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filosofia teoretica Dewey, Sbobinature di Filosofia

Rifare la filosofia- natura e condotta dell'uomo

Tipologia: Sbobinature

2018/2019

Caricato il 12/10/2019

Neko_
Neko_ 🇮🇹

4.5

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11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica filosofia teoretica Dewey e più Sbobinature in PDF di Filosofia solo su Docsity! FILOSOFIA TEORETICA LEZIONE DEL 9 APRILE 2019 NUOVA METAFILOSOFIA Dewey sviluppa una nuova concezione rinnovata di filosofia attraverso un confronto con la tradizione precedente, con l’idea che occorra ricostruire la nozione stessa di filosofia (rapporto non solo distruttivo rispetto alla filosofia classica ma anche una cornice teorica positiva). TESTO: RIFARE LA FILOSOFIA Parla della ricostruzione della filosofia appena citata. Il testo articola l’idea della funzione ricostruttiva della filosofia e dall’altro della necessità di ricostruire l’approccio alla filosofia: rapporto con la trad. precedente che deve essere ricostruita e dall’altro lato metodo stesso della filosofia secondo Dewey, cioè come lui vede la filosofia e come vuole sviluppare in positivo la concezione del processo filosofico=in che attività consiste la filosofia). ACCENNO A DEWEY- ALLA SUA FORMAZIONE Studia e si laurea in 1882. La sua formazione avviene sotto l’influenza di MORRIS (autore neohegeliano) quindi il referente principale è la filosofia classica tedesca. E anche PIERCE guarda alla filosofia tedesca e a Kant. James è corrente della corrente filosofica americana e statunitense. Il suo percorso di formazione quindi è segnato da 1) sbarco in America della filosofia classica tedesca 2) trascendentalismo che ha nei suoi esponenti EMERSON, che sono in polemica contro l’empirismo 3)metaphisical club che si riunisce a Cambridge nella prima decade degli anni 70 dell’800 CHARLES ANDERSTURS E WILLIAM JAMES (docente ad Harward) questi autori sviluppano interessi legati da un lato all’influenza su alcuni dell’idealismo tedesco e dall’altro dell’evoluzionismo->tentativo di consiliare evoluzionismo con la filosofia della natura e di proporre alternative nelle concezioni dell’evoluzionismo. Quindi abbiamo l’interesse per la scienza moderna e dall’altro la ripresa di motivi appartenenti all’idealismo tedesco che porranno le basi alla nozione di PRAGMATISMO CONTROVERSO. La funzione del pensiero è quella di produrre abiti di azione, idea applicata alla nozione di credenza=stati intenzionali cognitivi sono premesse dell’azione e hanno la funzione pratica di produrre abiti d’azione Abito= in senso filosofico rinvia alla nozione di disposizione stabile di comportamento (sviluppata da Aristotele nella sua metafisica, dove la disposizione era intesa come categoria metafisica). Questa nozione si applica sia alla virtù in senso morale sia agli stati cognitivi cioè anche le credenze siano da analizzare/ comprendere come disposizioni all’azione (PIRRS). A questa idea in PIRRS si connette anche l’idea, ripresa da JAMES, per cui le credenze (=disposizioni all’azione) sono funzioni di ordinamento rispetto ad uno stadio problematico, cioè nesso tra dubbio e credenza e ritiene che le credenze= funzioni che ordinano l’esperienza precedentemente lacerata dal dubbio, che attraversa un’attenzione problematica, quindi ha una funzione pratica perché ha una funzione di ordinamento dell’esperienza (è legata alla condotta). Le idee che lancia PIERCE sono riprese da JAMES. Egli ha la formazione scientifica e si interessa alla nascente psicologia e lo studio della psicoanalisi. Fonda un lab di psicologia sperimentale nel 1875. E inizia un lavoro che lo porta a scrivere la sua opera più importante nel 1890 in cui dalle basi filosofiche alla nuova psicologia sperimentale. A NOI INTERESSA: JAMES aderisce ALL’EVOLUZIONISMO ma, nello stesso tempo, lo pensa in termini differenti da quella di SPANCER. A JAMES interessa affrancare l’evoluzionismo dal DETERMINISMO FISIOLOGICO (O NATURALISMO DETERMINISTICO): pensarlo non in termini deterministici. Nella sua opera: Valorizzazione del carattere attivo della vita psichica =flusso di coscienza e vista come fenomeno naturale neurofisiologico in prospettiva naturalistica e valorizzazione del carattere Cioè lui analizza i processi neurofisiologici della vita psichica e gli interessa mostrare che hanno una struttura teleologica. I fenomeni naturali hanno una struttura interna che non si lascia spiegare solo dalla causalità meccanica ma richiede modelli finalistici. Quindi la vita psichica ha un carattere attivo e teologicamente strutturato. JAMES sostiene che la credenza va intesa a partire dalla volontà= gli stati cognitivi devono essere concepiti come aspetti del volere quindi in termini pratici; questa funzione pratica viene connessa all’ordinamento dell’esperienza. QUESTO HA CORRISPONDENZE CON IL PENSIERO PRIMO DI DEWEY Egli critica il materialismo determinista e