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FASCISMO NAZISMO E SECONDA GUERRA MONDIALE, Appunti di Storia

FASCISMO NAZISMO E SECONDA GUERRA MONDIALE

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 10/06/2021

AllieBenn
AllieBenn 🇮🇹

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8 documenti

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Scarica FASCISMO NAZISMO E SECONDA GUERRA MONDIALE e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! ➸ FASCISMO e NAZISMO AVVENTO DEL FASCISMO Il 23 marzo 1919 Benito Mussolini fondò a Milano i Fasci italiani di combattimento, all’inizio costituiti in prevalenza da reduci, senza un preciso programma politico, se non quello di opporsi ai partiti di massa; ne facevano parte repubblicani, anticlericali e nazionalisti, accomunati da una visione violenta della lotta politica. Alle elezioni del 1919 però non ottennero alcun seggio. Per ampliare il consenso, allora, Mussolini sfruttò le paure della borghesia, schierando i Fasci contro il movimento operaio e il socialismo: le «squadre d’azione» fasciste iniziarono così a compiere violenze contro operai e contadini. Scelto da Giolitti come alleato nelle elezioni del 1921 per bilanciare la forza di socialisti e comunisti, Mussolini entrò in Parlamento con 35 deputati. Il governo non era in grado di affrontare la situazione di crisi e Mussolini nel novembre 1921 trasformò il suo movimento nel Partito nazionale fascista. L’anno dopo, ritenendo la situazione favorevole a un intervento di forza, organizzò la Marcia su Roma: il re Vittorio Emanuele III rifiutò di decretare lo stato di assedio, anzi gli affidò l’incarico di formare un nuovo governo. Era la prima volta che un uomo politico italiano otteneva il mandato di governo con la minaccia delle armi. Dopo le nuove elezioni dell’aprile 1924, il deputato socialista Giacomo Matteotti denunciò aspramente in Parlamento i brogli e le violenze che le avevano caratterizzate: alcuni giorni dopo venne sequestrato e ucciso. Mussolini si assunse la responsabilità dell’accaduto e con questo passo l’Italia iniziò a trasformarsi in una dittatura. Con i provvedimenti successivi, le «leggi fascistissime», fu limitata drasticamente la libertà d’opinione e d’espressione; il duce svuotò il Parlamento dei suoi poteri divenendo il capo assoluto. Furono soppressi il diritto di sciopero e la libertà sindacale, vennero istituiti l’Ovra (polizia politica) e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Poi Mussolini cercò un avvicinamento strategico al Vaticano attraverso i Patti lateranensi del 1929. L’economia era diretta dallo Stato mediante le corporazioni. I mezzi di comunicazione diffondono il culto della personalità di Mussolini: i dissidenti erano mandati a morte o imprigionati. In politica estera l’aggressività del governo si espresse con la conquista nel 1936 dell’Etiopia; poi, dopo l’alleanza con la Germania nazista, si ebbero le leggi razziali del 1938 e la persecuzione degli ebrei. GUERRA D'ETIOPIA La conquista dell’Etiopia nacque innanzitutto dal desiderio di Mussolini di guadagnare prestigio internazionale per il regime fascista e per se stesso, assicurando all’Italia un «posto al sole» tra le grandi potenze europee. Inoltre, sperava di favorire lo sviluppo dell’industria bellica e di far diminuire la disoccupazione inviando coloni nei nuovi territori. Il fascismo si era già impegnato a consolidare le conquiste coloniali dello Stato liberale, favorendo l’insediamento di contadini italiani in Libia, Eritrea e Somalia. Il 3 ottobre 1935 l’esercito italiano invase l’Etiopia, allora governata dal negus Hailé Selassié. Le truppe etiopiche furono annientate da quasi 400.000 equipaggiatissimi soldati italiani; il maresciallo Pietro Badoglio entrò così ad Addis Abeba il 5 maggio del 1936, e il 9 maggio Mussolini annunciò la nascita dell’Impero a una folla acclamante in piazza Venezia. Questa mossa di politica estera costò all’Italia pesanti sanzioni economiche e un embargo internazionale da parte della Società delle Nazioni, cui non aderirono però Usa e Germania: questa guerra coloniale era stata condotta proprio nel momento in cui i popoli stavano cominciando a