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Filosofia tra Cinquecento e Seicento (Cartesio, Hobbes e Locke), Sintesi del corso di Filosofia

Riassunto di filosofia per il 4 anno di liceo ricco di esempi e aneddoti per facilitare lo studio.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 22/07/2022

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Scarica Filosofia tra Cinquecento e Seicento (Cartesio, Hobbes e Locke) e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! CARTESIO il padre della filosofia moderna Nasce nel 1596 nel contesto della rivoluzione scientifica che aveva stravolto la visione tradizionale del mondo grazie a Copernico, Bacone e Galileo. La grandezza di Cartesio sta nell’aver messo al centro del dibattito filosofico l’uomo e la conoscenza. La sua particolare posizione è alla base del razionalismo moderno: la corrente filosofica che assegna alla sola ragione il compito della ricerca della verità. Il pensiero di Cartesio è indispensabile nel passaggio dal Rinascimento all’età moderna. La filosofia deve rispondere a esigenze di tipo pratico, deve orientare l’uomo. Cartesio vuole formulare un metodo con regole sempre valide. Ha una visione dualistica della realtà: • Sostanza pensante (“cogito ergo sum”) • Sostanza corporea (è estesa, determinata meccanicamente) Cartesio mette in dubbio qualsiasi conoscenza, dice che potrebbe essere ingannato (sogno, illusione). Quello che percepisco potrebbe essere ingannevole, allora Cartesio dice che la garanzia della veridicità della mia conoscenza mi deriva da Dio (Dio è buono e non mi può ingannare). Secondo Hegel con Cartesio si sono risolti problemi che caratterizzavano la filosofia precedente. Cartesio è stato un protagonista della rivoluzione scientifica; ha creato un piano fondato sul meccanicismo, con riferimento all’aspetto quantitativo, un forte determinismo (principi causa effetto). Cartesio va alla ricerca di un nuovo metodo per andare oltre la fisica aristotelica. La matematica era l’unico strumento per cogliere la struttura del mondo. Galileo si era limitato alla differenziazione tra proprietà soggettive e oggettive senza giungere alla metafisica. Cartesio parla di matematica, di fisica ecc ma vuole tirar fuori gli aspetti migliori di queste scienze. Cartesio si è occupato di problemi di matematica e fisica applicando il suo metodo per condurre bene la ragione, per cercare la verità nelle scienze. Ha avuto una grande attenzione verso l’uomo e la conoscenza. Nel “Discorso sul metodo” polemizza contro tutto il sapere: la filosofia non è stata in grado di fornire una conoscenza adeguata. Cartesio critica anche la logica aristotelica ma non respinge il sillogismo aristotelico (dice solo che se ne è stato fatto un uso incorretto). Cartesio comunque non vuole invadere un campo in cui la Chiesa ha sempre voluto avere il controllo: le verità rivelate sono superiori all’intelligenza umana. Non è necessario essere dotti per salvarsi. VITA IN BREVE Nato nel 1596 a Decartes. Entrò nel collegio dei gesuiti e successivamente mise in discussione la loro impostazione e la loro interpretazione dei testi classici. Studiò diritto all’università di Poitier e poi si arruolò nella guerra dei 30 anni. Si recò in Germania dove entrò nell’esercito del duca di Baviera e si rese conto di quanto il sapere insegnato nelle scuole fosse poco vicino alla realtà (molto più vicini alla realtà erano i semplici ragionamenti che un uomo può fare sulle cose che lo circondano). Decise di sbarazzarsi di tutte le sue conoscenze con l’intenzione di recuperarle solo dopo il controllo tramite la ragione. Nel novembre del 1619 ebbe tre sogni rivelatori che innescarono la sua riflessione filosofica. Nei sogni si vedeva un libro con una scritta: “quale percorso di vita seguirò?”. L’illuminazione di cui parla Cartesio si fonda su una “scienza mirabile” che deve essere in grado di rispondere alla domanda “quale metodo seguire per la ricerca della verità?”. Cartesio a Parigi si occupò di matematica, morale e fisica. Scrisse “le regole nella direzione dell’ingegno”. Si trasferì poi nei Paesi Bassi, paese più tollerante della Francia; nel trattato “il Mondo” appoggiava le idee copernicane ma decise di non pubblicarlo visto ciò che era accaduto a Galileo: Cartesio infatti non aveva fiducia in un possibile cambiamento della Chiesa. Nel 1637 scrisse “Il discorso sul metodo”, la sua opera più importante (regole del metodo, i principi della metafisica, idea di meccanicismo, precetti di morale), come introduzione a tre saggi di contenuto scientifico: • Le meteore → fisica • La geometria → matematica • La diottrica → fisica+matematica Nel 41 escono poi le “Meditazioni metafisiche” dove approfondisce alcuni temi già trattati nel discorso sul metodo. La sua ultima grande opera è il “Trattato sulle passioni dell’anima”; andò in Svezia da Cristina di Svezia (figlia di Gustavo Adolfo) per metterla al corrente della sua filosofia. Cartesio morì proprio mentre stava facendo lezione a Cristina a causa delle basse temperature presenti nel castello (altre voci dicono che sua stato avvelenato con dell’arsenico). La Chiesa cattolica era ostile nei confronti di Cartesio anche dopo la sua morte (accusato di ateismo): l’intera opera di Cartesio venne messa all’indice. Il metodo della nuova scienza Secondo Cartesio, per raggiungere la verità bisogna risalire alle cause prime da cui dipende la realtà; perciò non bisogna limitarsi a considerare le cause di alcuni effetti osservabili in natura perché la filosofia è in primo luogo metafisica. Nell’ “Principi di filosofia” afferma che l’albero della filosofia ha le radici nella metafisica, il tronco nella fisica e i rami rappresentano tutte le altre scienze e la morale. Lo strumento della metafisica è la ragione che elabora un metodo per distinguere il vero dal falso. Cartesio vede la matematica non come una singola disciplina ma come uno strumento universale (“mathetis universalis”) che permette all’uomo di comprendere la realtà. La matematica abitua la mente a “cibarsi della realtà” Cartesio parla di metodo matematico che non riguarda la matematica tradizionale (non costituisce un sistema logico ma appare come dimostrazione superficiale) e critica la frammentazione nei diversi settori del sapere. Le conoscenze matematiche hanno un grado di certezza superiore alle altre scienze. Cartesio vuole uno strumento per la conoscenza che dia vita ad un metodo filosofico nuovo. Le regole del metodo cartesiano: →laregola dell ' evidenza: devono essere accolte come vere solo le idee che si presentano in modo chiaro (accolto dalla mente in modo completo senza che ci siano delle parti “oscure) e distinto (l’idea è ben delimitata dalle altre idee). Ciò che è evidente non lascia dubbi. →laregoladell ' analisi: dividere ogni problema nelle sue parti elementari e risolverlo in problemi + semplici. →regoladella sintesi: bisogna disporre i pensieri in un ordine che va da una minore ad una maggiore complessità. Quindi vado a ricomporre il problema con la conoscenza di ogni sua parte. →regoladell ' enumerazione completa: bisogna enumerare tutti gli elementi dell’analisi così da essere sicuri di non aver tralasciato nulla e rivedere di non aver fatto errori nella sintesi. IL DUBBIO METODICO: Cartesio mette in dubbio tutto ciò che normalmente consideriamo vero anche se non arriva al dubbio perenne degli scettici che ritiene inutile; questo dubbio metodico deve portare alla verità. I sensi spesso ci ingannano (un bastoncino in un bicchiere d’acqua sembra piegato ma in realtà non lo è). “Falsus in uno, falsus in omnibus”→ se i sensi mi hanno ingannato una volta potranno ingannarmi sempre. Principio del sogno→ nei sogni si hanno percezioni simili a quelle che abbiamo da svegli; ci sono alcune conoscenze che sono vere sia quando sogniamo sia quando siamo svegli ( sono le conoscenze matematiche es. 2+2=4). Ma chi ci assicura che la nostra vita non sia un sogno continuo? Tutte le conoscenze possono essere messe in dubbio perché ci può essere un genio maligno che ci inganna facendoci apparire chiaro ed evidente ciò che è assurdo. Il dubbio allora deve invadere ogni campo del sapere e per questo diventa iperbolico. Tuttavia per ingannarmi o per essere ingannato io DEVO ESISTERE. L’unica certezza che ho è “Cogito ergo sum”: se posso dubitare allora esisto. Tutte le determinazioni del pensiero (sentire, immaginare, dubitare, volere) equivalgono la mia esistenza. “io esisto solo come cosa che pensa e dubita” Il metodo filosofico non deve essere solo speculativo ma anche pratico: deve permettere all’uomo di osservare la sua salute, deve avere come fine ultimo il vantaggio del bene dell’uomo, deve permettere di controllare la natura. Le forze che agiscono su tutti i corpi sono gli spiriti vitali che vengono portati dal cuore al cervello per mezzo del sangue. Cartesio era difensore dell’eliocentrismo ma evitò di esprimere chiaramente il suo pensiero. LA MORALE E LE PASSIONI All’uomo si associa il problema della morale. Bisogna dare vita ad una morale provvisoria che poi diventerà definitiva. Cartesio è radicale nell’idea di rinnovamento della scienza ma è prudente nel campo della morale (prima di costruire una casa bisogna trovare un altro alloggio). Tre regole di comportamento  Obbedire alle leggi e costumi del paese “Religione della sua nutrice”: religione a cui sono stato istruito  Non si può stare perennemente nell’indecisione: dopo aver riflettuto bisogna agire con decisione. Altrimenti si viene sbandati come un viaggiatore che va di qua e di la nel bosco.  Cercare di dominare sé stessi piuttosto che la fortuna  Quarta regola: Continuare a ricercare la verità tutta la vita PASSIONI: la morale cartesiana rimase provvisoria. Sostiene un criterio di “ragionevolezza”, cioè di farsi costantemente guidare dalla ragione. È grazie alla ragione che l’uomo può domare le sue passioni che gli fanno confondere il bene con il male. Per dominare le passioni però occorre avere una conoscenza chiara e distinta dei loro meccanismi; così non da reprimerle, ma da governarle a proprio piacimento. Le azioni dipendono dalla volontà mentre le passioni sono costituite da percezioni e sentimenti. Tra le passioni fondamentali ci sono la tristezza (l’anima desidera liberarsi di ciò che la nuoce) e la gioia (l’anima desidera ciò che è utile). Solo grazie al dominio delle emozioni si giunge alla saggezza. THOMAS HOBBES La filosofia inglese nasce da presupposti diversi dalla filosofia continentale. I pensatori inglesi hanno fondato il concetto di ragione su base empiristica: l’esperienza è l’unica forma di conoscenza. Hobbes ha ridotto la realtà a materia e movimento, non esiste la res cogita introdotta da Cartesio (ha una posizione MATERIALISTICA). Il suo pensiero spazia in vari ambiti, in particolare nell’ambito della politica. La sua filosofia si basa sul concetto di corpo, inteso come STATO: un corpo artificiale creato dagli uomini per la loro autoconservazione, in risposta alla paura. Le sue opere più importanti sono il “Leviatano” e “Gli elementi di origine naturale e politica”. VITA DI HOBBES: nasce nel 1588 da una famiglia relativamente povera. Vive in un periodo tormentato della storia inglese (tra le guerre di religione in Francia e la restaurazione monarchica in Inghilterra). Hobbes si schiera a favore della chiesa anglicana e della monarchia anche se nel “Leviatano” viene accusato di non averla appoggiata (accusato di aver appoggiato il partito realista di Cromwell per il terrore che aveva verso i disordini e per il fatto che è vissuto a lungo sotto il potere dei Cavendish). Compì molti viaggi in Europa: tra il 1610 e il 1612 accompagnò uno dei Cavendish in giro per l’Europa; conobbe Galilei e Marsenne. Durante il soggiorno a Parigi pubblicò il “De cive”, la terza parte degli “Elementi di filosofia”. Nel 1651 pubblicò il “Leviatano” e morì in un castello dei Cavendish. PUNTI FONDAMENTALI DEL PENSIERO DI HOBBES  Ha dato vita alla filosofia inglese anche se era molto influenzata dalla cultura continentale (meccanicismo di Cartesio).  C’è un forte sensismo: mentre Cartesio credeva nell’esistenza di idee innate, per Hobbes la conoscenza deriva solo dai sensi (gli oggetti esterni esercitano una pressione sugli organi sensoriali e da lì arrivano al cervello).  Hobbes rifiuta il metodo scientifico perché l’induzione, che si basa sui casi particolari, fornisce soltanto delle ipotesi probabili sulle singole cause dei fenomeni. Al contrario il metodo deduttivo permette di produrre conoscenza scientifica.  Come Cartesio, anche Hobbes mette in dubbio l’esistenza del mondo esterno L’apparato percettivo dell’uomo risponde alla pressione producendo un’immagine o fantasma dell’oggetto. È un movimento che proietta all’esterno l’immagine e si ha la convinzione che gli oggetti esistano esternamente al corpo. In realtà questa è pura apparenza perché il fantasma dell’oggetto è solo il movimento meccanico di un corpo. Oltre alle immagini delle singole sensazioni, nella memoria rimangono le connessioni tra una sensazione e l’altra. L’attività del pensiero deve ricostruire queste connessioni. Pensare significa cercare i legami causali che si riferiscono a quel determinato argomento: questa è l’azione della mente (per es. se penso alla pioggia posso determinarne le cause: la nube, l’umidità ecc). LA CONOSCENZA E’ UN PRODOTTO DELLA SENSAZIONE IL LINGUAGGIO PER HOBBES Il linguaggio per Hobbes è un sistema formale e convenzionale (i nomi utilizzati sono frutto di una scelta arbitraria di chi parla). La conoscenza è possibile in quanto l’uomo possiede un linguaggio, ovvero dei nomi, che si riferiscono a ciò che noi crediamo esistente. Ai fantasmi delle cose sono dati dei nomi: hanno il compito di ricordare all’uomo le connessioni che stabilito con le cose. I nomi sono note (funzione mnemonica) ma anche segni perché hanno funzione comunicativa (x farsi intendere dalle altre persone). Il ragionamento discorsivo opera sui nomi, non sulle cose. È grazie ai nomi che l’uomo è in grado di fare scienza, al contrario gli animali non ne sono in grado. Il ragionamento discorsivo usa termini generali ai quali non corrisponde nulla di concreto: non esiste l’uomo come concetto, esistono solo i singoli uomini (es. Marco, Francesco…). Una proposizione vera è quella nella quale la connessione tra i nomi è operata correttamente, cioè quando il 2° termine comprende il 1°. Nominalismo: il linguaggio ha funzione fondamentale La scienza non descrive la realtà delle cose ma si basa sul sistema di antecedenze- conseguenze tra i nomi che conserverebbe la sua verità anche se tutta la realtà non esistesse. La filosofia di Hobbes vuole unire l’empirismo con il razionalismo → la scienza produce un’organizzazione del sapere che dipende dai sensi ma anche da una serie di rapporti logici costruiti per mezzo della ragione. RAGIONARE PER HOBBES Hobbes riduce il ragionamento al calcolo (all’addizione e alla sottrazione in riferimento ai nomi). Se tra due vocaboli c’è un rapporto di antecedenza-conseguenza significa sommare il 2° al 1°. Se tra i due non c’è alcun rapporto, significa sottrarre il 2° al 1°. Per es: uomo=corpo + animato + razionale. Animale= corpo + animato - razionale Il sillogismo evidenzia la causa di un certo fatto (l’essere animale è per l’uomo la causa del suo essere corpo). Hobbes recupera ciò che appartiene alla logica tradizionale: una proposizione è una somma di termini, un sillogismo è una somma di proposizioni e una dimostrazione è una somma di sillogismi. Ogni discorso scientifico mostra i rapporti di causa-effetto: accade nelle scienze che hanno per oggetto cose prodotte dall’uomo. L’uomo infatti può conoscere solo ciò che produce tramite un ragionamento di tipo deduttivo. Hobbes ritiene che solo le scienze matematiche e morali abbiano oggetti di questo tipo. Solo le scienze matematiche e morali sono verità indimostrabili, perché dimostrate a priori. Le cose naturali sono state prodotte da Dio quindi l’uomo non può conoscerne le cause, può soltanto produrre una dimostrazione a posteriori (dagli effetti ipotizzo la causa, la causa sarà Dio: conclusione probabile ma non necessariamente vera). Il MOTO per Hobbes è il termine ultimo a cui si fa risalire ogni effetto, è la causa o generazione di tutta la realtà. Al moto però deve essere associato il corpo, dal quale si ricavano i concetti di spazio e tempo. Il corpo è tale perché può agire o subire un’azione; tutto è corpo e movimento, non esiste l’incorporeo (non è una caratteristica di Dio). Il meccanicismo di Hobbes riguarda anche la vita emotiva dell’uomo: i fantasmi possono assecondare il ciclo biologico dell’uomo (desiderio/appetito e quindi amore) oppure costituire un impedimento (avversione e quindi odio). Dalla coppia di passioni AMORE/ODIO nasce la vita emotiva dell’uomo. La religione è la passione tra le passioni; nasce dall’amore che si prova verso Dio. Quello che amiamo e desideriamo è per noi buono. Il bene e il male non sono valori o disvalori, sono bene o male rispetto all’individuo. Questo desiderio può nascere spontaneamente oppure può derivare da una legge imposta dallo Stato e per questo si basa sul RELATIVISMO ETICO che obbedisce alle leggi meccaniche. La volontà non è libera. Il conflitto si genera quando una cosa ci appare amabile e detestabile allo stesso tempo. In questo modo si può vedere la prevalenza dell’ultimo desiderio/avversione sull’ultima avversione/desiderio. Questo fondamento meccanicistico conduce ad un forte DETERMINISMO, per questo motivo la volontà dell’uomo non è libera. Hobbes parla di libertà negativa perché l’uomo non può scegliere che comportamento assumere ma è condizionato dai meccanismi materiali che precedono le sue azioni. Per Hobbes non si può dimostrare in nessun modo l’esistenza di Dio perché non potendone avere un’immagine (secondo la visione materialistica di Hobbes) non possiamo nemmeno dimostrare la sua esistenza. LEVIATANO: la filosofia politica di Hobbes si basa su una visione pessimistica della natura dell’uomo: ogni uomo è spinto da istinti egoistici e come tale è un meccanismo che per natura è spinto ad auto-conservarsi. Hobbes elabora una dottrina GIUSNATURALISTICA e CONTRATTUALISTICA, appoggiava l’assolutismo e in particolare Carlo II. Lo Stato è un artificio creato dall’uomo per porre rimedio al disordine morale che esiste nello stato di natura. Nello stato di natura infatti ogni individuo ricerca soltanto la propria autoconservazione: “Homo homini lupus”. È lecito poi il “Ius omnium in omnia”, ovvero il diritto di tutti su tutto, ma avere in comune con tutti ogni cosa significa in realtà non avere niente (è un’uguaglianza di fondo che mette tutti in conflitto). Per questo motivo lo stato di natura diventa uno stato di guerra di tutti contro tutti “Bellum omnium contra omnes”. È un continuo stato di instabilità e insicurezza dove la vita di ogni uomo è messa in pericolo. Lo stato di natura però stimola l’uomo ad usare la propria ragione e a rispettare la LEGGE DI NATURA per ricercare la pace (es. prepararsi alla guerra solo quando è impossibile risolvere pacificamente il conflitto). La condizione di stato di natura si può superare solo grazie al PATTO SOCIALE: dà vita ad una realtà nuova e artificiale che porterà l’uomo in una situazione di pace e sicurezza. Secondo il patto sociale l’uomo deve rinunciare al suo diritto su tutto e deve rispettare i patti (“Pacta servanda sunt”). Secondo il PACTUM UNIONIS gli uomini rinunciano al loro diritto originale e lo delegano ad una 3° persona alla quale si sottometteranno (con il PATTO DI SUBORDINAZIONE). Il sovrano, sia esso una persona o un’assemblea, dovrà avere la forza di punire chi trasgredisce i patti: solo così potrà tornare la sicurezza nello stato di natura. Patto di associazione→ perché la società si fonda sull’accordo tra i contraenti. -idee complesse di sostanza: riguardano le rappresentazioni di ciò che è sussistente di per sé. A queste idee si riferiscono quelle di modo. Possono essere singole (es. un uomo) o collettive (es. un esercito). -idee complesse di relazione: si ottengono dal confronto tra un’idea e l’altra (es. causa-effetto, identità e diversità). Il rapporto causa-effetto per Locke è qualcosa di oggettivo, non è possibile definirlo. L’identità esprime il rapporto che il soggetto ha con sé stesso (il soggetto pensante è consapevole di essere sempre identico a sé). Lo spazio è ciò che si intuisce attraverso la considerazione della distanza tra due punti. Il tempo è dato dalla riflessione che coglie la successione delle idee, quindi spazio e tempo sono idee semplici. L’esperienza ci dà l’idea delle singole qualità dell’oggetto (es. oro: lucentezza, colore dorato, durezza) ma non l’idea dell’oggetto in generale. L’idea di sostanza è aldilà delle nostre possibilità conoscitive: problema generale dei LIMITI DELLA CONOSCENZA. L’uomo può dunque conoscere soltanto le essenze nominali delle cose ma non le essenze reali (solo Dio può). Nel 3° libro del saggio tratta il problema del LINGUAGGIO. Le parole sono i suoni articolati per mezzo dei quali l’uomo rende note le sue idee agli altri. È il “tacito consenso” che rende comunicabile qualcosa. Il linguaggio è basato sul CONVENZIONALISMO, cioè è frutto di una convenzione tra gli uomini. Locke parla di essenza nominale che corrisponde all’insieme di cose che un’idea ha in comune con un’altra. L’idea generale (es. l’idea di uomo) si ricava dall’esperienza generale considerando ciò che quegli oggetti hanno in comune. Perciò trascuro l’idea complessa di Marco, Francesco, Giovanna ecc. e tengo solo ciò che è comune a tutte queste persone. Attraverso l’astrazione ricavo l’idea generale dalle idee semplici. CONOSCENZA PER LOCKE È la percezione della concordanza o discordanza tra idee. L’accordo si può percepire intuitivamente (c’è un’evidenza immediata e ottengo una conoscenza diretta) oppure discorsivamente tramite dimostrazione (inserisco delle idee intermedie chiamate “prove”, c’è maggiore possibilità di errore, è una conoscenza meno certa). Ma come faccio a capire se la conoscenza rispecchia la realtà delle cose? Locke distingue 3 ordini di esistenze:  Esistenza dell’io: “penso dunque sono” (per induzione)  Esistenza di Dio: la ragione mi insegna che il mondo non potrebbe esistere senza l’esistenza di un ente superiore (per dimostrazione).  Esistenza delle cose esterne: noi siamo certi dell’esistenza di un oggetto nel momento in cui ne abbiamo una sensazione attuale, ovvero quando lo vediamo, tocchiamo (per induzione). Nel momento in cui la sensazione cessa noi non ne siamo più certi e possiamo solo supporre che questo oggetto continui ad esistere (dalla certezza alla probabilità della conoscenza). I tre gradi della conoscenza per Locke sono l’intuizione, la dimostrazione e la percezione che raggiunge un’evidenza inferiore rispetto alle prime 2. Nel 4° libro l’esigenza di formulare una teoria della conoscenza che si basa sull’intuizione avvicina Locke al Razionalismo. IL POTERE POLITICO E I SUOI LIMITI Rispetto al potere assoluto sostenuto da Hobbes, Locke propone un governo che prevede un diritto di resistenza: se il sovrano non rispetta i diritti naturali dei cittadini, si rompe il contratto tra il sovrano e il corpo politico e si arriva alla dissoluzione del governo. Il pensiero politico di Locke si esprime nei suoi due trattati:  1° trattato: di carattere polemico contro Robert Filmer che aveva difeso la concezione assolutistica di potere. Filmer dice che il potere è stato conferito ad Adamo da Dio e poi al resto dei sovrani. Locke servendosi della ragione come strumento politico dimostra l’assurdità di questa teoria: non ha senso associare l’autorità di Dio a quella politica che nasce da un patto politico tra uomini. Inoltre il potere dei genitori sui figli non può essere paragonato ad un potere politico, la cui origine va cercata altrove.  2° trattato: Locke come Hobbes ammette l’esistenza di uno stato di natura ma non lo descrive come uno stato di guerra permanente. L’individuo non ha lo “ius in omnia” poiché i suoi diritti terminano dove iniziano quelli degli altri sulla base di una legge naturale fondata sulla ragione (l’uomo capisce di non poter pretendere il rispetto della propria libertà se non accetta quella altrui). Lo stato di natura quindi non è uno stato di disordine, è una condizione in cui “ad ognuno tocca il proprio”. L’uomo possiede tre diritti fondamentali: diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà. Inoltre parla di due diritti-poteri: il diritto di punizione e il diritto di risarcimento. La proprietà è un diritto naturale che non contrasta con l'uguaglianza e la libertà naturali perché nello stato di natura ogni uomo ha diritto di appropriarsi liberamente di ciò che lavora e perché i beni naturali appartengono a tutti. L'unico limite alla loro appropriazione è dato dalla capacità di lavoro e di consumo di ognuno. Se non c’è un potere superiore che obbliga il rispetto delle leggi, non c’è una tutela del diritto, questa può essere violata da chiunque si sottometta alla ragione. Hobbes e Locke parlano di due patti sociali diversi: Hobbes parla di una rinuncia al diritto su tutto, secondo Locke invece lo stato ha il compito di garantire i diritti naturali di ogni cittadino. L’unico diritto a cui rinuncia è quello di farsi giustizia da sé (è compito dello stato). Il potere del sovrano non è assoluto: Locke distingue il patto di unione (gli individui diventano res publica e la volontà è espressa dalla media aritmetica) dal patto di soggezione (i cittadini si sottomettono al sovrano perché lui garantisca i loro diritti). Se il sovrano non riesce a garantire ciò (cioè diventa un tiranno), il suo potere è revocabile (cosa non ammessa da Hobbes). Lo stato ha potere: o Legislativo : promulgare leggi o Esecutivo : far rispettare le leggi (condizionato e condizionante il potere legislativo, si controllano a vicenda). o Federativo : ha il compito di difendere lo Stato dagli altri corpi politici, ha funzione di rappresentare lo stato all’estero. Locke era favorevole a un sistema di monarchia costituzionale, nel quale il potere legislativo spetta in parte al re e in parte alle camere. Locke è il fondatore del LIBERALISMO: non è necessario l’intervento dello stato perché l’economia si autoregola. PENSIERO RELIGIOSO DI LOCKE Le testimonianze provenienti da dio, derivando da una fonte che non può ingannarci, contengono un grado di sicurezza superiore rispetto a qualsiasi altra realtà. Locke ha distinto il rapporto tra ragione e fede: o La ragione stabilisce la certezza o probabilità di quelle proposizioni che ho dedotto dalle idee ottenute tramite la sensazione. o La fede è l’assenso dato a quelle proposizioni che si basano sulla rivelazione di Dio. Perciò l’ambito di competenza della fede è quello delle proposizioni superiori alla ragione, cioè quelle di cui non possiamo conoscere la verità con la nostra ragione. Durante il periodo della rivoluzione inglese, egli era convinto della necessità di porre dei limiti alla libertà religiosa da parte dello Stato. Nel 1667 quando Locke scrisse il "Saggio sulla tolleranza", affermò il diritto alla tolleranza assoluta nell'ambito del culto religioso. Il culto della divinità riguarda infatti esclusivamente il rapporto tra Dio e il fedele e non ha nulla a che vedere con il potere politico. Nella “Lettera sulla tolleranza” del 1689 porta ad una definitiva separazione tra politica e religione (separazione tra sfera politica e sfera religiosa). Afferma che la Chiesa è un’associazione volta ad assicurare la salvezza dell’anima, garantita dalle convinzioni interiori del credente, e non ha il diritto di imporsi con la forza. La Chiesa può solo usare la parola e ha il diritto di espellere coloro che non condividono i suoi dogmi (il cittadino però non perde i suoi diritti civili). Locke esclude però dalla tolleranza i cattolici (perché non sono tolleranti, sono legati al papa) e gli atei (non avendo niente su cui giurare non possono dare alcuna garanzia). Nella “Ragionevolezza del cristianesimo” Locke parla del rapporto tra religione e ragione. La religione non è contraria alla ragione perché usa la rivelazione per esprimere contenuti etico-religiosi. La rivelazione cristiana esprime dunque concetti razionali e si avvicina al DEISMO: religione razionale. Quindi per Locke razionalità e rivelazione vanno di pari passo nella religione Cristiana. Non si deve arrivare ad alcuna forma di fanatismo e per questo ci deve essere uno spirito di tolleranza (rimanda alla ragionevolezza del cristianesimo). La ragione è lo strumento che permette di rimuovere gli ostacoli e avvicinarsi alla verità.
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