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Fenomenologia dello Spirito di Hegel., Slide di Filosofia Teoretica

Ottima sintesi e spiegazione semplice dell'opera fondamentale di Hegel del 1807, Fenomenologia dello Spirito, tratta dalle lezioni del Prof. Roberto Mancini in consultazione diretta con l'opera. Attraverso questo documento è possibile superare l'esame con ottimi voti!

Tipologia: Slide

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Scarica Fenomenologia dello Spirito di Hegel. e più Slide in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! 1 FILOSOFIA TEORETICA I – (Mancini Roberto) La Filosofia Teoretica affronta i fondamenti della conoscenza filosofica e si rapporta ai problemi della vita. La Filosofia Teoretica pensa per problemi a differenza della storia della filosofia che invece ricostruisce il pensiero dei vari filosofi. La teoretica è una materia generale diversa dalle Filosofie particolari (Estetica, Morale, Politica, Scienza,…). La Filosofia teoretica si rivolge a degli autori del passato, l’importante è che abbia alla base il porre un problema. La Filosofia teoretica ricerca le possibilità della conoscenza e la verità. Ad esempio nello Scientismo si ritiene che ci sia conoscenza soltanto dove c’è scienza empirica. Nella Filosofia invece c’è conoscenza di due cose: 1) la Verità essenziale; 2) Conoscenza critica delle logiche di organizzazione che gli esseri umani utilizzano per gestire la propria vita. La Filosofia è impegnata con una verità che viene prima e fa da sfondo ad ogni verità empirica. La Filosofia ha un approccio concreto e non vuole conoscere solo la verità ma anche il rapporto che l’uomo ha con quest’ultima ovvero l’uomo vuole vedere e percepire se stesso mentre comprende la realtà. La Filosofia si chiama speculativa perché rispecchia e riflette, infatti è una contraddizione conoscere la realtà ma non conoscere se stessi. Kant a tal proposito ci dice che non c’è conoscenza senza Autocoscienza. La Filosofia inoltre coinvolge direttamente le persone e richiede un approccio di umanità; la Filosofia ricerca il SENSO (SINN) della verità. La conoscenza filosofica non è mai di un oggetto specifico ma di un senso. Con la filosofia conosco dunque la conoscenza dei significati che riguarda: 1) Il mondo dei fatti; 2) Il mondo dei significati; 3) Il mondo dei valori. L’uomo abita tutti e tre i mondi. L’elemento mediatore tra noi e la verità è proprio il SENSO. La fonte del Senso è la verità ma IO do il senso. La verità non è mai violenza, ma è rispetto per tutti gli esseri umani. Anche la verità più radicale dunque rende liberi perché infatti solo la menzogna è violenta. Il SENSO bisogna riconoscerlo, incontrarlo, perché altrimenti ci si costruirebbe un senso senza verità; e una volta incontrato il senso qui arriva l’importanza del soggetto che può scegliere di acconsentire o dissentire a quest’ultimo: il SENSO deriva dalla verità non da me stesso. L’uomo deve quindi RICONOSCERE (ANERKENNUNG) la verità della realtà. Entra nel discorso ora la cultura del COMPIMENTO. La Filosofia Hegeliana può essere letta come una FILOSOFIA DEL COMPIMENTO. E’ importante il concetto del compimento e della riconciliazione in Hegel perché lui si confronta con la concezione propria dell’uomo nel mondo antico, nel medioevo e nel mondo moderno. In questi tre periodi l’essere umano veniva considerato come un essere inserito nella finitezza (l’essere umano sta tra la nascita e la morte). Nel mondo Greco gli esseri umani infatti venivano chiamati “mortali”, cosa tipica perché anche gli animali sono mortali. Mel Medioevo i Filosofi rileggono 2 cristianamente i Filosofi greci: noi conosciamo il Vangelo con le lenti che gli hanno messo la filosofia greca e il diritto romano. Nel Medioevo nonostante nei pensatori sia forte il concetto di Dio, l’uomo resta confinato nella finitezza e difficilmente può attingere alla verità; nel Medioevo si riteneva dunque che l’uomo fosse sottomesso a un Dio irraggiungibile e che fosse caratterizzato dal Peccato Originale. Nella Modernità viene meno Dio dai discorsi dei Filosofi e viene messo al centro dell’attenzione l’AUTONOMIA dell’uomo ma così si dubita di ogni infinito e l’uomo stesso si accontenta della finitezza. Insomma, sia Mondo Greco, Medioevale e Moderno non hanno creduto a un compimento della vita umana dentro l’esistenza. L’uomo quanto ha pensato a se stesso ha riflettuto soltanto sulla more e sulla finitezza ma non al compimento. La vita non è solo solitudine, morte o sofferenza ma può essere anche una vita COMPIUTA dove il compimento non è la morte. La vita non è fatta per la morte ma per la vita stessa. Hegel è un autore che non crede nella finitezza, infatti dice che le filosofie che non si occupano dell’infinito di Dio non sono vere filosofie. Tuttavia Hegel crede che l’uomo stia nella finitezza ma la finitezza isolata non esiste perché deve sempre esservi una relazione tra finito e infinito. Dentro questa vita esiste l’infinito e la vita vera consiste nell’esistere secondo verità, cioè partecipare alla verità, la vita deve tradursi con “verità”. L’essere umano deve tendere al compimento e non deve rimandare all’aldilà quello che può realizzare nella sua vita. Hegel è il filosofo del compimento e non della finitezza. Nonostante i limiti dell’essere umano l’uomo può avere una vita vera e la morte non è la verità della vita. Hegel (1770-1831) è un Filosofo che vive a cavallo tra ‘700 e ‘800, e vive sotto la Rivoluzione Francese. La Germania in quegli anni era un’espressione culturale ma non era una nazione unitaria. Infatti c’erano 330 stati tutti divisi tra di loro che la componevano, che poi si ridussero a 30 dopo il Congresso di Vienna (1814). Quando Hegel nelle sue opere parla di scissione e frammentazione, intende anche la frammentazione della Germania. Hegel viveva nella Seconda Modernità (tra 1700- 1800). Nella Prima Modernità, non contava l’uomo, ora nella Seconda l’uomo entra invece in campo. La Prima modernità aveva promesso all’uomo autonomia, modernità e diritti e la Filosofia antica e medioevale nelle loro analisi partivano dalla verità. I Moderni partono invece dal metodo della conoscenza e la verità è il risultato non il presupposto. Filosofia antica e Medioevale: Filosofia Della Verità. Filosofia Moderna: Filosofia Del Metodo. Inoltre il mondo moderno, non è l’età del progresso ma della SCISSIONE (ENTZWEIUNG=Ent=prefisso che si trova davanti a parole negative, Zwei=due = Spezzarsi in due). Il problema della Entzweiung trova soluzione nella VERSÖHNUNG (Riconciliazione). Insomma, la modernità non consente il compimento dell’essere umano. Hegel crede nell’armonia e in una realtà integra, coerente e polifonica. La scissione rende l’uomo non armonico (Scissione=Sofferenza), cioè lo fa vivere in una condizione inadeguata alla sua dignità. Il problema della scissione secondo Hegel 5 arrivare filosoficamente al disegno di un’armonia e non in modo utopistico. Quando Hegel pensa a un progetto che vada dal conflitto all’armonia ricerca la risposta nella realtà e non nella idealità, anzi egli è sarcastico verso gli idealisti accusandoli di eccessiva astrattezza. Hegel a volte sembra cinico, irride sempre il credo in un ideale sganciato da una realtà. C’è stato però un cambiamento nel tipo di forza che può creare la riconciliazione: da giovane pensava che fosse una determinata cosa e quando è arrivato alla maturità ha trovato un’altra forza che può assolvere a tale scopo. Le fonti di Hegel sono molteplici oltre a quelle tradizionali che riguardano alcuni suoi amici come Fichte, ma quelle più importanti sono il Cristianesimo, l’Illuminismo e il Romanticismo. Per Hegel è importante il divenire e si cresce con i passaggi che sono contraddizioni e senza le contraddizioni non c’è il divenire. Il conflitto è il motore del divenire, questo gli fa percepire il Dio cristiano come un Dio dialettico, ovvero come un Dio che si svuota nella sua divinità per entrare nella condizione umana. Lo Spirito (GEIST) porta a compimento le relazioni e Dio è relazione dialettica. Tutta la realtà per Hegel è già in Dio, tutto è dentro Dio. Il Dio non è passibile e incontra la morte, la sperimenta e proprio per questo può sconfiggerla. Le divinità della religione greca, al contrario, non sperimentavano la sofferenza, mentre il Dio cristiano fa esperienza del male e poi della morte e per questo può sconfiggerli. Dio è unione di finito e infinito per cui lo Spirito al cristianesimo annuncia che Dio si fa presente per creare la comunione. La cosa più divina di Dio è che si è calato a livello degli uomini. Un Dio che crea il mondo non stupisce, ma un Dio che sa rigenerare il mondo in modo buono e conciliato è divino. Hegel, in continuità con l’Illuminismo, ritiene che la ragione è la cosa più importante tanto che si può dire che Hegel è un iper-illuminista che radicalizza, esaspera il ruolo della ragione. Tuttavia c’è una discontinuità tra Hegel e l’illuminismo: per Kant ad esempio la ragione era una cosa e la realtà un’altra, per questo gli illuministi compiono rivoluzioni e guerre, per portare razionalità nella realtà. Per Hegel la ragione e la realtà sono la stessa cosa. Uno degli assunti di fondo di Hegel maturo è che non vuole dimostrare niente ma vuole far svolgere il percorso che porta alla comprensione del fatto che Dio, la ragione e la realtà sono la stessa cosa. Per Hegel non devo scindere queste tre cose ma unirle: ciò che consente l’unione si chiama SPIRITO, cioè identità assoluta, eterna, incondizionata. Dal Romanticismo prende quindi il desiderio di un’armonia totale. Come formazione di fondo Hegel è cristiano, come metodo assorbe l’illuminismo, come desiderio è un Romantico. Come combina Hegel questi tre punti di fondo? Lui innanzitutto corregge il Cristianesimo con l’Illuminismo, perché dice che il Cristianesimo ha in sé la verità della realtà. il limite del Cristianesimo è che però