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FASCISMO- DAL BIENNIO ROSSO ALL'ESPANSIONISMO ITALIANO, Sintesi del corso di Storia

FASCISMO- DAL BIENNIO ROSSO ALL'ESPANSIONISMO ITALIANO

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica FASCISMO- DAL BIENNIO ROSSO ALL'ESPANSIONISMO ITALIANO e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! LE ORIGINI DEL FASCISMO (1919-1922) L’evento più significativo del primo dopoguerra in Italia è l’affermazione del Fascismo di Mussolini che va dal 28 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. L’epoca fascista, nota anche come “il ventennio” o “il regime”. Come afferma lo storico Renzo De Felice, il “fascismo sarebbe impensabile senza la prima guerra mondiale”. Il Fascismo cioè affonda le sue radici nel contesto storico successivo alla grande guerra e che prende origine da essa. A. BIENNIO ROSSO Al motto “fare come in Russia” si assiste negli anni 1919-20 a una serie di tentativi rivoluzionari che coinvolgono tutta la penisola: scioperi, mobilitazioni contadine, manifestazioni operaie, espropri, occupazioni di terreni e fabbriche con tentativi di autogestione proletaria. E’ il cosiddetto “biennio rosso”, che vede in prima fila quel gruppo di intellettuali torinesi che ruotano attorno alla rivista “Ordine nuovo”, capeggiati dal filosofo marxista Antonio Gramsci. L’ideologia comunista estende la propria critica anche alle istituzioni politiche, sociali e culturali della Stato borghese. Con il biennio rosso si instaura una situazione di grande conflittualità, disordine sociale e di “crisi delle certezze”. Tale situazione è di certo sgradita a industriali e agrari, che vedono messo in pericolo il loro diritto alla proprietà. Ma soprattutto è mal sopportata dalla maggioranza della popolazione, dalla cosiddetta “classe media. Il movimento fondato da Mussolini si caratterizzerà da subito per opposizione al bolscevismo, inteso come ideologia del “disordine” generalizzato. mediante la violenza delle squadre delle “camicie nere”, il fascismo ingaggerà uno scontro totale, ideologico e armato. “Il Fascismo è ordine, autorità, gerarchia e giustizia”, diceva Mussolini. Il partito fascista apparirà sempre di più agli occhi della maggior parte degli italiani, all’”italiano medio” come “partito d’ordine”, in grado di contrastare il bolscevismo disfattista e di ristabilire l’ordine socio-politico ed economico nella nazione. B. VITTORIA MUTILATA- NAZIONALIZZAZIONE DELLE MASSE- ORGANICISTICO Il trattato di Saint-Germain, che non prevedeva la cessione della Dalmazia all’Italia, promessa dal trattato di Londra del 1915, provocò un grande malcontento nell’opinione pubblica italiana, provocando la nascita della "vittoria mutilata". Si pensi ai tanti italiani coinvolti in vario modo nella guerra, che dalla vittoria ottenuta con così grandi sforzi e sacrifici si aspettavano per la loro nazione un riconoscimento maggiore. Si sviluppa in Italia uno spirito “nazionalistico” che troverà il suo maggior interprete proprio nel partito fascista. Non potevano essere i liberali a rappresentare questo insorgente spirito patriottico, poiché furono i loro rappresentanti a firmare il trattato di Saint-Germain, dando prova di scarso attaccamento alla causa nazionale. Non poteva essere il partito socialista, da sempre contrario all’”intervento” dell’Italia, sino ad assumere atteggiamenti disfattisti verso la nazione in guerra. Sarà invece proprio il Fascismo ad accogliere e rappresentare le istanze del nazionalismo italiano. Ha come suo pilastro ideologico principale la supremazia dell’interesse dello Stato/nazione su tutto il resto. E quando le libertà individuali entrano in conflitto con i più alti diritti dello Stato, sono le prime a dover cedere il passo. Il fascismo si è sempre autointerpretato come prosecuzione e compimento del “Risorgimento italiano”. L’unità d’Italia che si era realizzata a partire dal 1861 era ancora incompleta, e la nazione doveva ancora formarsi sotto molti aspetti. La rinascita italiana doveva essere completata e rafforzata da un punto di vista territoriale: la questione della Dalmazia rimaneva ancora aperta (il fascismo ebbe sempre toni “revisionisti”, cioè ha sempre insistito per una revisione del trattato di Saint Germain relativamente alla questione della Dalmazia); e poi bisognava assolutamente tentare di dare vita a un impero coloniale (come avverrà nel 1936 dopo la colonizzazione della Abissinia). Ma soprattutto bisognava rinnovare da un punto di vista istituzionale l’Italia, creare uno Stato cui istituzioni fossero in grado di coinvolgere e valorizzare gli elementi della società italiana. Lo Stato non doveva essere più lo strumento con cui un gruppo sociale impone la propria autorità su tutta la nazione, ma avere come suo unico fine il “popolo d’Italia”. Lo Stato liberale postunitario si era caratterizzato per l’egemonia incondizionata della classe borghese la quale, perseguendo esclusivamente i propri interessi, aveva escluso la maggior parte degli italiani tanto dalla vita politica, quanto dai benefici materiali dello sviluppo economico. Ma con la Prima guerra mondiale si era verificata in Italia l’accelerazione di quel processo di “nazionalizzazione delle masse”, ovvero di trasformazione degli italiani da una massa informe di uomini in una nazione di cittadini. Nelle trincee gli italiani hanno imparato a conoscersi, a lottare e sacrificarsi l’uno per l’altro e, di conseguenza, a considerarsi come membri di un'unica patria. Al termine della guerra questi italiani, che per la gloria dell’Italia avevano combattuto e rischiato la vita, inizieranno a rivendicare una loro maggiore partecipazione all’attività politica e una maggiore attenzione alle loro esigenze politiche e sociali. Mussolini, infatti, capì ben presto che a seguito della grande guerra la società italiana era mutata, aveva iniziato a diventare un “tutto organico”. Di conseguenza, diventava necessario dar vita a uno Stato non più classista, ma rappresentativo di tutto il popolo: quello che, unito, aveva combattuto e vinto per la gloria della patria. “Il fascismo è tutto il popolo italiano”. Sia il liberalismo che il socialismo hanno una concezione dello Stato di tipo “classista”, intendono lo Stato come lo strumento con cui una determinata classe sociale impone la propria egemonia sul resto della società: lo Stato liberale serve a garantire gli interessi della borghesia, mentre lo stato socialista è lo strumento con cui il proletariato afferma la propria dittatura. Lo Stato fascista o corporativo, al contrario, non vuole essere rappresentativo di una classe sociale ma della nazione in quanto tale. Il fascismo