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FILOSOFIA DELLA PRASSI UMANA, Appunti di Filosofia

Appunti 1° anno di Scienze dell'Educazione e della Formazione

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 14/12/2018

martinalucarelli
martinalucarelli 🇮🇹

4.3

(3)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica FILOSOFIA DELLA PRASSI UMANA e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Filosofia della prassi umana IIº SEMESTRE Siamo nel 1960, il servizio segreto israeliano, gli uomini del Mossad (istituto che indica il lavoro di intelligence israeliano), rapiscono Eichmann, un famigerato criminale di guerra. Quest’uomo si è nascosto in Argentina nella città di Buenos Aires dove ha trovato riparo. Eichmann nasce nel 1906 nella città della Renania, coetaneo di Arendt. È stato uno studente poco brillante, con i suoi pochi studi cercò lavoro e iniziò a lavorare come operaio nella miniera del padre. Il padre per lui fu una figura piuttosto decisiva; grazie al padre riesce a trovare un lavoro presso un’impresa tranviaria a Vienna, compagnia petrolifera. Qui incontrerà un giovane avvocato, un simpatizzante del nazional-socialismo, Eichmann grazie a queste cattive amicizie entra nel partito razzista austriaco. Quando Eichmann aderisce al partito razzista non aveva ancora mai letto il “Mein Kamph” di Hitler, dove espone il suo programma del partito nazional socialista. Eichmann ignorante di questioni politiche. Rientra in Germania riprende la carriera militare, entra a far parte del servizio di sicurezza delle SS pensava che il loro compito era un lavoro di scorta, invece fu messo dietro ad una scrivania, si dimostrò molto indolente fin da subito. Trasferito poi in un’altro ufficio ebraico, ufficio B4 dove divenne il capo; Eichmann inizia a preoccuparsi della questione ebraica. Comincia con una forte curiosità intellettuale a documentarsi sulla questione ebraica, leggendo libri.. Eichmann imparò il lidish (lingua degli ebrei), una sorta di dialetto molto vicina alla lingua tedesca, comincia a diffondersi in maniera rapida nell’Europa centrale già a partire dal X secolo. L’obiettivo di Eichmann è quello di conoscere meglio gli ebrei, infatti si intrufola nei kibuts (villaggi cooperativi che furono costruiti dai primi coloni di ebrei che lasciarono le terre europee per dirigersi in Palestina ed edificare il loro stato). Eichmann cominciò ad accreditarsi come esperto della questione ebraica e quello di cui si convinse fu di aiutare gli ebrei a realizzare il loro sogno, costruire lo stato di Israele. In Germania non si parla di questione ebraica ma di soluzione finale, lo sterminio del popolo ebreo inizia in pieno periodo bellico dopo la Conferenza di Wansee del 1942. In un sobborgo berlinese si riuniscono 15 personalità delle SS, per firmare questo protocollo tristemente noto della soluzione finale. Questo verbale fu redatto per la soluzione finale scritto anche da Eichmann. Questo documento aveva previsto 3 fasi: 1. Deportazione per svuotare la Germania dagli ebrei. 2. Ebrei ridotti in schiavitù nei lager. 3. Sterminio degli ebrei L’organizzazione logistica fu messa in piedi da Eichmann. Nel frattempo aveva cominciato a costruirsi delle idee politiche, comincia a definirsi come un lealista, perché a suo dire egli stava dalla parte della Germania, dello stato nazista. Dal suo punto di vista, assolvendo a quei compiti assegnati, egli realizzava il volere della Germania, con il suo lavoro contribuiva a realizzare la Germania ripulita dagli ebrei. Eichmann comincia anche a definirsi un realista, perché dal suo punto di vista lui stava realizzando il volere della razza ebraica, il sogno degli ebrei di avere un loro stato. I compiti: requisiva i treni per la morte e pianificava gli spostamenti di massa. Gli era stato richiesto di trasferire gli ebrei in uno dei campi di concentramento nella Francia occupata. Dopo la guerra, Eichmann si rese latitante e gli alleati lo avevano in realtà già catturato una volta ma non venne identificato come Adolf Eichmann e riuscì a sfuggire. Assunse una falsa identità con il nome di Riccardo Clement. Lascia il nostro paese e si trasferisce in Argentina dove si ricostruisce una vita, diventa capo meccanico alla mercedes di Buenos Aires. Solo dopo viene raggiunto dalla sua famiglia. Quando fu scovato dagli uomini del Mossad era placido immigrato e si dedicava anche all’allevamento di conigli. In realtà anche qui era rimasto fedele alle sue idee naziste. Eichmann non si è mai pentito della sua scelta di aver abbracciato il nazismo. Durante questi anni in Argentina commise molti errori, pubblicò un necrologio su un giornale sotto il vero cognome di Adolf Eichmann. Aveva concesso, con il suo vero nome, un intervista ad un ex nazista olandese, fanatico nazista anche lui riparato a Buenos Aires. Il loro obiettivo era quello di raccogliere più materiale possibile per la stesura di un libro che descrivesse la Shoah come un falso storico, far passare l’olocausto come una bugia immensa. Queste trascrizioni sono stati esaminati da una studiosa tedesca Bettina Stangneth. Gli uomini del Mossad furono costretti a catturare Eichmann ad una fermata dell’autobus 202. Eichmann capisce nel momento della cattura che la sua copertura è saltata. L’11 maggio 1960 introno alle ore 20:00 Eichmann viene catturato. di 1 17 Filosofia della prassi umana HANNAH ARENDT: un film di Margarethe Von Trotta 11 aprile 1961 inizia il processo Eichmann, Arendt si reca a Gerusalemme per seguire le 100 sedute del corrispondente New Yorker. 5 articoli pubblicati tra il 16 febbraio e il 5 marzo. Questo resoconto fu pubblicato sul New Yorker tra l’estate e l’autunno del 1962. Questo testo di articoli sarà poi pubblicato in una forma più ampia nella banalità del male. “LA BANALITÀ DEL MALE” = lo scopo di Arendt di seguire il processo Eichmann è quello di comprendere la storia, ciò che è accaduto. Più volte sottolinea nei suoi testi che per lei comprendere non significa perdonare. La regista del film la Von Trotta narra cinematograficamente la controversia, anni in cui Arendt è esposta a molte polemiche. Il suo film è biopic (biografy and pictures) cioè un’opera particolare che ha caratteristiche di una biografia. Von Trotta è una regista donna che viene dal teatro che ama molto i ritratti femminili, infatti predilige ritrarre solo personaggi femminili. Le sue scelte sono atipiche: racconta dei femminili irritanti, disturbanti o di figure rivoluzionarie. Arriva a costruire questo film quando già in passato aveva raccontato di donne. Un’altro suo film è “Rosa elle” un film del 1985. Rosa Luxembourg è una politica, una filosofa, una pensatrice rivoluzionaria polacca e ad oggi è riconosciuta come