fisicalista da un lato come metafisica e dall’altro critica la teoria della conoscenza di matrice empirista sensista. Divengono preda di un dualismo. Sono entrambe due forme di riduzionismo per lui. Nel 1894 Dewey si sposta all’università del Micchigan dove comincia ad interessarsi alla psicologia sperimentale, in particolar modo tendando in alcuni suoi scritti tenta di operare una traduzione sperimentale della nozione di esperienza derivata dalla nozione di esperienza Kantiana; tentativo di dare una traduzione naturalistica della nozione dialettica di esperienza che si accompagna anche in un articolo del 1886 in cui critica il dualismo anima-corpo e sostiene che il materialismo determinista e psicalista è ancora coinvolto in questo dualismo e valorizza, vicino a James, l’idea che l’attività dei circuiti nervosi abbia una struttura teleologica (spiegabili sia in termini meccanici stimolo-risposta ma che abbia termini di ritorno di natura naturalistica). L’interesse naturalistico lo spinge alla rilettura e ridefinizione del PARADIGMA NATURALISTA DI FILOSOFIA. È importante anche in questo periodo un saggio che si muove nel contesto della filosofia politica e sociale che da una forte importa in quello che sarà il suo atteggiamento perché IN QUESTO SAGGIO ESPONE LA SUA IDEA DI DEMOCRAZIA E DI FILOSOFIA SOCIALE democrazia=MODELLO ETICO DI UNA SOCIETà DI INDIVIDUI. È un modello che Dewey traduce in modelli organicistici. Dice che c’è uno stretto legame tra filosofia sociale e legame democratico inteso in senso etico. Si trasferisce all’università di Chicago. Periodo fecondo per la messa a punto delle sue idee. In particolare inizia a lavorare intensamente sulla filosofia dell’educazione con il tentativo di applicarne il metodo sperimentale alla scienza dell’educazione e impegnarsi nella messa appunto di lab di pedagogia sperimentale, da cui nascerà L’ATTIVISMO PEDAGOGISCO=rifondare la scuola e l’educazione come metodo di inserimento del bambino nella vita sociale, promuovendo la sua partecipazione attiva nella formazione (elemento intellettuale + elemento pratico); scuola=strumento di inclusione democratica; insegnamento deve essere attivazione delle capacità del bambino, apprendimento attivo non passivo. Un altro saggio: riflessioni sulla psicologia sperimentale. Nozione di arco riflesso tra stimolo e risposta e, dialogando con James e con alcune sue idee, Dewey critica l’idea che s-r sono concepiti all’interno della psicologia sperimentale cioè come 2 eventi distinti meccanicamente connessi. Sostiene che s-r =concepiti come fasi di un processo che chiama CIRCUITO ORGANICO, nel quale non possiamo identificare indipendentemente lo stimolo dalla risposta. S-r= FUNZIONI, non come eventi metafisicamente divisi ma come FUNZIONI DI UN PROCESSO. Questa idea sta alla base della corrente del FUNZIONALISMO PSICOLOGICO. FUNZIONALISMO SOCIALE. Nel 1904, si trasferisce a New York alla Columbia Univercity. Nel 1910 esce il suo libro “come pensiamo?” nel quale mette a punto l’etichetta per connotare la sua filosofia in quanto ritiene che il pragmatismo ha dato vita a troppe controversie. In questo libro Dewey utilizza la nozione di STRUMENTALISMO=il pensiero, insieme di stati cognitivi e credenze ma anche la logica, debba essere concepito come funzione pratica di ordinamento rispetto alla precarietà delle condizioni ambientali. Le credenze ci servono ad ordinare il materiale dell’esperienza e a stabilizzarlo di fronte all’incertezza. Ciò che porta allo strumentalismo è L’attività pratica, cioè connessa all’azione e alla necessita di organizzare l’esperienza. Secondo Dewey: questa attività pratica sia basata sul nesso mezzi-fini. Pensiero=strumento, mezzo di ordinamento dell’azione, ha una funzione strumentale di ordinare il caos dell’esperienza, ma questa relazione strumentale possiede la correlazione di mezzi e fini. L’azione quindi ha carattere strumentale ma applicare alla vita quotidiana (vs modelli condotti rispetto al modo in cui tradizionalmente deve essere affrontata la vita). Egli affronta come cruciare il RAPPORTO TRA LA MORALE E LA RICERCA. ENQUIRE= ricerca scientifica, non solo quella sperimentale in laboratorio ma è l’atteggiamento di ricerca intesa come attività (come processo attivo e non passivo) e come attività sociale che coinvolge gli individui in interazioni con altri individui in nesso cooperativo, in cui la cooperazione è importante per raggiungere conoscenze (non solo tramandarle) = METODO COOPERATIVO DELLA RICERCA DELLA CONOSCENZA. Questo atteggiamento, secondo lui dovrebbe essere esteso a tutte le branche del sapere. QUINDI TENSIONE TRA ENQUIRE E MORALE =fatto pratico di tipo socioculturale (cap. 7) MORALITY= non solo atteggiamento individuale quindi la situazione morale in cui si trova l’individuo che si trova di fronte a dei dilemmi e deve porsi il problema di agire in vista del bene. Egli non la intende come questione della condotta individuale. La intende