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Fisiologia Università, Dispense di Fisiologia

--Dispense adattate ad appunti ben organizzati. Il rene è l'unica parte mancante-- - Cellula Animale - Permeabilità (Trasporti) - Proprietà elettriche - Segnalazione Cellulare - Neuroni - Recettori Sensoriali - Proteine motrici e contrattilità - Muscolo Cardiaco

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 10/10/2020

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_Va_le_ 🇮🇹

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Scarica Fisiologia Università e più Dispense in PDF di Fisiologia solo su Docsity! Fisiologia La cellula animale Composizione biologica Glicoproteine: le proteine sono immerse nel “mare” lipidico e svolgono una serie di importanti funzioni: - Trasportano ioni e molecole - Riconoscono i segnali extracellulari - Funzione strutturale e meccanica Proteine integrali: attraversano completamente il doppio strato lipidico della membrana; Proteine periferiche: non si inseriscono nel doppio strato lipidico, ma si associano alla sua superficie intra o extra cellulare, interagendo con la testa polare dei lipidi o con le proteine integrali; Proteine canale: facilitano e velocizzano il passaggio di una specifica molecola/ione; Proteine α-elica: questa particolare disposizione fa sì che i residui idrofobici si trovino tutti da una parte ed i residui idrofili tutti dall’altra. Queste eliche sono anfipatiche e si ritrovano solo in proteine di membrana caratterizzate da segmenti transmembranari multipli; Proteine globulari: importanti funzioni di regolazione, controllo e trasporto; Colesterolo: contribuisce a determinare la struttura della membrana intercalandosi tra le molecole di fosfolipidi. Più colesterolo c’è, meno la membrana sarà fluida; Carboidrati: sono localizzati sulla superficie esterna e servono come siti di riconoscimento; Glicolipidi: lipidi legati covalentemente ai carboidrati, e sono dei “segnali di riconoscimento” per le interazioni tra le cellule; Componente lipidica: glicerofosfolipidi, sfingolipidi, steroli; La composizione lipidica non è omogenea tra i due foglietti. Il doppio strato fosfolipidico non ha carattere omogeneo, ma all’interno del mosaico fluido sono presenti micro-domini lipidici meno fluidi, formati principalmente da sfingolipidi e colesterolo allo stato liquido-ordinato. Dinamica dei lipidi di membrana. Dai più frequenti ai meno frequenti: - Vibrazioni intramolecolari - Flessione delle catene - Rotazione - Diffusione laterale - Corrugamenti - Flip-flop Proteine intrinseche ed estrinseche Intrinseche. Attraversano il doppio strato fosfolipidico una o più volte, e possiedono regioni idrofobiche situate fra le code del doppio strato fosfolipidico. - Monotopiche: associate ad un solo lato della membrana - Bitopiche: attraversano il doppio strato fosfolipidico una sola volta - Politopiche: attraversano il doppio strato fosfolipidico più volte Estrinseche. Si legano alla membrana tramite legami non covalenti con proteine transmembrana, quindi non attraversano completamente la membrana. - Periferiche di membrana: si legano alla superficie attraverso legami H - Periferiche ancorate ai lipidi: legate covalentemente alla testa idrofila Si legano tramite un breve oligosaccaride legato a sua volta ad una molecola di fosfatidilinositolo. Il glicocalice. È una struttura extracellulare che ricopre la superficie esterna dei tessuti. È lo strato più esterno della membrana plasmatica. È costituito da carboidrati legati covalentemente alle proteine o ai lipidi di membrana. Protegge la cellula e fornisce punti di ancoraggio ai recettori per il riconoscimento delle molecole segnale; quindi è fondamentale per la comunicazione e il riconoscimento cellulare. Membrana degli eritrociti. È formata al 95% da fosfolipidi e colesterolo, da proteine tra cui le glicoforine A,B,C e proteine della banda 3. La disposizione della proteina sulla membrana del globulo rosso è quella che fa in modo che esso possa modificare la sua membrana plasmatica in lunghezza e verticalità. Il citoscheletro degli eritrociti è formato da spettrina, ancorata alla membrana grazie all’ankirina e a proteine della banda 4.1 con l’intermediazione di actina. Le glicoforine e le proteine della banda 3 legano la membrana alla banda 4.1, dunque il globulo rosso si differenzia dalle altre cellule poiché il citoscheletro forma un guscio che sostiene la membrana ed è unito ad essa in molti punti, ed è proprio questa caratteristica che permette all’eritrocita di essere flessibile e di potersi spostare facilmente nei capillari. Domini di proteine di membrana. Anche se le proteine sono libere di muoversi nella membrana, essendo questa un fluido bidimensionale, la cellula è in grado di confinare determinate proteine in determinate zone della membrana (domini di membrana). - Raft: zattere lipidiche formate da lipidi e proteine, che intercettano i segnali - Giunzioni: controllano i processi di adesione tra due cellule - Citoscheletro: matrice di proteine fibrose che controllano il movimento degli organelli Funzioni proteine di membrana - Catalizzano le reazioni chimiche - Formano giunzioni cellulari - Trasporto - Traduzione di segnali La cellula è in grado di funzionare con ben determinati livelli di concentrazione di alcune sostanze come sodio, potassio e calcio. Quando questo equilibrio viene turbato in qualunque modo, interviene una struttura chiamata pompa proteica, per ristabilire il giusto livello di concentrazioni. Diffusione facilitata (o uniporto) Essendo la membrana plasmatica impermeabile alle molecole idrosolubili, il loro passaggio è mediato da proteine intrinseche transmembrana che fungono da canali o trasportatori. I canali formano dei dotti in comunicazione tra ambiente intracellulare ed extracellulare, mentre i trasportatori no. Se il movimento attraverso queste proteine avviene secondo gradiente di potenziale elettrochimico, si parla di diffusione facilitata. - Jmax è in relazione al numero di canali in membrana. - Km è inversamente correlata all’affinità del canale alla molecola trasportata. I modulatori sono in grado di modificare entrambi i parametri cinetici. Es. la fosforilazione di residui amminoacidici può modificare la Km. Oppure segnali più complessi di targeting vescicolare possono