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Filosofia della prassi umana, Appunti di Filosofia

Appunti presi in classe - Prof. Papa

Tipologia: Appunti

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Caricato il 12/07/2018

sofia-bettocchi
sofia-bettocchi 🇮🇹

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Scarica Filosofia della prassi umana e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Filosofia della prassi umana – I SEMESTRE Password: filosofiadellaprassi 02.10.17 La filosofia della prassi umana è quella parte della filosofia che va a riflettere sulle azioni dell’uomo. PRASSI: la parola “prassi” è un termine antichissimo, usato per la prima volta da Aristotele; esso deriva dalla lingua greca e noi oggi lo traduciamo con “agire”, anche se, però, in greco ha altri significati, tra cui “camminamento”. “PRAXIS” vs “THEOREIN”: sono due termini, che nella filosofia, sono sempre stati messi in contrasto tra di loro; il primo, infatti, ha il significato “agire”, mentre il secondo significa “osservare”. Infatti, da questi due termini, si sono venute a creare due correnti filosofiche: una prima corrente che è una filosofia più “pratica”, mentre una seconda che è una corrente più “teorica”. Nella prima corrente, per esempio, andiamo a ritrovare Karl Marx, che vedeva la filosofia come qualcosa di pratico, che doveva risolvere i problemi delle persone; mentre nella seconda corrente si potrebbero inserire i filosofi antichi, come Aristotele o Platone. Essi, infatti, vedevano la filosofia come un sapere contemplativo, loro erano i classici filosofi che vivevano sulla torre d’avorio, classica metafora della filosofia antica. Hannah Arendt (14 ottobre 1906 – New York, 4 dicembre 1975) Hannah Arendt è stata una delle prime filosofe a dire che le due “filosofie” dovevano stare assieme, che la filosofia è una cosa sola. Infatti, riteneva che non si può pensare senza agire e non si può agire senza pensare. Con la Arendt, inoltre, acquista importanza la nascita; la nascita è un tema che andrà ad analizzare nelle sue diverse opere. Prima di lei, la nascita era quasi considerata un atto di peccato, che doveva andare ad essere purificato nella morte, considerato un gesto eroico. Da Anassimandro (VI secolo A.C.), la nascita viene considerata come una caduta; per la filosofia (e per tutti noi) l’uomo è colui che va incontro alla morte. PERCHÉ LA FILOSOFIA HA SEMPRE RINNEGATO LA NASCITA? Hannah Arendt è stata una delle prime voci della filosofia novecentesca a ribellarsi alla “meditatio mortis”, ovvero la filosofia che ha sempre contemplato l’atto della morte. Ma chi era Hannah Arendt? Hannah Arendt era una donna ebrea-tedesca, atea, naturalizzata successivamente alla nazionalità americana. Seppur atea, la Ardent è sempre stata attratta dalla figura di Cristo, dalla sua vita, infatti i suoi filosofi “preferiti” erano i filosofi cristiani, tra cui Sant’Agostino (egli fu il primo ad utilizzare la parola “NATALITI” - usata successivamente dalla Ardent come categoria filosofica). È stata una delle prime donne a dialogare con la religione cristiana. Accademicamente inizia a farsi conoscere attorno agli anni ’30, arrivando addirittura a costruire un intero corpo filosofico. La Arendt vede il bambino come colui che si insedia senza chiedere, infatti per definire l’atto della nascita, utilizza una citazione biblica, intendendola come la lieta novella dell’avvento. Hannah Arendt è una donna a cui non è mai piaciuto farsi attribuire il titolo di filosofa, perché nel corso della sua vita, rileva il fatto che la filosofia (nel ‘900) avesse fallito i compiti umani, in quanto il ‘900 veniva considerato secolo del male. La filosofia in quel secolo, infatti, non aveva insegnato agli uomini a pensare. Essa preferiva farsi attribuire il titolo di fenomenologa, storica o teorica politica; non amava il termine filosofa perché durante il ‘900 molti filosofi si erano schierati con il regime nazista-fascista, quindi aveva mancato i suoi obiettivi, in quanto i filosofi non avevano pensato. 1 -NATI PER COMINCIARE- CAPITOLO 1 CAPITOLO 4: PROMESSA e PERDONO Le azioni umane sono imprevedibili ed irreversibili; è importante il fatto che gli uomini promettano per stabilizzare le azioni. Gli umani hanno il cuore scuro, quindi possono compiere il male, in quanto essi nascono liberi. Il male è qualcosa di irreversibile, come tutte le azioni umane. Ci deve essere qualcosa, però, che rimedi il male e questa cosa è il perdono; non tutte le azioni, però, possono essere perdonate, l’azione più eclatante che non ha perdono corrispondente è il male criminale, il male inaudito. Parlando di male inaudito, la Ardent intende l’olocausto. “Olocausto” è un termine che deriva dal greco, termine biblico. Per olocausto si intende il sacrificio di un animale. Gli ebrei, per togliere ogni tipo di riferimento religioso-politico, iniziano a chiamarlo SHOAH. 03.10 Nei capitoli a seguire, si affronteranno altri temi, in quanto la Ardent è un’autrice complessa, che apre molte piste investigative. “La banalità del male” si tratta di cinque articoli, in relazione al nazismo. È un testo giornalistico solamente in apparenza, perché poi ragionerà sulla filosofia. HANNAH ARENDT: le sue concezioni filosofiche possono essere comprese solamente se si conosce la sua vita e il tipo di difficoltà che lei ha affrontato. La sua esistenza è costellata da accadimenti molto significativi che hanno turbato la sua esistenza, ma che hanno anche decisa. La sua filosofia fa un tutt’uno con la biografia. Hannah Ardent era un’ebrea tedesca, naturalizzata statunitense, era una teorica-politica, una filosofa; è una pensatrice di fama molto tarda, è stata una pensatrice dimenticata a lungo; in realtà si addottora molto presto e viene avviata alla carriera accademica e da quel momento (fascismo) fu perseguitata da un totale disinteresse nei confronti suoi e della sua opera filosofica, sia in Germania, sia dagli Americani stessi che la scopriranno molto tardi. Oggi giorno viene considerata una vera e propria icona ed è stata largamente ricompensata da un interesse spasmodico. Lei non amava farsi definire filosofa, perché non amava le categorizzazioni. Lei rifiutava i professionismi in filosofia, in quanto la filosofia non doveva essere lavoro; amava definirsi come storica politica. Lei ebbe modo di conoscere personaggio di spicco della televisione tedesca. Lei come pensatrice si assume il compito di pensare liberamente, in maniera critica, la sua è una voce che si alza alla critica della filosofia; si assume su di sé il compito di tornare a pensare. Lei aveva visto grandi filosofi allinearsi alle idee del nazismo-fascismo e questo l’aveva scossa e pensava che questi filosofi avevano tradito gli esseri umani; non amava pensarsi neanche come un’intellettuale, in quanto molti si erano schierati. Quando fu colpita dalle leggi raziali, scappò in Spagna per poi fuggire negli USA, dove lavorò a lungo come insegnante, traduttrice e giornalista. Lì rimase apolide (a-polis, senza cittadinanza), fino al 1958. L’esilio fu difficile. Lei era “diversa”, in quanto ebrea. Lei apparteneva ad una ricca famiglia borghese, sembrava un’esistenza privilegiata, ma viene investita dalla Storia, ma comunque riesce a conservare la sua libertà di pensiero, questo la porterà a non collocarsi politicamente; a fronte di ciò, tutt’oggi è invisa sia alle destre che alle sinistre. Lei ritiene di vivere in tempi bui, in cui deve essere rivendicata la libertà. 2 Nei totalitarismi, non inserisce il fascismo; lei, lo considera infatti come una semplice dittatura, non come un’ideologia, anche se ha in sé tutte le caratteristiche che lo portano ad essere considerato fascismo. Questa è l’opera fondamentale per comprendere il ‘900, senza essa non si comprenderebbe nulla. È in quest’opera che la Ardent tratta del tema del Natality, un richiamo ad Agostino, filosofo preso come riferimento. Lo inserisce in questo contesto, in quanto l’uomo può compiere del male, ma attraverso la nascita l’uomo riesce a salvarsi, la nascita è come promessa e suprema capacità dell’uomo di fronte alla minaccia del terrore ideologico. È un nuovo inizio. Lei considera il natality come una categoria filosofica, ma esattamente cos’è una categoria filosofica? Una categoria è qualcosa che ci permette di capire al meglio il mondo che ci circonda. Durante i totalitarismi, però, le categorie sono andate distrutte. L’esempio palese è il fatto che, dopo i campi di concentramento, come poteva essere più riconosciuto l’uomo? Lì aveva perso tutta la sua identità. 