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Filosofia della prassi umana, Appunti di Filosofia

Appunti di filosofia della prassi umana

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 06/05/2019

Deborah_18
Deborah_18 🇮🇹

4.4

(22)

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Filosofia della prassi umana e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Filosofia della prassi umana II semestre Per esame: Vita activa – Banalità del male leggere – studiare appunti e banalità del male specialmente le parti trattate. Eichmann è un nazista, è un criminale di guerra che si è nascosto in latitanza e sotto falsa identità in Argentina, a Buenos Aires. Lui è uno degli artefici dello sterminio del popolo ebraico. Eichmann è nato in una città della Renania a Solingen (Germania), nel 1906 quindi è coetaneo di Hanna Arendt. Lui era stato uno studente poco brillante, si ritirò dalle scuole superiori e poi dovette anche ritirarsi dalle scuole di avviamento professionale. Con i suoi pochi studi cerca di trovare lavoro e inizia così a lavorare nella piccola miniera del padre. Per lui il padre fu una figura piuttosto decisiva e sempre poi grazie al padre Eichmann riesce a trovare un lavoro meno usurante presso un’altra impresa, una compagnia elettrotramviaria viennese. Quindi gli anni della gioventù lì trascorre non in Germania bensì a Vienna. Cambia poi completamente mansione e diventerà rappresentate di una compagnia petrolifera e qui il suo destino è segnato perché incontrerà Kaltin Brunner che era un giovane avvocato, fanatico del nazionalsocialismo. Quindi Eichman proprio a causa di queste conoscenze entra nel partito nazista austriaco ma senza tanta convinzione. Questo suo amico gli aveva quindi proposto di entrare nel partito e pare che Eichmann aveva risposto ‘perché no? ‘. Eichmann aderisce al partito nazista non sapendo ancora quali erano le intenzioni di Hitler, non era quindi a conoscenza del suo programma. Quando il partito nazionalsocialista a Vienna diventa poi però illegale, Eichmann decide di ritornare in Germania. Sotto raccomandazione, nel suo Paese natale, intraprende la carriera militare. A quel tempo davvero non sapeva cosa fossero le SS (squadre di protezione), quindi entra a far parte di queste squadre pensando di andando a fare un lavoro di custodia, di scorta invece fu messo dietro a una scrivania. Quindi come primo compito doveva stare all’ufficio di raccolta informazioni. Poi ci fu una svolta, viene trasferito all’ufficio ebraico B4 che era una sottosezione per la sicurezza nazionale delle SS. Quindi a capo di quest’ufficio Eichmann inizia a occuparsi della questione ebraica. Se ne occupa anche con una forte curiosità intellettuale, inizia a documentarsi leggendo libri ebraici molto importanti. Come per esempio legge il libro ‘lo stato ebraico’ dove si parlava del diritto per gli ebrei di fondare un proprio Stato in Palestina. Cerca quindi di documentarsi prendendo la cosa molto seriamente, tanto che impara l’yiddish. L’yiddish è un dialetto ebraico molto simile al tedesco medievale, questa lingua comincia a diffondersi molto rapidamente nell’Europa centrale già a partire dal decimo secolo. Poi nel 1937 Eichmann, una volta imparato il dialetto, sotto falsa identità farà un viaggio segreto in Palestina. Obiettivo di Eichmann: conoscere da vicino gli ebrei, lui infatti si intrufola nei villaggi cooperativi che furono costruiti dai primi gruppi coloni di ebrei. Lui nella sua furbizia cominciò ad accreditarsi come esperto della questione ebraica e la sua idea fu quella di aiutare gli ebrei a realizzare il loro sogno quello di costruire lo Stato d’Israele. In quegli anni in Germania non si parla ancora di soluzione finale perché lo sterminio infatti inizia dopo la conferenza di Wannsee a partire dal 20 gennaio 1942. Dove in una villa di Wannsee si riuniscono i rappresentanti di governo per firmare questo protocollo della soluzione finale. Il verbale della conferenza di Wannsee fu redatto proprio da Eichmann. La fase della soluzione finale era stata organizzata in tre fasi: deportazioni, schiavitù, sterminazione. L’organizzazione logistica di questa ‘macchina’ fu messa in atto proprio da Eichmann. Ad un certo punto Eichmann inizia a costruirsi delle idee politiche e a definirsi come un lealista perché lui stava dalla parte della Germania, assolvendo i suoi compiti realizzava il volere della Germania nazista. Lui però viene anche definito realista perché stava anche realizzando il volere della razza ebraica di volere un proprio Stato. In alcune fasi del processo Eichmann si dichiara salvatore del popolo ebraico. I compiti di Eichmann: Eichmann requisiva i treni, pianificava gli spostamenti di massa e valutava anche la capacità contenitiva dei campi di concentramento. Il primo incarico: deportare 7000 ebrei in un campo di concentramento. Da qui lui impara a mettere in funzione questa “macchina della morte”. Dopo la guerra Eichmann si diede latitante, quindi fuggì alle mani della giustizia, in realtà lo avevano già catturato una volta ma non era stato identificato, non fu riconosciuto come Eichmann e in queste circostanze riuscì anche a fuggire inizialmente in Italia dove assunse una falsa identità. In Italia gli viene così concesso il passaporto, lascia il nostro Paese e fuggì in Argentina dove si ricostruisce una vita. Iniziò col fare lavori molto umili fino ad arrivare poi a fare il capo meccanico riuscendo a costruirsi una casa che era praticamente un bunker militare dove non c’era ne luce ne acqua. Solo poi lo raggiunse il resto della sua famiglia. Quando fu scovato dagli uomini del mossad era apparentemente un immigrato che allevava anche conigli quindi era anche un allevatore. In realtà anche nel suo periodo argentino era rimasto fedele alle sue idee, non si era mai pentito di ciò che aveva fatto, proprio questo gli costò molto caro. In questo suo esilio compì molti errori che fecero apparire la sua copertura d’identità, come per esempio pubblicò un messaggio di cordoglio sotto il suo vero cognome inoltre da nostalgico aveva preso l’abitudine di rincontrare degli ex nazisti per rievocare i fatti di quanto accaduto. Eichmann aveva persino concesso un’intervista a un ex nazista (un olandese) che si spacciava in argentina come giornalista ed era colui che ospitava appunto nella sua casa Eichmann e alcuni nazisti. Dove appunto s’incontravano e discutevano delle uscite letterarie dell’olocausto. Il loro obiettivo era quello di raccogliere materiale letterario per la stesura di un libro, un libro però che doveva far passare l’olocausto come un’immensa bugia. Eichmann e i suoi compagni in questi incontri rivendicavano la causa nazista e Eichmann ad un certo punto afferma “se dieci milioni di questi nemici ebrei fossero stati uccisi per davvero allora avremmo semplicemente obbedito ai nostri doveri “. Eichmann rimane quindi un nazista convinto. Questi materiali su nastro, queste interviste sono state esaminati da una studiosa tedesca filosofa, Bettina, che era profondamente critica anche nei confronti di Hannah. Secondo lei Eichmann era stato un’abile manipolatore, convinto nazista. Ella ha rovistato in tantissimi articoli e ha consultato migliaia di documenti segreti. Il risultato di questo è un’investigazione filosofica poderosa (grave, pesante). 