è “organicistico”, nel senso che mira alla valorizzazione e al coordinamento delle varie classi e gruppi sociali in un tutto organico: cioè la nazione. Da una parte, classi e gruppi sociali hanno valore solo nella misura in cui corrispondono all’interesse generale della nazione. Dall’altra, ogni elemento della società deve essere valorizzato per quello che è il suo ruolo nella totalità statale: da qui la coesistenza nel fascismo di riforme sociali a favore del proletariato, e il rispetto del diritto alla proprietà privata a favore della borghesia (l’unico diritto liberale che il fascismo non ha intaccato è proprio il diritto alla proprietà privata). Secondo la retorica fascista l’Italia, a compimento del proprio risorgimento, potrà finalmente assurgere di nuovo al ruolo storico che le spetta da sempre: guida spirituale dell’umanità intera. Mussolini ha spesso rappresentato l’Italia fascista come la “terza Roma”: dopo la Roma imperiale e dopo la Roma del cristianesimo, con la loro opera di civilizzazione planetaria, il regime fascista deve riprendere in mano il destino storico dell’Italia, quello di essere nazione educatrice dell’occidente. (N.B. Il concetto dell’Italia risorgimentale come terza Roma è stato espresso per la prima volta da Giuseppe Mazzini. Molte sono le analogie tra l’ideologia fascista e il pensiero di Mazzini: il patriottismo come religione; la società non divisa in classi ma unità nel popolo; le riforme sociali; il rifiuto del socialismo come ideologia classista ecc.). C. PARTITI DI MASSA- PARTITO LIBERALE- SUFFRAGIO- Il partito liberale italiano aveva governato l’italia dalla sua unificazione nel 1861 ed era costituito da una ristretta élite di politici alto-borghese e aristocratici e rappresentava gli interessi della grande borghesia italiana. Ciò era la conseguenza del suffragio censitario che portava al voto solo gli italiani delle classi più alte che votavano politici provenienti dalla loro stessa classe sociale. Quando venne introdotto il suffragio universale maschile - con la legge elettorale del 1913 potevano votare tutti maschi che avessero almeno 30 anni, mentre con la riforma elettorale del 1919 potevano votare tutti maschi che avessero almeno 20 anni - i 20 mln di italiani provenienti dal proletariato e dalla piccolo-media borghesia, grazie alla “nazionalizzazione” scaturito dalla prima guerra mondiale, diedero vita a alle “masse” come nuovo soggetto politico, poiché chiedevano più influenza sulla vita politica. Il partito liberale sia ideologicamente che organizzativamente non era in grado di rappresentare questo nuovo soggetto politico, le cui richieste erano in contrasto con l’ideologia liberale costruita per rispondere alle esigenze dei ceti più abbienti. A tal fine, nascono i partiti di massa, i quali sostituiranno il partito liberale. Al Partito socialista/PSI (che a partire dal primo dopoguerra rappresenterà gli ideali del cosiddetto socialismo riformista) si affianca nel 1921 il Partito comunista/PCI (socialismo rivoluzionario/bolscevico); intanto, nel 1919, Don Luigi Sturzo aveva fondato il Partito Popolare/PPI (rappresentante gli interessi del proletariato cattolico); Mussolini fonda a Milano in piazza Sansepolcro il Movimento dei fasci di combattimento. Di questi movimenti di massa sarà il fascismo ad affermarsi negli anni successivi, per le ragioni che verranno analizzate nelle pagine che seguono. Crisi delle istituzioni liberali e antiparlamentarismo. Con l’affermazione elettorale di questi partiti di massa, i liberali non erano più in grado di avere una maggioranza autonoma in parlamento e per potersi mantenere al potere si trovarono costretti a cercare il loro appoggio. Mentre il partito popolare si mostrò per lo più disposto a una alleanza con i liberal-conservatori per la gestione del paese, i partiti socialisti e comunisti opposero un rifiuto ideologico a collaborare con qualsivoglia partito e a partecipare attivamente alle istituzioni parlamentari e di governo, scegliendo la via della rivoluzione armata (N.B. è il programma della terza internazionale). Il risultato di questa situazione fu l’impossibilità di raggiungere in parlamento una maggioranza stabile per governare il paese. Si ebbe una progressiva diminuzione dei consensi verso le istituzioni parlamentari da parte dell’opinione pubblica italiana, che si andò sempre di più orientando verso una idea di gestione autoritaria del straordinaria sul capitale a carattere progressivo • istanza repubblicana: il passaggio alla repubblica abolendo la monarchia • istanze anticlericali: l’eliminazione del ruolo culturale e politico della chiesa. Confisca di tutti i beni delle congregazioni religiose e loro statalizzazione • Istanze antiborghesi: il fascismo critica gli abusi di potere della borghesia come lo sfruttamento del lavoro e l’arricchimento eccessivo; la morale borghese, basata su valori come il tranquillismo, l’arrivismo ed esalta valori quali il coraggio, la forza, il sacrificio; infine critica l’individualismo borghese-liberale, secondo cui la libertà individuale è il valore assoluto, mentre seondo il fascismo è lo stato il quale deve costituire il fine supremo della volontà del singolo, come avevano dimostrato milioni di italiani durante la prima guerra mondiale. • Istanze antibolsceviche: critica al disfattismo bolscevico, all’atteggiamento antinazionalista assunto durante la guerra e alla sua tendenza alla critica distruttiva di tutte le istituzioni statali, economiche e sociali della nazione Il programma di S.sepolcro è socialisteggianate e Rivoluzionario: Ogni istituzione politica e sociale tradizionale deve essere trasformata basandosi sui valori dell’ideologia fascista. Alla chiesa doveva essere sottratto ruolo nella vita politica e civile e doveva essere orientata solo ai valori fascisti; la monarchia doveva essere abolita e al suo posto deve nascere una repubblica fascista; l’esercito deve essere sostituito con una milizia nazionale formata da cittadini fascisti. Sansepolcrismo verrà definito da Mussolini stesso “intransigentismo”. I fascisti “intransigenti” erano molto legati al sansepolcrismo socialisteggiante e rivoluzionario. Al motto “tutto il potere a tutto il fascismo” continuarono a reclamare una rivoluzione totale dello status quo politico, economico, sociale e culturale dell’Italia e l’instaurazione di un “ordine nuovo” modellato sui principi del fascismo. critici verso le politiche di compromesso e di alleanze con i poteri tradizionali di Mussolini. ELEZIONI – SVOLTA A DESTRA- Nelle elezioni del novembre 1919 il Movimento dei fasci di combattimento non ottenne nessun seggio in parlamento, tanto da far meditare