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filosofia della prassi umana, Appunti di Filosofia

appunti lezione filosofia della prassi umana

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 16/06/2017

Ilaria434
Ilaria434 🇮🇹

4.3

(84)

60 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica filosofia della prassi umana e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! FILOSOFIA DELLA PRASSI UMANA: Hannah Arendt DIFFERENZA TRA FILOSOFIA DELLA PRASSI E FILOSOFIA DELLA PRASSI UMANA • Filosofia della prassi: mette al centro il lavoratore, per cui segue le teorie marxiste. L’uso dell’espressione “prassi” è recente. Comincia ad utilizzarlo Labriola (intellettuale degli anni dell’unità d’Italia, pedagogista, hegeliano). È attratto dalle idee di Marx; si appropria delle tesi di Marx e le porta in campo pedagogico, vuole istruire la massa. • Filosofia della prassi umana: mette al centro la persona, non più il lavoratore. Il lavoro non è inteso come azione centrale. L’azione fondamentale è il nascere e il mettersi in relazione con gli altri. • Prassi: è un termine antico, deriva da Aristotele: indica una qualsiasi attività pratica. Per i greci vuol dire agire, ma anche viaggiare. Quando si parla di prassi, nel lessico filosofico, si intende l’attività pratica. La prassi (o praxys) viene messa in contrapposizione al THEOREIN (ovvero il contemplare). Il theorein veniva associato ai riti sacri, quindi s’indicava l’essere spettatori a una festa religiosa. La filosofia è uno “sporcarsi le mani”. Sia secondo Arendt sia secondo Marx la filosofia è uno stile di vita per tutti e due. Sia per Marx che per arendt bisogna porsi degli obbiettivi pratici, MA l’essere umano non deve essere solo un mero lavoratore. Il natality può essere letto in chiave anti-marxista anche se ci sono dei punti in comune tra Arendt e Marx. Lo sforzo di arendt è il trovare un’altra accezione del termine praxys. Quando Marx parla di “prassi umana” intende anche la cosiddetta produzione. Il modo in cui l’uomo produce. Dove c’è produzione per Marx c’è operosità dunque lavoro dunque PRASSI. Marx Arendt Teoria e prassi vanno contrapposte la teoria e la prassi non devono essere messe in contrapposizione. Marx insiste sul concetto di praxys Riprende il termine theorein La filosofia deve trasformare la realtà; vuole descrivere la filosofia dell’azione Per arendt, invece, il filosofo deve entrare nella realtà. HANNAH ARENDT: LA VITA Hannah Arendt nasce nel 1906 a Hannover (Germania), in una famiglia benestante appartenente alla borghesia ebraica, ma che non aveva legami particolari con il movimento e con le idee sioniste (il sionismo era un movimento politico e religioso sviluppatosi nel XIX secolo inteso a ricostituire in Palestina uno stato che offrisse agli ebrei una patria comune). Il clima familiare incide molto su Arendt. Nel 1924 a soli 18 anni consegue l’abitur (diploma). Quando iniziò a frequentare l’Università (prima di Konisberg e poi di Marburg) incontrò un giovane docente destinato a diventare uno dei pensatori più importanti del XX secolo: Martin Heidegger; giovane docente col quale intrattenne un rapporto personale intenso, che la coinvolse sotto diversi aspetti (anche sentimentale) per tutto l’arco della vita. Con lui ebbe un tormentato rapporto filosofico, molto conflittuale, fatto di incontro/scontro. Hannah, rispetto ad Heidegger, fu sempre molto riottosa rispetto al pensiero puro, al pensiero che pensa l’Essere. Ecco perché sporcherà continuamente il pensiero puro con la fatticità, il fenomeno, l’esperienza. Nel 1925 si sposterà a Friburgo per seguire le lezioni di filosofia di Husserl ancora per un semestre, poi ad Heidelberg dove sotto la guida di Karl Jaspers, il suo vero maestro, porta a termine la sua tesi di dottorato “il concetto di amore in Agostino”. Da Jaspers imparerà la ragionevolezza. La Arendt è influenzata dalle opere di Jaspers per quanto riguarda: • Tema della cura • Teoria dell’agire comunicativo: entriamo in