modificare la Km. Glucosio permeasi. I trasportatori di glucosio (GLUT) sono una famiglia di proteine transmembrana presenti nella maggior parte delle cellule mammifere. La loro azione permette il trasferimento del glucosio attraverso le membrane plasmatiche. Nell’uomo il trasporto del glucosio può avvenire secondo gradiente (diffusione facilitata) o contro-gradiente (trasporto attivo). GLUT 4. Nei tessuti insulino-dipendenti (muscolare/scheletrico, cardiaco e adiposo) è distribuito il GLUT-4, il quale è regolato strettamente dall’insulina. L’assunzione di glucosio da parte di muscolo e adipe viene regolata dall’esocitosi di vescicole che contengono GLUT-4, stimolata dall’interazione tra insulina e recettore di membrana. Con la rimozione dell’insulina, al contrario, il processo si inverte da esocitosi ad endocitosi, i GLUT-4 tornano ad essere sequestrati nelle vescicole citoplasmatiche e l’ingresso di glucosio si riduce drasticamente. Canali ionici. Sono proteine integrali di membrana con un poro centrale che consente il movimento passivo di ioni secondo il proprio gradiente di potenziale elettrochimico. L’attività dei canali ionici può essere regolata (gating) da ligandi, dalla polarizzazione della membrana o da stimoli meccanici (trazione della membrana cellulare). Questi meccanismi decidono se il canale è aperto o chiuso. I canali ionici sono in grado di escludere il passaggio di specie anche molto simili tra loro (selettività). Quindi il gating è il meccanismo che governa le transizioni che controllano l’apertura e la chiusura del canale, mentre la selettività è la proprietà del canale di selezionare la specie ionica che lo attraversa. - Selettività: alla base del gating sta il fatto che nella molecola costitutiva del canale ionico sia presente un condotto percorribile dallo ione e che questo condotto presenti una regione critica contenente un filtro di selettività, che consente il transito solo degli ioni di una determinata specie (quelli per i quali il canale è selettivo). In ambiente acquoso, ogni ione è avvolto da un guscio di molecole d’acqua detto alone di solvatazione. Le molecole di acqua che compongono questo anello si orientano, essendo dipoli, lungo il campo elettrico generato dallo ione. Il numero di molecole d’acqua che si addensano attorno allo ione è tanto maggiore quanto minore è il raggio anidro dello ione (anidro=senza acqua). Ciò dipende dal fatto che la forza elettrica esercitata dallo ione è tanto maggiore quanto maggiore è la densità di carica. - Ioni e alone di solvatazione. Esempio di K e Na. Nel caso di Na, il raggio ionico è inferiore rispetto al raggio ionico di K, pertanto la densità di carica nel caso di Na è maggiore rispetto alla densità di carica di K. Quindi, la forza di attrazione che Na esercita sulle molecole d’acqua circostanti è maggiore rispetto a K, quindi l’anello di solvatazione di Na è maggiore di quello di K. Ciò comporta che l’anello di cariche del filtro di selettività deve avere una distribuzione spaziale ben precisa, specifica per la specie ionica per la quale il canale manifesta selettività. - Anello di solvatazione e filtro di selettività. Per superare il filtro di selettività, lo ione deve essere reso anidro. Quindi i legami tra lo ione e le molecole d’acqua devono essere vinti dall’attrazione tra lo ione e le cariche elettriche di segno opposto a quello dello ione presenti sugli amminoacidi che compongono il filtro di selettività. Ad esempio, per disidratare uno ione e consentirne il passaggio attraverso il filtro di selettività, i legami che legano lo ione alle molecole d’acqua dell’anello di solvatazione devono essere sostituiti da legami simili con gli atomi di ossigeno dei residui carbonilici degli amminoacidi. - Filtro di selettività. In generale, per molti canali ionici, ogni subunità comprende diversi segmenti transmembrana collegati da anse intra ed extra cellulari. Ai fini della costituzione del filtro di selettività, è importante l’ansa tra il segmento 5 e 6. Detta anche ansa P (poro), è rivolta verso l’interno della molecola, affondata nello spessore della membrana. L’organizzazione a cerchio di 4 anse P contribuisce a formare la parete interna del poro come una sorta di imbuto molecolare, la cui porzione più stretta rappresenta il filtro di selettività. - Gating. La maggior parte dei canali ionici ha la facoltà di passare, in risposta ad un segnale adeguato, da uno strato aperto (in cui è ammesso il passaggio di ioni) ad uno strato chiuso, in cui gli ioni non possono transitare; in questo modo, l’intensità di flusso può essere regolata. Il modello più semplice che possa spiegare questa transizione di strato prevende la presenza di una porta (gate) posizionata nella porzione del canale dove fluiscono gli ioni. Il gate è costituito da una propaggine molecolare del canale capace di muoversi sul suo punto di attacco al resto della proteina, in modo da occludere o lasciare accessibile il lume del canale. Si conoscono 5 categorie generali di <<gates channels>> distinte in base allo specifico meccanismo di gating. Quindi abbiamo canali controllati da: voltaggio, ligando, temperatura, luce, sollecitazione meccanica. Quindi abbiamo diversi modelli di canali ionici: - Voltaggio-dipendenti - Chemio-dipendenti - Meccanico-sensibili - Temperatura-dipendenti - Luce-sensibile Trasporti attivi - I trasporti attivi richiedono energia metabolica (ATP) - I soluti vengono trasportati contro-gradiente di potenziale elettrochimico. Quindi, si tratta di un processo disequilibrante che crea e mantiene le differenze di concentrazione tra ambienti separati da una membrana. - Si riconoscono il trasporto attivo primario e secondario. Trasporto attivo primario I trasporti attivi primari sono sistemi di trasporto che traggono l’energia necessaria per trasportare le particelle contro-gradiente direttamente dalla scissione dell’ATP in ADP. Pertanto, la proteina trasportatrice è al tempo stesso anche ATP-asi, ossia è anche l’enzima che catalizza l’idrolisi di ATP. In tali proteine trasportatrici, l’idrolisi di ATP è accoppiata a cambiamenti conformazionali della molecola tali da consentire il trasporto contro-gradiente del substrato. Pompe protoniche - F-ATPasi: sono localizzate sulla membrana mitocondriale interna. Invece di produrre un gradiente protonico grazie