a Mussolini l’abbandono della politica. Ciò accadde a causa del carattere eccessivamente socialista e rivoluzionario del programma di Sansepolcro. Fatta eccezione per l’istanza nazionalistica e per le maggiori garanzie del diritto alla proprietà privata, il programma di Sansepolcro era troppo simile a quello del partito socialista. Ciò comportava due conseguenze negative: che con il suo carattere “socialisteggiante” si rivolgeva al proletariato italiano, che però preferirà votare per il partito socialista che era meglio organizzato, e non per un movimento politico appena nato, poco radicato nella nazione e di scarsa influenza politica quale il movimento fascista. il carattere eccessivamente rivoluzionario del programma di s. sepolcro impediva al fascismo di intercettare il voto dell’”italiano medio” (piccola e media borghesia: artigiani, commercianti, impiegati statali, piccoli proprietari terrieri ecc.) desideroso di ordine e benessere, così come rendeva incompatibili con il fascismo i poteri forti dell’Italia (chiesa, monarchia, esercito, grande borghesia ecc.). Dopo le elezioni Mussolini decide di stravolgere il programma di San Sepolcro attuando la “svolta a destra” del fascismo, abbandona le istanze repubblicane, socialiste, anticlericali e antiborghesi per avvicinarsi agli interessi della piccola-media borghesia, monarchia, chiesa, esercito. Mussolini si avvicina ai poteri “tradizionali” dell’Italia poiché capisce che se il fascismo vuole essere il “partito della nazione” deve mettere in atto politiche che tengano conto delle richieste anche della piccola-media borghesia. Fascismo, diventa partito della “classe media” italiana. LE ELEZIONI DEL MAGGIO 1921: IL BLOCCO NAZIONALE In molte regioni d’Italia le squadre fasciste guidate dai ras furono sempre più determinate a colpire i sindacalisti, i social-comunisti, i popolari, intimidendoli con pratica del “manganello e dell’olio di ricino”, o addirittura commettendo omicidi. per porre freno alle agitazioni socialiste, Giolitti (capo del governo per l’ultima volta nel 1920) tollerò appoggiò le azioni delle squadre fasciste. Il Fascismo iniziò ad apparire alla maggior parte degli italiani come il “partito d’ordine”, in grado di ristabilire l’ordine sociale ed economico attentato dal movimento socialista. Giolitti, credeva che la violenza delle camicie nere potesse essere riassorbita all’interno del sistema democratico. Il suo progetto era composto da: 1. utilizzo dello squadrismo fascista per ostacolare e combattere le leghe socialiste; 2. inserimento del fascismo nella vita parlamentare (parlamentarizzazione del fascismo). Giolitti, pensando che la popolazione fosse tornata a dare l’appoggio ai liberali, sciolse il parlamento e indisse nuove elezioni per il maggio 1921, dando vita a una coalizione elettorale di cui facevano parte i conservatori i liberali e i fascisti: il blocco nazionale. Si trattava di una alleanza politica di tutti i partiti anti-socialisti d’Italia. Le elezioni non cambiarono di molto il panorama politico: i liberali avevano ancora il governo, mentre i socialisti e i cattolici rimanevano forti e ciò significava che il rischio di governi instabili sarebbe stato ancora forte. L’unica novità rilevante fu l’entrata alla camera per la prima volta di 35 deputati fascisti, fra cui Mussolini. IL “PATTO DI PACIFICAZIONE” E LA NASCITA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA Mussolini nell’agosto del 1921 sostenne un patto di pacificazione con i socialisti per far uscire il paese dalla guerra civile tra socialisti e fascisti. consisteva nella rinuncia alla violenza. Fascisti intransigenti respinsero il patto di pacificazione schierandosi contro Mussolini che annullò in patto e I ras fascisti riconobbero la sua guida politica e accettarono la trasformazione del movimento fascista in un partito. Il 7 novembre 1921 nasceva il Partito Nazionale Fascista. LA STRATEGIA DEL “DOPPIO BINARIO” Mentre il Partito Socialista Italiano si disgregava dando vita al Partito Comunista d’Italia (PCI), Mussolini iniziava a tessere accordi con tutti i partiti anti-socialisti del parlamento. Nasce in questo modo la tattica del “doppio binario”. 1. da un punto di vista istituzionale Mussolini si dimostrava sempre più disposto al compromesso con le forze politiche antisocialiste presenti in parlamento e con i grandi poteri italiani: chiesa, corona, grande borghesia 2. ma continuò a sostenere l’azione violenta dello squadrismo fascista locale che aveva dato vita a una guerra civile contro il proletariato socialista nelle campagne e nelle città, per apparire l’unico in grado di controllare la situazione Quindi è grazie alla strategia del doppio binario che mussolini divenne nel 1922 capo del governo. LO SCIOPERO LEGALITARIO partito fascista era visto sempre più come unico partito in grado di riportare l’ordine in Italia contro il sovversivismo di sinistra, fin quando i sindacati non fascisti (socialisti e popolari) proclamarono per il 1 agosto 1922 uno “sciopero legalitario”, con l’obiettivo di manifestare contro lo squadrismo locale fascista. fascisti costrinsero con la forza gli operai a tornare al lavoro facendo fallire lo sciopero. In questo modo il fascismo diventava sempre di più agli occhi degli italiani l’unico partito in grado di difendere gli interessi della nazione, boicottata dai socialisti IL FASCISMO “COSTITUZIONALE” O “LEGALITARIO” (1922-1925) LA MARCIA SU ROMA Dopo la fine del “biennio rosso” la maggior parte delle milizie volontarie armate comuniste/socialiste vennero sciolte. Lo squadrismo fascista rimase padrone dell’Italia. Le camicie nere apparivano sempre di più come i padroni della nazione. Nel frattempo, il partito socialista continuava a rifiutare qualsivoglia accordo in parlamento con i partiti “borghesi”, anche se antifascisti, per formare un governo stabile e arginare il fascismo. Mussolini, si decide ad agire ed organizza la Marcia su Roma per fare ulteriore pressione su Vittorio Emanuele III e indurlo ad assegnargli il governo dell’Italia: il 28 ottobre 1922 circa 50.000 camice nere viene radunato inizia a marciare verso la Capitale. A capo della Marcia vi è quadriumvirato, composto dai quattro gerarchi Italo Balbo, Emilio De Bono Michele Bianchi, Cesare Maria De Vecchi. Mentre l’Esercito italiano, su ordine del capo del governo Luigi Facta, si preparava a fronteggiare il colpo di stato fascista, il re Vittorio Emanuele III non firma il decreto di stato d’assedio chiedendo all’esercito di non intervenire. Così, le camicie nere del fascismo poterono avvicinarsi tranquillamente alla capitale e chiedere il governo del paese. la Marcia su Roma fu un colpo