relazione con gli altri grazie alla parola • Teoria della ragione unica: ci sono domande a cui la ragione non può rispondere Un ulteriore incontro decisivo lo ha con Martin Heidegger, il quale si attirava le simpatie degli studenti. Era cattolico, ma in seguito prenderà le distanze dal cattolicesimo. Tra la Arendt e Heidegger c’è una forte affinità intellettuale. Nel 1933 Heidegger diventa rettore: riesce a conquistare questo posto grazie all’avvicinamento con il Nazionalsocialismo; chiese ai suoi studenti di appoggiare Hitler, allontanò gli studenti ebrei e introdusse il saluto nazista. Proprio per questo Arendt prende le distanze da lui, e si trasferisce ad Heidelberg dove conoscerà Jaspers. Arendt rovescia la veritatio mortis di Heidegger: secondo le la morte non è un valore. In Heidegger ritroviamo la Sein-zum-Tode (essere per la morte). Nel 1929 sposerà Gunther Stern, un suo vecchio compagno di studi; pensatore oggi considerato una delle voci filosofiche più originali del pensiero filosofico novecentesco. Dopo l’avvento al potere del nazionalsocialismo e l’inizio delle persecuzioni nei confronti delle comunità ebraiche, Hannah fu costretta ad abbandonare la Germania (1933). Passando per Praga, Genova e Ginevra, giunse e si stabilì a Parigi. Nel 1937 le venne ritirata la cittadinanza e divenne un’apolide (senza patria). Nel 1940 sposerà Heinrich Blucher. Gli sviluppi storici del secondo conflitto mondiale portarono Hannah Arendt a doversi allontanare anche dal suolo francese: internata nel campo di Gurs dal governo Vichy in quanto “straniera sospetta” e poi rilasciata, dopo varie peripezie, riuscì a salpare dal porto di Lisbona alla volta di New York che raggiunse insieme al coniuge nel 1941 e dove nel 1951 le venne concessa la cittadinanza statunitense. Nel 1951 pubblica il fondamentale “The origins of Totalitarism” (“ Le origini del totalitarismo”), frutto di un’accurata indagine storica e filosofica. Il 4 dicembre 1975 muore a causa di un arresto cardiaco nel suo appartamento di New York. Arendt era un’anticonformista, teorica politica, traduttrice e insegnate. Era una pensatrice libera, per lei Filosofare significava liberare l’intelletto, prendere le distanze dalle cose che si vedono. Era un’ebrea ma si sentiva diversa; voleva denunciare ciò che accadeva all’interno della società. Il regime di Hitler diventa rapidamente totalitario. Nel abbiamo 1935 leggi razziali. Nel novembre del 38 “pogrom” notte dei cristalli. Eichmann: è il responsabile della soluzione finale, uno dei primi tedeschi che ha permesso lo sterminio degli ebrei. È colui che organizza il traffico di questi ebrei. Era un impiegato meticoloso, aveva organizzato da solo il traffico di tutta l’Europa dell’est. Era sfuggito al processo di Norimberga, ma venne poi catturato in Argentina. Viene intercettato dagli uomini del Mossad (1949). Egli abbracciò il sionismo quando era giovane perché credeva che Israele fosse un errore storico: ebbe dalla parte sua il merito e demerito della questione palestinese. Entrò nel partito nazista, e venne processato per tutte le cattiverie che aveva processo), quando lui entra in tribunale, lei si trova di fronte a un uomo piccolo, minuto, rinchiuso in una gabbia di vetro. Era lontano dalla realtà ed era la cosa più pericolosa che poteva nascere dentro un uomo. In lui non c’era un male radicato nell’anima, il suo era il male di un uomo senza idee, che aveva rinunciato a pensare. Non era un mostro ma era un uomo normale. VITA ACTIVA È un’opera molto classica, infatti si ispira al pensiero aristotelico, ed è fondamentale per comprendere l’antropologia arendtiana. Tenta di dare una risposta alla domanda ontologica (ontologia scienza che studia l’essere, compare nel 17° secolo. Domanda ontologica: capire l’essenza dell’uomo e le sue qualità): “chi è l’uomo?” Secondo tutti i filosofi l’uomo è un essere mortale, per Arendt invece è un essere natale. È colui che nasce, e non lo fa per morire, quindi quando diciamo che l’uomo è un