1958 Vita Activa. Vita Activa è un’opera di carattere antropologico, in quanto in queste pagine, Hannah riflette su chi sia l’uomo e che cosa fa. Per tutti i filosofi, l’uomo è un essere mortale, lei, invece, si distacca da questa teoria e afferma che l’uomo è un essere natale. In quest’opera, riflette sulle azioni umane, su quali siano quelle che fanno rimanere un uomo uomo. Da allieva di Heidegger riflette sul fare scientifico come un’azione che stravolge l’essere umano; quindi, Hannah Ardent si domanda come si faccia a rimanere uomini. Riflette sull’umanità 1963 La banalità del male. Delle opere di Hannah Ardent, probabilmente, è la più nota. Quest’opera ha un taglio più giornalistico, infatti la Ardent raccoglie delle sedute (5) sul processo di Eichmann, uno dei maggior esponenti del nazismo. La Ardent riuscì ad assistere ai processi come inviata del settimanale NYorker. Come già detto prima, Eichmann fu uno dei principali esecutori del nazismo; egli, infatti, sterminò gli ebrei e per questo venne condannato a morte, in Israele. Durante il suo processo, i testimoni furono chiamati e sentiti uno ad uno. Nello scrivere la Banalità del male, Hannah Ardent sposa la tesi di Emmanuel Kant, ovvero che nell’uomo è già intrinseca una propensione al male; infatti, quando compone la banalità del male, si rende conto che il male poteva essere compiuto da tutti. 1963 Sulla rivoluzione. Fa parte dei suoi testi politici. (temi filosofici, ma visti in chiave politica politologico). In questo testo raccoglie i temi della ricerca filosofica, riflettendo però sull’uomo rivoluzionario. Le due rivoluzioni che prende come esempi sono: la rivoluzione francese -1789- e la rivoluzione russa -1917- Per lei, esiste un nesso tra “libertà” e “politica”. Anche qui, ritorna il tema del natality, bambino politica = cura che preserva il genere umano. Riprendendo il tema del natality, viene implicitamente ripreso il tema delle origini, e per questo si appoggia a Macchiavelli e Virgilio, di cui analizza anche quattro egloghe, quelle in cui annuncia la nascita di un bambino. 1972 La vita della mente: questa è l’ultima opera conclusiva di Hannah Ardent, infatti mentre scrive l’ultima parte, nel 1975, viene colta da un infarto. L’opera è divisa in tre parti: nella prima parte parla del pensare, nella seconda parte del valere e nell’ultima del giudicare esse sono le facoltà dello spirito, sono quelle caratteristiche che definiscono un uomo tale. Con quest’opera si riferisce a coloro che - specie duratane la II gm- non hanno fatto nulla per gli altri. Tutte queste opere per parlare del tema del Natality presa da Agostino, punto di riferimento, addirittura farà una tesi di laurea su di lui. Secondo utilizza anche il natality in contrapposizione ad Heidegger, in quanto lui aveva una visione “classica” dell’uomo, ovvero lo vedeva come essere mortale e non natale. La Natality è presa anche da Virgilio, si ispira al racconto del bambino che nasce e che salverà il mondo. Il termine 5 natality è un neologismo ideato dalla Ardent stessa, e viene utilizzato per la prima volta in uno scritto inglese. Capisce il significato di nascere, ascoltando l’alleluia di Handel. Hannah ne rimane colpita, l’alleluia festeggia la nascita di un bambino, in questo caso Cristo, per lei ogni inizio è una salvezza, con ogni nascita si torna a sperare. Tutto questo rimarrà costante nella filosofia di Hannah. Heidegger filosofia del trattino un trattino è frantumazione, quindi la crisi del discorso, mentre tanti trattini danno dissenso, secondo lui ciò che definisce l’uomo è la morte. Ma cos’è la nascita? La nascita, secondo Hannah, non era un atto individuale, che riguardava solamente la famiglia, ma era un atto pubblico, infatti con la nascita ci si inserisce nel mondo, ci si inserisce tra gli altri uomini. Il bambino, quando nasce, infatti porta novità nel mondo e nella storia; il bambino non è un prodotto ed è con questa affermazione che si può distaccare Hannah Ardent dalla filosofia marxista. 1947 Amicizia con Engels, altro autore del Manifesto del Comunismo insieme a Carl Marx. Nel Manifesto, la parola chiave di tutto il testo era la parola proletariato, aggettivo che era legato alla prole (quindi a coloro che vengono al mondo); questo termine, però, viene utilizzato solamente per chi lavora, quindi non per coloro che erano abbienti all’interno della società. Hannah utilizza il termine proletariato, anche se però l’uomo – secondo lei – non è una forza lavoro ed è qui che smonta il materialismo storico di Marx, secondo il quale il lavoro è rappresentazione dell’uomo; ma, in tutto questo, la Ardent si pone una domanda: “Chi è l’uomo?” E come risposta dice che l’uomo, di certo, è ben di più del lavoro che fa, tesi sostenuta dal materialismo e da Marx. L’uomo è nato per definire il suo futuro. Lei riflette sull’uomo, sull’essere uomo, dopo aver incontrato negli studi Marx e, quindi, individua anche tre forme di agire umane: • Lavorare bisogni materiali forma animale serve per la sopravvivenza. Dimensione di animalità e parla di animal laborats • Operare circondare di oggetti l’uomo – homo saper • Agire questa è la forma che qualifica l’uomo in quanto tale. È solo l’agire che ci rende uomini. Questo lo dice Hannah Queste sono tre attività che servono per dare al mondo nuove generazioni. E secondo lei Marx imposta e confonde i processi. È contro la filosofia di Marx perché inneggia la violenza e si torna uomini quando ci si stacca dal lavoro e non considera l’uomo come un prodotto o una forza lavoro come faceva Marx. Hannah descrive il male del ‘900 e ne dà una spiegazione, nel ‘900 l’uomo è rimasto incapace di agire davanti al male compiuto dai totalitarismi, non è stato capace di essere uomo, di agire. L’uomo è stato sottomesso dal male. 1958 seconda edizione delle “Origini del totalitarismo”. È in questo libro che espone cosa sia per lei il totalitarismo. Questa è anche l’edizione che oggigiorno viene presa in considerazione. Nelle Origini, smonta pezzo per pezzo i vari totalitarismi della storia, andando a capire i perché di questi. Le cause: -antisemitismo 6 -imperialismo -trasformazioni delle classi sociali in massa -carisma in un uomo solo TOTALITARISMO e TOTALITARIO Totalitarismo: il termine totalitarismo viene elaborato per la prima volta dagli italiani prima della grande guerra. Viene, però, utilizzato per la prima volta nel 1925 e nel 1928, con Sturzo, entra a far parte del linguaggio europeo. Totalitario: il primo ad utilizzare questo termine fu Amendola, politico italiano, definendo il fascismo come un sistema totalitario. Utilizza questo termine per denunciare gli effetti negativi del fascismo. LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO Nella prima parte analizza l’antisemitismo, fenomeno con caratteristiche tutte sue, apparso a partire dall’800. La Ardent differisce tra antisemitismo e antigiudaismo, odio nei confronti del popolo ebreo. Nel ‘900, l’antigiudaismo viene sostituito dall’antisemitismo, quindi da una sorta di razzismo che ha delle sue precise caratteristiche. L’antisemitismo inizia con l’ascesa dell’imperialismo, soprattutto a causa della perdita di potere politico degli ebrei gli ebrei nel corso dei secoli avevano accumulato ricchezze e imparato a gestirsi i crediti, tanti erano banchieri. Anna Ardent dice che ad un certo punto avevano perso influenza politica, quindi potere, e questa fu fatale perché in una società il ricco è tollerato fino a che gestisce il potere, ma se lo perde, all’interno della società viene concepito come un parassita gli ebrei perdendo potere politico, pur restando molto ricchi, perdono influenza. – ANTISEMITISMO - Nella seconda parte, Anna passa a trattare di una condizione pre – totalitaria, ovvero l’imperialismo, nuova forma di razzismo. Per imperialismo si intende l’espansione degli stati europei, e non, verso quei paesi che noi definiamo