ha ricomposto male la sua stessa verità, non la sa rispecchiare, perché esso come tutte le religioni, si riferisce a Dio ma utilizza l’elemento della RAPPRESENTAZIONE (VORSTELLUNG), cioè la religione dci racconta di Dio (Dio ha fatto il mondo, Adamo ed Eva, Caino e Abele…). Ogni religione è una narrazione della storia di Dio, di cosa egli vuole ecc. Hegel non crede che Dio si debba dire tramite la narrazione, occorre uno “specchio fedele”. Lo Spirito di Dio deve essere rispecchiato e adeguato. La fiaba al suo interno ti da un senso ma te lo dà sotto forma di racconto. Per Hegel c’è un tratto infantile ed adeguato in come 6 la religione si pone. La vera religione deve trasformarsi in filosofia e arrivare al concetto (BEGRIFF). Gli uomini sperimentano Dio, Dio è pensiero (DENKEN), la realtà è tutta razionale e divina. Con “pensiero” Hegel non intende soltanto soggetto pensante ma ogni singola componente della realtà (le sedie, la luce, il cibo…). Il pensiero dentro di sé ha dei gradi di maturità diversi, prima c’è il seme poi l’immaturità e si arriva poi alla maturazione. Il pensiero nella sua forma primitiva è l’ARTE, quando siamo in una sfera elaborata di pensiero, il più basso è quello dell’arte. L’arte è caratterizzata dall’INTUIZIONE, ed è rappresentata dalla pittura, musica, ecc. Gli artisti ci esprimono Dio, l’arte porta alla verità ed esprime pensieri. Ma il pensiero nell’arte è una forma di pensiero molto limitata perché è un’intuizione (pensiamo ad es. alla rapidità di un lampo), l’intuizione è immediata, non si articola e non si può formulare organicamente una spiegazione. Dunque l’intuizione è un’emozione, e l’emozione è onesta e vera, solo che per Hegel l’emozione si ferma nel tempo, è solo un attimo, dunque non diventa pensiero che si svolge. (es. per Schelling, al contrario, il vero filosofo è un genio artistico, ovvero colui che riesce a comprendere tutta la realtà). La RELIGIONE sta un passo più avanti dell’arte ed è superiore perché l’arte deriva dalla genialità di un artista, dunque di singole persone staccate tra di loro. La religione è superiore perché ha un racconto condiviso e va dritto alla questione di Dio, dunque la religione è il messaggio di un popolo. Ha tuttavia un limite: il fatto che Dio la religione te lo racconta ma non te lo sa spiegare. Inoltre la ragione viene divisa dalla fede per cui filosofia e religione sono contrapposte. La religione è puro pensiero narrativo, nono bisogna secondo Hegel chiamarlo Dio (è come se fosse una fiaba) ma bisogna chiamarlo Spirito. La FILOSOFIA è l’ambito in cui il contenuto e la forma sono adeguati, la filosofia è uno specchio fedele a quello che deve essere rispecchiato. La filosofia è caratterizzata dal CONCETTO, che sarebbe la cellula vivente dello spirito divino. Il concetto non sta in testa a qualche soggetto per Hegel, il concetto non è un’entità dell’uomo (lo spirito è il mare, il concetto è l’acqua). Solo l’attimo che si mette nel concetto dà una giusta interpretazione dello spirito. Anche l’arte è un processo nel pensiero ma è embrionale, la religione immatura, e la filosofia pensiero maturo. In che senso Hegel corregge con l’illuminismo il Cristianesimo? Hegel concepisce la religione come una favola mentre l’illuminismo ha messo al centro la razionalità, dunque la razionalità va tradotta nei termini del concetto. L’illuminismo è la trascrizione razionale dei contenuti cristiani. Immaginiamo l’arte dunque come un bambino appena nato, la religione come un ragazzino adolescente e la filosofia come un adulto maturo. È errato attribuire a Hegel lo schema tesi, antitesi, sintesi perché per lui non ci sono tre schemi della realtà, bensì quattro (Arte, Religione, Filosofia e Scienza/Sistema). Tuttavia anche la filosofia ha dei limiti. Questi Hegel li individua nello stesso termine “filosofia”. Nel termine c’è la radice “filo” che indica un’amicizia che implica fedeltà alla verità, cosa che si fa con amore. La “filia” è l’amore che rispetta, rispetta le differenze, rappresenta la libertà dell’alterità. Rispetta dunque le differenze, e questo per Hegel rappresenta un limite, dunque una contrapposizione. Nella parola filosofia è come se ci fosse una cosa che io non ho e da qui esaspera la voglia di armonia che eredita dal Romanticismo e infatti durante quest’ultimo si combattevano ribellioni 7 continue per costituire poi una situazione di pace. Dunque Hegel corregge il Cristianesimo con l’Illuminismo, e il Romanticismo con l’Illuminismo. Tuttavia Hegel non è romantico, illuminista o cristiano ma è IDEALISTA. Egli con l’illuminismo critica il Cristianesimo, e con il romanticismo critica l’illuminismo. Arrivando al sistema scientifico, ovvero all’IDEALISMO rivede e ricompone tutte le precedenti correnti. Dunque abbiamo detto che lui abbandona la filosofia perché è scissa (filo-sofico= da una parte abbiamo l’amore per la sapienza, e dall’altro la sapienza). L’uomo e la verità sono dunque ancora divisi e l’uomo non ha la realtà ma la deve cercare. Si ricomprendono totalmente l’uomo con la filosofia soltanto quando il pensiero umano riesce ad arrivare al pensiero divino e proporre il SISTEMA SCIENTIFICO della verità: la filosofia diventa scienza, che è un sapere totale. Per Hegel non c’è nessuna realtà inconoscibile, nessun mistero. Come fa l’uomo ad arrivare a un sapere assoluto? La ragione, che l’uomo ha, è lo strumento attraverso cui Dio viene a sapere di sé. Il sistema scientifico è l’agire dello spirito attraverso l’uomo. Con la verità l’uomo vede se stesso. Quando la storia umana ha maturato l’idealismo assoluto la verità conosce se stessa, ovvero è la verità e sa di esserlo. (Es. se Mozart non avesse preso coscienza della sua capacità non sarebbe mai arrivato al compimento). Il sistema scientifico è la verità che conosce se stessa. In Hegel c’è una conversione non sul progetto ma sulle modalità di realizzarlo. Hegel nei suoi primi scritti, intorno alla fine del ‘700, crede che la forza che crea la riconciliazione sia da cercare nel concetto di VITA. Questo perché la vita è più forte della morte. Essa è universale e continua, la morte particolare, la vita è una forza universale che garantisce la conciliazione. Abbandona il concetto di vita perché: è irrazionale, la vita non sa spiegare che conciliazione opera nei confronti della morte e la vita è scissione perché ripropone la frattura con la morte. Nella rivoluzione cristiana il concetto fondamentale non è la vita ma l’amore. Hegel arriva dunque al secondo periodo giovanile in cui teorizza un’altra forza capace di riconciliare e pensa e ritiene che sia l’AMORE e ne parla in un suo scritto Lo spirito del Cristianesimo e il suo destino. L’amore è più forte della morte e in questa fase si riferisce all’amore divino. Hegel dice che lui sperimenta la scissione ma non ci crede: noi incontriamo dei fatti negativi e io posso prendere atto dei fatti ma sbaglio se li considero come se fossero si verità. Un conto è la verità, altro i fatti. I fatti sono concreti ma non danno il valore della verità della vita (es. la morte non è la verità della vita). La verità della vita è il senso ed esso deve illuminare la vita. Abbiamo quindi qui la differenza tra i FATTI e la VERITA’. Il pensiero conformista si inchioda ai fatti e alle negatività che ci abituano che essi sono la verità della vita (es. i telegiornali). La divisione è un fatto ma non è la verità, la verità è la riconciliazione. Dunque la FILOSOFIA è l’arte di distinguere i fatti dalla realtà. Che credibilità aveva l’amore nel secondo periodo giovanile? L’amore fa unire tutte le cose, infatti chi si ama sperimenta una relazione amorevole, un desiderio. L’amore resiste alla prova del male, Hegel intende l’amore vero che si configura attraverso il perdono e la riconciliazione, infatti c’è differenza tra il male fatto e chi l’ha fatto e l’amore si ricorda della persona anche se essa ha fatto del male. Il legame d’amore è dunque indistruttibile e può sconfiggere il male. Quindi è grazie all’amore che si può passare dalla divisione alla comunione in questo periodo 10 progetto era l’Illuminismo. L’idealismo è la cultura del processo. La forza vera della riconciliazione è il pensiero perché: 1) il pensiero è speculativo cioè lui non si riconcilia con l’altro da se. Lui genera la realtà rispecchiando se stesso. Speculativo significa che si sdoppia e genera il proprio opposto. Il pensiero genera la materia, per questo è speculativo, e questa è la vera creazione. Tutte le cose che esistono sono state pensate, se no non potrebbero esistere ( variante rispetto alla teoria biblica), in Hegel è l’atto di pensiero concretizzazione del pensiero di Dio; 2) il pensiero di Hegel è che non c’è produzione ma autoproduzione, Dio si realizza nella pietra, nella sabbia, nell’uomo e ogni manifestazione è parte di Dio. Il pensiero genera una risposta a se sottoforma di atti creativi, il pensiero ritorna a se, è autoriflessivo, e riporta a sé qualsiasi cosa: provare a fare l’esperimento di pensare a qualcosa che non sta nel pensiero = è impossibile. Il pensiero fa essere e non crea scissione, tutto p pensiero e nulla esiste che non sia pensiero, il pensiero riconcilia; 3) il pensiero non solo crea ferma e riporta a se ma è AUTOCOSCIENTE, riporta se a sé e sa di farlo. Riassumendo, il pensiero è costituito da: generatività, ricomprensione, autocoscienza; esso fa coincidere quel che è con quello che sa. Rispetto all’io penso Kantiano vi sono delle differenze perché Kant diceva che l’io penso aveva la capacità di unificare le nostre facoltà divise. L’io invece conosce e sa di conoscere. In Kant l’io penso riguarda ciascuno di noi e il pensiero riguarda gli uomini mentre per Hegel esso è la cosa più divina di Dio. Hegel concepisce una cultura del processo. C’è, all’opposto, una cultura del progetto, che si può vedere nel rapporto tra soggetto/oggetto che in principio viene da molti inteso come una