Scarica Figure dell'infanzia - Walter Benjamin e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative solo su Docsity! Figure dell’infanzia Walter Benjamin BAMBINI Ingrandimenti Bambino che legge: il libro si riceve dalla biblioteca scolastica, e nelle classi inferiori vengono assegnati e non scelti. Per una settimana si rimaneva prigionieri del testo che ti avvolgeva come una nevicata. Nel libro si entrava totalmente fiduciosi, e il suo silenzio invitava a procedere. Il contenuto non era poi così importante poiché la lettura era ancora in quel tempo in cui a letto si inventavano storie per proprio conto. Il bambino si mescola ai personaggi molto di più degli adulti e viene colpito in modo particolare dagli eventi e quando si alza è tutto ricoperto dalla nevicata di quando ha letto. Bambino arrivato in ritardo: l’orologio del cortile della scuola sembra essersi rotto per colpa sua. Le lancette si sono fermate sul “tardi”. Il bambino appoggia la mano in modo quasi impercettibile sulla maniglia della porta dell’aula, profana il giorno ancora acerbo e apre. Sente la voce del maestro ciarlare come una ruota di mulino, e lui è davanti alla macina. Poi una volta seduto al suo posto lavora zitto con gli altri ma non ne esce niente di buono. Bambino goloso: la mano avanza nella dispensa socchiusa come un innamorato nella notte. E poi eccola cercare mandorle e zucchero, uva sultanina o conserva. E come l’amante che prima di baciare la sua amata la abbracci anche qui il tatto gli permette di conoscerli prima di assaporarli con la bocca. Bambino sulla giostra: la giostra gira raso terra. È all’altezza giusta dalla quale il sogno di essere in volo riesce meglio. Parte la musica e il bambino si allontana dalla madre e all’inizio ha paura di questo ma poi si rende conto che troneggia da re devoto sopra un mondo che sente suo. Ecco che, a oriente, rispunta la mamma. Da lungo tempo l’eterno ritorno di tutte le cose è divenuto la sapienza infantile. Spunta la mamma, il palo ben conficcato, intorno a cui il bambino, approdando, avvolge la gomena dei suoi sguardi. Bambino disordinato: ogni cosa che trova sono l’inizio di una nuova collezione, una grande collezione è per lui tutto ciò che egli comunque possiede. Come si affaccia alla vita, egli è già cacciatore. Gli accade come nei sogni: non conosce nulla di duraturo, le cose gli succedono, gli capitano, crede lui. Trascina i suoi tesori a casa e mettere in ordine vorrebbe dire distruggere un edificio pieno oggetti come castagne che sono mazze ferrate, cartine di stagnola che sono un tesoro d’argento. Bambino nascosto: in casa conosce già tutti i posti dove nascondersi e ci ritorna come in una cosa in cui si è sicuri di ritrovare tutto come lo si è lasciato. Il cuore gli batte forte, trattiene il fiato. Qui è chiuse dentro il mondo della materia: il bambino che sta dietro le tende diventa a sua volta qualcosa di bianco e svolazzante, un fantasma e dietro alla porta è anche lui porta. Per nessuna ragione deve essere scoperto. Chi lo scopre può farlo rimanere idolo di legno o fantasma, imprigionandolo. Per questo quando viene preso da chi lo cercava fa un urlo per fare uscire il demone che lo aveva tramutato in qualcos’altro. Spesso non aspetta neanche, prevede l’altro con un urlo di auto-liberazione. Però una volta all’anno si celano dei doni nella sua casa e l’esperienza magica si fa scienza. Il bambino rompe gli incantesimi e cerca uova pasquali. Bambini Nello scenario delle strade di tutti i quartieri popolari i bambini sono importanti. Lì sono più numerosi che altrove, si muovono più sicuri di sé e sono più indaffarati. Mosca pullula di bambini tra i quali esiste già una rigida gerarchia comunista. A capo di tutti vi sono i Komsomol, i più grandi. I più piccoli, all’età di 6 anni diventano pionieri, anche loro riunite in brigate indossano i fazzoletti rossi. Infine Oktjabr, ottobrini o lupetti che sono i bambini che dall’età in cui sono in grado di indicare il ritratto di Lenin. Capita di incontrare i besprizorniki, gli abbandonati. Di giorno si aggirano da soli e di sera invece fanno capannello alla luce delle insegne dei cinema e ai turisti dicono che non è bello incontrarli per le strade. All’educatore per questi ragazzi non resta che scendere in strada, difatti sono stati creati dei luoghi di raccolta per bambini. Viene dato loro da mangiare e si gioca con loro. Se poi c’è interesse possono arrivare anche a qualche centinaio. E va da sé che i metodi pedagogici tradizionali con questi ragazzi non funzionino. È necessario lasciarsi andare e immergersi nel gergo della strada. Un lavoro del genere non lascia molto spazio ad altro, sei completamente assorbito. Spesso quando si va nei musei può stupire il vedere ragazzini e operai che osservano opere d’arte. In Russia infatti il proletario ha iniziato a prendere possesso della cultura borghese. L’educazione estetica non si ottiene guardando i capolavori, casomai il ragazzino e il proletario riconoscono avvicinandosi all’arte, a differenza del collezionista, altre cose 1 fede nella magia si è indebolita ed erano necessari stimoli forti per restituirgliela. Anche questa volta li trovò davanti a un armadio (libreria) con quei libri che gli erano stati proibiti di leggere. Quando i genitori non erano in casa, l’autore leggeva quei libri. Di ciò che leggeva non capiva nulla. L’armadio più tenebroso delle case era la credenza. Libri per l’infanzia vecchi e dimenticati I. Libro “Alte vergessene Kinderbücher” di Hobrecker. L’illustrazione a colori in copertina e le tante in bianco e nero e a colori che arricchiscono l’opera sono una testimonianza dei tesori