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Fine dell'Impero Ottomano, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunti sulla storia dell'Impero Ottomano

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 01/02/2018

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Scarica Fine dell'Impero Ottomano e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! La fine dell'Impero Ottomano Introduzione: Pochi anni dopo la fine dell'impero asburgico e di quello zarista, nel 1923 cessò di esistere anche l'Impero Ottomano. Città come Vienna, San Pietroburgo e Instabul cessarono di essere il centro di stati ampi, multiculturali e multi etnici. Questi vasti e poco omogenei imperi ebbero difficoltà a fronteggiare le trasformazioni della prima globalizzazione ottocentesca e a tenere il passo degli stati nazione europei, molto più omogenei. Un tentativo di modernizzazione imperiale favorì l'emergere di nuove forze sociali, politiche e culturali che affermavano identità particolari portando alla disgregazione del pluralismo. L'ottica storiografica tradizionale di ispirazione pregiudizievole orientalista (che identifica gli imperi con decadenza politica, stagnazione economica e conservatorismo culturale) suggerisce l'idea di grande discontinuità tra impero ottomano e turchia repubblicana, con la modernità anticipata nel XIX secolo da elite illuminate che posero le basi per il medio oriente moderno di oggi. Oggi si crede in un quadro più complesso che rende conto alle trasformazioni politiche, economiche e socioculturali avvenuti nell'area euromediterranea tra XIX e XX secolo. Con la fine dell'ottica eurocentrica, si è inserita la questione d'Oriente nelle dinamiche globali. Crisi ottomana QUINDI non fu prodotto di ritardi storici e limiti della civiltà ma frutto di progressivo inserimento nei flussi globali dovuti alla "comune modernità". In questo periodo l'Impero Ottomano si trasformò profondamente con rafforzamento dello Stato centrale, nuovo protagonismo dei ceti mercantili urbani e sviluppo economico/culturale (nuovi stili di vita e nuove idee politiche come nazionalismo e panislamismo). Per alcuni lo Stato Ottomano andava cambiato perchè "vecchio", mentre per altri andava riformato dall'interno: a metà XIX secolo, l'ideologia ottomanista tentò di conciliare tali posizioni. Nel 1878 fallì il tentativo di realizzare una comune identità ottomana capace di trascendere le particolarità etnico-confessionali e si crearono nuove tensioni tra islamici nazional-patriottici e secessionisti dei nazionalismi anti-ottomani: per questo a inizio '900 nacque il movimento dei Giovani Turchi, ottomanisti più che nazionalisti perchè volevano salvaguardare lo Stato imperiale in quanto strumento per la modernizzazione (gruppo etnico turco ancora non ben definito). Le vicende del 1908 furono viste come rivoluzionarie ma ma in realtà erano più una rivoluzione culturale operata dalla nuova generazione, espressione dei ceti emergenti musulmani modernizzati. Giovani Turchi erano culturalmente occidentalizzati ma politicamente antioccidentali, musulmani ma non panislamisti, prodotto di interazione tra Impero Ottomano e sistema Internazionale. Puntavano a consolidare l'unità interna attraverso la riduzione del pluralismo anche attraverso l'uso della violenza. 1912-1922: Crisi del pluralismo ottomano con la furia della IWW; le componenti ritenute incompatibili con l'unità dell'Impero vennero espulse o eliminate attraverso genocidi. Guerre balcaniche del 1912-13 assunsero carattere etnico e demografico ed innescarono una spirale di omogeneizzazione della società ottomana. Con IWW e successiva Guerra Patriottica dei Giovani Turchi si realizzò cancellazione di comunità cristiane anatoliche e l'assimilazione forzata di comunità musulmane (come i curdi) ritenute poco leali nei confronti dello Stato. Trattato di Losanna del 1923: pose fine alla violenza etnica e sancì il successo del movimento patriottico ottomano-turco nel difendere lo Stato anche se ridotto al territorio della Turchia odierna. I giovani Turchi preservarono il diritto della Turchia a esistere. Nacque il nuovo Stato nazionale turco, indebolito però al suo interno per l'eliminazione delle componenti più dinamiche come le comunità cristiane e la borghesia ottomana. Fu un natiol building forzato in quello che fu più uno statualismo che un nazionalismo. Anche la religione fu statualizzata come accadeva in parte nel sistema imperiale. Con la fine del pluralismo venne meno la neutralità dello stato nella religione così che il regime repubblicano turco, benchè "laico", si confronta con l'Islam, religione dominante e unico potere alternativo allo Stato. Tale confronto, talvolta aspro, ha prodotto in Turchia un Islam radicato nella società e partecipe della dialettica istituzionale. Nel 2002 si afferma l'AKP, partito islamico ma non islamista, molto diverso da esercito e Islam che si sono contese lo stato turco nel corso del '900 in ottica similmente antidemocratica. Mutamenti geopolitici e globalizzazione ha riaperto il ruolo della Turchia nella sua regione. Si parla infatti di neo-ottomanismo per il tentativo della Turchia di ricollegarsi alla sua eredità ottomana, multiculturale e multireligiosa. Capitolo I: Questioni d'Oriente 1.Lo spazio intermedio ottomano: 1.1: La Russia in Oriente: 3/3/1878, fine guerra russo-ottomana, trattato di pace di Santo Stefano, indipendenza Serbia, Montenegro, Romania e Bulgaria. Balcani indipendenti sotto l'influenza russa. Per questo il Sultana ottomano Abdulhamid II sospese la costituzione del 1876 ponendo fine alla politica di riforme dei decenni precedenti. La cosidetta "questione d'Oriente" fu un groviglio di questioni diplomatiche, economiche, geopolitiche, religiose, tutte diverse tra loro ma tenute insieme perchè si irradiavano dai territori dell'Impero Ottomano. Il 1878 fu un passaggio cruciale perchè vide la proiezione esterna della politica russa, la questione delle nazionalità e il processo di modernizzazione dello Stato Ottomano; questi furono i tre assi degli ultimi decenni ottomani. Il 1878 per i russi segna la fine di una stagione cominciata con il trattato di pace di Kucuk Kaynarci del 1774 che assegna alla russia la tutela di una chiesa ortodossa di instabul, la libertà di navigazione del Mar Nero e il pieno controllo della Crimea. Ciò controppose i due imperialismi e fece nascere la "questione d'oriente". La Turchia si trovava infatti in mezzo tra la Russia e l'Occidente a cui l'impero zarista aspirava. Il nucleo della civiltà ottomana rimaneva imperniato tra Europa ed Asia, era spazio intermedio e controllava alcuni punti strategici come gli stretti e il mar Rosso importante anche per la grande stagione dell'Imperialismo e l'aumento dei flussi di scambio internazionali. Il Congresso di Berlino del 1878 ridefinì gli assetti della regione balcanica (termine ottomano, Turchia d'europa, zona intermedia tra est e ovest) togliendo all'Impero ottomano gran parte dei suoi possedimenti europei. Balcani divennero non a caso epicentro del IWW. Considerata per secoli la periferia d'Europa, divenne con l'industrializzazione del XIX secolo, in un periodo di competizione tra potenze, la frontiera tra Europa, Russia, Nord Africa e Medio Oriente. dell'identità musulmana. Alla sublime portar imase solo il corridoio macedone. 