di stato perché 1) il partito fascista non aveva la maggioranza parlamentare, quindi non poteva governare 2) perché il fascismo andò al potere grazie alla pressione armata dello squadrismo e non grazie al consenso elettorale degli italiani. La marcia su Roma non fu un colpo di Stato 1) perché l’incarico di governo a Mussolini fu dato dal re Vittorio Emanuele III, come previsto dallo Statuto Albertino; 2) perché il consenso al fascismo tra gli italiani aumentò dopo le elezioni del 1921 e Mussolini era riuscito a costruire legami con tutti i partiti non socialisti e con i poteri forti della nazione. MUSSOLINI AL GOVERNO- DISCORSO BIVACCO – AUTORITARIO- RIFORMA GENTILE -GRAN CONSIGLIO FASCISM Il 30 ottobre 1922, il re incaricò Benito Mussolini di formare il nuovo governo. A soli 39 anni Mussolini diveniva presidente del consiglio, il più giovane nella storia dell’Italia unita. Il nuovo governo comprendeva ministri provenienti dai partiti moderati di centro (cattolici/popolari, liberali), di destra (nazionalisti), dall’ambiente militare (vicini al re), ed alcuni fascisti. Si trattava, dunque, di un tipico governo di coalizione che coinvolgeva tutti i partiti presenti in parlamento tranne quello socialista e comunista. Tuttavia, Mussolini nel suo primo discorso alla camera da presidente del consiglio, il 16 novembre 1922, sottolineò il carattere autoritario del fascismo e se il parlamento e gli altri partiti avessero ostacolato la realizzazione del suo programma, il duce avrebbe potuto fare a meno delle istituzioni costituzionali. "discorso del bivacco". il primo governo Mussolini (popolari, nazionalisti, conservatori, liberali. Si trattava sicuramente di un governo dal carattere marcatamente autoritario, ma l’Italia nel corso della sua storia unitaria aveva spesso avuto governi autoritari: si pensi alla cosiddetta “crisi di fine secolo”, cioè agli anni che vanno dal 1896 al 1900 circa, periodo in cui si erano susseguiti governi che aveva operato senza e contro il consenso del parlamento e avevano represso con la forza militare il nascente movimento operaio. Fra le prime iniziative intraprese dal nuovo governo fascista vi furono: 1. La richiesta di pieni poteri per la soluzione dei problemi economici (disoccupazione, inflazione ecc) e sociali (tentativi insurrezionali da parte comunista/socialista ed eccessiva aggressività da parte dello squadrismo locale fascista) 2. Venne creata nel gennaio 1923 la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale in cui confluì buona parte dello squadrismo fascista. Che portò alla 1) la "normalizzazione" delle squadre fasciste e il loro inserimento nelle istituzioni dello Stato italiano, in modo da porre fine agli eccessi “illegalistici”, “rivoluzionari” delle camicie nere; 2) Con la milizia volontaria Mussolini e il partito fascista si dotavano di un esercito di partito. La milizia rispondeva esclusivamente al Duce. Era quindi assolutamente autonoma e alternativa all’esercito del Regno d’Italia, al comando del re e al servizio di tutta la nazione. Si consideri che è tipico dei regimi a partito unico il fatto che il partito dominante sia dotato di un esercito proprio. 3. Provvedimenti a favore dei mutilati e degli invalidi di guerra., a testimonianza del fatto che il Fascismo era il partito dei reduci di guerra, il partito dell’”Italia di Vittorio Veneto” 4. Drastiche riduzioni della spesa pubblica per diminuire il debito pubblico e l’inflazione 5. La Riforma Gentile (1923). La scuola pensata da Giovanni Gentile era una scuola elitaria che doveva preparare la futura classe dirigente italiana. Era composta dai “migliori”, mentre i peggiori dovevano svolgere lavori manuali. prevedeva la divisione tra istruzione “umanistica” e istruzione “tecnica” ritenuta inferiore alla prima poichè dava accesso solo alle facoltà scientifiche. l’insegnamento della religione cattolica divenne obbligatorio contrattuale e ingaggerà nel corso degli anni scontri durissimi contro Confindustria a favore dei lavoratori. Il sindacato fascista rinunciava al diritto di sciopero e alla formazione di consigli di fabbrica e otterrà nel corso degli anni riforme e miglioramenti sociali ed economici per i lavoratori come la pensione d’anzianità, la pensione di invalidità, le ferie pagate, il sabato fascista. La principale di queste riforme è il “contratto collettivo nazionale”, ovvero l’introduzione di un contratto unico per tutti i lavoratori di una determinata categoria professionale. Con il contratto collettivo unico le condizioni economiche dei lavoratori vennero equiparate a livello nazionale con una migliore uguaglianza sociale. Il patto di palazzo Vidoni, che sanciva la presenza in Italia di due soli sindacati (quello fascista dei lavoratori e Confindustria per gli industriali) costituiva nella teoria fascista un primo passo verso la costruzione dello Stato corporativo. Le corporazioni, a differenza dei sindacati che sostengono l’interesse di una classe sociale contro l’altra, dovevano servire ad armonizzare gli interessi di lavoratori e datori di lavoro, evitando qualsiasi conflitto di classe. erano concepite come enti di diritto pubblico, cioè istituzioni dello stato. Mentre in precedenza i sindacati erano associazioni private, cioè formate dalle diverse categorie di cittadini/lavoratori per preservare i propri interessi, le corporazioni in quanto enti pubblici diventano organi dello stato e quindi rivolte prevalentemente a garantire l’interesse più alto della nazione. Ogni decisione delle corporazioni sarebbe stata presa sempre con lo sguardo rivolto al più alto interesse dell’Italia e non a quello di una determinata classe o gruppo sociale. Il patto Vidoni, abolendo la libertà di associazione in sindacati è una chiara violazione del diritto alla libertà di espressione. 7. Al posto dei sindaci, eletti democraticamente dai cittadini, venivano messi a capo dei comuni i podestà, nominati dal governo fascista. 8. Tutta la stampa doveva essere sottoposta a controllo, ed eventualmente censurata se aveva contenuti anti- nazionalistici e/o di critica verso il governo fascista. Molti giornali italiani furono chiusi. E Mussolini era solito mandare giornalmente ai diversi quotidiani ancora attivi indicazioni su quali notizie potessero essere pubblicate e in quale modo. Queste indicazioni erano note come “veline”. Nacque l’attività di propaganda: stampa, radio, cinema, cultura, istruzione dovevano essere utilizzate al fine di propagandare la Weltanschauung del regime e formare gli italiani all’ideologia fascista. Per coordinare l’opera di censura e propaganda fu creato nel 1935 il Ministero della cultura popolare, noto come MINCULPOP. 