leader del socialismo marxista, fu assassinata a Berlino nel 1919. La Von Trotta ricostruisce il periodo della controversia che copre gli anni dal 1961 al 1964 (anno in cui arrivano al culmine le polemiche per la banalità del male). Von trotta sceglie di isolare questo momento esistenziale della vita di Hannah Arendt? In molte sue interviste dichiara di aver fatto una scelta simile proprio perché aveva come obiettivo quello di raccontare Hannah Arendt come una persona concreta, come una persona vera e non come un soggetto astratto o come un icona della filosofia del 900. Questa pellicola, la preparazione di questo film ha richiesto uno sforzo enorme in quanto è durata diversi anni, ha visto impegnata la regista Von Trotta e una sceneggiatrice importante. Fa la scelta preziosa di lavorare con gli ultimi superstiti della controversia, di lavorare con coloro che avevano effettivamente conosciuto Hannah Arendt. Tra tutti questi testimoni è interessante la figura di Lotequelor, una delle sue studentesse. Il film ha ritmi molto lenti perché la regista viene dal teatro. Il contesto storico è ben documentato e molto solido, i vari personaggi sono ripresi in continui primi piani. La regista apre molto sui volti, sceglie di catturare l’espressione dei volti. I primi piani perché nel linguaggio cinematografico riescono a raffigurare meglio i sentimenti e le azioni dei protagonisti. In questo film prevalgono le tonalità molto scure di colore, sottolineare la serietà dell’argomento, la drammaticità dei fatti trattati in questa pellicola. Hannah Arendt usava l’espressione “tempi bui” e la Von Trotta decide di scegliere colori scuri per raccontare questi tempi bui di Arendt. All’inizio della vicenda Arendt è raccontata come un emigrata, ebrea tedesca che vive felice a New York con il marito poeta e filosofo tedesco. La tecnica dello straniamento: è una tecnica narrativa ideata dal drammaturgo Umberto ebfbgeubf in cui resta sempre distante dei fatti che vengono descritti. Esatto contrario del famoso metodo “stanislasky“ = una tecnica di immedesimazione, attore si identifica con il personaggio che dovrà interpretare. Il personaggio di Hannah Arendt rimane un personaggio nostalgico, chiuso in se stesso di cui nessuno si innamora. Tecnica straniamento = messa a punto in teatro un azzardo metterlo a punto in ambito cinematografico. La von trotta si limita a mettere in scena tutta una serie di elementi storici che ci consentiranno poi di arrivare a delle conclusioni. Le parole d’ordine per la regista sono distanza e estraniamento. Von Trotta più che interessarsi al personaggio di Arendt, di Eichmann o al lavoro giornalistico di Arendt, fa la scelta di descrivere i fatti e lo fa senza alcuna tonalità emotiva preservando il punto di vista di tutti. Come inizia il film? Le prime due scene sono scene silenziose che colpiscono molto, sono scene di apertura costruite nel buio. Giocate su due oggetti luminosi, il primo oggetto che si vede nella prima scena è una torcia elettrica, il secondo oggetto è un’accendino. La torcia elettrica è la luce della pila di Eichmann che cade in terra, il secondo l’accendino è la luce dell’accendino di Arendt che era una fumatrice accanita. Le sigarette secondo i critici evocano l’odore dell’olocausto. di 2 17 Filosofia della prassi umana La filosofia aveva la particolarità di liberarsi dalle spiegazioni della mitologia (filosofia è stata il primo scienziato della storia). Questo sospetto che arriva dal sapere mitico si diffonde poi alla filosofia, ciò è strano perché quando nasce la filosofia reagisce alla mitologia. Perché la mitologia è ostile dalla nascita? Si evince dall’Uranismo culturale, Urano fu il primo Dio ad uscire dal caos e a regnare nell’universo. La mitologia greca ci racconta che proprio Urano temendo che i propri figli potessero sottrargli la signoria dell’universo, Urano nascondeva i suoi figli appena nati sotto terra, li imprigionava per appunto non farli impadronire del suo potere. Anche Kronos, uno dei suoi figli che si salva, in realtà a sua volta quando sposerà Rea temeva che i propri figli potessero rubargli il potere. Già in queste antiche narrazioni mitiche la nascita è rappresentata come un “che” sacro. Secondo Hannah Arendt la filosofia scade in queste trappole a causa di un processo di de sensibilizzazione che si innesca al suo interno e che ha fatto si che il filosofo antico greco, e poi a seguire, sospettasse di ciò che appare come un corpo. Sospettasse di tutto ciò che è immobile e plurale che ha bisogno dei sensi. Il filosofo antico greco sospetta tutto ciò che appare e comincia a credere che la realtà che ha di fronte non sia vera ma sia fittizia. Si diffonde così nella cultura greca una sorta di diffidenza difronte alle cose che mutano, anzitutto il corpo il quale si trasforma, cambia, invecchia, si ammala e diventa persino irriconoscibile. I filosofi greci antichi cominciano a sospettare che nella realtà dall’altra parte ci sia un mondo vero e autentico, un mondo fittizio, un mondo alterato dalla nostra sensibilità. Il greco antico comincia ad essere tormentato dalla parola e accentata—> è = essere —> espressione molto nota di Arendt. I greci hanno cominciato a credere e a pensare che la realtà in cui viviamo sia non vera. Da qui nascerà la metafisica = la scienza dell’essere in quanto essere. I greci cominciano ad insistere su questa parola e a figurarsi una realtà autentica che non muta. L’essere non passa, non muore mai. Nasce così la metafisica è la scienza dell’essere in quanto essere (Aristotele), ciò che va oltre la fisica. L’ostilità della nascita secondo Arendt è dovuta alla metafisica. Secondo i greci questo è il sapere più alto, un sapere che non può essere derivato dalla sensibilità. L’antico greco ad un certo punto comincia a non fidarsi e a sospettare dei propri sensi e si convincono che i sensi ci ingannano e che noi viviamo in una sorte di sogno. Nasce gradualmente, così ci spiega Arendt, sono stati decisivi due autori Anassimandro e Parmenide. Da qui l’interesse nostro anzitutto per Anassimandro. Il primo passaggio che porterà alla nascita della metafisica è il frammento di Anassimandro detto anche anassimandreo. Il secondo step è l’essere di Parmenide. ANASSIMADRO Anassimandro è il più antico testo filosofico che si conosca, è anche noto come detto anassimandreo. È un testo che ad oggi consideriamo fondante per la filosofia, da questo testo si evince che la filosofia ha sempre rivolto una scarsa attenzione al natale. Un testo che ci aiuta a comprendere che il natale non è mai stato adottato come una categoria (chi è l’uomo). Questo testo ci è stato tramandato grazie a Simplicio, un filosofo greco vissuto nel VI secolo d.C. di origini