dire che all’interno di una società con determinate premesse e in cui sono tramandate determinate tradizioni trasmette dalle istituzioni all’interno dai processi di socializzazione, c’è sempre una sorta di COSTUME MORALE, cioè le istituzioni trasmettono un certo atteggiamento sulle questioni morali agli individui, che si basano su premesse che riguardano tutto il contesto. La morale è un fatto – pratico= ha a che fare con l’azione, la volontà e l’agire, e socioculturale- perché le premesse dell’agire e del volere sono incastrate nelle premesse socioculturali e sono trasmesse in questo modo. Il PROBLEMA DEL SUO TEMPO: LA RICERCA SCIENTIFICA INTACCA SUL MONDO DELLA VITA CHE è ANCORATA ALLA MORALE CHE RIMANE LEGATO AD UNA SERIE DI COSTUMI E MODELLI PRATICI DI COMPORTAMENTO. Questo è l’elemento chiave di una situazione che Bordieu chiama ISTERESI= l’effetto di controtempo cioè il bagaglio (HABITUS PRATICO- COMPORTAMENTALI) tramandato di attitudini comportamentali interiorizzati da noi in determinate situazioni stanno in CONTROTEMPO= habitus che si erano formati per rispondere a condizioni oggettive rispetto a quelle presenti e quindi possono risultare DISADATTIVE ->ci impediscono di adattarci al nostro ambiente sociale, non come adeguamento passivo ma di adattarci in modo proficuo e creativo, di sentirci a proprio agio nel nostro tempo. Le abitudini sono diventate rigide perché ripropongono modi di comportamento che erano adatte a momenti passati e non riescono a modificarsi, trasformandosi così in ingessature che ci portiamo in giro. (QUESTO è IL TIPO DI SITUAZIONE CHE SECONDO DEWEY RIGUARDA IL RAPPORTO TRA SCIENZA E SOCIETà). Cioè abitudini vissute come distruttive rispetto il tempo presente. E la percezione degli effetti vengono commisurati alla base dell’idea che le questioni morali debbano essere affrontate indipendentemente dal contenuto concreto che devono venire ad affrontare. ->I PROBLEMI MORALI EVOLVONO COSì COME EVOLVONO LE RISPOSTE E NON TRAVASARE SEMPLICEMENTE LE ABITUDINI E RIPROPORLE. Le questioni devono portarci alla creazione di nuovi principi. L’IDEA DI DEWEY è: USARE IL METODO ENQUIRE PER LA RICERCA DI NUOVI PRINCIPI ADATTI PER RISOLVERE LE PROBLEMATICHE DELLA MORALE. IDEA DI FILOSOFIA COME RICOSTRUZIONE perché appunto l’idea è che, di fronte a situazioni problematiche, la filosofia debba svolgere un ruolo di INDAGINE VOLTA ALLA FORMULAZIONE DI NUOVI STRUMENTI INTELLETTUALI, per indagare situazioni differenti da quelle del passato e strumenti che richiedono una ricostruzione del nostro bagaglio acquisito. In questo senso la FILOSOFIA RICOSTRUITA= filosofia che, facendo propria il risultato dell’enquire portato avanti dalla scienza moderna e dalla sua prova pratica (che mette a disposizione strumenti che modificano il nostro modo di agire). La filosofia sta in continuità con l’esperienza scientifica in quanto interviene sulle questioni problematiche. Le questioni di cui si occupa la filosofia sono centrate sul rapporto del dissidio tra moralità e scienza e moralità e vita quotidiana e sono questioni che hanno direttamente a che fare con le nostre possibilità di azione. Insomma, l’impulso dell’enquire moderno, occorre rivedere una certa concezione metafilosofica che prima era basata sull’opposizione tra teoria e prassi (mentre adesso sono una questione unica). DEMOCRAZIA ED ENQUIRE SONO STRETTAMENTE LEGATE. Sulla base di questo impianto concettuale e di questa diagnosi del presente, Dewey, fa anche un’operazione retrospettiva nella quale rilegge in questa prospettiva la tradizione occidentale, perché deve fare vedere come si è costituita quella tradizione che adesso ha effetti sul suo presente. L’analisi del pensiero greco e analisi della scienza moderna servono per fare vedere le premesse che stanno alla base della tensione sopracitata. Per fare questa opera di retrospezione di tipo genealogico (come sono venute al mondo determinate concezioni che si sono impiantate poi nel senso comune intellettuale) va alle origini stesse della filosofia greca cioè la concezione aristotelica delle origini di determinati atteggiamenti. Aristotele afferma che la filosofia si origina dalla MERAVIGLIA sul chiedersi del perché delle cose, si basa su un ATTEGGIAMENTO CONTEMPLATIVO e apre la strada alla ricerca delle cause e dei principi delle cose. Dall’altra parte Aristotele afferma che l’uomo ha facoltà superiori a quelle degli animali perché gli umani hanno in più la memoria che consente di immagazzinare nozioni e altro che vengono generalizzate nella pratica sottoforma di schemi di azione e di generalizzazione pratica non consapevole -> da qui FILOSOFIA= COME CAUSA DEI PRINCIPI DELLE COSE. La filosofia guarda all’universale in quanto tale e si chiede qual è la natura di determinate generalizzazioni. 