contenuti nella Collezione Hobrecker. Si può iniziare a parlare della figura del collezionista di libri per bambini in senso stretto solo dal periodo che va dal 1919 al 1923 quando si registrò un nuovo impulso nella bibliofilia. Hobrecker aveva già riunito buona parte del materiale (oggi introvabile). Da tale collezione è nata questa prima storia del libro per bambini; storia che si caratterizza per la sua autonomia e indipendenza da qualsivoglia punto di vista pedagogico. L’opera delinea la nascita del libro per bambini vero e proprio a partire dall’abbecedario, dalla fiaba, dal racconto popolare, dalla canzone e dalle produzioni del mondo classico. La salvaguardia degli intenti morali domina la letteratura per l’infanzia fino agli anni 30. La parte testuale si rivela più rigida e conservatrice; nell’impianto visivo, l’illustrazione acquista maggiore spazio e rilievo. In epoca Biedermeier diventa d’obbligo nel libro per bambini, l’incisione su rame a colori. Questo periodo sembra scemare intorno al periodo tra gli anni 40 e 60 quando si registra la supremazia di Winckelmann (editore berlinese di letteratura per ragazzi). A questo punto l’interesse di Hobrecker si spinge fino a opere e autori di fine secolo. II. Perché collezionare libri? Alterigia, solitudine, amarezza, questi sono gli aspetti negativi della colta e felice natura di alcuni collezionisti. Secondo Hobrecker il settore del collezionismo di libri per bambini lo poteva scoprire solo chi avesse mantenuto la fiducia nella gioia infantile. La gioia dei bambini è infatti l’origine della sua biblioteca. Quando Hobrecker cominciò la sua collezione, i libri per bambini erano considerati carta da macero; egli è stato il primo a offrire loro un rifugio. In Germania il libro per bambini nasce con l’Illuminismo, quando i filantropi sperimentavano il programma formativo umanitario: era possibile educare il bambino in modo che diventasse un uomo migliore. L’educazione era basata da esortazioni e ammonizioni e così anche i libri per bambini. Hobrecker ha un giudizio severo su questi libri; la loro aridità, una mancanza di interesse per il bambino, risulta innegabile. Tali errori sono piccolezze se paragonati con le aberrazioni che oggi si manifestano quando prevale la pretesa di immedesimarsi nella natura infantile (es. racconti in rima illustrati da volti di monelli sghignazzanti). Il 4 bambino esige dall’adulto una rappresentazione chiara e comprensibile ma non infantile. Accanto all’abbecedario e al libro di catechismo, agli inizi della storia del libro per bambini vi è il vocabolario illustrato (Orbis pictus di Comenius). L’illuminismo ha fatto propria questa forma creando il “Elementarwerk” di Basedow; oltre alla matematica e alla lingua, vi sono vicende morali talmente drastiche da risultare comiche. Da un pregiudizio è nato il nuovo romanzo per la gioventù, prodotto senza radici. È nato dalla convinzione che i bambini abbiano bisogno di essere intrattenuti attraverso un’inventiva particolare. La preoccupazione di produrre oggetti adatti ai bambini è vana. Questo pregiudizio fa sì che i pedagoghi non si rendano conto che il mondo è pieno di cose che sono oggetto di attenzione per i bambini. Essi sono attratti soprattutto dai materiali di scarto che si producono per esempio nelle attività domestiche. Anche la fiaba è uno di questi prodotti di scarto, un residuo nel processo della nascita e della decadenza della leggenda. Il bambino, con il materiale delle fiabe, può lavorare in modo naturale nella stessa maniera in cui dispone pezzi di stoffa. Nei motivi delle fiabe il bambino costruisce il suo mondo combinandone gli elementi. Analoghe considerazioni si possono fare per la canzone. Possiamo anche dubitare che i giovani apprezzino la favola a causa della morale. Indubbiamente i bambini amano di più leggere di animali che parlano come umani. La letteratura per l’infanzia è iniziata con un grosso fiasco e in molti casi la situazione non è cambiata. Vi è ancora l’illustrazione che salva anche i testi più antiquati schiavi del pregiudizio. L’illustrazione infatti sfuggiva al controllo delle teorie filantropiche e quindi artisti e bambini si sono capiti alle spalle dei pedagogisti. I libri illustrati rimandano a incisioni su rame del XVII secolo; l’illustrazione di queste opere è da collegare con l’emblematica barocca. Verso le fine del XVIII secolo vengono pubblicati libri con una gran quantità di materiale colorato su un’unica facciata, senza alcun collegamento figurale. Si tratta di oggetti che iniziano con la stessa lettera a cui vengono aggiunti a una o più traduzioni in lingua straniera. Nel XIX secolo, il libro per bambini pare non abbia sofferto alcuna perdita né per quanto riguarda il testo né per quanto riguarda l’illustrazione; esso non compete con i suoi predecessori per la raffinatezza del disegno e dell’uso del colore. A partire dal 1840 la litografia si impone. Negli anni 20 e 30 dell’800 sono innovativi solo per il colore. Negli anni 40 dell’800 possiamo trovare un’importante figura di bohémien, Johann Peter Lyser. Il colore delle sue litografie contrastano rispetto alle classiche e si adattano meglio 5 all’espressione smunta di alcuni personaggi, al paesaggio incerto e all’atmosfera da fiaba. Il livello popolare di quest’arte è documentata nell’Abendlandische Tausend und eine Nacht con litografie del medesimo autore (insieme di fiabe, saghe, leggende e racconti paurosi). Non è improbabile che maestri di scuola siano stati contemporaneamente scrittori e illustratori. Per Hobrecker il momento più interessante è da ricercare negli anni 40-60 a Berlino, dove il disegnatore Hosemann