all’idrolisi dell’ATP, come fanno le V-ATPasi, sfruttano l’energia derivante dal trasporto secondo gradiente di protoni per sintetizzare ATP. - V-ATPasi: mantengono attivamente l’acidità all’interno di lisosomi o vacuoli; creano un gradiente protonico sfruttando l’idrolisi di ATP. Giunzioni aderenti. Sono localizzate al di sotto delle giunzioni precedenti, e circondano la cellula. Lo spazio intercellulare presente tra i due foglietti esterni della membrana adiacenti contiene delle proteine (caderine). Giunzioni comunicanti. Rappresentano vie di comunicazione tra le cellule, consentendo alle cellule dello stesso tessuto di essere funzionalmente accoppiate. Esse sono formate da due unità dette “connessoni”, formate da proteine dette “connessine”. L’accoppiamento del connessone di una cellula con il connessone di un’altra cellula adiacente consente di costituire un canale idrofilo a ponte tra le due cellule che permette lo scambio di metaboliti e quindi l’accoppiamento elettrico. Vie di permeazione - Via di permeazione paracellulare, attraverso gli interstizi tra le cellule lasciati liberi dalle giunzioni intercellulari. Non comporta l’attraversamento di membrane e non avviene in modo unidirezionale, ma per movimento diffusionale passivo di ioni e acqua. - Via di permeazione transcellulare, attraverso il corpo delle cellule. Comporta l’attraversamento di membrane, avviene in modo direzionato grazie a sistemi di trasporto attivo e presenta un alto grado di selettività. Trasporti trans-epiteliali mediati da trasportatori Esistono degli epiteli definiti di “trasporto”, che grazie ad una diversa distribuzione di pompe e canali tra membrana apicale, laterale e basale, permettono l’assorbimento di molecole. Per esempio, l’assorbimento del glucosio a livello intestinale avviene grazie alla presenza di epiteli assorbenti dotati di co-trasportatori (SGLT1) e canali per il fruttosio (GLUT3) nella membrana apicale. L’accoppiamento funzionale con la pompa sodio-potassio basolaterale e altri trasportatori GLUT nella membrana basale permettono il passaggio netto di glucosio, galattosio e fruttosio dal lume intestinale al sangue. Proprietà elettriche A cavallo della membrana plasmatica di tutte le cellule, quindi tra la superficie intra ed extracellulare del doppio strato fosfolipidico, esiste una differenza di potenziale detta potenziale di membrana. Va da -65 mV a -70 mV. Meccanismi che contribuiscono a costruire il potenziale di membrana - Esistenza di un gradiente di concentrazione ionica - Permeabilità selettiva della membrana Potenziale di equilibrio di uno ione. È definito dall’equazione di Nerst: 𝐄 = 𝐑𝐓 𝐳𝐅 𝐥𝐧 [𝐱]ⅇ [𝐱]ⅈ E = potenziale di equilibrio dello ione F = Costante di Faraday (numero di Coulomb/mole di carica) T = temperatura assoluta (gradi Kelvin, -273°C) R = costante dei gas perfetti z= valenza elettrica dello ione con il suo segno Xe= concentrazione esterna dello ione Xi= concentrazione interna dello ione Potenziale di equilibrio del potassio. La condizione di equilibrio per il potassio si verifica quando le forze che lo spingono all’esterno (gradiente di concentrazione) si equivalgono a quelle che lo spingono ad entrare (gradiente elettrico). Equilibrio di Gibbs-Donnan Tra due soluzioni acquose separate da una membrana che sia impermeabile ad uno solo dei soluti si stabilisce un equilibrio (equilibrio di Donnan) garantito da una differenza di potenziale transmembranario. Una conseguenza dell’equilibrio di Donnan è che tra i 2 compartimenti si stabilisce una differenza di pressione osmotica che sarà maggiore nel compartimento contenente lo ione non diffusibile. Relazione di Donnan: [K]1 [Cl]1 = [K]2 [Cl]2 La membrana è permeabile a K e Cl ma impermeabile alle proteine. - Gli ioni Cl diffondono da 1 a 2 secondo il loro gradiente di concentrazione, ma così facendo creano un gradiente che li spinge in direzione opposta. - Il gradiente elettrico creato dalla diffusione degli ioni Cl richiama ioni K da 1 a 2, ma così facendo gli ioni K creano un gradiente di concentrazione che li spinge in direzione opposta. - Quando i flussi unidirezionali contrapposti diventano uguali sia per K che per Cl, il flusso netto transmembranario diventa pari a 0 sia per K che per Cl. Equazione di Hodgkin-Katz-Goldman È necessaria una nuova equazione in grado di descrivere il potenziale di membrana, e deve tener conto del fatto che più specie ioniche contemporaneamente contribuiscono a quest’ultimo. Questo avviene in funzione delle loro concentrazioni e della capacità dei singoli ioni di attraversare la membrana cellulare per mezzo dei sistemi di trasporto. Pertanto, la nuova equazione deve contemplare anche la permeabilità specifica della membrana per ogni specie ionica. - I flussi di Na e K contribuiscono alla genesi del potenziale di membrana; - La diversa permeabilità della membrana fa sì che valore del potenziale di membrana sia spostato verso Ek; - La pompa ionica sodio-potassio mantiene i gradienti di concentrazione di questi ioni; - Lo ione Cl è anch’esso determinante; L’equazione dice quindi che il potenziale di membrana esiste grazie ad una diversa concentrazione esterna ed interna di Na, K e Cl, e grazie ad una differente permeabilità della membrana a questi ioni. In che modo la membrana cellulare mantiene questa condizione di disequilibrio stabile? La pompa sodio- potassio è responsabile del disequilibrio ionico di membrana. I canali ionici tendono a dissipare il gradiente costruito dalla pompa Na/K. Il potenziale di riposo di una cellula è determinato dall’asimmetrica distribuzione degli ioni nei due ambienti intra/extra cellulari e dalla differente conduttanza alle diverse specie ioniche. La tendenza del K ad uscire più velocemente del Na dalla cellula, polarizza negativamente la membrana, attrae il Na e favorisce il suo ingresso. Potenziale d’azione Il potenziale d’azione è una modificazione del potenziale di riposo (potenziale di membrana) di breve durata, che si genera nelle cellule eccitabili in risposta ad uno stimolo capace di depolarizzare la membrana. - Richiede l’attivazione e l’inattivazione coordinata di diverse famiglie di canali ionici VD. - È autorigenerativo e in grado di propagarsi lungo le fibre nervose senza attenuazione. Stimolo sotto soglia Il potenziale di membrana di una cellula eccitabile