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Federico Chabot, Storia dell'idea di Europa, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto di ogni capitolo 'storia dell'idea di europa' Chabot

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica Federico Chabot, Storia dell'idea di Europa e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! FEDERICO CHABOT, STORIA DELL’IDEA DI EUROPA Si andrà a trattare del concetto di Europa dal punto di vista non puramente fisico-geografico bensì dell’Europa inteso come organismo-individuo, come abito civile e morale, un ‘modo di essere’ che contraddistingue l’uomo ‘europeo’ da un eventuale uomo ‘continentale’. L’analisi avrà l’obbiettivo di individuare il momento in cui l’uomo ‘europeo’ si riconosce come tale, la nascita di un autocoscenza che permette di distinguersi dall’altro sulla base di una cultura, una morale, una storia e un modo di vivere che rende unici. CAPITOLO PRIMO Il concetto di Europa nasce per differenzazione, scontrandosi con un ‘altro’ (per la maggior parte del tempo questo fu l’Asia) che si riconosce diverso da se; un primo accenno di tale approccio risale ai Greci, nel periodo che va dalle guerre Persiane ad Alessandro Magno, i quali marcano la differenza di costumi e soprattutto di organizzazione politica, contrapponendo al ‘dispotismo’ asiatico lo spirito di ‘libertà’ europeo. Si può notare come Erodoto parlando geograficamente di europa intenda il territorio al di fuori dei confini dell’immenso impero persiano, nonostante questo dal punto di vista morale e culturale l’europa comprende i Greci e i popoli a stretto contatto con quest’ultimi come Italia e le coste della Gallia e Spagna. Da questo dissidio tra europa geografica ed europa morale-culturale nasce la riflessione di Aristotele, il quale non differenzia solamente europa da asia, ma perfino grecia da europa (i popoli nomadi e io popoli del nord). I popoli dei paesi freddi sono pieni d’animo ma difettano di intelligenza, perciò sono indipendenti ma incapaci di formare un governo e di governare sui vicini; i popoli asiatici sono intelligenti e industri ma difettano di animo, per tale motivo essi sono sudditi; i popoli ellenici trovandosi in una posiziona intermdia presentano le qualità di entrambi. I termini morali di paragone come già visto sono la libertà contrapposta alla tirannide, e la libertà consiste nel fatto che ogni cittadino possa partecipare alla vita politica e di conseguenza sentirsene parte; Eschilo indica la libertà (intesa come in quest’ultima implicazione) motivo di vittoria nella guerra contro Serse, i cittadini combattono animosi per la patria non sotto il volere di un tiranno dispotico; e ancora per Erodoto la vittoria in battaglia da parte dei Greci è dovuta al fatto che essi sono liberi ma allo stesso tempo sudditi di qualcosa di più grande di un sovrano, la Legge. La contrapposizione Europa-Asia (occidente e oriente) acquista una portata maggiore intorno al V-IV sec quando entrambe le parti prendono coscenza di se’, e se dapprima la rivendicazione dell’oriente della propria posizione avviene per difesa, essa poi prende un carattere espansionistico. Isocrate nel suo panegirico innesta nelle guerre dell’antica grecia il conflitto attuale Europa-Asia, invitando tutti i popoli Greci a unirsi per espugnare la ricchezza dell’Asia. Per Teopompo Filippo il Macedone ha il compito di creare uno stato Europeo (che non comprende solo i greci) da contrapporre al grande stato Persiano d’Asia (cosa che ebbe breve vita come nell’ecumene ellenistica di Alessandro, e successivamente con l’impero Romano in cui l’unico conflitto era Romano-non Romano). Nel medioevo si presenta la contrapposizione Cristiano-pagano, la quale in parte assume in se’ il precedente Romano-Barbaro; il concetto di Europa in se’ non ha un carattere morale che si distanzia dall’assunzione della cristianità, della Chiesa Romana contrapposta alla Chiesa di Bisanzio (culla della cristinità orientale sotto l’impero di Costantinopoli). De Mattei analizza come la precedente coppia Romano-Barbaro possa associarsi a quella Cristiano-Pagano, concludendo lasua tesi affermando che il termine ‘pagano’ non ha sostituito quello ‘barbaro’, bensì quest’ultimo possa comprendere sia la cristianità che la non cristianità; va da se che ‘Romano’ comprende obbligatorialmente la