prendere coscienza dei propri diritti all’autodeterminazione. Incentivato anche da questa limitazione ai commerci, Mussolini dichiarò l’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza economica (autarchia), incoraggiando gli italiani ad acquistare solo prodotti fabbricati con materie prime italiane. La guerra d’Etiopia causò anche il rilancio dell’idea di una «razza» italiana superiore, con il compito di civilizzare i popoli «barbari». Queste mosse ebbero una forte efficacia dal punto di vista propagandistico. Mussolini cercò e trovò nella Germania di Adolf Hitler un alleato forte col quale condividere le politiche razziali e l’antisemitismo. Ciò portò difatti, nonostante il disaccordo della Chiesa, all’approvazione delle leggi razziali il 1° settembre 1938, che tanta importanza avrebbero avuto nel secondo conflitto mondiale. WEIMARER REPUBLIK La Repubblica di Weimar (così chiamata dalla città in cui fu redatta la sua Costituzione), fu proclamata il 9 novembre 1918. Il clima sembrava propizio alla rivoluzione e il Kaiser Guglielmo II abbandonò il Paese. L’11 novembre 1918 la Germania firmò un armistizio con Francia e Regno Unito. Il Parlamento della giovane Repubblica, però, non era in grado di assicurare governi stabili: infatti i principali partiti (il Partito socialdemocratico, di sinistra e di matrice riformista, e il Centro cattolico, moderato) avevano obiettivi molto diversi. Violenti oppositori della Repubblica di Weimar erano i militanti della Lega di Spartaco guidati da Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg (tra i fondatori del Kpd, Partito comunista tedesco), che puntavano all’instaurazione di un governo rivoluzionario di tipo sovietico. Liebknecht e la Luxemburg furono fucilati dopo violente rivolte, mentre il Kpd continuò a opporsi al regime parlamentare della Repubblica. Fortemente ostili, infine, erano i nazionalisti. All’instabilità politica la Germania sommava quella economica, segnata com’era dall’inflazione, dal problema dei debiti di guerra, dalla forte disoccupazione. La Costituzione della Repubblica di Weimar fu approvata da tutti i partiti eccetto nazionalisti e comunisti. Era una costituzione democratica, che contemplava una struttura federale dello Stato, suddiviso in diciassette Länder con governi autonomi. Erano introdotti il suffragio universale e il sistema elettorale proporzionale, stabilendo la natura parlamentare dello Stato: il cancelliere e il suo governo infatti dovevano rendere conto al Parlamento (Reichstag). Per bilanciare il peso del Parlamento furono riconosciute peculiarità al presidente della Repubblica: eletto dal popolo e in carica per sette anni, capo delle forze armate e con il potere di licenziare il cancelliere, rappresentava internazionalmente il Paese. Inoltre, in caso di emergenza, poteva varare misure eccezionali. La Costituzione di Weimar fu considerata dai contemporanei un esempio di equilibrio tra poteri, ma il frequente ricorso alle prerogative presidenziali determinò uno sbilanciamento, che avrebbe causato l’indebolimento della Repubblica e l’avanzata del nazismo. IL NAZISMO IN GERMANIA Della situazione disastrosa che caratterizzava la germania se ne approfittò il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (Nsdap), guidato da Adolf Hitler; esso mirava a instaurare una dittatura, a restituire alla Germania il ruolo di grande potenza e affermava la superiorità della «razza» ariana. Come dai fascisti in Italia, così dal Partito nazionalsocialista la violenza era considerata metodo di lotta politica, esercitata tramite le milizie del partito Nel frattempo, le truppe tedesche dislocate nella penisola – considerando l’uscita degli italiani dalla guerra come un tradimento – occuparono Roma e catturarono circa 600.000 soldati italiani sparsi in Europa. Il Nord venne occupato dai tedeschi e Mussolini – liberato da essi il 12 settembre e deciso a salvare l’onore degli italiani continuando la guerra accanto alla Germania – fu posto a capo di un nuovo partito, il Partito fascista repubblicano, e di un nuovo Stato, chiamato Repubblica sociale italiana, con capitale Salò. Molti furono coloro che, contrari a questo progetto, scelsero