in uno stato non eccitato si chiama potenziale di riposo, che non coincide con il potenziale per Na e K. La curva tende a muoversi verso l’alto in seguito ad uno stimolo depolarizzante (il potenziale di membrana aumenta), ma lo stimolo non è sufficiente per provocare una variazione elevata del potenziale di membrana, che ritorna immediatamente al valore di riposo. In questo caso si parla di stimolo sotto soglia. Dove nasce il PdA e come si trasmette in un neurone - Dendriti: canali per K+, Ca2+ e a volte Na+ - Zona d’innesco (trigger): alta densità di canali per Na+ - Assone mielinico: elevata densità di canali per Na+ e K+, a livello dei nodi di Ranvier - Terminazioni: canali per Ca2+ Una volta generato, il PdA si propaga senza decremento lungo l’assone, partendo dal monticolo assonico (zona trigger) e giungendo al terminale assonico. La propagazione del PdA si basa sulla generazione di nuovi PdA nei punti successivi dell’assone, procedendo in direzione anterograda. Corrente elettrotonica 1. Riposo → in condizioni di riposo a livello della zona trigger si registra il normale PdM (negativo all’interno e positivo all’esterno); 2. Inizio → quando il potenziale graduato raggiunge la soglia nella zona trigger, i canali del Na VD si aprono e la cellula si depolarizza fino ad invertire il suo potenziale (positivo all’interno e negativo all’esterno). L’insorgenza di un PdA in un punto crea una differenza di potenziale tra quel punto e le zone di riposo vicine. Pertanto, tra la zona attiva e quella inattiva, si crea una corrente locale detta corrente elettrotonica (basata su conduzione ionica, che si propaga con decremento) che depolarizza la zona inattiva fino alla soglia determinando la nascita di un nuovo PdA; 3. Propagazione → le correnti elettrotoniche si propagano in tutte le direzioni, sia a monte che a valle del punto d’innesco. Tuttavia, il flusso retrogrado di corrente verso il soma non determina alcun effetto in quanto in quella regione non ci sono canali ionici VD. Il flusso di corrente verso il segmento di membrana successivo invece, depolarizzando la membrana fino al raggiungimento della soglia, innesca un nuovo PdA; 4. La propagazione continua → anche nel caso del PdA in questo nuovo segmento, la corrente elettrotonica si propaga in tutte le direzioni, ma nel segmento precedente la membrana si trova nel periodo refrattario assoluto. Pertanto, un nuovo PdA può innescarsi, anche in questo caso, nel segmento successivo ma mai in quello precedente. Il processo continua fino alla terminazione assonica. I neuroni I neuroni trasmettono l’informazione ad altri neuroni o alle cellule effettrici (es. cellule muscolari) attraverso le sinapsi. Il neurone ha il compito di ricevere segnali, integrarli fra loro, trasmetterli ai terminali sinaptici e infine trasferire l’informazione ad un neurone post-sinaptico. I segnali sono codificati in termini di potenziali d’azione. Sinapsi - Asso-somatiche - Asso-dendritiche - Asso-assoniche Convergenza → input nervoso da molti neuroni verso un unico neurone Divergenza → output da un singolo neurone verso molti altri neuroni - Sinapsi elettrica: l’onda di depolarizzazione passa direttamente dalla cellula presinaptica alla cellula post-sinaptica - Sinapsi chimica: l’onda di depolarizzazione passa dalla cellula presinaptica alla cellula post-sinaptica per mezzo di esocitosi di trasmettitori nello spazio inter-sinaptico e trasduzione del segnale in corrente depolarizzante post-sinaptico Sinapsi elettriche. Le sinapsi elettriche sono localizzate nel SNC, nel tessuto muscolare liscio e cardiaco e nei tessuti neuroendocrini. Lo spazio inter-sinaptico è ridotto a pochi nanometri e il citoplasma presinaptico è in continuità con il post-sinaptico tramite delle giunzioni comunicanti. I connessoni delle giunzioni comunicanti delle sinapsi elettriche possono anche chiudersi ed isolare la cellula. Questo accade in condizioni di danni cellulari e garantisce l’isolamento chimico della cellula danneggiata. I segnali che possono chiudere i connessoni sono variazioni di calcio intracellulare, di pH e modificazioni anomale del potenziale di membrana, tutti segnali di sofferenza cellulare. Sinapsi chimiche. La sinapsi chimica presenta strutture specializzate di sintesi, traffico vescicolare e fusione di vescicole per l’esocitosi dei neurotrasmettitori. La membrana post-sinaptica presenta invece uno specifico sistema di traduzione del segnale. Questo rende la trasmissione del segnale unidirezionale. Le fasi fondamentali della comunicazione mediante le sinapsi chimiche sono 4: 1. Depolarizzazione del terminale assonico presinaptico 2. Esocitosi del neurotrasmettitore nella fessura sinaptica 3. 3. Attivazione della membrana post-sinaptica 4. Rimozione del neurotrasmettitore - Meccanismi presinaptici 1. A livello del terminale sinaptico i neurotrasmettitori sono contenuti in vescicole dette “vescicole sinaptiche”; 2. Il potenziale d'azione generato a livello del cono d'emergenza, propagandosi lungo l'assone, raggiunge la membrana presinaptica; 3. La depolarizzazione della terminazione presinaptica provoca l'apertura dei canali voltaggio dipendenti del Ca, quindi si genera un flusso transmembranario di ioni Ca secondo il suo gradiente elettrochimico che produce un aumento locale della concentrazione intracellulare di Ca a livello della terminazione presinaptica; 4. L'aumento della concentrazione intracellulare di Ca innesca l’esocitosi delle vescicole sinaptiche. - Struttura delle vescicole presinaptiche 1. Liberazione dell’interazione con il citoscheletro Le vescicole del pool di riserva sono ancorate al citoscheletro di actina attraverso le sinapsine, cioè proteine estrinseche associate al versante citoplasmatico della membrana vescicolare, e sono in grado di legare molecole di actina. L'ingresso di Ca a livello del terminale presinaptico determina la fosforilazione della sinapsina ad opera delle della proteina chinasi Ca-calmodulina dipendente. La fosforilazione riduce l'affinità della sinapsina per l'actina promuovendo quindi il distacco delle vescicole associate ai filamenti actinici. 