ha dimostrato talento nei testi per ragazzi. Accanto a Hosemann lavorano Ramberg, Richter, Speckter e Pocci. Le xilografie in bianco e nero di questi illustratori aprono all’intuizione infantile un autentico mondo. L’illustrazione colorata sprofonda la fantasia del bambino sognante in se stesso. La xilografia in bianco e nero lo spinge fuori da sé e spingono il bambino a parlare. Il bambino le scarabocchia anche imparando contemporaneamente con la lingua anche la scrittura: la geroglifica. Nulla più di queste immagini è in grado di introdurre il bambino alla lingua e alla scrittura: verità introdotta nei vecchi abbecedari ad associare le prime parole con il disegno corrispondente. Le figure colorate che oggi troviamo sugli abbecedari sono delle aberrazioni. Hobrecker accusa la moderna letteratura per l’infanzia di avere un tono pedante. Ora si è schiavi degli slogan. Sia gli autori che gli illustratori si rivolgono sempre più al bambino, ma attraverso la mediazione delle ultime mode e preoccupazioni. Uno sguardo sulla letteratura per l’infanzia Il bambino, di fronte al suo libro illustrato, mette in pratica la tecnica taoista; egli domina e controlla la patina illusoria della superficie e tra stoffe colorate e quinte variopinte entra in scena là dove la fiaba si svolge. Il bambino è chiamato a partecipare alla messa in scena che fa anche leggendo. Il bambino con l’immaginazione completa le illustrazioni. Renner pubblicò una serie di 24 stampe che presentavano le lettere dell’alfabeto in maschera. Il giochino è piaciuto a tal punto che oggi si possono trovare tutte le variazioni possibili di questo motivo. Il rebus proviene dalla geroglifica rinascimentale. Per quei pochi ai quali è capitata la fortuna di imbattersi da bambino in un “libro magico” o di indovinelli, tutto il resto non reggerà al confronto. Questi libri sono concepiti in modo tale da far comparire una figura differente, a seconda di come si sfoglino le pagine (mostra giochi e ghiottonerie per il bambino buono ma girato al contrario punizioni e 6 bambino). Entrambi sono caratterizzati da una deprimente mediocrità. Esiste un capolavoro della produzione moraleggiante e della lingua tedesca, lo Schatzkästlein di Hebel. Non si tratta di un libro per l’infanzia ma è nato per l’interesse filantropico per le grandi masse di lettori, soprattutto quelle delle campagne. Dunque l’elemento chiave per Hebel è il riconoscere in lui il superamento della morale astratta dell’Illuminismo attraverso quella politico-teologica. Le sue storie suscitano il nostro primo stupore infantile. Una rivista letteraria ebbe l’idea di domandare ad alcuni personaggi famosi quale fosse stato il loro libro preferito da bambini. Il fatto anomalo fu che la grande maggioranza citò opere come “L’ultimo dei moicani”, “I viaggi di Gulliver”, “L’isola del tesoro” o “Le mille e una notte”. Se si cerca di mettere ordine in questi dati, si nota che non si parla mai di libri scritti per bambini o ragazzi. Metafora curiosa è: divorare i libri. Forse è possibile fare un confronto tra il leggere e il mangiare. La vecchia teoria alimentare si rivela istruttiva: sosteneva che ci nutriamo attraverso l’assimilazione degli spiriti delle cose che abbiamo ingerito. Noi mangiamo per assimilazione; nello stesso modo in cui assimiliamo, noi leggiamo. Leggiamo dunque non per estendere la nostra esperienza, ma per accrescere noi stessi. In particolare i bambini leggono non per empatia ma per assimilazione. Il leggere dei bambini è in rapporto stretto con la loro crescita e con il loro potere. Per questo la lettura fa crescere quando c’è qualcosa di geniale nascosto nei libri che i bambini leggono. Lo scrittoio Il medico scoprì che l’autore era miope quindi gli ordinò l’uso di occhiali e di uno scrittoio che divenne il suo posto preferito. Leggere In un ambiente estraneo le prime pagine di un libro nuovo si aprono meglio, per esempio nello scompartimento di un treno. Le “letture da viaggio” sono libri che vivono dell’impulso dato dalla copertina, dal titolo e dalla prima pagina. Le ultime pagine, invece, non si leggono mai come quando la sera si è nella propria stanza. Al camino (per il 25° anniversario di un romanzo) Due cose che ben si accordano sono un fuoco che fiammeggia nel camino e un romanzo aperto. 9 Il lettore di un romanzo si trova in una situazione diversa rispetto a chi legge un’opera poetica o chi assiste a una rappresentazione teatrale. Prima di tutto è solo per un lungo periodo e in questo isolamento fa propria la materia in modo geloso. Egli inghiotte la materia come il fuoco consuma i ceppi nel camino. L’autore sta leggendo il romanzo di Bennett davanti al camino. Nel romanzo il lettore incontra personaggi in cui legge il “senso della vita”, quindi, deve essere certo di vivere la loro morte (in senso proprio o traslato:fine del romanzo). In che modo i personaggi fanno capire al lettore che la morte li sta aspettando? È una domanda che lega il lettore al suo romanzo. Il lettore si identifica con la morte. L’alfabetario Non è possibile recuperare completamente quanto si è dimenticato. Lo shock del recupero sarebbe così forte da renderci incapaci di comprendere la nostra nostalgia. Forse ciò che rende il dimenticato così carico è il residuo di una remota abitudine nella quale non potremmo più ritrovarci. Per ognuno ci sono cose che sviluppano in lui abitudini più durature. Così si formano attitudini che poi determinano la sua esistenza. Per l’autore furono il leggere e lo scrivere che suscitano in lui una nostalgia dell’alfabetario. Era uno stipetto che conteneva le lettere dell’alfabeto, in caratteri gotici. La nostalgia