natale sosteniamo che il natality è una categoria per esprimere un predicato dell’essere umano. Arendt individua tre componenti nella vita umana, e a ciascuna di esse fa corrispondere una condizione esistenziale dell’uomo sulla terra: 1. LAVORO (labor: soddisfacimento dei bisogni) condizione dell’Animal Laborans. Per lavorare si intende ciò che è legato al mero soddisfacimento dei bisogni e dunque alla stretta corporeità. Il lavoro è tutto ciò che ha a che fare con il corpo, con la vita biologica. E, riferendosi al tema della cura, ella inserisce anche l’allevamento dei bambini, il prendersi cura di un anziano ecc. (ma venne vista negativamente dalle femministe). Se noi ci prendiamo cura di quel bambino o anziano, solo soddisfacendo i loro bisogni, in realtà non è un vero prendersi cura. Il lavoro è caratterizzato da una assoluta mancanza di libertà. Il lavoro è una attività umana di fatto contraria alla libertà, e quindi nemica di ciò che è peculiarmente umano. In considerazione di questa caratterizzazione del lavoro, non è sorprendente che la Arendt sia molto critica nei confronti di Marx, per il quale il lavoro assume – tra le attività umane - una posizione di primato e nella sua visione proprio il lavoro qualifica l’umano, considerandolo una delle vette più alte dell'esistenza umana. Ossia una delle più alte e dignitose forme di PRAXIS. 2. FABBRICAZIONE (work: circondarsi di oggetti) condizione dell’Homo Faber (costruttore, l'architetto, l'artigiano, l'artista e il legislatore). L’uomo si circonda di artefatti, di oggetti per vivere e operare. L’attività è quella dell’operare, legata alla fabbricazione di oggetti. L’operare è un’altra modalità di agire che implica un livello di trascendenza del lavoro. È quello della capacità costruttiva dell’uomo, della sua capacità di ideazione e di realizzazione e comprende sia l’attività fabbrile che l’attività artistica. Le interazioni non sono proprio complete. Con la sua opera l’uomo crea così un mondo diverso da qualsiasi cosa data in natura. L’uomo in queste dimensione è homo faber, ossia è il costruttore di muri, di barriere (sia fisiche che culturali) che dividono il regno umano da quello della natura, ma che proprio a fronte di ciò forniscono un contesto stabile. La condizione umana che gli corrisponde è quella dell’essere- nel-mondo. 3. AZIONE (action: Aristotele la chiama praxys). Condizione della pluralità, collegato al mit-sein. Gli uomini non semplicemente agiscono per garantire la sopravvivenza e il soddisfacimento dei bisogni materiali, né per circondarsi di oggetti fabbricati, ma INTERAGISCONO mediante il discorso e la parola. “corrisponde al fatto che non l’Uomo, ma gli uomini vivono sulla terra e abitano il mondo”. L’attività è quella dell’agire e mette in rapporto diretto gli uomini, senza la mediazione di cose materiali. Questa pluralità è specificamente la condizione di ogni vita politica. L’agire per l’uomo è la possibilità di iniziare qualcosa di nuovo nel tempo, vale a dire nell’agire non lasciamo dietro di noi oggetti materiali, prodotto o oggetti finiti. L’azione diventa politica quando è condotta coralmente, ovvero insieme agli altri. In questo senso l’agire è una peculiarità tutta umana, che l’uomo non condivide con nessun altro essere vivente. La condizione della pluralità: nascere è un venire al mondo fra gli altri. Questo pensiero cambia anche il suo vedere la storia: la storia non è più fatta solo dai singoli ma dagli uomini. Questo pensiero si oppone al concetto di proletariato di Marx e ai concetti di epifania del Geist di Hegel (processo che si realizza sopra le nostre teste e noi siamo solo strumenti). • Ogni attività si realizza anche in uno spazio: 1. Animal Laborans Lavorare Terra, intesa come ambiente naturale 2. Homo Faber Operare Mondo artificiale delle cose 3. Pluralità Agire Spazio pubblico Le tre attività del lavorare/operare/agire trovano significato nella natalità, poiché la loro FUNZIONE (attiva) che è quella di prendersi cura del