3 PUNTI IMPORTANTI: 1. DISTINZIONE TRA UOMO E ANIMALE = differenza antropologica connessa alla dimensione della memoria 2. DIMENSIONE DI GENERALIZZAZIONE PRATICA E LA TECNICA 3. RICERCA DELLE CAUSE MOSSO NON DA UN INTERESSE ED UN BISOGNO PRATICO (come quello che muove l’intervento produttivo di trasformazione del mondo) ma è mosso da UN IMPULSO SLEGATO DALL’INTERESSE Accenni sulla separazione della filosofia dall’arte. I filosofi greci sono rappresentanti del modello di filosofia artistica. La contemplazione è un prelievo dell’arte dato che si contempla il bello, che viene impiantato nella filosofia però, nel frattempo, la filosofia nega le sue origini da questo momento contemplativo ed emotivo. Quindi i filosofi “hanno rubato all’arte”. LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA = dell’attività conoscitiva è di TIPO SOCIALE E DI TIPO EMOTIVO. La filosofia nasce da un contesto sociale e da un contesto che ha RADICI EMOTIVE, non solo perché si connette e assorbe elementi dalla pratica dell’arte ma anche perché, secondo Dewey, l’atteggiamento che diventerà poi filosofico si spiega solo perché la MEMORIA è DISTINTIVA DEGLI ESSERI UMANI. QUINDI L’IDEA: SE NOI VOGLIAMO CHIEDERCI QUALE SIA LA NASCITA DELLA FILOSOFIA, prima di guardare alla razionalità della ricerca delle cause e dei principi, prima dobbiamo guardare a qualcosa di sotteso quale la memoria (no memoria, no filosofia, perché la memoria è un elemento distintivo). LA MEMORIA ha un carattere emotivo e pratico prima che intellettuale. MEMORIA= sistema di conservazione di rappresentazioni del mondo; e piuttosto un sistema pratico non neutro: la memoria tiene traccia del mondo attraverso dei filtri attraverso chi ricorda. Parla non solo della memoria intesa INDIVIDUALMENTE ma anche come QUALCOSA CHE VIENE CONDIVISO. Parlando di memoria non parla del ricordo delle nostre esperienze passate (la memoria presuppone un sistema di immagazzinamento di informazioni e quindi presuppone il ricordo= riattivazione puntuale di un evento che viene ripescato dal “pozzo della memoria”). Oltre questo, la memoria contiene anche procedure di schemi di attivazione corporea che possono includere anche le conoscenze. La memoria, in questo senso, non può essere concepita solo in termini di contenuti cognitivi e connessa con l’attivazione corporea dei nostri movimenti e ha una connotazione fortemente emotiva. Il secondo aspetto che interessa a Dewey della memoria ha a che fare con la MEMORIA CONDIVISA. Lui parla di MEMORIA CULTURALE = tramandata attraverso gli abiti e le istituzioni; ha un carattere simbolico. La centralità della memoria come elemento di differenza con gli altri animali ha a che fare con il fatto che la memoria umana ha una struttura narrativa e rappresentativa: non consiste in fotografie statiche ma collega gli elementi all’interno di trame che si svolgono nel tempo da un inizio e una fine passando attraverso uno svolgimento. [la trama è centrale nella costituzione della memoria, e della metafisica in quanto le sue categorie sono narrative]. La memoria ha la FORMA DI UN PLOT NARRATIVO= modalità attraverso cui immagazziniamo le informazioni. (LINGUAGGIO= mezzi espressivi di tipo figurativo che vengono utilizzati nella costruzione dell’esperienza.) La memoria è NARRATIVA E FIGURATIVA. Attraverso di lei si costruisce la memoria condivisa e culturale che serve per tramandare abitudini e comportamenti. La razionalità ha un suo ruolo nell’organizzazione dell’esperienza ma essa è organizzata principalmente da un modo simbolico. Aristotele aveva ragione a cercare le ragioni delle cose, la filosofia fa questo sulla base di condizioni emotive, ma la filosofia emerge anche in un contesto sociale organizzato attraverso forme narrative e simboliche che ordinano la vita e quindi la filosofia che emerge in questo tipo di contesto, in cui predominano forme di organizzazione simbolica dell’esperienza comune, hanno assunto statuto normativo, nel senso che i modi collettivi di concepire la vita espressi dai simboli della religione, delle istituzioni e dell’arte si sono generalizzati e tradotti da un potere politico sul quale si appoggiano (esiste già il modo di concepire la vita quando nasce la filosofia). La filosofia nasce sullo sfondo di concezioni collettive sulla vita di gruppo. GLI ALTRI ELEMENTI DI DIFFERENZA NELL’ANALISI DI DEWEY SONO: il contesto nel quale sorge la filosofia greca è anche un contesto nel quale le attività produttive tecniche hanno già dato vita ad un bagaglio di conoscenze articolato di generalizzazioni pratiche. Lui sottolinea che L’ORIGINE STORICA DELLA FILOSOFIA GRECA SI HA IN UN MOMENTO DI TENSIONE TRA LA MEMORIA COLLETTIVA CONDIVISA E TRAMANDATA DALLE ISTITUZIONI E IL SAPERE PRATICO EMERSO NELLA DIMENSIONE DELL’AGIRE ARTIGIANALE E DEI COMMERCI. Lo sviluppo economico delle città greche gioca un ruolo importante e l’affermarsi di una classe commerciale, derivante anche dallo sviluppo delle colonie, diventa parte di un sapere pratico che entra in conflitto con il sapere tradizionale. QUESTO CONFLITTO TRA IL SAPERE IMPLICITO/PRATICO/ TECNICO E IL SAPERE