglia da istituzione a gruppo, da sottosistema sociale specializzato nell'assolvimento di funzioni socialmente rilevanti ad affare "privato", unità di affetti. Organizzazione sociale che non ha più bisogno di una famiglia dato che sono state assorbite molte delle funzioni solidaristiche, educative, assistenziali... ora le famiglie sono "unità degli affetti" piuttosto che agenzie che devono assolvere a compiti. Processi maggiormente evidenti nel nord Italia. Le famiglie agiscono come unità degli affetti e si muovono prevalentemente nell'area del consumo. Il depotenziamento della fam è dovuto anche allo spostamento delle funzioni di cura alle istituzioni del welfare. Il fare famiglia richiede agli attori sociali elevati investimenti, il matrimonio non è più per la vita. Ad oggi essere spostai ed avere figli è spesso causa di povertà, di esposizione a maggiori rischi sociali. Il senso crescente di insicurezza, incertezza e vulnerabilità riguarda sia la relazione coniugale che quella di filiazione, questo è inquadrabile in una cornice più ampia definita come "società del rischio". Dall'invecchiamento della popolazione, diminuzione dei tassi di fecondità e nuzialità, cambiamento del ruolo della donna, minore dipendenza economica degli adulti da strategie di tipo familiare (sicurezza economica), famiglia come affare privato emerge un concetto di famiglia vista come sempre più gruppo e sempre meno istituzione, percepita come una sfera privata, produttrice di gratificazioni affettive e psicologiche e non più di risorse. Il fare famiglia non viene più considerato la tappa per fare ingresso nella vita adulta. Contemporaneamente l'aumento delle convivenze, delle separazioni e dei divorzi, la crescite delle fam monogenitoriali e delle fam ricostituite dimostrano quanto siano imprevedibili e discontinui i percorsi di vita. 2. il matrimonio solidale, la centralità del bambino: come cambiano gli assetti relazionali tra i sessi e le generazioni 2.1 LA PICCOLA GRANDE RIVOLUZIONE DEGLI ANNI '70 DEL SECOLO SCORSO Alla fine della seconda guerra mondiale, la famiglia era profondamente rurale e tradizionale degli stili di vita e di consumo. La fam che si affaccia agli anni '70 già aveva compiuto una parte di rivoluzione, infatti svolge la funzione riproduttiva senza più legami di dipendenza ed interscambio con la parentela, il vicinato.. il "fare famiglia" non è più visto come passaggio obbligatorio per entrare nella vita adulta, ma diventa una scelta personale. La fam non è più considerata come"sistemazione". C'è un aumento dei tassi di occupazione femminile tra le donne coniugate accompagnata da una "rivoluzione sessuale" degli anni precedenti. Negli anni '70 la famiglia è un'unità solidale di due adulti che possono permettersi il lusso di curare le relazioni affettive interne. Il matrimonio è quindi un'unione affettiva e sessuale le cui regole sono quotidianamente costruite e corrette. C'è una profonda scissione tra riproduzione e sessualità, la procreazione perde il carattere dell'obbligatorietà e dell'inevitabilità e diventa a discrezione dell'individuo e della coppia. Negli anni '70 si sono diffusi una rosa di servizi (asili nido, scuola elementare non più selettiva) che hanno creato un sistema di opportunità al cui interno il bambino può realizzare le sue potenzialità. Secondo J.L. Flandrin si realizza la "coincidenza" cioè la perfetta sovrapposizione tra i concetti di casa, famiglia e coppia con i figli. Nel '70 viene introdotto il superamento del vincolo matrimoniale (divorzio) e nella riforma del diritto di famiglia del 1975 una loro legittimazione. Il cambiamento sociale è un processo complesso e composito e ogni sua componente ha velocità diverse e diverse capacità di penetrazione tra i differenti gruppi sociali/aree sociali/territoriali del Paese. Il nuovo diritto di fam introduce: la depenalizzazione del reato di adulterio, elimina l'istituto dell'autorità maritale, elimina il delitto d'onore, abroga le norme che vietano l'uso e la vendita di contraccettivi, elimina la dote, istituisce il divorzio e sancisce per la donna il diritto a mantenere il proprio cognome dopo il matrimonio. La fam è pensata come realtà esterna all'individuo, come fatto sociale (Modo di agire, di pensare, di sentire esterno all’individuo, appartenente alla comunità, che costituisce comunque un punto di riferimento ineludibile per l’individuo, che su di esso modella la individuale e sociale e che quindi il suo comportamento è riconducibile alle aspettative di comportamento che su di lui ricadono per il fatto che occupa quella posizione sociale. Queste aspettative sono socializzate e vengono trasformate in motivazioni all’azione. • Si definisce processuale perché è data da un “set di attributi” che l’attore sociale riferisce a se stesso e acquisisce nel tempo, si costruisce nel tempo tramite relazioni di identificazione e differenziazione, ma anche di conferme e disconferme. Inoltre tende a modificarsi nel tempo. Il ruolo sociale, cioè modello di comportamento socialmente normato e legittimo e quindi “atteso”, può essere visto come risposta ai problemi di costruzione dell’identità. Con l’avvento della modernità i percorsi si moltiplicano e l’attore sociale ha la possibilità di scegliere tra più strade. Non è più presente l’appartenenza esclusiva ad alcuni gruppi, i vincoli ascrittivi sono meno obbliganti. L’identità è quindi un lento processo che avviene tramite l’inclusione in cerchie sociali sempre più numerose. Il concetto di identità da “processo” è diventato un problema. Il corso di vita non ha più una crescita lineare, assume un andamento ondulare che può dare origine a nuove traiettorie. La sovrapposizione tra l’identità individuale e quella sociale è tipica dell’età tardo- moderna, non può essere data per scontata perché se prima era il risultato di processi di interiorizzazione e socializzazione delle norme, adesso è il risultato di atti di metà- riflessione attraverso il quale l’attore sociale sceglie se, come e quando collocarsi nelle diverse posizioni sociali. Le identità molteplici sono caratterizzate da alcune peculiarità: • Enfasi sui processi di individualizzazione e svalutazione dei legami sociali • Mancanza di obiettivi a lungo termine • Intercambiabilità dei fini e mancanza di un progetto per il quale “vale la pena spendersi” • Pluralismo dei valori Nella società complessa esistono sfere di realtà diverse, questo porta a processi di costruzione delle identità meno prevedibili, sia nei processi che negli esiti. Ora delineiamo i mutamenti delle biografie dell’uomo e della donna nella modernità dal punto di vista delle aspettative sociali (ruoli), individuando i fattori che giocano a favore di una crescente divaricazione tra identità individuale e identità sociale: • Spostamento in avanti dell’età in cui si contrae il primo matrimonio • Riduzione dei tassi di