mondo, per attrezzarlo per i nuovi nati, coloro che vengono al mondo come stranieri. Labor e Work a confronto: Dovrebbe essere chiaro che il labor (lavoro) è altro dal work (operare) in un certo numero di modi. In primo luogo, consideriamo che il lavoro è legato alle esigenze di animalità, la biologia e la natura. Mentre l’operare va a violare il regno della natura, dandogli forma per trasformarlo secondo i piani e le esigenze degli esseri umani. Tuttavia la differenza sostanziale tra labor e work, è che il labor si occupa di soddisfare vita esigenze individuali e così resta essenzialmente un affare privato, mentre il lavoro è una attività intrinsecamente pubblica. Rispetto in particolare alla vita attiva, nell’era moderna si è assistito ad un definitivo rovesciamento interno dei termini, per cui l’esito è che la vita attiva è stata ridotta pure essa ad un fare tecnico (comandi-obbedienza), il che è un processo di riduzione antico (che risale a Platone e Aristotele), ma che nell’era moderna si accentua. L’antica gerarchia lavorare/operare/agire viene sovvertita e il risultato non sono preminenti né l’attività umana della creazione di oggetti (l’attività fabbrile e quella creativa), né l’agire politico in senso nobile, bensì quella del puro lavorare per la sopravvivenza. COS’È LA POLITICA? Per Arendt l’importante è il cominciare qualcosa di nuovo, in un senso positivo e benefico. La politica, del resto, è ciò che connota l’umano. La politica è peculiarmente umana, ma non può essere “ordinata”. Finché esiste il mondo e “finché vi sarà la possibilità di agire in questo mondo, vi sarà la possibilità di nuovi inizi”: quel qualcosa che eccede la previsione e la predeterminazione e che salva la politica. LA CRITICA A MARX Marx Arendt Natality vs Proletariato Il proletariato indica tutti colori che non dispongono della ricchezza. Natality è un termine generativo Lavoro Fonte di ricchezza, e sta alla base della personalità. Apprezza che Marx abbia elevato il lavoro sopra la schiavitù Materialismo storico L’uomo si esaurisce nel suo lavoro e negli oggetti che produce Dall’uomo ci si aspetta molto di più perché l’uomo possiede il dono dell’azione Solitudine L’uomo compreso nei termini di Marx soffre di solitudine. Un esempio di solitudine è la condizione lavorativa: attività che si svolge da soli, quindi le relazioni che si creano non sono ne autentiche, Non è in lavoro che ci fa entrare in contatto con gli altri, ma è l’agire. Secondo lei quando l’uomo opera cade in solitudine. • Ha spezzato la connessione tra la prassi e il discorso (che caratterizza in sé la politica) e subordinato la politica alla teoria, ossia alla mera contemplazione, con la sovrapposizione di PRAXIS (agire pratico) e THEOREIN (osservare-contemplare). • Ha confuso ARCHEIN (iniziare) con PRATTEIN (portare a compimento): da qui una svolta antidemocratica e antisocratica. • Ha inteso l’uomo come semplice materiale plasmabile secondo i dettami di pochi, con la sovrapposizione di PRAXIS (agire pratico) e POIESIS (fabbricazione). La banalità del male Piccolo riassunto sulle vicende del processo Eichmann: Nel 1961 Hannah Arendt seguì 120 sedute del processo Eichmann. Eichmann era stato responsabile della sezione IV-B-4 dell'ufficio centrale per la sicurezza del Reich (RSHA), organo nato dalla fusione, voluta da Himmler, del servizio di sicurezza delle SS con la polizia di sicurezza dello stato, inclusa la polizia segreta o Gestapo. Eichmann aveva coordinato l'organizzazione dei trasferimenti degli ebrei verso i vari campi di concentramento e di sterminio. Il processo venne tenuto in un tribunale israeliano, al quale Arendt non perse occasione di parteciparvi, come inviata del settimanale NYorker. Eichmann per sua difesa, durante il processo, tenne a precisare che si era occupato “soltanto dei trasporti” ma fu condannato a morte mediante impiccagione e la sentenza fu eseguita il 31 maggio del 1962. Il resoconto di quel processo e le considerazioni che lo concludevano furono