2. Direzionamento delle zone attive Il distacco di una vescicola del pool di riserva è seguito della sua mobilizzazione e dal suo indirizzamento verso una zona attiva. Questo processo richiede l'intervento di proteine estrinseche della membrana vescicolare dette Rab3, proteine monomeriche GTP-asiche. Nella forma legata al GTP, Rab3 contrassegna le vescicole che devono essere trasportate verso le zone attive. Inoltre consente l'ancoraggio alle zone attive attraverso l'interazione con la proteina Rim, proteina intrinseca delle zone attive. 3. Ancoraggio ai siti attivi Le proteine del complesso SNARE delle vescicole e della membrana interagiscono assicurando il corretto posizionamento delle vescicole vicino ai canali Ca VD. Le SNARE si distinguono in V-SNARE (per la membrana vescicolare, come la sinaptobrevina) e t-SNARE (per la membrana presinaptica a livello delle zone attive, come la sintaxina). 4. Priming Le SNARE si contattano dai rispettivi N-terminali in direzione dei C-terminali, con un’interazione che comporta un avvolgimento a elica, sviluppando una potente forza traente, che porta la membrana vescicolare a contatto con la membrana pre-sinaptica. 5. Fusione con la membrana presinaptica È promossa dal legame del Ca alla sinaptotagmina (una grossa proteina transmembrana che si trova nella membrana delle vescicole sinaptiche). Dopo l’ingresso del Ca nel terminale assonale, il legame tra i due induce un cambiamento conformazionale che le permette di interagire con le proteine SNARE che nel frattempo hanno avvicinato le due membrane. La sinaptotagmina si lega ai fosfolipidi di membrana creando un poro di fusione. 6. Recupero della membrana delle vescicole L’esocitosi delle vescicole deve essere seguita dalla rimozione della membrana vescicolare, che avviene tramite un processo mediato da clatrina. La membrana di origine vescicolare, inserita dopo la fusione, in quella presinaptica, lega mediante specifici marker proteici vescicolari una proteina adattatrice detta AP-2, alla quale si lega la clatrina. Essa determina l’incurvamento della membrana e la formazione di una struttura vescicolare rivestita. Il distacco della neo-vescicola della membrana avviene ad opera della dinamina, che si avvolge attorno al colletto della vescicola e, contraendosi con consumo di GTP, ne provoca lo strozzamento e il distacco dalla membrana. La vescicola neo- formata può essere poi indirizzata verso il pool di riserva processo durante il quale viene riempita di neurotrasmettitore ad opera di specifici trasportatori vescicolari. Segnalazione cellulare e trasduzione del segnale Diffusione diretta inter-citoplasmatica Gap Junctions. Proteine di membrana intrinseche espresse da due cellule adiacenti si connettono e creano un canale di contiguità diretta tra i citoplasmi (Giunzioni comunicanti). Questo tipo di connessioni permette la diffusione secondo gradiente elettrochimico sia di ioni che di piccole molecole. Queste ultime, diffondendo trasmettono alle cellule adiacenti dei segnali. Segnalazione cellulare e trasduzione del segnale mediata dall’asse ligando-recettore. I meccanismi di segnalazione intra e intercellulare permettono a una o più cellule di coordinare la loro attività. Lo schema meccanicistico è il seguente: - Cellula segnalatrice: produce una molecola segnale (primo messaggero). - Cellula bersaglio: lega la molecola segnale per mezzo di un recettore. Il legame recettore-molecola segnale attiva una complessa cascata di eventi biochimici (secondi messaggeri) che culminano con un preciso evento (trasduzione del segnale). Azione autocrina e paracrina. La comunicazione autocrina e paracrina è fortemente legata alla capacità diffusionale della molecola segnale ed esaurisce la sua azione a breve raggio, agendo solo su cellule fisicamente prossime alla cellula secernente. Paracrina → le cellule bersaglio sono vicine alle cellule da cui parte il segnale, che agisce solo su di esse. Le sostanze chimiche presenti in questo tipo di trasmissione sono dette mediatori chimici locali; Autocrina → le cellule rispondono a sostanze rilasciate da loro stesse. Ormoni. Nei meccanismi di comunicazione mediati da ormoni, la cellula secernente (endocrina) secerne la molecola segnale (ormone) nel torrente ematico. Solo i citotipi che esprimono un recettore per l’ormone, saranno in grado di rispondere. Recettori intracellulari e membranali I recettori per le molecole segnale possono essere localizzati sulla membrana o avere una localizzazione intracellulare (nel citoplasma o nel nucleo) a seconda della capacità del messaggero di permeare attraverso la membrana. - Recettori di membrana: legano messaggeri rappresentati da proteine, peptidi, e molecole polari che non sono in grado di attraversare il doppio strato fosfolipidico della membrana cellulare. - Recettori intracellulari: legano messaggeri lipofili che diffondono attraverso la membrana plasmatica (es. ormoni steroidei) Meccanismo d’azione dei recettori intracellulari. 1. Molecole segnale liposolubili possono facilmente attraversare la membrana e raggiungere l’interno della cellula dove interagiscono con un recettore citoplasmatico nucleare. 2. Tali recettori possiedono un sito di legame con il DNA di circa 70 amminoacidi, composto da un dominio denominato “zinc finger”, ricco in cisteine organizzate intorno ad un atomo di zinco. Nello stato inattivo il recettore non può legarsi al DNA in quanto una proteina inibitrice è legata al sito di legame per il DNA. 3. Quando una molecola segnale si lega al sito recettoriale del recettore intracellulare, la proteina inibitrice viene rilasciata e il sito di legame per il DNA viene esposto. 