nuzialità, accompagnati da un corrispondente aumento delle convivenze • Spostamento in avanti dell’età in cui la donna genera il primo figlio • Riduzione della differenza d’età tra i partner • Aumento delle coppie con uno, massimo due figli • Aumento delle coppie al cui interno i partner hanno lo stesso livello di scolarizzazione o coppie in cui la donna è più secolarizzata del compagno • Aumento dei tassi di occupazione delle giovani donne in coppia • Permane una divisione dei carichi familiari • Crescita delle famiglie monogenitoriali • Contenuti tassi di conflittualità coniugale, ma in costante crescita • Organizzazione più simmetrica ed egualitari • Aumento del rischio di povertà tra le famiglie con figli piccoli e monoreddito e tra ,e famiglie monogenitoriali Appare evidente come la famiglia attuale risulti un intreccio tra innovazione e arretratezza, modernità e post-modernità. In tema di maternità e paternità c’è ancora radicato il modello che vede la responsabilità genitoriale ed il lavoro di cura ancora salatamente in mani femminili. Le scelte procreative e di matrimonio sono scelte individuali, sono diventate realizzazione di progetti. Nelle coppie con figli i tassi di separazione sono più bassi, inoltre la generatività è uscita dall’orizzonte di molti giovani. 2. identità paterna e materna nella famiglia contemporanea: il livello macro dell'analisi Ci sono stati cambiamenti nel ruolo femminile e quello maschile però i ruoli non sono ancora divisi equamente. Il tema maschile è stato affrontato nel libro “studi sull’autorità e la famiglia” di Horkheimer e Adorno. Nel testo si coglieva l’indebolimento della figura paterna in un’organizzazione sociale e del lavoro massificata ed eteronomica, nella quale la figura del padre era superflua. Il padre non era più un monarca domestico. Infatti ricordiamo che i figli erano del “padre”, il padre esercita la patria podestas su tutti i componenti della famiglia e attraverso la discendenza e il passaggio del nome e della proprietà assicurava la sua “domestica eternità”. La storia delle donne è un cambiamento, un’accrescita, un potenziamento dei ruoli sociali: • Controllo sulla fecondità: le donne riducono il numero dei figli e li fanno in marchi temporali più ristretti. Hanno iniziato a fine dell’Ottocento nei ceti medio-alti, nelle società pre-industriale la maternità era una condizione subita è normale. Ridurre il numero e il tempio dei figli permette alle donne di concentrarsi su altre attività, permettendo così la capacità di progettarsi e realizzarsi. • Scissione tra riproduzione e sessualità: la diffusione di metodi di contraccezione più sicuri permette di esercitare un controllo più forte sul proprio corpo, la dimensione sessuale inizia ad essere vissuta più liberamente. Tramonta la figura della “ragazza madre”, fortemente stigmatizzata a livello sociale. • Aumento della scolarizzazione e superamento dei maschi per quanto riguarda il livello scolastico e il grado di scolarizzazione : l’incremento costante del capitale una norma delle donne testimoniammo i profondi cambiamenti che stanno investendo la donna in almeno due relazioni, ossia diminuire la sua dipendenza dall’uomo, accrescendo la sua capacità di coping (farcela da sola) e rompere l’allineamento della donna con la figura materna, rendendola una possibile traiettoria di vita. • Crescente partecipazione al mercato del lavoro e accesso a professioni considerate maschili • Tramonto degli stereotipi della “ragazza madre” e del “figlio della colpa” • Riforme legislative che vanno nella direzione di tutela dei membri più deboli (donne e bambini) all’interno della famiglia. Nonostante il permanere delle disuguaglianze e delle asimmetrie c’è un lento processo di differenziazione e accrescimento dei ruoli femminili. Dallo stereotipo di moglie-madre si passa ad un immagine di una donna la cui identità sociale e individuale è il risultato di un lavoro di “ricomposizione”, con un intrinsecò valore di differenziazione e di affrancamento della dipendenza e quindi dal controllo del maschio. Gli uomini hanno subito l’emancipazione femminile. Se la storia femminile rinvia a processi di accrescimento, la storia maschile rinvia a processi di diminuzione, depotenziamento del suo ruolo. A partire dagli anni ‘70 l’uomo perde l’autorità maritale, la podestà di imporre il suo cognome alla moglie e di decidere dove fissare la residenza della famiglia... Agli inizi del secondo millennio comincia una timida riflessione sul padre e quindi sull’identità maschile, a partire da una serie di parole d’ordine: debolezza, scomparsa,assenza. Emergono molte configurazioni familiari che vanno avanti senza una figura maschile, anche dal punto di vista sociale la figura della madre delinea un’area d’azione mentre quella del padre è solo un contorno. Tramonta la figura del padre-padrone. Nella nostra società complessa la “generatività” è stata declassata ad affare privato della coppia, la maternità è diventata un progetto di autorealizzazione delle donne. L’uomo ha perso parte del controllo totale che esercitava sulle risorse della famiglia, non rappresenta più un modello di autorità. È considerato quindi meno rassicurante e meno protettivo, quote consistenti di donne e figli si stanno abituando a fare a meno della figura maschile. 3. identità paterna e materna nei percorsi di costruzione delle biografie di vita: il livello micro dell'analisi Siamo costretti a far fronte a nuovi processi sociali, con un crescente distanziamento tra identità individuale e identità sociale. Sono cambiati i ruoli, si è visto un potenziamento della linea femminile e un ridimensionamento del ruolo sociale del padre. Si è passati da un periodo in cui i tempi e i modi per faee famiglia scandivano i tempi delle biografie di vita individuali, non esiste più l’età giusta per sposarsi, per uscire di casa, il matrimonio non è più considerato il passaggio alla vita adulta, la generatività può avvenire sia dentro che fuori da un matrimonio.. La generatività si soggettivizza: è privata e libera. I figli sono diventati oneri oppure oggetti di gratificazione. È il risultato di una metà-riflessione che porta uomini e donne a sentirsi sempre più lontani, la generatività è una scelta di autorealizzazione. L’identità di “padre”, ad oggi, è molto più debole della figura della”madre”. La fecondazione medicamente assistita rischia di diventare il punto di riferimento per una società senza padri. 