divisione, ad es. l’architettura è una cultura progettuale perché prima crea l’idea e poi realizza il progetto: questo tipo di mentalità è tipica dell’Illuminismo. Anche Hegel da ragazzo aveva creduto alla cultura del progetto ma nel tempo ne coglie i fallimenti (ad es. l’ideologia è considerabile come una cosa negativa perché è un pensiero che viene inteso a se e che l’uomo vuole applicare nella realtà, questo genera una contrapposizione tra ciò che si aspira e ciò che si deve realizzare. Il progetto per Hegel è negativo perché si è sempre rivelato fallimentare e disarmonico: se il progetto è la fede in Gesù si arriva alle crociate, se si parte dall’idea di una società senza classi si arriva ai gulag, ecc. Hegel vuole partire dalla realtà stessa e non da progetti o ideologie. L’uomo può assecondare o contrastare la realtà. la vera dignità dell’uomo è quella di portare a consapevolezza i processi della storia. La realtà cambia forma, l’uomo di suo ci mette la consapevolezza, la coscienza. Lo spirito umano non deve ridursi a un progetto isolato perché altrimenti sarebbe isolato dalla realtà, invece la realtà è razionale ed è il contenuto dell’uomo. Hegel vuole realizzare un’idea ma non dice che questa è un suo progetto, egli ha la presunzione di dire che ciò che vuole lui lo realizzerà la realtà stessa. Il pensiero umano ha una proprietà singolare, che può essere inadeguato al cammino della realtà, infatti il pensiero deve togliersi i pregiudizi e le divisioni. La filosofia è il proprio tempo appreso in concetti: “appreso” si intende cioè elaborato e rispecchiato; “concetti” ovvero ogni epoca storica ha una forma propria, antica, medievale, ecc. e ogni epoca ha la sua filosofia; ogni filosofia si genera e realizza una certa epoca. (es. 11 non la Polis ha creato Platone e Aristotele, ma Platone e Aristotele hanno creato la polis). La vera azione è il pensiero che da forma alla civiltà umana. La filosofia come articolazione di concetti arriva alla fine, la filosofia rispecchia cioè un processo storico che si è compiuto. Tuttavia se io dico semplicemente “filosofia” intendo la filosofia che fa il filosofo, ma è la filosofia come pensiero vivente di Dio che genera la storia, l’uomo e ci si rispecchia. Nell’opera di Hegel ci sono due linee, da un lato la ricostruzione delle tappe della storia della filosofia, e dall’altro la ricostruzione della storia, infatti ad ogni epoca corrisponde una determinata filosofia e in base al tipo di filosofia si genera una determinata epoca. Per es. dal passaggio dal Medioevo alla Modernità, lo Spirito si è evoluto, prima sognava il medioevo poi, stanco di questo, matura qualcosa di radicale e tutto cambia; la modernità è il segno di Dio che sta al centro. Nasce il singolo, e la pienezza dell’età Romantica avviene quando Dio smette si sognare e si sveglia, Dio stesso realizza la riconciliazione dentro di se. Tutto è immanente, quindi in Hegel non esiste la trascendenza. Il pensiero duplicandosi genera l’altro da se, in Hegel non si piò parlare di creazione ma bisogna parlare di autoproduzione ovvero di Dio che diventa Dio. Dove c’è alterità c’è un pensiero che l’ha posta, tutto ciò che esiste viene dal pensiero. La colpa è del materialismo che ritiene invece che prima ci sia la materia e poi il pensiero umano, la materia è pensiero cristallizzato per Hegel. Il pensiero ha due caratteristiche fondamentali: 1) Il pensiero è l’unica forza generatrice. Hegel ha infatti detto che la creazione non avviene con un atto d’amore, infatti Dio crea il mondo perché lo pensa. La forza creatrice è pensiero che pensa le cose. Hegel che da giovane aveva sfiorato una visione metafisica dell’amore, ora la ha declassata a una forza sentimentale. L’amore crea scissione perché si particolarizza e non si universalizza, tuttavia Hegel si delude dell’amore perché si delude della Chiesa. 2) Il pensiero oltreché generare riporta a se tramite la riconciliazione. Il pensiero è divino, è soggetto, e tutto il resto è interno al pensiero, nulla è fuori di Dio perché egli coglie l’identità di tutte le cose. Quando Hegel vuole sottolineare una contraddizione usa il termine “negativo”; il negativo non è distruttivo ma è l’elemento propulsivo per arrivare alla riconciliazione. Noi pensiamo che il male, la morte, la malattia, sono una contraddizione rispetto alla quale non abbiamo la garanzia di guarigione. Lo spirito si duplica, diventa altro da se, si rispecchia, e il rispecchiamento ha la forma della contraddizione, sembra che l’altro da me mi voglia negare, la negazione è sempre rovesciata, l’immagine è l’esibizione di ciò che mi contraddice. Il negativo non è esterno perché altrimenti sarebbe insuperabile, la riconciliazione è il ritorno a sé della stessa identità. Hegel parte dal Cristianesimo per il quale la riconciliazione avviene attraverso il perdono che si succede alla espiazione e al sacrificio che rappresentano dunque una relazione spezzata tra Dio e l’uomo. In questo caso non c’è una vera relazione perché c’è una differenza ontologica tra uomo e Dio. L’altro modello da cui parte Hegel è il Romanticismo, che vede la comunione come una fusione con l’assoluto: questo aspetto può essere compreso con la filosofia di Schelling e più in 12 generale l’estetica Romantica. Quest’ultima riteneva capace soltanto il genio di mettersi in comunione con l’assoluto, questo genio solitamente è un artista (es. un musicista nel comporre una melodia sta esprimendo suoni di Dio) e questo fatto è caratterizzato dal sentimento che consente la riconciliazione. Il terzo modello, proposto da Hegel stesso, è quello idealista. Nel modello cristiano Hegel non tollera l’idea di relazione tra irriducibili, lui ritiene che il cristianesimo sia rimasto sul piano narrativo invece la riconciliazione deve essere l’identità che prima non sapeva se stessa e che diventa autocosciente di sé (identità=unico soggetto, tutto insieme). In Hegel la volontà conta pochissimo, nell’ardore dell’alterità l’uomo sperimenta la scissione però l’uomo non deve fermarsi a questo e non deve considerare la scissione come la verità della vita definitiva. Se io prendo coscienza del legame con lo spirito posso oltrepassare la scissione e ritornare alla mia identità. Hegel crea una filosofia monista ma relazionale; Hegel utilizza l’espressione autoreferenzialità come magia del pensiero che non si perde mai nella scissione (autoreferenzialità significa che ritorna a sé). Dobbiamo fare tre precisazioni su termini che indicano cose diverse: 1) VERSTAND (INTELLETTO), 2) VERNUNFT (RAGIONE), 3) GEIST (SPIRITO). L’intelletto capisce per distinzione dunque ponendo scissione, ragione indica la capacità di cogliere nel rapporto tra le differenze ciò che le rende unite, lo spirito invece, è l’identità, l’unità. La filosofia fatta con l’intelletto crea divisioni, con la ragione trova il collegamento e con lo spirito unifica. Nell’ottica di Hegel la diversità è contraddizione, è una sfida: la molteplicità è preziosa anche perché ogni figura è una necessaria manifestazione dello spirito. Nella storia della filosofia si trovano solitamente due grandi correnti filosofiche: idealismo e realismo. Idealismo significa primato della idealità, del pensiero, rispetto all’oggettività esterna; realismo indica quel tipo di filosofie che dicono che il pensiero spetta alla realtà oggettiva dell’essere. Ci sono versioni e varianti differenti dell’idealismo: Kant, Platone, Hegel, ad esempio, sono filosofi idealisti. Possiamo evidenziare quattro etichette dell’idealismo di quattro filosofi molto importanti: 1) Kant: idealismo trascendentale, ovvero il primato del pensiero c’è nel piano conoscitivo e non ontologico. 2) Fichte: idealismo etico, individua nel soggetto le cause della riconciliazione, per Fichte il vero pensiero è l’azione etica e politica. 3) Schelling: idealismo fisico/estetico, ovvero è la natura da un lato e l’arte dall’altro la vera filosofia. 4) Hegel: idealismo assoluto, identità assoluta che si fa pensiero vivente. FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO – GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL PREFAZIONE 15 Hegel un’epoca cambia non quando cambia un governatore o un sistema politico ma quando matura una filosofia nuova. Le fasi di transizione sono caratterizzate dalla sofferenza legata alla trasformazione. La transizione esce dalla sofferenza quando lo spirito ritorna a se: lo Spirito arriva alla quiete totale ma il percorso è doloroso. (Pag.63 – Punto C) Qui Hegel fa una polemica contro Fichte e Schelling perché loro sono accusati di formalismo: loro bloccano, cristallizzano il soggetto assoluto in una figura particolare: Fichte vede l’io ma non vede lo Spirito, Schelling vede l’assoluto ma non vede lo Spirito. L’io puro viene spiegato da Fichte in più volte, infatti egli pubblica più edizioni della Dottrina Della Scienza in cui cambia sempre definizione. Schelling invece era formalista perché credeva che Dio fosse finito e infinito, bene e male, insomma concepiva Dio come una totalità. Hegel lo critica perché ritiene che egli abbia scambiato un’identità profonda dello spirito con una sua caratteristica (il fatto di essere tutto è una caratteristica soltanto dello spirito). Sia Fichte che Schelling avevano saltato il passaggio che tutto è spirito. Hegel accusa Schelling di formalismo monocromatico: c’è Dio che è l’Assoluto e in questo assoluto non si può distinguere niente, l’Assoluto per Hegel porta dentro di se tutte le differenze e le produce superandole. L’assoluto di Schelling invece è un formalismo cioè una prospettiva vuota. (Pag.67) Hegel continua la critica a Schelling e dice che il pensiero pensa tutte le differenze, a differenza della filosofia di Schelling in cui possiamo immaginare una notte per la quale tutte le vacche sono nere. C’è in Schelling un’ingenuità di una conoscenza vuota, sterile. Per quanto riguarda Fichte il problema principale della sua dottrina