11 maggio del 1960: cattura di Eichmann E’ l’11 aprile del 1961, a distanza di 15 anni dal processo di Norimberga, inizia il processo Eichmann. Hannah Arendt così si reca a Gerusalemme per seguire le 120 sedute del processo come corrispondente del New Yorker dove su questo giornale sarà poi pubblicato questo reso conto di Hannah. Reso conto composto di cinque articoli, pubblicati tra il 16 febbraio e il 16 marzo del 1963. In verità questo processo si concluse nel 1961 e l’esecuzione Eichmann avvenne il 31 marzo del 1962. Questi cinque articoli furono di fatto pubblicati tra l’estate e l’autunno del 1962. Questo testo di articoli sarà poi pubblicato in una forma più ampia nel maggio del 1963. Il testo arendtiano viene ereditato da noi in Italia nel 1964 dove avremo un titolo più fortunato (in quanto è stato invertito) “la banalità del male, Eichmann a Gerusalemme”. Perché Hannah partecipa al processo? Lo scopo di Hanna è quello di comprendere la storia, ciò che è accaduto però lei più volte nelle interviste e nel testo sottolineerà che per lei comprendere non significa perdonare. La Von Trotta è la regista del film “Hanna Arendt” che narra in questo film la controversia. Per controversia si intende un periodo storico che va dal 61 al 64 e va ad indicare la polemica a cui - Hans Jonas: migliore amico di Hanna, filosofo, allievo di Heidegger. L’amicizia tra i due si spezza a causa del posizionamento filosofico di Hanna e per la pubblicazione della banalità. - Kurt Blumenfeld: è un sionista (è un movimento politico il cui fine è l’affermazione del diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico mediante l’istituzione di uno Stato ebraico), è un’intellettuale, molto amico di Hannah che non riuscirà però a perdonare Hannah. Proprio da lui, nel film, vengono fuori parole che in realtà non sono dette da lui ma da Sholem. Era stato infatti Sholem a chiedere ad Hannah il motivo per cui non amava più il popolo ebraico ma Hannah in realtà non aveva mai amato nessun popolo, Hannah amava solo i suoi amici. - Martin Heidegger: antico maestro di Hannah Arendt. Nel film viene rappresentato in modo sbagliato, lo fanno risultare un bravo maestro ma in realtà non era così. Viene rappresentato come un’intellettuale che vive nella foresta nera perché aveva perduto la sua cattedra. Heidegger era un nazista convinto e non se ne era mai pentito. Tra Hannah e Heidegger c’era stata una relazione, erano amanti. Visione del film Hanna Arendt Questo film è del 2012 ma è arrivato in Italia solo due anni più tardi, per una serie di ragioni: - perché la Von Trotta è una registra teatrale quindi è un film che si cura della filmografia autoriale e in Italia la cinematografia autoriale è difficile che trovi degli spazi; - perché è un film costoso per certi aspetti, nel senso che per doppiare questo film ci sono voluti due anni perché s’incrociano più lingue. L’ebraico, il tedesco e l’inglese sono le lingue che si è deciso di tenere e si presentano infatti anche nella versione italiana. Questo film sarà proiettato nelle sale italiane, nel 2014, in occasione della giornata della memoria solo per due giorni perché si riteneva fosse un film di difficile accesso. L’anno dopo poi lo troviamo sulla rai. E’ un film che ha fatto molto discutere, è arrivato in ogni parte del mondo ed è un film con un forte sfondo biografico dove si racconta la controversia. In questo film ci sono due errori: - la Von Trotta fa risultare nel film che Blumenfeld cita una frase che nella realtà non sono citate da lui ma da sholemn quando contesta ad Hannah di non avere a cuore il popolo d’Israele; - c’è un passaggio molto rapido in cui sembra quasi che la Chiesa sia corresponsabile della fuga di Eichmann Da notare anche come vengono messi a confronto il mondo vecchio europeo e il nuovo mondo più giornalistico, più rapido. Visione del film (fare una scheda sul film per esame) Il film inizia con la cattura di Eichmann che arriva con un po’ di ritardo a casa rispetto al suo solito. Nella seconda scena del film, si può osservare Hanna con la sua sigaretta nella sua abitazione. Hanna nel dialogo con Heinrich Blucher (suo marito), racconta il suo periodo di detenzione in un campo di lavoro. Heinrich non vuole che Hannah vada ad ascoltare il processo perché non vuole che soffra. Hannah però non lo ascolta, scrive al New Yorker e andrà ad ascoltare il processo. Hans Jonas invece inizialmente era entusiasta del fatto che Hannah andasse al processo. Hannah amava circondarsi di amici, tanto che era sua abitudine invitarli a casa sua ogni settimana. Hannah ad un certo punto del film presenta i suoi amici Hans. Heinrich Blucher marito di Hannah, è un comunista non ebreo. In un'altra scena si può vedere Hannah che osserva dei quadretti raffiguranti il suo maestro Jasper e Heidegger. Nel film si notano i ricordi al passato di Hannah tra cui anche il momento in cui viene alla conoscenza del fatto che il suo maestro si era messo dalla parte dei nazisti. Quando Hannah arriva a Gerusalemme incontra il leader dei sionisti Blumenfeld che saluta Hannah con grande gioia. Blumenfeld ha scelto di trasferirsi e vivere a Gerusalemme. E’ proprio a lui che la Von Trotta mette in bocca parole non sue. Inizia il processo, Hannah ritiene che sembra quasi uno spettacolo teatrale. Lei aveva immaginato Eichmann completamente differente, sembra invece un uomo normale pensa. Questi suoi pensieri li espone a Kurt e lui non la capisce. Nel dialogo tra loro due, Hannah afferma anche che secondo lei Eichmann non era un’antisemita (avverso agli ebrei) perché lui dice di non avere niente di personale con il popolo ebreo infatti dice “io non sono il responsabile, io ho solo eseguito degli ordini”. Hannah torna poi a casa sua, dove dovrà mettersi all’opera per consegnare gli articoli. La descrizione che Hannah fa dei capi ebraici preoccupa il direttore del New Yorker. Ora il primo articolo è stato pubblicato iniziano le polemiche. In una scena del film si osserva proprio Hans che legge l’articolo di Hannah e ne rimane sconvolto. Iniziano le numeroso polemiche: il New Yorker inizia a ricevere moltissime telefonate d’insulti. Hannah così decide di trasferirsi temporaneamente nella sua casa di campagna in Germania. Qui, incontrerà Heidegger