4. ricomporre i frammenti di vita Nelle biografie di uomini e donne ci sono costi sociali e personali sempre più elevati. Al sovraccarico funzionale delle donne risponde un crescente malessere dell’uomo che esplode in tutta la sua violenza quando, lasciato dalla moglie/partner, scopre che non è più essenziale e che, soprattutto, non ha più leve di ricatto nei confronti di moglie e figli. Il crescere delle aspettative dei figli inducono oggi a investire molto in denaro (tempo, cura, scolarizzazione). Il desidero della donna è quello di realizzasi nella maternità pur non perdendo l’aggancio con il mercato del lavoro. La realizzazione nel lavoro (sempre stata maschile), diventa sempre più problematica a causa dei cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo del lavoro. Il fatto di non essere più la figura di riferimento per la sicurezza materiale aiuta a indebolire la figura del padre. Il fatto che l’uomo si stia sempre più allontanando dalle professioni di cura fa si che intere generazioni arrivino alla soglia dei 18-20 anni avendo incontrato nei percorsi di socializzazione solo figure femminili. L’aumento dei divorzi/separazioni portano a un numero sempre più crescente di padri che si cimentano con la sfida della paternità a distanza e/o intermittente. L’indebolimento della figura paterna favorisce la diffusione di un pessimismo e un eccesso di protezione, tutto ciò porta Intere generazioni alla maturità senza che siano mai stati considerati responsabili delle loro azioni. Cresce una generazione di giovani che non ha più il principio della realtà, non sviluppa la percezione del legame tra azioni ed effetti, che vive inseguendo le voglie e non più desidero, progetti. Una generazione testa sotto controllo tramite la seduzione o la coercizione. Adolescenti non in grado di “autoregolarsi” o “autolimitarsi”, destinati quando ad essere “contenuto” dalle istituzioni repressive. Diventa quindi opportuno ricomporre i frammenti di vita attraverso politiche tese a riequilibrare i rapporti tra il tempo per la cura e quello per la produzione, sia per uomini che donne. Interventi volti a promuovere un’uscita di casa dei giovani in età più precoce, perché possano rompere la rassicurante dipendenza dai genitori ed iniziare ad assumersi le proprie responsabilità progettando una vita indipendente; infine politiche scolastiche che promuovano collaborazioni tra scuola e famiglia. Dovranno accettare che l’ingresso nel mercato del lavoro sarà più selettivo. 4. Affettività e legami intergenerazionali: il ruolo della famiglia “affettività” I genitori vorrebbero che i loro figli fossero felici, l’affettività e l’affettività dono dimensioni rilevanti nella relazione genitori-figli. Prende corpo un sistema di aspettative assolutamente asimmetrico: i genitori non si aspettano niente dai loro figli tranne di essere amati. La generatività oggi si colloca tra un’economia della scelta e la passione del se: si genera per raggiungere un’obiettivo, con un sentimento narcisistico. Si genera quindi un legame che prevede un meccanismo dare-ricevere-cambiare. Cambia la percezione del ritmo e del tempo della vita: si allunga il tempo di permanenza nelle diverse fasi della vita, si perde il senso della sequenza. La politica della vita quotidiana è schiacciata sul presente: la gestione delle relazioni affettive è esaurita nella prospettiva spaziale e temporale, si accorcia la prospettiva di durata della famiglia. La passione “dell’io” Restringe e seleziona lo spazio relazionale in cui si radicano i rapporti intergenerazionali, sia relazioni di cura e affidamento che relazioni di scambio. La debolezza delle reti di vicinato hanno sottolineato la centralità del rapporto genitori- figli. I bambini sono sempre più “curati e protetti”, diventano i soggetti di una relazione di scambio che fissa vincoli di reciprocità, trasformando il debito generazionale in un legame che non è più proiettato alle generazioni future ma rimane ancorato alle dinamiche affettive e relazionali che si instaurano tra madre e figli. La presenza maschile è più pallida, sia come attori che come destinatari di attenzione e cura. La passione per il se e un’identità sempre è più spesso riferita alla persona rappresentano la cornice all’interno di e quali i legami familiari intergenerazionali diventano sempre più stretti, esclusivi, affettivi. Essenziale affinché si sviluppi sicurezza, fiducia personale, senso di appartenenza. La modernità riflessiva fatica a produrre e riprodurre nuove relazioni familiari, al giorno di oggi si investe meno intensivamente sulla famiglia. Questi periodo è caratterizzato per la nascita di nuove dinamiche familiari. La società invecchia ed è meno competitiva, gli atteggiamenti iper-protettivi trovano riscontro in una generazione che sviluppa. A fatica il principio di realtà è che mostra livelli di consumi elevati senza aver mai lavorato. Si diffonde il “bullismo” nella scuola e le “strati dei sabati sera” nel gruppo dei pari, utilizzo di sostanze stupefacenti, la mancanza di disciplina. La famiglia iper-protettiva nel privato ha delegato la su a funzione educativa ai mass media, alle forze dell’ordine e all’ apparato statale.gli adulti sostengono le voglie delle nuove generazioni impedendo loro di formulare”desideri” 4. RELAZIONI DI COPPIA, POTERE, CONFLITTO: ASIMMETRIE 1. Introduzione: persistenza delle assisterei nelle coppie La legge n^898/1970 ha introdotto in Italia il divorzio. La sua introduzione andò a perturbare un equilibrio stabile e armonico. Questo equilibrio nel passato era il risultato di relazioni complementari, gerarchizzate per quanto riguarda il sesso e le generazioni. Una struttura familiare che teneva sotto controllo donne e figli grazie ad una struttura autoritaria che non lasciava spazio alle “negoziazioni”. Spesso si continuava a vivere sotto lo stesso tetto perché non vi erano alternative di vita al di fuori della famiglia. In realtà il divorzio non è scusa del cambiamento delle relazioni familiari e di coppia, ma ne è una conseguenza. Il conflitto coniugale ricorda che la famiglia è una relazione sociale complessa. La relazione uomo-donna che si basa su uno scambio mai perfettamente simmetrico evidenzia un rapporto di potere, dipendenza, manipolazione... le relazioni sociali comportano legami di mutua dipendenza tra le parti, variabili nel tempo. Ogni legame sociale ha una posizione di potere colui o colei che controlla la risorsa, il bene di cui l’altro o l’altra ha bisogno. Oggi la relazione di coppia si basa, come ieri, sulla muta dipendenza tra i coniugi, sulla complementarietà nonostante siano cambiate le forme, contenuti e intensità di dipendenza. La complementarietà è una condizione di stabilità e la persistenza nel tempo di un legame di matrimonio. L’instabilità coniugale aumenta con la diffusione di processi di individualizzazione e di potenziamento delle autonomia dei singoli attori sociali. A confermare ciò sono l’aumento dei tassi di occupazione femminile, che favoriscono la crescita dell’autonomia della donna. Il “patrimonio” è un bene tangibile, collegato alla figura paterna, che conferma l’esistenza di un munus (ufficio) differenziato in base al sesso: generatività (F) vs produttività (M). 