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Fascismo in italia come nasce e si sviluppa, Tesine di Maturità di Storia

Italia post bellica, i partiti di massa, la crisi economica, pace di Parigi, nascita del partito comunista, crollo dello stato liberale Nitti, Marcia su Roma, ultimo anno dei governi liberali, omicidio Matteotti, il regime dittatoriale fascista, I patti lateranensi

Tipologia: Tesine di Maturità

2023/2024

Caricato il 13/06/2024

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jole-siracusa 🇮🇹

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Scarica Fascismo in italia come nasce e si sviluppa e più Tesine di Maturità in PDF di Storia solo su Docsity! L’AVVENTO DEL FASCISMO IN ITALIA L’Italia postbellica Il malcontento dei lavoratori Le tensioni del dopoguerra ebbero un impatto negativo sull’Italia che si rivelò incapace di contenerle. I più insoddisfatti erano i ceti più umili che richiedevano un miglioramento delle proprie condizioni di vita e l’adesione alla vita politica e tutto il Sud che rimaneva ancora ai margini dello Stato. Al termine del conflitto le masse operaie e contadine rivendicavano: - un’adeguata rappresentanza parlamentare - la divisione e ridistribuzione delle terre (promessa al fronte) - una maggiore uguaglianza e diritti - miglioramenti nelle condizioni di lavoro e dei salari Nei primi mesi dopo il conflitto, l’Italia fu caratterizzata da una serie di agitazioni, scioperi e proteste sociali mosse da operai iscritti ai sindacati. Così anche l’Italia visse il biennio rosso durante il quale da una parte i socialisti erano spinti ad adottare soluzioni di tipo bolscevico, dall’altra gli esponenti di destra temevano l’ipotesi di una deriva rivoluzionaria. Appariva evidente il bisogno per l’Italia di superare il liberalismo ottocentesco e giungere alla democrazia, passaggio non facile in un clima in cui la partecipazione all’attività politica da parte dei lavoratori generava il timore che il Paese cedesse alle idee rivoluzionarie provenienti dalla Russia. La crisi economica e la difficoltà della borghesia Come gli altri paesi europei, anche l’Italia fu colpita dalla crisi economica legata a fattori quali la necessità di riconvertire alla produzione di pace l’industria bellica e la debolezza del mercato interno che costrinse molti datori di lavoro a licenziare i propri dipendenti. Ai problemi del sistema commerciale si sommavano quelli di tipo finanziario: cessati gli aiuti economici americani aumentò l’inflazione e l’eccedenza delle uscite sulle entrate, causata dalle spese belliche, impediva lo Stato di investire nell’economia. L’inflazione colpì la piccola e media borghesia liberale differentemente dalla grande borghesia industriale che si era arricchita grazie al primo conflitto mondiale. Media e grande borghesia dunque si trovarono in conflitto e non riuscirono ad allontanare la tendenza all’autoritarismo, ancora viva nel paese, che si traduceva nella tentazione di risolvere con la forza problemi e tensioni sociali. Il nazionalismo contro la Pace di Parigi Durante la Conferenza di pace di Versailles le richieste italiane non furono prese in grande considerazione: la Dalmazia andò al regno dei Serbi, l’Italia chiese senza successo il controllo sull’Albania e fu esclusa dalla spartizione delle colonie tedesche e dei possedimenti ottomani. Ciò che ottenne l’Italia fu l’Alto Adige, non previsto nell’accordo: ecco perché D’Annunzio definì quella dell’Italia una vittoria mutilata. Si sviluppa così il risentimento nazionalista indirizzato non solo contro le potenze americane ed europee ma anche nei confronti del governo italiano, allora liberale, ritenuto incapace di difendere le esigenze del paese. In un contesto del genere è facile capire come adesso si desse più fiducia all’ autoritarismo. I partiti di massa Per contrastare il governo liberale, un rilevantissimo ruolo fu assunto dai periti di massa. Nel gennaio 1919 nacque il Partito popolare italiano, fondato da Luigi Sturzo. Il programma di impostazione cattolica ma aconfessionale era ispirato al solidarismo e prevedeva: - la suddivisione delle terre incolte tra i contadini - una riforma del fisco che distribuisse in modo più equo tra le classi povere e quelle agiate il carico delle tasse - una legislazione sociale che favorisse le condizioni del proletariato - interclassismo, collaborazione tra le classi sociali Sturzo aveva ottenuto l’appoggio della Chiesa che interpretò l’iniziativa del sacerdote come possibilità per i cattolici di partecipare alla vita politica del