9. Il confino di polizia per gli antifascisti: il confino era una pena che consisteva nel mandare (confinare) gli oppositori del regime in paesini sperduti delle regioni più isolate d’Italia dove potevano essere meglio controllati dalla polizia e ostacolati nelle loro azioni contro il regime (veniva inoltre previsto il sequestro dei beni per i fuoriusciti, cioè per chi avevano lasciato l’italia poiché contrari al fascismo. 10. Viene istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato con competenza sui reati contro la sicurezza dello Stato (per i quali era prevista anche la pena di morte), quindi contro chi si opponeva al fascismo. 11. Viene istituita l’OVRA, la polizia segreta con il compito di controllare segretamente la popolazione italiano allo scopo di individuare e punire gli antifascisti (la polizia segreta nazista è la Gestapo). Molti uomini politici antifascisti furono processati e incarcerati, tra cui il filosofo comunista Gramsci (rimasto in carcere dal 1927 al 1935, muore nel 1937 a causa delle durezze patite in carcere). 12. Nel 1939 la camera dei deputati fu abolita e sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni. In questo modo, il regime voleva sostituire a una camera di rappresentanza prettamente politica, un’assemblea rappresentativa degli interessi economici della nazione. Alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni sedevano, i rappresentati delle diverse corporazioni, cioè di quelle organizzazioni che rappresentavano i diversi settori produttivo-economici dell’Italia. I membri della camera dei fasci e delle corporazioni venivano scelti direttamente dal Gran consiglio del fascismo. Inoltre, il suo ruolo, così come quello del Senato, era puramente consultivo. LA POLITICA ECONOMICA DEL FASCISMO L’AUTARCHIA ECONOMICA 1. l’autarchia economica (autosufficienza produttiva) l’indipendenza dalle importazioni di merci straniere mediante lo sviluppo della produzione interna; è stato un tratto caratterizzante la politica economica del fascismo. Il carattere autarchico della politica economica del fascismo si estremizzerà ancora di più a seguito della crisi economica mondiale del 1929 e della conquista italiana dell’Abissinia (Etiopia) nel 1936. Infatti, l’Italia aveva proceduto alla conquista dell’Etiopia contro la volontà di Francia e Inghilterra, entrando in conflitto con queste due nazioni. LA BATTAGLIA DEL GRANO (1925) La battaglia del grano fu una campagna lanciata da Benito Mussolini a partire dal 1925, che aveva l’obiettivo di incrementare la produzione di frumento. La campagna aveva lo scopo di far raggiungere la completa autosufficienza dall’estero di questa fondamentale fonte alimentare per la nazione l’Italia riuscì ad eliminare buona parte del deficit sulla bilancia commerciale dovuto all’importazione di grano. L’aumento della produzione fu dovuto 1) all’aumento delle superficie coltivabile che avvenne in buona parte grazie alle bonifiche effettuate in tutta Italia (tra cui notissima è la bonifica delle paludi pontine). 2) All’aumento della produttività per chicchi di grano. In tal senso, fondamentale fu l’opera dell’agronomo e genetista Nazzareno Strampelli. I suoi sforzi lo condussero alla realizzazione di decine di varietà differenti di frumento Nel 1931 l’Italia aveva aumentato di molto la produzione di frumento per ettaro (aveva superato anche la produzione per ettaro degli USA, paese da cui fino a qualche anno prima dipendeva per l’approvvigionamento di grano). collegata alla battaglia del grano e dell’aumento della produzione cereagricola fu la politica demografica del fascismo che tendeva mediante incentivazioni mirate all’aumento della popolazione nazionale. QUOTA 90 (AGOSTO 1926) Quota 90 è la definizione, coniata da Benito Mussolini, per indicare il progetto di rivalutazione della moneta italiana e raggiungere il cambio di 90 lire per una sterlina inglese. L'impegno diretto dello stato nell'organizzazione e sovvenzione della industria bellica durante la guerra portò lo stato italiano – come tuti gli stati coinvolti nella guerra - all'emissione di una grande quantità di cartamoneta con la conseguente accelerazione del processo inflattivo (maggiore è la quantità di cartamoneta in circolazione, minore è il valore della stessa). La lira durante il conflitto perde, così, buona parte del suo valore, con un aumento del costo della vita di almeno il 450% A patire le conseguenze del processo inflattivo furono soprattutto gli impiegati statali non avevano strumenti per rivendicare l'adeguazione del loro salario ai livelli dell'inflazione. Mentre il proletariato agrario e industriale godeva sia del diritto di sciopero che della possibilità di dare vita a sindacati. Il problema della rivalutazione della lira fu affrontato in modo decisivo solo nell'Agosto del 1926 con la legge Quota 90. I provvedimenti decisi dal governo per diminuire l’inflazione furono essenzialmente due: 1) il calo delle importazioni di prodotti alimentari: a tal fine, ad esempio, venne lanciata la battaglia del grano per aumentare la produzione agricola 2) la riduzione degli stipendi statali, che rendeva possibile diminuire la circolazione del denaro ciò avrebbe condotto a un aumento del valore della lira. da una parte favorì soprattutto le grandi industrie italiane come la siderurgica, elettrica e tessile, che si basavano sull’importazione di materie prime dall’altra sfavorì le imprese che producevano per l’esportazione (valendo di più la lira, i prodotti italiani costavano di più), tra cui molte imprese agricole meridionali (anche il fascismo, per alcuni storici, ha dunque contribuito alla questione meridionale). In ultima analisi, con il provvedimento di rivalutazione della lira la plutocrazia italiana aumentò ancora di più il proprio potere economico in Italia La Carta del Lavoro è uno dei documenti ideologici fondamentali del Fascismo. Fu varata nel 1927 su iniziativa del sottosegretario al Ministero delle Corporazioni Giuseppe Bottai (uno dei gerarchi intellettualmente più raffinati del ventennio). Esprime i princìpi della Weltanschauung (traduzione: concezione – pronuncia: veltansciaung) economica e politica del fascismo nota come corporativismo. Il corporativismo Una volta consolidato il proprio controllo politico sull’Italia, il fascismo assunse l’iniziativa anche in campo economico-sociale per superare i problemi economici. le due grandi concezioni politico-economiche della modernità, Liberalismo e Socialismo, si caratterizzano per una concezione dello Stato di tipo “classista”, ovvero intendono lo Stato come lo strumento con cui una determinata classe sociale impone la propria egemonia sul resto