4. Il recettore, così modificato, entra nel nucleo e si lega a specifiche sequenze nucleotidiche sul DNA. Questo evento attiva la trascrizione di un particolare gene, localizzato generalmente in posizione adiacente a quella del sito regolatorio. Recettori membranali ionotropici. Il legame del ligando al dominio recettoriale induce un cambiamento conformazionale del gate con conseguente apertura del canale. L’apertura del canale permette, quindi, ad uno specifico ione di muoversi attraverso la membrana secondo il proprio gradiente elettrochimico. Il tempo d'azione di questo recettore per ottenere una risposta è rapidissimo. Esempi sono il recettore nicotinico (acetilcolina), il recettore GABAA (GABA), il recettore 5-HT3 (serotonina), recettori glutammatergici (NMDA). Proteine adesive (CAM: Cell Adhesion Molecules). Questi recettori di superficie sono fondamentali nei processi di adesione cellulare. Sono costituiti da molecole proteiche dotate di 3 domini: un dominio intracellulare, che interagisce con il citoscheletro, un dominio transmembrana e un dominio extracellulare. Le principali classi di proteine adesive sono: N-CAM, Selettina, Integrina, Caderina. - N-CAM: sono abbondantemente espresse nei neuroni - Selettine: in presenza di Ca2+ sono capaci di stabilire un legame con i residui sialici del glicocalice di un’altra cellula. Delle selettine è nota l’importanza nell’adesione dei leucociti all’endotelio dei capillari sanguigni, preliminare alla loro fuoriuscita verso il sito di reazione infiammatoria. - Integrine: svolgono un ruolo fondamentale nelle interazioni tra membrana plasmatica e matrice extracellulare; i loro domini esterni si legano al collagene o alla fibronectina della matrice extracellulare. - Caderine: sono particolarmente abbondanti sulla superficie di cellule di tessuti solidi. Entrano nella composizione delle giunzioni strette tra cellule. Creano tra cellula e cellula un effetto «velcro». Recettori metabotropici. I recettori metabotropici vengono così chiamati ad indicare che il loro funzionamento coinvolge in qualche modo le attività metaboliche cellulari. I recettori metabotropici sono strutturalmente eterogenei, sebbene possano essere suddivisi in due principali tipologie strutturali e funzionali: - Recettori accoppiati a proteine G Rappresentano la famiglia recettoriale più numerosa. E’ composta da proteine che attraversano 7 volte la membrana e agiscono attivando proteine presenti sul versante intracellulare della membrana, dette proteine G in quanto hanno attività GTPasica (cioè effettuano l’idrolisi di GTP) formate da 3 subunità. Le proteine G funzionano a loro volta come collegamento tra il recettore e altre proteine, dette proteine effettrici. Gli effettori delle proteine G possono essere enzimi che producono secondi messaggeri o canali ionici. - Recettori-enzimi Recettori a 7 domini transmembrana accoppiati a proteine G trimeriche. Il recettore accoppiato a proteine G comprende 7 α-eliche, altamente conservate, che attraversano il bilayer fosfolipidico connesse da 6 anse, 3 extracellulari e 3 intracellulari. La terza ansa intracellulare contiene il dominio di interazione con la proteina G. - L’estremità N-terminale della catena polipeptidica si sviluppa nell’ambiente extracellulare e contiene, oltre a diversi siti di glicosilazione il dominio di legame per il ligando. - L’estremità C-terminale si estende nel citosol e contiene diversi siti regolatori Recettore accoppiato a proteine Gq e attivazione della fosfolipasi C. La fosfolipasi C è un enzima che idrolizza i fosfolipidi di membrana, in particolare idrolizza il legame estereo tra il glicerolo e il residuo fosfato in posizione C3. L’attivazione di un recettore accoppiato ad una proteina G di tipo q (Gq) stimola, attraverso la subunità α attivata, la fosfolipasi C. La fosfolipasi C catalizza la conversione del fosfotidilinositolo 4,5 bifosfato (PIP2 ) in diacilglicerolo (DAG) e inositolo trifosfato (IP3 ), che funzionano da secondi messaggeri. Il DAG rimane nella membrana e attiva l’enzima protein chinasi C (PKC). La PKC a sua volta catalizza la fosforilazione di una proteina bersaglio attuatrice della risposta cellulare. Secondi messaggeri: la via del Calcio Omeostasi intracellulare del calcio. La concentrazione citoplasmatica di calcio della cellula eucariotica a riposo si aggira intorno a 10-7M nonostante una concentrazione extracellulare di 1-2 mM. L’aumento della concentrazione citoplasmatica di calcio è determinato dall’ingresso di Ca2+ dal mezzo esterno e/o dal rilascio dello ione da organuli intracellulari (depositi). La liberazione dello ione dai depositi cellulari è mediata dal sistema degli inositoli fosfati. L’ingresso di calcio dall’ambiente extracellulare avviene attraverso i canali di membrana. - Canali chemio-dipendenti, presenti in tutte le cellule, richiedono per la loro attivazione un segnale di natura chimica; - Canali voltaggio dipendenti (presenti in cellule eccitabili); la loro apertura è conseguente alla depolarizzazione della membrana plasmatica. In numerosissime vie di segnalazione l’azione del calcio è mediata dalla calmodulina. La calmodulina è una piccola proteina regolatrice attivata dal calcio presente in tutte le cellule eucariotiche. È costituita da due domini globulari, ciascuno dei quali è in grado di legare due ioni Ca2+ ; ciò conferisce alla calmodulina la capacità di legare complessivamente 4 ioni Ca2+. L’interazione con il calcio provoca una notevole modificazione conformazionale in seguito alla quale la proteina viene convertita nella sua forma attiva, in cui è capace di interagire con diversi tipi di proteine bersaglio. In alcuni casi il bersaglio è costituito da protein-chinasi che, a loro volta, attivano o disattivano altri bersagli mediante aggiunta di gruppi fosforici. Altri bersagli, come la pompa Ca2+ - ATPasi e alcune proteine che regolano l’assemblaggio dei microtubuli, sono sottoposte a regolazione per interazione diretta col complesso Ca2+ /calmodulina. Recettori sensoriali Funzione e caratteristiche dei recettori sensoriali. I recettori sensoriali raccolgono gli stimoli esterni (meccanici, termici, luminosi) e li trasformano in un segnale elettrico che modifica l’attività di scarica di uno o più neuroni. L’energia contenuta nel segnale esterno viene convertita in una scarica di potenziali di azione con una specifica frequenza. Questo meccanismo viene definito «meccanismo della codifica in frequenza». La funzione di codifica in frequenza è presente nella zona «encoder». Encoder: 1. Nelle fibre afferenti del sistema sensoriale è la zona del neurone sensitivo primario in stretta prossimità del recettore periferico. 