colonie; sono i paesi ricchi, in cui c’è il boom capitalistico, ad espandersi sui paesi più poveri. L’imperialismo porta con sé il sopravvento della borghesia i borghesi non si accontentano di avere solamente il potere economico, ma desiderano anche quello politico. Ciò che è inquietante non è questo, ma il fatto che esso prepari il terreno per una nuova forma di razzismo biologico sfruttamento delle colonie = forma di razzismo (indicato poi come biologico il razzismo diventa un’ideologia, una competizione tra razze; addirittura l’Europa diventa fortemente razzista verso i paesi extraeuropei). – IMPERIALISMO – Nella terza parte, descrive il totalitarismo, proveniente da antisemitismo (diverso da quello che noi intendiamo, noi pensiamo come un odio antico, in realtà non è l’odio antico, ma qualcosa di diverso, che viene dal fatto che gli ebrei, pur essendo ricchi, perdono potere) ed imperialismo (estensione dei paesi europei in terre extraeuropei razzismo diventa ideologia). Dalla commistione di antisemitismo e antimperialismo si sono prodotti le macchine terribili dei totalitarismi. In questa terza parte, va a smontare i totalitarismi, ovvero va a capirne il funzionamento. Fa un’analisi filosofica del totalitarismo. Non dà una definizione di totalitarismo, ma da ciò che scrive si può ricavare che lo stato totalitario mira ad ottenere il dominio permanente di ogni singolo individuo. Le tesi di fondo sono: • I totalitarismi non si sono mai visti fino ad ora 7 perché quelle cose sono avvenute. Capire il perché è fondamentale, in quanto secondo lei nessuno è alieno dalla tentazione di cedere ad un’ideologia, alla massa, ad un’idea forte, se si riflette sul perché accaduto, forse saremo più forti verso l’ideologia. Secondo la Ardent nessuno è al riparo del regime totalitario, ripensare a quanto accaduto è un obbligo morale titolo L’errore più grosso che compie la Ardent è quello di omettere il fascismo, in quanto per lei è dittatura. I totalitarismi sono esperimenti di dominio politico, sulla persona umana, per lei i lagher sono dei laboratori. Per lei il fascismo non è ideologico; l’ideologia come si presenta nei totalitarismi è diversa da come si presentava nel passato, in quanto in questo caso si presenta come una vera e propria religione, l’ideologia che assume queste forme è una sorta di novità. L’essenza dei totalitarismi sta nello sterminio di massa, cosa che per lei il fascismo non fece. Per lei non era ideologia, non praticò il terrore e lo sterminio di massa per lei il fascismo non era un totalitarismo, ma una dittatura. Per lei il fascismo non è un totalitarismo perché non distrugge lo stato, anzi riesce a convivere con i centri di poteri statali ( monarchia, esercito, grande industria, chiesa) senza distruggerli, anzi impara a conviverci. Per lei, al tempo del fascismo, non ci fu una modifica delle istituzioni dello stato, inoltre non fece mai uso di violenza secondo lei non presenterebbe le caratteristiche dei totalitarismi. In realtà, disse che poi dal 1938, non fu mai un totalitarismo ERRORE: non ebbe di base quelle letture che erano necessarie. scarsa conoscenza della realtà storico-politica del regime fascista, quindi nelle origini da solamente delle annotazioni, basandosi su citazioni di seconda-terza mano. Le uniche cose che ha letto veramente sono stati 4 discorsi di Benito Mussolini e un opuscolo sul fascismo. Dopo il 1938 (anno delle leggi raziali), il fascismo divenne un totalitarismo, una religione dogmatica. Cerca di convertire gli italiani alla sua ideologia. RIPASSO L’esistenza di Ardent fu un’esperienza unica. • Ebraicità • Intervista a Gunther Gauss stimato giornalista e in seguito alto funzionario nel governo guidato da Willy Brandt, una delle figure più celebrate della politica tedesca. 24 ottobre 1964 in questa intervista la Ardent si racconta: “Da bambina sapevo di essere diversa... ma non nel senso di sentirmi inferiore, ma che semplicemente e cose stavano così. (…) rifiutare l’ebraismo era fuori discussione”. Lei era stata educata a diffidare dei nazionalismi, di tutti gli ismi e quindi essere ebrei non era ebraismo, ma era un modo di essere, era la sua nascita, ma questo la rendeva forse diversa, in quanto ricchezza culturale, ma non la faceva sentire estranea rispetto alla Germania o comunque a qualsiasi altro popolo europeo. Poi aggiunge il fatto che per lei l’antisemitismo era veleno di tanti bambini, quindi come fenomeno che aveva avuto un impatto di natura pedagogica; si sentiva protetta a casa lei era considerata la filosofa dello spazio pubblico, anche se in lei ritorna sempre la HAIMAT, la casa, in quanto i totalitarismi andavano a distruggere anche la vita privata degli individui. I nuclei tematici: il senso di estraneità sarà poi messo a tema filosoficamente. I nuclei tematici dell’infanzia diventeranno nuclei tematici delle sue opere fondamentali: esempio il bambino che si deve difendere dalla storia. La “Bildung”: solitamente riservata solamente ai figli maschi. Nella nostra lingua non c’è un significato. Educazione spirituale – sorta di paideia. Termine tedesco, noi lo traduciamo con 10 educazione, anche se non è un semplice educere, ma anche un’educazione di tipo spirituale; è una filosofia educativa La vita e gli studi nasce nel 1906, ad Hannover, in una famiglia di borghesia ebraica e girò la Germania. La formazione fu precoce, accedette alla biblioteca del padre. A soli 18 anni consegue il diploma, da qui in avanti ha la possibilità di frequentare le grandi università tedesche, in particolare Marburg, dove incontro Husserl, esponente della fenomenologia, da fenomeno. Il fenomenologo studia i fatti che si vedono, i fenomeni come si manifestano nella realtà, non ricercano le cause, ma il perché delle cose. Marburg è una tappa fondamentale di Hannah, in quanto incontra Martin Heidegger, filosofo del nazismo, padre dell’esistenzialismo, corrente filosofica che prenderà molti volti. Egli insiste molto sulla morte, sulla meditatio mortis, ovvero per lui il singolo ha importanza perché andrà in contro alla morte. Con lui ebbe un tormentato rapporto filosofico L’incontro filosofico con Martin Heidegger per la Hardent era una filosofia troppo riflessiva, quindi c’è la necessità di trovare un’altra filosofia, una filosofia pratica, quindi che non si occupasse solamente di qualcosa di astratto, ma una filosofia che raccontassi l’uomo, una filosofia più ispirata alla praxi e non al theoreo ARENTD VS HEIDEGGER Sein-zum-Tode (essere-per-la-morte): i trattini indicano la divisione di senso che corre verso la morte. Ciò significa che la morte è il valore. Qui il trattino divide parole giustapposte, quindi continuità e non divisione. Sein und Zeit (essere e tempo) titolo dell’opera più importante di Heidegger, il tempo nella Ardent è importante, per lei fondamentale è Agostino, il quale dice che gli uomini possono iniziare cose nuove e il creatore crea. Dio è capace di creare (eternità non ha tempo), ma non inizia. Gli incontri Heiddiger affiderà Hannah a Karl Jaspers, medico psichiatra, con il quale finirà la tesi di dottorato. Rapporti intellettuale con Jaspers apprese molto; per dimenticare Heidegger sposerà Gunther Stern, o Anders, compagno di studi. Inizialmente scriveranno insieme, ma poi trovandolo noioso, lo molla. La formazione tedesca genio femminile, per la prima volta si impone in un mondo di accademici maschile. All’inizio trova un clima culturale fecondo; la sua formazione fu classica, studiò infatti greco, latino e la letteratura. Agostino di Ippona filosofo, vescovo e teologo cristiano. Nasce nel nord Africa, le sue opere a cui la Ardent fa riferimento sono Le confessioni e la Città di Dio (Agostino tra il IV e il V secolo d.c.) Pensatore cristiano molto amato lo ama perché lei è atea, e lui riesce a comunicare con tutti, anche con il mondo pagano. Il concetto di amore in Agostino nel 1929, verrà pubblicata la tesi di laurea. Lei diceva che il concetto d’amore apre all’idea della pluralità, della responsabilità verso gli altri, l’unica cosa che falla è il fatto che ci sia un unico e solo Dio. Una svolta La Ardent fa ritratti di molte donne, in questo caso di Rahel Varnhagen, unica biografia che scrisse. Intellettuale ebrea, della Berlino