Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Filologia Germanica 1, prof. Paolo Vaciago, Appunti di Filologia Germanica

Appunti esaustivi e completi del corso di Filologia germanica 1 del professore Paolo Vaciago. Il documento contiene appunti delle lezioni riguardanti la grammatica dell'inglese antico, i fenomeni linguistici nel passaggio dall'indoeuropeo al germanico all'inglese antico, e l'analisi e la traduzione del testo d'esame: il Resoconto di Beda sul poeta Caedmon.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 15/09/2023

itsosoo
itsosoo 🇮🇹

4.6

(38)

14 documenti

1 / 44

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Filologia Germanica 1, prof. Paolo Vaciago e più Appunti in PDF di Filologia Germanica solo su Docsity! 6/10/2020 Lezione 1 Inglese antico - introduzione L’inglese antico, noto anche come anglosassone, è la prima fase attestata dell’inglese nel periodo che va dall’VIII sec.d.C. I primi testi pervenuti risalgono alla fine del X e all’inizio dell’XI sec. Questo periodo si conclude con l’invasione normanna; si tratta però di una semplificazione, poiché c’è tutto un periodo in cui all’inglese antico si affianca l’uso del francese. Tuttavia l’inglese stesso rapidamente si trasforma in maniera radicale e perde alcune delle più importanti caratteristiche, per poi gradualmente diventare la lingua standard. L’inglese antico appartiene alla famiglia delle lingue germaniche, lingue collegate tra loro perché tutte derivate da una matrice comune: il germanico, a sua volta derivato dall’ancora più antico indoeuropeo. In questo caso però non si hanno documentazioni della lingua madre, questa può essere solo ricostruita sulla base di comparazioni e parentele tra le varie lingue. Categorie grammaticali principali ● Nome Qui troviamo un sistema di declinazioni. Si tratta però di declinazioni ridotte rispetto a quelle del latino, ad esempio, che presentano solo quattro casi: Nominativo, Accusativo, Genitivo e Dativo. Si tratta, però, di un sistema debole, sia dal punto di vista morfologico che strutturale: morfologico perché le desinenze delle declinazioni non sono univoche. Esempio del nome femminile: le desinenze all’accusativo, del genitivo e del dativo sono uguali. Questo va chiaramente a compromettere la funzione grammaticale e a renderne difficile la comprensione. Le declinazioni sono sostanzialmente di due tipi: quella forte e quella debole. All’interno di queste due categorie, poi, distinguiamo quella del maschile, del femminile e del neutro. Sono presenti anche delle declinazioni minori che contengono parole ad alta frequenza. Esempio: declinazione atematica (parola “man”) Notiamo la differenza tra le forme singolari e plurali del nome, che cambiano vocal interna. Questa è una caratteristica che ancora osserviamo nell’inglese moderno. ● Pronome 1. Pronomi dimostrativi L’inglese antico non ha articoli, ma presenta due pronomi dimostrativi: 6/10/2020 - “the” (usato nell’inglese moderno come articolo), “that”, “those”; - “this”, “these”; Anche questa categoria presenta un sistema di declinazione, ma viene introdotta una novità: nella declinazione del pronome singolare si presenta un quinto caso: quello Strumentale (instrumental), una forma residua che ha funzione sovrapposta, ormai, a quella del dativo tanto da essere completamente scomparso nei sostantivi, ad esempio. Si parla a questo proposito di sincretismo, un meccanismo che avviene quando le funzioni di due casi vengono a sovrapporsi del tutto. Anche nel caso del pronome il sincretismo è evidente, ma lo strumentale rimane utilizzata in alcune situazioni. Sono spesso i dimostrativi a trasmettere l’informazione grammaticale fondamentale quando si affiancano ai sostantivi o altri elementi, servono a dare la chiave interpretativa. 2. Pronomi personali Nella declinazione di questi pronomi troviamo, oltre al singolare e al plurale, quella del duale, una declinazione particolare che abbiamo quando si parla specificatamente di due cose; lo troviamo anche nel greco antico. ● Aggettivo Troviamo un quadro analogo a quello del nome, dal punto di vista morfologico: si hanno sempre due declinazioni (forte e debole) al maschile, femminile e neutro ma interessante è il fatto che tutti gli aggettivi possono essere declinati in un modo o nell’altro (sia secondo la declinazione forte sia secondo quella debole). ● Verbo 6/10/2020 æ → la “ash”, in Inghilterra questo simbolo viene utilizzato per dare un suono vocalico particolare, una vocale bassa palatale tra la a e la e, a differenza del latino in cui veniva usato nel dittongo; þ → il “thorn”, questo simbolo viene ripreso dall’alfabeto runico e rappresenta la fricativa dentale sorda o sonora; P → la “wyn”, anche questo ripreso dal sistema runico e rappresenta l’approssimante bilabiale w; ð → la “edh”, rappresenta la lettera d in uso nella tarda antichità, a cui venne poi aggiunto il trattino. La edh e il thorn sono perfettamente intercambiabili: entrambe possono rappresentare una fricativa dentale sorda o sonora. 6/10/2020 Declinazione del pronome personale maschile alla 3a persona Singolare (lui) Plurale (loro) Nominativo hē hīe Accusativo hine hīe Genitivo his hiera Dativo him him L’unica cosa particolare che troviamo nel singolare è la forma dell’accusativo, che riprende la desinenza nell’accusativo del pronome dimostrativo. Al plurale, nominativo/accusativo hanno stessa forma. Anche qui, genitivo e dativo presentano le stesse desinenze dei pronomi dimostrativi. Le forme del plurale, che non ricordano quelle dell’inglese moderno, sono in realtà di origine scandinava (Vichinghi). Questo perchè la lingua inglese viene influenzata dai dialetti scandinavi a partire dalla fine dell’VIII sec. In realtà, anche le lingue scandinave avevano molto delle lingue germaniche, quindi le analogie erano molte. Sappiamo che i fenomeni di prestito li ritroviamo solitamente quando si ha il bisogno di introdurre nuovi concetti o oggetti. Più raro è che i fenomeni di prestito coinvolgano parole del lessico di base, poiché ogni lingua ha la propria terminologia. Ancora più difficile è che si prendano in prestito forme grammaticali, in particolare i pronomi. In questo caso, il contatto tra le due popolazioni è stato talmente forte che le forme scandinave hanno preso il sopravvento su quelle inglesi. Coniugazione del verbo debole (1a classe) Esempio: il verbo hīer-an, “to hear” (Pronomi personali al nominativo) Presente Passato ic [itʃ] þū hē wē gē [je] hīe hīer-e hīer-st hīer-þ hīer-aþ hīer-aþ hīer-aþ hīer-de hīer-dest hīer-de hīer-don hīer-don hīer-don Le forme del plurale sono identiche. Riconosciamo subito la dentale d, il suffisso usato per la formazione del passato dei verbi deboli anche oggi in inglese. Al passato dobbiamo, dunque, distinguere la dentale, il suffisso del passato dei verbi deboli, e le desinenze. N.B.: - I verbi che terminano in consonanti dentali, come la -t e la -d, nella 3a pers.singolare del presente posso presentare il fenomeno dell’assimilazione: si verifica quando dei suoni vicini si incontrano, e uno di questi viene assimilato nell’altro. Esempio: læd-an, “to lead” 3a pers. singolare: læd-þ > lætt - In altri casi può verificarsi una semplificazione. Esempio: send-an, “to send” passato: send-de, send-dest ecc. > sende, sendest ecc. Lezione 3 Declinazione forte del nome neutro È identica a quella del nome maschile, ad eccezione di alcune differenze (contrassegnate da asterisco): il nominativo e l’accusativo al singolare e al plurale. Esempi: il nome land, “the land” 6/10/2020 Singolare Plurale *Nominativo þæt land þā land *Accusativo þæt land þā land Genitivo þæs land-es þāra land-a Dativo þæm land-e þām land-um Varianti del nome neutro: Esempio: il nome scip, “the ship” Presenta desinenza -u al nominativo e accusativo plurale, quando solitamente si ha desinenza zero: determinata dal peso della sillaba “short or long stem-syllable”. Sillaba leggera: ha una