è che l’io è sempre costretto a contrapporre a se stesso degli ostacoli e non può fermarsi mai, è prigioniero nella costrizione e deve superare gli ostacoli: Hegel chiama questo infinito “cattivo prigioniero” perché è in una condizione di illibertà. Lo Spirito secondo Hegel è libero perché non fallisce e si realizza in se stesso. (Pag.67 – titolo 2) Qui abbiamo il passaggio da Schelling a Hegel: quest’ultimo non sta dall’esterno a raccontarci la verità, non sono divise le due cose perché dove c’è narrazione c’è scissione. Quando dice “dovrà giustificarsi” esprime una derivazione dall’illuminismo, Hegel espone un libro ed esso è il calco della rivoluzione dello Spirito, dunque l’esposizione filosofica è l’automanifestazione del cammino dello Spirito. Osservazione nella traduzione: “non come sostanza ma più come soggetto”, in passato la sostanza voleva dire quella sostanza che non dipende dagli accidenti, quindi una sorta di onnipotenza, Hegel ci dice che lo spirito non può essere sostanza perché sarebbe un formalismo, coglierebbe l’eternità ma non lo spirito. Il soggetto ha la stessa caratteristica tipica della sostanza, nell’accezione del passato. La soggettività implica: 1) Autocoscienza: l’essere umano è autocosciente, gli oggetti no; 2) Libertà: totale autorealizzazione (l’autodeterminazione non è un diritto assoluto ma è relativo), Hegel guarda l’effetto finale per evitare che non ci sia scissione tra il processo e il risultato, lui vuole la libertà infallibile; 3) Totalità: si racchiude ogni alterità dentro di noi, bisogna passare da una filosofia della sostanza a una dello spirito. 16 (Pag.67 - importante) Hegel compie una rivoluzione epistemologica, solitamente nella filosofia del passato, quando si parlava della conoscenza, si intendeva la verità come oggetto e l’uomo come soggetto e la verità è l’oggetto che l’uomo cerca. Hegel ribalta lo schema perché dice che il vero soggetto è la verità ed essa è vivente/soggetto, è più soggetto la verità rispetto al soggetto che la percepisce (verità che conosce se stessa). L’uomo è una metafora della verità. In Hegel l’immediato non esiste, tutto è parte di una mediazione, tutto è mediato ovvero non c’è nulla che esiste in modo isolato. Nella sostanza invece si distingue la sostanza esistente dalla capacità di conoscenza, ma così si crea una scissione. Schelling aveva contrapposto l’essere di Dio e il sapere di Dio. Pensare allo spirito come sostanza significa ragionare su un lato che riguarda l’essere e l’altro che riguarda il sapere, qui Hegel va contro Schelling e Spinoza. Il vero male per Hegel è la divisione insuperabile ovvero in un “incubo” che il soggetto stesso crea e non riesce a superare, quindi la fonte di divisione radicale è il male e la vera riconciliazione è il superamento di quest’ultimo. Hegel si sente all’alba di un tempo nuovo, lui ha fiducia nell’andamento della storia e non pensa che essa diventi tragica perché è progresso dunque non è lineare (non va col tempo e quindi ci sarà prima o poi un ritorno all’identità assoluta dello spirito). Conoscere se stessi significa realizzarsi, e non conoscere un sapere staccato dalla realtà: Hegel sostiene dunque l’INVERAMENTO cioè il diventare veri, assumere la verità dentro di se. Lo scopo non cade soltanto fuori di noi ma soprattutto sta dentro di noi, dunque la parola da utilizzare è “trasformazione” che significa cambiare forma, ovvero immagine essenziale; Hegel ci dice che non c’è vera trasformazione se il punto di caduta non è interno e dunque bisogna cambiare se stessi e non l’interiorità. Hegel non è un moralista, eppure dice una cosa molto etica, ovvero quella di non mettersi nell’ottica del potere ma in quella della “verità”, l’autocoscienza è dunque un viaggio dentro di se e il coraggio di mettersi in discussione, bisogna dunque seguire l’ottica della verità e non quella della menzogna. Il cambiamento non deve venire fuori dal soggetto, nel tempo di Hegel lo Spirito ha superato l’epoca illuminista speculativa. In Hegel c’è una storia di fatto e una storia speculativa e quindi c’è sempre di più il tentativo di prendere coscienza di se stesso da parte dello Spirito, abbiamo dunque una stagione storica e una storia del pensiero collegata (es. c’è il Medioevo di fatto e il Medioevo speculativo con la coscienza infelice come atteggiamento filosofico). Hegel nella sua epoca ha attraversato un periodo fondamentale cioè l’illuminismo speculativo il quale aveva come obiettivo il porre la ragione al potere della realtà (es. nel 1968 c’era lo slogan “l’immaginazione al potere”). Il progetto dell’illuminismo è fallito non per colpa di vari filosofi ma l’insieme dei fallimenti sono autocontraddizioni dello Spirito, ovvero lo Spirito essendosi posto nell’Illuminismo sperimenta l’inadeguatezza di se stesso. Però l’Illuminismo era immaturo perché pensava che il potere potesse servire a colmare la scissione, dunque, in questo periodo storico, non è più a comandare il Papa o l’Imperatore ma è la ragione, gli Illuministi spostano dunque semplicemente il soggetto ma non cambia la modalità. Nell’Illuminismo la ragione aveva acquisito il potere che diventa dunque il criterio della ragione e la ragione che cerca il potere 17 diventa schiava di esso. Secondo Hegel quando noi non sappiamo leggere la vera causa della scissione ci illudiamo che avendo il potere in mano possiamo rimediare alla scissione ma non è così perché il potere è l’espressione tipica di una mentalità dualista; il potere è dunque il rimedio illusorio di una scissione che non si sa comprendere, la scissione dilegua appena prende consapevolezza di se, bisogna dunque superare il dualismo. Ogni contraddizione è autocontraddizione e bisogna capire chi è il soggetto della scissione. Per Hegel è più importante il pensiero che la volontà quindi lo Spirito deve passare per tutte le fasi del suo percorso, pertanto il Dio vero deve essere razionale dunque comprensibile. Se una cosa è esterna io non potrò mai controllarla, la ragione matura perché non si contrappone più a un mondo che si vuole governare. La ragione invece sta diventando spirito, prende consapevolezza di se e sta capendo che il mondo e essa stessa sono la stessa cosa. (Pag. 69) Il vero è il tutto: la verità è la totalità e non quindi un qualsiasi assoluto. La verità è pensiero che appartiene e riconosce se stesso. Il tutto per Hegel è lo Spirito, e Dio è tutto perché è Spirito e la verità spiega il suo essere totalità. La verità può essere intesa (noi oggi la intendiamo così) come la corrispondenza tra ciò che dico e i fatti che sono fuori di me, questa è una corrispondenza tra soggetto è oggetto, dunque è una verità limitata; per Hegel la verità non è questa ma è verità vivente ovvero è il pensiero che si realizza come spirito. WESEN: può significare “essere” o “essenza”. Quando Hegel intende “essenza” si può intendere come verità particolare ma in realtà Hegel intende l’essere che si svolge. L’essenza dunque è la verità, la vera identità. La vera identità non è data in modo immediato ma scaturisca da un processo, lo Spirito infatti è processuale e non è atto puro come ad es. voleva Aristotele, perché: 1) lo Spirito è pensiero, il pensiero vivo duplicandosi ed essendo vivo cammina producendo la realtà, non è immobile; 2) lo Spirito non solo è vivo ma è speculativo, la vita vera è logos e il carattere di essere vivo si trova nella capacità di pensarsi come vera vitalità e speculatività, il pensiero è mediazione. Il pensiero deve rischiare di perdersi per tornare a se, contraddittorio non è lo Spirito processuale ma l’assoluto pensato come statico. La sostanza è statica come l’essere di Parmenide, invece lo Spirito ha la libertà di muoversi per diventare se stesso, dunque la Fenomenologia dello Spirito racconta lo stesso viaggio che fa lo Spirito e questo passaggio siccome è razionale è comprensibile alla vita umana. 1) la razionalità umana può capire la razionalità di Dio, c’è una co-appartenenza tra la ragione umana e la ragione divina; 2) noi possiamo oltre che capire Dio comprendere il tutto, Dio non è mistero e lo possiamo capire per i gradi che storicamente lui ha affrontato, la filosofia è una tappa della realizzazione dello Spirito. Dobbiamo distinguere tra l’esperienza soggettiva di filosofia e il “per noi” Hegeliano: in Hegel “per noi” indica la filosofia idealista, per Hegel l’immediatezza è solo immaginata, lo Spirito stesso è mediazione. (Pag.73) Introduzione al punto b. Dobbiamo chiarire la nozione di “concetto”. Quando noi diciamo “concetto”, nella nostra mentalità, intendiamo una rappresentazione mentale o una definizione. Per Hegel invece il concetto è l’autorealizzazione dello Spirito, il concetto pone una realtà fuori di se e la riporta a 20 sentimentale. Il filosofo speculativo è uno specchio dello spirito assoluto così come il profeta è la bocca di Dio. Il vero vuole essere creduto nella figura di soggetto ma non è presentato come il movimento della riflessione entro se (concetto). “Entro” non è in sé sennò significherebbe che il movimento sarebbe solo potenziale. Il pensiero non produce niente che sta fuori di sé. Dio è un pronome narrativo che sta al posto del concetto; io ho più verità quando indico gli attributi piuttosto che il soggetto. I seguaci di Hegel interpreteranno questa frase o in maniera atea o in maniera religiosa. Con “Geist” Hegel intende il pensiero che vive e che vivendo sa rispecchiare se stesso in qualsiasi realtà e lo può fare perché la realtà l’ha generata lui (concetto di concetto). Il realismo è quella posizione filosofica che crede che l’oggetto sia veramente esterno. Il problema è che gli oggetti che pensa li pone fuori di se, ci sta elevando al pensiero concettuale, si sta riappropriando (riscattare un processo di alienazione, il viaggio di ritorno). Bildung: cammino di formazione che avviene attraverso il rispecchiamento di un’identità in immagini diverse, un