romantica, aveva un salotto letterario, aveva 11 un’ossessione: voleva un cognome tedesco, vergognandosi della sua ebraicità. Quindi tentò il matrimonio e la via dell’assimilazione. Quest’opera le venne commissionata da Heidelberg, prima che lasciasse Marburg. Lei lavora sulle lettere che la donna scrisse. Solamente in punto di morte accetta la sua ebraicità. L’antinazismo 1936, conosce Heinrich Blucher, marxista convinto. Le origini nacquero grazie all’aiuto del marito; fu un’opera che nacque dai dialoghi che aveva con lui, lo sposerà prima di partire per l’America. L’esilio negli USA si interrompe la sua carriera accademica e dagli anni ’25-’30 fino agli anni ’50, rimane un periodo di silenzio. Quando arriva negli Stati Uniti, non conosceva la verità del nazismo (campi di sterminio), ma conosceva però i campi di lavoro, da cui riesce a fuggire. Arriva negli USA, nel 1941, li considera la sua seconda casa, tanto che non volle più tornare in Europa, fa i lavori più dispartì. Gli usa furono la sua seconda patria, essa era poliglotta, con l’inglese ebbe sempre qualche difficoltà. In America incontra Jonas, altro allievo di Heidegger, ed è in questo periodo che pubblica le Origini del totalitarismo. Le origini del totalitarismo chiude le origini nel 1949, mentre la pubblicazione avviene nel 1951. Essa è la più grande trattazione dei regimi totalitari. Testo definitivo sulla trattazione storica dei regimi totalitari testo fondamentale per comprendere il ‘900. Vita activa 1958 testo fondamentale per comprendere l’antropologia arendtiana. Per la prima volta compare un bambino che nasce e porta speranza nei tempi bui della storia; è un testo di antropologia filosofica, riflette su chi è l’uomo e dà tutta una serie di risposte. Riflette su cosa fa l’uomo e su quelle azioni che ci fanno restare uomini. Sulla rivoluzione testo politologico, filosofia politica, testo in cui riflette sui grandi avvenimenti rivoluzionari, ma ha una lettura piuttosto negativa della rivoluzione francese e quella di ottobre, perché si concludono con uno spargimento di sangue, mentre celebra quella americana. Ragiona sul concetto di volontà, riflette sul rapporto libertà e politica. Bambino che nasce per salvare l’umanità. La banalità del male La vita della mente testo più difficile. Opera tripartita (volontà-pensiero-giudizio). Testi per ricomporre la filosofia del Natality. • Rifiuta la dicitura di filosofa, perché non accettava i professionisti e perché nel corso del ‘900 la filosofia aveva fallito i suoi compiti. È un atto di umiltà alla fine, lei si definirà fenomenologa. • Lei non è femminista, è molto conservatrice, non si può rintracciare neanche l’idea di materno • Lei è antimarxista perché non le va a genio l’antropologia. Chi è l’uomo per marx? Un prodotto, quindi un lavoratore, quindi a lei questa cosa non va bene, perché l’uomo non va definito in base al lavoro. Per lei essere uomo è agire, perché è l’unica condizione in cui la materia non interferisce, in cui si dialoga. 12 LA BANALITA’ DEL MALE Per lei era importante quel processo, era importante capire perché tutto fosse accaduto. Dal suo punto di vista, il processo doveva essere centrato sulle sole azioni di Eichmann. Trovava ridicola la messa in scena del sentire i testimoni, trovava poco credibile il ritratto che Hosler aveva tentato di fare di Eichmann. Era narrato come una vera e propria incarnazione del male, tanto che ad un certo punto del processo viene identificato come l’ispirazione di Himler, capo di polizia del III reich. Secondo Hannah, lo stesso ministro aveva mal interpretato i fatti. Per lui, infatti, Eichmann. era in sostanza l’ultimo anello di una catena di crimini, che doveva pagare. Per Hannah è diversa la cosa: nella banalità tenta di dare un’immagine, non mostruosa, di Eichmann. Lo descrive come un uomo privo di immaginazione, il che anche di empatia, ma anche un uomo in cui vi era una terribile inconsapevolezza. La mancanza di immaginazione si trasforma in mancanza di consapevolezza, di pensiero, rinuncia a pensare e si adagia sulla massa, sull’ideologia. È un uomo che non sa immaginare; non è neanche un cretino, come dirà Hannah Ardent e si sorprende del fatto che nessuno in quell’aula riesca a vedere la normalità di Eichmann. Si stupisce come nessuno si accorga che in aula ci sia un uomo e non altro. Banalità. Eichmann non è quel mostro che tutti sembravano fossero determinati nel raccontare; lei non assolve mai Eichmann, ritiene che le sue colpe siano imperdonabili, siano dei crimini contro l’umanità; per lei l’atrocità, il male imperdonabile non può trovare perdono. Lei ha le idee molto chiare, Eichmann è responsabile e secondo lei aveva preso parte ad un nuovo crimine, mai visto nella storia (l’olocausto non era un semplice crimine contro gli ebrei, ma era un vero crimine contro l’umanità). Le critiche che lei muove verso Eichmann furono equivocate e strumentalizzate, le sue denunce restano molto lucide; dal punto di vista storico ha fallito, ma da quello filosofico no, scardina le concezioni di male che si erano susseguiti nei millenni per crearne una nuova. Le sue denunce risuonarono in maniera così forte, che le guadagnarono le ostilità dell’ingellighenzia ebraica, poco popolare a causa delle origini. Per lei il processo era stato strumentalizzato e lo scrisse, lo definì come un comizio, messo in piedi da Ben Gurion, che ha l’obiettivo di dividere Israele dal resto del mondo, per rafforzarlo come stato nazionale. Nelle lettere private, Hannah non ebbe mai parole di stima verso Bengurion e del PM, che lo dipinge in malo modo (Hosner), dicendo che era uomo piuttosto rustico, come poco raffinato, che parla un tedesco poco colto. Molte cose non la convinsero affatto: in primis, la strumentalizzazione e spettacolarizzazione del dolore. I testimoni venivano lasciati parlare per ore; ad un certo punto Hannah non ci crede più, il processo perde di fascinazione, in quanto diventa un colpo di teatro, messo in piedi dagli uomini. Nella Banalità, la Ardent sembra dialogare continuamente con i lettori e suggerisca di assumere una condizione di diffidenza. A suo parere, nel processo, si vuole dimostrare che ciò che è accaduto nel popolo ebraico è l’effetto secolare dell’antigiudaismo. Per lei è dividere Israele dal resto del mondo, secondo lei Bengurion ha una motivazione economica: egli vuole ricordare ai tedeschi, in maniera plateale, la loro colpa, ma con l’obiettivo di far pagare adeguatamente le loro azioni. Il colpo di teatro viene messo in piedi con lo scopo di chiedere i risarcimenti di guerra alla Germania, ad alimentare le cassi di Israele. Nelle lettere da sfogo al fatto che Israele si stava avvicinando al razzismo, ma in tutto ciò ha stima per i giudici, a cui si sentiva molto vicina, in quanto tentavano davvero di comprendere, non tanto le colpe della Germania, ma le colpe oggettive di Eichmann, così sia nella banalità che nelle lettere avrà stima per quei giudici. Per lei, assisteva ad una commedia in ebraico, tutti quelli coinvolti parlavano il tedesco. Altro elemento che la infastidiva del processo era il fatto del citare i matrimoni misti. Lei si sentiva europea e vedere queste cose non le piaceva affatto. Muove critiche e ad un certo punto arriva a dire che Israele era un errore. 