vocale breve e termina con una consonante. Sillaba pesante: ha una vocale lunga o termina con due consonanti. Declinazione forte dell'aggettivo (maschile e neutro) Esempio: gōd, “buono”; wīs, “saggio” gōd wīs Singolare Plurale Singolare Plurale Maschile Neutro Maschile Neutro Maschile Neutro Maschile Neutro N gōd gōd (*)gōd-e gōd wīs wīs wīs-e wīs A (*)gōd-ne gōd (*)gōd-e gōd wīs-ne wīs wīs-e wīs G gōd-es gōd-es (*)gōd-ra gōd-ra wīs-es wīs-es wīs-ra wīs-ra D (*)gōd-um gōd-um gōd-um gōd-um wīs-um wīs-um wīs-um wīs-um La declinazione dell’aggettivo segue quella del sostantivo, poiché presenta le stesse desinenze. In alcuni casi, però, se ne discosta perché ha desinenze diverse (*), tutte di origine pronominale: - Accusativo singolare maschile, che ha desinenza -ne,; - Dativo singolare maschile e neutro, che ha desinenza -um; - Genitivo plurale maschile e neutro, che ha desinenza -ra. Verbo “essere” Questo verbo ha un paradigma particolare e presenta fenomeni di suppletivismo: all’interno dello stesso paradigma, diverse parti utilizzano radici verbali diverse. Infinito bēon, “to be” wesan > verbo forte Presente Passato ic þū hē wē gē hīe eom eart is sind sind sind wæs wære wæs wæron wæron wæron 6/10/2020 hīe rīcs-iaþ rīcs-odon Si distingue dalla 1a classe per degli elementi in particolare: - Nel passato, prima della dentale -d troviamo regolarmente una o (in alcuni casi altre vocali); - Nel presente e nell’infinito, troviamo sempre un elemento vocalico tra la radice del verbo e la desinenza. Altri elementi sono analoghi invece: ad esempio, le desinenze. Pronome relativo Una cosa che in anglosassone è particolarmente semplificata è il pronome relativo “che”, þe, poichè non viene declinato, si presenta sempre nella stessa forma. Sintassi “quando” e “allora” La forma þā viene anche utilizzata come avverbio o congiunzione. Esempio: þā | hē | þider | fērde |, | þā | mētte | hē | þone abbod > þā all’inizio: avverbio di tempo (quando) S V V S þā mētte hē þone abbod, þā hē þider fērde > þā all’inizio: congiunzione (allora) L’importante è l’ordine S-V: - quando þā è seguito da V e poi S > frase principale; - quando è seguito da S e poi V > subordinata Lezione 5 Verbo “volere” È un verbo ad alta frequenza, insieme ad esempio al verbo avere, e presenta una coniugazione particolare. Nel passato, nonostante abbia una formazione debole, presenta un cambio nella vocale tematica (i > o) Infinito willan, “to wish to” Presente Passato > formazione debole ic þū hē wē gē hīe wille wilt wille willaþ willaþ willaþ wolde woldest wolde woldon woldon woldon Forma negativa: si forma unendo la negazione “ne” alle forme del verbo Presente Passato ic þū hē wē gē hīe nylle nylt nylle nyllaþ nyllaþ nyllaþ nolde noldest nolde noldon noldon noldon Verbo “avere” Al presente, notiamo: - cambio nella vocale tematica dal singolare al plurale (a > æ); 6/10/2020 - cambio di consonante ([b], occlusiva bilabiale > [f], fricativa). Questo dipende dalle desinenze con cui la bilabiale si lega. Infinito habban, “to have” Presente Passato > formazione debole ic þū hē wē gē hīe hæbbe hæfst hæfþ habbaþ habbaþ habbaþ hæfde hæfdest hæfde hæfdon hæfdon hæfdon Forma negativa: Presente Passato > formazione debole ic þū hē wē gē hīe næbbe næfst næfþ nabbaþ nabbaþ nabbaþ næfde næfdest næfde næfdon næfdon næfdon Declinazione del dimostrativo “this” Singolare Plurale Maschile Neutro Femminile N þes þis þeos þas A þisne þis þas þas G þisses þisre/þisse þisra/þissa D þissum þisre/þisse þissum Relativa “che” Per introdurre una relativa in inglese antico si usa sempre la particella “þe”. Il vero significato della particella poi viene esplicitato da preposizioni aggiuntive, poste sempre dopo di essa: Esempi: þe… to… (a cui) þe… on.... Declinazione debole dei sostantivi Questi nomi, oltre che deboli, possono essere definiti temi in nasale. La loro declinazione corrisponde in latino alla terza declinazione, un gruppo di sostantivi che presentano, per l’appunto, un suffisso nasale. ● Maschile Esempio: il nome mūþa, “the estuary” (estuario, foce) Singolare Plurale Nominativo * se mūþ-a þā mūþ-an 6/10/2020 Accusativo þone mūþ-an þā mūþ-an Genitivo þæs mūþ-an * þāra mūþ-ena Dativo þæm mūþ-an * þām mūþ-um Questa declinazione presenta una desinenza comune, tranne nel caso nominativo singolare e genitivo e dativo plurale: -an. Nell’indoeuropeo, questo elemento era un suffisso tematico. Poi nello sviluppo in germanico, e dopo in inglese antico, le desinenze vere e proprie sono scomparse e questo elemento è diventato desinenza. Questo spiega il motivo per cui sia presente nella maggior parte dei casi. ● Femminile Esempio: il nome wise, “the manner” (modo, maniera, comportamento) Singolare Plurale Nominativo * seo wis-e þā mūþ-an Accusativo þā wis-an þā mūþ-an Genitivo þære wis-an * þāra mūþ-ena Dativo þære wis-an * þām mūþ-um Si differenzia da quella maschile solo per il nominativo singolare, che ha desinenza in -e. ● Neutro Gli unici due nomi neutri che si incontrano sono þæt ēage, “the eye”, e þæt ēare, “the ear”. Singolare Plurale Nominativo þæt ēag-e þā ēag-an Accusativo þæt ēag-e þā ēag-an Genitivo þæs ēag-an * þāra ēag-ena Dativo þām ēag-an * þām ēag-um La declinazione neutra è uguale a quella maschile e femminile, fatta eccezione per l’accusativo singolare che ha stessa desinenza del nominativo singolare. Declinazione debole dell’aggettivo Esempio: eald, “vecchio” Singolare Plurale Maschile Neutro Femminile N eald-a eald-e eald-e eald-an A eald-an eald-e eald-an eald-an G eald-an (*) eald-ra D eald-an eald-um La declinazione dell’aggettivo debole è uguale a quella del sostantivo debole, ad eccezione del genitivo plurale che ha desinenza in -ra, di origine pronominale. 6/10/2020 Esempio: tō hīerenne, “per ascoltare” tō rīcsienne, “per regnare” tō bodienne, “per predicare” Verbo “fare” Infinito dōn, “to do” Indicativo Presente Passato ic þū hē wē gē hīe dō dēst dēþ dōþ dōþ dōþ dyde dydest dyde dydon dydon dydon Abbiamo un vocalismo alla 2a e 3a pers. singolare del presente (o > e) e in tutte le persone del passato (o > y). Al passato il verbo segue la coniugazione di un normale verbo debole di I classe. Congiuntivo Presente Passato dō dōn dyde dyden Imperativo Singolare Plurale dō dōþ Participio Presente Passato dōnde (ge)dōn Verbo “andare” Infinito gān, “to go” Indicativo Presente Passato ic þū hē wē gē hīe gā gæst gæþ gāþ gāþ gāþ eode eodest eode eodon eodon eodon Anche qui abbiamo un vocalismo alla 2a e 3a pers. sing. del presente (a > æ). Al passato si presenta il fenomeno del suppletivismo, poichè mostra una radice completamente diversa (eo-). Congiuntivo Presente Passato gā gān eode eoden Imperativo 6/10/2020 Singolare Plurale gā gāþ Participio Presente Passato gangende (ge)gān/gangen Formazione dell’avverbio da un aggettivo Per formare un avverbio da un aggettivo si utilizzano complessivamente due suffissi: - -e (lang > lange) - -lice (georn > geornlice/georne, “ardentemente”) Caso strumentale Sopravvive da fasi precedenti del germanico come una forma a se stante, ma solo in alcuni casi: nell’aggettivo forte e nei due dimostrativi (al genere maschile e neutro). In realtà può essere usato al posto del dativo. Lo strumentale tende ad essere usato soprattutto in determinate espressioni idiomatiche e determinati contesti. Lezione 7 e 8 Verbi forti La differenza sostanziale alla radice della struttura dei verbi è che: ● nei deboli, dal punto di vista morfologico, abbiamo una struttura concatenativa: Radice + suffisso tematico + desinenza (Radice + suffisso tematico = tema). Esempio: luf-o-de ● nei verbi forti questo non accade, abbiamo piuttosto una struttura a pettine: Radice lessicale + morfema che indica presente/passato posto all'interno del morfema lessicale Non si ha una sequenza di morfemi bensì un morfema inserito dentro l’altro. Esempio: s\i/ng; s\a/ng In inglese antico, i verbi forti hanno 4 forme di paradigma. È necessario averne quattro perché i verbi cambiano facilmente vocale tematica. I paradigmi presi in considerazione sono: - Infinito presente; - Passato singolare (1a, 2a e 3a pers.); - Passato plurale; - Participio passato. La funzione di questi paradigmi è quella di permettere di derivare dalle forme presentate tutto il paradigma: ➔ Il vocalismo dell’infinito mi consente di derivare tutte le forme del presente (indicativo, congiuntivo, imperativo) e anche le forme della 2a e 3a pers. sing presente. In queste forme del presente è frequente il fenomeno del vocalismo: cambio di vocale tematica. e > i helpan, stelan, sprecan... a > æ faran... ū > y brūcan... ō > ē grōwan... ā > æ hātan... ēo, ea, eo > ie, īe bēodan, healdan, feohtan... A cosa è dovuto questo fenomeno? 