2. Potere e asimmetria nella relazione di coppia: il lato oscuro del legame dell’amore La famiglia di oggi è il risultato di un profondo e radicale processo di lenta emancipazione dell’individuo dall’indipendenza del gruppo e della comunità di appartenenza. È quindi il processo di due stadi di evoluzione: • Individualizzazione delle relazioni familiari: la fam si emancipa dal controllo dalla parentela e dalla comunità di appartenenza • Individualizzazione nelle relazioni familiari: l’individuo si emancipa dalla famiglia, la cui unita non è più sovraordinata al suo interesse personale (nascita del matrimonio affettivo) I mutamenti hanno investo le donne nelle società occidentali (diritti, aspirazioni, aspettative sociali), che hanno contribuito a rafforzare l’idea della “quasi” realizzazione del sogno di vivere al di fuori di qualsiasi legame di dipendenza da altri e dalla logica dello scambio e del dono. In realtà questa aspirazione rimane un sogno, in quanto la dipendenza è il motore stesso della politica della prossimità, coesione e integrazione sociale. Ci sono due dimensioni latenti dei legami di coppia (dipendenza e potere) che possono essere condotti a due forme di cecità: - Cecità ideologica: c’è resistenza a riconoscere che la famiglia è il risultato di una dinamica relazionale che vede coinvolti diversi soggetti, che partono da posizioni sociali diverse e mai totalmente egualitarie. - Cecità culturale: amore, affetto, libera scelta sono diventati elementi costitutivi e fondanti della relazione di coppia coniugale. La famiglia diventa unita di affetti. Prima l’immagine la donna era vista fragile, indifesa, in balia della sua affettività, specializzata nella cura e nell’allevamento dei figli che si appoggiava ad un uomo forte. Ora la relazione coniugale è basata sull’amore, si fonda sulla dipendenza reciproca. Dipendenza che grazie all’emancipazione femminile, è sempre meno materiale, economia e più psicologica e affettiva. Nonostante il processo di “simmetrizzazione” del rapporto M&F, rimangono differenze nell’accesso e nel controllo di alcune risorse dentro la famiglia. Il conflitto coniugale presenta spesso l’occasione in cui le dimensioni lamenti, le ideologie vengon alla luce: quando l’unita familiare si infrange appare evidente da quali posizioni di potere uomini e donne si fronteggiano, come e quanto siamo reciprocamente dipendenti. Nonostante l’aumento dell’occupazione femminile, sono più del 38% le donne in coppia casalinghe:il dato varia in base al territorio, all’età,pur tuttavia 1/3 delle donne “dipendono” economicamente dal proprio partner/marito. La maggior parte del lavoro di cura ricade sulle spalle delle donne, il potere decisionale di certe coppie segue ancora l alinea tradizionale. Tempo libero, vacanze, educazione dei figli sono ambiti che vedono circa l’80% delle coppie esercitare un peso uguale nelle decisioni. Nei matrimoni risulta che solo il 55% delle coppia abbia lo stesso titolo di studio, gli uomini nel 29% dei casi sposano una donna con titolo di studio più alto e nel 19,6% più basso, le donne sposano nel 23% dei casi un uomo con titolo di studio più elevato e nel 22% più basso. È più frequente che gli uomini facciano matrimoni ipogamici (partner con un livello di scolarizzazione più basso). Per quanto riguarda il regime patrimoniale circa la meta delle coppie sceglie un regime di separazione. Le donne con una scolarizzazione piu alta scelgono la comunione, a parità di titolo o se l’uomo ha una scolarizzazione inferiore tende a scegliere la separazione. La donna nella stessa condizione sceglie la comunione. Le situazioni di equilibrio e di parità di una coppia non sono generalizzabili. È stato dimostrato che l’omogamia (provenienza dallo stesso ambiente sociale e condivisione di orientamenti, valori, stili di vita e consumo) è un fattore predittivo di stabilita coniugale, appare invece un rischio di instabilità i legami coniugali nei quali le asimmetrie non sono socialmente legittimate. Nonostante i cambiamenti avvenuti permane una quota molto ampia di asimmetrie e di specializzazione nella distribuzione del potere, che vede uomini e donne agire su piani diversi: infatti, in caso di conflitto, ognuno fa leva sulle risorse sulle quali esercitano maggiore controllo (la moglie i figli e l’uomo il denaro) 3. L’identità riferita alla persona: dipendenza e autonomia nel legame di coppia Nella coppia si è indebolita (ma non annullata), la dipendenza materiale ed economica, ma si sono rafforzate altre forme e dimensioni del legame in virtù dei quali il conflitto coniugale diventa fonte estrema di sofferenza e smarrimento. Il legame con l’altra/o diventano centrali ai fini della costruzione dell’identità individuale. In questo gioco sono sempre più importanti le caratteristiche della persona e personalità dell’altro (ego-alter). La crescita dei livelli di dipendenza affettiva e psicologica, va di pari passo con l’indebolimento della forza coercitiva dei ruoli. Prima ognuno sapeva quale fosse il suo ruolo nella società, ora ogni attore sociale può sviluppare la propria autonomia: la performance attesa non è quindi là conformità ai ruoli. L’autonomia individuale diventa una funzione del soddisfacimento del bisogno di dipendenza. La relazione non trova altro fondamento che in sè stessa, debolezza in quanto la stabilità della relazione è basata sugli affetti, sulle emozioni. Il conflitto di coppia destabilizza la sicurezza e l’autonomia. Entrano in azione due principi: • Principio dello sfruttamento personale: la persona che ama di meno ha il potere di sfruttare la persona che ama di più • Principio dell’interesse minimo: ha piu potere la persona che è meno interessata a continuare e a maniere la relazione 5. MATRIMONIO, FAMIGLIA E RELAZIONI INTERGENERAZIONALI NELLE SOCIETÀ' MULTIPLE 1. La diversità tra di noi: fratture e convergenze culturali Importante è il tema della migrazioni e del loro impatto sulla società italiana, dagli anni ‘70 l’Italia è diventata un paese immigrazione mentre fino agli anni ‘60 del secolo scorso il flusso migratorio era dall’Italia verso l’esterno, c’è stata un’inversione. Le famiglie di stranieri sono circa il 7% delle famiglie totali. Nel 2012 i matrimoni con almeno uno straniero sono stati il 14% dei matrimoni totali: • 7,9% Io-Sa • 2,1% Ia-So • 4,8% Sa-So Nel 2012 sono nati 634.188 bambini di cui: • 79,8% Ia-Io • 16% Sa-So • 5,2% coppie miste Il tasso di fecondità delle donne straniere è pari a 2,37 figli mentre quello delle dinne italiane è 1,29. L’età media del parto straniera è 28,4 anni, mentre quello italiano è 32 anni. Le famiglie di stranieri, inoltre, sperimentano più frequentemente di quelle italiani situazioni di disagio economico e di vera e propria deprivazione abitativa e materiale. Cresce dunque non solo la presenza straniera, ma soprattutto la presenza di soggetti che giunti in Italia si fanno raggiungere da familiari. Si