cristianità. Barbaro come ‘privo di legge, senza freni’. L’avvento del Cristianesimo, del regno di Dio, l’idea dell’unità sotto un solo capo (chiesa e impero), fa si che coloro che al tempo erano considerati barbari, estranei alla civiltà per la loro morale, i Germani ne entrassero a far parte. La Grecia, un tempo culla della civiltà occidentale, da cui provengono i pensatori presi da esempio da Dante, moralmente non appartiene all’Europa; essa rivendica la propria grecità antecedente all’avvento dell’impero Romano, distansiandosi così dagli ‘esempi’ cristiani-europei. Con lo scisma d’Oriente, la separazione definitiva tra le chiese, culmina il constrasto tra Oriente e Occidente; i greci non sono più visti come veri cristiani bensì come eretici, la letteratura ne disprezza i tratti (furbi, sottili, menzonieri) prendendo ad esempio gli antichi eroi greci come Ulisse e Diomede e contrapponendoli ai coraggiosi cavalieri occidentali, in un disprezzo reciproco di usi e istituzioni. Durante il Rinascimento si avrà la nascita di un movimento nazionalistico detto Umanesimo Italiano, il quale riconose i letterati e pensatori un pilastro della cultura e civiltà europea, prendendo come riferimento Enea Silvio il termine ‘barbaro’ acquista il significato di ‘non italiano’. Allo stesso tempo tale visione si espande e dilata a pensatori ‘non italiani’, Erasmo da Rotterdam riconosce un filo culturale cumune a tutti i paesi occidentali- cristiani, ampliando così di significato il termine ‘barbaro’ da ‘non italiano’ a ‘non Europeo’ (ovviamente mantenendo un significato religioso e non unicamente culturale, cultura innestata nella religione). CAPITOLO SECONDO Con Macchiavelli si ha la prima concezione di Europa slegata dalla cristianità; la riflessione di Macchiavelli è esclusivamente politica, evidenzia come la storia delle nazioni occidentali comprende un continuum di istituzioni politiche, un principio di libertà volta a garantire la qualità e la validità dello stato, repubblica o monarchia che sia. Tale dicorso vale anche per i governi orientali, ma non è la libertà ciò che lega bensì il dispotismo, il governo di uno solo e i suoi sudditi (dal principato persiano all’impero turco). Il governo basato sul principio di libertà ha fatto si che l’indivio svuluppi se stesso creando un terreno comune ai diversi stati che compongono l’europa, figli di una tradizione politica e culturale condivisa nella maggior parte dei di questa critica anticlericista, tale svolta di pensiero è dovuta alla rivalutazione del Medioevo, il quale manifesterebbe al meglio la libertà dei popoli germanici degni di ammirazione (i quali dopo la conquista della gallia avrebbero portato avanti il miglior governo, ovvero la monarchia costituzionale); il cristianesimo diventa così la miglior religione da affiancare a un governo liberale, mentre le altre si associano a un governo dispotico. Il nocciolo centrale del pensiero di Montesquie è l’odio verso il dispotismo e l’amore per la libertà (mosso da un interesse politico nella sua analisi e presa di posizione) (vedi pag. 104). In Voltaire vi è l’elogio dello spirito orientale, il riconoscimento della superiorità della loro morale e religione laddove Montesquie aveva messo in evidenza solamente i caratteeri negativi del cristianesimo; come in Montesquie è ricca la critica verso qualsiasi forma di fanatismo religioso, contro qualsiasi forma di potere politico che tiene conto dell’interesse del singolo e non della comunità (applicazione sbagliata dello stato non dello stato in se’). Voltaire a differenza di Montesquie critica ciò che sta a fondamento della religione, egli elogia una religione unicamente fatta di morale ed etica, una religione priva del divino e del mistero, che sposta tutto sul piano del comprensibile e del razionale. L’Europa di Voltaire ha però la sua rivincita nel campo delle scienze e delle arti; se è vero che prima di noi i più antichi popoli orientali arrivarono a delle avanguardie essi si fermarono ad esse, è un genio tutto europeo il progresso, l’esser arrivati con ingegno al di là di sempre nuovi limiti, arricchendo il mondo con nuove scoperte e invenzione; allo stesso tempo l’europa possiede un patrimonio artistico-letterario ineguagliabile, l’unico a conoscere i ‘segreti’ della pittura e il dolce sentire della poesia, che nonostante le guerre e le