pubblicate sulla rivista e poi riunite nel1963 nel libro "La banalità del male" (Eichmann a Gerusalemme). Significato del libro: In questo libro Hannah Arendt analizza i modi in cui la facoltà di pensare può evitare le azioni malvagie degli uomini e ha accentuato la relazione fra la facoltà di pensare, la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato, la facoltà di giudizio, e le loro implicazioni morali. Hannah Arendt, nel momento in cui vide per la prima volta Eichmann nella gabbia di vetro anti proiettile, rifletté sulle parvenze di quell’uomo: egli sembrava essere un uomo comune, caratterizzato da superficialità e mediocrità; questi elementi lasciarono la A. stupita del fatto che proprio un uomo così semplice, fosse stato l’artefice della deportazione degli ebrei nei campi di sterminio. Questi atteggiamenti sono la componente fondamentale di quella che può essere vista come una cieca obbedienza. Ciò che la Arendt scorgeva in Eichmann infatti non era stupidità, ma incapacità di pensare. Questa "normalità" fa sì che alcuni atteggiamenti comunemente ripudiati dalla società - in questo caso i programmi della Germania nazista – trovano luogo nel cittadino comune, il quale non riflette sul contenuto delle regole ma le applica incondizionatamente. Ma il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n'erano tanti e che quei tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano terribilmente normali. Questa normalità è più spaventosa di tutte le atrocità messe insieme, poiché implica che questo nuovo tipo di criminale, realmente "hostis generis humani", commette i suoi crimini in circostanze che quasi gli impediscono di accorgersi o di sentire che agisce male. Dietro questa "terribile normalità", la Arendt rintraccia la questione della "banalità del male”. A questo proposito si è chiesta se la facoltà di pensare, nella sua natura, coinvolge la possibilità di evitare di "fare il male". La banalità del male non è sembrata incorniciare gli standard soliti di male, come patologia o interesse personale, e di condanna ideologica di chi lo fa: in questo senso la Arendt si domanda se la dimensione di male è una condizione necessaria di "fare il male". In altre parole "Il fenomeno del male ha necessariamente una radice desiderata?" Era innegabile che questo nuovo insieme di domande del fenomeno del male ha aperto una prospettiva nuova sulla comprensione del male. Un accenno alle sue tesi sulla banalità sono presenti ne "Le Origini di Totalitarismo" (1951), il suo primo libro, nel quale sosteneva che l'aumento di totalitarismo era dovuto all'esistenza di un nuovo genere di male, il male assoluto. CRITICA AI 5 ARTICOLI: 1. viene accusata per essere una cattiva storica le sue tesi sono approssimate 2. manca di amore verso il popolo ebreo criticata da Schooner 3. attaccata dal popolo ebreo 4. viene attaccata per le sue tesi filosofiche e la sua teoria sul male quello che non piace è il fatto che da una lettura nuova dell’essere umano e del processo di E. 5. Lichstadt: la accusa di esser imprecisa e di giocare con le parole: non si cura delle conseguenze. Nei cinque articoli tocca anche il tema dei Sonderkommandos, soprannominati “portatori di segreto”: ebrei che collaboravano coi nazisti, il loro compito era quello di trasportare i cadaveri morti nel campo. Le SS sceglievano accuratamente i Sonderkommandos: vengono scelti secondo il loro profilo, o mente criminale. La banalità può avere diverse prospettive di lettura, la si può leggere: a. Come opera storica: in questo caso allora è manchevole b. Opera politica: da teorica politica esprime le tesi e assume posizioni c. Opera filosofica FILM “LA CONTROVERSIA” Nel 1960 gli uomini del Mossad (servizi segreti nigeriani) rapiscono Heichmann, ex colonnello delle SS, che aveva preso parte il 20 gennaio 1942 alla Conferenza di Van See per discutere della “soluzione finale” (nome in codice dato allo sterminio sistematico degli ebrei in tutta Europa). Furono discusse tutte le misure