dimostra che l’alfabetario è un tutt’uno con la sua infanzia. La febbre L’autore ricorda che da bambino si ammalava spesso e da qui forse proviene la sua pazienza. L’autore era libero di leggere il libro nascosto sotto al materasso. GIOCATTOLI Il mistero di Pierino Porcospino: tutti questi bambini sono maleducati perché nessuno regala loro qualcosa. Il bambino che legge tale libro invece è ben educato perché già alla prima pagina ha ricevuto tanti doni. Un bambino deve ricevere regali. Steglitzer angolo genthiner In ogni infanzia, a quei tempi, torreggiavano ancora le zie, quelle figure che non abbandonavano mai la casa, che erano sempre lì ad attendere le visite. A queste entità apparteneva anche zia Lehmann. Raccontava e ricordava tutti i nomi e tutti i posti della sua giovinezza. Non appena ero entrato in casa aveva cura che mi mettessi davanti alla 10 grande teca di vetro che racchiudeva un’intera miniera in cui minuscoli minatori con carriole, martelli e lanterne si muovevano al ritmo di un meccanismo a orologeria. Il giocattolo, se così poteva essere chiamato permetteva ai rampolli borghesi di gettare uno sguardo ai luoghi di lavoro e ai macchinari. c’erano anche le domestiche che con la loro padrona condividevano un tesoro di ricordi, anche se riservati, ecco perché la capivano all’istante e ne facevano le veci con qualsiasi visitatore. Soprattutto con me che sapevano trattare meglio della loro signora. Per questa ragione avevo per loro sguardi di riverenza e di ammirazione. Giocattoli russi All’inizio a giocattoli di tutti i popoli derivano dall’industria domestica. Il tesoro di forme provenienti dai ceti popolari più umili, dei contadini e degli artigiani, rappresenta la base sicura su cui poggia lo sviluppo del giocattolo per bambini sino ai giorni nostri. I bambini capiscono molto meglio i giocattoli realizzati in modo semplice piuttosto che uno prodotto industrialmente. Ecco perché adesso si cerca di costruire giocattoli primitivi per i bambini. Per il bambino è importante immaginare il funzionamento della sua bambola, del suo cagnolino e questo gli permette di instaurare una relazione vitale con le sue cose. Tra gli europei solo i tedeschi e i russi hanno il genio del giocattolo. Famose in Germania sono le minuscole bambole, gli animali in miniatura, le camerette nelle scatole di fiammiferi. Il giocattolo russo è invece poco conosciuto, e fuori i confini si conosce solo la Baba, un birillo di legno riccamente decorato che rappresenta una contadina. In realtà i giocattoli russi sono i più ricchi e i più vari. Vengono usati legno, creta, osso, stoffa, carta. Il legno è il più usato. Dai semplici burattini, alle mucche, ai maialini, fino ai piccoli scrigni su cui sono dipinti il contadino nella sua troika. La più ricca collezione di giocattoli è posseduta dal Museo del giocattolo di Mosca che conserva numerosi capolavori. A causa dello sviluppo della tecnica che sta vivendo la Russia la produzione di simili oggetti finirà, perlomeno nelle grandi città. Ma lassù nei loro luoghi di origine, essi vivono ancora al sicuro, nelle case dei contadini, quelli che alla fine delle loro giornate, stanchi, continuano ad impastare la creta, a dipingerla con tinte vivaci e a cuocerla. Storia culturale del giocattolo alla base dell’opera di Karl Grober, Kinderspielzeug aus alter Zeit,sta la rinuncia. Non tratta il gioco infantile per dedicarsi interamente alla storia del giocattolo. Si è concentrato esclusivamente sull’ambito della civiltà europea. La Germania ne è il centro geografico e spirituale perché la maggior parte derivano da questo paese. Norimberga è la patria dei soldatini di piombo e degli animaletti dell’arca di Noè. La più antica casa 11 bambole con tutte le sue tensioni, senza di fatto venirne a capo. Fa una discussione un po' imprudente sullo scritto dedicato alle marionette di Kleist, dicendo che l’autore aveva con metafore espresso dei ragionamenti politici per sfuggire alla censura. Subito dopo si parla delle marionette trasformiste, inventate secondo l’autore da Genesius, importanti nel teatro delle marionette di Schweigerling. Vi era una sola rappresentazione a sera, preceduta dallo spettacolo delle marionette magiche (una dama che danza e si trasforma in un palloncino). c’è un instancabile ricercare e analizzare senza sentimento da parte dell’autore, che dovrebbe forse dimenticarsi l’editore, il pubblico, e soprattutto sé stesso. Avrebbe dovuto avere un atteggiamento più da collezionista. Si pensi a come per un collezionista sia importante l’oggetto, ma anche la sua storia, il suo passato, ogni oggetto è una magica enciclopedia, è ispirato dai suoi oggetti. E niente di questo si trova in Boehn. Rimane da chiedersi dov’è il lato piacevole e attraente, in un opera che ne offrirebbe più volte l’occasione. Fin qui le annotazioni critiche, in ultimo si potranno fare delle considerazioni più concilianti e la materia intercede per l’autore. Niente appare più piacevole, meno pesante, che giocare con oggetti rari. Fare storia partendo dai rifiuti della storia, è e rimane qualcosa di encomiabile. Giocattolo e gioco Nel testo di Grober si presentano i giocattoli senza pedanteria e con perfetto rigore scientifico. Un libro del genere è una prerogativa dell’epoca, in cui vi è un interesse per il buon giocattolo. L’era delle bambole al naturale, create per soddisfare i bisogni infantili degli adulti, usando come pretesto i bambini, è terminata. Come per i sogni dei bambini anche per i giocattoli è impossibili costruirli facendo riferimento a un mondo di pura fantasia , nel paese delle fate di una pura infanzia o arte. c’è sempre