2. Alla ricerca della nazione 2.1: Dinamiche globali e spinte nazionali: La nazione è un'idea, una comunità immaginata risultato di una costruzione culturale che va dall'etnia allo stato. Lotte di liberazione dal dominio ottomano nei balcani dal XIX al XX secolo lette come lotta per l'indipendenza dei popoli autoctoni. Tale ottica si unisce alla prospettiva dell'indipendenza destinata a condurre verso il progresso in uno schema interpretativo eurocentrico. I nazionalismi emersero come risposta alla crescente globalizzazione e tentarono di connettere le società a spazi politico-territoriali delimitati da confini fisici e identitari. Fuori dall'Europa, tale processo interessò anche Persia, Cina, Giappone e Impero Ottomano, che avviarono un processo di modernizzazione e occidentalizzazione e industrializzazione. Il rapporto tra stato ed economia si fece ovunque più serrato. Lo stato ottomano provò a modernizzarsi e ad evolversi in senso più centralizzato e coeso elaborando una marcata identità ottomana in una transizione dall'Impero allo Stato. Nel contesto ottomano però ciò provocò spinte opposte intenzionate ad affermare identità particolari e regionali causando frammentazione politica che accelerò la dissoluzione dell'Impero. Nel XIX secolo quindi si svilupparono sia centralizzazione che frammentazione. Alcune popolazioni balcaniche (greci, bulgari, serbi e rumeni) raggiunsero l'indipendenza (BErlino 1878) ma l'Impero mise anche in capo riforme (periodo del Tanzimat) che culminò nella Costituzione ottomana del 1876 per allinearsi alle grandi monarchie costituzionali europee. Più l'Impero stringeva la presa sui balcani, più questi si ribellavano. Più queste si ribellavano, anche economicamente, più la Sublime Porta stringeva la presa. Si innescò una spirale conflittuale che permise l'inserimento di potenze europee che intendevano indebolire con ogni mezzo l'impero. 2.2 Pluralismo ottomano e nuove identità: In europa orientale, nei grandi imperi (tedesco, russo, ottomano e asburgico) coabitavano diversi gruppi etnici e religiosi, spesso dove a governare erano minoranze. Gli Imperi erano caratterizzati da plurilinguismo, quindi la lingua non era marcatore etnico ma più che altro di ambito. Nell'Impero ottomano a definire le identità collettive era più la religione. Non c'era un vero concetto di nazione e nazionalità in oriente. Infatti la società ottomana era divisa in "millet", confessioni riconosciute dallo stato. Ogni millet aveva suoi spazi di autonomia, ma i non musulmani avevano delle restrizioni. Indipendentemente comunque dalla "nazionalità". La società ottomana era quindi promiscua a livello etnico e religioso. Le identità erano quindi plurime e tendevano a cambiare a seconda di contesti e situazioni (nelle campagne erano più familiari, nelle città più di mestieri, nei confronti dello stato a seconda dei millet). Su questa basea girono i cambiamenti del XIX secolo: l'urbanizzazione determinò rimescolamento etnico e un mutamento degli equilibri tra urbano e rurale, la modernizzazione creò una nuova competività tra dirigenti e borghesi, le riforme del Tanzimat aprirono la strada alla borghesia cristiana. Condizioni demografiche, culturali, economiche e sociali favorirono l'ascesa del ceto cristiano borghese (sebbene, o magari proprio perchè, esclusi dai circuiti di potere e dalla carriera militare). Però non avevano rappresentanza pubblica, ruolo non sopperibile con i millet, e mancava un'articolazione sociale per classi. L'etnia divenne l'unica risorsa identitaria, e attraverso questa, la lingua e la cultura, si tese a trasformare i millet dall'interno. Da queste basi si svilupparono i nazionalismi balcanici. 2.3 Grandi potenze e piccole patrie: Un ruolo nell'emergere del nazionalismo balcanico lo ebbero le grandi potenze europee che agirono per i loro interesse facendo leva sulle affiliazioni etnico religiose con la scusa di difendere i cristiani minacciati dal dispotismo ottomano. Quindi imperialismo europeo e nazionalismo locale cooperarono per la dissoluzione dell'impero. I movimenti nazionali però erano deboli per cui questi si appoggiarono molto all'europa, vista come la porta per la modernità. Però così si misero sulla strada per una nuova dipendenza. Dall'europa giunse la spinta romanticizzante e vennero prodotti e recuperati miti e tradizioni su cui edificare il discorso nazionale dei balcani. Anche attraverso la discriminante linguistica, si smise di pensare a comunità religiose ma si cominciò a distinguere tra vari gruppi etnici come greci, serbi, rumeni o bulgari. Ma anche qui fu fondamentale l'apporto occidentale che fomentarono anche la violenza per accentuare la polarizzazione etnica e confessionale. Le etnie erano divise in diaspore sul territorio ottomano. Il passaggio da nazioni in diaspora a Stati-nazione di tipo occidentale generò quindi tensioni. La coabitazione diventò quasi impossibile e pose il problema delle minoranze, spesso risolte con emigrazioni, espulsioni forzate o massacri. La presenza islamica venne spesso cancellata. L'espulsione dei turco-musulmani avvenne in tutti i movimenti nazionali balcanici. Grecia, Serbia, Montenegro, Romania e Bulgaria non si affermarono subito come soggetti nazionali ma piuttosto come autorità territoriali indipendenti che progressivamente attuarono politiche nazionalizzatrici. 3.L'impero trasformato: 3.1 Dall'Impero allo stato: Fine '700: 30kk di abitanti, 80% analfabeti; frammentazione territoriale e amministrativa; scarso sistema fiscale; economia debole pe rdeficit commerciale dovuto a mercato monopolizzato da europa; guerre e sconfitte; tutto ciò impose una trasformazione. Primo programma di riforme risale al 1789 con Salim III tesa a rafforzare il potere centrale, di ispirazione sunnita. Gli intenti riformatori furono ridimensionati ma l'Impero si aprì all'influenza occidentale creando le basi per canali di scambio e comunicazioni. Mahmud II (1808-39) anche ebbe intenti riformatori. In particolare per quanto riguardasse l'esercito. Nel 1830 venne realizzato un censimento generale, venne potenziato il potere centrale, il sistema scolastico e si aprì la stampa agli influssi europei. Il fondamento dell'Impero passava sempre più dal pilastro religioso a quello del diritto di legge. 