6/10/2020 Il vocalismo non è nient’altro che un fenomeno di assimilazione a distanza: avviene quando i due suoni vocalici in considerazione si trovano in due sillabe separate e non sono contigui. Tra questi fenomeni uno in particolare è chiamato “metafonia palatale” (in tedesco Umlaut). Nella parola formata da due sillabe, la vocale della 2a influisce su quella della 1a. Nel caso specifico, dove la vocale della 2a sillaba in germanico era i/j (vocale alta palatale), la vocale della 1a sillaba tenderà ad acquisire un’articolazione più vicina a quella della i, più vicina alla palatalizzazione. u > i/j o > e a > æ Se si tratta di vocali palatali, queste tenderanno a muoversi comunque verso l’articolazione della i. - σ1₁ =u σ₂ =i/j > σ₁ y--i σ₂ =i/j - σ₁ =o σ₂ =i/j > σ₁ e σ₂ =i/j - σ₁ =a σ₂ =i/j > σ₁ æ σ₂ =i/j - σ₁ =e σ₂ =i/j > σ₁ i σ₂ =i/j Questo fenomeno si verifica solo alla 2a e 3a pers. sing. del presente perché le desinenze (-st e -t) in germanico contenevano una i (-ist e -iþ). Esempio: helpan > help-ist; help-iþ > hilpst; hilpþ Nelle forme della 2a e 3a pers. sing. è frequente anche il fenomeno di assimilazione consonantica. Assimilazione consonantica: fenomeno di semplificazione del consonantismo nelle desinenze. 2a persona 3a persona -dst > -tst -dþ > -tt -tþ > -tt ābīdan (aspettare, attendere) hātan (chiamare, chiamarsi) -ndst > -ntst -ndþ > -nt -htþ > -ht bindan (fissare, legare) feohtan (lottare, combattere) -sst > -st -sþ > -st cēosan (eleggere, indicare…) -mmst > -mst -mmþ > -mþ swimman (nuotare) ➔ Il vocalismo del passato singolare è esclusivo della 1a e della 3a pers. sing. del passato indicativo. ➔ Il vocalismo del passato plurale lo troviamo in tutte le altre forme del passato (ad ecc. della 1a e 3a pers. sing.). ➔ Il vocalismo del participio passato è tipico di questo paradigma, non serve per derivare altre forme. I verbi forti possono essere suddivisi in 7 classi, in base a criteri particolari che a loro volta sono collegati al tipo di vocalismo che presentano. Il quadro in inglese antico è molto più ordinato di quello moderno e consente immediatamente di riconoscere eventuali verbi forti. Non incontriamo mai verbi che mischiano i vocalismi, rientrano sempre in una delle possibili serie. Da un punto di vista pratico, quando incontriamo un verbo forte e lo dobbiamo identificare, dovremmo combinare una varietà di indizi, oltre al vocalismo. 1σ (simbolo della sillaba) 6/10/2020 Lezione 9 Dall’Indoeuropeo al Germanico Le lingue romanze derivano tutte dal latino, quello volgare e parlato. Una situazione analoga la abbiamo per le lingue germaniche. Evidente è il collegamento tra tedesco e inglese, dovuto principalmente a fenomeni di prestito linguistico, nel caso di pronomi o elementi lessicali, e a un rapporto di parentela. Le corrispondenze tra tedesco, inglese e le lingue scandinave derivano dall’eredità di una lingua comune antica (lingua madre), conosciuta come “indoeuropeo”. Di questa lingua madre, in realtà, non abbiamo delle documentazioni e delle attestazioni scritte; è, dunque, una lingua ricostruita a partire dalle lingue attestate che ne sono “figlie”. Abbiamo delle corrispondenze tra rami linguistici derivati dall’indoeuropeo: il germanico, il greco antico, le lingue balto-slave, il persiano e il sanscrito che si presentano soprattutto dal lessico e dalla morfologia. La ricostruzione dell’indoeuropeo è compito della cosiddetta glottologia, una branca della linguistica che si occupa proprio della comparazione tra lingue. Sulla base del lavoro dei glottologi, specialmente quelli dell’Ottocento, è stato possibile osservare un gran numero di corrispondenze tra le lingue indoeuropee conosciute, cioè osservare le regolarità con cui esse sono andate mutando nel tempo. Le consonanti Sistema consonantico dell’indoeuropeo 2Modo di articolazione 3Luogo di articolazione bilabiali dentali palatali velari labio-velari Occlusive /p/ /t/ /k/ /𝑘𝑤/ sorde /b/ /d/ /g/ /𝑔𝑤/ sonore /bh/ /dh/ /gh/ /𝑔𝑤ℎ/ sonore aspirate Sibilanti /s/ Nasali /m/ /n/ Laterale /l/ Vibrante /r/ Semivocal i /w/ /j/ Sistema consonantico del germanico Modo di articolazione Luogo di articolazione bilabiali e labio-dentali dentali palatali velari labio-velari Occlusive /p/ /t/ /k/ /𝑘𝑤/ sorde /b/ /d/ /g/ /𝑔𝑤/ sonore 2 Modo di articolazione: parametro di classificazione delle consonanti, indica il processo fisico usato per produrre un suono 3 Luogo di articolazione: indica il punto dell’apparato articolatorio in cui il suono è prodotto 6/10/2020 Fricative /f/ /þ/ /x/ /𝑥𝑤/ sorde /ƀ - b/ /đ - d/ /g - g/ /𝑔𝑤 −𝑔𝑤/ sonore Sibilanti /s/ sorda /z/ sonora Nasali /m/ /n/ Laterale /l/ Vibrante /r/ Semivocali /w/ /j/ Vediamo che in germanico abbiamo in parte gli stessi fonemi dell’indoeuropeo (occlusive sorde e sonore, ad esempio) ma troviamo anche delle novità: - le occlusive sonore sono in distribuzione allofonica; - le fricative sorde; - la sibilante sonora. Questo è dovuto ad alcuni fenomeni che hanno distinto il germanico dall’indoeuropeo in un successivo sviluppo. Prima rotazione consonantica Anche chiamata legge di Grimm, dal nome del primo filologo che ha individuato questo sviluppo, nel Settecento/Ottocento. Si tratta di un fenomeno fonologico caratterizzato dalla trasformazione di suoni consonantici: ● occlusive sorde > fricative sorde /p/ /f/ /t/ /þ/ /k/ /x/ ● occlusive sonore aspirate > fricative sonore e occlusive sonore (solo in posizione iniziale e dopo nasale) /bh/ /b/ o /ƀ/ /dh/ /d/ o /đ/ /gh/ /g/ ● occlusive sonore > occlusive sorde /b/ /p/ /d/ /t/ /g/ /k/ A cambiare è solo il il modo di articolazione, non il punto. N.B.: ● Occlusiva sorda preceduta da sibilante /s/ > non ha luogo rotazione consonantica Esempio: speiu > spiw- est > ist 6/10/2020 Questo avviene perchè la sibilante stessa è una fricativa: la presenza di una fricativa impedisce lo sviluppo di una seconda fricativa (fenomeno di dissimilazione); ● Combinazione occlusiva sorda + /t/ > solo la prima subisce la rotazione Esempio: nokt > naxt Legge di Verner Nelle lingue germaniche rimaneva, però, comunque un problema: dopo la scoperta di Grimm, rimanevano comunque molte forme che non rientravano nella definizione del suo sviluppo. In questi casi si è dovuto attendere più a lungo, poiché solo negli anni ‘70 dell’Ottocento un altro glottologo è riuscito a risolvere la questione. Nel 1755 un altro linguista, Karl Verner, riesce a definire con precisione quello che Grimm non era riuscito a fare. Legge di Verner > le occlusive sorde in indoeuropeo diventano fricative sonore, e non sorde, in germanico se: - si trovano all’interno di parola in ambito sonoro (in cui vi è vibrazione delle corde vocali); - l’accento indoeuropeo non cadeva sulla sillaba precedente. Esempio: urt- > wurð- (fricativa sonora) ma uért- > werþ- (fricativa sorda) gus- > kuz- (fricativa sonora) ma géus- > keus- (fricativa sorda) Lezione 10 Liquide e nasali Le liquide (/l/ e /r/) e le nasali (/m/ e /n/) sono suoni che condividono delle caratteristiche con le semivocali. Entrambi sono suoni approssimanti: suoni dove vi è un avvicinamento di elementi nel tratto fonatorio ma meno incisivo; si tratta di suoni che si trovano al confine tra l'articolazione consonantica e quella vocalica. Possono, dunque, svolgere sia la funzione di consonante sia quella di sonante (vocale) quando si trovano in posizione interconsonantica. - Funzione consonantica: l, r, m, n - Funzione sonantica: ḷ, ṛ, ṃ, ṇ In indoeuropeo questi foni potevano svolgere entrambe le funzioni. ● Quando avevano funzione di consonante, le troviamo immutate in germanico. Esempio: kluto- > xluð- (“loud”) bher- > ber- (“bear”) mater > moðer (“mother”) ● Invece, quando le liquide e le nasali in indoeuropeo avevano funzione vocalica, in germanico questi suoni perdono la funzione di vocale e sviluppano la cosiddetta “vocale di appoggio”. Le troviamo precedute o seguite da questa vocale d’appoggio, che è regolarmente una “u”. Esempio: pḷnos > fullaz (“full”) mṇtiz > mundiz (“mind”) Semivocali Anche le semivocali (/j/ e /w/), come le liquide e le nasali, sono approssimanti e possono svolgere entrambe queste funzioni. Le ritroviamo tali e quali in indoeuropeo e in germanico. Le vocali Sistema vocalico dell’indoeuropeo /ai, oi, ei/ /au, ou, eu/ È un quadro familiare: 5 vocali brevi, 5 lunghe e 6 dittonghi disposti su triangolo/trapezio. 