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Analisi della Struttura Sintattica di una Frase: Osservazione di Gianni, Appunti di Filosofia

La struttura sintattica di una frase utilizzando l'esempio di 'Gianni osserva tre foto di un ragazzo invidioso con attenzione'. la frase scissa e la struttura profonda, discutendo sulla differenza tra grammatica a stati finiti e grammatica a struttura sintagmatica. anche ricerche recenti sulla comprensione del linguaggio in animali come scimpanzé e tamarini.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 14/10/2021

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irene-monzani 🇮🇹

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Scarica Analisi della Struttura Sintattica di una Frase: Osservazione di Gianni e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! FILOSOFIA DELLA MENTE LEZIONE 5\6\7- LA STRUTTURA SINTATTICA Fino ad ora sono state presentati una serie di argomenti a favore della ipotesi che il linguaggio sia «simile a un organo»: -ha caratteristiche proprie di altre capacità e funzioni organiche (come avere delle tappe di sviluppo determinate) - ha un periodo critico per lo sviluppo di queste abilità È stato presentato anche un argomento contro l’ipotesi che il linguaggio sia un costrutto sociale: -la complessità linguistica non è collegata alla complessità sociale. Tuttavia rimane un argomento contro l’ipotesi innata del linguaggio che è la varietà delle lingue. Infatti se il linguaggio è simile a una funzione organica ci aspetteremmo che tutti gli individui condividano la stessa lingua, così come tutti gli individui camminano nello stesso modo. Il problema è stato affrontato da Chomsky e dalla comunità linguistica che si ispira alle sue idee mediante la Teoria dei Principi e dei Parametri. Chomsky per rispondere alla domande se lingue possono variare e se hanno una base comune, introduce una distinzione tra Lingua-E e Lingua-I LINGUA-E: è l’estrinsecazione di una lingua, corrisponde all’insieme di frasi di quella lingua. LINGUA-I: è l’insieme delle regole sintattiche che stanno alla base delle frasi di quella lingua. Secondo Chomsky le lingue variano le une dalle altre solo per la loro estrinsecazione (Lingue-E), ma di fatto sono simili se ci si concentra sulle regole sintattiche alla loro base (Lingua-I). Se voglio descrivere un insieme di entità, io posso darne una definizione estensionale, semplicemente elencando tutti gli oggetti che ne fanno parte; oppure posso darne una definizione intensionale, specificando qual è la regola (la funzione) che mi permette di generare l’insieme. Per Chomsky le Lingue-E sono estensionali, dunque sembrano molto diverse tra loro. Le Lingue-I sono intensionali, quindi sono variazioni della stessa lingua. Chomsky prende in prestito dalle scienze matematiche il termine Parametro, per parlare di ciò che differenzia le lingue. La sua idea è che tutte lingue condividano una serie di Principi, che sono universali e corrispondono alla Lingua-I, però all’interno di questi principi ci possono essere dei Parametri, che danno origine alla diversità tra le lingue (Lingue-E). Principi: Proprietà grammaticali che sono universali (cioè valgono in tutte le lingue naturali) e sono universali perché fanno parte del patrimonio genetico della specie. Parametri: I principi lasciano aperti degli spazi di libertà o parametri in cui ogni lingua può orientarsi come vuole. Per verificare la plausibilità della risposta di Chomsky bisogna verificare se è davvero possibile individuare una struttura comune in tutte le lingue. Il punto di partenza è l’individuazione della struttura sintattica soggiacente alle frasi. I COSTITUENTI: All’interno di una frase è possibile individuare i suoi costituenti, ossia delle sequenze di parole che formano delle unità naturali. ESEMPI: (1) “Gianni osserva ERA RIARagaZZa A ITROSI con attenzione. Questa è una frase, essa corrisponde a una Sintagma Verbale (SV), in quanto il nucleo fondamentale di una frase è il verbo. Usiamo il test della frase scissa per individuare i costituenti della frase. 1) È Gianni che osserva tre foto di un ragazzo invidioso. 2) Sono [erezioni vio che G osserva con attenzione. 3) È con attenzione che G osserva tre foto di un ragazzo invidioso. Attraverso l'applicazione del test della frase scissa, sono stati individuati 3 costituenti: [Gianni Soggetto della frase [Tre foto di un ragazzo invidioso] = Complemento oggetto del verbo osservare [onanenzione] - Un aggiunto Il nucleo della frase è il verbo [osserva]: è la testa del sintagma verbale Non bisogna confondere complemento del verbo e aggiunti. 1) Gli aggiunti sono facoltativi (possono anche non esserci) e iterabili (possono essere un numero indefinito). Gianni osserva la foto. (0 aggiunti) Gianni osserva la foto [con attenzione]. (1aggiunto) Gianni osserva la foto [in cucina] [con attenzione].(2 aggiunti) Gianni osserva la foto [in cucina] [con attenzione] [da più di due ore]. (3 aggiunti) 2) Il numero dei complementi non è libero, ma dipende dal tipo di verbo. ® Alcuni verbi non prendono il complemento (intransitivi, cenare), ® Alcuni verbi ne prendono uno solo (transitivi, divorare), ® Alcuni verbi ne prendono 2 (di-transitivi, presentare). Esempio: Gianni presenta Leo a Pia Visto che i costituenti vengono pronunciati uno dopo l’altro, in una sequenza lineare ci potrebbe venire l’idea che tutti gli elementi siano organizzati secondo uno schema lineare. | |] CE] Ma in realtà gli elementi che costituiscono il sintagma non sono concatenati uno di fianco all’altra, ma stanno in una relazione gerarchica, in cui gli elementi si combinano tra di loro secondo un ordine preciso che da origine a una struttura stratificata, in cui alcune combinazioni avvengono prima di altre e quindi sono gerarchicamente subordinate. Osserva [ osserva [tre foto di un ragazzo invidioso] ] [[ osserva [ tre foto di un ragazzo invidioso]] [con attenzione] ] [Gianni [[ osserva [ tre foto di un ragazzo invidioso]] [con attenzione]] In (11) John è l’agente (chi compie l’azione), invece in (10) John è il paziente, colui che subisce l’azione. Per sapere il ruolo semantico del soggetto, ovvero per sapere chi fa o subisce l’azione, bisogna prima individuare con quale complemento oggetto si è combinato il verbo. Dunque: il ruolo semantico del soggetto è determinata dalla combinazione Verbo + oggetto. Questo significa che il verbo si combina prima con l’oggetto e poi il risultato di questa combinazione si combina a sua volta con il soggetto. Il quarto argomento a sostegno della struttura gerarchica e del fatto che il verbo ha un rapporto diretto con il suo oggetto e non con il suo soggetto è che in italiano e in altre lingue esistono dei nomi composti formati da nome+verbo. IL nome corrisponde sempre al complemento e mai al soggetto. Esempio: tagliaerba, apriscatole, accendisigari, portamonete. Inoltre (quinto argomento), ci sono contesti in cui si può rispondere a una domanda con una risposta breve formata da Verbo e Complemento, ma non può essere formata da Verbo e soggetto, poiché risulterebbe incompleta e priva di significato. Esempio: A:Cosa piace fare a Gianni? A:Cosa sta succedendo? B:Accendere il camino B:*Gianni accende Quindi 5 argomenti a sostegno che il sintagma verbale (SV) abbia una struttura gerarchica, in cui il verbo (la testa del SV) si combina prima con il suo oggetto (il complemento), e forma un costituente; poi questa combinazione può essere modificata da eventuali aggiunti , e solo alla fine si combina con il soggetto, che sta nella posizione dello Specificatore. Questi 5 argomenti sono: 1.Test della pro-forma 2.Espressioni idiomatiche 3.Ruolo semantico del soggetto 4.Nomi composti V-N 5.Risposte brevi IL SINTAGMA NOMINALE (SN) Il SN è il gruppo di parole raccolte intorno al nome. “Gianni osserva tre foto di un ragazzo invidioso” Il Sintagma nominale (SN) è tre foto di un ragazzo invidioso. In questa frase corrisponde al complemento del verbo. LA TESTA La parola più importante e necessaria all’interno di un sintagma nominale è il nome. Il nome è la testa del sintagma nominale “Gianni osserva tre foto di un ragazzo invidioso” La testa del SN è FOTO. - IL COMPLEMENTO “Gianni osserva tre foto RRRRZZaNA VIa Il complemento del nome corrisponde a “di un ragazzo invidioso”. Questo sintagma ha una relazione con il nome (foto) simile a quella che il complemento ha con il verbo nel SV. - SPECIFICATORE “Gianni osserva tre foto di un ragazzo invidioso” Lo specificatore è “tre”. Esso è un numerale che occupa una posizione nella periferia sinistra del sintagma. Data l’analoga collocazione, si dice che il numerale occupa una posizione di specificatore, come il soggetto nel sintagma verbale. La struttura corrisponde a: [tre] [foto] Testa [di un ragazzo invidioso] Complemento In questa frase non c’è l’aggiunto ma comunque è possibile averli. Anche il sintagma nominale(SN) ha una struttura gerarchica: [foto [di un ragazzo invidioso]] SN [tre [ foto [di un ragazzo invidioso]]] SPEC TESTA COMPL tre foto di un ragazzo invidioso Anche con il SN si può usare il test della proforma. La proforma che sostituisce parte del sintagma nominale è il “ne” partitivo. Esempio: “Gianni ha ascoltato tre canzoni di David Bowie, io invece ne ho ascoltate cinquantadue” Ne= canzoni di David Bowie Il “ne” sostituisce la testa e il suo complemento. Esempio: “Gianni osserva tre foto di un ragazzo invidioso. Maria invece ne osserva due” f . cid PON ne = foto di un ragazzo Ne = [foto di un ragazzo invidioso]. 