3.2 Tanzimat e ottomanismo: nel clima di rinnovamento si formarono nuovi funzionari artefici del periodo durato dal 1839 al 1876 noto come Tanzimat. Questa fase promosse politiche di accentramento e di modernizzazione in continuità con il periodo precedente e introdusse principi ispiratori che fecero passare il baricentro dell'azione governativa dalla corte del sultano a quello della Subilme porta, fulcro della burocrazia imperiale, in connessione con la società che stava assumendo un profilo più autonomo e organico. Fu posto un limite al potere assoluto del sultano rafforzando quindi invece la supremazia della legge. L'editto imperiale di Gulhane del 1839 è l'atto iniziale del Tanzimat e parte dal presupposto del rispetto dei diritti dei sudditi senza distinzioni religiose o etniche che doveva poi esprimersi anche in ogni altro aspetto della vita sociale e statuale (dall'esercito rimanevano esclusi i non-musulmani però e l'uguaglianza non è enunciata chiaramente). Il tentativo era di reimpostare il rapporto tra stato e sudditi e coinvolgere maggiormente i non musulmani nella vita pubblica. Tale impostazione fu perfezionata nel 1856 con l'Hatt-i Humayum, all'indomani della Guerra di Crimea per facilitare l'ingresso dell'Impero ottomano nel concerto europeo, garantendo libero accesso a esercito e funzioni pubbliche anche per non musulmani. Cominciava quindi a emergere l'ottomanismo, dottrina a-islamica di comune cittadinanza e pari diritti per tutti. Nel 1869 l'identità legale "ottomana" osstituì ogni distinzione tra musulmani e non musulmani. La lealtà del suddito passò dal sultano allo Stato e alla comunità nazionale ottomana. Veniva a comporsi una imperial nationality senza distinzioni confessionali e senza limiti di millet per integrare ogni comunità all'interno dell'Impero e neutralizzare le spinte disgregatrici interne. Gli scarsi risultati di questa fase fece valutare le riforme del Tanzimat in chiave strumentale per integrarsi meglio con l'Europa, che però a lungo ebbe pregiudizi sull'azione riformatrici ottomana. Gli scarsi risultati furono dovuti non tanto alla cattiva fede della Sublime Porta ma agli stessi cristiani che non volevano l'uguaglianza ma l'indipendenza con l'appoggio interessato dei governi europei e alle gerarchie ecclesiastiche che si vedevano scavalcate. Anche i musulmani opposero resistenza sia sul piano ideologico sia sul piano pratico. Nacque il movimento dei Giovani Ottomani per correggere il Tanzimat. Essi ritenevano l'Islam il riferimento di ogni riforma e volevano eliminare il potere della burocrazia con una monarchia costituzionale. Erano animati da fermenti anti-occidentali eppure si basava su modelli europei. I giovani ottomani furono appoggiati anche da non-musulmani che volevano maggiore rappresentazione politica. Fu quindi un insieme di impulsi diversi, conservatori e riformatori, religiosi e laici, burocrati e critici. Con il crescere delle tensioni interne e la crisi balcanica, la parte di governo più riformatore determinò la deposizione del sultano Abdulaziz il 30 maggio 1876, succeduto da Abdulhamid. Fu promulgata una nuova carta costituzionale ispirata a principi ottomanisti. Sebbene l'Islam fosse dichiarata religione di stato, la preminenza era data alla fedeltà allo stato piuttosto che all'appartenenza religiosa. Questa prima esperienza costituzionale ebbe vita breve e nel 1878 la Costituzione fu sospesa. Le riforme del Tanzimat furono messe in discussione. 3.3: Un impero asiatico e musulmano: Nel 1878 l'Impero perse tanti territori a maggioranza cristiane. Ciò ne mutò l'identità. I provvedimenti pro musulmani non aveva impedito la secessione dei balcani cristiani. Per gli ottomani, i nazionalismi rappresentarono un tradimento. Aumentò clima di ostilità per cristiani e la coabitazione era a rischio. Dopo la crisi del 1878 l'Impero era trasformato. La Sublime Porta perse un terzo del proprio territorio e un quinto della propria popolazione, quindi una grossa parte di tributi e tasse, oltre che aree economicamente dinamiche. Dopo Berlino, l'Impero divenno uno stato prevalentemente asiatico e musulmano. Molti musulmani si diressero dagli stati balcanici alla Turchia per l'ostilità loro dimostrata. L'afflusso di un milione di rifugiati determinò cambiamenti nel tessuto sociale. Spesso questi erano di etnie diverse da quelle dei luoghi dove andavano ad abitare e da culture diverse. A volte fu uno stimolo per la formazione di una nuova classe media urbana. D'altra parte aumentò l'islamizzazione. QUesta cozzò con la posizione della Chiesa 1.3 Panislamismo e sistema internazionale: La politica panislamica di Abdulhamid II ebbe riflessi a livello internazionale. Mentre progrediva la colonizzazione occidentale nel mondo musulmano, prese forma un senso di fratellanza interislamica transnazionale. L'impero ottomano era rimasta intano l'unica grande potenza islamica indipendente dall'occidente e ciò rafforzò il califfano. Ciò nonostante Abdulhamid non cercò mai di creare un fronte globale islamico anti-europeo. Il suo panislamismo era rivolto più che altro all'interno del suo impero. Un'ideologia non conservatrice che in contrasto con la tradizione islamica ottomana classica era teso alla costruzione di un consenso attorno la modernizzazione dello stato. Il panislamismo di Abdulhamid II era quindi modernista e basato sulla classe media emergente. Le pressioni europee però continuavano a pesare come dimostrato dagli episodi di Bulgaria, Tunisia ed Egitto che spinsero sempre più Instabul verso l'impero tedesco e contro Russia e asburgo. Anche tra gli armeni nacque l'idea di emanciparsi dalla Sublime Porta appoggiandosi all'europa. Trovandosi però tra impero ottomano e zarista la loro situazione era particolare. L'imperialismo europeo intanto condizionava politicamente, economicamente e culturalmente l'impero ottomano, in particolare nelle sue relazione con le proprie comunità cristiane. Il nazionalismo armeno fu risultato della competizione dei due imperi. A partire dal 1890 gli armeni cercarono il sostegno di Russia e Inghilterra, alimentando il timore ottomano di veder spartiti i territori dove stanziavano, terre anatoliche. L'impero ottomano optò quindi per un massacro su ampia scala che sconvolse le province orientali ottomane dal 1894 al 1896. Le stragi stroncarono il nazionalismo indipendentista armeno ma infersero un duro colpo anche alla coabitazione