6/10/2020 - /i/ o /u/ seguite da nasale + consonante > rimangono tali. Possiamo collocare questi fenomeni nel germanico comune perchè li ritroviamo riflessi in tutti i ceppi derivati da esso (settentrionale, occidentale e orientale). Il quadro però è un pò confuso, perchè in alcune situazioni ci sono stati altri fenomeni che lo hanno modificato. Dal Germanico all’Inglese antico Quadro iniziale del germanico Modo di articolazione Luogo di articolazione bilabiali e labio-dentali dentali palatali velari labio-velari Occlusive /p/ /t/ /k/ /𝑘𝑤/ sorde /b/ /d/ /g/ /𝑔𝑤/ sonore Fricative /f/ /þ/ /x/ /𝑥𝑤/ sorde /ƀ - b/ /đ - d/ /g - g/ /𝑔𝑤 −𝑔𝑤/ sonore Sibilanti /s/ sorda /z/ sonora Nasali /m/ /n/ Laterale /l/ Vibrante /r/ Semivocali /w/ /j/ Fenomeni di consonantismo Lenizione e scomparsa della fricativa velare sorda /x/ La fricativa velare /x/ ha uno sviluppo disordinato in inglese antico. A seconda della posizione in cui si trova, ha sviluppi diversi: ● in posizione iniziale diventa fricativa glottidale [h] Esempio: germ. xelpan > ags. helpan ● in posizione intervocalica diventa fricativa glottidale, ma poi scompare del tutto se segue la vocale accentata. Esempio: germ. sexan > ags. seohan ---> seon (“to see”) N.B.: Questo processo non avviene quando è geminata e quando è in posizione finale. Esempio: germ. hlixxan > ags. hlihhan (“to laugh”) Distribuzione degli allofoni delle sonore /b, d, g/ Gli sviluppi, anche qui, sono diversi a seconda della sonora. ● Quella che ha lo sviluppo più semplice è la dentale /d/. Questa diventa occlusiva sonora in tutti i contesti. ● Nel caso della labiale, si conserva il quadro del germanico. Troviamo una occlusiva /b/: - in posizione iniziale - geminata - dopo le nasali 6/10/2020 Si conserva la fricativa sonora /β/: - in posizione mediana - in posizione finale singola ● Lo stesso vale per la velare, dove troviamo l’occlusiva /g/: - in posizione geminata - dopo le nasali Si conserva la fricativa sonora /ɣ/: - in posizione iniziale - in posizione mediana - in posizione finale Sonorizzazione e desonorizzazione delle fricative sorde ● Sonorizzazione: le fricative sorde diventano sonore quando si trovano in posizione intervocalica, o in ambito sonoro, e non sono geminate. /f, þ, s/ > /v, ð, z/ N.B.: la labiodentale /v/ si distingue dall’allofono fricativo di /b/, ovvero /β/. ● Desonorizzazione: i fonemi fricativi sonori che sopravvivevano dal germanico si desonorizzano e diventano sordi in posizione finale. /β, ɣ/ > /f, x/ Quadro riassuntivo ↳ posizione in ambito sonoro (posizione intervocalica) Lezione 12 Quadro complessivo degli sviluppi del consonantismo 6/10/2020 Situazione finale in Inglese antico: Ø > γ (viene interpretata come variante di /h/ in posizione intervocalica) Palatalizzazione delle velari Si tratta di un adeguamento delle occlusive velari (/k/ e /g/) alla vocale palatale che segue ( o al suono /j/). È un fenomeno molto frequente, che si riscontra anche nelle lingue romanze. Esempio: cool ≠ kill Un fenomeno che segue è quello di assimilazione: la palatale si trasforma in affricata. Vale sia per la velare sorda /k/ che per quella sonora /g/. /k/ > /tʃ/ (nella grafia viene indicata con <ċ> /g/ > /dჳ / (nella grafia viene indicata con <ġ> Un fenomeno analogo lo troviamo in /sk/: se in posizione iniziale verrà palatalizzato e diventerà /ʃ/, a prescindere dalla vocale che segue, invece in interno di parola ci sarà bisogno di una vocale palatale. Fenomeni di vocalismo Sviluppo della /a/ - la /ā/ subisce un ulteriore sviluppo e va a fondersi con la /ō/ quando è seguita da nasale. Esempio: germ.occ. māno > ags. mōna (“moon”) la /ā/ del germanico diventa /æ/ lunga quando, invece, non è seguita da nasale. Esempio: strāssa > stræt (“street”) - la /a/, salvo condizioni particolari, viene palatalizzata e diventa /æ/ > fenomeno del primo frontamento. Esempio: dag > dæg (“day”) Anche in questo caso, se seguita da nasale, avviene un arretramento: diventa bassa-velare /ɑ/ > nasalizzazione. - C’è poi un ulteriore sviluppo, il cosiddetto ripristino: quando nella sillaba seguente c’è una vocale non palatale, la /a/ palatalizzata per primo frontamento viene ripristinata a non palatale. Esempio: dæg (sing.); dagas (pl.) Sviluppo dei dittonghi I dittonghi del germanico occidentale subiscono tutti modifiche. - /ai/ diventa monottongo, vocale bassa-velare /ɑ/; - /au/ diventa /æa/ (graficamente <ea>), formato da un primo elemento che è vocale bassa-palatale e un secondo che è vocale bassa-velare; - /eu/ diventa /eo/. Subiscono tutti uno sviluppo parallelo: il secondo elemento del dittongo si abbassa allo stesso livello del primo elemento. Tre fenomeni caratteristici del vocalismo dell’inglese antico: 6/10/2020 ↓fram-iþ > perdita della /j/ davanti a /i/ (l’approssimante palatale davanti alla i si perde) ↓fræm-iþ > primo frontamento ↓frem-iþ > metafonia palatale frem-eþ 1. Partiamo da una costruzione in Germanico che contiene un suono /j/ seguito da suffisso -iþ. 2. Nella trasformazione, si avrà dapprima la perdita della /j/ davanti a /i/. 3. Poi ci sarà il primo frontamento, per cui la /a/ diventa /æ/. 4. Alla fine avverrà la metafonia palatale. Confronto con l’infinito: ↓fram-j-an ↓framm-jan > geminazione ↓fræmm-jan > primo frontamento fremm-an > metafonia palatale Quando prendiamo in considerazione la coniugazione dei verbi deboli, dobbiamo distinguere: 1. se la radice è una sillaba leggera o pesante: nel primo caso avremo geminazione, nel secondo no. Il peso della sillaba determina anche la presenza o la scomparsa della sillaba mediana. Esempio: sillaba leggera germ. j > i; ags. i > e (si indebolisce) sillaba pesante il peso determina la scomparsa della vocale /e/ nella sillaba mediana 2. se la radice termina con vibrante o velare: nel primo caso non avremo geminazione, nel secondo avremo comunque palatalizzazione della velare. ● La coniugazione dei verbi deboli di II classe probabilmente è l’esito di una ristrutturazione. Vediamo un’alternanza tra le forme dove compare la /i/ e quelle in cui la /i/ non si trova. Troviamo le forme in /i/ esattamente dove i verbi di I classe subiscono geminazione. Questo ha indotto gli studiosi a pensare che la coniugazione dei verbi di II classe si sia ristrutturata e si sia allineata a quelli della I, introducendo una /i/ dove nella prima classe la i era l’approssimante /j/. Altri effetti della metafonia palatale: - nomi femminili astratti in -iþu derivati da aggettivi fūl-iþu > fylþ (filth) hāl-iþu > hӕlþ (health) - alcuni aggettivi al comparativo e al superlativo con desinenze -ra, -est (*-ira, *-ist) eald > eald-ira > ieldra ; eald > eald-ist > ieldest lang > lang-ira > lengra ; lang > lang-ist > lengestą strang > strang-ira > stregra ; strang > strang-ist > strengest Lezione 14 Il verbo forte (vedi appendice