sottolinea la progressiva “stabilizzazione e normalizzazione” nel tempo dei flussi immigratori, è da considerare pero che il multiculturalismo richiede risposte e stategie che vadano oltre la logica del semplice contenimento dei flussi alla frontiera e dell’accoglienza all’insegna della carità e dell’assistenza. L’Italia è considerata, dagli stessi immigrati, un paese a bassa soglia di ingresso: risulta semplice giungere senza permesso, rimanere ben oltre la scadenza del visto/permesso di soggiorno e permanere nonostante un foglio di espulsione. Questi elementi contribuiscono ad alimentare clandestinità e illegalità che accompagna il flusso migratorio. In Italia è strutturalmente e cronicamente diffuso il lavoro nero per cui questo rappresenta una prima stabilizzazione all’ombra della legge. Si tende ad interpretare il fenomeno migratorio alla luce di due stereotipi: lo stereotipo dello straniero (che viene qui spinto dalla fame, miseria, guerra) e quello di un soggetto in ”movimento” il cui universo simbolico di riferimento è totalmente riconducibile alla sue etnia/comunità, religione di appartenenza. Gli immigrati sono mossi da un fattore di attrazione: partono sulla base di un progetto migratorio che secondo loro porterà a migliori opportunità di vita. Alla disperazione di chi lascia il proprio paese per motivi di guerra (potenzialmente disponibili ad accettare qualsiasi lavoro e alloggio) si unisce la speranza di trovare nel paese di accoglienza condizioni di vita ed opportunità diverse di ielle offerte dal paese di origine. Per quanto riguarda il secondo punto si tende a ricondurre ad un sistema di comportamento degli stranieri ad alcuni stereotipi, si da per scontato che per gli stranieri l’identità individuale sia totalmente riconducibile alla prescrizioni della cultura, dell’etnia e della religione. Ad un primo livello si definiscono e delineano comportamenti tipici di un gruppo a partire da ciò che si pensa. Ad un secondo livello si assume che l’identità individuale dello straniero coincida con quella sociale dell’etnia e della cultura di appartenenza. Si attiva un processo di oggettivizzazione “oggettivando” ciò che invece sono costituzioni sociali: si compie un’azione di riduzione e semplificazione assumendo come dato oggettivo e naturale ciò che per antropologia e sociologia ricade sotto la protezione della costituzione soggetta di senso e intenzionalità. Molti degli stranieri, in realtà, giungono dalla vecchia Europa, sono scolarizzati e non sempre praticanti di una religione, sono stati nutriti con la cultura di massa, utilizzano cellulari, internet e moderni mezzi di comunicazione. La condizione esistenziale degli immigrati e degli autoctoni è segnata da identità multiple e sempre più dispersive, de- localizzate, de-territorializzato e ricomposte a livello individuale. Sta diventando la marca distintiva di una società complessa, al cui interno le identità nazionali e localizzate, piu che dissolversi, si stanno modificando, dando luogo a mescolanze e “meticciamenti ” ancora tutti da esplorare, questo è un effetto della globalizzazione. Chi emigra ha compiuto il primo passo di distanziamento dall’universo simbolico di appartenenza, è stato oggetto e soggetto di una ”frattura” culturale. Gli stranieri sono meno diversi da noi di quello che pensiamo, il problema non consiste nel decidersi se aprirsi o meno agli altri ma sta nel decidere forme e modi di una convivenza che, pur nel rispetto delle diversità, non segni alcun arretramento sul versante della cultura della cittadinanza e dei diritti delle persone. È necessario portare alla luce non solo le barriere erette, ma anche brecce e varchi attraverso i quali il multiculturalismo da ideologia astratta, può diventare pratica culturale. Baumann definisce “convergenze culturali” risultato non di politiche di integrazione mediate dalla politica, ma esiti di scambi e delle relazioni che connettono (negli spazi fisici e simbolici in cui si svolge la vita quotidiana) uomini e donne, bambini, giovani adulti accumunati da una sola caratteristica: estremità rispetto ad un contesto ospitante. Il multiculturalismo, inteso come pratica culturale, che vede la valorizzazione di ciò che è comune. 2. Le famiglie degli “altri” Gli studi sugli immigrati rivelano l’importanza della famiglia, inteso come rete di relazioni che connette il paese d’origine con il paese d’arrivo, è fonte di stabilità. Spesso chi emigra da solo si fa raggiungere dalla famiglia, si realizza la costruzione/ricostruzione nel paese d’arrivo della famiglia nucleare. Alcune persone immigrate porterebbe nel paese alcuni familiari non previsti nel modello europeo (donne: madri, sorelle; uomini: figli maschi ma non moglie e figlie femmine), perché queste persone fanno riferimento a ruoli e forme familiari diversi. Le famiglie immigrate sono da intendersi già come se fosse avvenuta una prima selezione, sono costituite da soggetti che hanno modelli familiari molto simili a quelli dell’Europa occidentale e da soggetti (con un back ground culturale molto diverso) che volenti o nolenti hanno assunto le forme di coabitazione più diffuse nel paese di arrivo. I percorsi di costruzione della famiglia possono essere molteplici: famiglie che fanno nascere i figli qui...; matrimonio con un cittadino italiano (via veloce per ottenere la cittadinanza)... i componenti della famiglia possono sperimentare diversi gradi di “familiarizzazione” e avvicinamento con il paese ospitante. Per quanto riguarda le condizioni di vita le famiglie straniere si trovano nel livello medio, medio-basso della stratificazione sociale: redditi bassi, case affollate, affitti alti e titoli di locazione spesso precari fanno si che l’accesso a questi beni primari sia per gli stranieri un fattore di debolezza strutturale. Sono spesso insediate nei quartieri periferici, l’accesso ai servizi base li fa entrare in competizione con i ceti medio-bassi italiani creando odio razziale, rifiuto del diverso, paure.. L’invisibilità sociale paga perché diminuisce il livello di avversione. La difficoltà di queste famiglie sono accresciute da una bassa padronanza della lingua italiana, sempre sul versante relazionale vivono i una situazione di relativo isolamento sociale e di allontanamento dalle reti primarie. Gli immigrati presentano livelli elevata segregazione rispetto alle famiglie italiane e livelli piu forti di isolamento dalle reti parentali. È normale pero che le famiglie inviino con regolarità doni e denaro ai familiari/ parenti rimasti in patria. Ci sono fattori più relazionali e culturali che incidono sia sulla loro capacità di adattamento, sia sulla capacita di esprimere il modello organizzativo e di controllo interno, di trovare nuovi e diversi assetti relazionali. Crescono le unioni di fatto e le nascite fuori dal matrimoni (tra gli appartenenti a comunità dove questo prima