della società: lo Stato liberale serve a garantire gli interessi della borghesia, mentre lo stato socialista è lo strumento con cui il proletariato afferma la propria dittatura. Lo Stato corporativo o fascista, non vuole essere rappresentativo di una classe sociale ma della nazione in quanto tale. L’esistenza della divisione in classi sociali resta un dato incontrovertibile, semplicemente la dottrina fascista sostiene che esse non devono più perseguire fini egoistici e di parte, ma cooperare secondo le loro prerogative in vista dell’interesse supremo dello Stato. Ne “La Dottrina del Fascismo” del 1932 Giovanni Gentile scriveva: “La nostra formula è questa: tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato. Si può dire, in termini hegeliani (la teoria dello “Stato etico” di Hegel ha influenzato non poco l’ideologia fascista), che lo Stato fascista/corporativo rappresenta l’Aufhebung della borghesia e del proletariato, e quindi dello Stato liberale e di quello socialista: auf-heben significa superare ma conservare, vale a dire che nello Stato fascista le classi sociali continuano ad esistere con le loro peculiarità, ma la loro funzione deve essere sempre indirizzata verso il fine più alto della “totalità statale”. il corporativismo: lavoratori/proletari e datori di lavoro/borghesi, invece che essere divisi in sindacati tra loro in conflitto, furono associati all’interno di singole corporazioni, corrispondenti alle varie attività economiche. In questo modo, sarebbe stato possibile eliminare la lotta di classe in quanto sia i lavoratori che i proprietari di un determinato settore erano interessati entrambi allo sviluppo della loro corporazione. le corporazioni diventarono enti di diritto pubblico, ovvero furono poste sotto il controllo diretto del governo, nel senso che la loro attività veniva controllata, diretta e finalizzata sempre all’interesse dello Stato. Nel 1939, come si ricorderà, esse furono riunite nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni che andò a sostituire la camera dei deputati. Gli storici sono concordi nel sostenere che il corporativismo ha finito con il favorire gli interessi della grande borghesia e per depotenziare le rivendicazioni dei lavoratori proletari. Il corporativismo,in quanto Aufhebung del liberalismo e del socialismo, cerca di prendere quanto di meglio vi è nella concezione economica liberista e socialista, eliminando gli elementi negativi LIBERISMO SOCIALISMO - accetta il principio della proprietà privata e della libera iniziativa privata: solo la competizione sul mercato rende possibile un abbassamento dei prezzi a favore dei consumatori. Inoltre, la necessità di essere competitivi sul mercato porta ad uno sviluppo di nuove tecnologie con un evidente miglioramento produttivo e sociale - accetta il principio della valorizzazione del lavoro e del miglioramento delle condizioni economiche e di vita dei lavoratori/proletari, mediante riforme socio-economiche: pensioni di anzianità, pensioni di invalidità, ferie pagate, sabato fascista, agevolazioni economiche alle famiglie ecc. - rifiuta il principio che la proprietà privata e l’iniziativa privata vada a favore esclusivo del singolo proprietario e non tenga conto delle esigenze della collettività e dello Stato - rifiuta il principio dell’abolizione della proprietà privata e della statalizzazione totale dell’economia L’IRI (1933) L’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) è stato un ente statale, istituito al fine di favorire, controllare e indirizzare la produzione industriale italiana. lo Stato italiano entrava direttamente nella gestione delle attività economiche della nazionale. Quando lo Stato interviene direttamente nell’attività industriale di un paese, come è il caso dello stato fascista o nazista, si parla di capitalismo di Stato che pur rispettando il principio della libertà individuale di impresa e della proprietà privata, cerca di indirizzare l’iniziativa privata verso determinati settori (mediante detassazioni o incentivi), mentre lascia allo Stato la gestione diretta della produzione di alcuni beni essenziali (per il Capitalismo di Stato vedi dispense “Il primo dopoguerra in Italia e Germania”). Secondo il capitalismo liberale classico, ognuno è libero di produrre e di vendere ciò che ha prodotto, senza che lo Stato si intrometta nella gestione dell’economia. LA POLITICA INTERNA E CULTURALE DEL FASCISMO TOTALITARISMO Il Fascismo è una forma di totalitarismo e ha le sue manifestazioni più emblematiche nel Nazismo, Fascismo e nello Stalinismo. Il termine appare per la prima volta in un articolo giornalistico del politico e intellettuale italiano liberal-democratico e antifascista Giovanni Amendola, il quale definì il Fascismo come un sistema totalitario il Fascismo è stato il primo esperimento “totalitario” della storia. Totalitarismo e stato autoritario nascite. Furono concessi premi e aumenti salariali alle famiglie con prole numerosa. Fu facilitata la carriera nella pubblica amministrazione agli impiegati con famiglia numerosa PATTI LATERANENSI - FEBBRAIO 1929 Gli accordi di reciproco riconoscimento tra il Regno d’Italia e la Santa Sede, dal nome del Palazzo del Laterano, a Roma, in cui vennero firmati. il rapporto tra Stato e Chiesa dovevano essere disciplinati dalla “legge delle Guarentigie”, approvata dal Parlamento italiano nel 1871 dopo la presa di Roma. La legge delle Guarentigie non venne mai riconosciuta dai Pontefici cosi nacque la questione romana”. Con i Patti lateranensi la questione romana viene finalmente risolta. La Chiesa riconosce l’esistenza dello Stato italiano con la sua legislazione, mentre lo Stato italiano riconosce la nascita dello “Stato della città del Vaticano. i Patti riconoscevano il cattolicesimo come religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l’istituzione dell’insegnamento della religione cattolica. LE LEGGI RAZZIALI - 1938 Le leggi razziali fasciste sono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi che vennero varati nel 1938, rivolti prevalentemente contro la popolazione di origine ebraica che venne privata dei propri diritti. non era autorizzato il matrimonio tra italiani ed ebrei; era vietato per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana; divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblico (banche e assicurazioni) di avere alle proprie dipendenze ebrei; divieto di essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale, di essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani al di sopra di un certo valore; il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali. Gli storici sostengono che le leggi razziali