l’imitazione di qualcosa, del passato ad esempio. E sono gli adulti che hanno dato in origine i propri arnesi giocattolo ai bambini. La palla, il cerchio sono stati imposti al bambino come strumenti culturali diventati poi giocattoli. È un errore quindi supporre che i bambini determinino con i loro bisogni tutti i giocattoli. Accade che sia l’adulto a dare un senso alla bambola, vestendola come un lattante quando poi il bambino la usa come vuole, è l’adulto che da dei modelli a cui conformare il bambino. Il subalterno umorismo del giocattolo e le grandi dimensioni di questo sono da collegare alla realtà borghese, all’insicurezza nei rapporti con il bambino. Spesso allegria sfrenante e spaventosa che si impone sui coperchi delle scatole dei giochi di società. Si iniziò poi a parlare di semplicità del giocattolo nella produzione delle industrie. Legata al tipo di lavorazione e non alla forma del giocattolo. Anche un tempo la semplicità di un giocattolo risiedeva nella tecnica. Grober dimostra che il giocattolo è condizionato dalla cultura economica e dalla cultura tecnica della comunità. Si continua a vedere il giocattolo troppo dal punto di vista 14 degli adulti. Ogni gioco rientra in una categoria: il gatto e il topo (ogni gioco vuole acchiappare), la madre che difende la prole nella tana (il portiere difende la porta per esempio) e la lotta tra due animali per la preda, l’osso (il polo o il calcio). Inoltre importantissima è la legge della ripetizione che regola ogni gioco. Ancora un volta è la formula preferita dei bambini. Ogni esperienza positiva vuole la ripetizione, il ritorno. Il bambino impara a superare il timore di alcune esperienze e impara a saper gustare trionfi e vittorie in un modo più intenso e ripetitivo. È un ripetere sempre nuovo, si crea sempre qualcosa di nuovo. Il gioco altro non è che la balia di tutte le abitudini, mangiare, lavarsi, devono essere un gioco, ludiche, accompagnate dal ritmo di versetti di accompagnamento. l’abitudine nasce come gioco, e anche il pedante più arido gioca, senza saperlo. E come dice un moderno poeta se per ciascuno esiste un’immagine a cui tutto il mondo poi si riduce, per quanti essa non salta fuori da una vecchia scatola di giochi? TEATRI Teatro delle scimmie La prima volta che la sentii, la parola teatro, ero ancora piccolo. Mi squarciò il cuore come uno squillo di tromba. La fantasia si svegliò. Vi si entrava non tanto per lasciar vagare lo sguardo su “Guglielmo Tell” o la “Bella addormentata”, ma lo scopo era più alto: essere seduto a teatro fra gli altri che erano lì. Riguardava le scimmie, del resto la distanza che separa la scimmia dall’uomo non è distante da quella tra uomo e attore. Teatro dei burattini Se per caso voi piccoli berlinesi volete andare al teatro dei burattini, la scelta non sarà facile. A Monaco, per esempio, esiste il “Papa Schmid” che almeno un paio di volte alla settimana presenta spettacoli in un teatro costruito appositamente a questo scopo. A Roma c’è “Il teatro dei piccoli”, teatro di burattini rivolto anche ai più grandi. È questa la sorte dei burattini: per molto tempo destinato ai bambini e alla gente semplice, ad un tratto è diventato un posto distinto, solo per adulti e, per giunta, per persone raffinate. A Berlino, si può assistere al “Kasperle” d’estate, il “Kasperle” ha sempre tifato per i bambini. Un secolo fa il Kasperle arrivava prima di Natale, metteva il naso nelle opere teatrali per adulti. Erano spettacoli particolari, di cannibalismo, dai titoli, per esempio, “Pelle umana arrostita”. Erano spettacoli che facevano da spalla alle mostre umoristiche di Natale che venivano allestite nelle più rinomate pasticcerie. La cosa più importante, 15 però, era lo spettacolo dei burattini, durante il quale, le cose non si svolgevano sempre in modo educato, soprattutto quando nelle pasticcerie arrivarono i teatri delle marionette, dove in galleria si potevano vedere bambini dai 10 ai 14 anni che fumavano pipe e bevevano birra da grossi boccali. Se può pensare che il teatro dei burattini sia nato perché costa meno del teatro normale; è senz’altro vero, ma è pur vero che i burattini non mangiano e non rivendicano compensi. Inizialmente, il teatro dei burattini era un rito, perché ogni burattino corrispondeva ad una divinità. È singolare il modo in cui nacque il teatro dei burattini in Germania: dopo la guerra dei 30 anni, quando schiere di mercenari girovagavano per il paese senza lavoro e senza paga, rendendo le strade poco sicure. Talmente pericolose che si finì per rovinare la vita agli attori. Fu allora che si pensò di sostituirli con delle marionette e ci si rese conto di quanto questi fantocci fossero uno strumento meraviglioso. Essi hanno una propria testa, più grossa e pesante del corpo. Anche nell’esprimersi la loro testa è ostinata e rigida, è questo che rende straordinario il teatro dei burattini. Il burattinaio è un despota, inventa gli spettacoli da solo, realizza le scenografie e le scene, scolpisce le marionette e, usando la propria voce, riesce a far parlare fino a 5 personaggi diversi. Tutti i grandi burattinai assicurano che il segreto consiste nel lasciare la propria volontà al burattino e nel mostrarsi cedevoli nei suoi confronti. Il grande scrittore Heinrich Kleist ha dimostrato in un saggio che il burattinaio deve comportarsi esattamente come un ballerino se vuole dare il giusto movimento alle figure. La loro superiorità li ha già fatti molto odiare e perseguitare, in primis dalla Chiesa, in quanto i burattini possono farsi beffa di tutto, senza usare la cattiveria. I burattinai sono personaggi originali, vivono solo per i loro burattini, il