era raro) e aumentano le probabilità di contrarre matrimoni con soggetti non connazionali. L’importanza che danno ai figli (salute, scuola..) fa si che assumino i modelli riproduttivi della popolazione ospitante. L’isolamento e la separazione dalle reti parentali attribuiscono una nuova centralità al sodalizio matrimoniale. Spesso la donna viene inserita lavorativamente in servizi (domestici e cura) e fornisce la fonte di reddito più sicura, sovvertendo il ruolo del maschio adulto come perno della famiglia. La donna guadagna in autonomia e indipendenza rispetto al marito. Per quanto riguarda i figli le famiglie si trovano a mediare tra due mondi, i ragazzi spesso sono più orientati verso la realtà sociale e in cui stanno crescendo. Sovvertimenti di genere e tra le generazioni, uniti con la mancanza di una continuità di riferimento, possono generare forme di violenza su donne e figli, malessere, depressione... I processi migratori coinvolgono tutti (uomini, donne, bambini). Per quanto riguarda l’ordinamento italiano i coniugi sono messi sul piano di parità, il matrimonio è monogamico, separazioni e divorzi presuppongono il consenso di entrambi, la scelta del partner non è sottoposta a vincoli religiosi. Confligge con l’ordinamento: matrimoni poligami, il divorzio con il ripudio, donne musulmane che non possono sposare uomini di altra fede, i figli che appartengono al padre e devono essere educati secondo la sua stessa religione. In un contesto come quello italiano manca una vera. E propria politica di integrazione, non è andati oltre a una logica assistenziale ed emergenziale. 3. Matrimoni tra e con stranieri: esogamia e spostamento dei confini I matrimoni celebrati tra persone diversa nazionalità permettono un lento inserimento e integrazione sociale degli immigrati. Si tende pero a sottolineare la fragilità di tali unioni, perché i componenti fanno spesso riferimento a modelli diversi (divisione dei poteri, lavoro, rapporti con le famiglie, crescita dei figli). Nel 2012 su 100 matrimoni il 14,8% aveva almeno un componente straniero (il 7,9% aveva uno sposo italiano, il 2,1% la sposa era italiana, il 4,8% era composta da entrambi stranieri). La percentuale dei matrimoni misti è cresciuta in maniera significativa. Gli uomini italiani si uniscono nel 49,9% dei casi con donne provenienti dall’Europa centro-orientale e in generale paesi dell’ex URSS, le dona italiane nel 33,2% dei casi tendono a sposare uomini provenienti dal nord-africa e africa-centrale. Mentre nelle coppie italiane la donna ha mediamente 3-4 anni in meno rispetto al partner, nei matrimoni misti il divario è di 10 anni. Regolarizzazione, uscita dalla clandestinità, libertà di movimento e possibilità di far valere le proprie credenziali sono gli obiettivi prioritari per un immigrato. Capita spesso che giovani donne (con alta scolarizzazione) sposino uomini maturi italiani, vedovi o divorziati per non finire a svolgere servizi domestici/prostituirsi, inoltre è un modo rapido per ottenere la cittadinanza. La separazione e il divorzio sono i metodi utilizzati per pore fine senza perdere la cittadinanza. Il discorso analogo può essere fatto per i giovani africani. Parte dal maschio italiano un bisogno teso a “ritradizionalizzare” la propria vita sentimentale, viene visto come è protagonista più attivo quando il matrimonio è in direzione dell’America centrale o dell’Asia. Non si può non rilevare, anche nei matrimonio misti, una debolezza della donna che nel 30% dei casi si unisce a uomini che vengono da paesi in cui le relazioni di coppia sono pesantemente sbilanciate nella direzione di tutela dei diritti dell’uomo. Nei processi di individualizzazione emergono in modo forte il bisogno di comunità cioè fiducia, radicamento, appartenenza hanno significato anche per l’uomo contemporaneo. C’è la società a base comunitaria e la società a base societaria sono il risultato una dinamica relazionale che va dai rapporti micro (faccia a faccia) a quelli istituzionalizzati (ruoli sociali). Il problema del giorno d’oggi è comprendere come si articolano i rapporti tra relazioni comunitarie e relazioni societarie. La comunità nella modernità riflessiva viene definita come l’insieme delle relazioni affettive, di fiducia, di reciprocità, di dono non istituzionalizzate in ruoli formali, tendenzialmente elettive, ma relativamente stabili nel tempo che costruiscono la trama delle diverse cerchie sociali di appartenenza. L’identità dell’uomo moderno ha molteplici reti di appartenenza, la sua “comunità” è data dalle relazioni sociali informali che sono contrassegnate da 3 elementi: fiducia, confidenza, affidamento. Il superamento del principio dell’obbligo di reciprocità trasforma le relazioni comunitarie odierne in qualcosa di elettivo e quindi, potenzialmente, di instabile. Affiora la contrapposizione tra libertà e sicurezza. Le reti di prossimità sono basate su un’ambivalenza (debolezza e forza). La comunità diventa di scelta e i bisogni sono sempre più affettivo-relazionali e sempre meno strumentali. 3. L’insostenibile pesantezza del lavoro di cura La famiglia italiana è riconosciuta come erogatrice di servizi e produttrice del lavoro di cura. Nella rete di reciprocità stanno entrando con una presenza sempre maggiore anche gli amici (sempre meno numero e affettivamente più periferici). Le tendenze di mutamento si possono riassumere in pochi punti: - Semplificazione delle strutture familiari - Riduzione dell’ampiezza media della famiglia - Segmentazione per classi d’età - Complessità crescente - De-istituzionalizzazione delle relazioni sociali che costituiscono la trama della famiglia. L’aumento dei tassi di occupazione femminile sono indicatori diretti/indiretti di crescita della domanda assistenziale e della popolazione dipendente. Allo stesso tempo c’è una riduzione dei caregiver, mentre cresce la quota di chi ha bisogno e cala la quota di chi può rispondere alla richiesta. Diminuisce la popolazione giovane, cresce il peso percentuale degli ultra sessantacinquenni e la popolazione oltre gli 80 anni di eta che ha dato origine al baby boom ha generato comunque un numero di figli appena sopra della soglia di sostituzione, le discendenze iniziano a restringersi (meno figli, zii, fratelli e sorelle, nipoti..). I tassi di occupazione tra le donne, anche coniugate, e i livelli di scolarizzazione femminile, con conseguente aumento delle aspettative di realizzazione anche nel lavoro produttivo; cresce nelle donne occupate e in coppia l’aspettativa di una maggiore condivisione delle responsabilità di cura con il partner. Il lavoro di cura diventa sempre più impegnativo e oneroso, cala la disponibilità oggettiva (mancanza di tempo e della popolazione giovane-adulta) e soggettiva (mancanza di voglia) inoltre la responsabilità del caregiver è distribuibile tra un numero sempre ridotto di parenti. C’è quindi l’esplosione delle badanti, cioè donne straniere che si occupano della cura. Il profilo critico riguarda la diffusione di nuove forme familiari. 