bizantine che pare visse ad Atene. Simplicio era uno studioso di Aristotele, che a proposito di questo frammento dichiara di averlo appreso da uno degli allievi di Teofrasto. Simplicio dichiara di essersi imbattuto in questo detto antico grazie a Teofrasto, allievo di Aristotele. Dichiara questo in una sua opera alla fisica di Aristotele. È davvero la più antica parola del pensiero occidentale. Anassimandro era un filosofo dai tanti interessi naturalistici, uno scienziato che si dedica allo studio della natura. Amico e discepolo di Talete, è il primo filosofo colui che fonda la prima scuola di filosofia, Anassimandro fu colui che per primo usa la parola ARCHÈ (principio di tutte le cose). Si identifica l’arche con APERON (senza limiti). Siamo di fronte ai primi filosofi che cercano di spiegarci l’origine dell’universo. Anassimandro ci spiega il principio di tutte le cose da una sorte di miscela. APERON PARAFRASI frammento di Anassimandro: Donde (ciò da cui sono nate tutte le cose, quella cosa lì è l’aperon, il principio di tutte le cose). Miscela che ruotava su se stessa e da qui si separano tutte le cose. Hanno preteso di guadagnare per se un’esistenza e hanno commesso una sorta di peccato staccandosi dall’aperon che ha una he di sacro. Questo frammento è il primo modus razionale di comprensione della realtà, cioè il primo tentativo razionale scientifico di comprendere il reale, cioè ciò che ci circonda. È un frammento che ci parla della nascita quindi di qualcuno che viene al mondo, però questo giorno natale è un giorno funesto di lutto di 5 17 Filosofia della prassi umana perché colui che nasce e si stacca dall’aperon (armonia perfetta) va incontro alla morte. Per anassimandro la colpa degli uomini, delle cose, di tutto ciò che si è staccato da questo infinito aperas hanno avuto la colpa di staccarsi da questa armonia perfetta che era l’aperon e da qui secondo anassimandro è una sorta di peccato originario che non specifica. Tutte le cose poi si sono separate ed è nato così il cosmo (universo+esseri umani). Gli esseri umani devono espiare questa colpa, peccato originale. Per i greci l’esistenza stessa è una condanna, cioè la filosofia dei greci non è un inno alla vita ma un inno alla morte, la vita è il venire al mondo come un’ambizione/bestemmia dell’uomo che ha osato staccarsi da ciò che era perfetto e armonioso e quindi solo la morte ci solleverà da questa colpa. Con la morte proveremo ad essere parte dell’aperon da cui ci siamo separati. FRAMMENTO DI ANASSIMANDRO: Donde viene agli esseri la nascita, là avviene anche la loro dissoluzione, secondo necessità Poiché si pagano l’un l’altro la pena (didomai dine) e l’aspirazione dell’ingiustizia (adikia), secondo l’ordine del tempo Il termine dissoluzione indica morte, il perire di ciò che è nato. Anassimandro ci spiega che tutto quello che è distaccato dalla miscela dell’aperon è destinato a rompersi, ad ammalarsi e poi a perire. Analizzare il testo: Gli studiosi, con questo frammento si sono misurati molti filosofi tra cui Heidegger, si sono lungamente interrogati sull’autenticità, non si sa se il “detto anassimandreo” sia autentico, non hanno risolto nulla. È un frammento che si può dividere in 2 parti. La prima parte fissa il tema fondamentale, di cui si sta parlando, mentre la seconda parte ci da una spiegazione al principio generale tema che si era specificato nella prima parte. Lo stile è prosastico, scritto in prosa ma si tratta di una prosa poetica, cioè è infarcito questo linguaggio di suoni, parole poetiche. In questa prima parte notiamo in rosso delle parole, se proviamo ad immaginare una feccia/linea immaginaria possiamo vedere che risulta una croce. Questo testo secondo gli studiosi si può osservare una struttura a chiasmo, una figura retorica in letteratura. Chiasmus in latino significa forma incrociata (incrocio di parole), donde viene gli esseri la nascita, là viene anche la loro dissoluzione (cioè parafrasando la dove hanno origine le cose ivi periscono) ci va ad individuare una sorta di legge (se le cose nascono poi devono morire), inoltre un’ulteriore segno poetico si può cogliere in quella formula identica che chiude le due parti del testo (secondo necessità, secondo l’ordine del tempo), hanno un’assonanza e chiudono nello stesso modo. Quasi un gioco stilistico di pesi e contrappesi. Vediamo come tutto è tenuto in equilibrio con misure linguistiche e musicali. Queste parole poetiche si intrecciano a parole che vengono usate nella quotidianità, parole di uso comune. È scritto in una forma prosastica ma è un testo poetico. Continuo uso di termini giuridici (pena, espiazione, ingiustizia) termini che appartengono alla cultura giuridica dei greci e sono utilizzati come se fossero metafore. PARAFRASI FRAMMENTO ANASSIMANDREO: Laddove tutte le cose hanno origine, cioè nascono e vivono (aperon), devono necessariamente andare a finire, infatti esse (cose che nascono e si distaccano dall’aperon), pagano reciprocamente la pena e scontano la colpa per l’ingiustizia che hanno commesso secondo la legge del tempo. Le cose che nascono vanno a rompere una perfetta armonia, un’ordine devono espiare questa colpa. Secondo l’ordine del tempo: in riferimento a Cronos che aveva il potere di organizzare gli eventi. Alla base di questo movimento religioso c’era una credenza, un’ideale etico richiedeva ai seguaci di Orfeo uno sforzo, quello di liberarsi dalla materialità del corpo. Il corpo (soma in greco) è considerato il carcere (sema in greco) dell’anima. Secondo l’ordine del tempo = rivela la matrice orfica del frammento. Orfeo era un dio, il dio del tempo e il riferimento di anassimandro alla religione orfica stava un’ideale etico, doveva compiere uno sforzo, dal fardello della materialità del proprio corpo. In questo frammento è evidente che bisogna sottomettersi alle leggi del tempo. La morte è liberatrice. Hannah Arendt si sta chiedendo in “Vita della Mente”: perché la nascita è caduta in dispregio in filosofia? La risposta che lei da è perché le colpe sono anche della metafisica. Come si realizza secondo lei la metafisica? Secondo lei attraverso 2 passaggi. di 6 17 Filosofia della prassi umana Parmenide è considerato il padre fondatore della metafisica, era un filosofo, colui che comincia a congetturare che la realtà che è sotto i nostri occhi non esiste e che è una realtà fittizia che esiste invece una vera realtà che va oltre alla nostra corporeità. Secondo Parmenide i sensi ci ingannano, sempre lui sostiene che oltre alla natura c’è un mondo vero. Ci descrive l’essere come qualcosa di immobile, fisso, statico, quindi che non cambia mai, se lo immagina simile ad una sfera. L’essere così immaginato da lui stesso non nasce mai. Un mondo