che i nazisti avrebbero dovuto adottare per il processo di nazificazione. Il verbale di questa conferenza fu redatto da Eichmann. Nel 1961 a Gerusalemme inizia il processo contro di lui. Egli è il primo ufficiale nazista processato in terra israeliana. Israele aveva un conto in sospeso con la Germania: i paesi vincitori avevano già portato alla sbarra i nazisti, ma Israele non aveva avuto parte attiva al processo in Israele venne spettacolarizzato. Hannah doveva assistere a questo processo: “assistere a questo processo è un obbligo che ho con il passato. Dovevo adempiere al mio obbligo”. Lei voleva scrivere riguardo al processo e così chiese al direttore del settimanale “NYorker” se avesse potuto farlo; scrisse 5 articoli. Il processo era un modo per testare le sue teorie. Come si difende Eichmann al processo? “Io ho solo eseguito i compiti a me assegnati”. Eichmann durante il processo cita Kant. Egli si appella all’“imperativo categorico”, un passo della critica alla ragion pratica di Kant: se vuoi capire se la tua azione è buona, chiediti che cosa accadrebbe se generalizzando la cosa che è accaduta, essa potrebbe diventare una legge universale valida per tutti (generalizzare la situazione). La legge di Hitler è la legge della legge quindi lui ha dovuto ubbidire, dunque era stato ligio, la sua coscienza era limpida. Il giudice Ravè fermò Eichmann quando citò Kant e gli chiese: “non ti è sembrato di fare la cosa sbagliato?” e rispose modificando la sua linea difensiva: “Io non avevo altra scelta”; Arendt non era d’accordo con Eichmann perché tutti, secondo lei, hanno una scelta. Ben Jurion: Primo ministro di Israele. Non aveva a cuore le tesi filosofiche, il suo obbiettivo era quello di spettacolarizzare quell’evento. Lui voleva trovare un responsabile che pagasse per tutti perché in quanto uomo di stato ne valeva di quel credito che Israele doveva guadagnarsi agli occhi del mondo. Non gli interessava capire. Gideon Austner: Pubblico ministero, accusa. Chiedeva sempre “perché questo orrore?”: mal visto da H. perché avrebbe dovuto fare la domanda ai capi tedeschi. (entrambi restarono concentrati sugli orrori commessi sugli ebrei). La Arendt venne vista come un’ebrea che capisce i nazisti. Ma per lei il fare le domande giuste era giustizia, per lei il processo doveva essere incentrato solo su Eichmann. Lei riprende le parole che Eichmann ha usato per descrivere sé stesso: “lui voleva fare qualcosa per gli ebrei”. Dal suo punto di vista egli è solo un funzionario con una limitata capacità di iniziativa, non è un demonio. Portava avanti solo il compito che gli era stato assegnato. • Barbara Sukowa: attrice; • Margareth Von Trotta: regista, Il suo è – come si dice nel linguaggio cinematografico – un BIOPIC, quindi un’opera biografica (biography- picture: biografia, film). Predilige ritrarre personaggi femminili, rivoluzionari e disturbanti: già in passato si era impegnata in pellicole biografiche al femminile, molto interessanti come "Rosa L." (1985), storia della marxista Rosa Luxemburg, Vision" (2009) che vede come protagonista sempre Barbara Sukowa, nei panni della mistica Ildegarda von Bingen. • Mary McCarthy: scrittrice e giornalista che scrive libri con forti allusioni sessuali e propone l’immagine di donna libera. L’amicizia con Arendt fu fortissima, era un’amicizia letterale: ripuliva i testi di Hannah che erano scritti in un inglese blando; fu una sua grandissima sostenitrice. La loro amicizia nasce a Manhattan in un bar e comincia con una gran litigata. Nel 1945 ad una festa a New York, McCarthy fa un'infelice osservazione a proposito di Hitler e Arendt si infuria, ma tre anni dopo, incontrandosi ad una fermata del metrò si riappacificano. • Lotte Kohler: carissima amica di Hannah e sua assistente che si prese cura delle sue lettere e la aiutò a sistemare i suoi testi. • Hans Jonas: innamorato di Hannah e suo compagno di università. Fu un grande filosofo del 900.
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