termine simile è paideia ovvero la formazione dell’uomo attraverso la cultura. In Hegel il lavoro stesso è espressione del pensiero, Marx riprenderà questo concetto da Hegel, ovvero l’idea che l’uomo diventa se stesso trasformando ciò che c’è fuori di se. Elevarsi dal pensiero quotidiano a quello concettuale, bisogna accettare il limite per cui la conoscenza non è la nostra conoscenza m è la verità stessa (la verità come soggetto): Si superano due divisioni rigide: da un lato c’è l’uomo che conosce la verità come oggetto della conoscenza, è lui che conosce se stesso attraverso di i noi, l’altra divisione che salta è quella tra sapere e essere, “conoscere” significa per Hegel realizzarsi. Per Hegel la materia è una figura dello spirito, prima lo spirito configura il concetto di montagna, prende poi la figura materiale dello spirito, la “montagna” anche è una figura provvisoria. Il tempo è maturo, nell’ottica di Hegel vuol dire che lo spirito ha superato le sue figure precedenti, lo spirito è a oltre la contrapposizione. Lui rivolge svariate accuse a Schelling: lo accusa innanzitutto di formalismo monocromatico, infatti lui opera una scissione tra essere Dio e sapere di Dio (autocoscienza), inoltre l’essere di Dio è autosufficiente e il pensiero viene dopo, di fatto Schelling è un realista, Hegel rileva che questo non è un idealismo coerente. (Pag.85) Ci spiega come mai lo spirito si muove sempre per opposizione: il pensare secondo le divisioni è un errore? No, è un momento del pensiero speculativo, è il modo di procedere dello spirito. Intelletto separa e non coglie il flusso delle immagini, perché progrediamo sempre con le divisioni? La divisione non è un errore ma il modo stesso di procedere dello Spirito, le divisioni sono positive perché fanno si che ci sia l’identità. In Hegel creare significa dividere, il problema vero è l’intelletto che separa e si ferma a questo punto. -La forza: nell’intelletto lo Spirito fa emergere la sua energia produttiva. -Il lavoro: figura della capacità trasformatrice di quello che è dato (lavoro del pensiero). 21 -Potenza assoluta: la capacità infinita di generare duplicazioni dello Spirito, identità che può generare altro da sé. Con l’intelletto lo Spirito crea la materia, se io immagino come una sostanza la realtà tutto è statico. Dove c’è il riconoscimento (autocoscienza) c’è un autoriconoscimento cioè è A che passando per B riconosce se stesso, il “se” dunque è autoriflessivo. Il riconoscimento è un processo che deve passare per le differenziazioni sentite come minacciose e radicali. Guerra: effetto di credere in differenze assolute. Il concetto non è nozione, non è definizione ma è un processo, un’autoriflessione. Il concetto è un campo di forze dove ci sono due tendenze contrapposte: è dialettico e non è univoco. Ogni concetto ha contraddizioni, ad es. l’idea ha nel suo opposto la natura. Ogni concetto è una contraddizione vivente tra due significati e grazie alla dissonanza crea la polifonia. Il concetto viene alla luce e si rovescia nel contrario. Nel seguito della prefazione spiega che ci si rende conto di come lo spirito agisce. Secondo Hegel non bisogna contrapporre vero e falso, ogni cosa ha entrambe le sue forme, bisogna smetterla di pensarla in modo univoco, sarà un cammino per gradi. Questi gradi sono di quattro tappe: 1) Coscienza; 2) Autocoscienza; 3) Ragione; 4) Spirito. 1) Coscienza: contrapposizione totale; 2) Autocoscienza: viaggio di ritorno, si ritorna alla centralità dell’identità. Coscienza: contrapposizione di un oggetto a un soggetto. Quando il pensiero si fissa e prende sul serio una contrapposizione Hegel utilizza il termine “coscienza”. Nella coscienza è trattata la contrapposizione tra soggetto e oggetto, nell’autocoscienza il rapporto tra soggetto e soggetto, nella ragione il rapporto tra umanità e natura. Dire umanità-natura è un modo più ricco per riproporre soggetto-soggetto. (Pag. 147 – punto 1) “Punto di vista”: finché io ho un punto di vista presuppongo che io sono separato da ciò che vedo, il punto di vista è quello delle filosofie inadeguate, quando la filosofia è adeguata si dice sistema scientifico. (Pag. 159) Scissione a tre: soggetto che misura, la cosa misurata è la misura. -Essenza: identità vera e potenziale di qualcosa che deve essere conosciuto dal soggetto umano. Ci sono filosofie che chiamano la verità “essenza” (Husserl ad es.). L’essenza è potenzialmente la verità, deve arrivare l’uomo col pensiero che la fa attuare. Quando si distingue oggetto/soggetto c’è una scissione e l’essenza viene riportata da parte del soggetto umano, come dire che la verità diventa tale se il soggetto umano la riconosce, Hegel la riconosce la verità e rovescia il rapporto reale. L’uomo è potenziale non l’inverso, la verità è quel soggetto (Spirito), misurare è sbagliato, la misura è un concetto dentro il flusso dei concetti dello spirito. (Pag. 161) La coscienza è un modo del pensiero, l’intelletto pone le differenze e la coscienza crede nelle differenze poste. La differenza è sempre un rapporto, ha sempre un legame con ciò che è vicino a me. La differenza è altro rispetto a me, dove c’è differenza c’è relazione. La relazione significa che tutto è legato con tutto e niente sta fuori, la trascendenza non esiste mentre nel Medioevo era al centro. -Trascendenza: ciò che esiste fuori e separatamente, questo è un difetto che trova Kant: l’idea che un conto è conoscere e un conto sapere. La teologia o l’anima ad es. 22 non le posso conoscere, il pensiero si affida ai cinque sensi che per Hegel è il grado più povero. La fase della coscienza è la fase della Preistoria e delle prime civiltà. Quando poi sono giunte le civiltà greca e romana siamo nella fase dell’autocoscienza, la gente si è organizzata nella vita collettiva e ogni fase segna un processo. Abbiamo il riconoscimento dell’altro soggetto (intersoggettività). La dialettica servo-padrone è il paradigma dell’autocoscienza, secondo Hegel l’autocoscienza è l’incontro-scontro tra soggetti, la dialettica è un confronto mortale, una coscienza dello scontro. La dialettica mostra come il conflitto produce pensiero nuovo. RIEPILOGO DELL’INDICE -Certezza sensibile: la forma di appropriazione della verità più elementare e speculativamente la più povera perché questa certezza è ricavata facendo aderire il pensiero ai sensi. Il termine “certezza” indica il modo soggettivo. Il termine “sensibile” indica il pensiero che per pensare aspetta le sensazioni. -Percezione: qui siamo ancora nella fase della coscienza. Da un lato c’è la sensazione di percepire la realtà effettiva e nella percezione questo aspetto si sdoppia perché da un lato ho la percezione di toccare e dall’altro mi accorgo che la percezione è distorta e posso sbagliarmi, allora devo andare alla ricerca delle leggi che governano il mondo degli oggetti. -Intelletto: esso va alla ricerca delle leggi e coglie nel mondo degli oggetti la forza che le muove ma resta prigioniero della separazione tra gli oggetti che si vedono e la realtà non fenomenica. Sia l’intelletto, la ragione e lo Spirito sono tre correnti dello Spirito. Il fallimento della coscienza si vede nel fatto che proprio la certezza sensibile sfocia nel riconoscere che c’è una parte che mi sfugge per definizione. Dunque il soggetto che si rapporta all’oggetto sperimenta sempre la scissione. IV. Compare la parola verità che significa la certezza che il soggetto ha di se. Il cammino della certezza da estroverso diventa introverso, il pensiero torna indietro e vuole acquisire la certezza verso se stesso (inizio dell’autocoscienza). Tra il capitolo 3° e 4° c’è il passaggio dallo schema soggetto/oggetto al rapporto soggetto/soggetto (relazione intersoggettiva). Sezione A - La parola “certezza” è diventata autonomia cioè sono leggi a me stesso. Il termine è posto in modo dialettico infatti c’è scritto “autonomia” e “non autonomia”. Qui Hegel parla del paradigma delle relazioni sociali. Non c’è riconoscimento ancora in questo passaggio. Nel conflitto per il potere io non sono disposto a riconoscere che anche l’altro è autonomo. Sezione B – 1) La parola “libertà”: il filo di continuità è che la certezza sensibile è diventata autonomia, pretesa come mia autonomia contro l’altro; la quarta fase è la libertà (la mia autonomia diventa la libertà). 2) Il soggetto, la cultura europea quando dice “soggetto” intende la libertà del soggetto, ovvero la libertà che si trasforma, ovvero le tre fasi fondamentali sono lo Stoicismo, lo Scetticismo e la coscienza infelice. Lo stoicismo esalta la libertà 25 “Anima bella”: figura che emerge nella scissione tra chi pensa il bene e chi vuole realizzare il bene (Illuminismo). Anima bella nel lessico Hegeliano ha un significato negativo perché significa una perfezione statica, che si vuole sottrarre alla processualità della storia. Anima per Hegel vuol dire lo spirito puramente soggettivo, frammento privato dello spirito assoluto. (Pag 261). C’è una sproporzione tra verità e certezza. La verità è lo spirito assoluto, non è una rappresentazione, ma una verità vivente. La parola certezza è limitata perché rappresenta una convinzione soggettiva , una presunzione di verità. Il soggetto sta scoprendo se stesso ma non può dubitare di se stesso. Ora il soggetto vuole una certezza su se stesso. Atteggiamento di Kant: lui diceva che era inutile voler conoscere la realtà fuori di sé, prima bisogna conoscere quali sono le proprie capacità di conoscenza, dunque con un atteggiamento critico. Il campo della coscienza per Kant è diviso in tre zone: la zona più lontana è il noumeno (realtà pensabile ma non conoscibile), poi c’è la zona nostra, quella fenomenica (conoscibile tramite la scienza) e zona al di qua’ del fenomeno che sono le cose a priori abbiamo dentro di noi, la zona del trascendentale. Per Kant la ragione esplora cosa c’è dentro se stessa (critica della ragion pura). Aspirazione alla certezza, non ha