4. La crisi dello stato sociale: il rischio della deriva assistenziale per cittadini e famiglie Il welfare viene considerato come prodotto tipico della modernità occidentale, figlio dell’illuminismo e della rivoluzione francese. Welfare state è sinonimo di modernità. Tutela i diritto sociale di cittadinanza, supera la logica di beneficenza, ha criteri universali per l’accesso, riduce il grado di insicurezza, fornisce una rete protettiva, riduce le disuguaglianze estreme prodotte dal mercato, garantisce la libertà sia come de- condizionamento, sia come opportunità: questi costituiscono i tratti distintivi di un’azione ridistribuita che in prima istanza è riferita allo stato e alle su articolazioni istituzionali. Tutela i diritti di cittadinanza, riduce le disuguaglianze prodotte dal mercato, c’è una socializzazione dei costi umani e sociali dell’industrializzatone. La crisi del welfare si può riassumere in 4termini: • Strutturali - Rallentamento della crescita economica - Aumento della popolazione dipendente (pensioni) - Allungamento della vita media - Crisi demografica - Processi di de-industrializzazione (calo del lavoro dipendente) - Disoccupazione strutturale - Precarizzazione delle biografie lavorative - Processi di de-localizzazione delle imprese • Organizzativi e di funzionamento - Inefficacia e inefficienza dei servizi (sprechi, bassi standard di qualità) - Persistenza della povertà - Limiti alla socializzazione dei bisogni - Utilità marginale dei servizi crescenti - Nuovi bisogni (immigrazione, disoccupazione..) - Aumento delle aspettative degli utenti (aumenta la consapevolezza dei propri diritti) • Politici - Neo-liberismo dominante (enfasi sulle capacità di produrre innovazione) - Delegittimazione dell’azione - Incapacità politica di controllare fattori e condizioni della produzione - Diffusione della razionalità strumentale - De-legittimazione del principio di solidarietà (profitto) - Ri-negoziazione continua del patto di solidarietà tra stato e cittadino, lealtà in cambio di sicurezza - Uso dei trasferimenti in chiave assistenziale e clientelare • Culturali - Crisi di legittimazione (elusione e evasione fiscale) - Privatismo accentuato (declino del concetto di bene comune) - Indebolimento della percezione delle profonda compenetrazione tra interesse individuale e collettivo. Si invoca l’azione correttiva del mercato per correggere le distorsioni provocate proprio da esso: • Welfare che crea dipendenza e assistenzialismo • Welfare come macchina onerosa e inefficiente • È necessario digerire entità complesse come stati-nazione come se fossero imprese • Ogni cittadino deve scegliere il servizio di cui servirsi (pubblici, privati o di terzo settore) • Ogni cittadino deve responsabilizzarsi di fronte al suo benessere (empowerment e self- help) • Ogni cittadino deve essere messo in condizione di non dipendere da nessuno. Si presentano due tipi di welfare e riformati: • Welfare mix che prevede una riduzione dei servizi pubblici e delle tutele previdenziali, il ritorno ad un welfare pubblico residuale (presenza di produttori di servizi privati e di privato sociale). I produttori di beni e servizi pubblici, rivali e di terzo settore sono intercambiabili. • Welfare societario: pluralizzazione del care system, i servizi non sono tra di loro intercambiabili. Vi sono categorie di utenti i cui diritti devono essere tutelati direttamente dallo stato in maniera diretta o indiretta. 5. Lavoro di cura e reti di prossimità: dalle comunità “etiche” alle comunità “liberate” Nel welfare mix i diritti sociali di cittadinanza sono totalmente privatizzati: la cittadino dev’essere garantita la libertà di scegliere tra più servizi, che dipende non solo da un’ampia gamma di produttori ma anche dal disponibilità dei titoli d’accesso. Da qui deriva l’enfasi della riduzione delle tasse. Nel welfare societario i diritto sociali sono soggettivi e spetta allo stato mettere tutti i cittadini nella condizione di vederli soddisfatti e di poterli soddisfare. Tutto ciò si verifica s solo all’interno di un patto di solidarietà reciproca. Nel welfare mix il lavoro di cura diventa una condanna per i ceti medio-bassi e marginali. Diventa un fattore di esclusione sociale: da risorsa diventa un vincolo. Nel welfare societario c’è il riconoscimento della centralità del lavoro di cura, inoltre è presente la libertà di scelta dei cittadini tra più sevizi e produttori. È necessario alleggerire il lavoro di cura da tutto ciò che ne fa una prestazione obbligata e gettare i presupposti affinché diventi un dono. La società contemporanea è sempre più “relazionale”, intesa come significati socialmente condivisi, in base ai usali l’attore orienta la sua azione verso l’altro, si distribuisce tra una molteplicità di cerchie sociali di appartenenza, nessuna delle quali pero soddisfa totalmente il suo bisogno di appartenenza e di riconoscimento. 3.4 MODELLO ORGANIZZATIVO L’ente pubblico, per la realizzazione delle sue iniziative, si avvale della collaborazioni di soggetti del terzo settore, in particolare di cooperative sociali. L’ideazione è pubblica ma la realizzazione è privata 4. I due, tre, quattro... modelli di welfare municipali: l’Italia dei tanti campanili Le differenze tra N e S sono ancora molte, il divario mostra in maniera lampante che oggi la famiglia “da sola” non ha risorse e capacità per produrre quei beni materiali e relazioni che sono ricchezza individuale e collettiva. La differenziazione dei modelli di welfare municipale potrebbe avere una valenza positiva sè effettivamente rispondesse a una altrettanto forte differenziazione dei bisogni. Al nord le famiglia hanno apparentemente meno bisogni ma allo stesso tempo più servizi. È fondamentale valorizzare le risorse presenti e differenziare l’offerta per costruire e potenziare una rete di servizi e azioni che sostengano non genericamente tutte le famiglie, ma solo quelle che in questo momento storico manifestano crescenti difficoltà ad assolvere le loro funzioni sociali. 