8 invidioso PISTA COMPI, tre foto di un ragazzo invidioso Inoltre il “ne” può sostituire solo la Testa del sintagma SN nominale. A Esempio: “Gianni osserva tre foto di un ragazzo ne = lolo invidioso. Maria invece ne osserva tre di un ragazzo / timido.” Ne = foto f N TESTA” tre foto di un ragazzo invidioso Riassumendo: il SV e il SN hanno lo stesso tipo di struttura gerarchica. Nella frase di partenza il sintagma nominale era il complemento del sintagma verbale. “Gianni osserva [tre foto di un ragazzo invidioso] con attenzione” | sec | ns AGG Gianni | ossea ‘on attenzione con attenzione v Dr ! Pi v p- TESTA [te] foto di un ragazzo invidioso Quindi all’interno del SV che ha una testa che si combina con il complemento, poi con l’aggiunto e infine con lo specificatore, è contenuto un SN che ha la stessa struttura gerarchica. IL SINTAGMA PREPOSIZIONALE (SP) Il sintagma preposizionale è un gruppo di parole raccolte intorno alla preposizione. “tre foto di un ragazzo invidioso” Il sintagma proposizionale è “di un ragazzo invidioso”, che corrisponde al complemento del nome. LA TESTA Negli anni‘50, la SIL inviò una coppia-gli Heinrichs— presso Pirahàs. Ma, pur rimanendo per 6 anni e mezzo, non riescono ad apprendere la lingua dei Pirahàs. La SIL allora, negli anni ‘70, decide di mandare Everett e sua moglie, visto che Everett si era mostrato molto abile nell’ imparare le lingue in altri posti. Ma per ragioni pratiche (il governo aveva deciso di permettere la permanenza nei villagi trabali solo per linguisti che volevano studiare la lingua), Everett comincia a studiare linguistica, si innamora delle teorie di Chomsky,e decide di scrivere la tesi di dottorato proprio sulla lingua dei Pirahàs, argomentando che anch’essa aveva la struttura a X-barra. All’inizio degli anni‘90, Everett legge Sapir, il quale sostiene che la cultura contribuisce a dar forma al linguaggio, e che le lingue differiscono per la loro forma e struttura. Everett si innamora di questa idea e si re-immerge nello studio della lingua dei Pirahas e nel 2005 pubblica un articolo in cui sostiene che quella lingua non si conforma ai principi universali di Chomsky. In questo articolo Everett afferma che nella lingua dei Pirahas è assente un processo di subordinazione o incassamento. L’incassamento è alla base della ricorsione ed è ciò che permette di generare un numero infinito di frasi a partire da un numero finito di parole. Dunque, se una lingua non ha questa possibilità ciò rappresenta un obiezione alla teoria chomskyana. Everett illustra l’incassamento con l’espressione: “John’s brother’s house” In inglese, 1’SN [John] compare all’interno del SN [[John]'s brother], che a sua volta compare all’interno del SN [[[John]'s brother’]s house].* Se una lingua non ha un meccanismo ricorsivo, avrà un numero finito di frasi esprimibile. Secondo Everett tale mancanza nella lingua dei Pirahas deriva da un limite culturale. A loro è concesso di parlare solo dell’hic huc. Questi vincoli culturali si riflettono sulla grammatica della lingua impendendo una forte espressività. In altre parole, Everett sostiene che nella lingua dei Pirahàs non esista l’incassamento, e questo perché la cultura dei Pirahàs proibisce di parlare di determinati argomenti. Everett sostiene che nella stessa frase non ci possono essere due genitivi sassoni. Esempio: nella lingua dei Pirahàs si può dire: 2.John’shouse si può dire: 3.John’sbrother ma non si può dire 4.* John’sbrother’shouse. Per esprimere questo concetto, bisogna usare due frasi distinte, non incassate, come: 5.John hasa brother. This brother has a house. Everett fornisce anche una spiegazione «culturale» sul perché non si possa dire «John’sbrother*shouse»: i Pirahas sono una comunità molto piccola, si conoscono tutti, per cui non c’è alcun bisogno di ricorrere a espressioni come «John’sbrother'shouse», visto che tutti conoscono il nome del fratello di John, quindi è sufficiente dire, ad esempio, «Peter shouse». Nevins, pesetsky e rodriguetz obbiettano l’idea di Everett secondo cui la lingua dei Pirahas è l’unica che si conosca senza incassamento. Essi infatti notano che anche il tedesco è soggetto agli stessi vincoli: 10 Mentre in inglese l’uso del genitivo sassone è potenzialmente ricorsivo (John’sbrother'sname’s...), in tedesco no: ci può essere solo un unico genitivo sassone per sintagma. Dalla impossibilità di avere ricorsione nella posizione di possessore prenominale (genitivo sassone), Everett conclude che: 1.La lingua dei Pirahà non ha ricorsione; 2.La mancanza di ricorsione si spiega per motivi culturali: i Pirahà vivono in comunità molto piccoli, in cui tutti si conoscono, e quindi «è sufficiente utilizzare un solo livello per il possessore». Riguardo al secondo punto: Nevins, Pesetsky e Rodrigues suggeriscono che, visto che anche in tedesco non è possibile incassare i genitivi sassoni, ricorrere a una spiegazione culturale non sembra plausibile ma sembra essere un vincolo grammaticale. Riguardo al primo punto: Nevins, Pesetsky e Rodrigues affermano che non è corretto mostrare che non è possibile un solo tipo di ricorsione per arrivare alla conclusione che quella lingua non ha nessun tipo di ricorsione. Per dimostrare che una lingua non ha del tutto il meccanismo della ricorsione, è necessario mostrare che non è mai possibile l’incassamento di un sintagma all’interno di un altro sintagma dello stesso tipo. Ad esempio, Everett sostiene che in Pirahà non sia possibile la subordinazione frasale (un SV dentro un altro). Ma quanto sostenuto da Everett nel suo articolo del 2005, contro Chomsky e a favore del determinismo culturale, contrasta da quanto sostenuto da Everett nella sua tesi di dottorato. Nevins, Pesetsky, Rodrigues riprendono le analisi della lingua dei Pirahas effettuate da Everett nella sua tesi di dottorato e notano che erano presenti diversi casi di frasi incassate. In generale, NPR notano come l’articolo del 2005 di Everett presenti i dati in maniera molto diversa rispetto ai suoi lavori precedenti —senza offrire spiegazioni. 2) NICHOLAS EVENAS E STEPHEN LEVINSON Essi scrissero un lungo articolo contro l’approccio l’innatista. Abbiamo visto come la tradizione generativista-chomskyana risponda alla “grande obiezione” (se la facoltà del linguaggio è simile a un organo, perché ci sono così tante lingue diverse?): le lingue appaiono diverse se considerate nelle loro manifestazioni esterne, ma soggiacciono alle stesse regole e principi universali. Evans & Levinson criticano questo approccio sostenendo che sia di fatto “non falsificabile”. Uno dei principi universali è la strutturazione della frasi in costituenti, una struttura rappresentabile per mezzo degli alberi sintattici. Ad esempio, nella frase “l’uomo alto è arrivato” viene detto che “l’uomo alto” è un sintagma nominale (SN) un costituente, che può essere sostituito da un altro elemento (ad esempio con lui, come nel test della proforma di cui abbiamo discusso). Secondo Evans e Levinson, la strutturazione in costituenti è un metodo usato solo da alcune lingue. Altre invece non hanno i costituenti perché mescolano le parole. Come in: VIRGILIO, ECLOGA 4 VERSO 4. 11 Ultima Cumaei venit iam carminis aetas Ultima Cumaei venit iam carminis aetas L’ultima era del carme di Cuma è già giunta. In questo verso di Virgilio notiamo che le parole che compongono i costituenti, o sintagmi, appaiono lontane. Secondo Evans & Levinson, molte lingue, come il latino, presentano un ordine delle parole estremamente libero. Di conseguenza parole che secondo la teoria X barra dovrebbero appartenere allo stesso costituente, sono separate da altre parole (come ultimae aetas—“L’ultima era”) Domanda: Come viene spiegata da un Chomskyano la frase di virgilio? Secondo loro la struttura profonda della frase latina è organizzata in costituenti, con le parole tra loro adiacenti. In questa posizione avviene il controllo della morfologia. Affermano poi che le parole si siano mosse dalla loro posizione iniziale, per ragioni diverse da quelle sintattiche, ma per porre enfasi su determinate parole e per metterne in secondo piano altre. Oppure per ragioni stilistiche formali. L’approccio generativista-chomskyano assume che: > Le frasi (semplificando, i SV) hanno una struttura gerarchica, caratterizzata da relazioni strutturali tra costituenti-sintagmi, che a loro volta vengono scomposti in sintagmi (o parole) che stanno in relazioni strutturali (teoria X-barra); > Le singole parole che costituiscono un sintagma sono tra loro adiacenti nella loro posizione originaria (“struttura profonda”, dove avvengono operazioni morfo-sintattiche e semantiche) ,ma possono poi muoversi dalla posizione originaria e comparire dislocate nella struttura superficiale” (la frase che viene pronunciata). >» Adesempio, come abbiamo analizzato “Al padre di Gianni, lui non parla”, come il risultato dello spostamento del SP dalla frase originaria “Lui non parla al padre di Gianni”. Evans e Levinson obbiettano la strategia di formulare dei principi generali e di ricorrere a spiegazioni corollarie per giustificare delle eccezioni (esempio: “ le parole che formano un sintagma sono adiacenti” e “ se le parole non sono adiacenti allora si sono spostate tramite un movimento sintattico”), poiché affermano che ciò rende la teoria non falsificabile. Inoltre, affermano che tale versione deriva da un bias etnocentrico: si assume sempre come base l’inglese, e si cerca di spiegare quello che succede in altre lingue basandosi su fenomeni presenti in inglese. La critica di Evans & Levinson fa leva sul fatto che non sarebbe corretto sostenere che tutte le lingue hanno un’organizzazione interna per costituenti. I costituenti sono le unità intermedie fra le singole parole e l’intera frase. Essi si identificato attraverso il test della proforma secondo il quale, se un gruppo di parole può essere costituito da una proforma, allora quel gruppo di parole è un costituente. Per verificare l’ipotesi dell’universalità della struttura si possono guardare lingue “diverse” o “esotiche”, ma un altro modo è guardare delle lingue che hanno una costituzione intrinseca con delle proprietà chiaramente diverse dalle lingue che sappiamo avere una struttura gerarchica. Da questo punto di vista, le lingue dei segni sono un buon esempio, poiché usano la modalità visivo-gestuale e non quella fono-articolatoria. 12 Circa 70.000-75.000 la nostra specie è stata vicina all’estinzione, a seguito dell’inverno vulcanico causato da una catastrofica eruzione del vulcano Toba nell’isola di Sumatra. Sono riusciti a sopravvivere solo pochi individui alle nuove condizioni. Dunque è come se fossimo dovuti ripartire da pochi ed è da questi pochi individui che tutti discendiamo. Da qualche anno è iniziato un progetto di ricostruzione del genoma dell’uomo di Neanderthal, l’ominide che abitava il continente europeo prima dell’Homo sapiens e che si è estinto 29.000 anni fa. Il Neanderthal è considerato una forma umana più primitiva e si ritiene che i Neanderthal non avessero facoltà intellettuali superiori. Il progetto di ricostruzione del genoma del Neanderthal, coordinato da Svante Pààbo, ha portato alla luce che l’uomo di Neanderthal e l’Homo Sapiens si sarebbero incrociati e avrebbero generato una prole fertile. In particolare sembra che l’accoppiamento fertile sia avvenuto solo tra femmine del Sapiens e maschi del Neanderthal. Tale scoperta è stata fatta perché sono state trovate delle tracce di DNA di Neanderthal nel DNA di europei e asiatici di oggi. Un’osservazione interessante è che non sono state trovate tracce del DNA di Neanderthal nel DNA degli africani di oggi. Questo indica che L’Homo Sapiens si sia incrociato con il Neanderthal dopo il suo arrivo in Europa dall’Africa, e ciò conferma l’ipotesi “Out of africa”. Fino alla scoperta di bo si riteneva che i Neanderthal, i Sapiens e gli altri ominini fossero specie diverse appartenenti tutte al genere Homo. Il fatto che si siano i Neanderthal e i Sapiens si siano potuti incrociare e questi incroci