A dei verbi forti, A guide to Old English) Per comprendere le strutture dei verbi forti in Anglosassone, c’è bisogno di sapere prima i vari sviluppi fonologici nelle lingue precedenti. Ripasso La differenza sostanziale alla radice della struttura dei verbi è che: ● nei deboli, dal punto di vista morfologico, abbiamo una struttura concatenativa: Radice + suffisso tematico + desinenza (Radice + suffisso tematico = tema). Esempio: luf-o-de ● nei verbi forti questo non accade, abbiamo piuttosto una struttura a pettine: 6/10/2020 Radice lessicale + morfema che indica presente/passato posto all'interno del morfema lessicale Non si ha una sequenza di morfemi bensì un morfema inserito dentro l’altro. Esempio: s\i/ng; s\a/ng Apofonia Le strutture morfologiche a pettine possono essere ricostruite anche nell’Indoeuropeo. Confrontando i vari rami dell’inde. possiamo riconoscere che, nella coniugazione del verbo indoeuropeo, trovavamo regolarmente una determinata vocale nel presente, un’altra nel passato singolare, mentre nel passato plurale e participio la vocale era assente. Questo è un fenomeno che si chiama apofonia, oppure Ablaut. È un fenomeno riconducibile all’Indoeuropeo, a differenza della metafonia (riconducibile alle lingue germaniche). Parliamo di gradi apofonici piuttosto che di variazione vocalica, perché troviamo delle vocali ma possiamo trovare anche vocale Ø. Questo fenomeno può essere preso come punto di partenza per capire cosa succede ai verbi forti nel passaggio al Germanico comune e poi all’Anglosassone. È utile, a questo proposito, uno schema sommario in merito agli sviluppi del vocalismo. Partiamo dunque da una struttura del genere: C(C) V C(C) ↪ vocale che partecipa all’alternanza apofonica Ricostruzione delle strutture a pettine nell’Indoeuropeo: - C(C) e C(C) > grado-e al presente - C(C) o C(C) > grado-o al passato singolare - C(C) Ø C(C) > grado-Ø al passato plurale e al participio passato Il problema è che le vocali subiscono degli sviluppi dall’Indoeuropeo fino ad arrivare all’Inglese antico. Dunque quello che ricostruiamo per l’Indoeuropeo, non possiamo farlo per l’Inglese antico. Esempio: C(C) o C(C) > in germ. la /o/ diventa /a/ 6/10/2020 I classe: C(C) V YC - C(C) Ø iC > al participio passato e al passato plurale ↪ La /i/ è parte della radice vera e propria, non dell’alternanza apofonica. In queste forme troviamo assenza di vocale. Esempio: drifon, drifen - C(C) e iC > al presente In questo caso la vocale apofonica /e/ e la /i/ della radice dà il dittongo /ei/, che a sua volta in Germanico e poi in Anglosassone diventa /ī/. Esempio: drīfan ecc. - C(C) o iC > al passato singolare In questo caso la vocale apofonica /o/ e la /i/ della radice dà il dittongo /oi/, che a sua volta in Germanico diventa /ai/ e poi in Anglosassone diventa /ā/. Esempio: drāf II classe (2a): C(C) V WC - C(C) Ø uC > al participio passato e al passato plurale ↪ La /u/ è parte della radice vera e propria, non dell’alternanza apofonica. A differenza della I classe, qui troviamo una /u/ nel passato plurale e una /o/ nel participio passato. Questo perché in Germanico la /u/ si abbassa e si trasforma in /o/ per armonia vocalica. Esempio: inde. *crup-an-az La vocale bassa nella desinenza del participio passato -az determina l’abbassamento della /u/ ad /o/. Nell’evoluzione dal germ. all’ags. l’ultima sillaba -az scompare, e la /a/ di -an si indebolisce e diventa /e/. germ. crop-an > ags. cropen - C(C) e uC > al presente Otteniamo il dittongo /eu/, che in Anglosassone diventa /eo/ (o /ie/ se subisce metafonia palatale) Esempio: creopan, criep- (2a e 3a pers. singolare) - C(C) o uC > al passato singolare Otteniamo il dittongo /ou/, che in Germanico diventa /au/ e in Anglosassone /ea/. Esempio: creap III classe: C(C) V L/NC ➢ 3a: C(C) V NC ➢ C(C) Ø nC > al participio passato e al passato plurale Nel passato plurale, la nasale in inde. era sonante (/ṇ/). Nel passaggio al Germanico sviluppa una vocale d’appoggio e in Anglosassone rimane così (/un/). Esempio: sungon - C(C) e nC > al presente La /e/ si conserva nel passaggio dall’Indoeuropeo al Germanico, mentre in Anglosassone si innalza a /i/ (seguita da nesso nasale + consonante). Esempio: singan ecc. - C(C) o nC > al passato singolare 6/10/2020 classe, presenta un vocalismo variabile: non una /o/ ma una /a/ prima della dentale), for þon (congiunzione preposizionale: combinazione di preposiz. semplice + forma del dimostrativo → for + dat. dimostrativo) hē gewunade (gewunian, debole di II classe. Presenta anche lui una /a/ invece di una /o/ prima della dentale al passato sing.) gerisenlīce (agg. forte neutro, acc. pl.) leoð (nome neutro forte, acc. pl.) wyrcan (infinito, debole di I classe. Possiamo intuire ci sia stata metafonia palatale di /u/ e palatalizzazione della velare → wurkjan > wyrcan), þa ðe (introduce frase relativa) tō æfæstnisse (dat. sing. nome astratto, suffisso -nes) ond tō ārfæstnisse belumpen (cong. pass, verbo forte di III classe → belimpen. Nasale+consonante della radice > caratteristica della classe), swā ðætte, swā hwæt swā hē of godcundum (dat. pl.) stafum (nome forte masch, dat. pl. Al singolare fa stæf, al plurale la ash viene ripristinata perchè nella sillaba successiva abbiamo una vocale non palatale) þurh bōceras (nome forte masch, acc. pl. di bōc) geleornode (leornian, verbo debole di II classe, pass. sing.), þæt hē æfer medmiclum (agg. forte neutro, dat. sing.) fæce (nome forte neutro, dat. sig.) in scopgereorde (nome forte neutro, dat. sing. Composto: scop > poeta, gereord > lingua) mid (solitamente regge dativo, ma in alcuni casi può reggere accusativo) þā mæstan (superlativo di miċel, “great”, irregolare) swētnisse (nome forte femminile, acc. sing) ond inbryrdnisse (nome forte femm, acc. sing) geglængde (passato sing, verbo debole di I classe → glængan. Perdita della vocale mediana perché costituito da sillaba pesante), ond in Engliscgereorde wel geworht (part. pass. di wyrcan. Particolarità: non ha il suffisso in -ið già in germanico. Non essendoci la /i/ la metafonia palatale non avviene, piuttosto si ha un abbassamento della /u/ ad /o/ → wurkða > worhte) forþbrōhte (pass. di forþbringan, verbo debole di I classe. Fa parte di quei pochi verbi che al pass. sing. e al part. pass. cambiano vocale tematica e aggiungono un suffisso dentale, quelli che oggi chiameremmo verbi misti). Riga 7-17 Ond for his lēoþsongum (nome forte masch, gen. pl. Composto: leoþ > canto, song: poesia) monigra (agg. forte, gen. pl.) monna mōd (S, nome neutro forte, nom. pl.) oft tō worulde (nome forte femm, gen. sing. → woruld) forhogdnisse (nome astratto, deriva dal verbo hycgan “pensare”, verbo debole III classe → radice del part. pass. hogod) ond tō geþēodnisse þæs heofonlican (agg. debole neutro, gen. sing. Debole perchè preceduto da dimostrativo) līfes (nome debole neutro, gen. sing.) onbærnde (part. pass. di onbærnan declinato come agg., debole di I classe → onbærned > onbærnde, perdita della sillaba mediana per la presenza di sillaba pesante) wæron (pass. pl. di beon che usa le forme del passato pl. del verbo wesan, il quale può essere collocato nella V classe dei verbi forti. Non può essere collocata nella IV classe perchè la /r/ è l’esito del rotacismo della sibilante sonora /z/, derivata ancor prima dalla legge di Verner per cui una occlusiva sorda diventa sonora). Ond ēac swelce (avv.) monīge ōðre (caduta di nasale dopo fricativa sorda e allungamento compensatorio della vocale precedente + perdita della sillaba mediana con l’aggiunta della desinenza) æfter him in Ongelþēode ongunnon (verbo forte di III classe, pass. pl. di onġinnan. Radice: nasale + consonante) æfæste (agg. forte neutro, acc. pl.) lēoð wyrcan; ac nænig (negazione “ne” + ān + -ig) hwæðre him þæt gelīce dōn meahte (pass. di magan, verbo preterito presente, “piacere”, collocabile nei verbi forti di V classe. Al pass. sing. la vocale /ӕ/ ha subito frattura davanti a