ottomana. I cristiani non ritenevano più possibile convivere con i musulmani e viceversa. La crisi cretese culminò nella guerra greco-ottomana del 1897. La crisi scoppiò per la questione cretese, contesa da Sublime Porta e Atene, che acquisì l'isola tramite sostegno internazionale nonostante la vittoria militare ottomana che intimorì l'Europa e inorgoglì gli ottomani. In realtà l'emigrazione dei musulmani da creta sancì la fine della presenza musulmana sull'isola mediterranea e un ulteriore colpo alla coabitazione tra islam e cristianesimo. I nuovi profughi rinfocolarono ostilità contro i greci-ortodossi di instabul e il sultano, reo di governare un impero in crisi economica e politica. La vicenda armena e cretese alimentarono il patriottismo islamo-ottomano e il nazionalismo dei cristiani ottomani. Questi ultimi, specie in Albania e nelle province arabe, vedevano la prospettiva nazionale come un'identità collettiva capace di trascendere le appartenenze confessionali. A spingere verso l'unificazione delle province albanesi fu quindi la volontà locale ma anche le potenze europee come Austria e Italia, interessate ad esercitare influenza sulla regione. Nelle province arabe nacquero movimenti protonazionali basati sul rinnovamento culturale che valorizzava lingua e letteratura come elementi identitari ed etnici. Queste pulsioni innescarono una spirale di crescente diffidenza che esacerbò le relazioni tra le differenti comunità, minando quindi le fondamente dell'Impero, basato su coabitazione. 2. Unione e Progresso 2.1 Una generazione emergente: inizi XX secolo: situazione precaria per l'impero ottomano a causa delle questioni nazionali aperte in Armenia, Creta e Macedonia che creavano tensioni. Anche le province macedoni era pressato da un pluralismo di nazionalismi. La macedonia era divisa soprattutto tra l'identità greca e quella bulgara a livello ecclesiastico che divenne conflitto anche nazionale per sovrapposizione identitario-religiosa. Da una parte i comitati bulgaro-macedoni puntavano all'emancipazione della Macedonia dall'Impero per una nazione indipendente o annessa al regno di Sofia, dall'altra la parte ellenica voleva la secessione macedone. Ci fu guerra e ulteriore instabilità. Salonicco era la principale città macedone e durante il XIX secolo aveva avuto uno sviluppo cosmopolita che divenne terreno fertile per nuovi movimenti politici, nazionalisti o etnici che accelerarono la disgregazione imperiale sul territorio. Tutto ciò preoccupava molto la popolazione musulmana sul territorio. I Giovani Turchi appartenevano alla generazione post 1878 caratterizzato da insicurezza che gravava su province balcaniche e sull'islamismo modernizzante ma anche autoritario del regime hamidiano. Furono testimoni dell'ascesa sociale ed economica della borghesia cristiana che provocarono mutamenti nei costumi, nella mentalitè, ecc. In quel periodo crebbero le differenze con i musulmani che rimasero ai margini dei cambiamenti e in una posizione di inferiorità. I Giovani Turchi quindi si ponevano in opposizione ai non musulmani ma trassero dalla borghesia cristiana il modello di moderna way of life tipica di ceti urbani più occidentalizzati. Come l'esercito, anche il sistema educativo fu canale di politicizzazione dei cei medi musulmani nel momento in cui nasceva la politica come fenomeno di massa. I Giovani Turchi frequentarono scuole di tipo occidentale, immaginarono un costituzionalismo liberale, si ritenevano leggittimamente sovversivi perchè consapevoli che la tradizione apparteneva ormai al pasato in rottura con generazioni precedenti. Erano convinti che lo Stato rappresentasse il principale strumento di cambiamento della società soprattutto attraverso l'uso delle armi e del militarismo (idea prussiana e dovuta alla vittoria giapponese sui russi nel 1905). 2.2 La strana rivoluzione giovane-turca: Nel 1908 i giovani turchi uscirono allo scoperto e rigettarono le richieste di riforme in Macedonia avanzate dalle grandi potenze. Il governo ottomano aumentò le indagini sul CUP (Comitato Unione e Progresso, aka Giovani Turchi). Intanto grandi potenze stavano per istituire protettorato sulla Macedonia. Il CUP decise di rompere gli indugi e organizzò bande di guerriglieri per forzare il governo ottomano a reintrodurre la costituzione. Il CUP guadagnò ampi consensi e arrivò a minacciare una marcia su Instabul se il governo centrale non avesse accolto le sue richieste. Il Sulano Abdulhamid II fu costretto quindi a reintrodurre la Costituzione. Per l'Impero si apriva una nuova stagione. La gioia fu sia dei musulmani che dei cristiani che degli ebrei per quella che fu definita la rivoluzione francese d'oriente. Il CUP sembrava voler rilanciare l'ottomanismo e il cosmopolitismo in opposizione alla spinta disgregante dei nazionalismi: lo Stato però non era più emanazione del sultano ma della nazione ottomana e della loro costituzione. Il CUP sottolineò l'uguaglianza di ogni cittadino. L'ottomanismo riscosse larghi consensi ma mostrò i suoi limiti alle prime elezioni, quando emersero attriti con i greci e gli armeni che sostenevano di essere sottorappresentati. Preponderanti infatti erano le comunità minoritarie non turche e la maggioranza era per i deputati unionisti. Il CUP era improvvisamente diventato molto potente e il vecchio regime con la svolta costituzionale era stato delegittimato. Gli unionisti però non vollero prendere il potere ma preferirono puntellare il potere precedente con un sultano delegittimato in favore di una costituzione utile a riformare lo Stato salvandolo dalla dissoluzione. I giovani turchi erano antieuropei sul piano politico ma profondamente occidentalizzati su quello culturale. La svolta dei Giovani Turchi si inserì in un contesto costituzionalista che avvenne anche in Russia, Persia, Messico e Cina in quegli stessi anni. FU una rivoluzione culturale occidentale che trasformò i sudditi in cittadini. Il CUP era egemone in parlamento ma non controllava la maggior parte dei deputati. Molti di questi si schierarono contro la tendenza centralizzatrice del CUP in favore di una maggiore autonomia delle comunità locali. Il CUP allorà preferì agire nell'ombra avendo come interlocutori il sultano e il governo ottomano senza evolvere in un partito politico moderno creando una difficile commistione tra politica civile e azione militare. I membri del CUP non erano in grado di affrontare i numerosi problemi imperiali a livello parlamentare. La debolezza aumentò quando, approfittando dell'instabilità, la Bulgaria si rese definitivamente indipendente,Creta si unì alla Grecia e l'Impero Austro-ungaricho assimilò la Bosnia aumentando le tensioni in