abbiano avuto discendenti, fa sorgere dei dubbi sulla loro appartenenza a specie diverse. (di solito, quando due animali appartengono a specie diverse si incrociano, la loro prole non è fertile). La questione però è dibattuta. Sulla base delle evidenze oggi disponibili, si ritiene che ci siano stati delle migrazioni dei Sapiens fuori dall’africa e che l’ultima, avvenuta 50.000 o 60.000 anni fa, sia concisa con l’estinzione di altre forme umane. Domanda: Se la comunità di Eva aveva dimensione abbastanza limitate, come mai altre comunità non hanno lasciato una discendenza che è arrivata fino a noi? Cosa avevano i Sapiens in più? Un’ ipotesi è che la comunità di Eva africana aveva sviluppato capacità linguistiche superiori che hanno concesso ai suoi discendenti la possibilità di vivere più a lungo, e quindi maggiori probabilità di generare una prole a cui trasmettere il proprio patrimonio genetico. Per questo motivo, la discendenza di altre comunità finì per estinguersi e la facoltà del linguaggio è diventata parte del patrimonio genetico dell’Homo Sapiens. Se l’ipotesi precedente è corretta, è plausibile che il linguaggio, nella sua forma moderna, sia comparso all’epoca di Eva africana, più o meno 200.000 anni fa. Lieberman ha proposto che la nascita del linguaggio nella sua forma moderna sarebbe avvenuta ancora più recentemente, ovvero 50.000 mila anni fa. Periodo che coincide con l’ultima migrazione fuori dall’Africa dell’Homo Sapiens la quale ha portato all’ estinzione di altre forme umane. Lieberman ha studiato in particolare i tratti vocali. Egli sostiene che sia nell’Homo di Neanderthal sia nell’Homo Sapiens era assente un tratto vocale che permettesse un articolazione completa. Questa capacità è stata acquisita in concomitanza con l’ultima migrazione dei Sapiens, ecco perché essa ha avuto conseguenze maggiori sulle altre forme umane rispetto alle precedenti. Questa ipotesi di datazione sono coerenti con l’ipotesi che il linguaggio si sia evoluto una volta sola nella nostra specie. 15 Quando un organo si è evoluto indipendentemente in diverse specie, si trovano tracce di questa evoluzione. Per esempio l’occhio si è evoluto indipendentemente nel regno animale e ciò è provato dalle diversità riscontrabili nella struttura. Per esempio, se le lingue oggi presenti sul pianeta fossero il risultato di evoluzioni indipendenti, sarebbe naturale aspettarsi che alcuni membri della specie Homo Sapiens abbiano evoluto una facoltà del linguaggio per certi tipi di lingue e non per altre. Tuttavia questo non è riscontrabile, se per esempio un bambino viene rimosso dalla comunità dei suoi genitori, diventerà un parlante nativo della comunità in cui cresce, indipendentemente dalla lingua dei genitori. L’ipotesi che è stata proposta, quindi, è che ai tempi di Eva Africana una qualche mutazione genetica abbia fatto sì che alcuni homo sapiens sviluppassero la facoltà del linguaggio. Dall’ Africa, poi, gruppi di homo sapiens si sono mossi per popolare gli altri continenti «portandosi dietro» la mutazione genetica. L’effetto del fondatore seriale: è un processo che determina lo sviluppo di una nuova popolazione a partire da un piccolo gruppo di individui che portano con sé solo una parte della variabilità genetica della popolazione originale. L'effetto si ha quando si hanno distacchi successivi: a partire da una popolazione originaria si stacca un piccolo gruppo di individui che formano una comunità autonoma in un territorio separato. In seguito, da questa seconda comunità si stacca un altro piccolo gruppo di individui, e così via. Ad ogni passaggio c’è una riduzione di variabilità genetica nel nuovo gruppo che si forma. Studi di genetica delle popolazioni hanno trovato un effetto del fondatore seriale nelle popolazioni dei 5 continenti. Il continente con la maggiore variabilità genetica è 1’ Africa e mano a mano che ci si allontana dall’ Africa la variabilità diminuisce. La minore variabilità si trova in America Latina e in Oceania, dove l’Homo Sapiens sarebbe arrivato più tardi. Queste ricerche hanno quindi corroborato il modello “out of Africa”. L’effetto del fondatore seriale spiega anche i risultati sorprendenti di uno studio sulla variabilità genetica fra individui originari dell’ Africa sud-occidentale. Lo studio ha coinvolto quattro uomini Khoi-san e un Bantu. I khoi-san sono tribù di cacciatori e raccoglitori che abitano il deserto del Kalahari nell’ Africa sud-occidentale e che non hanno mai sviluppato metodi di coltivazione (cioè hanno uno stile di vita simile a quello del paleolitico). In italiano i khoi-san sono stati tradizionalmente chiamati Boscimani. Il Bantu accettato che il suo genoma fosse sequenziato, perché questo potrebbe aiutare lo sviluppo di farmaci che tengano maggior conto delle caratteristiche genetiche delle popolazioni africane. Il risultato è che la variazione genetica fra due khoi-san che vivono nello stesso deserto e con simili stili di vita è maggiore della variabilità genetica fra un europeo e un asiatico che vivono a distanza di molte migliaia di chilometri in ambienti molto diversi. Ora facciamo un breve ritorno alla linguistica pura, per poter poi studiare un’altra caratteristica dei Khoi-san. Un Fonema è unità distintiva di suono che, in combinazione con altri fonemi, formano una parola. Affinché due suoni diversi siano due fonemi distinti devono condurre a due significati diversi. * Fonemisiindicano tra \\ * Fonisiscrivono[] 16 Esempio: la [1] e la [r] sono due fonemi distinti in italiano, quindi possiamo scrivere /1/ e /r/. Possiamo dirlo perché questi due suoni ci permettono di distinguere fra la parola ‘lana’ e la parola ‘rana’. Invece, in italiano la [n] di nonno e la [n] di anche sono due foni diversi, ma questa differenza non è distintiva, quindi non si tratta di due fonemi diversi. Se tento di pronunciare nonno con la [n], anziché con la [n], ottengo una pronuncia strana, ma non cambio il significato della parola. Il repertorio dei fonemi cambia da lingua a lingua: per esempio, in giapponese [1] e [r] sono due foni, ma non due fonemi. Incidentalmente, questo significa che i fonemi sono entità astratte, mentre i foni sono entità concrete. Si sa da molto tempo che le lingue sono molto diverse fra loro per quanto riguarda la variabilità fonetica. Alcune hanno un repertorio di fonemi molto più limitato di altre. Lingue famose per il loro ricco repertorio sono proprio le lingue dei Khoi-san, oggi parlate nell’Africa sud-occidentale ma un tempo parlate anche in altre regioni del continente. Queste lingue sono note per i cosiddetti click. Si tratta di suoni prodotti facendo schioccare le labbra o la lingua contro il palato o contro i denti Nelle lingue Khoi-san i click sono fonemi, sono cioè parte integrante del sistema linguistico. In uno studio del 2011, Atkinsonha analizza il numero di fonemi di 504 lingue parlate nei 5 continenti e ha sostenuto che le lingue che contengono il maggior numero di fonemi sono quelle parlate nell’ Africa sub-sahariana, mentre quelle con il minor numero di fonemi sono parlate in Sud America e nelle isole tropicali del Pacifico. Inoltre all’aumentare della distanza dall'Africa, tenderebbe a diminuire la variabilità fonemica. Se tale ipotesi fosse confermata avremmo un’ulteriore evidenza a favore dell’ipotesi “Out of Africa”. Tuttavia sono state avanzate delle critiche, soprattutto di tipo metodologico, ed è quindi necessario che altri studi e ricerche supportino (o smentiscano) l’ipotesi di Atkinson. Le evidenze finora presentate sono compatibili con l’ipotesi che nel patrimonio genetico dell’Homo sapiens —già dai tempi di Eva africana —fosse presente la «facoltà del linguaggio» (Lingua-1). Se è così, ci si potrebbe aspettare di riuscire a trovare nel nostro DNA i un «qualcosa», un gene, nel che sia deputato all’analisi della lingua. Lai et al. (2001) hanno individuato il primo gene, chiamato FOXP?, di cui si può dimostrare che è coinvolto nel linguaggio (perlomeno nel linguaggio parlato). Il gene è localizzato sul cromosoma 7, esso è stato scoperto studiando i membri di una famiglia britannica (chiamata ‘famiglia KE”), la maggior parte dei quali ha una menomazione della parola e del linguaggio. Ogni componente che ha una versione danneggiata del gene FOXP2 ha una malattia che consiste in disturbi dell’articolazione, ma anche in disturbi grammaticali, come problemi nella formazione del tempo passato dei verbi e deficit di comprensione linguistica. Invece chi ha una versione non modificata del gene è sano. Enard et al. (2002) hanno studiato la storia evolutiva FOXP2 confrontando le versioni del gene in vari primati e topi. Egli ha scoperto che il gene è rimasto inalterato nel corso dell’evoluzione dei mammiferi, ma è cambiato negli esseri umani dopo che la linea evolutiva dell’uomo si è divisa dalla linea evolutiva dello scimpanzé. Enard et al attraverso i loro studi fanno coincidere la comparsa del gene solo a 120.000 anni fa. La questione della datazione della versione umana del gene FOXP2 si è complicata perché nel progetto di sequenziazione del genoma di Neanderthal è emerso che l’uomo di Neanderthal aveva una versione del gene FOXP2 quasi identica a quella umana. Il problema è che il progenitore di Neanderthal è vissuto prima di 120.000 anni fa. Dunque, l’attendibilità dello studio di Enard et al è attualmente oggetto di studio. 