2. Negli altri neuroni è costituito dalla zona trigger e da altri segmenti di membrana prossimi. Recettori sensoriali: - Esterocettori: raccolgono stimoli esterni (recettori cutanei, fotocettori, etc.). - Endocettori: ricevono stimoli interni (muscoli, tendini, viscere, etc.). Si distinguono in enterocettori e propriocettori. Specificità recettoriale: Quale stimolo attiva il recettore è stabilito dalla soglia di eccitazione. Un fotocettore per esempio ha una soglia bassa di attivazione per lo stimolo fotonico. La scarica di potenziale relativa viene convogliata in un percorso nervoso sensoriale ben definito che giunge in specifiche aree cerebrali. Questo contribuisce alla decodifica dello stimolo. Due principali classi «anatomiche» di recettori sensoriali - A: Recettore nervoso. Costituito da terminazione nervose di fibre sensoriali afferenti e da cellule accessorie. - B: Recettore con cellule sensoriali. Esso è costituito da cellule di sostegno e cellule sensoriali. Queste ultime entrano in contatto con la fibra sensitiva tramite sinapsi citoneurali. Le cellule sensoriali sono bipolari, e altamente specializzate nella conversione dello stimolo esterno in un segnale di attivazione della sinapsi citoneurale. Meccanismi generali della conversione dell’informazione esterna tramite i recettori sensoriali Trasduzione: lo stimolo viene convertito in una variazione del potenziale di membrana recettoriale (potenziale di recettore). Trasduzione meccano-elettrica, chemio-elettrica, foto-elettrica, termo-elettrica. La trasduzione è relativa alla presenza di canali ionici selettivamente regolati da forze meccaniche, molecole, fotoni, calore. La trasformazione di uno stimolo sensoriale in una scarica di PdA attraversa 2 processi: Trasduzione: conversione dello stimolo in potenziale di recettore, cioè un potenziale graduato caratterizzato da una depolarizzazione della membrana in grado di diffondere localmente. Si tratta di canali cationici in cui l’apertura è dovuto allo stimolo sensoriale. La trasduzione dipende dalla natura dello stimolo iniziale. - In A è riportata la trasduzione meccano-elettrica, dove i canali ionici sono in stretto collegamento con il citoscheletro, quindi quando si registra la variazione dello stiramento della membrana, viene avvertita dai filamenti di citoscheletro i quali vanno a indurre l’apertura del canale cationico. Unità sensoriale costituita da più recettori può creare inibizione laterale. I potenziali d'azione generati in conseguenza dell'attivazione di ciascun recettore appartenente a una stessa unità sensoriale, giunti ad ogni punto di ramificazione della fibra afferente, non solo proseguono per via ortodromica in direzione centripeta, ma si propagano anche per via retrograda (antidromica) nei rami periferici che fanno capo a quel nodo. Ne viene che i potenziali d'azione generati nel frattempo dagli altri recettori della stessa unità sensoriale non potranno propagarsi a valle, perché la loro collisione con un potenziale d'azione che viaggia in direzione opposta ne provoca l'estinzione. È facile prevedere che la probabilità di questa estinzione è trascurabile a basse frequenze di scarica, ma aumenta con l'intensità dello stimolo applicato all'unità sensoriale, accentuando quindi il carattere non lineare della relazione intensità-frequenza di ogni fibra nervosa sensitiva. Meccanocettori Recettori tattili Corpuscoli di Messner: Sono recettori a rapido adattamento, implicati quindi nella recezione del movimento fine, nonché nella trasmissione delle più piccole irregolarità percepibili della superficie di un oggetto. Corpuscoli di Merkel: a lento adattamento e sono sensibili a stimoli pressori che durano nel tempo, quindi hanno una sensibilità più bassa. Corpuscoli di Ruffini: a lento adattamento, i quali sono sensibili a stimoli esercitati in direzione longitudinale sulla cute, quindi sono localizzati nel derma. Corpuscoli del Pacini: sensibili alle vibrazioni e sono localizzati nel derma. Corpuscoli di Krause: termocettori per il freddo. Terminazioni libere: corrispondono a termocettori per il caldo e sono anche nocicettori (sensibili al dolore). Corpuscolo del Pacini. La parte con funzione strettamente sensoriale è rappresentata dalla terminazione di una fibra nervosa priva di rivestimento mielinico, ma è avvolta da una capsula ellissoidale costituta da diversi strati di lamelle di cellule epiteliali, che stratificano longitudinalmente le une sulle altre a formare lamelle in cui è presente il liquido interstiziale. La terminazione nervosa avvolta nella capsula è meccano-sensibile e sulla sua membrana presenta canali cationici permeabili al sodio e al calcio, e l’apertura di questi canali è regolata dallo stiramento della membrana plasmatica. L’ingresso in cellula di questi cationi induce la locale depolarizzazione della membrana, quindi inducono il potenziale di recettore, che determina la propagazione di correnti elettrotoniche che quando raggiungono il primo nodo di Ranvier generano l’insorgenza della scarica dei PdA. Sono recettori fasici on-off, quindi ad alto adattamento che inviano informazioni sulla dinamicità dello stimolo, infatti sono sensibili alle vibrazioni, cioè stimoli meccanici e dinamici. La presenza della capsula ha importanza funzionale per il recettore in quanto è il liquido interstiziale che conferisce al recettore e caratteristiche dei recettori fasici on-off. Orecchio. Nel caso dell’orecchio interno si ha sempre la presenza di meccanocettori. La funzione dell’orecchio interno è di registrare onde acustiche le quali vanno a stimolare i meccanocettori espressi nell’orecchio interno. Si tratta di cellule cigliate (in tutti i vertebrati), le quali vanno a costituire i recettori sensoriali sia del sistema acustico sia del sistema vestibolare dei vertebrati, quindi udito ed equilibrio. L’orecchio interno dei vertebrati è costituito da un sistema membranario formato da strutture comunicanti fra loro, infatti sono presenti 3 canali semi circolari i quali all’estremità presentano delle dilatazioni dette “ampolle”. Questi 3 canali si aprono tramite le ampolle in 2 vescicole centrali (sacculo e otricolo). L’insieme di tutte queste strutture membranose va a formare il labirinto membranoso, che contiene un liquido detto endolinfa, il quale ha una composizione caratterizzata da alti livelli di ioni K e bassa concentrazioni di ioni Na. Ciascuna struttura dell’orecchio interno presenta un epitelio sensoriale, che nel caso specifico del sacculo e dell’otricolo è rappresentato dalla macula. Nei canali semicircolari ci sono le creste ampollari, cioè epiteli sensoriali dotati di ciglia le quali in corrispondenza della loro membrana basolaterale formano delle sinapsi citoneurali con le terminazioni nervose dell’8° nervo cranico (nervo stato-acustico che trasporta dall’orecchio