dei divini, degli dei e un mondo dei mortali. A questo punto il mondo degli dei che è un mondo ideale e perfetto, possiamo solo pensarlo o intuirlo, dall’altro c’è il mondo dei corpi, della materia ed è un mondo imperfetto di cui fanno parte anche i mortali. Da qui la polarità. Gli esseri umani in quanto mortali vengono messi in contrapposizione con questo mondo perfetto a cui gli esseri umani non appartengono. Arendt dice che c’è un corto circuito in filosofia perché … In questa contrapposizione tra il mondo perfetto e il mondo imperfetto la nascita viene sacrificata. Queste credenze che sono la filosofia, hanno davvero oscurato la possibilità di pensare gli esseri umani nella loro bellezza, pensarli come natali, invece la morte è diventata la porta che dobbiamo attraversare per accedere al mondo ideale perfetto che c’è dall’altra parte. Da qui la TEORIA DEI DUE MONDI. Secondo Arendt il sacrificio della nascita in filosofia si realizza nel momento in cui autori come Anassimandro, Parmenide, Platone hanno cominciato a congetturare l’idea che esistono due mondi. Secondo Hannah Arendt il dispregio della nascita ha a che fare con il dispregio del corpo perché quando si nasce si viene al mondo con la nostra corporeità. Identificava la nascita con il peso corporeo e la morte era l’esonero da quel peso corporeo. Il bambino che nasce di Arendt rompe con la teoria dei due mondi. Il bambino di Arendt è imprevisto e inatteso, nessuno può decidere se siamo degni o meno di venire al mondo perché veniamo dal nulla. Hannah Arendt era una grecista, amava molto i greci e conosceva perfettamente il greco e il latino. Per comprendere l’uomo bisogna insistere sul natality e farne una categoria di pensiero per eccellenza in filosofia. L’essere umano non può essere compreso se non a partire dal fatto che viene al mondo da una pluralità. Arendt sceglie il natality perché ritiene che dopo Auschwitz i cadaveri filosofici sono collassati tutti. Il filo della tradizione si è spezzato e i totalitarismi hanno sfigurato l’uomo totalmente e lo hanno de responsabilizzato, quindi l’uomo si è comportato da inaudito. I valori che fino ad all’ora erano stati considerati valori sono stati perduti nei lager. L’uomo ha aperto di unicità, di spontaneità perché ridotto a massa completamente prevedibile. L’uomo nei lager non nasce più ed è ridotto ad una sinistra marionetta, ad un fascio di reazioni. La preoccupazione della filosofa a causa di questi scenari in cui l’uomo è stato ridotto ad una condizione animale al pari degli altri e può essere eliminato e controllato mentalmente. L’essere umano è diventato acritico e ha smesso di pensare (scenari 1950 - Arendt descrive quello che è accaduto). È andato perduto e spezzato il filo di Arianna. In filosofia secondo Arendt bisogna ricominciare da capo guardando si al passato e all’eredità della metafisica recuperando tutto ciò che c’è di buono ma bisogna rappresentarci il mondo l’essere umano con una nuova categoria in una forma diversa. Certa di ciò, si mette in cerca di una nuova categoria che comprenda l’uomo scegliendo il natality perché non è una categoria classica, non è una categoria di matrice classica greca (mai utilizzata prima). Il natality non rientra nella categoria dei classici di comprensione greca. DEFINIZIONE DI CATEGORIA La realtà è complessa, l’essere non è uno, la realtà non è una, l’essere si dice in molti modi, c’è bisogno delle categorie per comprendere la realtà. Cos’è una categoria in filosofia? È un concetto fondamentale della filosofia, la categoria in filosofia è tutto ciò che ci offre un’informazione sul soggetto di cui si parla. Quindi le categorie in filosofia sono dei modus di comprensione, ci danno informazioni rispetto alla cosa di cui si parla. Le categoria ci aiutano a comprendere la realtà. Etimologia della parola categoria: “kategoreo” significa io addito, io indico, io accuso, io giudico,… è una parola antichissima che deriva dal greco significa io indico, io mostro, io addito però significa anche io accuso oppure io affermo nel senso di mettere in chiaro le cose. Definizione canonica di categoria: l’attribuzione di un predicato ad un soggetto. Le classi supreme con cui poter ordinare la realtà. Le categorie in filosofia hanno particolari funzioni (indicano una relazione…) Nello specifico le categorie in filosofia sono l’attribuzione di un predicato e di un soggetto. Le categorie in filosofia hanno una funzione predicativa rispetto al soggetto (informazioni in più sull’essere umano) funzione di natura informativa. Le categoria assolvono ad una seconda funzione, mettono in condizione il soggetto che pensa di ordinare la realtà, in questo senso le categorie assolvono ad una funzione ordinativa. di 7 17 Filosofia della prassi umana La PRIMA NASCITA è la nascita biologica, cioè coincide con una sorte di inserimento corporeo nel mondo. Da questo apparire segue un impulso ad agire che secondo Arendt è proprio dell’uomo che non può fare a meno di agire e di prendere l’iniziativa. Agire deriva dal latino avere e significa prendere l’iniziativa. La SECONDA NASCITA è una nascita consapevole, è quella nascita con cui io mi inserisco consapevolmente tra gli altri attraverso la voce e il racconto, è una nascita dialogica. Quando Arendt descrive così la nascita muta il concetto della religione cristiana, la muta da Agostino di Ippona (Arendt dedica ad Agostino la sua tesi di laurea, la sua prima opera). Dio crea e va riconosciuto a lui il principium e questo si realizza in solitudine. Dio crea da solo. L’uomo invece inizia, initium e non si compie mai in solitudine ma è sempre condiviso e partecipato. Il bambino che nasce nelle opere arendtiane è un vero e proprio topos, ha tutte le caratteristiche dell’agnizione aristotelica. Topos è la forma singolare, topoi è invece la forma plurale; il termine topos appartiene alla tragedia greca, topos significa luogo, nello specifico quando parliamo del bambino che nasce lo intendiamo come un vero e proprio meccanismo narrativo, questo era il topos. Topos qualcosa che all’interno di un’opera si ripete puntualmente, un luogo comune, come si ripete il bambino arendtiano che torna a nascere. Hannah Arendt con il bambino arenditano e le tragedie greche. Schema narrativo che oggi ci consente di individuare molti luoghi comuni tra cui l’esposizione del bambino, nelle tragedie greche il colpo di scena è affidato al bambino che nasce in maniera disgraziata, un bambino che viene creduto il figlio di un’altro, un bambino perduto/abbandonato e poi ritrovato, il colpo di scena vengono affidati al bambino e si tratta di un bambino eroico cui spetterà un grande destino. Di solito il momento topico è collocato alla fine della tragedia