15 Lei fa un dibattito pubblico della Shoa. I cinque articoli della Ardent aprono la “Controversia”, con la quale si comincia ad indicare la disputa intellettuale tra la Ardent e i circoli intellettuali ebraici. Il processo Eichmann ebbe una sua importanza particolare proprio perché concentra la sua centralità sulla Shoa, diventando un dramma pubblico. La situazione precipita quando nel 1963, Hannah Ardent inizia a pubblicare i 5 articoli. Dopo anni di silenzio accademico, si era accreditata nei circoli grazie alle origini; era famosa, ma questa sua fortuna editoriale non la salva dalle critiche e dalle denunce. Le si contestano molte cose, innanzi tutto il fatto di aver affrontato un tema spinoso su una testata giornalistica ed effettivamente questo era un obiettivo della Ardent. Ciò che la intrigava del NewYorker era il fatto che aveva una grande circolarità; voleva che tutti intervenissero nel dibattito. Ne volle parlare in pubblico perché per lei si trattava di un nuovo crimine, considerato da lei un crimine contro l’umanità. Quindi, la prima colpa che venne imputata ad Hannah Ardent fu il fatto della pubblicazione degli articoli su una rivista “alla moda”, inoltre ospitava satira a molti la scelta della filosofa non piacque. Le furono rivolte altre critiche, su altri fronti. In primis sul piano storico, in quanto Hannah come storica è molto approssimativa: nelle origini le si contestava la semplice approssimazione, invece con la Banalità le si contesta di aver monopolizzato quei dati, quindi scientemente aver fatto una ricostruzione accurata. Le si muove l’accusa di esser stata comprensiva nei confronti di Eichmann. La si accusa di aver messo nella banalità frasi subdole. Inoltre, la si accusa di non amare il popolo ebreo; lei era ebrea, ma non si riconosceva nel suo popolo e viene usata un’espressione ebraica che significava non amare Israele; questa critica viene mossa da Sholem, uno dei migliori amici di Hannah. In una famosissima lettera, Sholem le scrive amaramente dicendole che lei non amava il popolo ebreo e Ardent gli rispose che lei non amava gli ebrei, che non amava nessun popolo, ma solo gli amici, nella loro individualità ed unicità. Lei dice che non può amare una parte di sé, in quanto sarebbe sospetto. Nella sua famiglia non aveva mai respirato il fatto di essere ebrea, in quanto famiglia molto colta. La prima volta che sente per la prima volta la parola ebreo è stata a scuola e non a casa. Lei era un’ebrea atipica, in quanto atea. Era appassionata di questioni teologiche; più che ebrea si sentiva tedesca, anche se comunque non amava nessun popolo. Le nazioni erano delle trappole; riconoscere la mancanza d’amore le costò caro. Non le furono mai perdonate le parole che lei usa nei capi ebraici, lei aveva sostenuto che i capi delle comunità ebraiche avevano collaborato con i capi nazisti. Quando parla di capi ebrei si riferisce ai così detti consigli ebraici (Huden rat). I consigli ebraici erano corpi amministrativi che gli stessi nazisti avevano imposto agli ebrei; quindi rinchiudevano gli ebrei nei ghetti ed istituivano questi consigli, comporti da notabili, anziani, persone illustre ed assegnavano loro il compito di fare da mediatori tra la comunità ebrea e i nazisti; altro compito era quello di far applicare le leggi di autorità nazista. Parla di collaborazione, perché oggettivamente avevano collaborato contribuendo alla deportazione – scrivendo elenchi di persone. Commise un errore, andando a colpire Leo Beck, un leader del popolo ebraico e questa personalità è legata ad uno dei lager più noti. A lui rimprovera di non aver mai rivelato ai suoi fratelli il destino che li avrebbe atteso alla fine dei treni. Hannah Arendt aveva già criticato l’ortodossia, però, secondo molti la Banalità del male era qualcosa di più imbarazzante rispetto alle Origini. Resta sola, o quasi del tutto, ed effettivamente non mancavano le persone che presero le sue parti. La banalità era per molti un testo straordinario (Spender e Mc McCartney, che disse che gli ebrei erano razzisti verso la Ardent), al contempo ad Hannah Ardent viene scoccata un’altra freccia, sul piano filosofico, andandola a colpirla sul cambio di opinione sulle origini, cambiando opinione sul male. nella banalità dice che il male non ha radici, non è demoniaco e viene a cadere la tesi che l’antisemitismo era comparso in quanto il male era insito nell’uomo. Lei comincia a parlare di banalità, associandolo alla shoa, avvertito come un insulto. La critica filosofica le venne fatta da Jonas, compagno di studio della Ardent. 16 La critica che la Arendt muove al leader ebraico è l’aver taciuto sulla verità dei campi di sterminio. Siamo nel cuore della così detta controversia, diffusa in quegli anni, anni ’60, cucita addosso ad Hannah Ardent, termine con cui si comincia ad indicare questo dibattito. Cosa si contesta ad Hannah? Innanzitutto le si contesta di aver scelto per le sue riflessioni filosofiche uno strumento inusuale, ovvero il New Yorker, in quanto giornale della sinistra bene newyorkese, ma scelse di farne materia giornalistica in quanto era molto diffuso; il suo obiettivo era quello di fare della Shoa un dibattito pubblico. Le piovono addosso anche una serie di contestazioni sul piano storico, in quanto con la banalità la si addita ad aver falsato i dati. Terzo fronte di accusa, è il fatto di mancare di tatto del cuore, ossia di non amare Israele. Non amava il confine, il termine nazione. La quarta accusa che le viene contestata è quella di Leo Beck, ovvero che lo accusa di collaborazionismo. Le critiche poi arrivano anche sul fronte filosofico, nelle Origini aveva sposato la tesi kantiana che il male è radicale, invece nella banalità mette il suo lettore davanti ad una nuova tesi filosofica, ovvero che il male non è radicale, ad Auschwitz disse che si era compiuto il male radicale, mentre nella banalità disse che non era così. Siamo di fronte ad un vero e proprio terremoto, dal punto di vista filosofico, perché lei sta buttando all’aria un’intera tradizione di pensiero filosofico, in quanto porta a riflessione due visioni di male, quella “tradizionale” e propone una nuova tesi. In filosofia, esiste una tradizione di pensiero per la quale il male è assenza di bene – Agostino – di fatto, Hannah Ardent propone una nuova tesi: il male ha a che fare con il banale. La Ardent dice che il male non è banale, ma ha a che fare con la banalità dell’essere umano, con l’uomo ordinario. Il male in filosofia è sempre stato messo al centro dai filosofi, ed è invitabile perché l’essere umano lo sperimenta quotidianamente, come lo si fa anche del bene allora il filosofo è sempre stato consapevole che il male è sempre stato con e dentro l’uomo la riflessione che l’uomo può scegliere, subire o fare – inconsapevolmente – resistere al male significa che la filosofia ha riflettuto sul male perché il male è con l’uomo e dall’altro per resistergli. il filosofo messo di fronte all’apparizione del male ha sempre cercato di comprenderlo, di riconoscerlo. L’uomo, il filosofo, si è sempre servito della ragione, tendando di capirlo e comprenderlo, perché l’intenzione buona era quello di controllarne gli effetti e sconfiggerlo. Il male viene spiegato in maniere diverse: partendo dalla filosofia antica, la causa del male era vista negli dei, erano loro che ingannavano l’uomo, quindi il male presso gli antichi greci era inteso come dispetto degli dei nei confronti dell’uomo, idea che torna con il cristianesimo; l’antropologia greca collassa con l’arrivo del cristianesimo, il filosofo cristiano si chiede perché esiste il male, questa domanda diventa la domanda simbolo di Agostino (tra il 4 e 5 secolo dopo cristo). Agostino si porge due domande fondamentali? La prima QUID EST MALUS, quindi cos’è il male; a questa domanda associa UNDE MALUM, quindi da dove viene il male e quindi nelle sue opere inizia a ragionare sul male, arrivando a delle soluzioni, non negando l’esistenza del male, ma ne nega l’essenza, quindi il male è non essere. Per Agostino esiste solo il bene, oltre a Dio nulla esiste, in quanto bene supremo. Agostino nega la famigerata la dottrina manichea che aveva immaginato il male come una divinità, per lui non è una divinità, quindi non ha realtà, il male è assenza di bene, come difetto di bene, è corruzione di bene. Il male per Agostino non è una realtà sostanziale, ma una limitazione di bene. Superata la fase cristiana, si entra in quella moderna e l’uomo ha una sensibilità diversa. L’uomo spiega il male come una necessità statistica, come qualcosa che capita, perché secondo l’uomo moderno l’umanità è in continua evoluzione, quindi il male è inevitabile. (come Marx). Vi è poi la lettura scientifica, secondo la quale il male è vinto secondo la scoperta tecnologica e quindi superato. 