17 Quindi oggi si pensa che l'abbassamento della laringe non sia avvenuto ai fini dello sviluppo del linguaggio, ma per la possibilità di produrre vocalizzazioni che fanno credere che l’animale sia più grosso di quello che è in realtà (“the size exaggeration hypothesis”). Il rompicapo è ritenuto valido solo per colore che ritengono che il linguaggio umano sia un unicum e che esista un salto qualitativo tra il linguaggio umano e altre forme di comunicazione animali. Questa posizione è fatta risalire a Descartes. Nel suo discorso sul metodo, Cartesio afferma che solo l’uomo, anche il più ottuso, ha il linguaggio inteso come capacità di combinare in modo creativo le parole per esprimere pensieri. Gli animali invece, nonostante abbiano degli organi che permettono loro di articolare suoni non hanno il linguaggio. Questa posizione viene sostenuta anche da Chomksy. In questo caso bisogna spiegare come un’abilità così complessa, che richiede sia abilità motorie che cognitive,si sia sviluppato in un arco di tempo così breve Prima di presentare come Chomsky, Fitch e Hauser provano a risolvere il rompicapo è necessario introdurre 3 nozioni: - Adattamento - Exettamento - Spandrel ADATTAMENTO: si intende il processo in cui un tratto di un organismo si è evoluto attraverso il processo di selezione naturale, in maniera tale da aumentare il successo riproduttivo dell’organismo stesso. EXATTAMENTO: avviene quando un tratto di un organismo in una prima frase si è evoluto per svolgere una certa funzione, ma da un certo punto del percorso, lo stesso tratto si è evoluto per svolgere una funzione diversa. Esempio. Le piume delle ali degli uccelli all’inizio del loro sviluppo non servivano per volare, ma svolgevano un ruolo di termoregolazione (o addirittura estetico). Solo a un certo punto si sono evolute per permettere il volo. Ovvero, ci sono dei casi in cui un tratto, un organo, o una abilità comincia a svilupparsi per una regione (ossia, essere selezionata perché apporta un vantaggio agli individui che ce l’hanno, e quindi la trasmettono alla loro prole, ad esempio, le ali degli uccelli per termoregolazione e la vescica dei pesci per permettere il nuoto, regolando la quantità d’aria per potersi muovere in acqua) e però in seguito quegli stessi tratti / organi / abilità si rivelano utili per assolvere una nuova funzione, diversa, e quindi il percorso evolutivo può continuare per svolgere al meglio la seconda funzione (le ali si rivelano utili per volare, e la vescica per respirare aria). L’exattamento è stato usato da Darwin per controbattere alle critiche di Miravart, il quale sosteneva che i principi della teoria dell'evoluzione non potevano spiegare le prime fasi delle strutture utili. SPANDREL: è uno spazio fra due archi o tra un arco e la struttura rettangolare in cui è inserito. Queste lunette non sono state create perché utili, ma sono necessarie per il fine architettonico. Il concetto di spandrel è un estensione di quello di exattamento. In tutti e due i casi si intende una situazione in cui un tratto A si sviluppa per una fase della storia evolutiva come sottoprodotto, piuttosto che come risultato della selezione adattiva a favore del tratto A. A volte il tratto A può essere il sottoprodotto del Bauplan, ovvero la forma architettonica generale che un organismo arriva ad avere per poter sviluppare il tratto B. (Un tratto A si sviluppa finche l’organismo non ottiene una forma architettonica tale che possa permettere lo sviluppo del tratto B) 20 TRE POSSIBILITA’ SULL’EVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO Ora ci si può chiedere quale tipo di processo selettivo abbia portato allo sviluppo della facoltà del linguaggio. - PRIMA POSSIBILITA?: le basi della facoltà del linguaggio sono presenti, anche se in forma più rudimentale, nei sistemi di comunicazione degli animali non umani. Questa possibilità «aggirerebbe» il rompicapo: non ci sarebbe niente di particolarmente ‘speciale’ nella facoltà del linguaggio, la quale è una semplice evoluzione di sistemi di comunicazione degli animali non umani, che quindi si sarebbero potuti evolvere in tempi molto lunghi. Questa ipotesi pone una differenza quantitativa, ma non qualitativa, tra il sistema di comunicazione umana tramite linguaggio e altri sistemi di comunicazione animale. - SECONDA POSSIBILITA”: le basi del linguaggio sono il risultato di un adattamento specifico per il linguaggio umano. (unicum) Secondo questa ipotesi, anche se tratti simili a quelli che si trovano nel linguaggio sono presenti in altre specie, hanno subito un processo di adattamento così radicale, che sono da considerarsi tratti diversi nell’uomo e nelle altre specie. Questa ipotesi postula un salto qualitativo tra linguaggio umano e comunicazione animale. E rimane il rompicapo da spiegare come abbia potuto avvenire così velocemente una tale evoluzione. - TERZA POSSIBILITA”: Seguendo un’intuizione che risale almeno a Aristotele, il linguaggio può essere visto come il sistema che fa da ponte fra il sistema concettuale e il sistema di articolazione dei suoni. Questa concezione non è controversa, a parte per il fatto che oggi sappiamo che i suoni non sono l’unica modalità di produzione linguistica. La terza possibilità sull’evoluzione del linguaggio risolve parzialmente il rompicapo: si assume che le abilità cognitive connesse con la rappresentazione concettuale dei pensieri e le abilità motorie connesse con la produzioni e comprensione dei suoni linguistici, possono essere presenti in altri animali, con tempi di evoluzioni lunghi e graduali. Ciò che rende speciale la comunicazione umana è l’utilizzo del linguaggio e della sintassi come ponte tra questi sistemi. Dato che il meccanismo di selezione naturale richiede tempi molto lunghi, è possibile che alcuni aspetti del linguaggio fossero presenti prima di 200.000 anni fa, cioè prima che il linguaggio emergesse. E’ anche possibile che alcuni tratti fossero presenti prima che il cammino evolutivo dell’uomo si differenziasse da quello di altri specie animali. Quindi la ricerca empirica si è concentrata sugli studi comparativi, cercando di indagare se alcuni aspetti del linguaggio umano siano oggi presenti anche in altre specie animali. Qui sorgono due domande: - In quali animali bisogna cercare i tratti del linguaggio umano? - Bisogna effettuare questi studi comparativi solo nei sistemi di comunicazione animale? Certamente bisogna cercare nei primati superiori, in primo luogo bonobo e scimpanzé, che sono gli animali che sono più simili all’uomo. Vanno presi in considerazione i progenitori dell’uomo, il non discende dalle scimmie ma da un progenitore comune che è vissuto milioni di anni fa. Infine alcuni aspetti della neurofisiologia umana sono condivisi da tutti gli invertebrati, dunque bisogna risalire molto indietro nel cammino filogenetico per studiare questi aspetti comuni. Inoltre è necessario introdurre una distinzione fra tratti analoghi e tratti omologhi: 21 Tratti analoghi > I tratti analoghi sono quelli che sono presenti in due specie senza che ci sia evidenza che fossero presenti nel progenitore più vicino. Tratti omologhi > I tratti omologhi sono i tratti che sono riconducibili al comune progenitore. Si potrebbe pensare che i tratti omologhi siano gli unici interessanti al fine dello studio dell’evoluzione di un tratto. Ma non è così. Quando i tratti analoghi si sono evoluti per ragioni diverse nelle due specie il confronto tra essi non ci dicono sulla teoria evolutiva di quel tratto. Ma ci sono dei casi di analogia in cui i due tratti si sono voluti indipendentemente in due specie diverse, ma in cui l'evoluzione è stata diretta dallo stesso gene regolatore. Un gene regolatore è un gene che è necessario e sufficiente per l’attivazione di altri geni che, lavorando in modo coordinato, portano allo sviluppo di un tratto complesso (per esempio, un organo biologico). Il gene PAX6 è forse l’esempio più chiaro. Esso ha portato all’evoluzione indipendente dell’occhio in specie così distanti come l’uomo, i calamari e i moscerini. L’IPOTESI DI HAUSER,CHOMSKY E FITCH sistemi di comunicazione animali sono il posto più ovvio dove cercare i tratti che, magari in forma più evoluta, costituiscono il linguaggio umano. Ma bisogna indagare anche in altri ambiti del comportamento animale. Il linguaggio è un modo per dare forma ai pensieri e riuscire a comunicarli. Quindi analizzare la capacità di pensiero degli animali, indipendentemente dalla loro capacità di trasmettere questi pensieri, è un modo per indagare sulle caratteristiche del linguaggio. Tale idea, quella di cercare al di fuori dei sistemi di comunicazione animale è venuta a Hauser, Chomsky e Fitch. Essi insistono sull’importanza di exattamento e spandrel e sostengono che la funzione primaria del linguaggio non è quella di comunicare. In particolare Chomsky afferma che, anche se il linguaggio è usato per comunicare: - È usato maggiormente per organizzare pensieri, anche quando questi non devono essere comunicati - L’uso del linguaggio per formare pensieri rivolti a noi stessi è più frequente dell’uso comunicativo verso gli altri. - Nonriesce a comprendere se la funzione primaria del linguaggio è la comunicazione o la strutturazione del pensiero. (Chomsky opta per la seconda ipotesi). Chomsky fa presente che nonostante il linguaggio sia uno strumento potente, è molto imperfetto per la comunicazione. Quindi egli sostiene che il pensiero non si è evoluto per facilitare la comunicazione, ma è stato usato per fini comunicativi solo dopo che si è sviluppato nei tratti fondamentali. Quindi è come se avessimo forzato alla comunicazione un sistema che inizialmente è nato per altre finalità. In particolare Chomsky, hauser e fitch sostengono che la grammatica è stata “Exattata” o potrebbe essere uno spandrel, perché la ricorsività, la capacità combinatoria e le proprietà gerarchiche potrebbero essersi inizialmente evolute per una funzione diversa rispetto a quella di oggi. Quindi l'ipotesi di Hauser, Chomsky e Fitchè che molti degli ingredienti che fanno del linguaggio di oggi fossero presenti ben prima di 200.000 anni fa e che siano presenti oggi in altre specie animali. Quello che manca nei sistemi di comunicazione animale è il collante tra pensiero e articolazione, ovvero la grammatica. Nell’ipotesi di Hauser, Chomsky e Fitch la funzione comunicativa del linguaggio non è di fondamentale importanza, in quanto danno più credito al gruppo di individui in cui la grammatica e il sistema concettuale si erano già installati in maniera autonoma uno rispetto agli altri. 22 Secondo Chomsky la funzione principale del linguaggio non è quella di comunicare. Questa tesi va contro la concezione comune e che quindi forgiano la lingua per assolvere a fini comunicativi. Assumendo la prospettiva che vede la comunicazione come la funzione primaria del linguaggio, ci si aspetta che le varie lingue riescano ad assolvere efficacemente a questa funzione. Ossia, che le lingue siano ben progettate per la comunicazione. Che cos’è la comunicazione? La comunicazione è la trasmissione di un pensiero da una persone (il «mittente») a un’altra persona (o altre persone —il «ricevente»). La comunicazione risulterà efficace se il messaggio che si vuole trasmettere, riesce a raggiungere il ricevente per come lo intendeva trasmettere il mittente. Ossia, affinché una comunicazione sia efficace, bisogna, tra le altre cose, evitare le ambiguità. AMBIGUITA LESSICALE Contraddistinguere le parole che hanno più di un significato, come: stagno, lira, collo... L’ambiguità lessicale non fa solo danni, ma determina anche dei vantaggi. Nel 1969 in articolo, due sociologi hanno sviluppato la “Teoria dei sei gradi di separazione”. Questa teoria sostiene l’ ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualsiasi altra persona attraverso una catena di conoscenza che non ha più di 5 intermediari. Questo viene chiamato fenomeno del mondo piccolo in quanto gli individui che appartengono a una grande rete, in realtà sono interconnessi tra loro tramite legami di conoscenze. A creare il fenomeno del mondo piccolo sono i super connettori, ovvero dei nodi che hanno molte connessioni. Nel caso di facebook, ad esempio, si tratta di persone che hanno pagine con un numero estremamente ampio di amici. Basta che un individuo si connetta a uno di questi super connettori e diventa più facile raggiungere chiunque. Adesso concentriamoci sulla relazione tra le parole del lessico. Ovvero consideriamo le rete di parole di una lingua e come queste sono connesse tra loro. In uno studio del 2002 Sigman e Cecchi hanno preso in considerazione un vocabolario di 66.000 parole e hanno considerato le connessioni semantiche(di significato) tra le parole, per vedere qual era il gradi separazione tra le parole del lessico. I legami, le connessioni semantiche, tra le parole considerate da Sigman e Cecchi sono quelli di: - Antinomia (bello/brutto); - Iperinomia-iponimia (albero<->quercia); - Meronimia (pagina/libro). Ad es. le parole leone e strisce hanno 3 Gradi di separazione: Leone —> Felino —> Tigre > Strisce iperonimia iponimia meronimia Sigman & Cecchi hanno visto che quando vi è la polisemia la connettività tra le parole aumenta e anche per il lessico si verifica il fenomeno del “Mondo Piccolo”. Ossia, la polisemia (ambiguità lessicale), pur essendo d’ostacolo ad una comunicazione efficiente, rende il lessico organizzato in una rappresentazione compatta. Rendono più coeso e compatto il lessico. 