greca, il bambino viene collocato in momenti drammatici in cui gli intrecci narrativi sono complicati. Tra i vari luoghi comuni c’è l’agnizione, rinvia al latino perché etimologicamente deriva dal latino agnizio. Agnizione indica il riconoscimento, è dunque un movimento topico all’interno delle narrazioni tragiche, il termine è anche un termine giuridico, agnizio, indicavano un riconoscimento del figlio illegittimo. Momento dell’esposizione del bambino si arriva alla risoluzione dell’intreccio narrativo, l’agnizione è da intendere come una tecnica narrativa molto affine al colpo di scena. Il bambino arenditano ha proprio le caratteristiche dell’agnizione, latina, classica, greca, momento in cui cadono le maschere, quando si realizza un’agnizione all’interno della tragedia è il momento in cui quella trama sta svolgendo un senso di svolta. Le opere arendtiane funzionano come se fossero delle tragedie greche dove ad un certo punto compare l’eroe, il bambino che introduce una sorta di chiave di lettura che ci fa comprendere la struttura interna dell’opera arendtiana. Il termine agnizione compare in un’opera di Aristotele molto originale e anche fuori dai canoni che è la poetica, nella poetica Aristotele usa questo termine ciò che piomba addosso inatteso. La poetica è di fatto un trattata dedicato all’arte e alla poesia, scritto in uso didattico, Aristotele sceglie di parlare di poesia, di tragedia, in una forma che è il trattato, opera presso i greci che ha un robusto apparato metodologico molto estesa di notevoli dimensioni in cui si affrontavano di solito argomenti di carattere scientifico, etico e morale. Fu sorprendente che Aristotele dedicasse un’opera alla poesia, alla tragedia e alla commedia. Aristotele ha in merito di aver riconosciuto per primo la necessità di introdurre un colpo di scena all’interno delle opere scientifiche. L’agnizione in Aristotele indica un passaggio da uno stato di ignoranza ad uno stato di sapienza, di forze autorevolezza. Radicale cambiamento di scena a cui segue uno sconvolgimento, che può essere positivo o negativo che va a rompere gli equilibri interpersonali, ciò accade perché nel momento dell’agnizione si realizza il riconoscimento, vero e proprio protagonista, personaggio che provoca gli eventi. L’agnizione è anche quello che va a risolvere la tragedia, un momento risolutivo in cui tutti i nodi della narrazione si sciolgono perché siamo difronte ad un evento improvviso che provoca un nuovo corso degli eventi, un cambiamento di scena, che però è anche un evento logico, cioè l’inatteso di fronte al quale ci troviamo deve essere anche razionale e credibile. Agnizione termine che ritroviamo nella poetica dei capitoli 11,14,16. Individua più forme di agnizione: la prima forma è la peripezia un riconoscimento che va a capovolgere tutti gli eventi, mai sicuri della realtà che può capovolgersi e sorprenderci. Hannah Arendt nelle sue opere usa il bambino come se fosse un topos, bambino che nasce e viene al mondo sorprendendo tutti e riconosciuti da altri uomini, tema intrecciato con il venire al mondo. Appare di 10 17 Filosofia della prassi umana come un’eroe classico, bambini che porta amore attivo, un bambino che ha poco a che fare con l’obbedienza perché va a rompere gli schemi e capovolge la realtà. l’agnizione, la peripezia della nascita in arendt si organizza in modi diversi, come nascita naturale (biologica) e si realizza in senso politico (inserimento attraverso la voce). Peripezia termine aristotelica forma di agnizione di cui Aristotele parla nella poetica (trattato, opera molto estesa che Aristotele la utilizza per la prima volta come opera per trattare di fiabe, favole, di poesie di tragedia greca). Cosa produce un’agnizione o una peripezia?appare all’improvviso, rompe la trama di un opera, ci consegna una sorte di chiave di lettura. Il bambino arendtiano si comporta così, è inatteso e sconvolge tutto. Arendt ci consegna una chiave di lettura della sua opera. VITA ACTIVA Vita Attiva è l’opera più riuscita di Arendt, viene pubblicata nel 1958 negli Stati Uniti, in quello stesso anno un prestigioso editore edita questo che diventerà un capolavoro della filosofia del 900. Hannah Arendt aveva trovato rifugio negli Stati Uniti quando era stata costretta a fuggire dalla Germania. Non è la sua prima opera statunitense, importante anche “le origini del totalitarismo”. Opera così complessa entra a far parte dell’establishment newyorkese. Vita Acitva opera fortemente anti marxista, un’opera che nasce da un’impegno degli scritti Karl Marx. Opera in cui Arendt si interroga sull’azione, arriva a dire che l’azione umana ha delle peculiarità tutte sue, l’agire umano ha caratteristiche che non possiamo ritrovare nell’animale. Le azioni dell’uomo diventano autenticamente politiche solo quando le azioni sono condotte insieme agli altri coralmente. Titolo inglese “The Uman Conditions” avrebbe voluto Arendt che quest’opera fosse intitolata così ma il suo direttore non volle accontentarla perché gli sembrò che fosse un titolo più facile alla circolazione editoriale. Nella versione italiana il titolo avrà appunto questo titolo “vita activa, la condizione umana”. Titolo molto colto carico di tradizione perché nei suoi impliciti rinvia ad un problema filosofico antico. Arendt arriva a ragionare partendo da una riflessione dell’antica Grecia. L’agire umano si compone di due momenti, il pensare e l’agire pratico, quindi l’agire umano si compone di due sfere: la prima vita attiva, la seconda la vita contemplativa. Vita attiva: e’ una forma di agire politico, pubblico. Qui l’uomo agisce per lavorare, creare ed operare. Produce le cose, cerca di rendere gli oggetti durevoli. L’uomo qui si prende cura della vita terrena e quindi soddisfa i suoi bisogni. Vita activa è un termine latino che traduce il termine greco Bios teoreticos. Secondo Arendt la vita attiva cade in disgrazia presso i greci. La vita attiva è considerata come azione infima rispetto all’agire contemplativo, in quanto legata al soddisfacimento dei bisogni materiali dell’essere umano, la vita attiva è una vita spoliticizzata, legata alla materialità, produce una teoria di agire povera di libertà. Vita contemplativa: una seconda dimensione esistenziale. Per i greci la vita contemplativa è la vera vita, è quella del pensare. Per i greci secondo l’analisi di Arendt, l’agire contemplativo era l’unico modo libero di agire. Quali sono i moventi di Arendt quando scrive vita activa? Presenta l’opera come un saggio di vita politica, in verità quest’opera è molto complessa con più piani di lettura, è un’opera filosofica. Al contempo vita activa è un saggio eccellente di antropologia filosofica, in tutte le pagine del testo si evince lo sforzo di Arendt di tentare di dare una risposta alla domanda ontologica “cos’è l’uomo?”