TRADIZIONALE/SIMBOLIZZA UNA MORALITA’ COMUNE E CHE VEICOLA I COSTUMI TRADIZIONALI coinvolge differenti gruppi sociali e il ruolo che ricoprono nelle città greche. Conflitto tra artigiani e contadini contro la classe superiore dei guerrieri che gode di diverso tasso di inclusione. E i sofisti che erano visti male perché si facevano pagare per la loro erogazione di sapere, che promuovevano modelli di comportamento differenti da quelli tramandati. È ANCHE UN CONFLITTO TRA GRUPPI SOCIALI DIFFERENTI. ALL’INTERNO DI QUESTO CONTESTO (tensione tra gruppi sociali, tensione economica, tensione tra saperi), DEWEY: la filosofia interviene come un tentativo di RICOSTRUIRE e sviluppa un metodo basato sulla razionalità per ricostruire. Quindi la filosofia greca nasca DA UNA ESIGENZA RICOSTRUTTIVA a causa di questi conflitti sociali, come tentativo DI RESTAURARE LA MORALITA’ TRADIZIONALE DI FRONTE IL SAPERE TECNICO. Sotto questa pressione, la filosofia di Platone e di Aristotele si propone come logica razionale di ristrutturazione della morale tradizionale. Dewey sostiene che la filosofia platonico-aristotelica nasce da questo impulso a restaurare l’ordine tradizionale su bare razionale (restaurare i vecchi principi piuttosto che proporne di nuovi). [La filosofia si basa su un approccio contemplativo che utilizza la ragione]. Il sapere razionale, basato sulla ragione, viene visto come un sapere epistemico = il sapere teoretico (proprio di coloro che sono sciolti dalla necessità pratica) è un sapere che ambisce a trasformarsi in possesso stabile, INVARIANZA E IMMUTABILITA’ ->nozione di EPISTEME=sapere che sa, che rappresenta il vertice della SCIENZA perché ambisce e culmina nel processo stabile delle conoscenze e la cui stabilità e garantita dalla stabilità dell’oggetto su cui verte (invarianza dell’oggetto). IL SAPERE FILOSOFICO SI QUALIFICA COME SAPERE SUPERIORE PERCHHE’ INDAGA OGGETTI IMMUTABILI E STABILI, rispetto tutti gli altri saperi, che sono mutevoli perché indagano oggetti mutevoli ed instabili. Il sapere filosofico è universale (non è particolare come quello dei tecnici che cioè qualcosa che segnala all’organismo l’interruzione di un precedente pattern di azione e la necessità di riorientarlo. La sensazione ha un CARATTERE SENSOMOTORIO, funzione pratica di orientamento (PAG 42)= LA SENSAZIONE è LEGATA AL MOVIMENTO, è un’opportunità di azione per l’organismo. L’ESPERIENZA DEVE ESSERE ANALIZZATA NON Più A PARTIRE DALLA CONCEZIONE EPISTEMOLOGICA CHE PRIVILEGIA IL FATTO CHE è PORTATRICE DI CONTENUTI DI CONOSCENZA MA DAL FATTO CHE L’ESPERIENZA HA A CHE FARE CON CONNESSIONI ADATTIVE DEL FARE E DEL SUBIRE. Questa dimensione sensomotoria dell’organismo-ambiente è una dimensione cognitiva perché l’organismo registra le informazioni sull’ambiente e gli danno dei segnali su come muoversi in quel tipo di ambiente. Dewey sostiene che le categorie gnoseologiche (elaborate dalla teoria della conoscenza) sono di tipo secondario: cioè sono funzioni di analisi più specifiche rispetto ad interazioni motorie attraverso il quale si rendono possibili e sono tutte le interazioni attraverso le quali l’organismo si mantiene in vita. Dire che l’esperienza ha un carattere pratico vuol dire che è connesso alle esigenze dell’organismo che deve organizzare la sua esperienza per mantenersi in vita. Su questa base, secondo Dewey, si arriva ad una NUOVA NOZIONE DI ESPERIENZA: NO COME ESPOSIZIONE PASSIVA O CHE RICHIEDE UN’ORGANIZZAZIONE DELL’ALTO (come il modello Kantiano) MA COME DICE DEWEY (pag 45) MEZZO DI AUTOREGOLAZIONE COSTRUTTIVA=un processo che si autoregola costruttivamente e attivamente dal quale sorge L’IDEA DI INTELIGENCE OPERATIVA E PRATICA. Lui non vuole svalutare la componente intellettuale che può sorgere dall’esperienza ma sta dicendo che questa componente nasce dalla dimensione operativa. La filosofia moderna nella quale la teoria della conoscenza si è sviluppata come critica della metafisica classica, si passa dalla teoria dell’essere alla teoria della conoscenza. In una certa misura LA TEORIA DELLA CONOSCENZA DIVENTA LA FILOSOFIA PRIMA. Secondo Dewey questo passaggio in cui la GNOSEOLOGIA PRENDE IL POSTO DELLA METAFISICA in realtà eredita molto dalla metafisica la funzione compensatrice e restauratrice (la teoria della conoscenza serve per puntellare quell’idealismo teologico che la scienza moderna tendeva a mettere in discussione). E quindi L’IDEALISMO TEOLOGICO OGGETTIVO DELLA FILOSOFIA CLASSICA è ciò che anche la FILOSOFIA MODERNA DELLA CONOSCENZA TENDE A RIPRISTINARE: tentativo di legittimare di nuovo l’idea di un mondo dove l’io è una condizione di adeguamento della sua condizione. È un tentativo di dare una base razionale ai contenuti delle vecchie credenze. Dewey tende a RIPROPORRE LA DICOTOMIA TRA TEORIA E PRASSI. SE DA UN LATO, la teoria della conoscenza moderna ha riproposto un modello teorico conteplativo del conoscere dall’altro lato ciò che bisogna valorizzare dell’impresa