25 Quindi: i super connettori nel lessico sono le parole polisemiche, che introducono un ambiguità lessicale. Questo significa che l'ambiguità lessicale rafforza i vincoli semantici, ovvero rende la rete più coesa. Ciò introduce un vantaggio cognitivi, poiché dover navigare in un mondo piccolo quando dobbiamo trovare la parola che esprime un concetto è meglio che navigare un mondo grande. Quindi, è possibile che le ambiguità lessicali non siano solo uno svantaggio. Certo a volte creano confusione comunicativa, però potrebbero essere il prezzo da pagare per avere un sistema lessicale coeso e quindi efficiente. Prendiamo in considerazione altre tipi di ambiguità che originano dalla proprietà di spostamento. La proprietà di spostamento è molto presente nelle lingue naturali, anche se siamo così abituati ad essa che non la notiamo. Per indicare la posizione di partenza di una parola, spesso si usa una t (che sta per “traccia” della posizione che precede lo spostamento). Tale proprietà è presente: - nelle frasi interrogative: (1) Quali ladri hanno arrestato t ? (2) Hanno arrestato i ladri - nelle frasi reative I ladri che i poliziotti hanno arrestato t sono ora in prigione - spostamento dei pronomi clitici, come per esempio il pronome “ne” (4) Ogni giorno incontro molti studenti (5) Ogni giorno ne incontro molti t Le tracce non sono dei meri simboli formali, ma hanno una realtà psicologica. Ovvero anche se non si pronunciano incidono sul modo in cui la frase viene processata. Quindi mettere la traccia nel posto giusto è fondamentale per capire il significato di una frase che stiamo leggendo o ascoltando. La frase può proseguire in un modo che costringe chi la ascolta a modificare la posizione della traccia e conseguentemente l’interpretazione. L’esistenza delle tracce crea delle ambiguità temporanee. Noi non interpretiamo la frase solo quando questa è finita, a un certo punto dobbiamo “indovinare” dove mettere la traccia. A volte la mettiamo in una posizione incompatibile con la prosecuzione della frase. In questi casi, dobbiamo tornare indietro e rivedere la scelta che abbiamo fatto. Esempio: Mentre Leo mangiava la minestra / bolliva sul fuoco / la carne Nella frase qui sopra parto dall’ipotesi che Leo mangi la minestra, a metà frase la rivedo perché inadeguata ma poi, a fine frase, torno all’ipotesi iniziale. Inoltre, si potrebbero facilmente immaginare lingue che sono espressive come le lingue esistenti ma che non hanno la proprietà di spostamento. Per esempio, dato il fatto che i sintagmi interrogativi hanno una specifica morfologia che li differenzia da quelli non interrogativi, una frase potrebbe essere identificata come interrogativa anche senza spostamento. In una lingua ipotetica senza spostamento la frase (13) avrebbe la forma in (14). (13) Quali ladri hanno arrestato t? (14) Hanno arrestato quali ladri? Di fatto (14), anche se solo in certi contesti e con una certa intonazione, è accettabile anche in italiano. A conferma che questa proprietà non è necessaria per l’espressione del significato, i sistemi formali inventate dai logici o dagli informatici per rappresentare in un linguaggio artificiale le lingue naturali non hanno la proprietà di spostamento. 26 LEZIONE 12 - PRODUZIONE E PERCEZIONE DI SUONI\ TEORIA DELLA MENTE. La controversa ipotesi di Chomsky sostiene che usare l’usare il linguaggio per comunicare sia frutto di un exattamento o spandrel: la facoltà del linguaggio (Grammatica Universale / Lingua-1) si sarebbe evoluta per altre ragioni (organizzare i concetti per formulare pensieri astratti) —e poi, avendo l’homo sapiens un sistema concettuale sviluppato, e un sistema fono-articolatorio che gli permetteva di produrre suoni altamente differenziati, nell’uomo sarebbe stato exattato con la funzione di comunicare. Bisogna verificare se i tratti costitutivi del linguaggio siano presenti in altre specie animali. La prima domanda che ci si pone se è soltanto l’uomo ad avere la capacità di produrre suoni e di percepirli. LA PRODUZIONE DI SUONI Vi è una analogia tra il linguaggio e i canti negli uccelli. I canti degli uccelli possono essere estremamente complessie e avere una struttura interna molto articolata (ma non di tipo gerarchico). Inoltre molti uccelli sviluppano l’abilità di cantare solo se ascoltano i loro conspecifici in un periodo critico nello sviluppo: se non sono esposti al canto dei conspecifici durante il periodo critico, gli uccelli produrranno poi canti difettosi e semplificati. Ancora, in analogia conla fase della lallazione nei bambini, i giovani uccelli passano attraversano una fase di sviluppo in cui producono versioni semplificate che sono il primo passo della produzione del canto. Un’altra analogia sorprendente è che gruppi di uccelli appartenenti alla stessa specie hanno dialetti diversi, a seconda del luogo dove vivono. E siccome ci sono uccelli che hanno vissuto in comunità diverse, esistono anche uccelli cosiddetti “bilingui”. Sono uccelli bilingui anche gli esemplari che vivono in una zona di confine tra due gruppi che parlano dialetti diversi, poiché sono in grado di riprodurre entrambi i dialetti. Secondo alcuni ricercatori, gli uccelli che lasciano il gruppo originario per colonizzare un nuovo territorio o per trovare un compagno con cui accoppiarsi tendono a insediarsi in zone in cui risiedono conspecifici che parlano il loro dialetto di provenienza. E’ chiaro che i meccanismi alla base della acquisizione del canto degli uccelli e il linguaggio umano sono un esempio di analogia e non di omologia. Però, dato che molti aspetti della neurofisiologia sono condivisi tra tutti i vertebrati, i parallelismi fra acquisizione del linguaggio umano e del canto negli uccelli suggeriscono che potrebbero esserci vincoli sul modo in cui il cervello dei vertebrati può acquisire modelli complessi di suono. In particolare, tutte le volte che si è presentato il problema di acquisire modelli complessi di suono, il processo potrebbe essere stato guidato dagli stessi meccanismi (un po’ come il gene PAX6 ha guidato la formazione dell’occhio in specie così distanti come l’uomo, i calamari e i moscerini). LA PERCEZIONI DEI SUONI 27 te» nei bambini. Sono stati individuate queste fasi: - Capire che altri possono avere desideri diversi dai propri - Capire che altri possono avere credenze diverse dalla propria - Capire che la conoscenza si acquisisce tramite la percezione - Capire che altri possono avere false credenze (4 anni circa) - Capire che altri possono avere false credenze riguardo a ciò che qualcun altro ancora crede (6 anni circa) ToM NEGLI SCIMPANZE’ ® I primi studi su questo argomento sono stati effettuati da Premack e Woodruff. P&W mostrano a una scimpanzé dei video in cui un uomo ha dei problemi nel compiere un’azione (ad es., non riesce a far funzionare uno stereo, con la spina non attaccata), e poi due foto —una delle quali rappresenta la soluzione al problema (la spina attaccata). Gli sperimentatori notano come lo scimpanzé nella maggior parte dei casi è in grado di scegliere l'alternativa che rappresenta la soluzione al problema, questo perché gli scimpanzé sono riusciti a identificare la situazione come un problema e hanno compreso lo scopo dell’attore. Ovvero, secondo gli studiosi, sono in grado di attribuire a un altro individuo desideri e scopi, ma non sono in grado di attribuire conoscenze ad altri. Lo studio di P&W ha avuto una grandissima eco: sono seguite molte critiche, ma nonostante questo ha comunque dato l’avvio a numerosi altri studi che hanno cercato di indagare la questione se gli scimpanzé avessero o meno una TOM. * Povinelli e Eddy hanno effettuato 15 studi, condotti su scimpanzé e su bambini della materna, volti a indagare se gli scimpanzé comprendono che la percezione visiva offre una visione soggettiva sul mondo. Ovvero si chiedono se gli scimpanzé capiscono che l’atto di vedere può avere delle conseguenze sullo stato mentale intono di una persona. Per esempio, in un esperimento, a uno scimpanzé addestrato a chiedere cibo agli uomini venivano presentati due individui: uno poteva vedere lo scimpanzé che chiedeva il cibo e l’altro no ( per la poszione del corpo o perché aveva gli occhi coperti). Dai risultati emerse che lo scimpanzé chiedeva il cibo in egual misura a tutti e due gli sperimentatori e non impererò mai a chiedere civo solo allo sperimentatore che poteva vederlo. Povinelli e Eddy conclusero che gli scimpanzè non si basavano su quelli che gli altri vedono per dedurre ciò che sanno, quindi non basano il proprio comportamento in base all’attribuzione di stati mentali altrui e che sono privi di una TOM. * Unaltro esperimento è stato condotto da Hare, Call e Tomasello nel 2001, i quali hanno dimostrato che, benché gli scimpanzé non sono in grado di attribuire stati mentali agli esseri umani, le cose sono diverse se si osserva il comportamento degli scimpanzé con altri scimpanzé. I soggetti erano 12 scimpanzé nati in cattività, 9 dei quali erano subordinati a altri individui del gruppo. Quando non erano sottoposti ai test, gli scimpanzé potevano uscire in un recinto esterno piuttosto ampio dove potevano scalare delle strutture, giocare a palla, o con degli pneumatici, ecc.; venivano nutriti due volte al giorno con frutta, verdura, mangime e l’acqua era sempre disponibile. Per quanto riguarda la gerarchia sociale presente negli scimpanzé, in generale, se gli scimpanzé competono per lo stesso pezzo di cibo, il dominante ha la precedenza sul subordinato. 