17 “Ebraismo e modernità” delinea le figure del buon padre di famiglia e del borghese, non parlando di Eichmann, ma Himmler, un’altra figura inquietante, comandante delle forze di sicurezza della Germania; fu il maggiore tra i responsabili dello sterminio. Per Hannah l’obbedienza non è una virtù, ma è complicata, perché ad obbedire erano sia gli ebrei che i tedeschi. I circoli ebraici non le perdonano la tesi storica: ovvero che il genocidio fosse stato possibile perché gli ebrei non si erano ribellati, ma prestati al progetto criminali del terzo reich. Lei dice che l’obbedienza è sia dei tedeschi che degli ebrei. Viene considerata come analisi storica, ma in realtà è solamente filosofica (riferimento ad Immanuel Kant). Quando Ardent addita gli ebrei di essere collaborazionisti, in realtà il suo interesse è filosofico, perché il suo problema è quello di cercare di capire l’obbedienza a doppio filo. Arent era stata molto critica, quando si parlava dei rabbini, si parlava dei consigli, costituiti dai nazisti stessi all’interno dei ghetti e dei lagher, una delle critiche principali mosse da Libchta ritiene che la Arent si sia permessa di infilare delle ricostruzioni dal punto di vista storico informate. Non avevano potere per reagire al terzo richt; Arent non si limita ad attaccare i membri del consiglio ebraici, ma mosse una critica anche ai sonder commandos. Erano squadre speciali all’interno del campo di sterminio, formate da ebrei, per lavorare nelle camere a gas. Furono nominati i portatori di segreto, in quanto dovevano tacere su quello che avevano visto. Arent non si limita ad attaccare solo i rabbini capi, ma anche con i solder commando, definendo il loro operato come il lavoro materiale connesso allo sterminio. I portatori di segreto ingannavano le vittime, conducendole docilmente alle docce. Controllavano gli orifizi, controllavano i denti, gli orifizi anali. Erano criminali, scelti dalle SS per il loro profilo criminale. La banalità manca di rigore, ha quindi molti punti di debolezza, però quello che è certo è il fatto che le sue analisi politiche e filosofiche erano molto lucide ed originali. Si inventa un nuovo modo di fare filosofia, usando un lessico giornalistico, perché vuole che venano divulgate le idee. Fece in modo che si parlasse del ‘900 e dell’olocausto e processo Eichmann trasformandolo in un argomento comune. Arriva a denunciare l’uso strumentale che si stava facendo della Shoa. Invita Israele a ripensare al concetto di nazione Dal punto di vista politico potè contare sui giovani americani, che nel periodo delle polemiche, le fanno da scudo. Le sue tesi oggi sono state rivalutate e si comincia a guardare in una prospettiva diversa in Israele e viene rivalutata negli ambienti post sionisti, a proposito delle idee di stato binazionale: Israele nasce nel 1947. Il problema è che lo stato di Israele era già occupata. Lei voleva la convivenza pacifica tra due popoli (arabo-palestinese). Lei vagheggiava l’idea che nascesse uno stato in cui si azzerassero i diritti di base etnica. In lei, l’auspicio di costruire non uno stato teocratico, quindi dove le leggi dello stato erano un riflesso dei convincimenti religiosi, ma uno stato machiavelliano, distinzione tra politica e religione. Meriti e demeriti di Hannah Arendt 20 Hannah lascia New York con l’intento di trattare del male, in maniera giornalistica, lascia poi new York con una vera e propria riflessione filosofica; dal rientro del suo viaggio a New York ha una mole di riflessioni, per aprire poi nuove piste di ricerche sul male. Arriverà ad interpretare il male in modo diverso da come era prima: per Hannah il male non poteva essere spiegato attraverso la metafisica il suo primo convincimento è che il male va affrontato in modo altro, perfino tentando una lettura psicologica. Questo apparve come un metodo molto sporco di lavoro; per Hannah Arendt è necessario attingere da altri sapere ed altri linguaggi; quando di male si parla non entra in gioco Dio, quindi le letture metafisiche e religiose non stanno in piedi, ma entrano in gioco quelle che sono le motivazioni dei singoli esseri umani, quindi le volontà burocratiche. Quando si va a capire perché l’uomo fa il male bisogna partire dalle motivazioni e dalle volontà burocratiche dalle volontà piegate dai singoli uomini. Definirà Eichmann come un buffone; era un tedesco, quindi aveva quella capacità organizzativa, era un uomo da scrivania (fa solamente un’incursione nei lager), è un uomo zelante, che non comprese la dimensione e la gravità del suo operato la sua volontà era stata piegata. Quel burocrate non era più in grado di capire come egli appariva agli altri, perde capacità di auto immaginazione. Non è più capace di auto comprendersi, di leggere le proprie azioni, si trasforma in un burocrate. Non si rende conto più di quello che sta facendo è un allineato, e quindi la sua mente si rifiuta di ammettere che c’era la possibilità di contraddire Hitler e quel sistema ideologico a cui Eichmann faceva parte. Un sistema con leggi, il quale Eichmann lodava. Eichmann si consegna alle leggi, quindi uccidere l’uomo e perdere la sua dignità di essere umano. Il principio di Eichmann diventa il principio dell’obbedienza, iniziando a leggerla come un qualcosa di negativo. La virtù, l’obbedienza non è più virtù; da teorica politica comincia a porsi la questione politica dell’obbedienza e della possibilità di entrare in urto con l’obbedienza critica dell’obbedienza. Hannah aveva scoperto che nel momento in cui rinunciamo a pensare siamo prese facili dell’ideologia assenza di pensiero – che in Eichmann è evidente – accade che nella normalità l’uomo comincia a far parte di un sistema, diventandone una rotella. L’uomo da scrivania si trasforma in un meccanismo importante di questa macchina, arrivando a commettere le atrocità più disumane. Eichmann cita Kant; comincia a pensare sui formalismi di Kant, quindi inizia a cercare dei limiti e delle cose che non funzionano nel formalismo di Kant. Secondo Hannah Arendt c’è qualcosa nella filosofia kantiana che non va; si muoverà in una prospettiva critica verso il formalismo, riabilitandolo. (vita della mente) demolisce la libertà umana. Kant non ha mai parlato di obbedienza cieca, Kant non aveva mai parlato di obbedienza cadaverica. è vero che Kant ha delle falle: il tu devi indebolisce la libertà umana, alla domanda chi è l’uomo Kant risponde colui che è giudice. Kant va al di là della semplice obbedienza. Eichmann però fraintende, quindi confonde la massima individuale con quella universale: per lui esiste un principio universale che non è il bene dell’umanità, ma diventa il principio di hitler. La confusione in eichmann fa sì che alla fine la sua volontà annichilisca. La peculiarità di eichmann è il suo zelo; doveva compiacere a tutti i costi i suoi superiori. Il male ha a che fare con il banality; ciò che manca di novità, di originalità. Si incasella perfettamente nelle tesi di Hannah Arendt. Unicità è originalità ma anche novità colui che nasce è nuovo. II SEMESTRE: 21 Eichmann è un criminale di guerra, e quest’uomo si è nascosto sotto falsa cittadinanza a Buenos Aires. Era nato in una città della Renania nel 1906, coetaneo di Hannah Ardent, al momento della cattura aveva circa 50 anni. prima si ritira dalle scuole superiori, poi dalle scuole di avviamento professionale; e con i suoi pochi studi cerca un lavoro e comincia a lavorare come operaio nella compagnia del padre. Figura decisiva per la sua vita, infatti grazie a lui trovò un lavoro presso Vienna. Cambia ancora attività, come rappresentante presso una compagnia petrolifera, dove incontrerà Brunner, un simpatizzante di Hitler, entrando poi nel partito nazista austriaco. Egli entra nel partito senza aver mai letto il Mein Kamp. Quando il partito nazional socialista divenne illegale, Eichmann rientra in Germania ed intraprende la carriera militare. Entra a far parte delle SS, ma pensando che queste squadre avessero solamente compiti di scorta per le alte personalità, ma poi venne messo dietro una scrivania. Dal principio, per 4 mesi, lavorò all’ufficio di raccolta informazioni. Successivamente viene trasferito all’ufficio ebraico, il famoso ufficio B4, una sottosezione per la sicurezza nazionale delle SS. A capo di questo ufficio inizia ad occuparsi della così detta questione ebraica e comincia con una forte curiosità intellettuale, comincia a leggere libri. Lesse anche testi che riguardavano l’ebraismo, avvicinando testi storici sionisti. Arrivò anche ad imparare l’iddish, la lingua ebraica, sorta di dialetto, vicino alla lingua tedesca e questa lingua