più motivo di dubitare. Certezza: sapere assoluto dei poveri. Il Soggetto è imprevedibile, è dinamico. L’oggetto è un limite, il soggetto è un rivale. Lui scopre la dipendenza cioè il bisogno (se l’altra non lo riconosce come soggetto l’altro non è): Rovesciamento dialettico, la certezza diventa dipendenza. Ogni figura ha una pretesa di esistere come se fosse eterna, la pretesa di voler vivere come una totalità. L’interiorizzazione significa che la prima cercava la verità fuori di sé, poi la cerca su di se stessa ma l’interiorizzazione fallisce perché mi accorgo che al di là della interiorità vedo che c’è un soggetto vive e pretenzioso come me. Confronto tra due certezze, l’altro è la prova vivente che io da solo non arrivo al compimento. La certezza di se dipende dalla certezza dell’altro. Riconoscimento: rispecchiamento, cioè ci diciamo a vicenda che siamo persone, ma questi non si accordano, sono stupidi e si mettono nell’ottica della contrapposizione. Nel corso dell’esperienza: l’esperienza è quel muovermi, in cu i c’è esposizione alla contraddizione. Il soggetto capisce che la verità la deve cercare dentro di se’. PAG 265 – 2- Hegel gioca sull’ironia tra due parole. PER NOI: Regista che ci mostra la storia, Hegel. Ciascuno di noi non è arrivato all’autocoscienza: c’è la pretesa di raggiungere l’autocoscienza che è ancora una coscienza. L’esperienza di ogni potenziale autocoscienza è negare l’altro, ed essere negato. L’altro visto come negativo, idea che si può vivere tramite conflitto e vittoria. La scelta, la volontà contano poco in Hegel. Desiderio di appetito, bisogno: questi pretendono quello che vogliono loro. Sono sentimenti saturanti, il bisogno, l’angoscia e costringono. La coscienza pone l’altro da sé (lo trova) , o pone significa che io immagino che un’altra persona è come la penso io, nel porre c’è un desiderio negativo. Il desiderio riconosce l’unità della realtà desiderata, c’è un desiderio rispettoso, non un appetito. Il bisogno annulla ciò che cerca. Desiderio: lo chiama appetito perché l’altro se lo vuole mangiare, appetito di cibo, io mi voglio nutrire dell’altro (desiderio pericoloso dell’altro). Desiderio che 26 annulla l’altro, ma esso è vivente non si lascia mangiare da me ma anche lui mi vuole mangiare. Dinamica attrazione-repulsione. Desiderio/appetito (attrazione) - repulsione (paura), ognuno nell’altro teme una presenza che può portare alla morte. Poi insiste sul fatto che ciascuno vive nella stessa situazione dell'altro. Mimetismo del desiderio (mi interessa una cosa che interessa all’altro): si diventa rivali, non si nasce servo- padrone. Il mimetismo fonda la loro rivalità. PAG. 271: L’io semplice: significa qualcosa che si crede immediato, si sente la totalità e li sente di esistere come se l’altro da sé è totalmente inesistente. Questa sua sovranità pensa con l’intelletto (che divide tutto), l’autocoscienza in questo capitolo è intesa solo embrionalmente. L’io rimuove l’alterità perché non gli permetterebbe di essere un io sovrano. Il soggetto all’inizio ha la pretesa di esistere, ma l’esperienza lo fa misurare con gli altri. Tentativo di rimozione fallisce, il desiderio di rimozione , l’altro vorrei che non esistesse però esiste, dunque è irriducibile al mio delirio di dominio. Allora se non lo si può rimuovere si cerca di eliminarlo: 1)Desiderio di rimozione 2)Desiderio di negazione 3)Desiderio di dominio. L’autocoscienza è desiderio, non ha lucidità della spiritualità concettuale non è autoreferenziale ma è sbilanciata e deve cercare il compimento fuori di sé, , è costretta alla estroversione. Finché c’ desiderio c’è scissione (ENTSWEIUNG). Se io dico che l’altro è niente, io esisto (cogito ergo sum = qui si dice nego dunque sono.) Solo io esisto come soggetto, l’esperienza sconvolge quello che io pensavo prima, l’esperienza mi fa uscire dalla rimozione, illusoriamente mi dico da solo che l’altro non vede niente (premessa della violenza), l’esperienza (ritorno dalla rimozione). La prima coscienza sta in una posizione di dipendenza quando ha voluto negare l’altro. Desiderio: dipendenza. Il desiderio fallisce, si tu vuoi dominare ti ritrovi dominato. Già la rimozione prevede l’intersoggettività, ,’autocoscienza fa rimuovere l’esperienza del confronto con l’altro (l’altro mi si ripresenta sempre). Pag. 273: L’insegnamento che il soggetto A ha capito che l’unico modo per avere un desiderio appagato è che la certezza di se stesso non te la fai da solo ma ti viene dall’altro., quindi mi devo desiderare che l’altro mi riconosca. Un conto i surrogati dell’appagamento illusioni) un conto un vero appagamento, il riconoscimento dato dall’altro e non prodotto da me. Il riconoscimento per essere tale deve esserci un altro fuori di me che non si fissa su se stesso ma mi riconosce4 in modo libero (A riconosce B e B riconosce A): Intersoggettività consapevole, voglio che l’altro sia soggetto. La dialettica è a due, l’unico elemento di fatto che serve è che l’altro sia pensiero, in questa dialettica non si arriva proprio al riconoscimento dell’altro, nemmeno nella coscienza infelice ci si arriva al riconoscimento perché si è sottomessi a Dio, il vero riconoscimento ci sarà nella coscienza agente/giudicante. L’autocoscienza pensa se stessa come soggetto, l’io non è un oggetto. Indistruttibile: sta parlando del pensiero. Nell’incontro con l’altro siccome A è coscienza/pensiero essa ha in quanto tale un incontro che non è lei. Elemento fluido: il pensiero vivente. Io colgo un io che resta però un oggetto. Per noi: per Hegel. E’ il concetto dello spirito: io sono me stesso e sono anche l’altro da me. Autoreferenzialità: concetto ancora non realizzato dallo spirito. 27 PAG. 275: Riconoscimento: rispecchiamento della mia dignità che mi viene da un altro. PAG 279 2: Immediatezza: illusione, astrattezza. Ognuno non si rende conto della vera soggettività dell’altro. Immerse nell’essere della vita: il pensiero, come un seme, sta racchiuso dentro una condizione di vita che lui stesso non capisce. Vita: il pensiero che non riconosce se stesso e pensa di essere puro pensiero illusorio. Astrazione assoluta: astrazione (togliere tutto ciò che non è posto al centro del tutto, mi distraggo da tutte le differenze). Se tolgo tutto resta solo il pensiero. L’io di ciascuno sta prevaricando la potenza del pensiero. Due autocoscienze si elevano al pensiero puro (vera comprensione del riconoscimento). Riconoscimento; lui sta mettendo in scena e ci fa credere che il riconoscimento non si può da soli, poi ci dice che il vero riconoscimento passa per l’altro, ma ci dice che il vero riconoscimento è che sia io che te ci eleviamo al pensiero puro e il riconoscimento è l’auto riconoscimento del pensiero. Unico soggetto che deve auto riconoscersi. 1)A vuole riconoscersi da solo (auto riconoscimento particolare) 2)Riconoscimento intersoggettivo (A riconosce B, B riconosce A) 3)Auto riconoscimento dello spirito. I due si incontrano non come esseri pensanti ma come corpi, si incontrano al livello dello scontro fisico, lottano, l’esperienza della lotto è l’elemento di consapevolezza della lotta è che capisce che la vita è un valore perché sa che può perderla). Tre chiavi di lettura della DIALETTICA SERVO PADRONE: 1)Chiave spirituale, quella più vicina all’intenzione Hegeliana. Significa che servo e padrone non esistono, non sono sussistenti in se stessi ma sono momenti del cammino dello spirito (prospettiva idealista). Questa dialettica non è economico-politica, sono momenti in cui Dio (Spirito) si rispecchia, non si riconosce in essa e gli ritornano le due immagini, quelle della servitù e della signoria. Che progresso acquisisce lo spirito assoluto passando per la dialettica servo padrone ? A cosa gli serve? Gli serve a capire che lui trova dentro di se soggetti diversi che si contrappongono, entrano in lotta, preparano la riconciliazione, la dialettica servo-padrone è la preparazione della riconciliazione, scissione che innesca il movimento della riconciliazione. 2)Chiave storico-politica, che ha colpito Marx. Qui Hegel ci sta dicendo il paradigma, la struttura logica che preordina i comportamenti sociali, il paradigma è fondato sul conflitto, Marx dirà che la storia è storia di lotta di classi. Questo conflitto genera rapporti politici fondati sulla sottomissione di qualcuno e il dominio di un altro. Il rapporto con l’altro si è costituito dal conflitto e violenza. La violenza generatrice di civiltà: Hegel dice che tutti nascono uguali ma di fatto questi soggetti vengono costituiti come servo e signore, si diventa servi o signori a partire dalla violenza che si costituisce nella società. 3)Chiave interiore: il vissuto interiore di qualsiasi soggetto, vissuto psicologico. Hegel ci insegna qualcosa che riguarda tutti; Jung direbbe che è un sogno, in cui i personaggi che si sognano sono tutti parte di chi li sta sognando, sono figure della stessa soggettività. A livello personale dunque ci sono due forme, una prepotente, egemone, e l’altra dominata. Nella dialettica c’è molta saggezza psicologica. PAG 283 – TITOLO 3 30 Processo positivo del lavoro: tenere a freno il desiderio permette di far l’esperienza della elaborazione. Esempio con Freud: sublimazione, desiderio. Il desiderio immediatamente sfogato non fa crescere, il desiderio che passa per il lavoro si (il lavoro ha un lato introverso e uno estroverso. C’è il pensiero che realizza il lavoro, il lavoro introverso è quello che fa trasformare se stessi modellando la realtà il lavoro forma). Poi ci dice che il modo di desiderare del signore non porta a niente, il modo di desiderare del servo si trasforma in esperienza perché ha fa auto trasformazione, trattenere il desiderio porta a liberare la capacità di autocoscienza. Se io sfogo subito il desiderio dimentico me stesso nell’appagamento, desiderio soddisfatto immediatamente: io divento il mio piacere e non me stesso. Bisogna frenare il desiderio e liberare la soggettività. Qui appare Schopenhauer (riferimento). PAG 291: Attraverso l’esperienza del lavoro lui scopre che è un uomo e non è una cosa. Il servo si specchia nel signore e dice di essere uno strumento, ma c’è anche lo specchio con la natura, quando esso modifica la natura si sente un uomo. Da questo lato c’è quasi un auto riconoscimento , lo specchio ha una qualità inferiore a me, la pura natura non può riconoscermi, il senso della mia dignità . Rapporto simmetrico tra due soggetti, relazione intersoggettiva orizzontale. Qui c’è la risoluzione della dialettica servo padrone. Quali sono i momenti per cui il servo arriva vicino al riconoscimento anche se non ci arriva? 