30 Tuttavia, se dominante e subordinato non competono per lo stesso pezzo di cibo, una volta che il subordinato si è impossessato di un pezzo di cibo, il dominante glielo lascia. Il setting sperimentale prevedeva che a ogni esperimento partecipasse una coppia di scimpanzé: un dominante e un subordinato. L’esperimento aveva luogo in una fila di tre gabbie adiacenti: nella gabbia in mezzo era posizionato del cibo con il cibo e nelle due gabbie laterali vi erano gli scimpanzé. La gabbia centrale aveva una porta a ghigliottina che si i apriva sulla gabbia dello scimpanzé dominante e una porta ’oana a ghigliottina sul lato opposto che si apriva sulla gabbia dello scimpanzé subordinato. Quando queste porte erano aperte, anche parzialmente, ogni scimpanzé poteva vedere quel che vedeva l’altro.La gabbia centrale conteneva due barriere che ostruivano la vista del cibo allo scimpanzé dominante, ma non al subordinato. Dominant Il comportamento di ciascuna coppia dominante-subordinato è stato osservato in quattro casi. - CONDIZIONE 1: condizione con il dominante uninformed + la porta del subordinato rimaneva aperta (poteva vedere, ma non entrare nella gabbai centrale), mentre la porta del dominante rimaneva chiusa, mentre un pezzo di cibo veniva posizionato dietro una delle barriere. in questa condizione il dominante non a dove è il cibo ( è uninfomed, non infomato) - CONDIZIONE 2: controllo con il dominante informato + sia la porta del subordinato sia la porta del dominante rimanevano aperte parzialmente, mentre un pezzo di cibo veniva posizionato dietro a una delle barrire. Questa è una condizione di controllo della condizione 1: il setting è simile, ma qui il dominante sa dove si trova il cibo. - CONDIZIONE 3: misinformed + La porta del subordinato e la porta del dominante rimanevano aperte parzialmente (in modo che potessero vedere, ma non entrare), mentre un pezzo di cibo veniva piazzato dietro una delle barriere. Poi la porta del dominante veniva chiusa per 10-15 secondi, durante i quali il cibo veniva spostato dietro all’altra barriera. In questa condizione, il dominante ha una falsa credenza rispetto a dove si trovi realmente il cibo. La Condizione 3 «misinformed» è un tentativo di replicare il test della falsa credenza (o test di Sally-Ann). Tuttavia, a differenza del test “classico” della falsa credenza, qui non c’è mediazione linguistica. Cioè, si cerca di comprendere ciò che lo scimpanzé sa o non sa sullo stato mentale di un altro scimpanzé unicamente sulla base del suo comportamento non verbale. - CONDIZIONE 4: controllo con il dominante informato + La porta del subordinato e la porta del dominante rimanevano aperte parzialmente (in modo che potessero vedere, ma non entrare), mentre un pezzo di cibo veniva piazzato dietro una delle barriere. Dopo 10-15 secondi, a porte aperte, il cibo veniva spostato dietro all’altra barriera. Questa è una condizione di controllo della condizione 3: il setting è simile, ma qui il dominante sa dove si trova il cibo. 31 Quindi, nelle condizioni 1 e 3 lo scimpanzé subordinato poteva notare che lo scimpanzé dominante non sapeva dove si trovava il cibo. Nelle condizioni di controllo 2 e 4, lo scimpanzé subordinato e quello dominante avevano accesso alle medesime informazioni sulla posizione del cibo. L’ipotesi era che, se gli scimpanzé subordinati avessero capito la differenza tra ciò che gli altri scimpanzé sanno e non sanno, avrebbero cercato di ottenere il cibo più spesso nei casi in cui lo scimpanzé dominante non "sapeva" dove si trovava il cibo (condizioni 1 e 3) che nelle condizioni di controllo 2 e 4. Quando il cibo era nella sua posizione finale, i ricercatori lasciavano entrare gli scimpanzé nella gabbia centrale, dando un vantaggio al subordinato, e osservavano se e quando il subordinato cercava di impossessarsi del cibo. 1. Risultati cibo ottenuto: L’asse orizzontale rappresenta le quattro condizioni sperimentali che abbiamo descritto, mentre l’asse verticale rappresenta la percentuale media di pezzi di cibo ottenuti dai subordinati. I subordinati recuperano più cibo quando il dominante o non sa dove sia il cibo (Condizione 1, uninformed) o pensa che sia nel posto sbagliato (Condizione 3, misinformed) rispetto alle condizioni di controllo. Questo suggerisce che i subordinati sanno quando i dominanti non sono informati sulla posizione del cibo e che mettano a frutto questa informazione. 2. risultati avvicinamento: L’asse orizzontale Risultati: Avvicinamenti che abbiamo descritto, mentre l’asse verticale v sol rappresenta le quattro condizioni sperimentali rappresenta la percentuale dei casi in cui i subordinati non si sono avvicinati alle barriere. ST I subordinati NON si avvicinano al cibo quando il dominante sa dove si trova il cibo (le condizioni 2 e 4 di controllo) rispetto a quando il dominante o non sa dove sia il cibo (Condizione 1, uninformed) o pensa che sia È nel posto sbagliato (Condizione 3, misinformed). c L’esperimento descritto, insieme ad altri esperimenti di controllo fatti da Hare, Call e Tomasello sembrano indicare che gli scimpanzé, in condizioni opportune, sono in grado di sapere quello che gli altri membri del loro gruppo ‘sanno’ oppure non ‘sanno’ e possono usare questa conoscenza per scegliere come comportarsi. I ricercatori però dubitano che gli scimpanzé riescano a comprendere la falsa credenza. Nell’esperimento appena descritto nella condizione 1 (uninformed) il dominante non sapeva dove si trovava il cibo; mentre nella condizione 3 (misinformed) il dominante aveva di fatto una falsa credenza su dove fosse il cibo. 32 dovuto a vincoli anatomici. Infatti il cavo orale degli scimpanzé non è in grado di articolare i suoni in maniera fine, poiché ha una configurazione diversa del tratto vocale, ovvero non ha la laringe abbassata come negli uomini. Per verificare se il fallimento di Viki nell’acquisire il linguaggio fosse dovuto a limitazioni anatomiche, si provò a insegnare la lingua dei segni a primati antropomorfi. > Negli anni ‘70 partì il «Progetto Nim» (Neam Chimpsky): nel quale si cercava di educare uno scimpanzé come un bambino e insegnargli la lingua dei segni. Herbert S. Terrace, lo psicologo che diede avvio al progetto Nim, riporta che Nim aveva imparato 125 segni e riusciva a produrre anche sequenze di segni. Terrace decise di analizzare in dettaglio 20.000 combinazioni di segni prodotte da Nim per ricercare una sintassi. Egli trova un ordine nelle combinazioni di due segni (Nim tende a segnare «più X» piuttosto che «X più»; e preferisce segnare «Verbo + Me/Nim» più che «Me/Nim + verbo»). Lo scimpanzé è anche in grado di formare combinazioni con più di più di due segni. Ma queste sono qualitativamente diverse rispetto a quelle degli esseri umani. Nei bambini infatti produrre 3 o più parole significa aggiungere informazione e complessità; invece per Nim si tratta quasi sempre solo di ripetizioni di segni. Ovvero Nim aggiunge dei segni, senza aggiungere informazioni, perché sono segni già presenti nella frase. Terrace conclude che con il passaggio da 2 a 3 o 4 segni non sembra che venga aggiunta una elaborazione semantica o sintattica. Un'altra differenza sostanziale, per i bambini (sia sordi che udenti) la lunghezza media degli enunciati prodotti aumenta in funzione dell’età. Per Nim invece non si assiste a un aumento della complessità. Infine, Terrace nota che Nim produce segni solo per ottenere cose, e mai per commentare. La sua conclusione è quindi decisamente scettica: sebbene Nim abbia imparato l’associazione tra 125 segni e i lororeferenti, non è in grado di combinare questi segni, dunque il suo non può essere definito linguaggio. Compie anche delle obiezioni metodologiche, relative all’insegmaneto del linguaggio dei segni ai primati. Egli mette in dubbio la validità dei risultati ottenuto, poiché afferma che le produzioni dei primati sono semplici imitazioni e ripetizioni di quanto viene segnato dall’uomo. > Ulteriori studi sono stati fatti con Kanzi, un bonobo. La metodologia adottata per verificare le competenze linguistiche di Kanzi cerca di rispondere a queste obiezioni. Kanzi nasce il 28 ottobre 1980 al Yerkes Regional Primate Center di Atlanta, Georgia (U.S.A.). Viene però allevato da Matata, una bonobo nata nelle foreste del Congo, come il padre di Kanzi. All’età di sei mesi, è stato spostata con Matata al Language Research Center della Georgia State University, dove Sue Savage-Rumbaugh ha cercato di insegnare alla madre adottiva Matata l’uso di una tastiera con dei simboli astratti che corrispondono a parole (lessigrammi). Dal p 2005, Kanzi vive al Great Ape Trust dell’Iowa. 35 Per l’apprendimento del linguaggio è stata usata una tastiera con lessigrammi, dove ogni tasto è contrassegnato da un simbolo che corrisponde a una parola inglese. Le parole possono essere: nomi, verbi, aggettivi, avverbi. Il tentativo di insegnare a Matataa usare la tastiera con i lessigrammi ha avuto scarso successo. L’istruzione di Matata iniziata quando era già adulta, è continuata per cinque anni senza risultati apprezzabili. Ma, nonostante l’addestramento all’uso della tastiera con i lessigrammi era diretto alla madre, durante la procedura era presente anche Kanzi. Quando Kanzi ha raggiunto i due anni, Matata è stata trasferita per un accoppiamento e il giorno successivo alla partenza della madre, Kanzi, con grande sorpresa dei ricercatori, ha iniziato a usare la tastiera producendo 120 emissioni separate e usando dodici simboli diversi. Usare la tastiera con i lessigrammi permette di valutare meglio l’effettiva competenza linguistica di Kanzi, perché offre dei parametri più «oggettivi», infatti bisogna premere dei tasti e non produrre dei segni che devono essere interpretati dall’uomo. Kenzi arriva a conoscere il significato di tutti i simboli della tastiera e a comprendere circa 800 parole inglesi. Per quanto riguarda la produzione linguistica di Kanzi, ella è in grado sia di scegliere il sombolo giusto quando glielo si chiede, ma è anche capace di produrre delle combinazioni di più simboli, o combinazioni di simboli più gesti, per formare delle «frasi». (piu simboli o simboli+gesti) Per quanto riguarda le combinazioni: - Per quanto riguarda le produzioni di Kanzi in cui combina un segno e un simbolo della tastiera: il simbolo della tastiera indica il verbo, mentre il gesto indica l’agente o il paziente dell’evento. Ad esempio, se vuole che Sue rincorra Kelly, Kanzi preme il tasto che corrisponde alla parola chase (“rincorrere”), poi prende la mano di Sue e la spinge verso Kelly. Se vuole che Kelly rincorra Sue, spinge invece la mano di Kelly verso Sue dopo aver premuto il tasto. In questo caso i gesti sono un modo per indicare chi è l’agente e chi è il paziente