comincia a diffondersi anche in maniera rapida nell’Europa centrale, già a partire dal X secolo. Poi nel 1937, sotto falsa identità, farà un viaggio in Palestina voleva conoscere meglio gli ebrei, intrufolandosi nei Kibbuz, villaggi cooperativi che furono edificati dai primi gruppi di ebrei che lasciarono la Germania e altre terre europee per dirigersi in Palestina. Quest’uomo cominciò ad accreditarsi come esperto e quello di cui si convinse fu quello di aiutare gli ebrei a realizzare il loro sogno: costruire lo Stato di Israele. I primi anni in Germania non si parla ancora di sterminio, perché lo sterminio sistematico del popolo ebreo inizia in pieno periodo bellico (dal 20 gennaio 1942, a Conferenza di Vanzè si riuniscono gli alti vertici delle SS per firmare il protocollo della soluzione finale; il verbale fu redatto da Eichmann, secondo le istruzioni di Idish. È un documento di 4 paragrafi e di 15 pagine dattiloscritte da Eichmann, in cui si disse che 11milioni di persone fossero deportate dai territori nazificati. La soluzione fu definita in tre fasi: • Deportazione • Schiavitù nei lagher • Sterminio L’organizzazione logistica fu messa in piedi da Eichmann, nel frattempo aveva cominciato a costruirsi idee politiche, cominciando a definirsi come lealista, stando dalla parte dello stato nazista. Con il suo lavoro contribuiva a realizzare la Germania ripulita dagli ebrei, si definisce anche come realista, perché stava realizzando il volere della razza ebraica, in molte occasioni durante il processo si dichiara salvatore del popolo ebraico. Quali erano i compiti di Eichmann? requisiva i treni, gestiva gli spostamenti di massa e i campi di concentramento. Il primo incarico fu abbastanza difficoltoso: la prima prova di deportazione, spostare 7000 ebrei in un campo di concentramento nella Francia occupata, qui impara a mettere in funzione questa macchina della morte. Dopo la guerra, si rese latitante e gli alleati lo avevano già catturato, fu imprigionato, ma non riconosciuto, scappò e si mise in salvo: dapprima in Italia, dove assunse una falsa identità (Riccardo Clement), lasciando il paese e andando in Argentina. Qui si costruisce una vita a Buenos Aires, fece lavori molto umili e diventerà poi capo meccanico alla Mercedes. Si costruì poi una casa, in una zona defilata della città; solo poi lo raggiunsero moglie e figli; quando poi fu scovato era un semplice immigrato, allevando anche conigli, rimanendo però fedele alle sue idee. Fu questo narcisismo che gli costò molto caro; durante il suo “esilio” commise molto errori, tra cui pubblicare un necrologio (messaggio di cordoglio) sotto il vero di Eichmann, e da nostalgico aveva preso l’abitudine di incontrare ex-nazisti per rievocare i fasti del Reich e lui facendosi riconoscere (con il suo nome) aveva concesso un’intervista ad un olandese ex-nazista. Si ritrovavano per discutere sulle uscite letterarie sull’olocausto. Quale era il loro obiettivo? Quello di raccogliere materiale narrativo per la stesura di un libro che descrivesse la Shoa come falso storico, come un’esagerazione ebraica, quindi far passare l’olocausto come una bugia. Eichmann è un nazista convinto. Queste interviste concesse da Eichmann sono state analizzate e sono stati esaminati da una studiosa tedesca Bettina Stagnet, profondamente critica anche nei confronti di Hannah; secondo lei Eichmann è stato un convinto nazista, un funzionario rampante, che aveva messo molto impegno nei suoi compiti. Viene catturato l’11 maggio 1960. 22 vedere la luce, imprigionati in una sorta di caverna. Anche Chronos, uno dei figli che si salva, dio del tempo, in realtà a sua volta quando sposerà Rea, temendo lui pure che i figli potessero sottrargli il potere, li divorava appena nati. Come viene rappresentata in queste narrazioni la nascita? Come lutto di potere, in quanto può rubare ciò che è nostro, quindi rappresentata come qualcosa di minaccioso. Perché, quindi, la filosofia che ha un approccio scientifico, che nasce in opposizione alla mitologia, cade anche lei nelle stesse “trappole”, guardando con sospetto colui che nasce? Secondo H.A (vita della mente), questo è accaduto, non solo perché la filosofia ha ereditato l’uranismo culturale, ma anche a causa di un processo di desensibilizzazione che si innesca al suo interno e il filosofo sospettasse di tutto ciò che è mobile e di tutto ciò che ha bisogno dei sensi. Per il filosofo antico-greco (nel testo “Teoria dei due mondi”) inizia a sospettare di tutto. Il greco comincia a credere che la realtà che ha difronte non sia quella vera, che sia una realtà fittizia. Quindi, il filosofo inizia a dubitare della realtà. Si diffonde nella cultura greca una sorta di diffidenza verso le cose che mutano, quindi anche dell’uomo. Quindi, i filosofi greci-antichi (Anassimandro, Talete, Parmenide, Platone, Aristotele) cominciano a sospettare che dall’altra parte ci sia un mondo “vero” e quello in cui vivono sia un mondo fittizio. H.A dice che inizia a comparire la parola è, essere, tanto che l’essere umano inizia ad essere tormentato. Secondo H.A, l’essere umano diventa il mero fondamento del vero apparire metafisica, i greci, quindi, iniziano ad insistere sulla parola è e a figurarsi una realtà che non muta, perché per loro l’essere non muore mai. Cos’è la metafisica? è quella parte della filosofia che va oltre le cose materiali, è la scienza dell’essere in quanto essere. Secondo i greci questo è il sapere più alto, che non può essere derivato dalla possibilità; i sensi ingannano. L’antico greco inizia a non fidarsi, a sospettare della propria corporeità, dei propri sensi, quindi si convincono che i sensi ingannino e che l’uomo viva in una sorta di sogno, quindi che quello che vediamo sia il riverbero di un mondo vero, a cui arriveremo solamente con la morte. (Mito della caverna – Platone). Il greco sa che c’è un altro mondo, per lui vero, a cui potrà arrivare solamente se e quando il suo corpo si disferà, è in quel momento che sarà libero e avrà accesso al mondo in cui da vivo non può accedere. RIASSUNTO -I greci sospettano della nascita (uranismo culturale) -nasce la metafisica sospetto del proprio corpo Due sono i passaggi che portano alla nascita della metafisica: -frammento di Anassimandro -l’essere di Parmenide, il padre indiscusso della metafisica. Anassimandro DETTO o FRAMMENTO: questo è il più antico testo filosofico che oggi si conosca. è un testo antichissimo, che parla di venire al mondo e origine. Considerato fondante per la filosofia e che deve interessare perché da questo testo si evince perché la filosofia abbia rivolto una scarsa attenzione al natale. È un testo che aiuta a comprendere perché il natale non sia mai stato utilizzato come categoria, quindi per dire chi è l’uomo. Heidegger su questo frammento ha scritto un’opera intera. Questo testo è stato tramandato grazie a Simplicio, studioso del 530 d.c (VI secolo), filosofo greco, di origine bizantine e che pare visse ad Atene. Era uno studioso di Aristotele, studiava sulle sue lezioni. A proposito di questo frammento dichiara, in una sua opera, di averlo appreso dai testi di un allievo di Aristotele, da Teofrasto, colui che alla morte di Aristotele prende le fila e si mette a capo del peripato (peripateo in greco significa girare intorno), la scuola, il liceo aristotelico. Simplicio, quindi, dichiara di aver appreso questo detto grazie ai lavori di Teofrasto e dichiara questo in un 25 commento alla fisica di Aristotele. Questo frammento ha più di 2500 anni, quindi è la prima parola del pensiero occidentale. Anassimandro era un filosofo dai forti interessi naturalistici, uno scienziato che si dedica allo studio della natura, era un amico e discepolo di Talete (primo filosofo). Nello specifico, Anassimandro fu il primo ad utilizzare la parola archè, il principio di tutte le cose. Anassimandro identifica l’archè con quello che lui chiama apeiron (infinito). Talete prende come archè l’acqua. Anassimandro quando parla di apeiron intende il principio di tutte le cose, immaginandosela come una miscela caotica, forma di a-peira, senza limite, infinto. Detto: “donde” indica l’apeiron, ciò da cui sono nate tutte le cose, quella cosa lì è l’archè. Qui avviene anche la dissoluzione. Anassimandro