paese e di difendere il cristianesimo dalla secolarizzazione (progressiva perdita di importanza) della società. Il partito popolare ottenne grande favore sia da parte dei democratici che dei conservatori tale che, alle elezioni del 1919 furono eletti alla camera ben 100 deputati appartenenti al partito. Oltre al partito popolare ottenne grande successo alle elezioni anche il Partito socialista che espresse 156 deputati. I socialisti però approvano lacerati in due correnti che causarono la scarsa incisività della loro azione politica: - riformisti, che credevano nel graduale sviluppo democratico dell'Italia - massimalisti che appoggiavano la rivoluzione Il successo dei due partiti, partito popolare e partito socialista, fu favorito dall’introduzione del sistema elettorale proporzionale secondo il quale non si voltava un solo esponente di un dato partito (non uninominale) ma la lista di candidati, in modo tale da indurre il cittadino a schierarsi dalla parte di un solo partito. Il crollo dello Stato liberale A causa delle polemiche sorte alla Conferenza di Pace di Parigi, nel giugno 1919 Orlando si dimise e fu sostituito da Nitti. Il persistente rifiuto opposto dai socialisti a entrare nei governi liberali e l’impossibilità di un accordo con i cattolici in vista della formazione di un governo popolare si rivelarono ostacoli insuperabili per la formazione di un governo stabile. Nitti fu dunque costretto a dimettersi e il suo posto fu preso nel giugno 1920 dal liberale Giovanni Giolitti che registrò due importanti successi, uno in politica estera e uno in politica interna. - in politica estera, fu firmato il trattato di Rapallo che dava alla Jugoslavia la Dalmazia, all’Italia Zara e faceva Fiume una città libera - in politica interna, Giolitti gestì l’occupazione delle fabbriche limitandosi a mantenere l’ordine pubblico (stesso metodo usato nel 1904). Convinto che non vi fosse alcun pericolo rivoluzionario rifiutò di intervenire con le armi e lascio che lavoratori e padroni raggiungessero un accordo. Fu una soluzione che non ebbe mai applicazione a causa della crisi economica incombente che diminuì la produzione industriale aumentando la disoccupazione. In questo quadro lo scontro fu radicalizzato dalla formazione di sue nuove forze politiche: il partito comunista e il movimento fascista. La nascita del partito comunista Le profonde divisioni del movimento socialista trovarono sfogo nella nascita del Partito comunista d’Italia avvenuta nel gennaio 1921. Esponente principale fu Antonio Gramsci che vedeva nell’Unione di operai e contadini il fondamento della rivoluzione proletaria italiana. L’insoddisfacente risultato ottenuto dall’occupazione delle fabbriche non era da imputare allo scarso seguito che la prospettiva rivoluzionaria aveva raccolto tra le masse ma alla debolezza dei socialisti; si decise dunque di abbandonare il partito socialista per seguire apertamente la strada dello scontro con la borghesia capitalistica. Lo sviluppo del movimento fascista Ben presto, i comunisti si scontrarono con gli esponenti dell’estrema destra che si erano riuniti nel movimento fascista. I Fasci italiani di combattimento erano stati fondati nel 1919 da Benito Mussolini ex socialista rivoluzionario ed ex interventista. Il movimento di Mussolini’s ebbe inizialmente scarsissimi consensi perché il suo primo programma mescolava elementi in conflitto tra loro: - la polemica contro i capitalisti e l’antisocialismo - il nazionalismo, autoritarismo e antiparlamentarismo - anticlericalismo (contro la Chiesa) e repubblicanesimo (contro la monarchia) Si trattava più che di un programma politico di una lista di urgenze che raccoglievano adesioni nella piccola borghesia (spaventata dal proletariato ma incapace di agire)e tra gli ex combattenti. La strategia di Mussolini era quella di sfruttare la paura borghese della rivoluzione bolscevica e farsi portabandiera del ritorno all’ordine, anche se ciò avesse significato ricorrere alla forza. Mussolini abbandonando il programma precedente, privo di un orientamento preciso, decise di agire nell’atto pratico creando delle squadre punitive che si impegnarono in una serie di violente spedizioni contro la sinistra, uccidendone gli esponenti. Lo squadrismo godette dell’omertà di importanti esponenti della politica e dell’esercito che tollerarono le violenze di estrema destra in reazione al pericolo di una rivoluzione di sinistra. Lo squadrismo fascista raggiunse l’apice tra il 1920 e il 1922 quando le spedizioni
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