resto li lascia indifferenti. Sono un’associazione segreta, si tramandano l’arte di padre in figlio, si portano tutta la storia in testa. Hanno dovuto dichiarare sotto giuramento di non lasciare mai per iscritto nemmeno una riga, affinché la loro arte non finisca in mani di gente che potrebbe loro rubare il pane. Esistono vari tipi di teatro dei burattini: burattini trasformisti, spettacolo muto (si vedevano scorrere su carrucole sequenze di scene della vita quotidiana) e infine i quadri viventi rappresentati dai burattini (per es. La scoperta dell’America). Caspar Hauser Oggi vi racconto una storia, ogni singola parola è vera ed è una storia adatta ad adulti e bambini, ma non conosce una vera e propria conclusione, rimane aperta. Il 26 maggio 1828 alle 17 successe quanto segue: un cittadino scorse non lontano da lui un giovane in abiti contadini che aveva un portamento da ubriaco. Gli porse una lettera indirizzata 16 leopardi rimpinzando di arsenico alcuni maiali che poi mandavano nel bosco dove venivano sbranati dalle fiere. Nel 1789 Papa Pio VI o fece arrestare dando ordine all’Inquisizione di aprire un processo a suo carico. Tramutarono la condanna a morte per eresia in carcere a vita e in carcere morì. Riflessione: come ha potuto Cagliostro sfoderare le sue armi in un epoca così attenta alla libertà e allo spirito critico come l’Illuminismo? Semplice, la gente era talmente convinta che il sovrannaturale fosse falsità, che non si era mai preoccupata di rifletterci seriamente, finendo così per essere vittima di Cagliostro. Teatro e radio (sul reciproco controllo della loro azione educativa) Sono fin troppo evidenti da un lato il raggio d’azione sempre più vasto della radio e dall’altro la crisi sempre maggiore del teatro. L’impostazione pedagogica può essere l’elemento di raccordo tra teatro e radio. È stato possibile trasmettere via radio una serie di programmi per le scuole e affrontare questioni scolastiche e pedagogiche. La radio rappresenta, rispetto al teatro, non solo la tecnologia più recente, ma anche quella più vulnerabile e il mezzo in cui la tecnologia risulta evidente. Le masse raggiunte dal mezzo radiofonico sono più ampie. In confronto a ciò, cosa può mettere sul piatto della bilancia il teatro? Si delineano in maniera molto netta due possibili modi di pensare: quello reazionario e quello progressista. Il primo non tiene in considerazione crisi, l’uomo è e rimane il rappresentante dell’armonia del tutto. L’ambito in cui si muove è l’ambiente culturale, è un teatro superbo, sicuro di sé, metropolitano, della grande borghesia, incapace di considerare la crisi del teatro. Questo è il teatro della distrazione, dell’intrattenimento, che cerca ancora di fare concorrenza ai film. In questo caso, è inutile cercare di competere con le risorse tecnologiche di radio e tv. Il teatro progressista, invece, è sobrio e non emozionale, si basa sull’interruzione. L’interruzione ha nel teatro una funzione pedagogica, arresta l’azione e costringe lo spettatore a prendere una posizione nei confronti dell’evento. Il teatro epico contrappone all’opera d’arte totale, il laboratorio drammaturgico, mette in luce e in evidenza il presente. È l’uomo che non troviamo più nella radio e nel cinema. Il senso del teatro epico è partire dagli elementi minimi del comportamento umano. Si oppone alla convenzione, al posto della formazione vi è l’addestramento. Raccoglie intorno a sé un gruppo di interessati a veder ripresi i loro interessi più forti. La radio, a cui spetta il compito di riattingere in modo assolutamente specifico a patrimonio culturale del passato, lo farà nel modo più sano. Programma per un teatro proletario di bambini Ogni movimento proletario vede la nuova generazione come quella più forte e più 19 pericolosa di tutte. Sui bambini, al contrario, le frasi a effetto non hanno alcun potere. In un anno si può ottenere che in tutta la nazione i bambini le ripetano a pappagallo, ma non si riesce a fare in modo che in 20 anni si continui a lavorare secondo il programma di partito. Chiediamoci quali siano gli strumenti per una educazione dei bambini proletari fondata sulla coscienza di classe. I bambini devono venire educati in modo proletario. Cominceremo dal quarto anno di vita. Questo non significa che la classe borghese non abbia il proprio sistema educativo. Ma l’educazione dei proletari deve distinguersi da quella borghese, prima di tutto per la sua natura sistematica. Per i proletari sarebbe insostenibile ciò che troviamo negli asili borghesi, ovvero che ogni sei mesi viene introdotto un nuovo metodo. L’educazione proletaria ha bisogno di un ambito oggettivo in cui educare, non di un’idea a cui educare. Il quadro dell’educazione proletaria dai 4 ai 14 anni di vita dovrebbe essere un teatro proletario fatto dai bambini. L’educazione proletaria esige che si coinvolga tutta la sua vita, che debba essere educato in un ambiente chiaramente circoscritto. È solo nel teatro che la vita può manifestarsi nella sua interezza, per questo il teatro proletario dei bambini è il luogo determinato dell’educazione. Questo teatro non ha nulla in comune con quello della borghesia. Il teatro proletario dei bambini si è sviluppato diventando un elemento fondamentale dell’educazione bolscevica. Niente è ritenuto più pericoloso dalla borghesia che il teatro, c’è il timore che esso possa risvegliare nei bambini le energie più pericolose del futuro e questa consapevolezza induce la pedagogia borghese a rifiutare il teatro. Le tensioni del lavoro collettivo sono gli educatori. Ciò che conta è unicamente l’influsso indiretto dell’educatore attraverso i temi, i