scientifica nella sua connessione tra sapere tecnico e sapere scientifico è una diversa CONCEZIONE DELL’INTELIGENZE COME ENQUIRE, come pratica dell’enjudgment. [LEZIONE DEL 16 APRILE 2019] La sensazione è sensomotoria. Su questa base egli sviluppa il pattern dell’intelligence e intesa come pratica della condotta di ricerca. Condotta che dimensione abituale della condotta cioè quella che modellano i nostri atteggiamenti individuali e volitivi. È necessario da questo punto di vista analizzare come le forme di condotta abituali si diramano nei vari aspetti dell’esperienza umana e come si modificano. La filosofia moderna ha a che fare con una nozione di intelligence che è sostituzione delle abitudini statiche che hanno a che fare con i modi di procedere “autocorrettivo” =correggersi nel corso del processo della loro applicazione.<- è IL PUNTO CENTRALE, significa anche capacità del pensiero di modificare i suoi assunti. Un altro aspetto importante della CONCEZIONE DELLA CONOSCENZA COME PROCESSO AUTOCORRETTIVO è l’idea che l’intelligence pratica che emerge nella moderna comunità scientifica e il modello epistemologico adatto a concepirla è quel modello che concepisce l’universalità della scienza in modo diverso: il modello classico= la conoscenza si distingue in virtù dell’universalità da cui si differenzia dalla tecnica, e l’universalità veniva intesa come sapere che non può essere diverso da ciò che è. Questi due aspetti dell’universalità si agganciano alla logica aristotelica. Secondo Dewey, la scienza spiega l’universalità se non che a suo avviso, c’è una diversa concezione dell’universalità basata adesso sul modello del processo e della relazione=la teoria tanto più sarà universale in quanto capace di essere viva e cioè avere capacità di cambiare, modificarsi e crescere in base alle dinamiche – VISIONE FALLIBILISTA DELLA CONOSCENZA- la scienza resiste alla prova della confutazione e si modifica in relazione al processo. Processo di scoperta e di messa alla prova pratica dell’esperienza e della confutazione della teoria stessa, la quale caratteristica di universalità sta nel poter essere confutata e fallibile e di essere capace di sopravvivere alla prova della ripetizione in altri contesti (perché la teoria scientifica può essere sottoposta alla processualità della ripetizione della messa alla prova, così come durante gli esperimenti scientifici). L’universalità permette di offrire aspetti che possono essere riprodotti, così questo ne dimostra la sua validità scientifica. Questo è correlato alla concezione della ragione come autocorrettiva che è intrinsecamente connessa all’azione=ha a che fare con il ragionamento scientifico e con l’avanzamento di ipotesi che possono condurre ad una pratica operativa che sono in connessione con l’azione. E in più LA RAGIONE IN QUANTO INTELLIGENZA AUTOCORRETTIVA CHE HA CARATTERE PROCESSUALE LEGATO ALLA NECESSITA’ DI AZIONE, il ragionamento scientifico è il modello più articolato del modo in cui la ragione già opera normalmente nel modo in cui viviamo la vita. Dewey sostiene che la RAGIONE IN QUANTO INTELLIGENCE PRATICA ha fondamentalmente anche UN INTERESSE EMANCIPATIVO= è volta ad affrontare le necessità di azione e tende ad emanciparti dall’ambiente (renderci capaci di dominare l’ambiente nel quale ci troviamo) ed è uno strumento di emancipazione del genere umano (emancipazione=liberarsi da qualche tipo di dipendenza, è già propria della struttura della ragione ed è connessa alla scienza filosofica e alla scienza sperimentale). Queste esperienze sono strumentali rispetto al controllo dell’esperienza stessa. È interesse della filosofia in quanto si occupa della società. In “Ricostruire la filosofia” troviamo sempre questa visione che è applicata a vari aspetti dell’enciclopedia filosofica. Fino ad adesso abbiamo visto la storia della filosofia e la gnoseologia. MODELLO FILOSOFICO A CUI LUI ASPIRA è IL CAMBIO DI MARCIA CHE PROPONE, in questa prospettiva in modo sintetico presenta le conseguenze che tale approccio avrebbe sugli altri rami dell’enciclopedia filosofica (come la logica e la critica, insieme ad un altro mucchio di cose). COME L’ENQUIRE CONCEPISCE LA LOGICA (la critica alla logica) La logica quando è formalizzata piuttosto che corrispondere a verità eterne e sussistenti ha a che fare con una sistematizzazione metodica delle disposizioni della pratica. Ritiene che la logica ha origine empirica =il materiale dell’esperienza sono i contenuti della logica. [sarà lo stesso capito del libro?] L’idea è che quando la logica analizza le forme del ragionamento la domanda che si pone lui è “qual è la natura delle leggi logiche?” ed ipotizza varie risposte: non sono descrittive del processo del pensiero= non descrivono effettivamente come pensiamo perché la logica interviene ex post a ciò che è accaduto (esperienza)[carattere retrospettivo]. È l’esperienza che fornisce il materiale alla logica. LO STATUTO DELLA LOGICA NON è DIRCI