. Secondo Arendt nella modernità di questa domanda se n’è impossessata la scienza. Si sente di dare una risposta a questa domanda, la scienza arriva a dare una risposta molto povera all’interno dei parametri della scienza: “l’uomo è un mammifero, un prodotto dell’evoluzione, è un’animale”. Hannah Arendt in vita activa prende anche delle posizioni critiche rispetto all’evoluzionismo, secondo Arendt l’uomo è qualcosa di più rispetto all’animale in quanto il suo agire ha delle peculiarità che l’uomo non ha. Vita activa diventa un’opera antropologica perché Arendt arriva a riflettere sulle condizioni dell’agire umano con due propositi, riscattare l’uomo e la sua definizione dalle trappole del marxismo o dalle trappole del determinismo, secondo movente di edificare una scienza della politica. L’operazione le riesce a pieno. Arendt parte dalla domanda “cos’è l’uomo?” Il metodo che utilizza in vita activa è un metodo fenomenologico, fenomeno in greco vuol dire ciò che appare, metodo perché Arendt parte dalle sue analisi dall’agire manifesto delle sue azioni. Attraverso le azioni il singolo uomo si mostra e appare a tutti attraverso quella prima azione che è il natality, la nascita è una forma di agire unico. di 11 17 Filosofia della prassi umana Arendt sente urgenza di tornare a scrivere dell’uomo perché bisogna interrogarsi sull’uomo in quanto per lei non è un vero animale. Interrogarsi sulla nascita. Vita activa espressione latina che si rifà all’originale greco bios politicos. La vita activa è una delle due dimensione dell’agire umano, l’altra per i greci è la vita contemplativa (teoreo: pensiero). Natality come categoria sostanziale è una definizione fondamentale di uomo, uomo come natale. TRIPODE ARENDTIANO labor, work and action Arendt riflette sulla vita activa e non contemplativa, va ad individuare delle dimensioni esistenziali che la vanno a comporre: labor, work, action (lavorare, operare e agire); queste tre dimensioni che compongono la vita activa corrispondono ad altrettante tre dimensioni. Hannah Arendt definisce la vita activa come svolgimento della vita umana, fare e agire, a suo parere la vita umana si svolge nel tentativo di attrezzare il mondo. Gli uomini lavorano, fabbricano, operano ma soprattutto gli uomini cercano di trasformare la terra e quindi di trasformare il mondo della natura. Ciò comporta la costruzione di un mondo artificiale, un mondo fatto di oggetti, prodotti, artificialità necessaria perché il mondo naturale deve essere reso più consono alle esigenze dell’essere umano, l’uomo si adopera con le sue attività nel tentativo di attrezzare il mondo. Quando si parla di vita activa secondo Arendt si intende quella vita umana che si esplica, si svolge tanto nel lavoro quanto nell’opera ma che si compie poi nell’azione. Il problema per Arendt è che la vita autentica non si compie nella prima dimensione che è il lavoro e non si compie in quella seconda dimensione che è l’opera. L’essere umano è autentico quando entra in relazione con gli altri e agisce insieme agli altri. Il lavoro non può dire in senso autentico l’umano (l’umano è il lavoratore) perché secondo Hannah Arendt attraverso il lavoro, pur necessario, l’uomo procede alla sua sopravvivenza. In questa dimensione l’essere umano semplicemente produce quello che andrà poi a consumare. Prima critica che muove al lavoro. Con l’opera (attività fabrile) creerà il mondo artificiale che gli è necessario per sopravvivere, ciò è necessario perché circondarmi di oggetti e manufatti perché l’uomo è di per sé un’essere carente e questi manufatti di cui si serve facilitano la sopravvivenza nel mondo umano. Solo con l’action l’uomo entra in relazione con altri uomini, impara a comunicare con altri uomini. Quando si parla di uomo, non è il lavoratore come pure non è il fabbricante di manufatti, si parla di uomo e di uomini quando gli uomini agiscono tra loro (quando si dialoga con gli altri si fa parte della polis), sono nell’action l’uomo si realizza, si ha il passaggio dalla vita naturale alla vita autenticamente umana. Il lavoro (labor) è quell’attività attraverso cui l’uomo si garantisce la sopravvivenza, è indispensabile all’animale uomo. L’uomo quando lavora secondo Arendt non è ancora libero in quanto è un’anima lavorante e il lavoro ci precipita in una condizione di animalità. Arendt muove questa critica anti marxista anche perché è un’ebrea. Il lavoro ha un’unico scopo il soddisfacimento dei bisogni, il lavoro non lascia traccia (lavoro e produco e ciò che produco poi consumo). L’attività lavorativa è un vero e proprio ciclo. “Lavoro, anima laborance, possesso della vita” Labor si usa nelle donne partorienti, indica la fatica, lo sforzo fisico, per questo motivo usa il termine labor, usa invece il termine work per altro. L’operare (work), secondo Arendt questa attività culmina con la realizzazione di oggetti, manufatti, quando parliamo di work parliamo del lavoro delle mani e di oggetti fabbricati (manufatti), tutto quello che è opera delle nostre mani rientra in questa categoria work. I manufatti sono necessari perché attraverso i manufatti noi attrezziamo il mondo in cui viviamo, realizziamo l’ambiente in cui viviamo (mondo artificiale), fa una riflessione in più: mentre i beni che vengono prodotti attraverso il lavoro hanno la caratteristica di essere consumati, i manufatti sono dei prodotti che sono destinati all’uso. Il mondo artificiale, dice Arendt, è il risultato della produzione di questi manufatti. Gli oggetti hanno la caratteristica della durabilità, per cui questi manufatti, opere delle mani, hanno la capacità di durare nel tempo che assicura una relativa indipendenza. Questo mondo artificiale è solo relativamente stabile, gli oggetti sopravvivono all’esser umano ma questo mondo ha la caratteristica di essere ridisegnato di volta in volta, le mani dell’uomo producono oggetti che si aggiungono ad altri oggetti… Grazie all’opera delle mani il mondo artificiale muta di forma sempre. L’opera secondo Arendt ha una fondamentale importanza, nasce con l’opera delle mani la civiltà. Lavorare e operare sono due forme di controllo della natura, Secondo Arendt l’uomo non può sopravvivere nella natura. di 12 17 Filosofia della prassi umana BARIONA: Opera in cui viene descritto un bambino ricoperto di baci. Presenta molte assonanze con il bambino arendtiano. Arendt e Sartre non si sono mai amati, erano due filosofi lontani per sensibilità, ma le somiglianze tra loro sono forti. Bariona fu scritto nel 1940 in piena seconda guerra mondiale e viene scritto durante il periodo di detenzione in un campo di concentramento in Germania, nella