che vive nella foresta nera insieme alla sua famiglia. Nella sua casa di campagna invece incontra anche Mary Mcarthy che è colei che difende sempre Hannah. Nel film si può vedere che vengono proprio organizzati momenti in cui si fa polemica e si discute su Hannah. Lei si trova nella foresta quando ad un certo punto viene avvicinata da alcuni uomini del Mossad (agenzia di intelligence e servizio segreto dello Stato d’Israele che ha il compito di studiare e prevenire le attività che possano compromettere la sicurezza statale). Uno tra gli uomini che scende dalla macchina era nel gruppo sionista di Berlino (lo aveva quindi riconosciuto Hannah). Cercano d’intimidirla e ciò che non vogliono è che esca “la banalità del male”. Hannah risponde e continua a camminare, ritornando a casa sua ma con il dialogo che aveva appena affrontato viene alla conoscenza del fatto che Kurt sta male. Così Hannah lo raggiunge ma le ultime parole che lui dirà a lei non saranno parole belle e in realtà neppure vere in quanto la regista fa risultare siano dette da lui ma nella realtà non è così. Kurt dice ad Hannah “sembra che tu non ami più il popolo ebraico, il tuo popolo” ma ciò che Hannah risponde sorprende, ella infatti risponde “io non ho mai amato nessun popolo, io non amo nessun popolo, io amo solo i miei amici”. Quando Hannah poi torna nella sua abitazione degli USA riceverà tantissime lettere di polemiche, tra le quali molti di queste erano veramente terribili. A questo punto della sua vita, Hannah vedrà rompersi molte delle sue amicizie, anche le più care. Con tutte le critiche, con tutti gli insulti, le dicono che deve lasciare persino il suo ruolo da insegnante. Lei però questo non lo vuole accettare e risponde in modo arrogante. Così che, va alla sua lezione e spiega ai suoi alunni che, quando il New Yorker aveva accettato che lei poteva andare al processo, sapeva che non sarebbe stato facile. Ciò che replica Hannah ai suoi alunni è quello che poi ha scritto nei suoi articoli, dicendo che il processo è stato fatto a una persona, e non alla storia, non a tutti i nazisti, questo secondo Hannah non era giusto. Hannah afferma che lei non ha mai incolpato il popolo ebraico. Ma forse dice lei, qualche capo ebraico poteva comportarsi diversamente. Eichmann ha fatto un crimine contro l’umanità, sì perché anche gli ebrei sono umani. Hannah afferma che lei ha cercato di comprendere e non di perdonare Eichmann. Durante la lezione tenuta da lei c’era anche Hans che riteneva che lei potesse migliorare invece con la sua lezione ha solo confermato il pensiero di Hans che riteneva che stava sbagliando e che era arrogante. Hannah Arendt: “Tutto il mondo cerca di dimostrare che ho torto, nessuno ha capito l’errore che ho fatto. L’errore che ho fatto è stato quello di affermare che il male è radicale, non è così, il male è estremo, solo il bene è radicale.” Conclusione film – le varie scene La scena in cui lei esplode in un pianto, è quella scena in cui lei si ricorda di suo padre anche se nella vita reale di Hannah il padre non era così centrale. Questo perché il padre aveva avuto una malattia e quando muore, Hannah era ancora piccola. La figura di riferimento di Hannah è quindi la madre, la quale fu rinchiusa in un campo di lavoro forzato. Hans, ad un certo punto, dice ad Hannah che sembra quasi abbia dimenticato tutto, che abbia dimenticato, quante donne, quanti bambini, quanti uomini, quante persone hanno sofferto. Hannah per questo suo pensiero di Hans rimane molto delusa. Lei in realtà non aveva dimenticato nulla. Gli alunni di Hannah non l’abbandonarono. Alcuni degli aggettivi che Hans userà per insultare Hannah ignorante sulle questioni ebraiche, sei tedesca, ecc.. Hannah infatti non si sentiva ebrea, non aveva mai sentito la parola “ebreo” a casa sua, l’aveva sentita solo a scuola. Conclusione della “banalità del male” Hannah quando lavora per il processo Eichmann aveva come obiettivo quello di comprendere che non significa, come ha specificato più volte, perdonare, non significa giustificare. Comprendere per lei è anche faticoso perché comprendere, dice lei, significa sopportare il peso di ciò che è accaduto. Secondo Hannah quello che era accaduto in Germania non poteva essere più compreso con metodi storiografici. La storia con i suoi metodi aveva fallito secondo Hannah. Quindi dal suo punto di vista bisognava liberarsi dai metodi consueti che avevano tentato di comprendere la realtà. Qualsiasi tipo di spiegazione storiografica è insufficiente secondo Hannah inoltre dice che dopo la shoah la storia non può essere neanche più come maestra di vita. La storia non insegna più. Ciò che si può fare, secondo Hannah, è quello di tentare di fare i conti con l’orrore inaudito (nel senso ciò che non si è mai verificato prima). Non si può utilizzare più il metodo “senza rabbia e senza parzialità” era la massima latina di uno storico di nome Tacito, era un’espressione che significa studiare un fatto storico senza però sentirsi partecipi, quindi mantenendo un po’ le distanze dai fatti e quindi senza rabbia e senza parzialità. Questa massima compare per la prima volta in un’opera di Tacito che noi traduciamo con il titolo “animali” che era il suo programma storiografico, lui infatti voleva sottolineare che lo storico deve rimanere obiettivo affinché possa costruirsi un proprio giudizio difronte a un fatto storico. Secondo Hannah questo metodo di studiare senza rabbia e senza parzialità, di fatto, dopo la shoah, non funziona più proprio perché ci troviamo di fronte all’inaudito senza precedenti. Questi fatti, a parere di Arednt, non si erano mai verificati prima. Per nuda vita s’intende la sospensione di tutti i diritti della persona, veniva azzerata la personalità morale (cioè tutti quei valori che ci fanno da bussola nella quotidianità), nei campi di concentramento venivano sospesi tutti i diritti. Lo scopo delle fabbriche della morte, dice Hanna, era quello di trasformare la natura umana. I campi di sterminio sono serviti a ridurre la persona umana a fasci di reazione (un qualcosa che prima non si era mai visto). Hanno dominato totalmente la persona umana. Nelle fabbriche della morte l’essere umano viene reso simile all’animale. La macchina totalitaria aveva come principale scopo quello di salvaguardare la razza migliore. Questo vuol dire che il controllo dell’umano deve essere considerato una sorta di esperimento politico, dice Hannah, e questo è un esperimento disumano. Secondo Hannah, tutto questo, ci pone di fronte a nuovi interrogativi di natura etica, anzitutto il problema della responsabilità (bisogna tornare a pensare che cos’è la responsabilità). La teorizzazione del male, di Hannah, è sconcertante, è un male inquietante quello che descrive Hannah. In filosofia il male era sempre stato riconoscibile, proprio perché questa sua contrapposizione al bene. Hannah Arendt fa saltare la polarità di bene e male (cioè il bene è distinto dal male), perché lei dice che quando si parla di bene e male si può anche finire in qualcosa di indistinto esattamente come è accaduto ad Eichmann. Questa è una forma di male. Hannah sconvolge tutte le interpretazioni che fino ad ora erano state date del male. Il male, lei dice, può avere molte forme, può avere molti aspetti, può essere persino dietro al buon padre di famiglia. Non utilizza la parola arché (in greco significa: inizio di tutte le cose). Anassimandro non identifica l’arché con uno dei quattro elementi naturali (terra, acqua, fuoco e aria) ma identifica l’archè e quindi il principio di tutte le cose con quello che lui chiama apeiron (a peras in greco: senza limiti, infinito). Anassimandro si spiega il principio di tutte le cose dall’apeiron e se la immagina come se fosse una miscela infinita da cui ha avuto origine l’universo. Quel “donde” nel suo frammento sta a identificare l’apeiron, cioè ciò da cui sono nate tutte le cose è l’apeiron. Nell’apeiron avviene anche la loro dissoluzione secondo necessità. L’apeiron è armonia, perfezione, è infinito e tutti gli enti che si staccano da questa sostanza infinita e perfetta commettono colpa perché hanno preteso di vivere i staccandosi dall’apeiron che è una miscela sacra. 20 marzo Frammento Anassimandro: questo frammento è molto importante in quanto è il primo modus razionale di comprensione della realtà. Secondo Anassimandro il giorno natale è in realtà un giorno di lutto. Gli esseri umani quindi sono stati incolpati per essersi staccati dall’armonia che era l’apeiron (qualcosa di sacro). Da questo momento gli esseri umani devono pagare questo peccato. Quindi per i greci, l’esistenza stessa è una condanna. Solo la morte solleverà da questa colpa, perché con la morte si sarà di nuovo parte dell’apeiron da cui ci si è separati. Parafrasi del frammento: “Donde viene agli essere la nascita, là viene anche la loro dissoluzione, secondo necessità; poiché si pagano l’un l’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’ordine del tempo.” Il termine dissoluzione indica proprio la morte. Quindi Anassimandro ci sta dicendo che staccandosi dall’apeiron si va incontro a una colpa. Gli studiosi si sono spesso chiesti se il detto Anassimandreo è autentico. In realtà oggi per la maggiore lo si intende ad accoglierlo come autentico. Questo frammento si può dividere in due parti: 1° fissa il tema 2° ci dà una spiegazione al principio generale che veniva esposto nella prima parte Lo stile del frammento è prosastico, cioè viene scritto in prosa, una prosa poetica ma allo stesso tempo le parole poetiche si intrecciano con parole di uso comune. Secondo gli studiosi si può osservare una struttura chiasmo in questo frammento. Struttura a chiasmo: è una figura retorica, ed è un incrocio di parole. C’è anche il continuo uso di termini giuridici pena, espiazione e ingiustizia. Sono termini usati in maniera metaforica. 1° parte Donde viene agli essere la nascita, là viene anche la loro dissoluzione, secondo necessità; 2° parte poiché si pagano l’un l’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’ordine del tempo. Parafrasi: laddove tutte le cose hanno origine, cioè dove nascono e vivono (apeiron), devono necessariamente andare a finire, infatti esse (le cose che nascono) pagano reciprocamente la pena e scontano la colpa per l’ingiustizia commessa secondo la legge del tempo. Spiegazione parafrasi: “Secondo l’ordine del tempo”: qui c’è riferimento a Cronos, si può scorgere quindi la matrice religiosa orfica del frammento. Orfismo: religione molto estesa della Grecia antica e si riferiva a Orfeo. E’ importante il riferimento al tempo perché alla base di questo movimento religioso c’era un’ideale etico. Questo ideale richiedeva ai seguaci di Orfeo uno sforzo: quello di liberarsi dalla materialità del corpo. L’anima era la parte autentica che doveva essere liberata dalla materialità. Nella prima parte si può osservare una figura chiasmo. Un ulteriore segno poetico si può cogliere nella forma poetica che va a chiudere entrambi le parti “secondo necessità”, prima frase – “secondo l’ordine del tempo”, seconda frase. Queste parole poetiche s’intrecciano anche a parole che vengono usare nella quotidianità inoltre si trovano anche termini giuridici. ------------------------ Hannah Arendt, in vita della mente, si chiede perché la nascita è caduta in dispregio in filosofia? Le colpe sono della metafisica che si realizza secondo lei in due passaggi: - Anassimandro: quando inizia a congetturare l’apeiron, miscela da cui tutte le cose nascono ma che devono tornare alla sostanza infinita e perfetta. - Parmenide: padre fondatore della metafisica, era un filosofo antico, realizza il passaggio dalla fisica alla metafisica, colui quindi che comincia a ritenere che la realtà sotto ai nostri occhi in realtà non esiste e che esiste invece un’altra realtà che va oltre, i sensi ci ingannano per Parmenide. Parmenide ci descrive l’essere come qualcosa d’immobile, statico, non cambia mai e che non nasce mai. Per Parmenide non esiste il non essere. Per i greci il nulla non esiste. Con Parmenide, secondo Hannah , si comincia a distinguere due mondi (teoria dei due mondi): - il mondo di sopra mondo degli dei, il vero mondo, il mondo perfetto, possiamo solo pensarlo; - il mondo di sotto mondo dei mortali, il mondo della materia, è un mondo imperfetto; Da qui, dice Hannah, si ha un cortocircuito in filosofia, perché in quel mondo perfetto, non si nasce mai. In questa contrapposizione, tra il mondo perfetto del cielo e il mondo imperfetto degli esseri umani, quello della materia, la nascita viene sacrificata. Questi convincimenti hanno davvero oscurato la possibilità di pensare l’essere umano come natale mentre la morte era diventato il valore unico dell’esistenza. Solo la morte ci libera da questa materia che è il corpo. Secondo Hannah il sacrificio della nascita in filosofia si realizza nel momento in cui autori come Anassimandro e Parmenide, hanno affermato proprio questa teoria dei due mondi, quando si afferma quindi la metafisica. Secondo l’Arendt il dispregio della nascita ha a che fare con il dispregio del corpo. I greci disprezzavano il corpo proprio perché materia. La morte era l’esonero da quel peso corporeo. Per cui il bambino che nasce con Hannah rompe la teoria dei due mondi, perché lei appunto dice che si nasce con il corpo. Il bambino che nasce con Hannah è imprevisto, inatteso, nessuno può controllare la nascita. Hannah va così a rompere la tradizione filosofica (del pensare al non essere). La nascita secondo Hannah ci mette davanti a tutti. La teoria dei due mondi è un espressione di Hannah: Hannah sta cercando di ricostruire la caduta della nascita perché la nascita non è mai usata come categoria dal greco antico. Lei ritiene che sia colpa della metafisica. Lei non crede ci sia un essere perfetto. Il vero problema di Hannah è Parmenide: perché Parmenide cerca proprio di convincere i greci che ci siano due mondi: uno vero mondo perfetto mentre l’altro è un mondo finto. Hannah aveva un grande amore per la cultura classica, greca e latina. Lei amava molto i greci, era una grecista quindi non aveva nulla contro i greci, sta facendo un’analisi sui greci. Per comprendere l’uomo bisogna fare del natality la categoria di pensiero per eccellenza: questo vuol dire che per Hannah l’essere umano non può essere compreso se non a partire dal fatto che nasce. Lei sceglie proprio il natality perché ritiene che a un certo punto, dopo quello che è accaduto nei campi di concentramento con i tempi bui, i categoriali filosofici siano collassati tutti. Il filo della tradizione si è spezzato secondo Hannah dopo la shoah. Nei campi di concentramento l’uomo è stato ridotto ad animale, la coscienza umana è stata annullata. Il risultato è stato che l’essere umano è stato sfigurato. In questi scenari qualcosa si è rotto, quindi secondo lei, in filosofia, dobbiamo ricominciare da capo, recuperando si ciò che c’è di buono nella metafisica e quindi recuperare ciò che la filosofia ci ha lasciato di buono ma bisogna ricominciare. Si mette quindi in cerca di una nuova categoria che è il natality: sceglie il natality perché non è una categoria di matrice classica greca infatti i greci non l’avevano mai utilizzata prima. Quindi secondo Hannah, dobbiamo pensare l’essere umano come un natale perché solo a questa condizione riusciamo a toglierci di dosso il dolore che ci ha lasciato la shoah. Cos’è una categoria in filosofia? Una categoria è un concetto fondamentale della filosofia. La categoria in filosofia è tutto ciò che ci offre un’informazione sul soggetto di cui si parla. Le categorie sono dei modus di comprensione, che ci dicono qualcosa rispetto alla cosa di cui si parla. Etimologia del termine “categoria” deriva dal greco (è una parola molto antica) – in greco categoria significa io indico, io mostro ma significa anche io accuso, io affermo, io dico. Nello specifico, in filosofia, categoria è l’attribuzione di un predicato a un soggetto: questo vuol dire che le categorie hanno una funzione predicativa (predicare, dire qualcosa in più quindi) rispetto al soggetto di cui si sta parlando. In filosofia si è sempre cercato di capire che cos’è l’uomo (domanda ontologica). L’uomo “è” un mammifero, l’uomo “è” un essere vivente, l’uomo “è” un essere mortale. Quando si usa la parola “è” si utilizza una categoria perché si sta dicendo qualcosa del soggetto di cui parlo. Il problema di Hannah è che in filosofia la categoria per eccellenza per comprendere l’uomo è stata la morte. La morte è stata utilizzata come l’unica categoria di comprensione dell’uomo. Le funzioni della categoria in filosofia sono: - predicativa, perché ci informano. - ordinativa, perché mettono ordine alla realtà. In filosofia, due filosofi usano il termine categoria in modo molto diverso: Aristotele e Kant. Aristotele è il filoso del V secolo A.C, lui è il primo a introdurre la parola categoria in filosofia. Secondo lui le categorie si riferiscono a cose concrete, a enti (termine più filosofico) concreti. Definizione di Aristotele di “categoria”: l’attribuzione di un predicato a un soggetto, le categorie sono modi di essere della realtà. Quindi è come dire che le categorie raccontano la realtà. Secondo questa definizione possiamo capire come Aristotele vedeva la realtà, la realtà aveva molti aspetti secondo lui. Affermando questo Aristotele entra in polemica con Parmenide il grande filosofo che si era interrogato su cos’è la realtà. Secondo lui, la realtà è immobile, non cambia. Inizia poi a immaginarsi l’essere come una sfera perfetta. Parmenide ritiene che l’essere è: - l’essere è ingenerato: quindi non nasce mai perché la nascita era vista negativamente e riteneva che si nasceva dal nulla. L’essere è ingenerato, in quanto se dovesse nascesse, dovrebbe derivare da ciò che non è, ma nulla può derivare da ciò che non esiste dunque l’essere non può nascere. - l’essere è imperituro (in greco aperas): l’essere è senza morte. L’essere non nasce e non muore, l’essere, secondo Parmenide, è quindi eterno. L’essere è eterno perché non ha ne passato ne futuro. - l’essere è immobile e immutabile; - l’essere è uno, l’essere si dice in un solo modo e non in tanti; Parmenide aveva vietato di pensare al non essere. Per Aristotele, invece, la realtà ha molti aspetti perché secondo lui il mondo è vario, comprende colori, sapori, suoni, animali, cose, odori e quindi la realtà non può essere in un solo modo. La realtà, per Aristotele, comprende tutte le cose esistenti, chiamate in senso filosofico enti (in greco enti significa ciò che è). Per dire la realtà Aristotele, introduce le categorie esse hanno bisogno del proprio prendere iniziativa). - la seconda nascita è una nascita consapevole, è una nascita politica, è la nascita con cui io m’inserisco nel mondo attraverso la voce (? 6min). Affinché ci fosse inizio fu creato l’uomo Nati per incominciare, parti su cui abbiamo lavorato fino ad ora: studiare premessa p.12-13-14-15 capitolo primo: p. 3-4-5-6 saltare paragrafo 3 del capitolo 1. Studiare bene da 20 a 27 e da 29 e 30. capitolo quinto: p 99-100-101-102 16 aprile AZIONE E PERIPEZIA: Il bambino che nasce, nelle opere letterarie di Arendt, è un topos ricorrente e ha le caratteristiche della agnizione e della peripezia aristotelica. Topos: (luogo) termine antico che appartiene alla tragedia greca; meccanismo narrativo ricorrente. Schema narrativo che ci permette di capire il topos del bambino nascente; nella tragedia greca era posto in momenti particolarmente drammatici o di suspense. L’agnizione (riconoscimento) nel linguaggio artistico serve per indicare un momento cruciale in cui viene svelato un personaggio della tragedia e si arriva alla risoluzione della trama. Espediente narrativo. Il termine agnizione appare in un’opera di Aristotele “la poetica”, egli utilizza questo termine per definire ciò che piomba addosso ed è inconsueto. Egli scrive quest’opera sotto forma di trattato, con cui solitamente si trattavano argomenti scientifici. Egli dunque dedica alla poesia un trattato scientifico. L’agnizione per Aristotele è il passaggio da uno stato di ignoranza ad uno stato di sapienza. • Peripezia: Aristotele usa questo termine per creare incertezza nel lettore. Hannah utilizza il bambino come un topos letterario, ella lo usa sotto forma di peripezia. Il bambino viene ritratto come un eroe greco, rompe gli schemi della realtà e crea scompiglio in quanto è inatteso. (pag. 35-36.37, di Nati per Incominciare). L’azione di venire al mondo di Vita Activa è un topos classico, simile all’agnizione. Ci sono somiglianze con la peripezia aristotelica, ma ci sono anche delle differenze. Vita Activa Vita Activa viene pubblicata nel 1958 negli Stati Uniti (1958 è anche la data della seconda edizione di “origine del totalitarismo”). Negli Stati Uniti perché Hanna aveva trovato rifugio nel 1941 proprio lì, quando era stata costretta ad abbandonare la Germania (prima di rifugiarsi li a girato un po’ per l’Europa come Praga, Ginevra..). Non è la sua prima opera statunitense e tra queste anche “le origini del totalitarismo”. Hannah quando scrive le origini aveva 45 anni. Vita Activa è un’opera antimarxista, nasce proprio da un’analisi molto impegnata degli scritti di Carl Marx. E’ decisivo questo testo per comprendere l’antropologia di Hannah. Lei torna continuamente ha riflettere delle azioni di cui è capace un uomo e arriva a dire (in vita activa) che l’azione umana ha peculiarità tutte sue che non possiamo trovare nell’animale. Tuttavia, le azioni dell’uomo diventano realmente significative solo quando le azioni sono condotte insieme agli altri. L’opera di Hannah inizialmente negli USA prende il titolo di “Human condition”, questo che per noi è invece il sotto titolo di Vita Activa. In realtà Hannah voleva come titolo vita activa di condizione umana ma il direttore non voleva accontentarla perché gli sembrava che human condition fosse un titolo più efficace dal punto di vista comunicativo per la popolazione. Nella versione italiana invece il titolo viene rispettato dal direttore italiano e avrà il titolo che voleva Hannah “Vita Activa, la condizione umana”. Vuole il titolo Vita Activa perché è un titolo molto colto che rinvia a un problema filosofico antico, cioè il problema sulla contrapposizione tra vita attiva e vita contemplativa. Vita Activa è un’espressione che risale all’antica grecia, quando i greci mettono in contrapposizione due forme di agire: l’agire pratico e l’agire contemplativo. Hannah in quest’opera arriva a ragionare si dell’azione umana, ma parte da una riflessione dell’antica grecia e arriva a dire che l’agire umano si compone di due sfere: - vita attiva: l'uomo nella vita attiva agisce, ma agisce per lavorare, creare e operare, quindi per occuparsi della sua vita terrena. L’uomo cerca di rendere gli oggetti durevoli, e alla durevolezza Hannah dedica una frase molto bella, dice: l’uomo si circonda di oggetti e lo fa per vincere la mortalità, quindi si circonda di oggetti che durano nel tempo. - vita contemplativa: seconda dimensione esistenziale, la vita contemplativa, per i greci, è la vera vita, quella del pensare. Tra il fare e il pensare, i greci privilegiano l’attività contemplativa quindi il pensare. I greci ritengono che l’attività del pensiero fosse più nobile rispetto alla vita attiva perché con la vita attiva l’uomo veniva messo di fronte all’eternità. Il termine vita attiva va a tradurre il termine greco bios politicos cioè è una vita quella attiva dedicata alle questione pratiche ma anche alle questione pubbliche e politiche. Secondo Hannah e anche per i greci, inizialmente, l’agire prativo aveva una concezione positiva. Solo in un secondo momento questo equilibrio salta. L’analisi che Hannah fa: questo equilibrio si inclina quando viene meno il potere delle Città Stato. In quel momento la vita attiva cade in disgrazia per i greci. L’azione pratica, quindi viene considerata come un’azione meno nobile perché era legata al soddisfacimento dei bisogni materiali dell’essere umano. In quanto legata alla materialità produce una forma di agire non libero secondo i greci. Per i greci, secondo l’analisi che ne fa Hannah, l’agire contemplativo era il vero agire libero, un qualcosa di perfetto. Hannah Arendt consegna “vita activa, la condizione umana” come un saggio politico ma in realtà è un’opera molto complessa e con più piani di lettura ed è un’opera molto filosofica. La prima intenzione di Hannah è proprio quella di dare la risposta ai greci, che cos’è l’uomo? Secondo Hannah però c’è un problema, la scienza non può dare risposta a questa domanda. La scienza che dà rispsota a questa domanda, la risposta è l’uomo è un mammifero, l’uomo è un animale. Hannah è anche una convinta evoluzionista. Secondo Hannah però l’uomo non è un animale proprio perché ha caratteristiche l’animale non ha. Quello che poi differenzia ancora l’uomo dall’animale è il “natality”. Il venir al mondo è sempre un venir al mondo tra altri uomini secondo Hannah. Due propositi: - riscattare la definizione di uomo dalle trappole del marxisimo - edificare una scienza della politica questo le riesce appieno, si può parlare per la prima volta di una scienza della politica Hannah sente l’esigenza di tornare a riflettere sull’uomo e di porlo al centro della sua riflessione filosofica. Il metodo che utilizza in vita activa è un metodo fenomenologico (fenomeno in greco vuol dire ciò che appare). Si parla di metodo fenomenologico perché Hannah parte proprio dall’esaminare l’agire dell’uomo. Quando Hannah parla dell’essere umano non vuole parlare di natura umana. Per lei non esiste la natura umana,. il concetto di natura umana è un concetto troppo generico e deriva dalle scienze. Riassunto: Vita Activa è un saggio di teoria politica ma soprattutto di antropologia filosofica, non è la sua prima opera americana, è pubblicata nel 1958. La filosofia non si è mai occupata veramente dell’uomo, quindi secondo Hannah la filosofia doveva iniziare a mettere al centro della riflessione l’uomo. Hannah insiste sul titolo Vita Activa (espressione latina) perché guarda all’originale espressione greca. Vita activa: particolare forma di agire che l’uomo mette in campo per prendersi cura della sua vita terrena. E’ una forma di agire politico, pubblico. Secondo Hannah le due sfere dell’agire sono perfettamente in equilibrio, ma quando entra in crisi la città Stato, si inclina l’equilibrio della sfera dell’agire. OperareF 0E 0 oggetti fabbricati dalle mani. I manufatti sono necessari perché tramite questi realizziamo l’ambiente in cui viviamo. I beni che vengono fabbricati dall’operare vengono utilizzati e sono durevoli nel tempo. La differenza tra lavoro e opera, è che l’operare rende l’uomo meno animale e dunque più libero. Secondo Hannah queste tre dimensioni venivano tenute separate, ma equilibrate dai Greci. Il collasso di queste tre dimensioni avviene nell’epoca moderna, con Marx, in quanto lui da un valore incommensurabile al lavoro, soffocando le altre. Per Hannah l’essere umano è veramente libero quando non lavora, o quando si libera della mediazione delle cose. ActionF 0E 0sono gli uomini (nella loro pluralità) ad abitare