1)Paura della morte, la paura è riflessione, ogni sentimento è già autoriflessivo. 2)Lavoro, lui si specchia con la natura, se si specchia nel signore il servo si sente un oggetto. Lo specchio che disumanizza è il signore, la paura da sola muta, non serve a niente, la paura vera ti paralizza. La paura è feconda perché c’è il lavoro. Coscienza naturale: quella legata ai bisogni del vivere, alimentari. OSTINAZIONE E PRESUNZIONE: Figure del male. La vera servitù quella spirituale è che io voglio sovrastare qualsiasi altro essendo soltanto me stesso, si può essere se stessi solo se si è parte di una totalità). Servitù. Presunzione di essere se stessi indipendentemente dagli altri (egocentrismo). Individualismo: io sono indipendente dagli altri. Per Hegel io sono compreso nella realtà dello spirito. Umiltà nel senso filosofico, senso del limite e quello della totalità. La presunzione mi fa schiavo, l’ostinazione è un blocco, non faccio pi esperienza. Se io mi ostino è come se il concetto che ho di me si bloccasse., l’individualismo è un illusione. Da solo ho sperimentato di essere soggetto ma gli manca il lato dell’etero riconoscimento, lui approfondisce il lato che conosce, scopre che è libertà interiore (Stoicismo) PAG 841: Spieghiamo il titolo. LA COSCIENZA: essa tiene con sé le fasi precedenti , qui Hegel ci segnala che siamo all’inizio di una nuova dialettica contrappositiva. ANIMA BELLA: termine nuovo perché è dentro la parte dello spirito. ANIMA (SEELE in tedesco) è una parola marginale perché per tradizione nel lessico Europeo (assorbendo la terminologia greca) il Cristianesimo ha costruito la sua terminologia rifacendosi a quella greca. La parola anima significa la parte immortale del singolo, spirito invece nel lessico cristiano significa la presenza dell’amore di Dio presente tra di noi, l’amore che ci lega. Anima è lo “spirito individuale”, la Filosofia Hegeliana invece è quella dello Spirito. Se dice anima ci dice che è l’illusione di una soggettività che si rapporta a sé nel profondo della vita 31 interiore, però lo tiene nel rapporto interiore e non esteriore, l’anima è individualista è astratta. “BELLA” in Hegel è ciò che vuole restare armonico per quello che è aspirando a un’eternità che non può avere. Anima bella: disprezzo per la persona ingenua, che non si rende conto, pensa bene dove c’è il male. L’anima che si crede bella (moralmente pura), bella è una categoria morale. Il male e il suo perdono: questa è la riconciliazione, questa dialettica porta a compimento ciò che la dialettica servo-padrone non aveva saputo compiere. Astratto tentativo di esistere al di fuori della totalità, l’autonomia dell’appartenenza. In Hegel il tragico non esiste, lo spirito sa sostenere il peso della morte e del male. La morale non è importante per Hegel , è importante la lotta tra il male e il bene (male: contraddizione che non si risolve più), lo spirito rischia una rottura totale ma lo recupera. Qui lo spirito si confronta col male, vincere il male significa arrivare alla riconciliazione. PAG 841: Ci presenta una cosa che non condivide, la mette nell’inciso, presenta la visione morale del mondo e la sua autonomia. Si riferisce, qui, a Kant e più specificatamente alla Critica della Ragion Pratica, che i ritiene che ci sia una legge morale interna ad ogni uomo, a priori. Per Kant da un lato la legge morale sta dentro la coscienza, da un altro lato è una forma di alterità, la legge non l’ha decisa il soggetto, non è soggettività, essa comanda qualcosa di universale. Non sono io che la decido, la trovo, è intima ma altra dalla mia volontà. La legge morale comanda l’imperativo categorico, contrario all’ipotetico, ovvero che un’azione la si deve compiere senza eccezioni. Criterio di universalità, che tutti potrebbero adottare. Altra formulazione, trattare gli esseri umani come fini e non come mezzo. Kant non da’ un’informazione di contenuto, dice di trattare le persone come un fine, non ti da tutti i contenuti di come devi agire (etica formale e non etica materiale). Altra cosa che aggiunge Kant è che la moralità c’è quando si aderisce alla legge morale e non sulla base della bontà degli effetti dell’azione. Da un lato c’è la sfera interiore e agli effetti non si può rispondere dalla loro portata. Hegel vedrà qui una scissione tra la vita interiore. 1)Intenzione, mettere il rispetto della legge morale sopra ogni cosa. L’immoralità è lasciare per ultimo il rispetto della legge morale, la gratitudine, la compassione sono moventi sentimentali, il dovere è morale. 2)Perseveranza: ho l dovere di insistere nella scelta di ciò che è morale rispetto a tutto il resto. Il vero merito morale sta nella perseveranza. Al di fuori della morale ricadono gli effetti che noi volevamo produrre. Hegel non accetta questa visione. ANTINOMIA, due leggi contrastanti, viene usato da Kant. Kant diceva che quando la Filosofia vuole spiegare il mondo essa cade in delle ANTINOMIE, quattro antinomie della cosmologia. Hegel usa contro Kant la parola ANTINOMIA, l’antinomia è che la morale Kantiana è impossibile e contraddittoria. Hegel la ritiene contraddittoria perché: 1)la legge morale non è esentata dal garantire le conseguenza, e la legge morale mi comanda il bene ma ci dice che quello che faccio è diverso dalla perfezione di ciò che faccio. Dialettica di Hegel: significa che è altro l’intenzione se i risultati sono differenti. Morale è l’intenzione, immorale l’azione. Il meno bene è il male, questa morale è immorale. C’è una contraddizione tra l’azione perfetta e l’imperfetta. Altra ANTINOMIA, la scissione della presunzione , il soggetto è convinto che il bene lo vede dentro di sé, si identifica col bene, sono convinto che il bene è quello che dice il 32 soggetto ,a questo punto lo fa ognuno, sono destinati allo scontro. Kant faceva una Filosofia trascendentale chiamata anche “criticismo”. Ci sono tre parti della critica della ragion pura. La prima è chiamata estetica trascendentale, dove ci sono la teoria dei sensi e della percezione sensibile, e qui si occupa delle condizioni a priori della percezione. La seconda parte è chiamata analitica trascendentale, in cui si occupa delle facoltà a priori, intelletto e ragione. Alta parte è la dialettica trascendentale e qui dimostra che la ragione non ha facoltà conoscitiva, con la psicologia razionale si trovava l’anima, con la cosmologia razionale si sviluppa la conoscenza del mondo e con la teologia razionale si studiava Dio come principio di tutti i fenomeni. Kant dice che non sono scienza queste discipline, non possiamo dimostrare l’esistenza di Dio, dell’anima etc. Dialettica in Kant significa “logica dell’illusione”, Kant parla delle antinomie e le espressioni tesi antitesi sono presenti in Kant, Hegel critica Kant e riporta il termine antinomia usandolo contro la concezione morale di Kant. 1 ANTINOMIA tra ciò che l’intenzione mi dice e l’azione concreta. Altra ANTINOMIA (2) ciascuno può riconoscere dentro di sé la propria legge morale, ma vede la morale come la intende lui, legge morale formalmente universale ma di fatto privatizzata, altra scissione. 3 ANTIONOMIA, ogni singolo porta la morale dentro di sé e vede l’altro come la negazione di sé stesso. In questa dialettica non c’è il riconoscimento ne la paura, c’è la presunzione. Erano molto più umani la paura e il desiderio e esprimevano il senso di interdipendenza con l’altro. Qui invece si vuole solo giudicare l’altro. Elemento positivo è che compare il linguaggio. Coscienza agente/giudicante: soggetti che si contrappongono all’altro che si incontra. Differenti aggettivi: GIUDICANTE è il soggetto che trova dentro di sé la legge morale, pensa di conoscerla e l’unica azione sua è quella di giudicare gli altri perché ha capito che se si muove diventa imperfetto (riferimento all’anima bella). Lei giudica quelli che hanno il coraggio di agire. COSCIENZA AGENTE: Lui capisce che il bene se non viene realizzato non è un bene, quindi lei agisce ma si contraddice perché lei non arriva mai alla perfezione del bene che intende realizzare. Quindi il merito è che vuole realizzare il bene visto nella legge ma si contraddice perché ha una doppia presunzione: lei è convinta di sapere quale sia il bene e ha una seconda forma di presunzione, perché crede di poter realizzare il bene che ha capito. La coscienza agente ha pensato che quella giudicante è ipocrita, dunque la coscienza agente giudica come quella giudicante (cogliere un fatto vero e metterlo in prospettiva sbagliata). PAG. 841: Il contrasto stavolta è più radicale che quello tra servo e padrone. Se lo spirito non rischia se stesso non si realizza, nel metterlo a rischio lo vede (il servo e la paura della morte, passaggio necessario della crescita). Concretezza storica di Hegel; storicamente la coscienza giudicante è incarnata dagli intellettuali che davano giudizi nell’Europa sulla politica ma non si impegnavano nella politica, (che lui chiama anima bella). Coscienza agente: Robespierre e Napoleone: colui che doveva realizzare la rivoluzione in Europa, realizza l’illuminismo dentro la guerra. PAG. 841: 35 riconciliazione-autoriconciliazione). Il merito è di Dio e non degli uomini, lo spirito ha superato l’illusione di essere spezzato tra