Serbia. Il governo ottomano reagì duramente per paura che si potessero diffondere rivendicazione irridentista altrove. Il CUP promosse una stretta repressiva nelle province macedoni dimostrando di essere inclini a un regime autoritario a partito unico. CIò provocò la reazione di una controrivoluzione specie tra le fila di generali militari della vecchia generazione e delle scuole religiose che temevano di perdere la loro autonomia e dai liberali. Nel 1909 scoppiò l'inserruzione ma poi venne sedata. I tribunali militari condannarono a morte i ribelli, il sultano fu reso capro espiatorio quindi deposto ed esiliato. Terminò così il regno di Abdulhamid II, sostituito dal fratello Mehmet V. In pochi mesi il CUP era passato da essere accolto come liberatore ad essere isolato e addirittura osteggiato dopo un'insurrezione che ne aveva esposto le vulnerabilità. Inoltre si resero conto che l'Islam poteva essere una facile arma politica per agitare le masse non istruite così come avevano fatto gli insorti. 2.3 Ottomani, musulmani e turchi: Nel 1909 il CUP ristabilì l'ordine grazie all'esercito che ora si trovava in posizione di potere mentre il CUP veniva criticato anche perchè non si trasformava da movimento che agisce nell'ombra a partito politico vero e proprio. Questo avvenne quindi per cercare di riportare un po' di sereno pochi mesi dopo l'inserruzione. Ma il CUP non riuscì a diventare un vero e proprio partito, rimanendo un'organizzazione politica militarizzata. I giovani turchi avevano due problemi connessi al salvataggio dello Stato ottomano: 1)l'esigenza di modernizzare per fronteggiare le potenze europee conciliando scienza occidentale e tradizione islamica; 2) su quale base e identità edificare l'Impero? I giovani turchi furono pragmatici e non ebbero un vero disegno politico e ideologico a cui guardare, quindi si rifecero a ottomanismo, islamismo o turchismo a seconda delle circostanze. Nacque anche la questione del nazionalismo turco che andò a sovrapporsi al termine ottomano per distinguere chi non era turco a livello etnico. L'etnia turca era quindi spinta a livello scientifico (addirittura come una razza) ma non aveva grossa corrispondenza sulla realtà sociale fino a chè non giunsero nell'Impero i profughi delle province russe che introdussero il concetto di identità turca e si cominciò a prospettare un'unione panturca. Per questi popoli di profughi l'identità turca era una risposta alla dominazione zarista, prospettiva però molto diversa a quella degli ottomano-turchi che si basavano sul loro Stato e sull'Islam, per questo l'identità turca ha faticato ad affermarsi. Nel corso dei secoli la prevalenza dell'identità religiosa tipica dei millet aveva fatto si che l'identità dei turchi ottomani venisse assorbita nell'Islam e non in un etnicità specifica. Le identità etniche furono sfumate dalla dinastia ottomana imperiale dominazione ottomana dal XIV secolo. Generò revanchismo contro le comunità cristiane e le etnie balcaniche. Ora la componente maggioritaria dell'Impero era la turco-ottomana e i cristiani ancora all'interno dell'Impero furono guardati con diffidenza (greci, armeni, ecc) tanto che si pensò a ridurne drasticamente il numero. Molti dirigenti dei Giovani Turchi che furono protagonisti dei massacri degli armeni e degli altri cristiani durante la IWW erano stati a loro volta vittime di pulizie etniche nei balcani quando subiro l'emigrazione forzata. Il genocidio armeno va inserito in una ampia catena di massacri ed espulsioni che coinvolsero le popolazione ottomane lungo la guerra dei dieci anni (1912-1922). La perdita dei balcani portò i Giovani Turchi a investire tutto per preservare ciò che rimaneva dell'Impero. L'anatolia fu identificata come la nuova patria, dall'Asia Minore fino al Caucaso, dove perseguire una politica di omogeneizzazione della popolazione a favore della componente musulmana e a danno di quella cristiana, promuovendo un ceto imprenditoriale musulmano che rimpiazzasse la borghesia non musulmana che fino ad allora aveva dominato commercio e finanza costringendo i cristiani a cedere le loro attività. Venne avviata una campagna di pulizia etnica contro i non-musulmani. Molti degli ottomani agirono per vendetta. Vennero abolite le Capitolazioni che si ritenevano instaurassero un carattere di semi-colonia all'impero e così le comunità cristiane divennero stranieri in patria. 1.2 La guerra totale: L'attentato a Sarajevo del giugno 1914 e la crisi austro-serba sfociarono nella terza guerra balcanica ma le tensioni erano tali che presto sfociarono fuori dal loro contesto. Il governo ottomano orientato dal CUP era consapevole della propria impreparazione militare ma anche di non poter rimanere neutrale nel conflitto. L'Impero aveva bisogno del sostegno di una potenza europea. La principale preoccupazione dell'Impero ottomano era la Russia sul confine orientale. L'Impero propose un'alleanza anche all'Intesa, che rifiutò perchè non credeva di averne bisogno. Inoltre l'antipatia che nutrivano sia la Germania sia la Turchia per Inghilterra e Francia unì le due potenze, già unite per il timore della pressione russa. Austria e Germania strinsero quindi un'alleanza con l'Impero Ottomano il 2 agosto 1914. Con la guerra l'Impero Ottomano contava di ristabilire il proprio controllo su diverse zone come Libano, Kuwait, Qatar, Egitto, Tunisia e Algeria, isole egee, Cipro, Libia, province anatoliche cedute alla Russia nel 1878. Nell'ottobre 1914 l'Impero entrò in guerra contro l'Intesa. L'Impero impiegò il 15% della propria popolazione nel conflitto, uno sforzo bellico immenso anche a livello economico. Il fronte più delicato fu quello fra l'anatolia e il Caucaso, mosaico etnico-religioso spartito tra impero russo, ottomano e persiano. Cristiani armeni e assiri si confrontavano con la maggioranza musulmana curda che rivendicavano a loro volta una propria patria, il Kurdistan, da fondare sugli stessi territori oggetto di mire nazionaliste armene- Durante la guerra e l'instabilità, queste tensioni si infiammarono. La russia utilizzò i rivoluzionari armeni per i propri fini promettendogli l'indipendenza una volta finita la guerra. Ciò aumentò i sospetti verso gli armeni da parte del CUP. I rivoluzionari armeni si schierarono in guerra contro l'Impero ottomano che rispose con la pulizia etnica sempre più serrata perchè nemici dello stato tanto da costringere parte della popolazione armena a sconfinare in Russia. Con lo scoppiare della guerra le aree occupate da ottomani o russi furono teatro di rappresaglie etniche contro popolazioni cristiane o muslmane. Dopo una pesante sconfitta nel gennaio '15, cominciò la controffensiva Russa che