si immagina una miscela vorticosa che ruotava su sé stesso, da cui nascono tutte le cose e si separano. L’apeiron è perfezione, infinito e armonico e tutti gli enti che si staccano da questa sostanza, tra cui gli uomini, commettono colpa, perché hanno preteso di guadagnare da sé un’esistenza. Categoria: in filosofia è una sorta di schema che ci aiuta a comprendere la realtà. Lo scopo è quello di comprendere la realtà. nei fatti, le categorie assolvono a delle precise funzioni; hanno una funzione predicativa o informativa, ciò predicano del soggetto in cui si parla in una frase, lo determinano e ci informano. Le categorie hanno anche un’altra funzione perché mettono nella condizione al soggetto che pensa di ordinare la realtà, quindi hanno una funzione ordinativa. Categoria per Aristotele e Kant. Aristotele è un filosofo del V secolo a.c, appartenente quindi all’età aurea della filosofia, è il primo che introduce il termine categoria nel lessico filosofico. Categoreo, che significa io accuso, io denuncio, termine da cui arriva la parola categoria. Per Aristotele le categorie si riferiscono sempre a cose concrete, a degli enti concreti, quindi a delle cose. Le categorie sono modi di essere della realtà. Quindi ci dicono come sono le cose intorno a noi, com’è la realtà. Le categorie sono modi di essere della realtà, spiega come Aristotele intende la realtà: la realtà aveva diversi aspetti, era complicata, ci sono modi diversi di definire e comprendere la realtà. l’essere si dice in molti modi, quindi entra in contrapposizione con Parmenide, il primo filosofo greco che si misurò con una teoria sull’essere. Era arrivato a dire che la realtà è statica e immobile; l’essere era uno, statico e immobile, non concepiva il movimento, il divenire. Ciò che cambia, per Parmenide, non è mai la vera realtà. si immagina poi l’essere, come una sfera perfetta, chiusa in ogni parte e arriva a dare una definizione di essere: “l’essere è ingenerato, quindi che non nasce”. Nella sua definizione l’essere è ingenerato in quanto si genererebbe dal non essere, agenos, senza nascita. L’essere è imperituro, aperas, senza morte. perché senza morte? perché nascita e morte coincide con il non essere, quindi non poteva nascere, in quanto doveva essere eterno. Inoltre, era immobile, non aveva tempo ed era inviolabile. L’essere, quindi, per Parmenide è uno, si dice in un solo modo. 26 Aristotele definisce le categorie come modi di essere della realtà; quindi per Aristotele la realtà era fatta in molti modi; va a cozzare con la definizione di essere di Parmenide. Per Aristotele, il mondo è vario: comprende gli animali, gli oggetti, le cose, i sapori, i suoni. Ente in greco significa ciò che è. Per descrivere la realtà, introduce le categorie, che hanno bisogno del giudizio per essere operate. Le categorie sono la chiave per comprendere la realtà; al contempo hanno bisogno della facoltà di giudizio per essere usate. Egli individua 10 categorie 1. Sostanza, in latino substantia, è quella più importante, che sostiene tutte le altre. Le altre 9 dipendono dalla prima 2. Qualità 3. Quantità 4. Relazione 5. Luogo 6. Tempo 7. Situazione 8. Stato 9. Azione Azione: con Aristotele diventa fondamentale per la comprensione dell’uomo e della realtà. nei fatti, però, quella più importante è la sostanza. Per Aristotele lo scopo della filosofia è scovare ciò che sta sotto, la verità, a individuare quale sia il più importante fra tutti i modi in cui noi possiamo dire la realtà. Per rispondere alla domanda “cos’è l’uomo?” Aristotele utilizzerebbe la categoria sostanziale, rispondendo che è logos, razionale. Natality: è la categoria per eccezione secondo Hannah Arendt. La categoria è sostanzialmente il modo in cui si comprende la realtà; le categorie, quindi, in filosofia ci consentono di comprendere il mondo o il soggetto di cui si parla e le categorie hanno una duplice funzione: una predicativa o informativa ed una ordinativa. Ci offrono, quindi, informazioni e ordinano la realtà. Che cosa significa categoria? È un termine che risale ai greci, che deriva da categoro, che significa io indico, io accuso. Il primo filosofo che introduce il tema categoria è Aristotele, del V secolo a.c. Egli definisce la categoria come modi di essere della realtà, che prende posizione contro la definizione di Aristotele. Per Aristotele, quindi, la realtà è molteplice, comprende tutto. introduce 10 categorie, la più importante è la sostanza, da cui dipendono tutte le altre. 27 Azione di venire al mondo. L’azione del venire al mondo in vita activa (capitolo 5) è un topos classico e molto simile al topos delle tragedie greche, una specie di anizione. Studia la PREMESSA!!!!!!!!!!!!!!!!!! (p.XI, XII, XIII, XIV- attenzione verso la 10 riga genealogia del termine natality, partendo dal concerto e dai diari). Capitolo 1: tutto con attenzione – pagina 6: rimando a due termini tedeschi, confronto tra il natality arentiano e aristotele Pagina 7 No paragrafo 3 (da pg 12-17) BENE: pag 20 a 27 Paragrafo 5 PAGINA 7 La nascita per Hannah Arendt • La nascita per Hannah è qualcosa che rafforza l’essere umano, facendone un chi, un qualcuno capace di agire in politica, che comincia a vivere nel mondo, prendendosene cura ed entrando in relazione con altri chi, assumendo scelte collettive, capace di discutere pubblicamente, dirigendo le sue azioni nell’interesse collettivo, senza sottrarsi alla responsabilità dell’essere di fronte a tutti, assumendosi di fare con gli altri in prima persona. Se necessario, però, disobbedendo anche. • Domanda antropologica e del chi pubblico come essere difronte a tutti 30 31 VITA ACTIVA • 1958, definito come un saggio di teoria politica, Hannah Arent si definiva una teorica della politica, Vita Activa è detta l’opera di teoria politica della Arent. • È un’opera di antropologia filosofica. è un’opera anti-marxista • In questa opera riflette sulla vita attiva, sulla vita del fare, delle attività, dell’agire e va ad individuare delle dimensioni esistenziali che la vanno a comporre labour, work, action che corrispondono a tre attività • Parlando di vita attiva, lei la intende come svolgimento della vita umana, quella del fare e dell’agire che si svolge nel tentativo di attrezzare il mondo • Gli uomini lavorano, fabbricano, operano ma soprattutto cercano di trasformare la terra e di trasformare il mondo naturale l’uomo è impegnato in questo laborio continuo costruzione di un mondo artificiale, fatto di oggetti e prodotti. Quando si parla di vita activa si intende quella vita umana che si esplicita tanto nel lavoro, quanto nell’opera ma che si compie poi nell’azione. • il lavoro non può dire autenticamente chi è l’uomo. Alla domanda chi è l’uomo? Non si può rispondere “il lavoratore” perché attraverso il lavoro l’uomo provvede alla sua sussistenza l’essere umano semplicemente produce ciò che andrà a consumare. Con l’attività di fabbrica l’uomo costruisce il mondo artificiale • CRITICA CHE MUOVE A KARL MARX Secondo la Arent quando si parla di uomo non è né il lavoratore, ma si parla di uomo e di uomini quando gli uomini agiscono tra di loro, quando dialogano, parlano tra di loro; l’uomo si realizza nella action in quanto si passa dalla vita biologica a quella naturale. • Il lavoro è quell’attività attraverso cui l’uomo si garantisce la sopravvivenza. Con il lavoro, l’essere umano “paga” l’animale che è in sé, si assicura la sopravvivenza, ma quando lavora l’uomo non è ancora libero animal labor • In vita activa fa una riflessione sul lavoro come qualcosa che priva l’uomo stesso della sua libertà. Quando l’uomo lavora è ancora immerso nel ciclo naturale e ha come unico scopo quello di appagare i desideri istintivi dell’uomo. • Bisogni bio primitivi produco consumo siamo di fronte ai beni di consumo • Lei si rende conto che anche i beni di consumo sono necessarissimi perché a questi sono legati la nostra sopravvivenza al lavoro corrisponde la figura dell’animal labor e come condizione esistenziale è il possesso della vita. • Labor lavorare lo si usa anche per le donne partorienti, indica proprio la fatica. L’espressione work la usa per altro, oggetti artigianali, edifici, leggi, … CONSUMO 32
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