oppressioni ha sempre coltivato sia le arti utili che quelle piacevoli. Voltaire individua quattro epoche della storia in cui arte e tecnica hanno raggiunto maggior perfezione, non a caso esse sono quattro tappe della storia Europea e non orientale (ovvero l’età di Pericle; l’età di Cesare e Augusto; l’età del Rinascimento;il secolo di Luigi XIV), si delinea così un’Europa come ente culturale e spirituale a se stante, diverso da tutto il resto del mondo non per tipo di istituzione politiche o religione bensì per caratteristiche ben delineate che determinano un modo di essere,un modo di sentire e di ‘socializzare’. CAPITOLO QUINTO Nell’Ottocento si affaccia all’orizzonte una nuova linea di pensiero, un movimento anti-europeista che mira ad esaltare le singole nazioni. Maggior esponente di tale tendenza è Rosseau, il quale è critico e ostile vero ogni forma di agglomeramento, di cosmopolitismo, a tutto ciò che tende a smussare ogni differenza ed unicità, che tende a veder problematico il rapporto del singolo con un tutto che non può far altro che appiattirlo. Da notare la svolta di Mazzini nel conflitto con l’idea di europa a quella di nazione che anticipa il pensiero moderno, ovvero l’introduzione della ‘missione’ delle singole nazioni verso l’umanità intesa anche come Europa. CAPITOLO SESTO Le due opere ‘Historie’ di Guizot riassumono in pieno lo sviluppo dell’idea di civiltà Europea e l’assimilazione in un unico orizzonte della due correnti apparentemente inconciliabili tra ‘700 e ‘800, da una parte la concezione europeista settecentesca dall’altra l’idea di nazione e di anti-europeismo del Romanticismo. Secondo Guizot è innegabile la presenza di una civiltà europea, un organismo che sente e si muove sulla base di principi comuni, di pari passo nella conoscenza, nella cultura e nello sviluppo, in continuo movimento verso un progresso comune; tale unità non va però a sminuire le singole parti che lo compongono, le singole nazioni, le quali nella storia della civiltà europea hanno portato il loro spirito, il genio e le caratteristiche che le contraddistinguono, senza il cui contributo l’Europa come lo conosciamo non esisterebbe (riprendendo la ‘missione’ elaborata prima da Mazzini). Guizot delinea le caratteristiche che differenziano la civiltà moderna (civiltà Europea) dalle antiche: se nelle antiche civiltà vigeva un unico identico principio, il quale alla repentina ascesa faceva seguire irrimediabilmente una discesa, per il dissolversi (Greci e Romani) di tale principio o l’immobilizzarsi (oriente) a cui esso portava. Solo con il Medioevo si avrà l’inizio dell’era civile, un periodo in cui parallelamente convivranno pricipi diversi, diverse forme di governo, senza che nessuna singola parte prenda il sopravvento su tutto, in cui ogni singola tradizione e storia arricchisce il quadro generale senza però esserne assorbita. Dal quadro appena descritto viene l’idea che nessuna singola nazione possa racchiudere in se stessa l’Europa, la totalità, ma al massimo (come viene detto in seguito nelle seconde ‘Historie’) avvere una supremazia sulle altre rappresentando nel più alto grado le principli caratteristiche della civiltà. Secondo Guizot la civiltà si fonda su due motivi: lo sviluppo della condizione sociale e lo sviluppo della condizione intellettuale. Ebbene l’Inghelterra ha sempre avuto un grande sviluppo della condizione sociale, trascurando però ogni speculazione che non avesse come fine l’utile; stessa cosa ma opposta succede ai tedeschi, i quali sono sempre stati i padri dello spirito, delle grandi idee, senza però riuscire a toccare la condizione sociale; in Italia invece le due condizioni corrono parallele senza mai entrare in contatto tra di loro, prive della fede di verità necessaria per influenzarsi e concimarsi, diventando così sterili; la Spagna non ha mai ricevuto molto dall’europa e neppure dato molto; la Francia è l’unica nazione ad aver sviluppato in tutti i secoli civili una condizione sociale di pari passo con il procedere della condizione intelletuale, ogni idea e speculazione trova terreno fertile nella realtà dello stato, ogni imitazione viene sviluppata a tal punto da superare ciò da cui era nata, la Francia è l’emblema della ragione e di conseguenza della civiltà. (Per conclusione leggere da pag 152).
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