portarono la dirigena ottomana a realizzare in quell'anno l'eliminazione degli armeni dai distretti orientali, primo genocidio organizzato dell'età contemporanea. La guerra coprì lo sterminio creandone i presupposti perchè saldò la necessità di garantire la sicurezza interna (la sopravvivenza) dell'impero omogeneizzando la popolazione e purgandola delle comunità più sovversive e la paura di perdere Anatola. L'idea che l'avanzata zarista avesse successo grazie al sostegno degli armeni armò il CUP della determinazione necessaria per effettuare il genocidio. L'Impero appariva minacciato dall'esterno e dall'interno, da parte dei cristiani anatolici che quindi andavano sradicati. Il CUP decise di deportare la popolazione armena verso il deserto siriano (1915). Il governo decretò la deportazione generalizzata degli armeni di tutta la nazione, non solo di anatolia e cilicia, forse per la nota dell'Intesa che li dichiarava responsabili delle atrocità commesse contro i cristiani. Sempre più convinti dell'alleanza tra potenze nemici e popolazione cristiana il governo ottomano si inaspriva sempre piu verso la questione armena. , progetto teso ad eliminare completamente le comunità cristiane dall'anatolia. Durante la IWW l'usanza di spostare le popolazioni ritenute poco affidabili era prassi sia per l'Impero russo che per quello austro-ungarico. Ciò accadde anche in quello ottomano, che fece così per profughi da balcani o caucaso, curdi o ebrei (sulla carta) ma per gli armeni fu diverso poichè per loro deportazione significava marce verso la morte in direzione del deserto siriano. L'ordine di deportare e uccidere lungo il tragitto fu dato dal CUP. Ciò non implica che sin dall'inizio il piano fosse questo. Le deportazioni e i massacri ebbero invece andamento progressivo non lineare verso il genocidio. Ciò non toglie che il genocidio sia stato intenzionale per eliminare la presenza cristiana dall'anatolia con pulizia etnica e massacri. Un milione di armeni persero la vita. Gli unionisti responsabili del genocidio, molti dei quali erano profughi dei Balcani, erano convinti si dovesse fare in Anatolia quanto era accaduto ai musulmani in Macedonia e nel Caucaso. QUINDI il genocidio armeno fu il prodotto di una reazione patriottica dei Giovani Turchi motivata non tanto dall'odio razziale ma la volontà di eliminare i cristiani che in quel momento erano considerati come una minaccia per l'Impero. Lo stesso avviene per i greci dell'Asia Minore, risparmiati nel 15 ma colpiti negli anni venti. I cristiani ottomani erano stati abbandonati anche dalle potenze occidentali e furono colpiti con immane violenza. Tra il 15 e il 16 i massacri coinvolsero tutti i cristiani anatolici, quindi non solo gli armeni. Intere regioni furono svuotate. L'esito delle violenze fu la polarizzazione delle identità in anatolia. Nessun cristiano si sarebbe più ritenuto un cittadino ottomano così come molti musulmani ormai non potevano più vivere in un paese che non fosse completamente musulmano. Per stabilizzare la situazione demografica dell'Anatolia tra 16 e 17 venne eseguito il trasferimento forzato della popolazione curda allontanata dalle zone di confine con i russi e dispersi sul territorio per favorirne l'assimilazione. Nel vuoto di potere dopo il ritiro russo e l'avanzata ottomana si aprì lo spazio per nuove violenze etniche. Sugli altri fronti la guerra non andava bene per l'Impero ottomano. L'intesa programmava la spartizione dell'Impero relegando la zona della palestina ad amministrazione internazionale. Con l'accordo Sykes-Picot del 16, QUINDI, UK e FRA sostennero la rivolta dello sceicco della Mecca attuata per favorire la caduta dell'Impero Ottomano. La rivolta ebbe effetti limitati per la lealtà manifestata all'impero dalla popolazione araba ottomana. L'Impero era però ormai indebolito e i britannici entrarono a Gerusalemme il 9/12/17. La caduta della città santa sconvolse gli ottomani. Nel '18 l'Intesa riprese le ostilità dopo aver preso anche Damasco, Aleppo e Baghdad. Il 31/10/18 la guerra era finita e l'Impero Ottomano firmò la resa. 1.3 La lotta patriottica: Con l'armistizio l'Impero dovette accettare condizioni severe: controllo dell'Intesa su ogni via di comunicazione e il disarmo dell'esercito oltre che diritto europeo di conquistare qualsiasi area dell'impero fosse "a rischio sicurezza". Con un corpo militare in loco, l'Intesa esercitava controllo diretto sulla politica ottomana. Molti leader del CUP erano fuggiti o erano stati arrestati. Nel vuoto politico riprese slancio il ruolo del nuovo sultano, Mehmet VI. Il Cup lavorò per la resistenza nazionale sotto la leadership di Mustafa Kemal, mantenendo influenza in ogni parte dell'impero, nel governo e nell'esercito. In Anatolia gli unionisti si riorganizzarono sviluppando un movimento nazionale turco-ottomano tanto da rappresentare un nodo nelle trattative di pace di Parigi. A Parigi si sarebbe dovuta risolvere la questione orientale tra spartizioni e indipendenze promesse a popolazioni locali come armeni, curdi e arabi oltre che greci, assiri e sionisti che si avvalevano dei punti wilsoniani che costrinsero le potenze europee a constatare il processo di nazionalizzazione in Europa e in Medio Oriente, dove la coabitazione non era più possibile. Nello spazio ottomano l'idea nazionale fu causa e prodotto di scontro etnico (balcani e anatolia) e l'eredità di tali violenze spiega l'instabilità di molti stati post-ottomani e la loro fragilità dipese (stati arabi) dalla difficoltà di costruire un'identità nazionale coesa in contesti sociali caratterizzati da forte pluralismo etnico e religioso. Queste furono le premesse della continuazione dell'influenza europea. Francia e Inghilterra posero le basi per mandati su province arabe mediorientali. Venne mostrata simpatia ad Armenia, Siria, Mesopotamia (Iraq), Arabia, Kurdistan ma ci si rese conto che l'affermazione del principio nazionale si scontrava con la difficoltà di far corrispondere alle identità etniche uno specifico territorio, problema che rischiava di suscitare nuovi conflitti. In Anatolia si intrecciavano la questione armena, le aspirazioni di Grecia e Italia e il futuro di Instabul. La conferenza di pace decise per la creazione uno stato nazionale armeno indipendente. L'asia Minore fu suddivisa tra Italia e Grecia. Questi ultimi occuparono Smirne e usarono la violenza per liberarla dalla popolazione turco-ottomana. La pulizia etnica dei greci sui musulmani fu poi patita dagli stessi greci quando i nazionalisti ripresero Smirne. Gli stretti furono dati in garanzia alle grandi potenze. A instabul fu dato un residuo di territorio. Dopo gli accordi Sykes-Picot, furono