di lottare per la libertà individuale e l’abbattimento della dittatura e diedero vita al movimento armato della resistenza: erano chiamati «partigiani» e agivano con azioni di guerriglia. Il Sud invece era governato da Badoglio che cercava di riorganizzare le strutture dello Stato; egli dichiarò nell’ottobre 1943 guerra alla Germania mentre gli anglo-americani iniziavano un’estenuante risalita della penisola. Alla fine del 1943 l’Italia, tra il disordine e l’indifferenza delle istituzioni, viveva dunque una tragica situazione di stallo, percorsa da eserciti stranieri e dilaniata dalla guerra civile. LO SBARCO IN NORMANDIA Nel novembre 1943 Stalin, Roosevelt e Churchill, decisi a inferire il colpo di grazia alla Germania di Hitler, si incontrarono per la prima volta: avvenne in occasione della Conferenza di Teheran, nella quale venne iniziata la progettazione di quello che fu definito come il più grande sbarco della storia e che prese il nome di «Operazione Overlord». Si trattò di un’operazione gigantesca: il 6 giugno 1944 dieci divisioni americane, britanniche e canadesi, comandate dal generale statunitense Dwight David Eisenhower (futuro presidente degli Stati Uniti) sbarcarono sulle spiagge della Normandia, con il supporto di 1200 navi da guerra, 13.000 aerei e 6500 mezzi anfibi, questi ultimi particolarmente decisivi per la loro capacità di muoversi sia sull’acqua che sulla terraferma e per le loro piccole dimensioni. Le divisioni alleate sfondarono le linee nemiche senza che i tedeschi avessero la possibilità di replicare a una tale massa di uomini e armamenti e, aperto in tal modo un nuovo fronte per la lotta al nazismo, dilagarono in Francia. Il 25 agosto fu finalmente liberata Parigi, dopo quattro anni di occupazione tedesca, e in autunno il Belgio. In poco tempo, prima della fine dello stesso 1944, la Germania, minacciata su tutti i suoi confini – a ovest dagli anglo-americani e a est dai sovietici (che avevano ricacciato le truppe tedesche da gran parte dei territori dell’Europa centro-orientale) – fu completamente accerchiata e invasa. Hitler si uccise il 30 aprile 1945, mentre l’esercito sovietico entrava a Berlino; la Germania depose le armi il 9 maggio arrendendosi senza condizioni. LA RESA DEL GIAPPONE Dopo la schiacciante vittoria degli Alleati nel marzo del 1945, la Germania fu conquistata e molte delle sue città più importanti rase al suolo. Nell’area del Pacifico però la guerra non era finita: il Giappone infatti lottava ancora strenuamente contro gli Stati Uniti, che fra il 1943 e il 1944 avevano riconquistato territori importanti: le Filippine, la Birmania e la Nuova Guinea. Tuttavia i giapponesi resistevano, malgrado le moltissime perdite umane, i bombardamenti su Tokyo e su molte altre città, la distruzione della flotta imperiale, i sacrifici dei kamikaze (aviatori che si sacrificavano scagliandosi con gli aerei contro il nemico) e la minaccia al suolo nazionale. Per evitare ulteriori massacri tra le fila del proprio esercito e per dare una dimostrazione della propria potenza militare alla Russia (che già si stava delineando come la futura e primaria antagonista degli Usa negli anni a venire), il nuovo presidente statunitense Harry Truman (succeduto a Roosevelt, che era morto il 12 aprile) ordinò l’utilizzo di una nuova terribile arma: la bomba atomica. Il 6 agosto 1945 fu sganciata una bomba nucleare su Hiroshima e il 9 agosto una seconda su Nagasaki. Le città furono interamente rase al suolo. L’imperatore Hirohito, a fronte di più di 150 000 persone morte all’istante (e moltissime sarebbero decedute in seguito dopo una lenta agonia a causa dell’esposizione alle radiazioni), chiese l’armistizio. Con la resa del Giappone, il 2 settembre 1945 terminò la Seconda guerra mondiale. Al confine tra Italia e Slovenia migliaia di italiani furono uccisi da parte dei partigiani jugoslavi con lo scopo di “ripulire” queste regioni e annettere i territori. Prigionieri che appartenevano alla Repubblica di Salò, partigiani italiani e comuni cittadini trovarono la morte nelle foibe, profonde cavità carsiche naturali tipiche del Friuli-Venezia Giulia.
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