fricativa sorda: ӕ > ea), for þon hē nales (“ne” + alles) from monnum ne þurh mon (variante: mann. La vocale bassa velare /α/ può essere rappresentata graficamente con <a> o <o>. Al plurale abbiamo un altro fenomeno: originariamente aveva una desinenza con -i e per questo si ha metafonia palatale → mann-iz > menn) gelæred (part. pass. di læran) wæs, þæt (congiunzione che introduce consecutiva) hē þone lēoðcræft leornade (pass. di leornian, verbo debole di II classe. La particolarità è che non presenta una /o/ come elemento vocalico al passato, secondo la grammatica tradizionale), ac hē wæs godcundlīce (avv. con -lice) gefultumed (part. pass. di fultumian, “aiutare”, debole di II classe) ond þurh (regge solitamente acc.) Godes (nome forte maschile, gen. sing.) gife (nome forte femm, acc. sing.) þone songcræft (Composto: song > canto, cræft > arte. Nome forte maschile, acc. sing, lo riconosciamo dal dimostrativo) onfēng (verbo forte di VII classe, onfōn. La /ē/ deriva dalla /ē/2 del germanico. Verbo contratto: ha una forma ridotta. Presenta anche la variazione del consonantismo dovuto al fatto che alcune forme derivano da Grimm altre da Verner. Le forme del passato pl. e del part. pass. presentano riflessi della Legge di Verner: pl. fengon → la /g/ deriva dalla trasformazione dell’occl. sorda /k/ in fricativa sonora /y/ per poi diventare occlusiva sonora dopo nasale. La forma del presente contiene riflessi della Legge di Grimm, per la presenza originaria di una fricativa sorda /x/: fanx-an > fōx-an > fōan > fōn, la /x/ scompare in posizione intervocalica e per contrazione il dittongo /oa/ si trasforma in /o/). Ond hē for ðon (funzione avverbiale) næfre (“ne” + æfre) nōht lēasunge (leasung → nome forte femm, gen. sing.) ne īdles (idel → agg. forte neutro, gen. sing. Formato da sillaba forte, con l’aggiunta della desinenza perde la sillaba mediana) lēoþes (leoþ → nome forte neutro, gen. sing.) wyrcan meahte, ac efne þā ān (agg. forte neutro, acc. pl. > desinenza Ø) þā ðe tō 6/10/2020 æfæstnesse belumpon (pass. pl. di belimpen), ond his þā æfestan (agg. debole femm, acc. sing.) tungan (nome debole femm, acc. sing.) gedafenode (pass. di gedafenian, verbo debole di II classe, usato per costruzioni impersonali) singan. Riga 18-44 Wæs (V) hē (S) se mon in weoruldhāde (weoruldhād → nome forte maschile, dat. sing.) . Il suffisso -had è molto diffuso nella formazione dei sostantivi astratti) geseted (part. pass. di settan, verbo debole di I classe. Ha subito geminazione, primo frontamento e metafonia palatale: sat-jan > settan. Al passato non si ha geminazione. Deverbativo (derivato) da sittan, verbo forte di V classe) oð ða tīde (tīd → nome forte femm, acc. sing.) ðe hē wæs gelyfdre (agg. forte femm, gen. sing. Questa forma viene dal part. pass. di libban, verbo debole di III classe) ylde (yldu → nome forte femm, gen. sing.), ond hē næfre nænig lēoð (acc. sing.) geleornade. Ond hē for ðon oft in gebēorscipe (gebēorscip → nome forte maschile, dat. sing. Il suffisso -scip- è molto comune per la formazione dei sostantivi) , ðonne ðær wæs (V) blisse (bliss → nome forte femm, gen. sing.) intinga (S, nome debole maschile, nom. sing.) gedēmed (part. pass. di dēman, verbo debole di I classe. Verbo derivato dal sostantivo dōm. Abbiamo metafonia palatale ma non geminazione per la presenza della vocale lunga: dōm-jan > dēman), ðæt hēo (variante di hie, pronome personale pl.) ealle sceolden (congiuntivo pl, verbo pret. presente. Al passato ha una formazione debole, con suffisso dentale. Al presente la radice è sceal.) ðurh endebyrdnesse (nome forte femm, dat. sing.) be hearpan (hearpe → nome debole femm, acc. sing.) singan, ðonne hē (S) geseah (V, pass. di seon, verbo forte di V classe. La /h/ è una fricativa velare sorda che quando segue una vocale palatale causa una dittongazione della vocale palatale chiamato frattura. Quindi /ea/ prima della frattura sarà stato /æ/ che a sua volta è l'esito in anglosassone di /a/ per il primo frontamento. Al presente è un po' complicato perché se partiamo con una forma *sexan, la fricativa velare sorda non si trova in posizione finale ma intervocalica quindi si indebolisce, poi siccome è preceduta da una vocale radicale accentata scompare del tutto, prima di indebolirsi causa la frattura - seoxan, seoan – indebolimento e scomparsa della fricativa velare sorda, seon – contrazione del vocalismo. E' un verbo contratto che al passato plurale e al participio pass. presenta le labiovelari che apre uno sviluppo disordinato e può diventare sia velare sia approssimante) ða hearpan (acc. sing.) him nēalēcan (verbo debole di I classe. Ha subito palatalizzazione.), ðonne aras (V, pass. sing. di arīsan, verbo forte di I classe) hē (S) for scome from ðæm symble (symbel → nome forte neutro, dat. sing. Con l’aggiunta della desinenza subisce caduta della sillaba mediana) ond ham ēode (pass. sing. di gān. Fenomeno del suppletivismo: cambio della radice da una forma all’altra) tō his hūse (hūs → nome forte neutro, dat. sing.). þa hē ðæt ða sumre tīde dyde (pass. sing. di don > verbo anomalo), ðæt hē forlēt (pass. di forlētan, verbo forte di VII classe) ðæt hūs (acc. sing.) ðæs gebēorscipes (gen. sing.) ond ūt wæs gongende (part. pres. di gān, lo riconosciamo dal suffisso -nd. Forma estesa: gangan/gongan > verbo anomalo) tō nēata (nēat → nome forte neutro, gen. pl.) scipene (scipen → nome forte neutro, dat. sing.), ðara heord (nome forte femm, nom. sing.) him wæs ðære neahte (neaht → nome forte femm, dat. sing. Sostantivo che subisce frattura) beboden (part. pass. di beodan, verbo forte di II classe), ða hē ða ðær in gelimplicre (agg. con suffisso -lic. Agg. forte femm, dat. sing. La radice limp- deriva dal verbo belimpan.) tīde (dat. sing.) his leomu (lim → nome forte neutro, acc. pl.) on reste gesette (pass. di settan. Nella forma del passato si ha assimilazione delle due dentali: set-de > sette) ond onslēpte (pass. di slepan, verbo debole di I classe. È un deverbativo, derivato dal verbo forte di VII classe slæpan. Ha subito metafonia palatale di /æ/ e assimilazione di dentale: slæp- jan > slepan; slep-de > slepte) , ða stōd (V, pass. di standan, verbo forte di VI classe. Particolarità: il fatto che la radice al pres. e al part. pass. abbia un infisso nasale.) him sum mon (S) æt (uno di quei casi di preposiz. poste prima o dopo il sostantivo o il pronome a cui si riferiscono) ðurh swefn (nome forte neutro, acc. sing.) ond hine halette (pass. di halettan, verbo debole di I classe) ond grētte (pass. di grētan, verbo debole di I classe. Abbiamo assimilazione di dentale: gret-de > grette) ond hine be his noman (nama → nome debole maschile, acc. sing.) nemnde (pass. di nemnan, verbo debole di I classe) : ‘Caedmon, sing mē hwæthwugu (pronome, acc. sing.).’ ða ondswarede (pass. di ondswarian, verbo debole di II classe) hē ond cwæð (pass. di cweðan, verbo forte di V classe. Verbo dove troviamo riflessi della legge di Verner nel passato pl. e part. pass.: presenza di fricativa sonora): ‘Ne con (pres. di kunnan, verbo pret. presente. La grafia può essere /a/ o /o/ perché seguita da nasale. Al singolare presenta il vocalismo tipico di un pass. sing. forte (III classe) e al plurale del presente abbiamo il vocalismo tipico del pass. pl. di un verbo forte (III classe)) ic nōht singan; ond ic for ðon of ðeossum ( dimostrativo, forma variabile di ðissum, dat. sing. di ðis) gebeorscipe (dat. sing.) ūt ēode, ond hider (avv. di moto a luogo) gewat (pass. di witan, verbo forte di I classe. Da distinguere dal pret. presente witan “sapere”), for ðon ic naht singan ne cūðe (pass. di kunnan. Partiamo da una forma come cunn-ð-a, che subisce caduta di nasale davanti a fricativa sorda e allungamento compensatorio della vocale > cūðe).’ Eft hē cwæð, se ðe mid hine sprecende (part. pres. di sprecan) wæs: 6/10/2020 ‘Hwæðre ðū meaht (2a persona sing. del presente, preterito presente da magan) mē singan.’ ða cwæð hē: ‘Hwæt sceal (pres. di sculan “dovere”, verbo pret. presente. Ha una radice verbale che collocheremmo nella IV classe. Al pres. sing. ha vocalismo /ea/ e non /ӕ/, per dittongazione palatale con /sc/, lo stesso vocalismo che troveremmo al pass. sing. della classe forte. Al pres. pl. il vocalismo non corrisponde al pass. pl. dei verbi della classe forte perchè, invece di trovare una /ӕ/ lunga, troviamo una /u/. Questo vocalismo in /u/ è dovuto al fatto che in germ. la liquida /l/ era sonante e in ags. ha sviluppato vocale d’appoggio.) , ic singan?’ Cwæð hē: ‘Sing mē frumsceaft (nome forte femm, acc. sing. Composto: fruma > inizio, sceaft > creazione. Sostantivo astratto derivato da una radice verbale, scieppan → weak present. La forma originaria sarà stata qualcosa come skap-jan. Subisce primo frontamento della /a/ in /ӕ/ e poi metafonia palatale: scӕp-jan > scep-jan. Qui abbiamo un ulteriore fenomeno: il nesso consonantico /sk/ si palatalizza e la /e/ subisce dittongazione palatale in /ie/, per poi subire geminazione.) .’ ða hē ða ðas andsware (andswar → nome forte femm, acc. sing.) onfēng, ða ongon (pass. di onginnan, verbo forte di III classe. Al presente immaginiamo ci sia stata palatalizzazione della /g/) hē sōna singan in herenesse (herenes → nome forte femm, dat. sing.) Godes (gen. sing.) Scyppendes (gen. sing. Deriva dal part. pres. di scieppan) ða fers (nome forte neutro, acc. pl.) ond ða word ðe hē næfre gehyrde (pass. di hieran, verbo debole di I classe), ðara endebyrdnes (nome forte femm, nom. sing.) ðis is: Nū wē sculon herigean (verbo debole di I classe) heofonrīces (agg. composto forte neutro, gen. sing.) Weard (nome forte masch, nom. sing.), Meotodes (meotod → nome forte masch, gen. sing. Deriva dalla radice del verbo metan “misurare”) meahte (meaht → nome forte femm, acc. sing.) ond his mōdgeðanc (nome forte masch, acc. sing.), weorc (nome forte neutro, acc. pl.) Wuldorfæder (nome forte masch, gen. sing. Declinazione particolare dei nomi di parentela: al ding. non hanno desinenza e neanche all’acc. e al nom. pl.), swa hē wundra (wundor → nome forte neutro, gen. pl. Perdita della vocale mediana per sillaba pesante) gehwæs (hwæt → pronome interrogativo, gen. sing.), ēce (agg. forte masch, nom. sing.) Drihten (nome forte masch, nom. sing.), ōr onstealde (part. pass. di onstellan, verbo debole di I classe). Hē ærest (superlativo dell’avv. ær “prima”) sceōp (scōp > pass. di scieppan) eorðan (eorð → nome debole femm, gen. sing.) bearnum (bearn → nome forte neutro, gen. pl.) heofon (nome forte masch, acc. sing.) tō hrōfe (hrof → nome forte masch, dat. sing.), halig (agg. debole, nom. sing.) Scyppend. ða middangeard monncynnes (nome forte neutro, gen. sing. Variante grafica di mancynn) Weard, ēce Drihten, æfter tēode (pass. di teon, verbo debole di II classe) fīrum (firas → solo al nom. pl, nome forte maschile, dat. pl.) foldan (folde → nome debole femm, acc. sing.) , Frēa ælmihtig (calco su un termine latino, deriva dalla radice di meacht). Riga 45-60 Þā ārās (pass. del verbo risan, verbo forte di I classe) hē from þæm slæpe (slæp → nome forte maschile, dat. sing.), ond eal þā þe hē slæpende (part. pres. di slæpan, verbo forte di VII classe) song (pass. sing. di singan, verbo forte di III classe) fæste (avv.) in gemynde (mynd → nome forte neutro, dat. sing. Il sostantivo ha dapprima sviluppato vocale di appoggio nel passaggio e sonorizzazione della /s/ in /z/ secondo legge di Verner da i.e. a germ. e poi metafonia palatale di /y/: mṇtis > mundiz > mynd) hæfde (pass. di habban, verbo anomalo che fa parte del piccolo gruppo della III classe debole), ond þæm wordum (word → nome forte neutro, dat. pl.) sōna monig word in þæt ilce (ilca → agg.) gemet (nome forte neutro, dat. sing. Proviene da radice verbale di metan) Gode wyrðes (wyrð → agg. forte masch, gen. sing.) songes (song → nome forte masch, gen. sing.) tōgeþēodde (pass. di geðeodan, verbo debole di I classe). Þā cōm (V, pass. di cuman, verbo forte di IV classe. Ha un vocalismo particolare: al pass. sing. presenta una /o/ e non una /ӕ/ o una /a/; al presente infinito troviamo una /u/ invece di una /i/. Questo è dovuto al fatto che la radice di questo verbo conteneva una labiovelare /gw/) hē (S) on morgenne (morgen → nome forte maschile, dat. sing.) tō þæm tūngerēfan (tungerefa → nome debole maschile, dat. sing.), þe his ealdormon (nome forte maschile, nom. sing. Composto: ealdor > più anziano (comparativo), mon > uomo) wæs; sægde (pass. di secgan, verbo debole di III classe) him hwylce gife (acc. sing.) he onfēng. Ond hē hine sōna (avv.) tō þære abbudissan (dat. sing.) gelædde (pass. di lӕdan, verbo debole di I classe. Avendo sillaba pesante, al pass. perde la sillaba mediana. La doppia dentale non va confusa con la geminazione (primo perchè avviene al presente e non al passato, secondo perchè ha sillaba pesante). Abbiamo assimilazione perché la consonante con cui termina la radice, /d/, è identica al suffisso del pass.) ond 6/10/2020 comporta come un verbo debole. Presenta, quindi, metafonia palatale della /e/ e geminazione della dentale: bed-jan > bid-jan > biddan) hē his þegn (nome forte maschile, acc. sing.) on æfenne (æfen → nome forte maschile, dat. sing.) þære neahte (neaht → nome forte femm, gen. sing. Presenta sviluppo della /o/ in /a/ e la 1a rotaz. consonantica dall’i.e. al germ., primo frontamento e poi frattura nel passaggio dal germ. all’ags.: nokt > naxt > næht > neaht) þe hē of worulde gongende (part. pres. di gongan/gangan) wæs þæt hē in þæm hūse him stōwe (stow → nome forte femm, acc. sing.) gegearwode (pass. di gewearnian, verbo debole di II classe) þæt hē gerestan meahte. Þā wundrode (V, pass. di wundrian, verbo debole di II classe) se þegn (S) for hwon hē ðæs bæde (cong. pass. sing. di biddan), for þon him þūhte (pass. sing. di þyncan, verbo debole di I classe. È uno di quei verbi che già in germ. non aveva il suffisso -i e dunque non subisce metafonia palatale, che invece troviamo al presente) þæt his forðfōr swā nēah ne wære (cong. pass. sing.); dyde (pass. sing. di don) hwæðre swā swā hē cwæð (pass. sing. di cwæðan, verbo forte di V classe. Troviamo riflessi della legge di Grimm al presente e al pass. sing. e della legge di Verner nel pass. pl. e nel part. pass.) ond bibēad (pass. sing. di beodan). Ond mid þӯ (congiunzione preposizionale: prep + forma del dimostrativo) hē ðā þær on reste eode (pass. di gan), ond hē gefēonde (part. pres. di feon, verbo forte di V classe) mōde (dat. sing.) sumu þing mid him sprecende ætgædere ond glēowiende wæs, þe þær ær inne wæron, þā wæs (V) ofer middeneaht þæt hē (S) frægn (pass. sing. di frignan, verbo forte di III classe. Vocalismo particolare solo al pass. sing.: ha subito metatesi della nasale e della velare, poi palatalizzazione della velare e primo frontamento: fringan > frignan > fragn) hwæðer hēo ænig hūsl (acc. sing.) inne hæfdon (pass. pl. di habban). Þā ondswarodon hēo ond cwædon: "Hwylc þearf (nome forte femm, nom. sing. Deriva da Þurfan) is ðē hūsles? Ne þīnre (dat. sing.) forþfōre (dat. sing.) swā nēah is, nū þū þus rōtlīce (avv.) ond þus glædlīce (avv.) tō ūs sprecende eart." Cwæð hē eft: "Berað (imperativo di beran, verbo forte di IV classe) mē hūsl tō." Riga 104-125 Þā hē (S) hit þā on honda (hond/hand → nome forte femm, dat. sing. Solito fenomeno per cui la vocale bassa davanti a nasale viene scritta sia con la /a/ e la /o/. È un dativo ma questa desinenza -a è anomala perchè il dativo presenta una desinenza -e nei nome maschili neutri e femminili forti, e i nomi deboli hanno la desinenza -an. Qui la desinenza -a appartiene a una declinazione minore, ovvero i temi in -u) hæfde, þā frægn hē hwæþer hēo ealle smolt (agg. forte neutro, acc. sing.) mōd (acc. sing.) ond būton eallum (eall → agg. debole, dat. pl.) incan (inca → nome debole maschile, acc. sing.) blīðe (agg. forte neutro, acc. sing.) tō him hæfdon. Þā ondswaredon (pass. pl.) hӯ (variante di hie, pron. pl.) ealle ond cwædon þæt hēo nænigne (agg. forte maschile, acc. sing. ) incan (acc. sing.) tō him wiston (pass. di witan, verbo pret. pres. Al pass. ha un consonantismo particolare), ac hēo ealle him swīðe blīðemōde wæron; ond hēo wrixendlīce (avv.) hine bædon (pass. pl. di biddan) þæt hē him eallum blīðe wære. Þā ondswarade hē ond cwæð: "Mīne brōðor (nom. pl. Declinazione particolare perchè non ha la desinenza), mīne þā lēofan (nom. pl.), ic eom swīðe blīðemōd tō ēow ond tō eallum (dat. pl.) Godes (gen. sing.) monnum (dat. pl.)