fissati gli assetti delle province arabe affidate a Francia e Inghilterra sulla base di un mandato della nascente Società delle Nazioni. Un escamotage giuridico permise di salvaguardare gli interessi geopolitici delle due potenze senza che gli USA potessero lamentarsi per la colonizzazione informale. Dopo un primo tentennamento si cominciò alla graduale assunzione del progetto per una national home degli ebrei nonostante i probabili attriti che sarebbero sorti con la popolazione araba palestinese. Intanto venne creato l'Iraq riunendo aree disomogenee sul piano economico, sociale e demografico inglobando curdi e assiri ignorando le loro aspirazioni nazionali rendendo sempre più instabile una compagine statuale dove vivevano all'interno diverse etnie e confessioni. I britannici intendenvano difendere i loro interessi sul Golfo persico, considerato la porta al dominio indiano, quindi favorirono la costituzione di un regno unitario nella penisola araba, affidato alla dinastia saudita. Il nuovo assetto furono percepiti dalle popolazioni come un dominio coloniale. La conferenza di parigi stabilì una pace senza pace. Mustafa kemal non aveva fatto parte del gruppo del CUP protagonista tra 1908 e 1918. Distintosi in guerra e nazionalista unionista convinto, guidò la resistenza nazionale che rivendicava la sovranità dell'Impero e l'indivisibilità di territori "abitati da maggioranza ottomana musulmana che costituitva un'unità religiosa, tenica e storica". L'identità tecnica turca era quindi legata al carattere islamico con una sovrapposizione tale che "millet" passò da significare una comunità confessionale a significare una La repubblica turca è oscillata tra l'idea universalistica della cittadinanza a un atteggiamento di diffidenza. Alcune sono state riconosciute subito come minoranze come armeni, greci e d ebrei. Altri gruppi come assiri, siriaci e caldei invece non sono considerati minoranze sebbene sia comunità riconosciute. Il criterio religioso è infatti il principale fattore per identificare una minoranza e nessun gruppo musulmano è riconosciuto come tale seppure abbia differenze etniche e confessionali. Gruppi etnici non turchi come curdi e arabi sono stati forzatamente considerati turchi. Altri gruppi come abkhazi, lazi, albanesi, bosniaci, circassi, gerogiani, pomaki e tatari, sebbene compongano un terzo della popolazione turca, non godono di alcuno statuto particolare. A Losanna la dirigenza nazionalista intendeva dare a tutte le comunità etniche e religiose all'interno del territorio pari dignità e uguaglianza di diritti in quanto cittadini ottomani. Ciò comportava però non riconoscere particolarismi etnici, culturali e religiosi, guardati con sospetto perchè potevano mettere a rischio lo stato. Furono le diplomazie occidentali a voler imporre uno statuto particolare per le minoranze che regolano ancora oggi le comunità non musulmane in turchia. Gli esiti nel lungo periodo furono però controproducenti perchè posero un limite all'assimilazione delle minoranze e crearono le condizioni per la loro emarginazione e discriminazione in momenti critici della storia turca, quando lo stato ha agito contro di loro come a ripetere la sotira di quanto fatto contro le comunità cristiane nel passaggio tra XIX e XX sec. Oggi si avverte il bisogno di una soluzione globale ai problemi posti dalle minoranze etniche e religiose perchè lo stato si è aperto al modello più democratico di pluralismo culturale riconoscendo al cittadino il diritto alla differenza. 2.2 Tra laicità e islamismo: Dopo 90 anni dalla modernizzazione e laicizazzione optata da Kemal, l'Islam è ancora tratto fondante dell'identità turca. All'apparenza la Turchia è un modello di laicità da contrapporre invece all'Arabia saudita, all'Iran, all'Afghanistan. In occidente è stata sottilineata la discontinuità con il regime ottomano effettuata da Kemal per contrapporre la modernità della turchia laica di Kemal al medioevo dei fondamentalisti musulmani. Il nuovo protagonismo delle religioni sullo scenario globale e la laicità messa a repentaglio dal nuovo partito d'ispirazione islamica, il partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), alla guida del paese dal 2002, ha messo in discussione questa prospettiva. La laicizzazione della Turchia non è lineare come è stata rappresentata. Molti hanno sostenuto una permanenza del fattore religioso nelle strutture istituzionali anche dopo le riforme di Kemal. Era difficile individuare un concetto di laicità. Nella lingua ottomana non esisteva neanche il termine "laicità". Il regime ottomano non era comunque tanto teocratico o confessionale quanto fiscale. Presentava infatti uan distinzione tra sfera politica e religiosa, per alcuni aspetti più marcata rispetto molti Stati europei moderni. Mentre in Europa laicità e tolleranza si imposero in risposta ai conflitti confessionali per gestire l'inedito pluralismo religioso, nell'Impero ottomano il pluralismo era un elemento intrinseco. L'idea della teocrazia ottomana fu in realtà veicolata dai Kemalisti che intendevano legittimare la loro modernizzazione e laicizzazione in modo da prendere le distanze dall'ancieme regime ottomano. Per scongiurare qualsiasi privilegio alle minoranze non musulmane si superò il sistema dei millet e si separarono religione e stato. La laicità turca si realizzò inizialmente anche per evitare interferenze occidentali attraverso comunità non musulmane ottomane. Nonostante l'Islam fu individuata nell'atto fondante della repubblica come religione di stato nel 1923, nel 1924 si ridussero gli spazi della religione nella società perchè lo si riteneva un freno alla modernizzazione e per evitare contropoteri. Il califfato rappresentava un'istituzione antiquata e pericolosa per il nuovo stato kemalista. La dinastia osmanli fu espulsa dal paese. Fu la fine dell'ultima istituzione universalistica e sopranazionale musulmana che lasciò il mondo islamico privo di un'autorità centrale riconosciuta e senza un punto di coesione, esponendolo maggiormente alla pressione del colonialismo occidentale. Furono eliminate tutte le istituzione appartenenti al vecchio ordine che potessero contrapporsi al nuovo regime repubblicano. Con la riforma kemalista si avviò anche l'unificazione del sistema educativo laddove con l'Impero ottomano le scuole erano appannaggio della religione a livello locale. Già dal XIX secolo si era cominciato a riformare le scuole per rafforzare il ruolo dello Stato, similmente a quanto avvenuto sotto il piano giuridico. Seguendo una volontà modernizzatrice. Il kemalismo non intendeva comunque eliminare l'influenza dell'Islam nella società, ma creare un islam di Stato, ufficiale