materiali, i compiti, gli allestimenti. Per agire efficacemente, un teatro proletario di bambini ha bisogno assolutamente di un collettivo come pubblico. Necessità della classe come pubblico. La nuova conoscenza del bambino che è andata a crearsi nei circoli infantili russi ha condotto a questo assioma: il bambino vive nel suo mondo da dittatore, quindi ogni gesto infantile è un comando. È compito dell’educatore liberare i segnali infantili e condurli all’azione sui materiali. L’improvvisazione domina, la rappresentazione, ossia il teatro, dev’essere la sintesi di questi gesti. Il teatro, in quanto arte effimera, è arte dell’infanzia. La rappresentazione si pone nei confronti della formazione educativa come radicale liberarsi del gioco, al quale l’adulto può solo limitarsi ad assistere. Il proletariato disciplina solo i proletari adulti, la sua educazione di classe ha inizio con la pubertà. La pedagogia proletaria dimostra la propria superiorità garantendo ai bambini la realizzazione e lo sviluppo della loro infanzia. La rappresentazione scenica è la grande pausa creativa nell’opera di educazione. I bambini che hanno realizzato lo spettacolo sono diventati liberi nelle rappresentazioni stesse, nel gioco teatrale ha trovato realizzazione la loro infanzia. 20 EDUCAZIONE Biblioteca scolastica Durante la ricreazione si raccoglievano libri e si ridistribuivano a chi ne aveva fatto richiesta. L’autore non sempre era così rapido e non di rado vedeva libri da lui tanto voluti dati ad altri che non sarebbero stati in grado di apprezzarli. Erano romanzi di avventura che venivano distribuiti durante la ricreazione. Successivamente l’autore racconta la sua esperienza su alcuni libri che ha letto. La riforma della scuola: un movimento culturale La riforma della scuola è un movimento culturale: questa è la prima meta da raggiungere. Questa posizione si giustifica se dall’opinione pubblica viene richiesta una riforma scolastica e se questa viene indirizzata al popolo. Nel movimento per la riforma della scuola trovano espressione le principali necessità della nostra epoca, le quali appartengono all’ambito etico culturale. La riforma della scuola quindi non è meno importante della questione sociale e religiosa. Si può individuare un movimento culturale in ogni sforzo riformatore. Cosa significa riforma della scuola e per quale ragione vogliamo una riforma scolastica? Rudolf Pannwitz (scrittore e filosofo) diede la seguente definizione di educazione: ‘propagazione di valori spirituali’. Quello che noi vogliamo è la cura del naturale sviluppo progressivo dell’umanità: cultura. L’espressione che sintetizza questa nostra volontà è ‘educazione’. Propagare valori però significa anche qualcosa d’altro: non solo la propagazione dello spirituale ma anche lo spirituale da propagare, questa è la seconda esigenza. La riforma della scuola quindi non è solo propagazione di valori, ma è contemporaneamente anche revisione dei valori che noi intendiamo trasmettere ai posteri. Modo in cui avviene la propagazione: con la nascita di nuovi metodi di insegnamento e nuovi metodi educativi. Il legame più forte tra cultura e riforma della scuola è la gioventù. Nei confronti del futuro la scuola non può che offrire attenzione e rispetto. Ma la gioventù, al cui servizio è la scuola, le offre il futuro. La cultura del futuro è lo scopo della scuola e per questo deve tacere di fronte al futuro che le viene incontro nei giovani. Deve lasciare che sia la gioventù stessa ad agire, deve accontentarsi di offrire libertà e pretenderla. Quindi l’esigenza più pressante della pedagogia moderna non è altro che creare spazio per la cultura del futuro. Confidando in una gioventù che deve 21 illustra, secondo il credo comunista, l’uso totale dell’ambiente al servizio degli scopi rivoluzionari. Poiché questo ambiente non è soltanto lotta ma anche lavoro, l’educazione si presenta insieme come educazione rivoluzionaria al lavoro. Pestolazzi a Yverdon Pestolazzi (1746-1827) educatore e pedagogo svizzero. Sotto l’influenza delle idee fisiocratiche e dell’Émile di Rousseau fondò, a Berna, un istituto per bambini poveri che durò dal 1774 al 1779. Nel 1798 gli venne affidata la direzione di un istituto per bambini abbandonati che fu importante per la trasmissione del suo metodo pedagogico. Nel 180 fondò un suo istituto in cui la famiglia era il centro della formazione e la madre la figura fondamentale della prima infanzia. L’istituto venne presto trasferito e Pestalozzi si trasferì a Yverdon, dove raggiunse la fama mondiale. L’istituto travolto da polemiche fu chiuso nel 1825. Il pensiero pedagogico di Pestalozzi è volto allo sviluppo armonico di tutte le facoltà umane, non con l’imposizione di norme e regole astratte, bensì attraverso la stimolazione delle facoltà stesse, in un processo in cui il lavoro non viene visto come avviamento alla professione, ma come strumento di educazione. Yverdon era un congresso di pedagogia permanente. Studenti, insegnanti, visitatori provenivano da tutto il mondo. A Yverdon le condizioni di vita erano spartane. La vecchia aspirazione di Pestalozzi era di raccogliere attorno a sé una schiera di bambini poveri e abbandonati per poter essere per loro un padre. Invece diventò il direttore di un istituto di fama mondiale. Pestalozzi fu felicissimo quando Schmid riuscì a creare un istituto per poveri vicino a Yverdon. Questo va tenuto presente quando si parla di Pestalozzi e quando si fa riferimento all’ “educazione della persona”. Non si era formato, non aveva colto l’immagine della personalità attraverso il rapporto con i bambini appartenenti a ceti privilegiati. Erano i bambini