COME DOVREMO PENSARE MA LA LOGICA INTERVIENE COME STRUMENTO DI DISCERNIMENTO ANALITICO ATTRAVERSO IL QUALE SCOMPONIAMO Ciò CHE ABBIAMO FATTO, ma non è la descrizione di ciò che abbiamo fatto e non è ciò che ci guida alle azioni successive [LOGICA COME TEORIA DELLA RICERCA]. QUESTIONE DELLA VERITA’ (PAG 137) Intuizione di base è che la verità è la proprietà fissa delle cose e la teoria è vera perché si basa sulla proprietà intrinseca delle cose, l’intuizione che lui presenta è che LA VERITA’ è UNA MODIFICAZIONE AVVERBIALE DELL’AZIONE=vero è ciò che ci guida veramente, cioè la verità esprime una modalità dell’azione di verifica =LA VERITA’ è SODDISFAZIONE E UTILITA’. Sottolinea che la verità della teoria sta nel suo poter essere verificata. [PRAGMATISTI: una teoria è vera solo quando si dimostra utile praticamente]. Per lui LA VERITA’ è CONNESSA CON IL PROCESSO DI VERIFICA SPERIMENTALE [CONCEZIONE FALLIBILISTICA DELLA TEORIA CONNESSA AD UN METODO SPERIMENTALE DI VERIFICA]. “Rifare la filosofia”: CONNESSIONE TRA TEORIA E PRASSI che ha significato in diversi aspetti dell’enciclopedia filosofica. Uno di questi aspetti è LA TEORIA MORALE=IL SIGNIFICATO DELLA MORALITA’. LA NATURA DELLA DIMENSIONE IDEALE Riguarda sia la concezione della moralità sia la concezione della filosofia. L’ideale e la funzione dell’idealizzazione attraversa la concezione teorica della ragione. La tradizione metafisica, secondo Dewey, tende a concepire l’ideale come un regno separato e indipendente [metafisica di Platone] e con l’Aristotelismo si differenziano, ma queste differenze non sono così rilevanti. La metafisica aristotelica concepisce l’idealizzazione= COMPENSAZIONE DELL’IMPERFEZIONE DELLA REALTA’. Dewey non nega che questa funzione abbia la sua utilità, basta non cambiarlo con l’esistenza di quello che viene idealizzato: ciò che viene idealizzato non deve venire scambiato con la realtà sussistente. Idealizzazione del bene=fine ultimo dell’azione Modello deontologico kantiano: morale no perseguimento felicità ma ha a che fare con il conseguimento della morale VS concezione teleologica della morale ma di finisce con idealizzare la norma morale come se fosse qualcosa di sussistente. [frattura tra ideale e reale] La critica che lui fa delle concezioni deontologiche della morale sia delle concezioni teleologiche della moralità sono basate sull’idea che entrambi i versanti ricadono IN UNA FALLACIA IDEALISTICA che finisce per assumere l’esistenza dell’ideale come un dato universale. Non propone di abbandonare la dimensione dell’ideale ma ritiene che l’ideale in quanto idealizzazione è sempre un filtro immaginativo dell’esperienza per soddisfare esperienze emotive e desideri. Ideale=idealizzazione come possibile modificazione del reale, e possibile revisione delle nostre pratiche, che può essere definito come tale sono concretamente dentro una determinata situazione. Per questa ragione non possiamo affrontare problemi nuovi solo applicando i principi vecchi. LA MORALITA’ non può procedere attraverso l’applicazione di teorie morali date ma debba procedere SPERIMENTALMENTE: deve muovere dalle situazioni date e in base alla sua situazione e alla sua moralità, specificare il modo in cui possono essere risolti i problemi di queste situazioni pongono. Ha una dimensione CONSEQUENZIALISTA perché ne dobbiamo ricercare i principi per risolvere i problemi. • L’IDEA è LA CRITICA DELLA FALLACIA IDEALISTICA DELLE TEORIE MORALI DI TIPO DEONTOLOGICO E TELEOLOGICO • CRITICA DEL PLURALISMO (non ci sono beni particolari ma solo beni plurali) • CRITICO DELLA SEPARAZIONE TRA BENI NATURALI E BENI MORALI. Queste condizioni sono soddisfacenti perché la moralità ha a che fare con fatti della nostra vita. La sociologia è la materia giusta per trattare la morale. Concepire la moralità come qualcosa che si astrae dalla natura. MORALITA’=INSIEME DI FATTI CHE HANNO A CHE FARE CON LA NOSTRA NATURA BIOLOGICA. Da questo punto di vista, la teoria morale e la teoria scientifica sono in continuità: per studiare la morale sono utilissime le scienze naturali e la psicologia perché ci istruiscono delle condizioni naturali del ragionamento morale e fanno parte della nostra vita. APPROCCIO NATURALISTICO ALLA MORALE ->idea di una forma DI IMMANESIMO NATURALISTA. NATURALISTA= concepire il vissuto come un organismo vivente, e postulare una continuità di metodo tra la filosofia e la scienza naturale: il metodo della filosofia nell’indagine morale è un continuo con quello della scienza sperimentale [IL METODO DELL’ENQUIRE]. • La conoscenza come processo in crescita è importante: la vita morale è questione di esperienza e processo di crescita [GROWT=processo organico di crescita e ricostruzione che riguarda la natura • SCHEMI DI COMPORTAMENTO ACQUISITI CHE SI INCORPORANO NELL’INDIVIDUO IN QUANTO AGENTE: [ANVIDMENT=INCORPORAZIONE] quando noi acquisiamo delle abitudini mentali (come l’abitudine a pensare, per esempio, o l’abitudine ad avere