a cui fa riferimento la parola della tastiera. In queste combinazioni l'ordine delle parole non segue l'ordine delle parole nelle frasi attive: il gesto segue la selezione del verbo, mentre in inglese la parole che si riferisce all'agente precede il verbo. - Successivamente kanzi ha iniziato a esprimersi producendo delle combinazioni di più simboli con la tastiera. I due simboli indicano nomi o verbi. Quando usa la combinazione di simboli, kanzi tende a riprodurre l’ordine delle parole in inglese. Secondo Savage-Rumbaugh, questi fatti indicano che Kanzi usa delle regole per produrre combinazioni di parole o combinazioni di parole e gesti. Sembrava che kanzi avesse sviluppato delle strategie grammaticali che erano basate sul riconoscimento del ruolo delle parole in comunicazioni diverse. Ciò metteva in discussione l’affermazione che solo gli esseri umani sono in grado di manipolare dei simboli secondo regole grammaticali. Ovvero Savage- Rumbaugh afferma che c’è una sintassi. Tali conclusioni sono troppo forti. Kanzi arriva a produrre combinazioni di due simboli, ma l’ordine non è sempre consistente, e quando c’è la combinazione di simboli più gesti questo cambia. Un’altra critica che era stata mossa a progetti precedenti che avevano coinvolto i primati (Kim, Koko e Washoe) era che le produzioni spontanee dei primati riguardavano solo e unicamente richieste. Anche kenzi quando produce delle combinazioni di parole, di solito vuole ottenere qualcosa , ma Greenfield e Savage-Rumbaugh osservano che il 4% delle comunicazioni di Kanzi è costituito da commenti, cioè da comunicazioni che non hanno lo scopo di indurre il suo 36 interlocutore a fare qualcosa. Questa è una percentuale più bassa che nei bambini, ma attesta comunque che Kanzi ogni tanto usa il linguaggio anche per «commentare» o più in generale per scambiare informazioni con l’interlocutore, senza secondi fini. Quando Kanzi, alla domanda di Sue circa come si è ferito, risponde “Matata mordere”, lo scopo della risposta pare semplicemente essere quello di comunicare a Sue un’informazione che Sue non sa. In questo modo sembra che Kanzi comprende che altri possono non sapere ciò che lui sa e che lui può modificare questo stato di ignoranza agendo in un certo modo. Sorge quindi la domanda se Kanzi ha una teoria della mente. Per cercare di valutare meglio le capacità linguistiche di Kanzi, Savage-Rumbaughe i suoi collaboratori hanno condotto dei test per valutare quanto Kanzi comprendesse l’inglese. Viene effettuato il TEST DELLA COMPRENSIONE: - I soggetti: il test è stato condotto su kanzi e Alia una bambina di 2 anni e mezzo. - Il materiale: sono state presentate ai soggetti 660 frasi di diverso tipo. Le frasi erano dei comandi a cui i soggetti dovevano reagire in modo appropriato. Il soggetto aveva di fronte diversi oggetti e doveva selezionare alcuni per eseguire il comando correttamente.Le frasi spesso indicavano istruzioni strane per avitare che kanzi e alia fossero già state esposte a quelle frasi e se le ricordassero. Prima della presentazione delle frasi, i soggetti sono stati sottoposti a un test per assicurarsi che comprendessero le singole parole che erano contenute nei comandi. - Procedura: C'erano due fasi nell’esperimento: 1) Le prove non cieche: in cui lo sperimentatore diceva la frase ai soggetti e dava loro l’insieme degli oggetti che dovevano manipolare per rispondere al comando; 2) Le prove cieche: in cui i soggetti non potevano vedere chi emetteva il comando e la persona su cui i soggetti dovevano agire indossava delle cuffie in modo da non poter udire il comando, quindi nessuno poteva intervenire implicitamente in qualche modo. Savage-Rumbaugh (per Kanzi) e Murphy (per Alia) hanno sistemato le risposte in tre classi: - Corrette > quelle in cui i soggetti, immediatamente oppure con qualche ritardo, eseguono l’ordine correttamente - Parzialmente corrette > sono, risposte in cui i soggetti prendono altri oggetti oltre a quelli richiesti, oppure prendono gli oggetti richiesti ma invertono l’azione che dovrebbero eseguire su questi oggetti - Errate > Le risposte errate sono quelle in cui il soggetto non reagisce o sbaglia tutto. Risultati: * Kanzi ha dato risposte corrette nel 72% di tutte le prove (cieche e non) e Alia ha dato risposte corrette nel 66% di tutte le prove (cieche e non). * Nelle prove cieche, Kanzi ha dato risposte corrette nel 74% dei casi e Alia ha dato risposte corrette nel 66% dei casi. Per verificare in che misura Kanzi e Alia comprendevano che il significato della frase dipendeva dall’ordine delle parole, Savage-Rumbaughe i suoi collaboratori hanno controllato la percentuale di risposte corrette per coppie di frasi di questo genere: 37 Altri studi invece hanno dimostrato la presenza delle componenti “cosa” e “ dove”, ma non “quando” in primati e ratti. Ma visto che non vi era la componente temporale questi studi non rispettavano i criteri richiesti. MEMORIA EPISODICA NELLE GHIANDAIE AMERICANE In questi studi venne utilizzata una strategia diversa: in questi esperimenti gli animali nascondono il cibo per poterli consumare successivamente, necessitando della memoria per ritrovarli. Ovvero si adotta una prospettiva ecologica in cui gli animali hanno bisogno di ricordare e integrare le informazioni relative a “cosa” succede, “dove” succede e “quando” succede rispetto all’esperienza della ricerca di cibo. Gli esperimenti sfruttano la caratteristica delle ghiandaie che se viene dato loro più cibo di quello che consumano, lo nascondono in un posto per poterlo poi consumare più tardi. > ESPERIMENTO 1: Clayton, Bussey, Dickinson Il primo esperimento vuole indagare il possesso di una memoria retrospettiva. Ovvero gli sperimentatori manipolano le condizioni sperimentali per verificare se le ghiandaie si ricordano dove e quando hanno nascosto cosa. Il primo giorno, venivano dati alle ghiandaie dei vermi e un contenitore dove nasconderli. Il giorno successivo venivano date loro delle noccioline e un contenitore (diverso da quello dove avevano nascosto i vermi) dove nascondere le noccioline. Visto che le ghiandaie preferiscono i vermi alle noccioline, il compito era pensato per vedere se le ghiandaie si ricordavano cosa avevano nascosto (vermi o noccioline) e dove lo avevano nascosto (in quale dei due contenitori). Per stabilire se le ghiandaie si ricordavano anche quando avevano nascosto il cibo viene inserita un’altra condizione. le ghiandaie vengono divise in due gruppi: - gruppo del decadimento: precedentemente istruito riguardo al fatto che i vermi, loro cibo preferito, deperiscono; - gruppo del rifornimento: non ha l’opportunità d’imparare che i vermi sono un cibo che deperisce. L’idea è quella di verificare se questi due gruppi si comportano diversamente quando il cibo gli viene presentato dopo intervalli di tempo diversi. Ai due gruppi di ghiandaie (decadimento e rifornimento) vengono ripresentati i contenitori dove loro avevano nascosto i vermi e le noccioline. In alcuni casi, i contenitori vengono ripresentati dopo poco tempo (4 ore), in altri casi i contenitori vengono riproposti dopo molto tempo (124 ore). Le ghiandaie in generale preferiscono i vermi alle noccioline. Per cui se si ricordano cosa hanno nascosto e dove, andranno per prima cosa ad aprire il contenitore che contiene i vermi. Per verificare se si ricordano anche quando hanno nascosto il cibo, ci interessa vedere che cosa fa il gruppo del decadimento (quello istruito che i vermi deperiscono): se si ricordano quando hanno nascosto il cibo, allora dovrebbero andare a cercare i vermi se i contenitori vengono ripresentati dopo 4 ore, ma dovrebbero andare a cercare le noccioline se i contenitori vengono ripresentati dopo 124 ore. 40 Dalle osservazioni emerge che: - Seil gruppo decadimento poteva recuperare il cibo entro breve tempo (4 ore), i soggetti davano la precedenza al consumo dei vermi; cercavano invece le noccioline se l’intervallo di tempo era maggiore (124 ore). - Il gruppo del rifornimento, all'opposto, prosegue nella ricerca dei vermi senza tener in considerazione il periodo che intercorre tra immagazzinamento e il recupero del cibo. Il comportamento del gruppo del decadimento, indica che le ghiandaie ricordano cosa hanno nascosto, e dove e quando l’hanno fatto. Esse cioè avrebbero una episodic-like memory, ma per adesso abbiamo indagato solo la memoria retrospettica, manca quella prospettica. Saper viaggiare con la mente nel tempo non è utile solo per la memoria episodica, ma anche per la capacità di anticipare eventi e bisogni futuri. Questa risulterebbe essere una capacità esclusivamente umana, soprattutto perché il linguaggio permette di stimarla con più precisione rispetto ad altre specie, dove questa abilità potrebbe essere presente, ma non facilmente rintracciabile. Quindi sono stati condotti degli sperimentali che indagano se gli animali sono in grado di distinguere uno stato futuro da uno attuale e se sono capaci di mettere in atto comportamenti che soddisfino i futuri. Per prima cosa è importante distinguere tra il viaggio mentale nel futuro e un semplice comportamento anticipatorio, in quanto esistono comportamenti specie-specifici che sembrano l’anticipazione di uno stato futuro, ma sono privi di una pianificazione. Ad esempio il comportamento migratorio di molte specie di uccelli sembra avere caratteristiche anticipatorie, ma plausibilmente non coinvolge una esplicita programmazione futura (è un comportamento istintuale, mentre gli elefanti migrano in luoghi ricchi di acqua per anticipare il loro bisogno di dissetarsi. Vi sono prove che mostrano che gli animali hanno delle aspettative( premere la leva per ottenre cibo), ma queste non sono da considerare come pianificazioni future per due ragioni: - Per dimostrare la capacità di pianificazione futura gli animali devono effettuare anticipazioni di ore, o addirittura giorni, e non di secondi o minuti; - La risposta per l’ottenimento del cibo è conseguente a bisogni presenti. La pianificazione futura, invece, necessita di azioni rilevanti per uno stato futuro indipendente da quello attuale. >» ESPERIMENTO 2: EMERY E CLAYTON Vuole indagare il possesso di una memoria prospettica. Gli sperimentatori sapendo che le ghiandaie sono solite a nascondere il cibo che non mangiano per poterlo recuperare più tardi, si chiedono se il loro comportamento cambierà se possono prevedere che altre ghiandaie ladruncole potrebbero rubare il cibo che hanno nascosto. Procedura: Gli uccelli venivano privati del cibo durante la notte. Il mattino seguente nella gabbia di ogni esemplare veniva posto un contenitore pieno di sabbia e un vasetto contenente 50 vermi. L’esemplare aveva 15 minuti in cui poteva mangiare i vermi o nasconderli nel contenitore pieno di sabbia. Di fatto, ogni esemplare ne nascondeva un certo numero cache observed Ci sono due condizioni: - condizione osservati: un gruppo di ghiandaie nasconde il cibo senza essere vista. La vista dell’animale osservatore veniva oscurata da un panno posto intorno alla gabbia. cache in private - condizioni non osservati: un altro gruppo nasconde il cibo osservata da un’altra ghiandaia. l’animale osservatore aveva una chiara visuale della scena. Dopo 15 minuti, il contenitore pieno di sabbia cache observed e il vasetto contenente i vermi venivano tolti dalla gabbia e la ghiandaia veniva nutrita con 3 vermi. 