rappresentano il prezzo che Mussolini ha dovuto pagare per la sua alleanza con Hitler il quale nel 1935 promulgava in Germania le leggi di Norimberga che sancivano la discriminazione razziale nei confronti della comunità ebraica tedesca. per una ideologia nazionalista, che pone al primo posto l’esaltazione dell’”italianità” e sostiene la superiorità dello “spirito italico” su tutte le altre culture, comporta un atteggiamento razzista. Basti ricordare le operazioni di pulizia etnica compiuti dalle camicie nere ai danni delle popolazioni slave nei territori di nuova annessione come Trieste, Istria, Fiume e gli eccidi compiuti in Africa durante le guerre per la riconquista della Libia negli anni Venti e la guerra per la colonizzazione dell’Abissinia a partire dal 1936. LA POLITICA ESTERA DEL FASCISMO LA POLITICA D’EQUILIBRIO E DI SCHIERAMENTO A FIANCO DI FRANCIA E INGHILTERRA (1922-1936) La politica estera di Mussolini perseguita dal 1922 al 1936 Si è svolta tendenzialmente in accordo con le potenze vincitrici della grande guerra e con la Società delle nazioni. è la Germania la nazione nemica. Per questo motivo si terrà fermo al trattato di Versailles (che aveva come fini di impedire la rinascita di una grande Germania) e si farà garante con il trattato di Locarno del 1925 del divieto di annessione dell’Austria alla Germania, che avrebbero messo in pericolo il dominio italiano sul trentino. La diffidenza di Mussolini verso la Germania aumenterà ancora di più dopo la presa del potere da parte di Hitler nel 1933, i cui proclami sull’Anschluss erano noti a tutti. Il regime fascista godrà di una certa stima a livello internazionale e dell’appoggio soprattutto dell’Inghilterra, nazione che dal primo dopoguerra in poi sarà stabilmente governata dal partito conservatore guidato da Churchill e Chamberlain. Inghilterra e Francia furono tra le poche nazioni europee che riuscirono ad evitare l’instaurazione di regimi dittatoriali, mantenendo ferme le prerogative del parlamento e della democrazia. in inghilterra. L’affermazione dei partiti conservatori fu dovuta al pericolo della diffusione del movimento socialista/comunista a seguito della rivoluzione bolscevica. L’apprezzamento di queste due nazioni per la figura di Mussolini fu dovuto al fatto che il regime fascista si era presentato da subito contro la diffusione del pericolo bolscevico e per Francia e Inghilterra il pericolo bolscevico era superiore di quello fascista (e poi nazista). Con la Francia i rapporti furono più problematici perché cercò di espandersi economicamente nell’area danubiano-balcanica, entrando in concorrenza con l’Italia e molti fuoriusciti antifascisti che lasciarono l’Italia trovarono accoglienza in Francia. .IL FRONTE DI STRESA - APRILE 1935 Nella Conferenza di Stresa (località sul lago Maggiore) Francia, Inghilterra e il leader italiano Benito Mussolini (si noti che Mussolini, nel 1935, era un convinto nemico della Germania nazista, ma cambierà presto opinione) diedero vita a un accordo in funzione anti-tedesca noto come “Fronte di Stresa” che aveva lo scopo di riaffermare i principi stabiliti dal Trattato di Versailles e di far rispettare, anche con le armi, l’indipendenza dell’Austria. Hitler, nel 1934 iniziò a riorganizzare l’esercito tedesco aumentando le unità a 400.000, contro quanto prevedeva il trattato di Versailles, ovvero che l’esercito tedesco non potesse superare le 100.000 unità). nel 1934, Hitler chiese l’annessione dell’Austria alla Germania che era stata vietata dal trattato di Versailles ed era garantita da Mussolini). il Fronte di Stresa (cioè il tentativo di arginare l’avanzata della Germania di Hitler sarà un fallimento. Infatti, qualche mese dopo, l’Inghilterra firma con la Germania un accordo navale che prevedeva il riarmo parziale della flotta tedesca (questo contraddiceva il trattato di Versailles); l’Italia, invece, contro la volontà di Francia e Inghilterra, procede alla conquista dell’Etiopia, rompendo i rapporti diplomatici e commerciali con queste due nazioni e avvicinandosi progressivamente a Hitler. 1936- PATTO ACCIAIO- PATTO TRIPARTITO 1936 ▪ La guerra d’Abissinia portò alla rottura dei cordiali rapporti finora intrattenuti con Francia e Inghilterra che si opposero al tentativo espansionistico dell’Italia in Etiopia/Abissinia. Imposero, all’Italia sanzioni economiche (embargo: divieto di commercio). Secondo Mussolini, si trattava di un tentativo di impedire all’Italia di diventare a potenza imperiale e a ricollocarsi nel novero delle grandi nazioni del mondo. I rapporti tra l’Italia e quelle nazioni si incrinarono definitivamente. Per non restare isolato in campo internazionale Mussolini si decise (o fu quasi costretto) a cambiare alleanza e a stringere un accordo diplomatico con la Germania: l’asse Roma-Berlino. 1937 ▪ La guerra civile spagnola fu un conflitto combattuto fra i nazionalisti e conservatori spagnoli anti-marxisti e i sostenitori della Repubblica spagnola (composta per la maggior parte da socialisti/comunisti), terminato con la sconfitta della causa repubblicana-socialista che diede il via alla dittatura del generale nazionalista Francisco Franco. che manifestava idee filofasciste, era appoggiato apertamente dal III Reich nazista e dall’Italia fascista di Mussolini, mentre i repubblicani erano appoggiati dalla Russia e dalla Francia. Questa guerra rappresenta la prima alleanza militare tra Fascismo e nazismo contro Francia e Russia, alleanze che si ripresenteranno nella II guerra mondiale: le forze dell’asse contro gli alleati. ▪ L’Italia esce dalla società delle nazioni, come conseguenza della rottura diplomatica con Francia e Inghilterra e dell’avvicinamento alla Germania di Hitler (si consideri che la Germania di Hitler era uscita dalla società delle nazioni già nel 1933). 1939 ▪ Nel novembre del 1939 Italia e Germania firmano il Patto d’Acciaio, un accordo di carattere militare in vista della ormai inevitabile II guerra mondiale (si consideri che l’asse Roma-Berlino del 1936 era solo un patto diplomatico). ▪ L’Albania viene occupata dall’esercito italiano poichè Mussolini sentiva il bisogno di controbilanciare le azioni dell’alleato tedesco che nel marzo del ‘39 aveva occupato la Cecoslovacchia. Il 16 aprile 1939, l’Albania venne accorpata al Regno d’Italia e Vittorio Emanuele III venne proclamato Re d’Albania. L’occupazione durerà fino al 1943. 