e contemporaneo, non superstizioso. L'intento ultimo della rivoluzione kemalista era modernizzare il più rapidamente possibile la Turchia. La laicità turca non fu però priva di contraddizioni: lo stesso kemalismo era incerto tra la fedeltà al positivismo razionale e la consapevolezza del valore dell'Islam come fattore identitario di mobilitazione e coesione, o tra la cittadinanza sganciata dall'appartenenza religiosa e un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei non musulmani. La laicizzazione di Kemal non deislamizzò la Turchia. L'islam rimase radicato nella società, nè questo era sua intento. Lo stato tentò di inglobare l'Islam, non distruggerlo. Quindi oggi non è che si sia operata una reislimizzazione, semplicemente oggi l'identità islamica in Turchia ha ricominciato a giocare un ruolo nel protagonismo globale del paese. Si tratta di un processo iniziato nel 1960 con il colpo di stato militare che aprì uno spazio politico per l'islam popolare che portò alla nascita di formazioni politiche islamiste antioccidentali e antikemaliste.Tali forze agirono sempre all'interno del sistema parlamentare turco. Il colpo di Stato del 198' aprì una nuova fase durante la quale i militari appoggiarono i movimenti islamisti nell'ottica di contenere le formazioni marxiste e riportare l'ordine nella società turca. Dopo l'esperienza militare, le redini del governo passarono ad Ozal per varare riforme in grado di aprire sul piano politico ed economico la turchia che risentiva della globalizzazione. Ozal credeva nella conciliazione tra laicità dello stato e rilevanza dell'Islam, in opposizione all'islamismo antisistemico di un altro esponente politico importante come Erbakan, la cui esperienza politica fu conclusa dai militari nel 1997 quando cominciarono a temere una svolta fondamentalista in Turchia. Ciò spinse la classe dirigente musulmana emergente a fondare l'AKP, evento in rottura con il Kemalismo solo in parte perchè fu il frutto della politica di nazionalizzazione della religione che ha forgiato un islam propenso a vedere lo stato secolarizzato non come un nemico ma come uno spazio da conquistare in una logica democratica. La trasformazione dell'islamismo turco è rutto del kemalismo . Tuttavia ne kemalismo ne islamismo furono in grado di rispondere adeguatamente alle sfide della globalizzazione ed emerse una domanda di maggior democratizzazione. L'AKP si pone come primo partito postkemalista e postislamista capace di proporre una sintesi comunitario liberale in grado di conciliare la turchia, la sua tradizione e la sua religione, con il mondo, i suoi mercati e la sua secolarizzazione. Dopo la sintesi ottomanista della fine dell'Impero e quella nazionale Kemalista che ha puntato sulla modernizzazione, sta prendendo forma una nuova sintesi islamo-democratica che intende orientare la Turchia nella globalizzazione. Ciò spiega anche perchè il caso turco sia modello di molte società musulmane come esempio di conciliazione tra religione e modernità, tra Islam e democrazia. 2.3 Geopolitica turca e neo-ottomanismo: 2.3 La Repubblica di Turchia ha dovuto costruire la sua nuova identità sul discorso post-imperiale, prendendo le distanze dal suo passato. Ankara fu scelta come capitale al posto di Instabul, ormai periferica e vicina alle frontiere e troppo ancorata al passato imperiale e sacro considerato che era sede del califfato. Ankara era in posizione più centrale e fu una città concepita secondo canoni urbanistici europei. Il kemalismo anche attraverso questa scelta tentava di creare un nuovo uomo turco e una nuova nazione turca nazionalista, scolarizzata e rivolta al progresso. La Turchia sorta a Losanna nel 1923 a Losanna non aveva confini naturali ma frontiere delimitate dai confini al momento dell'armistizio 1918. Il criterio fu quindi politico militare e non etnico territoriale. La Turchia si è edificata sull'idea di perdita territoriale e di mantenere quel poco che rimaneva piuttosto che sulla conquista come accaduto a Stati nazionali contemporanei come anche Germania e Italia. QUesto influì sulla politica dei Giovani Turchi: La perdita di territori alimentò l'ossessione di accerchiamento e la paranoia. Inoltre l'umiliazione della sconfitta suscitò una volontà di rivincita e di vendetta contro i responsabili del declino, primi tra tutti i cristiani ottomani. Dopo il 1923 però, finito l'Impero, la Repubblica Turca si concentrò sul processo di modernizzazione e costruzione nazionale a cui corrispose la presa di distanza dal passato ottomano, non più gloriosa pagina da recuperare ma principale causa del ritardo turco sulla via della modernità. Il kemalismo criminalizzò l'ottomanismo. La dirigenza kemalista temeva la spartizione del territorio turco tra le potenze straniere. Questo generò una politica estera di carattere difensivo (neutralità in IIWW e adesione alla NATO) accompagnata da un nazionalismo autoritario per esercitare forte controllo sulla società. La modernizzazione rimandò libertà, diritti e pluralismo. Negli ultimi venti anni però una nuova storiografia ha ricercato gli elementi di continuità tra Impero Ottomano e Repubblica ed è cresciuta l'attenzione della Turchia verso il proprio passato, di pari passo con l'allentarsi del sistema kemalista, come la rilevanza dell'Islam. Il cambiamento è derivato dal grande cambiamento geopolitico che ha investito la Turchia dopo il crollo del regime sovietico. La Turchia da periferia dell'URSS è tornata a giocare un ruolo centrale in una vasta regione, collegamento tra Mediterraneo e Asia centrale in una fase di crescente interdipendenza prodotta dalla globalizzazione. Instabul è tornata a essere uno snodo geopolitico e una delle grandi metropoli mondiali, favorendo l'apertura della Turchia all'estero. Il merito dell'attuale leadership dell'AKP è stato quello di aver dato rappresentanza politica al nuovo dinamismo turco della borghesia anatolica e di aver saputo orientare la Turchia nelle relazioni internazionali. Per spiegare la proiezione internazionale della Turchia attuale si utilizza il termine "Neo-ottomanesimo" che riflette la percezione che si ha all'esterno del nuovo ruolo internazionale della Turchia. In realtà però la Turchia oggi non ha alcuna ambizione neoimperiale, eppure costituisce una potenza in ascesa che suscita timori. L'ottomanismo non riflette direttrici espansive ma il sogno di un ruolo internazionale importante per la Turchia. Secondo l'attuale ministro degli esteri Davutoglu, il neo-ottomanesimo si basa su Storia, geografia, demografia e cultura, insomma l'identità del paese di cui la Turchia si sta riappropriando.
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