città di Treviri, in cui venivano chiusi i militari. Riuscirà poi ad evacuare dopo nove mesi. In questi mesi viene rinchiuso nel padiglione degli intellettuali. Bariona lo scrisse in pochi giorni in occasione del Natale e da cui prese le distanze, rinnega questo suo scritto in quanto ateo. Questo emerge in una lettera che scrisse. Nel ’62 autorizza un’edizione di 500 copie fuori commercio, vuole fare un regalo ai suoi ex compagni di prigionia. Bisogna poi attendere il ’67 per una seconda edizione ma anche questa fuori commercio. Quando riuscì ad evadere dal campo non portò con sé il suo testo, voleva dimenticarlo e invece i suoi compagni di prigionia lo salvarono. Perché Sartre rinnega Bariona? Perché era ateo e perché era convinto della scarsa qualità letteraria. Viene rappresentata nel campo di concentramento e impersonato in occasione del Natale. Il titolo vero di quest’opera era “Il figlio del tuono”. Quest’opera è un regalo che Sartre fa ai preti cattolici del campo in quanto anti-nazisti come lui. E’ un testo fortemente anticipatorio per quanto riguarda la filosofia della generatività. Viene però pensato solo come un lavoro di intrattenimento e fu organizzato come una piès teatrale. La storia è ambientata in Giudea e protagonista era Bariona, capo di un villaggio della Giudea, pressato dai romani che facevano continue richieste ma la gente lì è troppo povera e Bariona emana un decreto, una legge che impedisce di avere rapporti con le donne per non generare più bambini. Bariona afferma che il villaggio deve morire. E’ stanco di vivere perché l’esistenza gli sembra una lebbra orrenda. Allora da qui il suo giuramento “giuro di non generare”. Eppure a questa legge si oppone sua moglie Sara che è incinta e Bariona cerca di convincerla ad abortire ma Sara vuole mettere al mondo il suo bambino. Sara viene descritta come una figura femminile che da da contrappunto al maschilismo di Bariona. Vuole accogliere in questo mondo il suo bambino. Sara chiede una possibilità per lei e per il mondo intero e supplica Bariona si far nascere il bambino. Ad un gruppo di pastori appare un angelo che invita i pastori a raggiungere la grotta dove nascerà il bambin Gesù. Sara segue questi pastori e va con loro a Betlemme. Bariona decide di mettersi in cammino con l’intento di uccidere il bambino che sta per nascere, quando però si trova lì rinuncia a questo suo proposito omicida quando incontra lo sguardo di Giuseppe. Bariona qui si rende conto di aver sbagliato e decide di difendere il bambino e combattere e morire per lui. ASSONANZE TRA HANNAH ARENDT e SARTRE Sartre concepisce la nascita come un nuovo inizio, la possibilità per l’umanità di riabilitarsi. Per Sartre la nascita è schierarsi dalla parte nativa. In Bariona tutto inizia dalla fine, grazie alla nascita gli uomini hanno ancora una possibilità. RITRATTISTICA FEMMINILE Scritti giovanili di Arendt: affiora qui un’attenzione per la ritrattistica femminile. Sono gli unici scritti che Arendt ci ha lasciato e che ci consente. Quando Arendt insiste sulla Genesi in cui scrive maschio e femmina, Dio li creò. Le sembra che qui si può trovare la condizione umana della pluralità. Secondo lei questa condizione si può trovare in questo passo biblico e ci lavora alla nota in Vita activa quando critica Paolo di Tarso e Agostino che scrisse che l’uomo fu creato uno e singolo. Agostino considera la donna servile all’uomo. Arendt non ha mai sentito la questione femminista come una questione politica, non è una femminista, le rivendicazioni di genere le furono estranee, per lei essere donna era un fatto naturale. Il problema dell’emancipazione non era per lei un’emergenza politica. Per lei essere donna era un fatto di natura, per lei definirsi donna non era sufficiente per definirsi persona umana. Questo fu detto nell’intervista che rilasciò in Germania. E’ un’intervista che concesse, fu invitata a dare una definizione di sé e si definì così; sono un individuo ebreo. Per lei devono essere salvaguardate le qualità femminili. La accusano di essere contraddittoria in quanto filosofa, lavoro tipico maschile. C’è poi la questione del materno. In Arendt non troviamo mai il materno, se c’è una madre nei suoi testi è la lingua materna, il tedesco per lei. Allora il tedesco era una lingua corrotta che andava de-nazzificata ma lei la difende dicendo che non sono le lingue ad impazzire ma gli uomini. Dice che il materno è ciò che resta, ciò che ricordiamo. La lingua materna è una proto-lingua, una lingua che ci fa ricordare ciò che ci è stato insegnato. Deduca alcuni saggi a delle donne ad esempio un saggio a Rosa Luxemburg, una rivoluzionaria ebrea di origine polacca che fondò il partito rivoluzionario tedesco e fu di 15 17 Filosofia della prassi umana poi assassinata. Arendt era un anti-marxista ma nonostante ciò dedica un elogio a Rosa Luxemburg. Arendt criticò invece Nettel dicendo che era un maschilista. Rosa Luxemburg era ebrea e donna ed Arendt disse che essere donna nella storia era una disgrazia. VITA FROZEN Tecnicizzazione della nascita: nascere secondo Arendt è la prima azione di cui siamo capaci. L’uomo per lei ha valore proprio perché nasce. Tecnicizzazione della nascita significa portare la generazione umana all’interno di un laboratorio. E’ tipico degli allievi di Heidegger riflettere sul problema della tecnica, come Hans Jonas che riflette sulle responsabilità di cui dobbiamo occuparci. Arendt invece riflette sulle criticità della tecnica. Arendt ha assistito ai frutti più meschini dell’umanità, ovvero le camere a gas (frutto efficientissimo della tecnica). Connubio tra tecnica e politica Arendt è ricordata come una bio-politica. La nascita porta nel mondo una nuova speranza davanti ai totalitarismi. Arendt è testimone dei frutti della tecnica ma si preoccupa anche per gli sviluppi futuri. In Vita activa parla di test tube (provette) di cui parla in un convegno tenuto nel 1957, a cui sono presenti scienziati, biologi e chimici. Ciò che preoccupa Arendt è che l’inizio dell’uomo può essere scritto dagli esperimenti in laboratorio. Arendt dichiara che nel 1958 la scienza ha fatto molti sforzi per produrre artificialmente la vita in una provetta. Il desiderio umano è produrre esseri umani superiori. Secondo Arendt da ciò emerge la vittoria dell’homo faber, l’uomo fabrile-l’uomo vuole fabbriscarsi da se stesso utilizzando il materiale umano. Lo scopo ultimo secondo Arendt è quello di evadere dai confini della condizione umana che è limitata, condizionata. L’uomo vuole da qui evadere e prodursi da solo. Da un primo punto di vista descrivere la nascita con i toni del fare va a impattare sui contenuti di libertà e politici. Produrre esseri umani superiori, fare dell’uomo un