." Ond swā wæs hine getrymmende (part. pres. di trymman) mid þӯ heofonlecan (agg. debole, gen. sing.) wegneste (wegnest → nome forte neutro. Composto: weg > strada, nest > nutrimento) onde him ōðres (gen. sing.) līfes (gen. sing.) ingong (acc. sing.) gegearwode. Þā gӯt hē (S) frægn (V), hū nēah þære tīde (dat. sing.) wære (cong. pass. sing.) þætte þā brōðor (nom. pl.) ārīsan scolden (cong. pass.) ond Godes (gen. sing.) lof (nome forte neutro, acc. sing.) rӕran (verbo debole di I classe. Deriva dalla stessa radice di risan, dalla forma del pass. sing. Per arrivare a rӕran dovremo tener conto di cosa succede alla vocale radicale: già in germanico avevamo una sibilanta sonora, dovuto al fatto che l’accento evidentemente cadeva sul suffisso -jan, poi abbiamo rotacismo e alla fine arriviamo al verbo: rasjan > razjan > rӕran) ond heora uhtsong (nome forte maschile, acc.sing. Composto: uhta > periodo prima dell’alba, song > canto) singan. þa ondswaredon hēo: ‘Nis hit feor tō þon.’ Cwæþ hē: ‘Teala (eclamaz.): wuton (Variante di uton, cong. di witan. In realtà si è fossilizzato nell’uso e viene usato con l’infinito per introdurre ingiunzioni) wē wel þӕre tīde (dat. sing.) bīdan (verbo debole di I classe).’ Ond þa him gebæd (pass. sing. di biddan) ond hine gesegnode (pass. sing. di segnian, verbo debole di II classe) mid Crīstes (gen. sing.) rōdetacne (nome forte neutro, dat. sing. Composto: rod > croce, tacn > segno), ond his hēafod (nome forte neutro, acc. sing.) onhylde (pass. sing. di hyldan, verbo debole di I classe) tō þam bolstre (bolster → nome forte neutro, dat. sing. Perdita della vocale mediana per la presenza di una sillaba pesante), ond medmicel fæc (acc. sing.) onslēpte (pass. sing. di slepan, verbo debole 6/10/2020 di I classe. È un deverbativo: abbiamo il verbo primario che è forte della VII classe, slæpan, da questa radice abbiamo una formazione secondaria), ond swa mid stilnesse (nome forte femm, dat. sing.) his līf (acc. sing.) geendade. Ond swa wæs geworden (part. pass. di weordan, verbo forte di III classe. La radice infatti è caratterizzata da liquida + consonante. Il vocalismo riflette il fenomeno di frattura) þætte swa swa hē hluttre (hluttor → agg. forte femm. Scomparsa della vocale mediana) mōde (dat. sing.) ond bilwitre (bilewit → agg. forte femm, dat. sing.) ond smyltre (smylte → agg. forte femm, dat. sing.) wilsumnesse (wilsumnes → nome forte femm, dat. sing.) Drihtne þēode (pass. sing. di þēowan, verbo debole di I classe. Deriva dalla radice del sostantivo þēow “servo”. Al pass. abbiamo un fenomeno particolare: si perde l’approssimante /w/ con l’aggiunta del suffisso dentale: þēowde > þēode), þæt hē ēac swylce swa smylte (dat. sing.) dēaþe (nome forte maschile, dat. sing.) middangeard wæs forlӕtende (part. pres. di lӕtan), ond tō his gesihþe (gesihþ → nome forte femm, dat. sing. Formato con il suffisso -þ, la radice è sih > da seon) becwōm (pass. di cuman. Cwom/com > varianti). Ond sēo tunge (S, nom. sing.), þe swa monig halwende (agg. forte neutro, acc. pl.) word (acc. pl.) in þæs Scyppendes lof (acc. sing.) gesette, hē þa swelce ēac þa ytmæstan (ytmæst → agg. debole, acc. pl.) word in his herenisse (herenis → nome forte femm, dat. sing.), hine seolfne segniende ond his gast (acc. sing.) in his honda (dat. sing.) bebēodende, betynde (pass. sing. di endian). Eac swelce þæt is gesegen (part. pass. di seon) þæt hē wære gewis (agg. forte maschile, nom. sing. Derivato dalla radice di witan) his seolfes forþfōre (gen. sing.), of þӕm wē ne secgan hyrdon. Testo 9, Resoconto di Beda sul poeta Cædmon Nel monastero di questa badessa c’era un certo frate reso famoso e rispettato/onorato particolarmente con un dono divino, poiché lui era solito comporre canti onorevoli, quelli che riguardavano la religione e la pietà sicché ciò che lui delle lettere divine imparava attraverso gli studiosi, dopo un breve lasso di tempo, in lingua poetica con la più grande dolcezza e ispirazione adornava e in lingua inglese ben plasmato riproduceva. E per i suoi canti poetici gli animi di molti uomini erano spesso ispirati al disprezzo del mondo e al desiderio della vita celestiale. E ugualmente molti altri dopo di lui nella terra degli Angli iniziarono a comporre canti religiosi; ma nessuno, tuttavia, poteva fare ciò ugualmente, poiché lui per nulla dagli uomini né attraverso l’uomo fu istruito affinché imparasse l’arte del canto, bensì fu divinamente assistito e attraverso un dono di dio ricevette il dono del canto. E lui, per questo, mai nulla di falso né un canto vano/senza valore poteva comporre, ma solamente quelle che riguardavano la religione ed era appropriato per la sua pia lingua cantare. Era lui quell’uomo posto in condizione laica fino al tempo che era di età vissuta ed egli mai nessun canto aveva imparato. E lui, per questo, spesso in una festa, quando lì era giudicato motivo di gioia che tutti loro dovessero cantare in successione accompagnati dall’arpa, quando lui vedeva l’arpa avvicinarsi, allora lui si alzava per la vergogna dalla festa e andava a casa sua. Quando poi lui ciò in un certo tempo fece che abbandonò la casa della festa e andò fuori alla stalla delle bestie, la cui cura era stata ordinata a lui quella notte, quando lui poi lì a tempo debito mise a riposo le sue membra e si addormentò, allora stette accanto a un certo uomo nel sogno e lo salutò e lo chiamò con il suo nome: “Cedmon, cantami qualcosa”. Allora rispose e disse: “Non posso cantare nulla, e per questo me ne andai da questa festa e sono venuto qui poiché non potevo cantare nulla”. Dopo disse quello che con lui stava parlando: “Tuttavia tu puoi cantare per me”. Allora lui disse: “Cosa devo cantare?”. Disse lui: “Cantami la prima creazione”. Quando lui ricevette questa risposta, allora iniziò presto a cantare in onore di Dio creatore i versi e le parole che mai aveva udito, la cui sequenza è questa: Ora noi dobbiamo lodare il guardiano del regno dei celi, la potenza del creatore e la sua saggezza, le opere del padre di gloria, come lui di ciascuna delle meraviglie l’eterno signore stabilì l’inizio. Egli per prima cosa creò per i figli della terra il cielo a protezione, il santo creatore. Il guardiano del genere umano, l’eterno signore, poi creò la terra per gli uomini, il signore potente. Allora lui si alzò dal sonno e tutte le cose che dormendo aveva cantato saldamente in mente aveva e a quelle parole presto molte parole nella stessa misura/nello stesso metro di canto degno per Dio aggiunse. Allora lui venne al mattino dal sovrintendente, che era il suo superiore. Gli disse quale dono aveva ricevuto. E lui presto lo condusse dalla badessa e a lei quelle cose rese note e disse. Allora ella ordinò di radunare tutti gli uomini più istruiti e i dotti, e ordinò di dire loro il sogno e di cantare il canto affinché fosse deciso dal giudizio di tutti loro cosa o da dove ciò fosse venuto. Allora parve a tutti loro, così come era, che un dono divino gli fosse stato donato dal Signore stesso. Allora essi gli raccontarono e gli dissero una certa storia santa e parole di insegnamento divino. Ordinarono a lui poi, se poteva, che in melodia di canto poetico ciò trasformasse. Quando lui poi ebbe compreso il compito, allora andò a casa e venne al mattino e, adornato con il miglior canto, cantò e diede loro quello che gli era stato ordinato.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved