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Filosofia della prassi umana appunti di lezione 2021-2022, Appunti di Filosofia

Appunti di tutte le lezioni di Filosofia della Prassi Umana tenute dalla docente Alessandra Papa

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 22/12/2022

Francesca_De_Lauri
Francesca_De_Lauri 🇮🇹

4.6

(29)

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Filosofia della prassi umana appunti di lezione 2021-2022 e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! HANNAH ARENDT Hannah Arendt, nasce nel 1906 da ricchi commercianti ebrei in Germania. Grazie alla madre Arendt, riesce ad acquisire una grande cultura e nel 1924 conseguì il diploma, le fu consentito di frequentare due semestri (greco e latino) a Berlino per le sue grandi capacità intellettive. Oltre alla filosofia Arendt si interessò molto alla teologia cristiana anche se era atea, questo interesse fu suscitato dal suo professore Romano Guardini che la avvicinò ad autori cristiani, in cui nutre una vera e propria passione ma anche per lo stesso vangelo. In “Vita Activa”, una delle sue opere più importanti, sono disseminati di immagini evangeliche, si serve di materiali teologici e biblici per fare filosofia. Perché? Perché aveva una particolare sensibilità e un gusto teologico che aveva in particolare perché essendo ebrea l’aveva incuriosita rispetto alla scrittura. Studiò autori come Tommaso D’Aquino, Agostino… In particolare, si interessò molto ad Agostino che impara a guardare al mondo pagano dei greci e tentò come filosofo di tenere insieme la tradizione greca con la filosofia cristiana. Ad Hannah Arendt interessò molto Agostino, per la sua visione del male, la sua concezione era che è causa deficiente cioè assente di bene. Hannah fu educata secondo la “bildung” che era un metodo educativo sperimentale, venne educata secondo questo modello maschile in cui bisognava educare all’uomo ideale, secondo lei il bambino doveva essere educato in modo libero e non in trappola. Arendt non amava la pedagogia, ma aveva comunque un grande rispetto per la figura dell’educatore e dell’insegnante che aveva il compito di insegnare al bambino a pensare liberamente. La vita di Hannah Arendt è un’epitome del ‘900 (una sorta di riassunto), lei non si penserà mai come una filosofa anzi, in un’intervista userà il termine di filosofa della politica ma aveva un talento naturale predisposta alla filosofia anche se si occupò anche di sociologia, letteratura, fenologia… Arendt scappa dalla Germania, la sua terra, per rifugiarsi in Francia poiché la Germania era piegata dal nazismo. Purtroppo, però finisce in un campo di lavoro con sua madre ma per poco tempo per poi rifugiarsi negli Stati Uniti anche se per i primi tempi fu una decisione sofferta e lo si può intuire dalle lettere che scrisse al suo unico maestro, (da lei considerato) Jasper, docente di filosofia e filosofo. Questo talento poté fiorire nella Germania degli anni 20/30 del ‘900 anche perché allora la Germania era la culla della filosofia Europea. Arendt ebbe la fortuna di frequentare le università più prestigiose proprio perché apparteneva alla ricca borghesia ebraica. Frequentò delle università prestigiose come ad esempio Conisberg, Fraiburg, Haidenberg e Marburg. Quest’ultima fu per lei una tappa fondamentale per la sua idea di filosofia, molto originale e molto nuova. Proprio in questa università conobbe il filosofo Heidegger (suo amante più tardi) e fu molto affascinata dal suo pensiero. Dopo qualche tempo, Arendt si allontana dall’dea di Heidegger poiché egli si era avvicinato molto al partito nazional socialista di Hitler e nel 1933 riuscì a diventare rettore dell’università di Friburgo dove tenne un discorso molto inquietante dove si appellava all’autorità di Hitler e così allontanò molti studenti e docenti ebrei dalla sua università. Ci sono due pensieri per quanto riguarda la posizione di Heidegger riguardanti il nazismo: il primo è che fosse davvero nazista come ne era convinta Hannah Arendt anche perché non chiese mai scusa finita la guerra e la sua vita si chiuse in una depressione; l’altra idea era che lo facesse solo per propaganda, gli conveniva poiché altrimenti avrebbe perso il lavoro. Arendt ritiene i totalitarismi e i nazionalismi come veleni per l’umanità. La filosofia di Heidegger si basava su un senso luttuoso valore: essere per la morte ciò significa che il massimo valore per l’uomo era la morte (sein zum tode= essere per la morte tode dal tedesco= morte). Secondo Hannah Arendt in realtà non era così, poiché secondo la sua idea è la vita il massimo valore per l’uomo (vedremo in “Vita Activa”). La filosofia, a partire da Anassimandro, ci ha costretto a pensare che l’essere umano è mortale e non natale. Quindi è stato condizionato a pensare alla morte. Il nascere diventa quindi una colpa e viene espiata solo con la malattia o la morte stessa e per i greci colui che nasce tradisce l’eterno. Meditazio mortis: è un dossale di pensiero che parte dai greci e arriva fino al ‘900 perché affronta con valore la morte. Ci sono sei sue opere che sono fondamentali: 1. “Rachel Verhagen” è una bibliografia di una donna ebrea, in quest’opra Arendt parla del genio femminile perché, in particolare la filosofia era esclusa dalle donne; 2. “Le origini del totalitarismo” è un’opera che se non si passa da qui non si capisce “La banalità del male”, questa versione, parla del totalitarismo come il veleno dell’umanità e Arendt prende in considerazione solamente il comunismo e il nazismo. Il fascismo, lo lascia da parte perché crede sia “sistema imperfetto” come se appartenesse solo a un gruppo d’Elitè; 3. “La banalità del male” è un’opera che sottolinea come sia facile accostarsi al male, cioè che può essere compiuto da tutti. Viene molto criticata per questa sua opera perché il suo messaggio non viene compreso. Viene analizzato e descritto il processo di Gerusalemme di Eichmann, massimo esponente del nazismo; 4. “La vita activa” nasce nel 1958 quando lei era emigrata negli Stati uniti (periodo più florido per la sua scrittura), nasce da un lavoro approfondito di Marx e della fondamentale tematica del lavoro, vuole esporre la sua teoria politica cercando di far emergere la condizione umana attraverso una chiave fenomenologica. Lei si affida molto alla vita activa, tipica delle città -stato greche che sarebbe il primo passo per difendere la libertà e creare le condizioni di una vita politica attiva e condivisa; 5. “La vita della mente” è l’ultima opera che scriverà e che lascerà incompiuta poiché prima di concludere la terza parte (la parte del giudizio) morirà. Ma viene comunque pubblicata perché ci sono due sezioni concluse ovvero “il pensiero” e “volontà” (1963). 6. “Sulla rivoluzione” saggio politologo scritto nel 1963, riflettendo sulle rivoluzioni del mondo. In particolare, si sofferma su due rivoluzioni: Rivoluzione francese e Rivoluzione russa. In questo testo, riprende il tema del natality e delle origini e in particolare si affida e viene influenzata da Machiavelli e Virgilio con la quarta ecloga in cui annuncia la nascita del bambino. Durante il periodo giovanile (anni ’20), si dedica a uno studio filosofico su Agostino (tesi di laurea “Il concetto di amore in Agostino”) fu scritta sotto la guida di Jasper, è ancora cose? Cioè tutte le cose nascono dall’APERON: sostanza primordiale perfetta e le materie si dividono dall’APERON e le cose e l’uomo stesso si sono staccate da questo APERON, dando vita al Cosmo (secondo Anassimandro). Questa colpa, quindi, deve essere espirata con la vecchiaia e quindi con la morte, vivere quindi fino ad arrivare alla morte. Il termine DISSOLUZIONE cioè morire e indica proprio la morte necessaria e deve andare incontro alla morte ed è questa la sua condanna, rompere quella quiete. La maggioranza degli studiosi tende ad accettarlo come autentico, questo frammento si divide in due parti: fissa il tema generale e ci offre una spiegazione. Lo stile è prosastico (l’opera di Anassimandro) però sono ancora contaminati dal mito e quindi sono anche poetici e si può notare una struttura a chiasmo (incrociata, figura retorica) donde ivi, questo chiasmo ci suggerisce una legge e lì avviene anche la distruzione, è necessario che sia così. Secondo necessità e secondo il tempo, uso di parole molto poetiche e sono tratte dal linguaggio comune oppure da termini giuridici es. pena è una parola che rimanda al giurisprudenziale ateneo e sono evocativi, uso poetico. Il frammento dice: “laddove tutte le cose hanno origini devono necessariamente andare a finire infatti esse pagano reciprocamente la pena e scontano la colpa per l’ingiustizia che hanno commesso secondo la legge del tempo”. Per l’ingiustizia che hanno commesso c’è un contenuto religioso, una matrice offica riferito a Orfeo ed era una religione particolare, aveva un ideale etico e solo con la purificazione del corpo l’anima può staccarsi dal corpo. Chi nasce si sottomette all’idea del tempo e il corpo, che è la nostra prigione, deve disfarsene. (Kronos Dio del tempo). Arendt ci costringe a passare da Parmenide e lo critica perché secondo lei con lui, la nascita di estingue. Parmenide: uno dei grandi filosofi dell’antico, cambia proprio l’idea del filosofo e lui è il padre del passaggio dalla fisica alla metafisica. Ci sia un mondo vero, un mondo dell’essere dal mondo apparente e introduce la parola ESSERE. Come se lo immagina questo mondo? È immobile, fisso e statico e secondo Parmenide questo ESSERE NON NASCE MAI perché è eterno. Secondo Arendt, Parmenide padre dell’ontologia, questo essere non muore mai e non nasce mai. E secondo Arendt in realtà il vero lutto si celebra con Parmenide, quando comincia ad immaginare un mondo perfetto è un mondo imperfetto cioè quello degli esseri umani e distingue un mondo mortale a un mondo divino anche se per Arendt questo era il vero mondo perché lei era atea guarda alla metafisica con molta fascinazione. Secondo lei l’essere umano non deve espirare nessuna colpa. Perché Arendt, nella “vita della mente” (opera) si interessa ai due mondi? Perché Parmenide contrappone il mondo delle idee al mondo della materia cui gli esseri umani appartengono, cielo e terra, divini e mortali è solo per il filosofo greco solo la morte ha valore e ha decretato il disprezzo della nascita (secondo Arendt). Hannah dal punto di vista filosofico si libera da millenni di storia e rompe con la filosofia dei due mondi e lei vuole salvare solamente l’umano e secondo lei non è imperfetta solo perché è materiale, nasce con il corpo che invece da Platone in avanti è stato odiato. Vuole recuperare l’apparire e vuole recuperare il nulla, rompe con l’idea metafisica e lei si chiede perché non pensare che l’uomo possa venire fuori dal nulla? Dal momento in cui si nasce ci si presenta agli altri, allora avviene la rievocazione della nascita e non l’amore della morte. Hannah Arendt sta smontando la filosofia pezzo per pezzo perché secondo lei non si può pensare l’essere umano come un mortale e bisogna investire sul Natality, dalla sua origine. Fa del Natality la categoria del pensiero. L’uomo si inserisce tra gli esseri umani, ma perché sceglie il Natality come categoria di comprensione? Perché con il terzo Reich le categorie sono collassate (quelle del diritto, quelle filosofiche ecc…) e quindi il filo della tradizione si interrotto. I totalitarismi hanno sifigurato l’essere umano e quindi nei campi di concentramento la storia dell’essere umano si è interrotta, i valori sono andati perduti e dobbiamo pensare all’essere umano non come mortale ma natale. Qual è il problema secondo Arendt? Da Parmenide in poi non c’è più un investimento teoretico per quanto riguarda la natalità. Secondo Parmenide non c’è un inizio e neanche una fine e implicherebbe il non essere perché prima della nascita c’è il NULLA e dopo la morte c’è la vita autentica quindi l’essere è INGENERATO e individua gli attributi dell’essere (slides). L’estinzione del natality si ha quindi con Parmenide secondo Arendt. Hannah Arendt fa del natality una categoria esclusiva cioè per conoscere e comprendere l’essere umano e quindi l’unica categoria per comprendere l’uomo è il venire alla luce. La categoria del natality non è mai stata utilizzata nella filosofia classica del filosofo greco e secondo lei il problema nei tempi bui (i totalitarismi) il categoriale filosofico era collassato, cioè l’eredità dei filosofi antichi erano questi categoriali distrutti e a metà del ‘900 il filo della tradizione si era spezzato e nei campi di concentramento la storia i è come fratturata e l’uomo è precipitato e la sua coscienza si è annullato e i valori umani sono andati perduti. Con le macchine e ideologie che hanno impregnato l’essere umano, l’uomo è diventato una sinistra marionetta e a causa di tutto ciò l’uomo nei campi di concentramento ha perso di unicità, i nazisti hanno dimostrato che l’uomo è un’animale uguale a tutti gli altri e vogliono sopravvivere. Nei campi di concentramento l’uomo perde tutto ciò e quindi può essere massificato proprio perché è preoccupato solo della propria sopravvivenza e quindi si annulla l’IO MORALE, quindi bisogna ricominciare da capo. Bisogna tornare pensare all’uomo, perché che cos’è l’uomo? (domanda ontologica), l’essere umano non può essere compreso, pensato con gli strumenti vecchi e bisogna recuperare la metafisica bisogna recuperare le perle e i coralli che giacciono sotto la sabbia della tradizione. Arendt si mette a cercare un nuovo categoriale e investe dagli anni ’50 sul natality, è una categoria che non è mai stata usata dai filosofi greci classici. Secondo lei pensando, l’essere umano come una creatura unica, solo il natality può salvarci. CHE COS’E’ UNA CATEGORIA IN FILOSOFIA? Categoria deriva dal greco categoreo significa “io mostro, io accuso, io affermo, METTERE IN CHIARO”. In filosofia le categorie è l’attribuzione di un predicato a un soggetto e hanno una funzione predicativa rispetto al soggetto di cui si parla è uno strumento che ci offre delle informazioni rispetto a qualcosa, ovvero predica. Quindi come possiamo rispondere alla domanda chi è l’uomo? È un uomo mortale ad es. questa è una categoria. Il problema è che la filosofia nella comprensione, la morte nella tradizione greca è stata usata come una categoria classica questo è il problema principale di Arendt. Quindi le categorie in filosofia hanno più di una funzione: cioè predicativa per informarci e una funzione ordinativa quindi le categorie sono necessarie per mettere ordine nella realtà. La parola categoria ci riporta a due filosofi: Aristotele e Kant. Aristotele è il primo che introduce le categorie mentre invece Kant filosofo illuminista riprende queste categorie di Aristotele. Per Aristotele le categorie vanno riferite sempre a entri concreti, sono i modi di essere della realtà perché sono degli strumenti che cercano di spiegare la realtà che è molto complessa e ci sono diversi modi per comprenderla. L’essere si dice in molti modi quindi Aristotele sposta la riflessione paramenidiano perché secondo lui la realtà era statica, immobile. Secondo Aristotele la realtà, nella sua molteplicità contiene dei significati plurali, il mondo comprende tante cose ed è composta da una pluralità di enti. Aggiunge Aristotele che per definire un ente, l’esser di una cosa sono necessarie le categorie. Introduce dieci categorie e la più importante è la SOSTANZA e poi a seguire le altre. Perché la sostanza? Ciò che sta sotto. L’uomo cos’è per Aristotele? L’uomo è un essere razionale (uomo politico come dice lui), così lo spiego in modo SOSTANZIALE e non si può descrivere l’uomo per come appare e lo scopo della filosofia per lui è quello di andare oltre l’apparire e bisogna passare da una categoria necessità e cioè la razionalità. La realtà si struttura grazie alle categorie. Per Kant, invece nel ‘1700 (illuminismo) rivista le categorie di Aristotele che avevano resistito per molti anni. Kant era un filosofo prussiano e con lui si apre la stagione critica della filosofia e secondo lui l’umano deve essere consapevole che la sua conoscenza umana è limitata. L’immagine dell’uomo è debole e l’essere umano deve affidarsi alla sua capacità di giudizio e all’uso delle categorie e solo in questo modo può capire. Per Kant le categorie hanno lo scopo di unificare il molteplice problema è che l’uomo deve maturare una conoscenza e può svilupparsi solo grazie alle categorie per mettere in ordine la realtà intorno a noi. Ne va a identificare undici, la categoria più importante è l’IO PENSO che si serva per conoscere e comprendere la realtà che è un mondo complesso che però l’uomo non subisce la realtà e lo mette in ordine grazie alle categorie intorno a sé ed è l’uomo che da significato alla realtà e non solo subisco quello che è intorno all’uomo come pensava Aristotele. ANALISI OPERA VITA ACTIVA Opera pubblicizzata nel 1961, non è la sua prima opera statunitense perché’ la sua rima opera fu del1951 “Le origini del totalitarismo”. Opera antropologica “Vita activa” è un’opera antimarxista e scaturisce da uno studio approfondito, ed è un testo fondamentale per comprendere la sua antropologia e politico perché’ si misura con le idee di Marx. Il senso qual è? Agisce in senso morale l’uomo e l’azione la tiene con sé stesso, quindi non lo condivide (l’agire), solo l’uomo è in grado di agire. Secondo Arendt l’agire umano è davvero significato insieme agli altri, tra gli altri (la prima azione è appunto venire al mondo e mi inserisco tra gi altri uomini) è molto attratta nel vivere insieme agli altri, secondo lei la singolarità deve essere abbandonata perché’ bisogna accogliere il vivere tra gli altri. Il titolo le viene imposto dal suo editore statunitense cioè “Vita attiva” e avrebbe voluto, Arendt che si chiamasse “Vita activa” e in Italia esce con il titolo cui lei teneva “Vita activa: condizione umana”. bambino che non è un prodotto, non può essere fabbricato ma ogni nuova nascita va a rompere il circolo fabrile, dell’operosità. Gli esseri umani non sono materiali e questa definizione, la porteranno lontano da Marx e si scollerà dal materialismo di Marx; tuttavia, sente la necessità di fare delle puntualizzazioni. Chi era Marx? Era un filosofo, sociologo, economista tedesco di origini ebree, da un punto di vista filosofico era complesso, era una personalità ibridizzata, noi lo avviciniamo al Manifesto, testo scritto da Marx e Hegel, in cui la società deve cercare di risolvere i problemi di allora e Marx tenta di fare un contributo. In questo manifesto, la parola proletario e proletariato sono delle parole chiave, questa parola proletariato si lega al Natality di Arendt. Proletario: aggettivo che deriva da una parola latina proletarius, curiosa l’associazione tra proletario e prole (figli), proletarius erano coloro che non disponevano di beni materiali ma per ricchezza possedevano solo i figli. Marx riprende questo termine, nel “Manifesto del Comunismo” utilizza questo termine latino, per indicare la classe lavoratrice. Coloro che non erano proprietari dei mezzi di produzione, vivevano solo per quel salario che gli veniva corrisposto in cambio delle loro forze lavoro, i proprietari di mezzo di produzione erano i borghesi, i capitalisti. Marx associa questo termine (proletarius) alla forza lavoro. La prole per Arendt diventa un problema politico, e usa l’espressione Natality ed è sembrato una risposta a Marx, l’essere umano non è un prodotto, in “Vita Activa”, Arendt è il materialismo storico secondo Arendt aveva stravolto l’immagine di uomo e aveva cominciato a introdurre una nuova antropologia e come viene descritto l’uomo per Marx? L’essere umano non è più un’entità spirituale, l’uomo è materia/materico cioè sente i propri bisogni corporei e ha bisogno di soddisfare i propri bisogni corporei (es fame), Marx va a enfatizzare i bisogni corporei e secondo Arendt fa dell’essere umano solo una cosa materiale, ripiegato sui suoi bisogni. Nell’antropologia marxiana anche il concetto di vita viene stravolto, perché secondo Marx anche la vita è materiale, l’uomo è necessitato a soddisfare i propri bisogni e quindi gli è necessario il lavoro, che senza l’aiuto delle sue braccia non potrebbe sfamarsi. FOCUS NATALITY Costruisce la sua idea sul Natality, quindi la nascita ma la filosofia non ha mai preso in considerazione l’infanzia. Infanzia deriva da fari, dal latino arcaico che vuol dire parare, profetare. Perché’ i latini utilizzano infanzia associandolo al mutismo? Per sottolineare che il bambino è una creatura che non padroneggia la lingua. Bambino deriva dal greco che vuol dire balbuziente, balbettare. Fanciullo parola dispregiativa per indicare i piccoli, deriva da fante (colui che serviva, un domestico), quindi in senso esteso va ad indicare una condizione subordinata, servile e sottomesso per natura. In filosofia i bambini sono degli esseri umani imperfetti e per molti millenni non solo ha guardato con una certa perplessità la nascita e sono dei soggetti morali e imperfetti. Hobbes, Locke, Aristotele vedevano male l’infanzia. Il padre della pedagogia fu Rousseau e con la sua opera “L’Emilio” è un modello generale, che però è un modello teorico e ci sono dei passaggi che si avverte un’idea filosofica moderna. Ad esempio, invece il bambino secondo Nietzsche, enfatizza il bambino, proprio perché non è incontaminato (esempio positivo in filosofia). Quindi per la filosofia i bambini devono essere educati con la ragione. Secondo Arendt invece sdogana il venire a mondo e rivaluta l’infanzia (lei detestava a pedagogia), ha l’intuizione recupera l’immagine de bambino e li fa custodi della politica. I bambini vengono in un mondo nuovo, sono coloro che possono salvare il mondo. Il bambino di “Vita activa” è un bambino tra noi, che chiede di assumere un posto tra noi, oppure nel totalitarismo suggerisce l’idea che i bambini possano essere iniziatori, trattato politico c’è un bambino intrappolato e poetico, in cui il prestito le viene da alcuni versi di Virgilio cioè il “bambino alba” cioè che nasce all’improvviso. Il bambino arentiano è un bambino miracolistico e porta il bene nel mondo ed è capace di ricucire a storia e attinge molto dai vangeli di Gesù che è un bambino viene a salvare il mondo. Arendt era atea e il suo bambino è un bambino umano, non ha a che fare con il messia della religione cristiana, quindi non è un theos soter, una sorta di piccolo Dio salvatore e Virgilio era un poeta che la incuriosiva molto perché’ lavora in particolare sulle Bucoliche e Georgiche e parte da questi versi per lavorare sul bambino che nasce. Il testo di riferimento è a quarta ecloga, un componimento allegorico, sono dei versi fondamentali in cui Virgilio parla de bambino salvatore, prima alba del mondo nascente e la Sibilla Umana aveva affermato che sarebbe venuto al mondo un bambino prodigioso e avrebbe portato a una nuova salvezza (l’età dell’oro, avrebbe portato il bene). In “On Revolution” fa un’analisi della quarta ecloga di Virgilio, il bambino che avrebbe salvato il mondo e poi non ha dubbi, le sembra che sia un canto di nascita e quella che al incuriosisce è che Virgilio sia un bambino politico e soprattutto la incuriosiscono dei versi rimane incuriosita perché’ è un bambino che salva il mondo ma la prima cosa che fa è sorridere alla madre. Secondo Arendt gli anziani devono cedere il passo alle nuove generazioni perché è necessario, altrimenti il mondo non si rinnoverà mai. Gli anziani sono saggi, sono doppiamente bambini ma sono vecchi anche perché’ non hanno più’ quella curiosità di iniziare, ma sono ossessionati dalla fine, dalla morte e la politica non ha bisogno di vecchi ma di progresso. Altrimenti i vecchi, si accontentano di ciò che hanno, sono dei conservatori perché’ la politica ha bisogno di continui contributi e invece avere la voglia di cambiare. Secondo il filosofo di sinistra Sartre, il bambino, nell’opera teatrale “Bariona” in cui sono evidenti dei contenuti molto forti, viene descritto come figura angelica. Arendt non farà mai riferimento all’opera teatrale di Sartre anche se ha la medesima costruzione arentiana con vent’anni di anticipo. Due esempi del pensiero generativo che presentano molte somiglianze. Sartre: era un filosofo francese particolare, conosceva Arendt aveva una personalità artistica e sapeva passare da un linguaggio a un altro (intellettuale a tutto tondo), ateo e comunista e fu di quel movimento filosofico dell’esistenzialismo francese. Sartre parla di infanzia nei suoi testi, ma ne parla in modi diversi e ci rende un’immagine diversa e che resterà una concezione teoretica e un bambino più negativo, più tormentata e in “Nati per cominciare” viene chiamato bambino farfalla. Sartre dedica una biografia a “San Genet” parte dall’infanzia di quest’uomo e fa una riflessione. Genet compie un furto e questo era già successo quando era piccolo; quindi, gli adulti lo stigmatizzano e da adulto sarà ancora accusato di furto. Ha un’idea negativa perché’ il bambino è stressato da dall’adulto. In un altro testo Sartre ha un’accezione positiva moto simile da quello della Arendt (Bariona), è un racconto con un contenuto religioso anche se era ateo, e viene scritto nel 1940. Sartre era stato arruolato nell’esercito francese ma viene fatto prigioniero in un campo di concentramento militare dove vengono reclusi e cade in mano tedesca e resterà per nove mesi e il suo privilegio sarà la scrittura. “Bariona” sarà un testo in cui scrive in pochissimi giorni vicino al Natale. Successivamente lo rinnega, prende le distanze da questo testo. Ha delle somiglianze con il bambino di Arendt perché’ anche per Sartre il bambino è un nuovo inizio, in termini miracolistici e una nuova salvezza per il mondo. Aspetto di Arendt cioè i suoi modi di fare filosofia in modo femminile. Arendt è un’intellettuale difficile da collocare per moli aspetti e si qualificava come una filosofa poietica. Scritti giovanili soprattutto quelli dedicati al femminile, scritti in maniera diversa, la scrittura ancora acerba ma c’è un gusto particolare nel raccontare le piccole cose (attenta alla quotidianità). Sono interessanti questi racconti perché cercano di trasformare il femminile. Nello specifico, Rachel Verhagen viene raccontata nella politica (siamo negli anni ‘30), fa lo sforzo di raccontare il femminile nella politica. Nel suo periodo femminile Arendt scriverà dei saggi “Ritrattistici femminili”. Arendt non è una femminista, però a modo suo fa della donna un oggetto politico, sarà poi un punto della sua teoria filosofica. In “Vita activa” Arendt analizza molto un passo biblico nella nota 1 del capitolo “La condizione umana” e c’è una critica a Paolo di Tarso perché’ secondo le, egli si discosta dall’insegnamento di Gesù Cristo, invece Paolo nei Corinzi scrive, con toni “maschilisti’ che la donna fu creata da Dio per l’uomo ed è critica anche nei confronti di Agostino, perché sembra ignorare questo passo della genesi  Critica ad Agostino: Hannah Arendt va a lavorare su alcune frasi dal contesto di un testo, ma sappiamo che è molto rischioso dal testo “De Trinitate”. Hannah Arendt nel passo in cui viene detto: “maschio e femmina Dio li creo” vede la pluralità’ e quindi l’agire umano cioè la differenza anche sessuale (soprattutto) è necessario per agire. tempi. Rachel scrive, ma alle donne non era concesso di scrivere, le forme che utilizza per scrivere sono dei generi non letterati. Lei scrive diari, lettere, strumenti di semplice accesso per le donne ed è una sua vera e propria scelta. Una donna che avverte sula propria pelle il razzismo di cui era già capace alla Germania di allora (visse negli anni dell’invasione napoleonica), in quegli anni l‘antisemitismo divenne particolarmente violento. Rachel era ebrea tedesca, gestiva un salotto molto ben frequentato però era ebrea. Lei vuole dimenticare di essere ebrea e tenta la via dell’assimilazione. Lei trascorrerà tutta la vita nel cercare un cognome tedesco, azzerare la sua nascita ebrea (come se fosse un errore, rinunciare alle sue radici). Assimilazione della storia ebrea, inizia in Europa nell’800 quando gli ebrei rinunciano integrarsi e cedono all’assimilazione cioè rinunciano alla propria cultura e si appiattiscono sull’assimilazione per adeguarsi. La ritrae come una donna colta ma anche una donna spezzata dal dolore che si ritrova nelle sue lettere e Arendt descrive Rachel come una figura atopica (atopos= senza luogo), cioè estranea a sé stessa e per raccontare questa anomalia Arendt userà la parola “schlemil” cioè un personaggio di un gande poeta “Aveli” poeta medievale ebreo. Sognatore sfortunato, secondo Arendt, Rachel è una sognatrice sfortunata e la descrive con dele parole che Rachel dice di se “non bella, non ricca e ebrea”. In una società in cui invece le donne dovevano essere bellissime o ricche e che non mettessero in imbarazzo con a propria intelligenza gli uomini. Alle donne era cucito addosso dei ruoli ben precisi (madre, amica degli uomini) e R doveva imparare a vivere in questa società. Il dramma di Rachel era certamente quello di essere ebrea e non tedesca e di non avere armi da giocare in un mondo maschile, ecco perché’ la sua battaglia è quella per conquistare un nome tedesco e che finalmente la potesse garantire all’interno di una società e rinuncia ad integrarsi, alla propria cultura e tenta di assimilarsi. Ma la diversità, non deve essere una condanna, Arendt afferma che non ci si può liberare dalla propria nascita ed è da illusi riuscire a liberarsi da questi vincoli che provengono dalla nascita. Assimilazione per Arendt non era accettabile, lei come ebra non aveva mai rinnegato le proprie origini. L’assimilazione secondo lei è un problema politico. Questo tentativo di uscire dall’ebraismo diventa nocivo quindi ne viene fuori una creatura disperata e quindi Rachel cerca sempre supplica, amore di qualcuno, mendica un cognome tedesco. Questo cognome arriverà’, ma in un momento difficile in cui la sua famiglia ha un tracollo economico. Incontra a quarant’anni un uomo più giovane di lei Karl Verhagen che sposerà, ma secondo Arendt c’è un prezzo da pagare che è la perdita della propria identità. Rachel se ne renderà conto solo in punto di morte nel 1833, riesce finalmente a riscattare sé stessa e per paradosso si riconcilia con la sua origine. Lascia in eredità un cuore ribelle, così si chiude la biografia di Rachel. Capolavoro antropologico (Vita Activa), scritta dopo la guerra fredda e “The Human Condition” (cioè la condizione umana) nella modernità, sempre più efficiente e ne viene un uomo sempre più isolato e appiattito sulla condizione umana e secondi Arendt l’essenza dell’essere umano non è nel suo lavoro ma per sé stesso, non ha bisogno dei materiali ma tende a trascendere (andare oltre) alla materialità. Valore che si dà fino dalla nascita, perché agiamo e siamo in dialogo con gli altri e stabilire delle relazioni e di inseriamo tra gli altri. Due nascite ci sono:  nascita biologica: con il nostro corpo noi ci inseriamo tra gli altri.  nascita politica: noi stiamo attraverso delle relazioni. La politica è l’aspetto che ci contraddistingue dagli animali, perché noi apparteniamo alla natura ma noi la natura cerchiamo di trascenderla perché l’uomo è consapevole che ci portiamo fuori dalla natura fin dalla nascita mentre invece gli animali cercano di sopravvivere nella natura. (distinzione uomo-animale) Crea quindi tutte quelle condizioni che porteranno l’essere umano fuori dalla natura, cioè con l’agire, rapportandosi con gli altri, sopravvivere lavorando (ma per Arendt non siamo liberi quindi siamo ancora in di animalità), operare quindi creiamo qualcosa e creare uno spazio plurale e incontra gli altri e ciascun uomo è unico e diverso. Proprio perché siamo unici e diversi non esiste l’Uomo ma gli uomini unici e il requisito è la pluralità e solo questa condizione può esprimere la propria unicità. Chi è l’uomo? Domanda antropologica e stiamo mancando la risposta perché l’uomo è colui che consuma? L’uomo è colui che nasce ed è unico e diverso e con l’ascolto crea delle relazioni e quindi dei luoghi politici. Aristotele ci dava due risposte, la prima risposta è che l’uomo è un'animale politico e questo perché noi non riusciamo a essere soli, dobbiamo vivere in comunità e avere delle relazioni. La seconda risposta è che l’uomo è dotato di parola (logos). Arendt in “Vita activa”, afferma che l’azione umana presenta due caratteristiche:  Imprevedibilità: io non so quello che potrebbe accadere  Irreversibilità: innesco dei processi ma non so se riesco a controllarli Sono quindi necessari due dispositivi di controllo, ovvero promessa e perdono (applica= senza passaggio, strada senza uscita), due poteri per il passato, presente e futuro.  promessa: atto politico potente, ne parla in termini di rimedio rispetto all’imprevedibilità ma ha anche un altro tratto ovvero l’agire in modo responsabili. Per essere umani bisogna cominciare al mantenere fede alla parola data e implica la nostra responsabilità ed è un atto morale molto forte e non solo linguistico. Atto politico perché è uno spazio di tutti (municipale). La promessa però non può essere fatta in solitudine ma è un impegno verso qualcuno ed è una presa di posizione pubblica ed è fondata sulla reciprocità, non può essere recitata solo a sé stessi. Se viene svolta solo a sé stessi non c’è l’atto, quindi, deve essere plurale per le relazioni umane in senso autentico. In politica, il promettere, è un atto necessario, per capire che persone siamo, per assumerci le nostre responsabilità e questo è un tratto peculiare dell’essere umano di cui è capace mentre invece l’animale non promette mai. La promessa è un dispositivo di controllo di azione. Anche Nietzsche si è interessato alla promessa e Arendt gli riconosce di aver intuito il valore della promessa (primo filosofo che si interessa), è molto lontano dall’idea di Arendt però prende le distanze, comunque, da Nietzsche vede qualcosa di negativo. Nietzesche quando insiste sulla promessa passa alla volontà di potenza, ci restituisce la promessa non come un atto di cura verso gli altri ma il segno di una volontà forte. Secondo Arendt questo super-uomo porticato di fuori della pluralità, mentre invece è un gesto di cura la promessa per l’altro non può essere individuale, agire al bene e non al mio utile. Arendt fa un riferimento a Machiavelli e Nietzsche:  L’agire umano è irreversibile ma ci deve essere una sorta di aiuto e cioè:  perdono: agli altri, non ci assolve di un male che abbiamo fatto perché il danno è stato compiuto e proprio perché il male è stato fatto da qualcuno è quel qualcuno che deve concederlo non lo si può dare a sé stessi ma sono gli altri a perdonare. Il perdono nelle relazioni umane è necessario perché l’uomo sbaglia, fa cose irreversibili a volte però il perdono serve e ci salva e ci redime. È necessario perché è il contrario della vendetta e secondo Arendt dobbiamo perdonare perché se vogliamo essere vendicativi sarebbe un qualcosa di “incatenato” con gli errori e non ci sarebbe mai il perdono. Bisogna conseguito ma non può essere previsto e voluto o calcolato ma inaspettato e quindi un dono, qualcuno vuole farci dono della parola e mette da parte qualcosa di sbagliato. Non può essere l’amore a perdonare ma è una forza politica perché non può esserci nell’amore perché è una forza estraniante, perché l’amore. Riflessione sull’amore: forza antipolitica perché chiude la coppia, perché costruisco un mondo a due ed escludo il prossimo e tendo a non vedere i limiti della persona che amo, perdo di vista la persona per quella che è. Mentre invece il perdono è una forza politica e deve essere dato a tutti anche se la colpa resta per tornare cittadini nella polis. Arendt lega il perdono e la promessa con il tempo (il tempo ci definisce) sono due forme d’agire che hanno a che fare con il tempo. Promessa rimedia il futuro e il perdono rimedia al perdono del passato. C’è il problema della colpa, si va a cancellare l’azione ma non il danno perché quello resta. Ulteriore distinzione: quello che posso perdonare indipendentemente dalla persona che ho davanti, posso perdonare l’altro per i suoi peccati (segno che siamo vivi secondi lei), senza il peccato non potremmo agire, azione non riuscita ma il peccato si può comprendere e si può perdonare e tutto ciò che è comprensibile si può perdonare tranne secondo Arendt non è sono equiparabili ma perché? Perché queste due sistemi hanno gli stessi scopi, si somigliano anche per quanto riguarda i campi di sterminio (gülag, lager) e nascono nello stesso modo mobilitando le masse e sono persone provate dalle crisi economiche e il nazismo e lo stalinismo avevano strumentalizzato le masse. Nella sua analisi afferma che questi due totalitarismi sono due insieme che contano sulla massa: - Il culto del capo, della personalità e la volontà del carismatico: peculiarità di Hitler e Stalin, diventa quindi grazie all’essere carismatici, la nostra volontà, volontà del popolo. - Dominio permanente dell’esistenza del singolo individuo: nei sistemi totalitari si soffoca la dimensione privata e la soffoca come? Per esempio, con l’atomizzazione cioè li isola con un sistema terroristico, non permette la solidarietà, spontaneità e con la massificazione della massa e quindi si conforma. - Violenza: un basso continuo perché questa violenza si esprime in molti modi cioè violenza psicologica e fisica. - Controllo economico: l’interesse del singolo non conta ma conta l’economia dello stato. - Esiste un unico partito -Uso della propaganda -Lo strumento che si servono è l’ideologia cioè un sistema di valori e si trova di fronte a degli pseudo valori, cioè a comportamenti sociali, economici ecc… quindi una sorta di mentalità che però negli stati totalitari, si condizionano dei comportamenti. E a volte le circostanze storiche, i problemi attecchiscono le ideologie. L’ideologia è un sistema concettuale e secondo lei è la condizione stessa dei totalitarismi, ideologia potente strumento nel trovare il nemico oggettivo (nemico trovato a tavolino) che possa catalizzare l’odio di tutti. Distrarre quindi la società nei veri problemi, il concerto di nemico di costruisce con il concetto di appartenenza, attraverso questo concetto di costruisce il nemico e quindi è un’idea preconcetta, cioè stare dalla parte giusta (appartenenza) mentre invece chi non appartiene è dalla parte sbagliata e questo preconcetto (pregiudizio razziale). Quando si parla di razza, bisogna stare attenti perché si sta andando verso alle persone alle non persone. Arendt afferma che le maschere, cioè che ci garantiscono le nostre personalità (giuridico, morale) cioè delle protezioni che noi abbiamo fin dalla nascita. Nelle macchine totalitarie le persone vengono smascherate e si intreccia a quello della nudità. All’interno dei totalitarismi si mette a nudo il nemico cioè strappare dal volto le sue maschere e spogliarlo dai suoi abiti (es. gli ebrei venivano denudati nei campi di sterminio), perché noi quando siamo spogliati dei nostri abiti ma anche dalle nostre maschere diventiamo vulnerabili. Secondo lei, il nazismo aveva creato una vera distruzione scientifica della persona del mettere a nudo e avevano come scopo di distruggere e umiliare la personalità e di trasformare l’uomo in animale, umiliandolo. Questa trasformazione doveva avvenire in pochi giorni, nei lager i nazisti volevano cancellare anche la nascita. E quando si resta nudi quell’unica volta quindi perdiamo sia le maschere e siamo nudi fisicamente, come nei campi di concentramento resta solo l’uomo naturale e siamo perduti, perché non ha più nemmeno dei diritti. La nostra nudità ci riporta alla nostra nascita (perché si nasce nudi) senza maschere abiti e l’uomo diventa animale quindi. Un tratto peculiare è che i sistemi totalitari hanno come bersaglio la persona, che diventa animale tentando di sopravvivere nei campi di sterminio per soddisfare i bisogni quelli corporei. Nei lager e nei gülag viene addirittura negata la qualità di essere uomini e quindi, accade che su crei questa categoria degli indesiderabili (quindi gli ebrei, nemico oggettivo) come se non fosse mai nato, accanimento sulla persona e sul suo corpo perché di quel nemico creato a tavolino non ne deve restare nulla. Nelle “Origini del totalitarismo” si concentra sulla fisionomia del carnefice. Nelle macchine del totalitarismo, ad esempio, le SS lei dice che sono degli indifferenti, perché sono delle macchine perché sono indifferenti sia alla morte che alla vita. Ma non sono delle bestie spontanee ma sono degli uomini che sono precipitati e sono stati addestrati nell’inimicizia e sono addestrati a distruggere corpi, a emozioni fredde e a distruggere il Natale (nascita). Se il male sta da una parte e il bene dall’altra invece ciascuno di noi possiamo fare il male, tutti siamo il male perché erano persone comuni le SS, ma sono state addestrate al male. Arendt non vuole ricercare le cause ma vuole riflettere su quanto accaduto, vuole comprendere e il suo auspicio è che tutto ciò non accada di nuovo. Tutto sommato la tentazione totalitaria può sempre ripresentarsi e quindi non siamo mai al sicuro. Perché Arendt non considera il fascismo come un totalitarismo? Per lei il fascismo di Mussolini è solo una semplice dittatura che ha una forma diversa. I totalitarismi sono una sorta di esperimenti politici, secondo lei il fascismo con aveva un’ideologia necessaria, perciò, macchina del totalitarismo quindi, la società italiana e lei non vedeva una società di massa. In più non aveva l’essenza del dominio totalitario cioè lo sterminio, terrore e la capacità di massificare che invece avevano i totalitarismi. Il fascismo secondo lei non praticò mai il terrore, quella violenza fisica e psicologica, il fascismo è una semplice dittatura e paragona il mussoliniano. Mussolini non tentò di fare un totalitarismo, ma il totalitarismo non si accontenta mai di impadronirsi dello stato, secondo Arendt non distrugge lo stato, non lo cannibalizza. Seconda la sua analisi non distrugge la monarchia e non smantella l’esercito per creare un proprio esercito e non fa tabula rasa della chiesa con M non ci fu una trasformazione dello stato. Il fascismo in più, non aveva un credo e quindi fece mota meno ricordo alla violenza e terrore di massa, passaggio ambiguo in quelle pagine cioè che fino al '38 fu una semplice dittatura ma Arednt non si documentò davvero, disponeva solo di fonti ristrette. Il giudizio del fascismo di Arendt è contraddittorio perché afferma che il fascismo fu una dittatura fino al '38 e dopo? Ma non ci dice se diventerà una macchina totalitaria o altro. Non è vero però che il fascismo non aveva un credere, perché obbediva, credeva e combatteva e Mussolini fu astuto perché con l’ideologia si impadronì delle coscienze italiane. Ma perché accade questo? Perché anche i grandi sbagliano e lei era una filosofia e non una storica. Tutto si interrompe nel 1933, tutto finisce nell’ “allineamento” per quanto riguarda Hitler, cioè di messa in riga e lei cerca di capire questo processo perché nella democratica Germania di Weimar, tutti si allineano al nazionalsocialismo proprio di massa, ogni forma di individualismo viene abbattuta. Riflette sul tedesco medio cioè il buon padre di famiglia tedesco (lei dipende questo termine da un filosofo francese) che ad un tratto diventa un carnefice. Lei va a analizzare questa nuova figura di carnefice e che mano mano che il tempo passa la Germania si isola per far questo gli individui devono rimanere isolanti per essere controllati più facilmente. Con le origini del totalitarismo, in piena guerra fredda, sarà attaccata dalla sinistra marxista e la accusano di mettere a pari lo Stalinismo e il nazismo. Negli anni '50 i marxisti affermano che abbia strumentalizzato secondi la sinistra. In particolare, nei fascisti italiani partigiani che però erano filosovietici (comunisti) non compresero il valore di quest’opera e gli antifascisti italiani la occuparono di aver equiparato lo stalinismo al nazismo perché vengono accusati di non essere poi così diversi dai filonazisti. Ci fu un attacco di una destra più liberale, non compresero il nesso fra borghesia e totalitarismo questo perciò fonte politico. Arendt si crea varie inimicizie sul fronte politico. Viene anche accusata dagli storici, non ha un metodo storico mentre invece Arendt ci restituisce un lavoro storico molto impreciso e gli storici la accusano di aver mistificato i fatti quindi che sia una falsaria. Furono particolarmente duri e quindi di aver disegnato una storia filosofica a tavolino e che quindi fosse una sorta di sufficienza ma solo una costruzione filosofica della storia. Altrettante accuse le vengono fatte dai suoi colleghi (dai circoli filosofi) e la accusano di essere stata fin troppo storica invece oppure la accusano di essere stata troppo sociologica. C’era quindi comunque una visione superficiale, ma molte volte utilizzava le scienze umane nelle sue opere, molto moderne ma nell’accademia di allora era difficile da capire. Anche il trattato “Sulla Rivoluzione” si tira addosso molte polemiche, in cui critica la Rivoluzione francese e quindi si tirò addosso i malumori europei. Arendt viene facciata come filoamericana ma fino a un certo punto perché politicamente era incentrata su se stessa. Ma perché? Perché Arendt ha uno stile tutto suo di fare filosofia e le sue indagini si intrecciano sempre su più fronti (scienze umane, sociologiche…) quindi sperimenta un nuovo modo di fare filosofia, ma per molti era una filosofia contaminata. Arendt non amava la filosofia astratta, lei ha un approccio molto antropologico e osservare gli esseri umani per capire poi concretamente. La sua è una filosofia chirurgica, passando per vari materiali e interviene sulla realtà analizzandola e comprendendola (mentre Heidegger era molto classico, si occupava dell’essere). Tenta di leggere la storia con strumenti diversi, la sua filosofia era contaminata e nei suoi libri era politicamente poco incasellabile e tutte le sue opere sono dei libri sempre fuori linea, che non ci stanno negli schemi soliti, il suo punto di vista è sempre spostato, poco raddrizzabile e disturbante per l’epoca (primi anni '50). Ma perché scrive così? Le viene dal fatto che lei è un’apolide, quindi senza luogo e questa estraneità si avverte nelle sue opere ma in senso positivo, perché lei non amava l’appartenenza e non ebbe mai un’identità (Sanepiè) e le viene dal fatto che lei era ebrea, cioè questa ambivalenza è evidente sempre fuori posto e lei non amava nemmeno la nazione di Israele, non praticava la religione e oltretutto studia i religiosi cristiani, quindi, era ebrea ma non lo era, si contraddistingue sempre. In pubblico era molto aspra, in realtà in portato era molto affettuosa e attenta agli affetti. Hannah Arendt era spesso interessata a costruire una bella frase piuttosto che preoccuparsi delle conseguenze di quella frase così dice la Lipstack (storica). Questi attacchi in particolare dalla Lipstack, vuole comunque avere altre accuse alla filosofa della politica più importante del '900 e cioè Arendt. Chi sosterrà Hannah Arendt? Molti intellettuali la sostengono ad esempio. Spender che era un poeta e saggista inglese molto noto, Anche Lawell un poeta americano (vinse due volte il premio della poesia) ma soprattutto la sostiene Marie Mai Keirmy (già rivista nella vita della mente, proprio grazie al fatto che ha completato “La vita nella mente” sua grandissima amica). Scrittrice americana e vice del femminismo americano, giornalista e critica letteraria. Era una donna particolare, farà sempre scudo ad Arendt nei dibattiti pubblici. I meriti della “Banalità del male” è un testo molto complesso, uno dei meriti riconosciuti è il merito giornalistico che ottiene ed è l'obbiettivo per lei doveva parlare a tutti e doveva trasformare questo processo in materia filosofica ma doveva essere trasformato in un testo giornalistico e di essere circa nei confronti del nazionalismo e riesce a capire come Israele possa cadere in un nefasto nazionalismo. Arendt fu molto critica con Israele perché già vide i conflitti che potevano sorgere per esempio i conflitti tra i palestinesi e gli israeliani. Questi articoli politicamente, storicamente e filosoficamente costringe a ripensare l’idea di nazione di fa vedere come Israele per come era stata fondata avrebbe provocato non pochi problemi alla convivenza sul suo territorio. Fu compresa da giovani americani e israeliani: concordarono con la sua analisi perché secondo i giovani i loro padri non si erano ribellati alla Shoah, fanno tipo da scudo ad Arendt. Poté appoggiarsi alla sinistra ebraica (lei così antimarxista). Oggi Arendt è stata rivalutata anche con tutti i limiti del caso e viene rivalutato dal post-sionismo. Viene rivalutata perché oggi abbiamo una maggiore “sensibilità” per comprendere le sue tesi. C’è un clima intellettuale adatto che per quei tempi forse erano troppo anticipatorie. Anche oggi, in Israele, si sta cercando di capire meglio Arendt, per esempio, una sua idea che sta guadagnando credito in Israele era la sua soluzione a quella Israele li perché aveva proposto a una confederazione di stati (ebrei e palestinesi potessero convivere) e voleva abbattere lo stato teocratico. Le codifica il fatto che il male secondo lei è dentro l’uomo e a partire dalle tesi mantiene aveva spiegato l’olocausto, si era compiuto perché il male era radicato (questo negli ottimi del totalitarismo). Nella “Banalità del male” Hannah Arendt compie passo indietro, dicendo anche di essersi sbagliata perché se il male è radicale perché non è profondo (banalità) ma solo il bene è profondo e quest’affermazione le sarà contattata nei circoli. Lega l’olocausto alla parola banalità e questa scelta linguistica non le sarà mai perdonata in particolare dal suo amico Jonas. In filosofia esistono due questioni di male cioè il male capita dove il bene è assente, Arednt però afferma che il bene è profonda ma afferma una nuova tesi ovvero che solo l’uomo ordinario ma commettere il male. Il male dall’antichità I filosofi si sono sempre interrogati sull’esperienza del male, però al contempo la filosofia non è sempre riuscita a rispondere al quesito ovvero che l’uomo non solo può subire il male ma può anche sceglierlo se fare del male e quindi in filosofia c’è una sorta di fenologia del male. La filosofia, secondo Arendt non è riuscita non solo a spiegare il male ma non è stata in grado di attenuare il male. Per capire il male, bisogna partire da antiche radici filosofiche.  per i greci il male era una dimensione religiosa, la causa del male secondo loro era da rintracciare negli dèi perché erano coloro che ingannavano gli uomini. Questa dimensione del male ha detto per molti secoli, questa concezione del male come inganno divino resta in piedi fino al Cristianesimo. Per Platone in realtà il male è solo accidentale (semplice accidente) perché il male non ha una sua realtà e l’unica suprema è il bene, di conseguenza il male è accidentale. Ma cosa significa? Il bene ha la forza di rivelare le cose, mentre invece il male è il non essere (negazione assoluta del bene). Questa concezione platonica rimbalzerà nei filosofi successivi come i filosofi cristiani come Agostino. I greci credevano nel destino, mentre invece i cristiani non credono nel destino, questo è uno snodo importante perché il messaggio cristiano è che l’uomo è totalmente libero e quindi il male sì più complicato. Tuttavia, per esempio Agostino in una fase più matura, farà sua le idee platoniche e che cos’è il mal spero Agostino?  con il cristianesimo, i cristiani cercano di spiegare il male. Per i greci gli dei erano sottoposti al destino come l’uomo quindi non libero, quando la filosofia pagana incontra il cristianesimo e finalmente si parla di libertà e quindi perché il male? Il filosofo cristiano riflette sul male in prospettiva della libertà, tormenterà un filosofo in particolare e cioè Agostino, si pone due domande: o cos’è il male? o da dove viene il male? Comincia a distinguere tre forme: 1. male ontologico (metafisico ontologico): male che è dentro all'uomo 2. male morale: dal peccato originale (peccato antico) 3. male fisico: quindi il dolore, la sofferenza ed esiste perché l’uomo è una creatura imperfetta, materiale e fisica è corruttibile quindi può cambiare (ad esempio l’uomo può invecchiare, avere delle malattie…). Non è una creatura esclusivamente spirituale Agostino però non nega l’esistenza del male ma ne entra l’essenza, secondo lui il male ha un’assenza di bene e quindi secondo lui il male non esiste perché non c’è il bene. Solo Dio esiste, quindi il bene esiste e quindi il male non ha un ‘assenza propria (realtà sostanziale, essere solo se rapportato al bene). Concepisce il male come una diminuzione del bene, è una sorta di corruzione del bene. Accade perché l’uomo vive in una natura finita ma non è creata da Dio. Secondo Agostino quindi l’uomo è un essere finito creato da Dio ma libero, quindi oltre al bene potrebbe anche compiere il male, quindi lo sceglie in quanto libero. Comincia a disegnare una lettura differente del male. Questa concezione del male la troveremo proprio nella “Banalità del male”.  per Platone in realtà il male è solo accidentale (semplice accidente) perché il male non ha una sua realtà e l’unica suprema è il bene, di conseguenza il male è accidentale. Ma cosa significa? Il bene ha la forza di rivelare le cose, mentre invece il male è il non essere (negazione assoluta del bene). Questa concezione platonica rimbalzerà nei filosofi successivi come i filosofi cristiani come Agostino. I greci credevano nel destino, mentre invece i cristiani non credono nel destino, questo è uno snodo importante perché il messaggio cristiano è che l’uomo è totalmente libero e quindi il male sì più complicato. Tuttavia, per esempio Agostino in una fase più matura, farà sua le idee platoniche e che cos’è il mal spero Agostino?  per l’uomo moderno invece, è un male necessario che capita quindi, perché per l’uomo moderno nel male si inciampa, è inevitabile anche perché il mondo cambia. All’interno dell’uomo moderno si cercheranno tante soddisfazioni, in particolare dall' Illuminismo (il male è dove c’è l’ignoranza) e il marxismo che è legata all’ingiustizia sociale (origine economico sociale). Kant, conia questa espressione cioè il “male radicale” e ne parla in un’opera del 1793 “La religione entro i limiti della ragione”. Kant si interroga non solo sul male, ma anche su chi è l’uomo (questione antropologica) e si risponde che secondo lui, l’uomo è storto e quindi ha una naturale tendenza verso il male: o l’uomo è disposto al bene perché è stato creato da Dio ed è stato predisposto cioè da riconoscere il bene, la legge morale. o propensione verso il male, quindi una struttura. Questa propensione lo spinge a soddisfare i suoi desideri egoistici, attratto dai suoi desideri più intimi e quindi l’uomo è corruttibile. Quindi l’essere umano è spinto ad agire alla morale (del bene) ma al contempo è una creatura finita quindi ha dei bisogni, delle pulsioni perché è una creatura sensoriale e ne viene quindi una natura egoistica perché vuole soddisfare la sua natura quella corporea. Kant crede che il male sia un atto scelto e questa teoria Kantiana è stata scandalosa perché lui era illuminata e secondo l’illuminismo. Il male è causato dall’ignoranza mentre secondi Kant nemmeno la ragione può spiegarlo e fermare il male. Kant cerca di conciliare due questioni: o volontà o libertà Per molti mesi lavora di malavoglia, si ritrova in un ufficio “raccolta informazioni”, poi viene trasferito in un ufficio ebraico (sempre dietro una scrivania” diviene capo quindi dell’ufficio B4 e non era un ufficio qualunque era una sottosezione di un ufficio della sicurezza della Germania. Una volta ritiratosi capo dell’ufficio B4, si sente in dovere di attrezzarsi per prender sul serio le mansioni, si documenta sulla questione ebraica (lesse molti libri di padri del sionismo, Bon anche ad esempio). Prende talmente sul serio questa questione che imparo l’idish (dialetto ebraico conservava traccia del tedesco medievale). Nel 1937 assume una falsa identità e riesce a intrufolarsi nei kibulsh ebraici e riesce a intrufolarsi in Palestina, poiché c’erano molte persone che si erano trasferite e il suo obbiettivo era quello di spiare gli ebrei. Comincia ad accordarsi poi, come un esperto di questioni ebraiche e proprio da questo viaggio volle “aiutare gli ebrei” per voler mettere sotto i piedi degli ebrei quella terra promessa. Ma come fare? Organizzando un’immigrazione e in quegli anni nel '42 con la conferenza di Wannsee e vide i più grandi gerarchi nella soluzione finale. Nell’ufficio B4 rispondeva a uno dei gerarchi più importanti e fu quindi grazie alla stima grazie a Eshiderman per presenziare alla conferenza di Verze. Politicamente, Eichmann era molto debole ma con gli anni lui diventa corrente ideologico e comincia a definirsi lealista (leale nei confronti della Germania) si definiva anche come un uomo realista quindi un uomo pratica per aiutare gli ebrei. . In molte sedute nel processo si definì il salvatore degli ebrei, per trovargli una terra promessa e infatti disse che poi si dovette attendere a questa idea di trovare una terra agli ebrei perché non era nell’idea del Terzo Raich. Compiti di Eichmann: 1. requisiva i treni: pianificava in modo molto preciso il trasferimento degli ebrei e calcolava in modo preciso la capienza dei campi di concentramento. (pulizia etnica) Ci fu una prova (battesimo) spostare 7.000 ebrei dalla Francia a un campo di concentramento e di sterminio, brillò in questo compito. Riesce a sfuggire in Argentina, prima però si rifugia in Umbria sotto falsa identità per sei mesi ma poi fu riallacciato e poi sotto falso nome di imbarca a Genova per l’Argentina sotto falso nome potrebbe essere Ricardo Clement. Fece lavori molto umili, costruì una casa (tipo bunker) lavorò anche per la Mercedes e poi fece andare lì anche i suoi figli e sua moglie. Eichmann non si pentì mai del Terzo Raich ma commise molti errori per essere poi catturato, a Buenos Aires avevano creato un gruppo di ex SS tra cui anche un olandese Essen che si spacciava come giornalista per poi pubblicare un libro in cui veniva smentito le 6.000 persone uccise (ebrei), c’erano anche delle registrazioni audio quindi era tutto documentato. 2. Sì “limitava” a obbedire agli ordini. Eichmann afferma di essere “un piccolo ingranaggio” della grande macchina totalitaria. La filosofa della morale Bettina Stagnment ebbe la possibilità di ascoltare le registrazioni dopo la “Banalità del male” si scoprì che Eichmann era un manipolare e imbevuto di ideologia nazista. Ha lavorato con estrema precisione, ha frugato in 30 archivi internazionale per verificare le varie fonti e secondo lei quindi Arendt cade in errore in quel processo, si lascia a abbindolare dalle capacità recitative da Eichmann. Analisi film Hannah Arendt (2012, regista Von Trotta) 11 aprile del 1961 inizia il processo di Eichmann che era stato arrestato dal Mossad e Arendt si reca a Gerusalemme (120 sedute). Il suo incarico è quello di gente una corrispondenza con il new Yorker e fu un vero e proprio evento mediatico e Arendt era già molto conosciuta con (le origini del totalitarismo pubblicate nel 1958 e “Vita activa” pubblicata nel 1958). La pubblicazionedi questi articoli fu piuttosto difficoltosa e complessa. Queste vicende di quindi la pubblicazione di questi cinque articoli e la regista tedesca (Vontrotta, coltissima che viene dal teatro) in questa pellicola è una biografia film e ci suggerisce questa etichetta che questo film è biografico e le vicine de storiche si intrecciano con una visione interna esistenziale di Arendt ed è un ritratto. Come regista del teatro, ha spesso lavorato con dei personaggi femminili piuttosto disturbati e alcuni suoi lavori sono stati dedicati a linee politiche (es Rosa Luxemburg) e nella sua politica la Von Trotta fa una scelta cronologica molto stretta (dal ’61 al ’64 quella che gli americani chiamano la Controversia e decide la regista di isolare questo episodio, per questioni economiche). Il film è particolarmente riuscito perché alla sceneggiatura c’è una sceneggiatura molto esperta e grazie a questa sceneggiatrice la regista, riesce a rendere molto efficacemente l’ambiente e durante la costruzione di questo film si è potuta avvalere delle testimonianze di una persona molto vicina a Arendt (Coler). È un film difficile da girare, la regista doveva rendere la vivacità di pensiero sotto il profilo linguistico perché si passa continuamente dall’inglese al tedesco. È un film molto teatrale, è giocato sugli spazi interni (spazi domestici di Arednt a Manhattan) e nella descrizione degli eventi si stringe sui volti e sui primi piani (nel cinema) e nel linguaggio cinematografico per rappresentare le emozioni, si passa dal viso di un personaggio. I colori della pellicola caratterizzano l’esordiente cinematografico e la regista decide di mettere a volte i colori in bianco e nero per sottolineare la drammaticità (tempi bui come disse Arendt). Come viene rappresentata Arendt? Viene rappresentata per come è nel 1961, come intellettuale ebrea/tedesca emigrata negli Stati Uniti insieme al secondo marito e ha pubblicato alcuni dei suoi grandi capolavori e quale tecnica viene utilizzata nella narrazione filmica? Quella dello straniamento molto utilizzata nel teatro ci tutela come spettatori perché non siamo mai coinvolti fino in fondo è dobbiamo essere oggettivi, senza però restare coinvolti perché le emozioni potrebbero intralciare nel nostro giudizio. Un’altra cosa da notare è questa distanza “sorta di parola d’ordine” cioè è un film storico, quindi non molto filosofico come film anche perché sarebbe stato difficile l’idea di Arendt. Ma questo voler parlare della storicità e l’altra cosa che si ricava da questo film riesce a ricostruire il punto di vista di tutte le parti (riconosce il fronte delle critiche). Il ritmo dei momenti lunghi e queste pause di riflessione, questi si capisce come sta maturando, nel film accade molto molto poco perché è molto lento e bisognava disegnare le sue caratteristiche di Arendt (persona molto ruvida e infatti il direttore del newyorker la sollecita ad inviare gli articoli con una telefonata molto garbata e dall’altra parte c’è Arendt molto seccata). Fare caso anche agli abiti sempre neri, sempre tristi diciamo e aveva una sorta di vezzosità, tra gli oggetti (montagna di pile di scartoffie). All’interno del film è un personaggio chiaro, diventa una sorte di coscienza del film, è il personaggio (una giornalista che è glamour e la persona che la difenderà nei suoi articoli. . Lezione Hannah Arendt, Eichmann a Gerusalemme (lezione con professor Fistetti interessante biografia intellettuale, libri “Hannah Arednt e Heidegger)  Hannah Arendt è sempre stata una priorità per il professore e di conseguenza di un’autrice allungo dimenticata nella storia della filosofia, voce filosofica forte e soprattutto una pensatrice originale.  La categoria del Natality non può essere compresa con la filosofia del male, non può essere quindi sperimentato senza il dover capire il male totalitario.  Il pretesto arriva da un piccolo volume, pubblicato nel 2020.  Nella prefazione delle “Origni del totalitarismo” del 1950 spiega come le due guerre mondiali si sono risolte nella previsione di una terza guerra mondiale tra le due grandi potenze messe in disparte. Mai quindi, il nostro futuro è stato così imprevedibile. Qui, siamo agli inizi della guerra fredda e richiama il 9 capitolo delle Origini del totalitarismo, serve per sottolineare il problema degli apolidi (rifugiati) è la necessità di trovare, una patria a queste minoranze e vengono paragonati agli ebrei come la feccia, senza diritti e senza stato. Il tema Harentiano è un tema centrale in questo capitolo, il tema dei diritti umani, non è un tema impolitico cioè i diritti che sono universali varrebbero soltanto per un soggetto astratto.  Rapporti di classe e della società materiale, occulterebbe le disuguaglianze. Né una né l’altra le appartengono, i diritti umani sono la fonte dell’istruzione simbolica della società ed esprime la propria capacità di agire e di parlare (prassi e opinines). Non siamo di fronte a un costrutto giuridico ma a qualcosa che a che fare con l’ontologia dell’’essere sociale.  I diritti umani quindi, hanno a che fare con l’inizio e la natalità, senza questo inizio e i diritti umani sono soltanto per via retorica. I diritti umani sono quindi legati a un soggetto che appare nella vita pubblica, che agisce e deve essere accettato e riconosciuto.  