bene e male. PAG 869. TITOLO 2 In questa parte fino a pag. 875 lui usa una categoria tipica de tardo illuminismo, quella di GENIO, che va associata all’espressione sarcastica “anima bella”. La visione speculativa è auto rispecchiamento, è monista. La visione divisa, dualistica morale viene incarnata dall’anima bela e dal genio. Prende e categorie dell’estetica, Kant parlava del giudizio sulle opere d’arte, individua le figure del genio. Il genio è il grande artista, è eccezionale ed è colui che esprime la stessa forza creativa di Dio, sa portare nel mondo una bellezza di cui lui è strumento, il genio sperimenta mentre crea l’atto creativo di Dio. Hegel trascrive questa categoria del genio, e la differenza con Schelling è che per Kant il genio è esterno a Dio, in Schelling il genio è inteso allo stesso modo di Dio, il genio è espressione della realtà di Dio. Genio è un “singolo” che ha in sé lo spirito di Dio. Hegel è sarcastico quando prende la parola di un altro, lo fa sempre con la caricatura, la parola MAESTA’ in questo caso. Maestà significa “sovrano”, la coscienza morale si sente la sovranità, all’epoca significa che quel potere così supremo non riconosce nessun potere sopra di lui, la differenza con lo stoico è che non aveva bisogno di giudicare o accusare nessuno, lo stoico aveva il senso del limite, si accontentava, non si contrapponeva agli altri. Il sovrano come genio morale giudica l’altro e crede di sapere il bene. PUNTO IMPORTANTE: La sovranità morale è fatta di due elementi: egli è sicuro che 1)lui sa’ qual è la legge morale universale, 2)quella che lui ritiene bene lo crede superiore a ogni indicazione precisa della morale o della legge. Lui riconosce questo suo sapere dicendo che c’è la voce interiore divina che egli indica il sentiero da percorrere, dialoga da solo è convinto di aver ascoltato la legge morale di Dio. Nelle pagine fino a 875 insiste sull’autoreferenzialità della coscienza morale, che è data dalla scissione: il bene è trattato come un oggetto (diverso da sé), ma dell’altro la legge morale è quella che ha dentro il soggetto, l’io contro più di tutto, poi compare ilo tema del male. Qui ci mostra la visione della coscienza agente, parole chiave: essenzialità inconsistenti, l’essenza è inessenziale. La parola FENOMENO significa che finalmente il pensiero non è rimasto nella corrente ma è venuto alla luce nella realtà esterna. II mancato riconoscimento della dialettica servo-padrone prepara il terreno per futuri sviluppi, lo scetticismo , stoicismo e coscienza infelice rappresentano la libertà del soggetto umano dopo il mancato riconoscimento della dialettica servo-padrone (da pag. 293). Il vero compimento è dato dall’autoriconoscimento dello spirito. Essendo fallita l’intersoggettività ci resta soltanto la libertà individuale. Fallimento della totalità, il frammento di cui ci si accontenta è quello della libertà individuale, si tratta di capire come prova il soggetto a creare questa libertà per riconciliarsi con se stesso. Hegel ha fede nella realtà della riconciliazione, è vero che c’’è il singolo potere negativo di permettere all’altro di dominarmi nella coscienza, la posizione dello storico non è così libera. La libertà scopre di avere uno spazio. La libertà è avere uno spazio proprio, non è uno spazio fisico nel mondo ma è uno spazio interiore. In Hegel il limite è un concetto importante, per Kant chi l’ha introdotto è positivo (critica della ragion purea: limiti della ragione). In Hegel il concetto del limite è negativo, lui crede 36 nella filosofia del compimento della passione. Il limite per Hegel è contraddizione, quello che mette in movimento e permette di camminare con lo spirito assoluto, l’errore hegeliano è isolare il limite e prenderlo come assoluto (assolutizzare il relativo): contraddizione processuale. La libertà è confinata, sperimentando il limite che impedisce il movimento la coscienza acquisisce la consapevolezza che lei ha il potere di non affermare alcunché (scetticismo), libertà racchiusa nel puro potere di pensare, non aderisce a niente, si crede di essere libero di essere solo se stesso. Il pensiero no si ferma e riflettere sulle conseguenze del pensiero che ha preso, ogni pensiero determinato sa’ imparare dall’errore che egli fa credere di potersi fermare e capire che il pensiero supera tutto. Lo scettico capisce che in questo modo si è isolato totalmente e non può realizzare ne la libertà esterna ne quella interna, lo scetticismo è una forma di disperazione del soggetto (riferimento a Kierkegaard), lo scetticismo è il confine estremo in cui fallisce la libertà auto centrata. Libertà: autorealizzazione. Coscienza infelice è medievale, e la premessa è il fallimento dello scetticismo, Lo scetticismo è un’epoca, quando una cultura crolla, gli dei dell’antichità ad esempio non erano più creduti, cultura che non aveva più niente da credere, l’umanità è pronta ad aprirsi a una mortalità religiosa, il cristianesimo dice di imparare a credere in Dio. Hegel ci dice che nel fallimento (categoria positiva) si vede una realtà per quella che è, la fine di un progetto è l’inizio di un processo più vero, l’indicazione critica è che lui dice che il cristianesimo europeo è nato dalla disperazione, l’uomo si è fidato di Dio quando lui ha fallito non perché amavo Dio, l’amore non centra niente, non c’è riconoscimento qui, una fede che nasce dalla disperazione è inautentica, il n gran dominatore è Dio, è padrone di tutto e tutti noi siamo servi di Dio, sudditi e lui è l’unico vero soggetto. Quando l’uomo abita la contraddizione si fa acuto in lui il bisogno di rapporto e di mediazione, allora l’uomo cerca un collegamento che funzioni da termine medio (prima cosa rompo il vaso, poi prendo la colla e lo aggiusto; la colla è il termine medio). Il termine medio oggi è la casta sacerdotale, perché Dio è considerato superiore all’uomo la casta superata congiunge il sovrano con i sudditi la mediazione non è speculativa ma è ( ? ) , qui si risolve il problema della scissione, nella coscienza infelice attraverso la confessione al prete si supera la scissione. Coscienza infelice: surrogato di mediazione, la fede nel Medioevo è antitetica al pensiero, la fede è sottomissione, la confessione è importante ma in due posizioni contrapposte del pensiero, nella confessione religiosa c’è un sostituto di mediazione, Dio mi perdona solo perché si dice il peccato il prete. Coscienza morale, specificazione, io penso per contrapposizione, stacca da me il bene come oggetto e mi contrappongo dall’altro essere umano perché ha privatizzato il bene, l’altro stando fuori da questo rapporto lo contrappongo. PAG 889: La scissione più radicale nell’ottica hegeliana è il pensiero di una parte che va contro un’altra parte del pensiero, il male è il giudizio che crea l’antinomia e non la morte. La sostanza del riconoscimento è l’uguaglianza. IL CUORE DURO: Quello della coscienza giudicante, cuore non è decisivo, vale meno delle percezioni comuni, cuore duro significa che il pensiero si fa pensare legge dal cuore. Il cuore duro si spezza: figura del fatto che il fallimento è positivo, la 37 riconciliazione non è mai parziale, ma totale, l’atto del porsi ognuno si riteneva superiore all’altro, nell’atto della confessione i soggetti comprendono la personalità dell’atto precedente. PAG 891 TITOLO IMPORTANTE: E’ La riconciliazione: E’ DIO che si manifesta in mezzo, la coscienza giudicante capisce il proprio male e i due si riconoscono uguali, riconciliazione: riconoscimento dell’uguaglianza della relazione, la riconciliazione avviene perché la parte dello spirito che usava la parte per giudicare e l’altro per agire si identificano, Dio si unifica con se, l’etica e la politica sono due momenti della vita dello spirito. Una volta che la ragione è arrivata alla riconciliazione e non ha più bisogno del progetto, apre l’epoca nuova e ora finalmente si scopre spirito. Gli uomini imparano a non separare più il pensiero e la realtà, vivranno nell’armonia e sarà rispecchiato dalla religione poi la religione si trasforma in sapere assoluto, lo spirito assoluto sa di se stesso. Nell’Europa dell’800 lo spirito può essere riconosciuto che è tutta la realtà. INDICAZIONI generali: 1)Hegel ci offre il modello per cui la verità non è oggetto, non è sistema ma è soggetto. La conoscenza non è nostra su un oggetto (modello della caccia del tesoro), la verità è il soggetto, è verità vivente e noi siamo soggetti interni a questo soggetto assoluto. Autocoscienza di questa verità attraverso di noi, concezione della verità vivente e non oggettiva. 2)Hegel è il culmine dell’illuminismo europeo, egli radicalizza l’illuminismo, la ragione non è piu’ una facoltà umana, è Dio e fa vedere le estreme conseguenze del radicalismo della ragione. 3)Hegel come modello del pensiero dialettico, tutto è dinamico e richiede una comprensione piu’ ampia, non dobbiamo riportare la realtà alle etichette dell’intelletto (intelletto particolare), l’intelletto blocca le cose, blocca la mobilità dello spirito. Il pensiero deve fidarsi della contraddizione, quella di Hegel è una Filosofia della totalità dinamica. CRITICHE CLASSICHE: 1)Ha chiuso la realtà come con un coperchio ed è stato accusato anche di considerare la storia come finita, blocco della storia. 2)Hegel avrebbe soffocato la libertà col suo pensiero della necessità, Hegel avrebbe ricondotto la libertà alla necessità. RISPOSTE DI HEGEL: 1)Per Hegel la storia non finisce mai, la storia cambia di qualità una volta arrivata alla riconciliazione, quando si è totalmente auto consapevoli. 2)Se la libertà significa potere di scelta allora è vero, Hegel ha considera pochissimo, Hegel considera molto la libertà di realizzarsi. La libertà nell’ottica della necessità non è concepita da Hegel, lui crede che la necessità sia una caratteristica della libertà, la forza della libertà.
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