la terra. Con l’agire i bisogni e gli individualismi vengono superati. Con la nascita ci inseriamo in un contesto plurale. Il tema che affronta in vita activa è la libertàF 0E 0 la libertà consiste nella pluralità, dunque il lavoro è il contrario della libertà. A causa di Marx l’artista è costretto a vivere spinto dalla necessità, e l’uomo faber viene superato dall’homo laborant. L’uomo durante il lavoro è solo, e forse anche nell’attività dell’operare può essere condotta in solitudine. Anche l’operare è un mondo in cui non si possono perseguire relazioni autentiche. L’obbedienza per Hannah non è né una virtù né un diritto. L’agireF 0E 0 non è un mero obbedire, e dicendo ciò sta prendendo le distanze da Platone e Aristotele. Essi ebbero il torto di dividere il mondo tra governanti e governati, questo è sbagliato in quanto la polis non è un mero obbedire. Secondo Hannah questi due filosofi hanno confuso Archein (iniziare) e Pratein (governare), in quanto nei loro scritti usano i termini come sinonimi. A causa di questa confusione linguistica, la politica ha smesso di agire, cioè comunicare con gli altri. Questo ha determinato il cambiamento radicale della polis. In politica nessuno domina nessuno. Inoltre Aristotele ha confuso Praxis con PoiesisF 0E 0 cioè ha diviso tra chi sa e chi fa; cioè tra chi governa e chi esegue gli ordini. Secondo Platone, solo il re filosofo poteva impartire gli ordini mentre gli artigiani si devono preoccupare dei beni materiali. Platone arriva a dire che gli uomini possono essere plasmati come se fossero degli oggetti, Hannah risponde che gli esseri umani non possono essere considerati come oggetti, in quanto gli oggetti non fanno politica. Nessuno ha il diritto di prevalere sugli altri e di plasmarli a proprio piacere. 7 maggio La metafora dell’infanzia Hannah Arendt costruisce il suo corpo filosofico sulla metafora di infanzia ma questa scelta è in controtendenza in filosofia perché la filosofia ha sempre escluso il bambino dalla sua riflessione. Mentre era rinchiuso scrisse Bariona in poche settimane nel periodo di Natale ed era proprio un testo religioso anche se lui era ateo. In una lettera che lui scrive, nel 1962, afferma: “ Se ho preso il mio soggetto nella mitologia del cristianesimo, ciò non significa che il mio pensiero sia cambiato, si trattava semplicemente di trovare un soggetto che potesse realizzare nella sera di Natale l’unione più vasta di cattolici e non credenti”. Se ha ceduto alla tentazione di scrivere un testo cristiano, dice lui, lo ha fatto solo perché i sacerdoti e colo che lo circondavano erano suoi amici. Solo nel 1962: si è pubblicato questo testo e autorizza solo 500 copie fuori commercio quindi solo per i suoi compagni di prigionia. Lui destava questo lavora e quando riesce a evadere non portò con sé il suo manoscritto, voleva proprio dimenticarlo. I suoi però compagni di prigionia portarono in salvo le copie personali che avevano di questo testo. L’autore rinnega Bariona per il fatto che era ateo e considera sempre di averlo scritto a causa di un momento di debolezza. Il titolo esteso di quest’opera “Bariona o il figlio del tuono” – racconto di Natale per cristiani e non credenti. E’ un testo molto interessante che però resta senza alcun esito da un punto di vista filosofico. Narrazione di Bariona: contesto Giudea Bariona, era capo di un villaggio della Giudea, e decide che il suo piccolo villaggio debba morire. Emana così un decreto che prevedeva di non mettere più al mondo bambini. C’è sullo sfondo una sorta di tragedia greca. C’è anche un coro in questa narrazione, a cui sono affidate le domande più terribili di questo testo teatrale. Potremmo vivere senza bambini? Bariona arriva a tanto perché è stanco di vivere ma soprattutto perché l’esistenza gli sembra orrenda. Emerge poi sua moglie di Bariona che si accanisce contro di lei, cercando di convincerla di abortire in quanto appunto aspettava un bimbo. Sara, la moglie, è ostinata, vuole mettere al mondo il suo bambino. Sara allora si rifiuta di bere le erbe velenose che portavano alla morte del bambino. Sara sceglie per sé la disobbedienza e vuole assumersi la responsabilità di partorire. Lei dice: i bambini non si scelgono, il bambino semplicemente si aspetta, il bambino lo amo già prima che nasca, che sia brutto o bello io lo amerò. Ad un certo punto, appare un angelo che invita gli abitanti del villaggio di mettersi in viaggio seguendo la stella per andare verso Betlemme per la nascita del bambino. Quindi qui non è più solo Sara ma anche tutta la popolazione che si mette contro Bariona. Bariona quindi resta solo. In maniera determinata, Bariona, si mette anch’egli in cammino, tenta di raggiungere Betlemme, con l’intento di uccidere però questo bambino. Quando però Bariona si trova davanti alla sacra famiglia, rinuncia a questo suo proposito omicida e rinuncia quando si trova di fronte Giuseppe (padre del bambino) che contempla questo bambino. Decide così di difendere poi quel piccolo bambino. Il lavoro di Sartre è formidabile molto interessante. Alla fine di tutto, anche per Sartre la nascita è schierarsi dalla parte di chi inizia, la nascita è importante, in Bariona si inizia con una fine e si finisce con un inizio, con la nascita. Il suo testo è stato scritto in un momento di vita cupo, quando sembra che gli esseri umani non abbiano più speranze. A distanza di tempo Sartre e Hannah insistono entrambi sull’importanza della nascita. Capitolo VI: Femmini generis pensare la differenza (guardare bene libro) Hannah Arendt è difficile collocarla nella sua posizione di filosofa in quanto i suoi testi hanno temi molti differenti e a volte anche lontani dalla filosofia. Gli scritti meno conosciuti di Hannah sono i suoi scritti giovanili. In questi scritti i suoi temi sono sulle donne. Hannah sembra ossessionata dal passo della genesi maschi e femmine Dio li creò” perché le sembra che in questo passaggio (?) Secondo lei Paolo Tarso ha tradito quando dice Nella famosa nota in vita activa, La differenza è la condizione necessaria affinché si abbia la pluralità. Hannah Arendt resterà dissonante rispetto ai temi femministi, quindi non ha mai sentito la questione femminista come una questione politica. Quindi le rivendicazioni di genere le furono a lei estranee. Per lei essere donna era un semplice fatto di natura. Non le interessava della rivendicazione di genere in termini politici. Il problema della emancipazione femminile non era un’emergenza politica per Hannah. Queste sono affermazioni gravi per il contesto di allora. Lei però ritiene che essere donna è un semplice fatto di natura. Nell’intervista fatta da Gunther Gauss, concessa alla tv tedesca nel 1964, a Hannah lei risponde “sono un individuo ebreo”. Quando le chiese se si pone il problema della