prodotto porta l’uomo a non accontentarsi più del prodotto ma a volere un buon prodotto. Il rischio è che dove ci siano imperfezioni e imprecisioni ci si possa spingere a scartare il prodotto uomo. La vita frozen allora è una vita impoverita in quanto una vita subordinata ai meccanismi di produzione. Secondo Arendt nei laboratori avvengono delle trasformazioni linguistiche che riguardano il modo di pensare e descrivere l’uomo. L’uomo rischia di essere definito come un prodotto, un materiale.Lo scienziato in laboratorio si impossessa del verbo creare che prima apparteneva solamente a Dio. Nel suo laboratorio lo scienziato si crede capace di creare vita. Si isola dallo spazio pubblico e smette di parlare i linguaggi della pluralità. Lo scienziato rischia così di mancare parole condivise. Lo scienziato perde la capacità di meravigliarsi, capacità che possiede l’uomo quando si trova davanti al nuovo. Arendt dice in un saggio, che l’uomo non si pone più domande sulle trasformazioni che la tecnica porta nell’uomo, e il rischio è che l’uomo diventi una creatura senza speranza. Il pensiero arentiano non è anti-scientifico, non vuole demonizzare la scienza e la tecnica. Vita frozen si trova nel prologo di Vita activa, quando usa l’espressione test tube intende provette. Gli scienziati cominciare a cercare di costruire uomini con capacità superiori. Heideggher era un filosofo anti- tecnico. Tra le pagine di vita activa il lettore riflette sulla promessa e sul perdono. PROMESSA e PERDONO due capacità umane Arendt ci spiega la promessa e il perdono come due poteri dell’essere umano, la promessa e il perdono sono due dispositivi di controllo dell’azione umana, rispetto alla temporalità perché l’uomo vive nel tempo, entrambi necessari perché secondo Arendt l’azione umana presenta due caratteristiche: 1. L’IMPREVEDIBILITÀ : non posso prevedere fino in fondo le conseguenze del mio agire. 2. L’IRREVERSIBILITÀ, significa che tutte le volte che io agisco non posso più tornare indietro. Aporia dell’azione, dal greco aporos = passaggio impervio, strada senza via di uscita, nel caso del perdono parla di rimedio. Imprevedibilità: perché non si possono prevedere le conseguenze dell’azione. Si devono quindi fare e mantenere promesse. La promessa stabilizza le incertezze del futuro mentre il perdono rimedia agli errori del passato. Per lei la promessa è un genuino atto politico, un dispositivo di controllo che va a rimediare all’imprevedibilità dell’uomo che comporta un atto di responsabilità. Un rimedio verso la caotica incertezza del futuro. E’ un atto linguistico di parole intrecciate, ma anche con cui esibiamo la nostra volontà davanti a qualcuno, un atto pubblico. La promessa ha come caratteristica la reciprocità. Arendt non crede che la promessa possa cadere nel voto di se stessa. Dal punto di vista politico la promessa ha un ulteriore funzione, serve a fondare le relazioni umane. Fare e mantenere promesse è un atto morale solo se si mantiene la parola. Fare promesse ci costringe a sentire l’altro come un nostro compito e dovere. La promessa è una capacità spontanea dell’uomo che ci distingue dall’animale, ci libera dalla nostra animalità. di 16 17 Filosofia della prassi umana Arendt qui si confronta con Nietzsche che aveva intuito il valore della promesso in uno suo testo “La genealogia della morale”, dove dice che l’animale non è capace di promettere, l’uomo invece si. Arendt dice che Nietzsche insiste su una volontà onnipotente che si porta fuori dalla pluralità e le sembra quindi che la promessa di Nietzsche venga prodotta in isolamento. Nella sua opera Nietzsche, parla di rischio della promessa. Il rischio è quello di diventare dei cani obbedienti. Arendt è quindi diffidente perché secondo lei nessuno può fare promesse in isolamento perché questo può portare l’uomo fuori dalla pluralità, dalla società. Per Arendt la promessa è l’espressione di una volontà buona, non posso scavalcare l’altro. Arendt dice che l’uomo di Nietzsche è un uomo solo, che si isola. L’altra caratteristica dell’agire è l’irreversibilità ogni volta che noi inneschiamo una catena di eventi non possiamo preludere gli esiti della nostra relazione, non si può tornare indietro. Cosa succede quando il mio agire va oltre alle mie supposizioni? Secondo lei il rimedio è il perdono, che è donato sempre da qualcuno, non possiamo darcelo da soli, non possiamo auto assolverci per un danno che abbiamo fatto. Il perdono viene dagli altri ed è secondo Arendt necessario, solo il perdono può salvarci. Mentre la vendetta non rimedia mai ad un errore ma innesca un processo interminabile. Secondo Arendt la vendetta è un agire incatenato a conseguenze di un errore originario. Il perdono è una parola consolatoria. Arendt dice che l’irreversibilità dell’azione è terribile. Il perdono deve essere imprevisto e inaspettato. Perdonare è una reazione, l’unico rimedio possibile al nostro danno. E ad insegnarci il perdono è stato Gesù Cristo che perdonò una donna adultera. Dio ci comanda di perdonare 70 volte 7, dio comanda di perdonare, l’uomo invece dona il suo perdono. Lo stesso Gesù in quanto Dio comanda di perdonare ma egli perdona in quanto uomo. Per Arendt c’è differenza tra colpa e colpevole, il male non può essere cancellato ma si può perdonare la persona. Arendt afferma che dovremmo perdonare soprattutto chi non conosciamo, lei non crede che l’amore orienti gli uomini per lei l’amore è una forza anti- politica perché ci estranea dal mondo, ci separa dagli altri. C’è poi un’altra distinzione che fa tra il peccato e la colpa imperdonabile. Per lei il peccato va sempre perdonata perché il segno che siamo vivi, che agiamo con gli altri. Il peccato conserva una sua razionalità e si può ancora comprendere. Dobbiamo perdonare perché senza il peccato non potremmo più vivere. Il perdono ci consente di restare agenti morali liberi. C’è però un male imperdonabile, il male deliberato, che scandalizza perfino i bambini. Questo non si può perdonare perché manca di razionalità, il male incomprensibile non può essere perdonato e nemmeno punito, è un male che non ha mai fine che nemmeno una pena può interrompere. Secondo Arendt Cristo afferma che c’è un male che non può essere perdonato, che rompe i legami naturali e quando l’uomo spezza questo legame con gli altri ha una sola possibilità, mettersi una pietra al collo e gettarsi in mare. Esiste un male immenso che la collera può vendicare, che la carità non può sopportare, che l’amicizia non può perdonare e che neanche Dio aveva previsto nei comandamenti, questo male è l’olocausto, i lager (fabbriche della morte). Arendt non è disposta a perdonare l’imperdonabile. di 17 17
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