Questa dimensione dei diritti umani, come diritti legati allo spazio pubblico e politico, mette la Arednt in un’antitesi in primo luogo con il suo maestro Haidegger per il quale per lui la soggettività è essere nel mondo. Rispetto a questa concezione all’essere nel mondo secondo Hedigger, Arednt alla domanda chi sei, rischia di rispondere alla rivelazione PSICO-SOCIOLOGO (Milgram), 1961 egli si pone una domanda: “fino a che punto l’uomo può essere plagiato?”, (domanda che diventa l’ossessione di questo psicologo statunitense). Hannah Arendt insiste sul concetto di cura, (nati per incominciare) lei come teorica politica ci dà una definizione cioè la politica secondo lei è il prendersi cura del mondo, agendo in modo autentico incontrando gli altri con la seconda nascita, con la pluralità. Il concetto areniano presenta alcune somiglianze con il concetto di cura di Heidegger (mittez haird, incontrare gli altri) secondo Heidegger non solo ci prendiamo cura degli altri ma anche degli oggetti e ci sono molte assonanze con il tema di Arendt. La filosofia di Arendt, a partire dal tripode (lavorare, operare, agire) si può descrivere una filosofia della cura che possiamo trovare nell’opera più importante di Heidegger (Essere e tempo) e secondo lui la cura è radice di esistenza umana e aggiunge che radice è farsi carico, come responsabilità e troviamo una traccia del pensiero filosofico. Nei suoi testi per dire cura, Heidegger utilizza ZORGE, operazione linguistica non fine a sé stessa, significa interessamento, preoccupazione. Heidegger, individua sempre le parole con molta attenzione, utilizza il termine “kur” (cura) in termine medico, ad esempio, o si può utilizzare il termine cura, anche in altri modi. Dal 1927 comincia in modo determinata ad utilizzare zorge, termine molto emotivo e interiore dello stare in pena, il ’27 è l’anno in cui pubblica “Essere e tempo” opera incompiuta per sua scelta. In quest’opera parte dal “mito di cura”, si ispira a un mito di Iginius, favola che racconta della dea Cura, Iginius era uno scrittore romano del I secolo, si occupava di carateritismo (scienza) e raccolse in un manuale ben 127 miti e Heidegger riscopre e incarna nella narrazione della Dea Romana. Il mito di cura è un mito creazionista proprio dell’uomo e lo mette nel paragrafo 42 di “Essere e tempo”, va estrapolare il mito di Iginius cioè “il mito di cura”, da allora inizia a pensare all’uomo come un essere speciale proprio perché ha la cura. Heidegger è un filosofo molo complesso e il lettore si stranisce di imbattersi in questa fabula della cura, Heidegger afferma che l’uomo si differenzia dall’animale perché capace di cura, propensione dell’umano perché non riuscirebbe a vivere con gli animali. Heidegger non sceglie mai i termini a caso, cura deriva dal latino (ciò che scalda il cuore), ZORGE (cura per Heidegger) è un termine centrale in essere e tempo) significa angoscia, preoccupazione, protezione…. Heidegger declina tre dimensioni di cura: 1. Bezorghen :deriva dal tedesco berzughon cioè disbrigo: prendersi cura, per lui non è una cura autentica e significa mettere a disposizione mettere all’altro degli oggetti cioè semplice accudimento e non cura. Questa prima dimensione comporta il rischio di non incontrare mai l’altro (mettin zain) perché lo circondo solo di beni materiali e non mi prendo veramente di lui. 2. Fisorghe: cioè premura, preoccupazione cioè aver cura. Non è mai contraddistinta da un fare usante e non semplicemente mettiamo a disposizione qualcosa ma mettiamo a disposizione il tempo, progettiamo per l’altro e non è un tempo calcolato. 3. Ferfallen: cura negativa, la non-cura cioè DEIEZIONE. Dimensione finta della cura, deiezione è una dimensione totalmente inautentica dell’agire umano, in cui l’agire responsivo e il linguaggio stesso perde di significato. E s precipita nell’orizzonte della “chiacchiera”. Troviamo quindi la figura dell’deitto colui che si estranea all’altro, non sente l’altro e non da tempo all’altro. Quando Hannah Arendt ci lascia la sua idea di politica cioè prendersi cura del mondo e quindi agire. “Vita activa” la dedica a Heidegger, opera antropologica, sembra quasi che comunichi a distanza con il suo professore. Usa la parola cura in modo meno rigido, la cura anche per lei a che fare con la responsabilità. In “Vita activa” i concetti di labor and work sembrano corrispondere alla berzorghe di Heidegger e quindi che incontra solo gli oggetti quindi, non si prende davvero cura dell’altro, dimensione inautentica, agire strumentale non ancora progettale. Mentre invece la action è come il fisorghe di Heidegger cioè avere cura di noi stessi e deli altri (pluralità). La terza dimensione Arendt la traduce in inglese come “la perdita di mondo” riecheggia il concetto di ferfallen di Heidegger. Queste sono le vicinanze tra i due progetti di cura. Corrono però delle differenze, la differenza sostanziale è che per Arendt la cura è tutta insistita sull’avere la cura nel mondo mentre invece secondo Heidegger la cura verso gli altri si prende morendo, abbandonando il mondo. Secondo Arendt non ci si prende cura abbandonando il mondo, ma grazie alle nove generazioni, innovando il mondo. Arendt è stata però molto criticata in “Vita Activa” sia per il tripode, è stata attaccata dalle femministe in particolare americane perché quando parla del labor, in un passaggio indica le attività che rientrano nel labor e cioè: 1. accudimento dei figli 2. del malato 3. dei vecchi Le americane, lo traducono in “labor of love”, quindi lavorare per l’amore e le femministe (che giocavano molto su questa idea) la criticano perché le fa scivolare nella dimensione animale usando labor. Arednt è molto conservatrice, il problema è che se si estrapola e potrebbe essere tradotto in una chiave teoretica positiva cioè che la cura secondo lei non ha a che fare con il bisogno corporeo, facile prendersi cura di chi amiamo difficile quindi il contrario. Aggancio al saggio “Crisi dell’istruzione”, Hannah Arendtassegna il curare agli educatori (compito politico importante), insegnare e educare i giovani e non soddisfare semplicemente, ma fanno di più cioè educano a salvare il mondo, “l’educazione, è il momento che decide se amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità, per salvarlo dalla rovina. Rovina che è inevitabile, senza l’arrivo di esseri nuovi, dei neo-giovani.” Ovviamente quindi, per salvare il mondo non possiamo solo amare chi amiamo e chi ci ama, ma bisogna superare l’egoismo, uscire dal nostro piccolo mondo. Preparare al mondo le nuove generazioni, ai nostri figli e quindi, in quanto educatori abbiamo la responsabilità che è politica a preparare le neo e assumerci la responsabilità. Quindi educare in lessico arentiano non è una semplice professione, acquisire delle competenze bensì forma di agire politico, è una responsabilità politica. In quegli anni America c’è una sorta di cambiamento con la pedagogia di Dewey (troppo pragmatica), in questo piccolo saggio riflette anche sulla scuola, la scuola non è un semplice luogo di trasmissione, di sapere, informazione professionale e non può essere conservatrice, proprio anche l’insegnante non deve essere un conservatore ma dev’essere una palestra in cui insegna i giovani a innovare il mondo. La scuola è in crisi perché gli insegnanti sono fermi a delle vecchie forme di autoritarismo e vecchi metodi, prevaricano sui bambini e i giovani e comporta che l’insegnante conservatore e autoritario, impedisce ai giovani di esprimersi creativamente e “gli strappano di mano la loro occasione” e di intraprendere qualcosa il nuovo. Arendt, afferma che se la scuola non è capace lei di innovarsi per prima, sarà difficile innovare i giovani, strappandogli così l’occasione e senza la libertà non si realizza la formazione, solo con la libertà può fiorire l’innovazione. Lavora filosoficamente, in crisi dell’istruzione, su una triade:  libertà  autorità  tradizione Fa vedere come la tradizione sia importante, come l’insegnate voglia tramandare la tradizione, senza cadere nell’autorità ma dev’essere autorevole e essere libero lui per primo e insegnare la libertà lui per primo ai suoi studenti. Lei che è ebrea, le sta a cuore il tema dell’integrazione e negli anni ’50 tocca un tema scoperto e cioè l’immigrazione in America e ci sono dei problemi forti in America, di integrare le varie culture visto che la scuola era molto divisiva e il problema della lingua madre (cioè l’inglese), lei si chiede “perché Jonny fa fatica a leggere?” Arendt era ebrea, aveva conosciuto e afferma che l’integrazione si può realizzare attraverso un’educazione linguistica e dev’essere insegnata la lingua madre in odio molto rapido. La lingua è il primo fattore di coesione sociale. Si supererebbe il problema a del razzismo. Sul tema del razzismo ha una posizione molto particolare, perché nel 1954 negli Stati Uniti fu emessa una sentenza della corte suprema; quindi, vieta la separazione raziale nelle scuole americane. Arendt non è d’accordo, perché dal so punto di vista quella soluzione da sola le sembrava inadeguata per sconfiggere il razzismo. Le sembrava irrispettosa contro quei bambini afroamericana proprio obbligare il bambino afroamericano a integrarlo in un ambiente ostile, obbligare un bambino di un’altra cultura a partecipare a queste ostilità di bianchi. Quei bambini avrebbero reagito con ostilità, perché non si sarebbero sentiti accolti ma discriminati. Nella crisi dell’istruzione possiamo vedere la figura dell’insegnate come colui che coltiva i talenti dei giovani e protegge la loro libertà. Il compito politico che Arendt, affida ai giovani è quello di proteggere e salvare il mondo.
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