3 ore dopo, venivano inseriti nella gabbia del soggetto due contenitori. Uno è quello dove la dal Jil ghiandaia aveva nascosto i vermi tre ore prima, mentre il secondo contenitore era nuovo. recover in private recover in private Questa fase dell’esperimento avveniva sempre Sa fuori dalla vista dell’animale osservatore. I soggetti per 10 minuti potevano mangiare i vermi nascosti 3 ore prima, oppure potevano cambiargli posizione, o nascondendoli in nuovi punti nel vecchio contenitore oppure mettendoli nel nuovo contenitore. L’idea è che se le ghiandaie hanno una memoria prospettica (future planning), allora ci possiamo aspettare che il gruppo che aveva inizialmente nascosto i vermi osservato da un’altra ghiandaia cambierà il posto dei vermi che aveva nascosto prima più dell’altro gruppo, perché si aspetta che la ghiandaia che lo aveva osservato possa rubarglieli. Mentre l’altro gruppo di ghiandaie che aveva nascosto i vermi «in privato» non ha motivi per cambiare la disposizione dei vermi nascosti, e quindi viene utilizzato come gruppo di controllo. L’esperimento è stato condotto su diversi «gruppi sperimentali»: - A. Ghiandaie che avevano sia commesso loro stesse dei furti, sia che avevano visto altre ghiandaie commettere furti (A= esperienza sociale attiva e passiva del furto); - B. Ghiandaie che non avevano commesso dei furti, ma che avevano visto altre ghiandaie commettere furti (B=esperienza solo passiva del furto); - C. Ghiandaie che avevano commesso loro stesse dei furti, ma non avevano mai visto altre ghiandaie commettere furti (C=esperienza solo attiva del furto); RISULTATI GRUPPO A: Nella condizione “osservati”, le ghiandaie nascondono in una nuova posizione una quantità maggiore di vermi che nella condizione “non osservati”. Inoltre, i soggetti, hanno la tendenza ad immagazzinare il cibo in nuovi siti più nella condizione “osservati” che nella condizione “non osservati Questo suggerisce che le ghiandaie osservate nascondono nuovamente i vermi perché si aspettano che la ghiandaia che li aveva osservati glieli possa rubare in futuro. RISULTATI GRUPPO B: nella fase di recupero (3h dopo) le ghiandaie ri-nascondono un numero molto piccolo di vermi, indipendentemente che siano nella condizione “osservati” o nella condizione “non-osservati”. RISULTATI GRUPPO C: Come le ghiandaie del primo gruppo A, i soggetti rinascondono una quantità maggiore di vermi nella condizione “osservato”. Inoltre, sempre in linea con il gruppo A, 42 Una grammatica (A B)", cioè una grammatica del tipo: AB ABAB ABABAB ABABABAB ecc. è invece una grammatica a stati finiti, perché per determinare la lettera che comparirà nel punto n è sufficiente guardare la lettera che è comparsa al livello n-1. Questo tipo di grammatica si basa su delle regole che si riferiscono a un ordine lineare, per questo non può modellare le grammaticali natrali che hanno una struttura sia ricorsiva che gerarchica. Queste grammatiche possono essere ricorsive, ma non gerarchiche. Per comprendere l'elemento successivo è sufficiente guardare l'elemento precedente. GRAMMATICHE E ANIMALI Diversi ricercatori si sono chiesti se è possibile trovare in qualche specie animale delle abilità di analisi dell’input che superano il livello delle grammatiche a stati finiti. Ovvero si chiedono se ci sono delle specie animali che hanno delle capacità grammaticali. 1) ESPERIMENTO: SUI TAMARINI, condotto da Fitch e Hauser. Sono stati presi come soggetti sperimentai i Tamarini, un tipo scimmia diffusa in America Centrale poiché, sulla base di precedenti esperimenti, sono in grado di discriminare gli stimoli sonori anche di tipo linguistico. Per l’esperimento sono state usate due grammatiche per generare stringhe audio senza senso costituite da sillabe formate da 1 consonante e 1 vocale: - Vengono individue Due classi di suono primitive: A( ba di yo la mi no wu) pronunciate da femmine e B(pa li mo nu ka bi do gu) pronunciate da maschi. - Ognuna delle due classi era formate da 8 differenti sillabe con struttura consonante-vocale - Lesillabe appartenenti alle due classi erano chiaramente distinguibili sia dalle scimmie che dagli umani: le sillabe di tipo B erano pronunciate da un uomo, mentre quelli di tipo A da una donna. Ò n . . Phrase Structure . Grammatica a struttura Finite State Grammatica a stati Grammar: A"B" finiti . Grammar (AB)" sintagmatica AAA BBB ABAB no li ba pa ABABAB lapawumonoli AA BB yola pa do pi AAA BBB_ balatulipaka In entrambe le grammatiche venivano presentate 3 sillabe ( ab, ba, ca). Per ognuna delle due grammatiche, sono state formate 64 stringhe diverse (60 di queste venivano usate nella fase di familiarizzazione e 4 nella fase di test vera e propria). I tamarini sono divisi in due gruppi, uno per grammatica. € FASEDIFAMILIARIZZAZIONE 45 PSG Results: Ogni gruppo è stato esposto per 20 minuti a 60 stringhe di 6 o 4 elementi,costruite secondo le regole della grammatica di appartenenza @ FASEDITEST Test individuale, effettuato il giorno dopo, dopo una ri-familiarizzazione di due minuti con la grammatica di appartenenza. Ogni tamarino è stato testato con 8 stringhe (8 nuovi stimoli non fatti ascoltare durante il processo di familiarizzazione), 4 di questi avevano la struttura della grammatica con cui era stato familiarizzato mentre gli altri 4 non seguivano le regole di questa grammatica. Ogni tamarino veniva portato in una stanza insonorizzata con due altoparlanti uno a destra e una sinistra in cui venivano presentati gli stimoli di prova. Per verificare se il tamarino padroneggiava una grammatica si misuravano gli sguardi che l’animale rivolgeva all’altoparlante nascosto. Di fronte alla grammatica nuova si dovevano mostrare sopresi e avrebbe dovuto girarsi verso l'altoparlante che aveva pronunciato la frase con la grammatica estranea. RISULTATI-GRAMMATICA STATI FINITI Dai risultati emerse che i tamarindi Humans Monkeys vo * _ x00 padroneggiavano le grammatiche a stati finiti: 80 80 esa $ © $ 60 ® Quando al tamarino venivano Results: 5 40 * do presentati stimoli non grammaticali, 20 20 nel 72% dei si voltavano sorpresi verso ° D ° l’altoparlante. ® Quandoal tamarino venivano presentati stimoli grammaticali solo nel 34% tamarini si voltavano sorpresi verso l’altoparlante (si erano abituati aquella grammatica, per cui non si sorprendevano) ® A livello individuale, 9 scimmie su 10 hanno guardato maggiormente agli stimoli “agrammaticali” che a quelli “grammaticali” Questi risultati hanno dimostrato che le differenze tra i due diversi segnali acustici sono state recepite dai tamarini, ovvero gli animali sono in grado di riconoscere se le nuove stringhe sono coerenti con input passati. RISULTATI GRAMMATICHE SSTRUTTURE SINTAGMATICHE: I tamarini hanno fallito nel riconoscimento delle grammatiche a struttura sintagmatica, mostrando una percentuale equivalente nel guardare a stimoli “ grammaticali e “ agrammaticali” : 100 100 ® 80 e 1129% ha guardato le violazioni $ so $ so ® 1131% ha guardato gli stimoli coerenti 5% & «o ® Nessuna scimmia ha guardato a più della metà 0 20 delle Violazioni 0 Violation —Consistent Violation —Consistent Gli adulti umani testati con le stesse grammatiche hanno dimostrato un rapido apprendimento delle regole (sono stati sufficienti meno di 3 minuti di esposizione) e sono stati in grado di distinguere le violazioni in entrambe le grammatiche: - Il 93% ha riconosciuto le violazioni alle grammatiche a stati finiti. 46 - L’85% ha riconosciuto le violazioni alle grammatiche a struttura sintagmatica. CONCLUSIONI: Nonostante una chiara capacità di analisi di sequenze regolari di stringhe acustiche, i tamarini non sono in grado di processare una semplice struttura sintagmatica, ovvero un flusso in cui i componenti sono in relazione gli uni con gli altri ad una certa distanza. 2) SECONDO ESPERIMENTO: Genter e collaboratori. Vogliono confutare le conclusioni dell'esperimento precedente. I soggetti sperimentali sono gli storni. Sono in grado di produrre canti decomponibili in unita acustiche di base. Tra queste unità ci sono trilli (tipo A) e singulti (SILLABE B). Sono stati registrate 8 trilli e 8 singulti prodotti da uno storno adulto che sono stati utilizzati per costruire delle sequenze con una grammatica a stati finiti e una grammatica a struttura sintagmatica: n (ABy b agro Grammatica a stai GSF ==(AB)? ; trillo- singulto- trillo -singulto Grammatica a struttura ntagmatica: 1" 9 GSS= (A°B?) trillo- trillo —singulto- + II - BI * DOGS Per ognuna delle due grammatiche sono state generate tutte le possibili sequenze a partire dal repertorio iniziale di 8 unità di base e fra le 4096 sequenze generate da ognuna delle due grammatiche ne sono state selezionate 8 che sono state utilizzate per la fase di condizionamento iniziale. L’apparato di sperimentazione era composto da tre porticine con un contenitore sotto la porta centrale in cui lo storno aveva accesso al cibo in base a tre condizioni: ® FASE 1l:dopo chelo storno aveva individuato il contenitore contente il cibo, questo diventava disponibile solo se beccava la porticina centrale quando dietro a questa si attivava un diodo luminoso * FASE2:lo storno otteneva il cibo continuando a beccare sulla porticina centrale, ogni volta che lo storno beccava la porticina centrale, iniziava la presentazione dello stimolo sonoro. * FASE3: è la fase di familiarizzazione con una delle grammatiche. Per un primo gruppo di storni, se beccavano la porticina centrale dopo aver sentito una delle sequenze prodotte dalla grammatica a stati finiti c’era un rinforzo ovvero, il cibo diventava disponibile nel solito contenitore. Invece, se beccavano la porticina centrale dopo aver sentito una delle sequenze prodotte dalla grammatica a struttura sintagmatica c’era una punizione (la luce nella gabbia si oscurava per un istante) Per un secondo gruppo di storni il rinforzo era associato alla grammatica a struttura sintagmatica e la punizione alla grammatica a stati finiti RISULTATI DELLA FASE DI CONDIZIONAMENTO: 9 degli 11 storni che hanno partecipato alla fase di condizionamento hanno imparato a distinguere le sequenze generate dalle grammatiche 47
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