poveri che gli avevano insegnato, egli gli offriva sempre una mano, d’aiuto nel gioco o nel lavoro o che accarezzasse un bambino che gli passava accanto. La vita degli studenti Le considerazioni di questo saggio fanno riferimento a una determinata situazione in cui all’idea di storia alludono le immagini utopiche dei pensatori. L’attuale significato storico degli studenti e delle università, come la stessa forma della loro esistenza nel presente, 24 meritano di essere descritti solo se intesi come metafora, come immagine e rappresentazione di uno stadio superiore e metafisico della storia. L’unica maniera per affrontare il ruolo e il significato storico degli studenti e delle università è quello di partire dal sistema. Alla questione della vita degli studenti si collega il problema della loro consapevolezza. Questo è importante in quanto non ha senso distinguere, nella vita degli studenti, diversi problemi (scienza, stato, virtù) quando viene a mancare il coraggio di assoggettarsi in generale. Di fatto, ciò che caratterizza la vita degli studenti è esattamente l’opposto, ossia la riluttanza ad assoggettarsi a un principio, a farsi permeare totalmente dall’idea. Per la maggior parte degli studenti lo studio accademico è sinonimo di preparazione al lavoro. Poiché lo studio accademico non ha niente a che fare con la vita, esso deve formare solo ed esclusivamente la vita di colui che lo praticherà. Tra le riserve più ingenue è più errate nei confronti dello studio accademico c’è l’aspettativa che esso debba aiutare individui nella loro professione. La professione deriva talmente poco dalla scienza che quest’ultima può perfino escluderla. Dato che la scienza non ammette il minimo distacco da sé e dato che impegna in modo esclusivo lo studioso che in pratica deve sempre dedicarsi all’insegnamento, essa non gli permette affatto di esercitare le professioni statali di medico, giurista e docente universitario. L’obiezione su quale sia il modo con cui lo stato attuale dovrebbe arrivare ad avere i suoi medici, i suoi giuristi e insegnanti mette in evidenza quanto sia grande e rivoluzionario il compito: quello di fondare una comunità di competenti al posto di una corporazione di funzionari e laureati. È da sottolineare come nell’istituzione dei corsi accademici si assista a una sorta di gioco a nascondino, in cui docenti e allievi si sfiorano reciprocamente senza però mai vedersi. Qui la comunità studentesca resta sempre indietro rispetto al corpo docente, poiché non riveste una carica ufficiale. La rassegnazione acritica e passiva a questo stato di cose è una caratteristica fondamentale della vita studentesca. È vero che le cosiddette associazioni di liberi studenti e altre organizzazioni con finalità sociali stanno provando a trovare una soluzione al problema. Ma questo tentativo evidenza come gli studenti oggi non costituiscano una comunità capace di porre il problema dello studio scientifico in generale e di comprendere la loro irriducibile protesta contro la vita lavorativa attuale. C’è un criterio molto semplice per provare il valore spirituale di una comunità. Tutti coloro che operano all’interno di una comunità tendono alla totalità, e il valore di ogni azione sta in essa, ossia nel fatto che vi si esprima la natura intera e indivisa del singolo. La comunità è il posto dove si lotta, segretamente oppure di comune accordo, contro desideri e ambizioni maggiori e per propri scopi personali mentre si oscurano gli sviluppi più autentici e genuini. Il lavoro sociale è privo di legami con il lavoro proprio e 25 tipico dello studente. Lo studente è tale perché i problemi della vita intellettuale gli stanno a cuore più della prassi dell’assistenza sociale. Gli studenti non hanno saputo dimostrare la loro necessità spirituale, e quindi non hanno neanche saputo fondare, in essa, una comunità autenticamente seria, ma solo zelante e interessata. I tentativi intrapresi dai Liberi Studenti, dai gruppi Cristiano-sociali e da molti altri hanno messo in luce tutti gli egocentrismi e gli altruismi, tutte le ovvietà della grande esistenza all’interno dell’università; essi non hanno lottato solo nei confronti del dubbio radicale, della critica fondamentale e di ciò che è sommamente necessario: ovvero della vita che si dedica a una ricostruzione completa. Oggigiorno lo studente non si trova dove si combatte per l’ascesa spirituale della nazione, non si incontra sul campo della nuova lotta per l’arte, a fianco di scrittori e poeti, dove scaturisce la vita religiosa. Infatti l’essere studente tedesco come tale non esiste, questo perché gli studenti ignorano tutti questi movimenti nella loro profondità, perché continuano a seguire la scia dell’opinione pubblica, a navigare sulle acque tranquille. Ciò che colpisce maggiormente oggi l’università è la reazione meccanica con cui l’uditorio segue le lezioni. L’organizzazione dell’Università non si fonda più sulla produttività degli studenti, come era nello spirito dei fondatori. Essi avevano pensato allo studente come insegnante e al contempo discendente, poiché produttività significa indipendenza totale, interesse e rispetto per la scienza non più per la persona del docente. Quando l’idea che domina nella vita dello studente è l’ottenimento di una carica, di un lavoro e la sicurezza di una professione, non resta posto per la scienza. Nella sua funzione creatrice l’essere studente dovrebbe essere considerato come colui che ha il compito di convertire le nuove istanze (idee che nascono nell’arte, nella vita sociale) in problemi scientifici. Questo passaggio potrebbe avvenire grazie ad un atteggiamento di tipo filosofico. 26