emancipazione femminile lei rispose che ciò che era importante era salvaguardare le qualità femminili. Lei però era una donna filosofa, cosa che prima non succedeva, e quando le si ricorda questa cosa, lei rispose che lei studiò filosofia solo perché voleva comprendere. Quando Gauss le chiede cosa le è rimasto della Germania, le risponde la lingua materna. In Hannah noi non troviamo un materno, se troviamo una madre in lei è la lingua materna tedesca. Quindi non c’è in lei una figura materna, non accenna mai questa figura. Lui allora poi le chiede, anche quando nei momenti terribili del nazismo, le è rimasto nel cuore la lingua tedesca, lei risponde, sì, sempre. Gauss rimane sconcertato. Lei dice non è la lingua che impazzisce, gli uomini impazzisce quindi la lingua non la metto alla sbarra. Difende così tanto la lingua materna, la sua lingua imparata dalla nascita, perché dice lei, il materno è ciò che resta per sempre. La lingua materna ha una funzione politica, secondo lei, ci costringe a ricordare. Lei dedica un saggio molto bello a Rosa Luxemburg, rivoluzionaria ebrea di origine polacca, fondatrice del partito rivoluzionario tedesco, che fu poi assassinata. Il titolo di questo saggio “elogio a Rosa Luxemburg”. Il biografo ufficiale di questa donna viene criticato da Hannah ritenendo che nella biografia che faceva di Rosa c’erano troppi aspetti maschilisti. Fa una riflessione Hannah, di Rosa, dicendo che lei era una marginale, atopica perché era ebra, polacca e donna. Essere donne è una disgrazia, in questo saggio Hannah lo mette in luce molto questo aspetto. E’ un testo molto singolare, è un montaggio di doppie citazioni ed è un testo filosofico. Questa biografia alla fine la si considera un saggio di filosofia a tutto tondo. Rail Levin: giovane donna, anta a Berlino, nel 1971, era nata in Prussia ma era ebra. Donna coltissima, che ricevette un’educazione familiare e studiò da sé, avendo anche l’opportunità di accedere alla biblioteca paterna. Ella accreditandosi come intellettuale, fu capace di organizzare uno dei più frequentati salotti della Berlino romantica. Rail trascorrerà tutta la vita con la speranza di guadagnarsi un cognome tedesco e di farsi sposare da un tedesco. Lei era una sognatrice ed era una donna che oltre a essere ebra, non era bella, non era ricca ma era intelligente. Quella società però concedeva alle donne di entrare solo in alcuni schemi sociali, sicuramente le donne non dovevano e non potevano essere intelligenti. Quando Ha già più di 40 anni, Rail sposa un tedesco, quindi il suo sogno si avvera e rinuncia di essere ebra. Poi in punto di morte si riconcilia con la sua origine ebraica, rendendosi conto di aver lottato per tanti anni contro di sé e forse anche con la parte migliore di sé. Ultima sua frase: “ Tutto quello contro cui ho combattuto, ora invece non vorrei rinunciarci”. Promessa e perdono – Vita Activa (all’esame lavora molto anche su questo) Promessa e perdono due poteri che competono l’essere umano e sono due dispositivi di controllo dell’azione umana, due poteri, entrambi necessari perché secondo Hannah l’azione umana ha due caratteristiche: l’imprevedibilità e l’irreversibilità. Questo quindi significa che l’agire non è prevedibile e quindi è necessaria la promessa; irreversibile cioè che tutte le volte che io agisco non posso più tornare indietro. Secondo Hannah allora l’uomo ha due dispositivi di controllo: la promessa e il perdono. Hannah parla di Aporia dell’azione: parola antica, dal greco aporos, che significa strada senza via d’uscita (irreversibilità dell’azione). Promessa secondo Hannha, è un atto politico, un dispositivo di controllo che comporta un atto di responsabilità davanti agli occhi degli altri. Lei definisce la promessa come il rimedio verso la caotica dimensione del futuro. Per Hannah mantenere la promessa è soprattutto un atto linguistico ma anche un atto morale, con cui esibiamo la nostra parola di fronte a qualcuno. Nessuno può sentirsi legato di una promessa fatta a se stesso secondo Hannah. Il fare e mantenere promesse è proprio una presa di posizione nell’aporà, spazio pubblico. La promessa non può cadere nel vuoto di se stessi, non possiamo promettere dice hannah se noi non ci relazioniamo con gli altri. Dal punto di vista politico, la promessa ha un ulteriore funzione perché fonda le relazioni umane. Secondo la nostra filosofa, il fare promesse ci costringe a farci carico dell’altro, a fare i conti con l’altro, la promessa dice è una facoltà spontanea dell’uomo, un vero e proprio impulso che ci distingue dall’animale in quanto esso non promette mai. Hannah si confronta con Nieztche : filosofo che ha valorizzato per primo la promessa ma che secondo Hannah valorizza troppo la volontà di potenza quando parla di promessa promessa. Secondo Hannah lui sbaglia perché la promessa possiamo farla solo davanti agli altri e mai a noi stessi. In genealogia della morale, Nieztche dice che l’animale non è capace di promettere, l’uomo invece si. In quest’opera di Nieztche, lui parla di rischio della promessa, dice attenzione a fare quello che esattamente gli altri si aspettano da noi. Lui valorizza la promessa ma allo stesso tempo diffida anche della promessa, perché a suo parere la promessa ci rende prevedibili. Per Hannah invece la promessa non è l’affermazione della mia volontà ma è qualcosa di più, non posso io isolarmi perché io sono sempre tra gli altri, l’uomo quindi non può rispondere solo a se stesso e fare promesse solo a se stesso. La promessa diventa in Niztsche, dice Hannah, solo un’affermazione di potere. Secondo Hannah, quando io faccio un’azione e le conseguenze sono negative ci può essere un rimedio: il perdono. Perdono il perdono viene donato da qualcuno, non posso mai perdonare me stesso, viene sempre dato. Anche il perdono è un dispositivo di controllo questo perché se non potessimo avere il perdono rimarremmo intrappolati in un qualcosa di sbagliato, quindi il perdono può salvarci. Il perdono è un rimedio, la vendetta no perché la vendetta innesca un processo interminabile di eventi. La vendetta è un agire incatenato alle conseguenze di un errore. La promessa e il perdono hanno a che fare con la temporalità in quanto La promessa rimedia al futuro, il perdono rimedia al passato e quindi ci libera dalle conseguenza di un nostro errore ed è necessario perché altrimenti rimarremmo vittime del nostro errore. Hannah dice: se noi non avessimo la possibilità di essere perdonati, ci accadrebbe quello che accade allo stregone (storia dello stregone..) Il perdono ci consente di tornare indietro, secondo Hannah, di tornare a prima del danno arrecato. Il perdono non può essere dato a se stesso, il perdono deve essere dato da qualcuno, qualcuno per
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