8. LA PLURALIZZAZIONE DELLE FORME FAMILIARI TRA NATURA E CULTURA: LE NUOVE FRONTIERE DELLA VITA E DELLA TECNICA 1. Il dibattito si riapre Costante è stata l’attenzione a portar alla luce gli elementi di forza e di debolezza delle nuove formazioni sociali che hanno da una parte sottolineato la specificità relazionale e funzionale della famiglia e allo steso tempo hanno reso evidenti i punti di criticità sui quali si dovrebbe intervenire. La realta è cambiata, sia dal punto di vita oggettivo (strutturale) che soggettivo (il senso che gli attori attribuiscono al fare ed essere famiglia). Le famiglie, ancora oggi, costituiscono lo spazio sociale della “cura” al cui interno sono presenti relazioni di cura, accudimento, sollecitudine e solidarietà reciproche. Il distacco dalla famiglia è possibile solamente nella misura in cui qualcuno ha “risposto a” e “soddisfatto” i bisogni di indipendenza. Si diventa adulti autonomi solo perchè si è stati “oggetto di cura”. L’etica della cura è alla base dell’assunzione della responsabilità ed è per questo che ai giorni nostri si sottolinea il fatto che “genitori si nasce, non si diventa”. “Fare famiglia” è un’impresa alla quale le nuove generazioni si dedicano con minore intensità rispetto alle generazioni immediatamente precedenti e con esiti spesso incerti. La famiglia è diventata lo spazio sociale entro il quale si compie e si realizza la produzione sociale. Con la modernità si crea una netta scissione tra il mondo della produzione e quello della riproduzione. Il lavoro di cura diventa socialmente irrilevante e viene considerato un “costo”. Tra i fattori di crisi della familiare è dunque da tener conto la crescente privatizzazione della famiglia, infatti fare o non fare figli è una scelta privata, il matrimonio non è più per la vita. Allo steso tempo badanti, tate.. si specializzano per aiutare le famiglie a gestire al meglio la conciliazione tra lavoro produttivo e riproduttivo, questo fa si che ci sia una mercificazione del lavoro di cura. Si crea il termine ombrello “caregiver”che indica un rapporto non mercificato ma basato su un coinvolgimento affettivo-relazionale. 2. Il lascito del XX secolo La realtà sociale è costituita da famiglie ridotte nel numero di commenti e isolate dalle reti di sostegno, tentano di liberarsi da vincoli delle istituzioni normative, cerca un modus vivendi che è il risultato di negoziazioni e mediazione della coppia. Bassi tassi di natalità, nuzialità, invecchiamento della popolazione, conflitto coniugale con la relativa nascita di nuove forme familiari, costituiscono la morfogenesi delle famiglie italiane. I processi si aprono sul fronte della cura: chi si occupa di chi e perché. Dal 1998 aumentano le persone sole, le coppie senza fili, le famiglie monogenitoriali, diminuiscono le coppie con figli e le famiglie estese. Nascono nuove forme familiari: singole non vedovi, monogenitoriali non vedovi, famiglie ricostituite coniugate e unioni libere. C’è l’aumento delle separazioni e dei divorzi che fanno nascere nuove forme familiari. Nelle libere unioni spesso entrambi lavorano. Le convivenze prematrimoniali sono in aumento. La diminuzione delle nascite riguarda i genitori entrambi italiani, i figli nati all’interno del matrimonio continuano a diminuire stabilmente. Stabile il livello di quelli nati con almeno un genitore straniero. La media dei figli di donne italiane è 1,29, quelle straniere 1,97 (dati che sono entrambi diminuiti). Le separazioni e i divorzi sono in continuo aumento. È necessario d’affare interventi che favoriscano l’ingresso dei giovani e soprattutto delle donne nel mercato del lavoro, promuovere una maggiore equità nella ripartizione del lavoro di cura tra uomini e donne, attivare politiche di conciliazione, tutelare maggiormente i membri deboli... Sono stati fatti interventi basati sulla morfogenesi delle famiglie: • L. 54/06: affido condiviso • L. 219/12: parificazione dei figli nati fuori dal matrimonio con quelli naturali • 164/14: rende meno complessa la procedura per ottenere separazioni e divorzi • 55/15: riduce da 3 anni a 12 mesi il tempo ce deve intercorrere tra la separazione e il divorzio giudiziale e a 6 mesi per quello consensuale. • 40/04: fecondazione medicalmente assistita • 76/13: Unioni civili tra persone dello stesso sesso Prossimo passo sarà tutelare gli adulti accudenti che pur non avendo vincoli di affinità, sono insistenti nel loro lavoro di cura. Bisogna introdurre “politiche di conciliazione” di cui possono usufruire poche coppie ma sopratutto le donne. Il cambiamento dev’essere radicale. 3. Ridefinire i confini familiare: la sfida delle nuove tecnologie riproduttive Il movimento della comunità LGBT ha favorito l’avanzare dei movimenti che hanno permesso alle coppie omosessuali di contrarre il matrimonio. Queste lotte si fondavano sul fatto dei pari diritti di tutti i cittadini, pari dignità e uguaglianza tra gli esseri umani, indipendentemente dall’orientamento sessuale. In Italia con la legge 76/16 sono state introdotte le unioni civili tra soggetti dello steso sesso, senza toccare l’art. 29 della costituzione (la famiglia è una scomodità naturale fondata sul matrimonio). Le unioni civili comportano diritti e doveri invidiarli è reciproci (es. l’assistenza). La legge ha portato alla luce due problemi: la possibilità di un componente della coppia di adottare il figlio del compagno/a avuto in un’unione precedente e la possibilità di una coppia omosessuale di avere figli “programmati” (es. la fecondazione assistita). La fecondazione assistita ricade nel campo della bioetica, solleva problemi morali a livello speculativo e orienta il senso e il significato che gli attori sociali danno alla generatitività, alla procreazione, al complesso delle motivazioni, dei valori, delle norme connesse alle pratiche riproduttive. • La fecondazione medicalmente assistita è una terapia/è una nuova più avanzata forma di riproduzione: consente alle coppie che hanno difficolta a concepire naturalmente. L’infertilità si manifesta a livello di coppia, è possibile ricorrere alla fecondazione eterologa (donazione di ovuli o spermatozoi da un soggetto esterno) o alla maternità surrogata (o utero in affitto). Avere un figlio è un diritto e non è possibile indagare nè valutare le motivazioni “individuali” che sono alla base della decisione di avere un bambino: il desiderio di una coppia omosessuale/un individuo singolo (M o F) è lo stesso di una eterosessuale. • Offrire ovuli, liquido seminale per amore/denaro: questo è il presupposto nella forma dell’esterologa, presuppone quindi che ci sia un soggetto terzo nella coppia. Si parla sempre di “donatori” perché non sono relazioni economiche ma di solidarietà. Nel caso della fecondazione eterologa il donatore è ben conosciuto dal punto di vista del dna, è scelto con accurata precisione come si seleziona l’utero in affitto. Il denaro sterilizza le relazioni, esistono dei contratti per evitare conseguenze non volute. Il fatto che una donna dia ad altri il bambino che ha tenuto in grembo per 9 mesi la fa uscire dagli schemi culturali. • Indeterminismo/determinismo genetico: la manipolazione genetica costituisce la più rilevante sfida etica che la fecondazione medicalmente assistita apre. Ad oggi molte caratteristiche del nascituro possono essere conosciute prima del parto e su un’esterna si può intervenire. Risulta molto sottile la linea che separa la terapia e il potenziamento del nuovo nato. Diventa moralmente impossibile impedire ad una coppia di scegliere il
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