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Filosofia kantiana. Criticismo, fasi del pensiero, le tre critiche, Appunti di Filosofia

Filosofia kantiana riassunto. Fasi del pensiero, Critica della ragion pura, pratica e del giudizio.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 15/12/2021

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Scarica Filosofia kantiana. Criticismo, fasi del pensiero, le tre critiche e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Kant Immanuel Kant fu il rappresentante maggiore dell'Illuminismo tedesco. Egli nacque a Konigsberg, capoluogo della Prussia Orientale, nel 1724. Dopo essersi formato in un collegio di impostazione pietista, studiò filosofia e teologia all'Università di Konigsberg. Nel 1755 ottenne la libera docenza presso la stessa università, e nel 1770 fu nominato professore ordinario di logica e metafisica, tenendo questo posto fino alla morte, sopraggiunta nel 1804. Le fasi del pensiero Nell'attività filosofica di Kant si possono distinguere 3 periodi principali: 1) Un primo momento di interesse per le scienze naturali di impianto Newtoniano (fino al 1760) 2) Un secondo momento, che va fino al 1781 (anno di pubblicazione della “Critica della Ragion Pura”) 3) Un terzo momento, indicato dal 1781 in poi, dove si delinea la filosofia trascendentale Gli scritti appartenenti al primo e al secondo periodo si indicano solitamente come “scritti del periodo precritico ”. La “Dissertazione” o “La forma e i principi del mondo sensibile e intellegibile”, con cui ottenne la cattedra universitaria del 1770, fu un'opera che gettò le fondamenta degli scritti critici successivi. Il criticismo kantiano L'ispirazione dei temi delle opere del periodo critico di Kant possono dirsi basate su tre domande principali: 1) Che cosa posso conoscere? 2) Che cosa devo fare? 3) Che cosa posso sperare? L'obiettivo principale del filosofo è quello di fondare in maniera quanto più oggettiva possibile i principi della conoscenza umana, in linea con i punti cardine dell'Illuminismo. Viene esaltato il ruolo della ragione contro ogni dogmatismo tradizionale, religioso o derivante dal principio di autorità. Kant si propone di attuare una vera e propria “Rivoluzione copernicana” del pensiero, ispirandosi a Galilei, Torricelli, i quali hanno dimostrato che è il soggetto, con la sua attività conoscitiva, che compone e costituisce l'oggetto, ovvero il mondo dell'esperienza empirica, e non il contrario. Questa impostazione trascendentale pone anche i limiti conoscenza umana: è sottoponibile ad indagine soltanto ciò che obbedisce al principio di non contraddizione e che sia legato alla nostra facoltà intuitiva. Quanto è accessibile alla ragione rientra nel campo del fenomeno, mentre la “cosa in sé”, o noumeno (ciò che è pensabile ma non può apparire in maniera sensibile), non potrà mai darsi alla conoscenza umana. Solo in questo modo i temi tradizionali della metafisica sono sottoponibili al vaglio della ragione e utilizzati quali punti di partenze per l'agire pratico. Questi limiti non diminuiscono, ma anzi aumentano la potenza della ragione stessa e la spingono alla ricerca fruttuosa, in quanto il perseguimento del noumeno, il quale funge da concetto-limite, rischia di 1 produrre contraddizioni e antinomie profonde. Perciò è illogico tentare di superare il mondo sensibile con le facoltà conoscitive disponibili all'umanità. Da ciò deriva il detto kantiano: “Dei noumeni non si dà scienza”. La “Critica della Ragion Pura” (1781) L'opera più conosciuta di Kant è dedicata all'analisi delle tre facoltà della conoscenza: 1) Sensibilità 2) Intelletto 3) Ragione Alla prima sono collegate 1 Estetica trascendentale” (dal greco aisthesis, ovvero sensazione) e l'intuizione, definita come la conoscenza immediata che raccoglie i dati sensibili, successivamente elaborati e strutturati in maniera coerente dall’intelletto. Il pensiero kantiano si concentra in particolare sulle condizioni “a priori” (spazio e tempo, dette intuizioni pure, e le categorie) di questa sensibilità. Viene sottolineata anche la differenza tra trascendente, empirico e trascendentale: trascendente è tutto ciò che è innato in noi, empirico è ciò che ha a che vedere con l'esperienza sensibile e trascendentale è tutto ciò che è a priori e viene utilizzato per produrre conoscenza, se applicato all'esperienza sensibile. AI secondo viene dedicata l’“Analitica trascendentale”, che indica come l'intelletto processa attivamente i dati passivamente recepiti dal mondo esterno. È la fase della conoscenza detta “discorsiva”, che punta a mettere in relazione e collegare i concetti (che siano puri e “a priori”, oppure empirici e “a posteriori”). Tali concetti forniscono le forme attraverso cui la conoscenza stessa non solo viene organizzata, ma si rende