delle credenze) è qualche cosa che ha degli effetti sulla configurazione del corpo nel senso che si materializza in una data area cerebrale e ci saranno delle specificità in base all’area cerebrale coinvolta. Le abitudini possono retrocedere portando a modifiche del corpo, cioè credo che si possa cambiare schema acquisito (il contrario della donna che non accavalla le gambe). Acquisire un’abitudine significa dare forma al nostro corpo ed incorporare qualche cosa, anche incorporare un elemento esterno. L’organismo, interagendo con l’ambiente anche in modo sociale, incorpora aspetti di quell’ambiente con cui interagisce (PAG 22), è COME SE aspetti dell’ambiente diventino aspetti del nostro corpo. Questa idea di INCORPORAZIONE è importante perché sta ad indicare come l’ADATTAMENTO è UN PROCESSO PLASTICO ED è UN PROCESSO BIDIREZIONALE, ed è anche un PROCESSO DI ADATTAMENTO DELL’AMBIENTE: la cultura intesa come dare forma al mondo e costituire l’ambiente sociale modellato dalle nostre. L’ambiente sociale configurato da noi e anche dalle istituzioni diviene una seconda natura, ed è il termine di riferimento della nostra interazione-> si forma eredità culturale perché interagiamo con il risultato dell’integrazione dei nostri predecessori con l’ambiente. Tutto questo sta a che fare con l’assunto che le ABITUDINI SONO ADATTAMENTO ALL’AMBIENTE TRAMITE UN PROCESSO PLASTICO (gli individui si adattano all’ambiente e gli danno una forma). • SONO DISPOSIZIONI (=TENDENZE ALL’AZIONE) ACQUISITE DELL’INDIVIDUO INDIVIDUALMENTE. • DIPENDONO DA CONDIZIONI ESTERNE • HANNO CONDIZIONI CORPOREE MATERIALI CHE NON SI LASCIANO RIDURRE A DISPOSIZIONI INDIVIDUALI. Es: il modo in cui un individuo cammina è frutto degli schemi corporei che il suo organismo ha sviluppato per camminare, ma anche sviluppati rispetto all’ambiente. Se si vuole cambiare l’abitudine si deve agire anche sulle condizioni che innestano quella determinata disposizione corporea (non è che si può dire “da domani smetto di fumare”, anche se qualcuno ci riesce grazie alla sua volontà). In base all’ambiente in cui si vive è più facile o più difficile cambiare un’abitudine perché essa è sempre connessa con le disposizioni esterne. ALCUNE CARATTERISTICHE DELL’ABITUDINE: (PRIMI 2 CAP) 1. CARATTERE AFFETTIVE= sono affezioni: è qualche cosa di cui noi siamo affetti, presi da qualche cosa, noi siamo dentro questa cosa. (aspetto di passività) l’abitudine governa l’uomo prima di un controllo razionale. Hanno anche una DIMENSIONE EMOTIVA che coinvolge l’individuo 2. CARATTERE PROPULSIVO= se ci sono le condizioni appropriate tendono a fare quella cosa che le condizioni innescano, tendenza a produrre schemi di comportamento sia attivi che passivi. Sono schemi di azione che ci prendono e che sono parte del nostro modo di essere. Hanno una forza che ci spinge alla condotta, in questo senso sono legate alla dimensione pratica dell’azione. 3. CARATTERE IMPERIOSO= sono qualcosa che ci comandano di fare qualcosa in particolare, cioè, Dewey sta dicendo che le abitudini sono centrali per comprendere cos’è la VOLONTA’ E IL VOLORE=FACOLTA’ CHE CI COMANDA DI FARE QUALCHE COSA. La struttura della volontà richiede, dal punto di vista strutturale, l’abitudine perché ci dice che può emergere l’elemento di imperiosità (CAP2). NESSO TRA ABITUDINI E VOLONTA’. Dewey mira a ricostruire la nozione di attività pratica=sfera del volere, comportamento morale. Con questi 3 caratteri, le abitudini sono predisposizioni acquisite da un certo numero di abiti precisi. Un certo numero di abiti specifici porta alla formazione di una predisposizione, in quanto acquisite, le abitudini sono attività influenzate dalle attività precedenti. ES: se ho l’abitudine di suonare uno strumento, questa predisposizione è il frutto di abitudini precedenti. L’AZIONE= atti prodotti da agenti. Le attività umane in generale (vegetative, attive) e le azioni nel senso filosofico del termine cioè quelle di individui che scelgono come agire, sono sempre attività che si svolgono nel contesto del precedente momento di attività. Le abitudini sono LA BASE DELL’AZIONE E DI TUTTE LE NOSTRE ATTIVITA’, da quelle corporee a quelle pratico-strumentali a quelle cognitivo-mentali. In questo senso LE ABITUDINI SONO IL NUCLEO DI FORMAZIONE DELL’ESPERIENZA UMANA. (PAG 27) LA NOZIONE DI ABITUDINE è COSTITUTIVA DELLE ATTIVITA’ UMANE (CAP 1-2). Noi siamo soggetti che richiedono che la plasticità costruisca degli schemi. Nella definizione delle abitudini, come insieme delle 3 caratteristiche precedenti, così intese le abitudini sono concepite come MEZZI ATTIVI= sono funzionali alla costruzione dell’esperienza, con cui noi creiamo dei fini; coordinano insieme sia l’aspetto della strumentalità sia quello della finalità. Se tutto questo è vero, IL DUALISMO TRA MEZZI E FINI NON ESISTE MA DEVONO ESSERE VISTI COME ASPETTI DIVERSI DELL’ANALISI DELLA STESSA COSA.
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