10 giugno 1940 ▪ L’Italia entra in guerra: mentre la II guerra mondiale scoppia nel settembre del 1939, l’Italia entra in guerra solo nel giugno del 1940 poiché secondo mussolini l’esercito era impreparato. Ma la Germania di Hitler iniziava a vincere su tutti i fronti. Mussolini decise di accelerare l’ingresso in guerra a fianco della Germania per potersi sedere al tavolo dei vincitori, nonostante la preparazione non fosse affatto terminata. Settembre 1940 ▪ Il patto tripartito (detto anche “asse Roma-Berlino-Tokyo”) è un accordo tra Germania, Italia e Giappone durante la II guerra mondiale. Con questo accordo le tre nazioni decidevano le zone d’influenza in vista della conduzione della guerra e della vittoria finale. Seconda metà del 1943 ▪ A partire dalla seconda metà del 1942 le sorti della II guerra mondiale si invertono. Se fino a quel momento le potenze dell’”Asse” (Germania, Italia, Giappone) avevano avuto la meglio sulle potenze “alleate” (Francia, Inghilterra, USA, URSS), nel giugno del 1942 nel Pacifico gli USA iniziano la loro controffensiva a scapito del Giappone; in Africa le forze alleate sconfiggono definitivamente l’esercito nazi-fascista; mentre sul finire del 1942 con la battaglia di Stalingrado in Russia l’esercito tedesco (la Wehrmacht) subisce la prima grande deblacle, dalla quale non si riprenderà più. Le sorti della guerra sono ormai segnata e l’Italia è tra le nazioni che subirà i maggiori danni dell’imminente sconfitta. Gli alleati iniziano tutta una serie di bombardamenti su alcune città italiane (tra cui Bari e Foggia) con lo scopo di fiaccare lo spirito della società civile e costringere il governo fascista a firmare la resa. In Italia, dopo circa venti anni, si assiste a una ripresa di scioperi e manifestazioni operaie, segno del fatto che gli italiani erano stanchi del bellicismo mussoliniano e che il regime non godeva più del consenso della popolazione 10 Luglio 1943 ▪ Sbarco in Sicilia. Le truppe alleate (anglo-americane), dopo aver conquistato l’Africa del nord, organizzarono a partire dalle loro basi in Africa l’occupazione e la liberazione dell’Italia dalle truppe fasciste e naziste. La prima operazione militare che doveva portare alla resa dell’Italia fascista e alla sua liberazione dalle truppe tedesche è proprio lo sbarco in Sicilia iniziato il 10 Luglio 1943 in cui presero parte circa 160 000 uomini. ▪ 25 luglio 1943 ▪ Si riunisce il Gran Consiglio del Fascismo per votare l’ordine del giorno proposto da Dino Grandi (uno dei più influenti gerarchi fascisti) in accordo con la corona, che proponeva le dimissioni di Mussolini e il ritorno di tutti i poteri nelle mani del re Vittorio Emanuele III Che in accordo con l’élite militare italiana, dopo la deposizione di Mussolini il 25 luglio 1943, affida l’incarico di capo del governo non ad un membro del Gran Consiglio del Fascismo ma al maresciallo Pietro Badoglio. Ciò rappresenta la fine del fascismo e di mussolini. Il Re, lo fece arrestare. Mussolini verrà liberato dalle truppe tedesche il 12 settembre 1943 e darà vita nell’Italia del nord ad uno stato satellite della Germania, la Repubblica Sociale Italiana, nota anche come Repubblica di Salò. L’Italia firmerà l’armistizio con gli alleati l’8 settembre 1943. Da quel momento fino al 25 aprile 1945, l’Italia sarà divisa in 2 parti: al nord la Repubblica di Salò, appoggiata dai nazisti e con a capo Mussolini, a sud il Regno d’Italia, appoggiato dagli alleati e composto dalla monarchia e dai partiti antifascisti, che erano appena rinati: comunisti, socialisti, popolari, liberali. Le direttrici dell’espansionismo coloniale italiano nel ventennio fascista furono tre: 1) AFRICA: LA NASCITA DELL’IMPERO ITALIANO D’ORIENTE Nel 1911 dopo una breve guerra contro l’Impero ottomano, l’Italia acquisì il controllo della Tripolitania e della Cirenaica, vale a dire la Libia. In questi anni capo del governo è Giovanni Giolitti. Durante la I guerra mondiale la Libia si sottrasse al dominio italiano. Per questo, uno dei primi compiti di Mussolini fu la riconquista della Libia (anche con mezzi alquanto cruenti). Ma il vero obiettivo di Mussolini era quello di completare il dominio sul Corno d’Africa: già occupate erano la Somalia e l’Eritrea, mancava l’Etiopia. La guerra italo-etiopica del 1895-1896 voluta da Francesco Crispi per conquistare l’Etiopia si concluse con la vergognosa sconfitta subita dall’Italia nella Battaglia di Adua durante la quale l’Italia perse quasi sei mila soldati, pari al numero di uomini persi in tutto il processo risorgimentale. Mussolini, intenzionato a dare vita a un impero italiano, cercò da subito di lavare l’onta della sconfitta di Adua organizzando la conquista dell’Etiopia, ma fu ostacolato veementemente in questa sua intenzione dalla Francia e dall’Inghilterra. Nel 1936, a seguito della guerra del 1935-36, conclusasi con la vittoria di Addis Abeba, grazie al generale Pietro Badoglio (il quale, dopo la fine di Mussolini, il 25 luglio 1943, diventerà capo del governo), l’Italia fascista conquista finalmente l’Etiopia (chiamata dal regime fascista Abissinia). Negli anni successivi molte opere infrastrutturali furono realizzate, alcune delle quali ancora funzionanti. Il dominio fascista significo una moderata modernizzazione per l’Etiopia. Tuttavia, non può essere taciuta l’aggressività e l’efferatezza con cui i fascisti condussero il processo di colonizzazione della regione: le vittime si contano a centinaia di migliaia (uso di gas tossici) Nello stesso anno Vittorio Emanuele III viene proclamato imperatore: nasce l’Impero coloniale italiano (l’impero coloniale italiano comprendeva: l’Eritrea e la Somalia nel 1890 con Crispi, la Libia nel 1912 con Giolitti, l’Etiopia nel 1936 con Mussolini che dà vita anche all’impero italiano. Questo evento segna la rottura delle relazioni diplomatiche con Francia ed Inghilterra e l’avvicinamento alla Germania (asse Roma-Berlino). 2) AREA BALCANICA Mussolini, si pose da subito il compito di risolvere il problema della vittoria mutilata. La politica estera del fascismo negli anni 1922-1936 fu orientata ad un revisionismo del trattato di Saint-Germain. Nel 1924 l’Italia annette finalmente Fiume. Nelle zone di nuova occupazione italiana (Istria, Fiume) dove vivevano un buon numero di slavi, il fascismo portò avanti vere e proprie operazioni di pulizia etnica: molti slavi furono costretti ad andarsene; tanti altri furono uccisi A partire dal 1924 si svilupparono intensi rapporti bilaterali economici tra Italia e Albania. Nel 1939 l’Albania fu occupata dall’esercito italiano. Mussolini, infatti, che nel 1936 aveva rotto le relazioni diplomatiche con Francia e Inghilterra e che nel 1938 era uscito dalla Società delle nazioni, schierandosi al fianco di Hitler, sentiva il bisogno di controbilanciare le azioni dell’alleato tedesco che nel marzo del 1939 aveva occupato la Cecoslovacchia.
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