possibile, e vengono sintetizzati nelle 12 categorie. Le categorie sono modi attraverso i quali il nostro intelletto funziona in modo autonomo, e il filosofo afferma che: “Le categorie senza esperienza sono vuote, l'esperienza senza categorie è cieca”. L’“Io penso” rappresenta il principio unificante delle categorie, ed è descritto come pura attività o “appercezione pura”. Della terza si occupa la “Dialettica trascendentale”, in cui viene perseguito l'obiettivo di contestare le illusorie convinzioni della metafisica tradizionale, oltre ad esplicarsi con chiarezza i caratteri della “Rivoluzione copernicana”. Per compiere questo mutamento di prospettiva radicale bisogna portare la ragiona davanti a un tribunale in cui essa sia allo stesso tempo imputato e giudice. Il verdetto di tale tribunale è che quando la ragione è pura si possono formare dei ragionamenti che non portano ad alcuna conoscenza effettiva o vera, detti sillogismi. Dai sillogismi deriva l’antinomia della ragione pura: l'impossibilità di conoscere la verità su Dio, sull'anima e sul mondo. La ragione non crea concetti, ma si limita ad ordinarli e a dar loro l'unità raggiungibile da essi solo nella totalità della serie. L'intelletto non deve compiere l'errore di voler cogliere tale totalità, bensì deve diventare il quadro di riferimento entro cui ordinare, e perciò conoscere, i fenomeni. Questi ultimi per Kant sono sempre sussunti (cioè ricondotti in unità superiori) alle categorie del pensiero. Le idee della ragion pura non assumono così un uso costitutivo, ma regolativo: conducono l'intelletto verso uno scopo, in vista del quale le linee direttive delle sue leggi convergono in un dimostrare che tutto sia stato creato per un fine ultimo. Il filosofo descrive il bello come l'oggetto di un piacere disinteressato, e lo differenzia dal piacevole, dal vero e dal buono. Il bello, proprio perché corrisponde all’armonia, possiede un legame con il buono. Sempre grazie alla precedentemente nominata “Rivoluzione copernicana”, anche il bello dipende dal soggetto e non dall'oggetto: trovare qualcosa bella per noi ci fa automaticamente presupporre che tale oggetto sia stato creato per soddisfare la nostra concezione di armonia, nonostante non ci siano indizi oggettivi che possano farci giungere a tale conclusione. Il sublime è legato al giudizio riflettente, ovvero è soggettivo, e si divide in: 1) Matematico: che si esplica in un'estensione incomprensibile per la mente umana di tempo e spazio 2) Dinamico: concretizzato in una forza smisurata che si può manifestare in alcuni eventi naturali Nonostante sia riscontrabile nella natura, il sublime non vi appartiene in sé, ma deriva dall’autopercezione della limitatezza e finitudine umane. L'arte non produce le proprie regole da sé, ma è il genio che le impone ad essa. Per Kant il genio è dotato di un talento innato che va coltivato nella pratica, ma nonostante segua solo le sue regole non saprebbe dimostrarle scientificamente ed insegnare ad altri il proprio processo creativo. Storia, politica e diritto Secondo la riflessione politica kantiana ogni essere umano appare dotato di una “insocievole socievolezza”, che consiste nel sentirsi uniti agli altri componenti di una società, ma nel ricercare allo stesso tempo la propria felicità. Quest'ultima è perseguibile solo in maniera indipendente e solitaria. Kant distingue, inoltre, tra moralità e legalità. Il diritto si fonda su quest'ultima, poiché disciplina le azioni dei cittadini da un punto di vista unicamente esteriore. Oltre a un diritto positivo, consistente nella legislazione politica, esiste un diritto naturale innato. Quest'ultimo è il principio universale del diritto stesso, inteso quale libertà come indipendenza da ogni restrizione, nel rispetto dell'altrui libertà. Lo “Stato di diritto” rappresenta la realizzazione di tale libertà naturale, e perciò garantisce a tutti i cittadini di esercitare i propri diritti, senza danneggiare la possibilità degli altri di fare lo stesso. In “Per la pace perpetua” (1795) il filosofo arriva alla conclusione che la storia umana non proceda sempre in maniera lineare e verso un progresso certo, a causa della propria libera volontà, la quale permette sempre una qualche regressione. Esistono due piani per quanto riguarda il procedere della storia: quello della storia reale e quello della storia ideale. Il primo dovrebbe sempre ispirarsi al secondo per tentare di realizzarlo. In aggiunta a ciò, utopisticamente bisognerebbe ascoltare i dettami della ragione anche nei rapporti tra Stati, in modo tale da prevenire qualsiasi conflitto e rendere possibile la pace perpetua. Questo avverrebbe grazie a una confederazione di Stati liberi e sovrani, istituita secondo un principio cosmopolita.
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