interno all’encefalo le varie informazioni che consistono non soltanto di onde acustiche ma anche della posizione del capo e delle accelerazioni lineari ed angolari del capo stesso). Cellule cigliate: sono dette stereo-ciglia e rappresentano la componente membrano-sensibile. La membrana apicale delle cellule cigliate ha una struttura simile ad un flagello detto chino-ciglio, e si sviluppano le stereo- ciglia la cui altezza si riduce allontanandosi dal ciglio. Sono collegate tra loro da filamenti proteici lungo tutta la loro estensione, ma quelli apicali vengono detti tip links (fondamentali per l’apertura dei canali cationici). Lo stimolo meccanico provoca la deflessione delle ciglia, che si piegano, e a seconda della deflessione lo stimolo può essere eccitatorio o inibitorio. Se avviene in direzione delle ciglia più alte, lo stimolo è eccitatorio, se avviene verso le ciglia più basse lo stimolo è inibitorio. Nell’ampolla vestibolare le ciglia sono disposte a ventaglio. Queste ciglia sono inglobate in questa sostanza gelatinosa detta cupola, e in base ai movimenti assunti dalla testa, anche le pareti del canale si muovono nella stessa direzione e con la stessa velocità del capo. L’endolinfa, poiché presenta una certa densità, presenta anche un livello di inerzia, quindi si muove in ritardo rispetto al movimento del capo, e ne deriva un flusso nella direzione opposta rispetto a quella del movimento del capo. Questo flusso va a determinare anche la flessione della cupola, e anche qui lo stimolo può risultare eccitatorio o inibitorio. L’orecchio interno umano presenta una formazione aggiuntiva detta coclea, dove è presente l’epitelio sensoriale deputato alla percezione del suono (organo del Corti). La posizione ma anche le accelerazioni che il capo subisce sono invece percepite dall’epitelio sensoriale del sacculo, che è rappresentato dalla macula. - L’orecchio esterno (padiglione auricolare) inizia dal canale uditivo e continua verso l’interno fino a raggiungere il timpano; - L’orecchio medio è costituito da 3 ossicini (incudine, martello e staffa) i quali comunicano con la faringe tramite la tromba di Eustachio; - L’orecchio interno è costituito da sistema membranario e coclea Le onde sonore impattano sulla membrana timpanica, quindi vengono convogliate dal padiglione auricolare sulla membrana del timpano. Le onde sonore che ovviamente vanno a far vibrare la membrana timpanica, vanno a determinare i movimenti dell’endolinfa. Una volta trasformata la vibrazione delle onde sonore in movimento dell’endolinfa, quest’ultima fa muovere in modo sincronizzato la membrana basilare dell’organo del Corti e la membrana tettoria della scala media della coclea. La cosa importante è il movimento (flessione) delle stereo-ciglia. Nell’orecchio interno, le cellule cigliate sono le cellule acustiche interne ed esterne. La trasduzione avviene in corrispondenza delle stereo-ciglia e della zona apicale di esse, che è proprio la zona in cui stanno i canali cationici, che si aprono nel caso in cui la deflessione delle ciglia è eccitatoria, e si chiudono quando la deflessione è inibitoria. Nel caso in cui è eccitatoria, insorge un PdRec depolarizzante, quando è inibitoria, il PdRec è iperpolarizzante. Gli stimoli gustativi nella specie umana sono riconducibili a 5 sapori fondamentali: salato, acido, dolce, amaro e umami (sapido). La trasduzione del segnale a livello delle cellule recettrici gustative è dovuta alla presenza di specifici canali ionici e recettori accoppiati a proteine G sulla membrana apicale delle cellule gustative: - canali ionici attivati da ioni inorganici - recettori accoppiati a proteine G attivati da molecole organiche Canali ionici attivati da ioni inorganici - Canali epiteliali del Na+ (detti canali ENaC): sono responsabili della sensazione del salato. Si tratta di canali selettivi per il Na+ costitutivamente aperti; quando la concentrazione di Na+ nella saliva aumenta, attraverso tali canali si genera una corrente entrante di Na+ che depolarizza le cellule gustative, generando un potenziale del recettore. - Canali cationici che si aprono in risposta all’acidità extracellulare: sono responsabili della sensazione di acido. La loro apertura determina depolarizzazione della membrana della cellula gustativa e conseguente genesi del potenziale del recettore Recettori a 7 domini transmembrana accoppiati a proteine G Recettori T1R e T2R, espressi sulla membrana apicale delle cellule gustative, mediano le sensazioni di dolce, amaro e umami (sapido) - I recettori T1R (T1R1, T1R2, T1R3) legano specificamente molecole organiche che nell’uomo evocano il senso del dolce come ad esempio il saccarosio o dell’umami (il glutammato). I recettori TR2 legano specificamente molecole organiche che evocano il senso dell’amaro. - Quando la molecola organica si lega la recettore, la sua proteina G (detta gustducina) si attiva a sua volta. Dopo il distacco della subunità α, la subunità βγ della proteina G attiva la fosfolipasi C che idrolizza l’inositolo trifosfati della membra plasmatica producendo inositolo trifosfato (IP3). Questo a sua volta si lega a recettori-canale del reticolo sarcoplasmatico inducendo il rilascio di Ca2+ nel citoplasma. L’incremento della concentrazione intracellulare di Ca2+ a sua volta attiva un canale cationico presente sulla membrana plasmatica delle cellule gustative, il canale TRPM5, che determina depolarizzazione della membrana e conseguente genesi del potenziale del recettore. La depolarizzazione della membrana delle cellule gustative determina a livello della membrana basolaterale l’apertura di canali del Ca2+ voltaggio dipendenti. L’incremento della concentrazione di Ca2+ genera sua volta l’esocitosi del neurotrasmettitore (rappresentato da serotonina per molte cellule gustative). Il neurotrasmettitore a livello della fibra afferente, legandosi a specifici recettori postsinaptici genera un potenziale postsinaptico che, nel primo punto eccitabile della fibra afferente genera un potenziale d’azione. Chemocettori dei recettori olfattivi Epitelio pluristratificato. Le ciglia olfattive sono immerse in uno strato sottile di muco secreto dalle ghiandole di Bowman, e sono cellule bipolari. Il dendrite bipolare presenta un assone a-mielinico che insieme agli assoni va a formare il nervo olfattivo, che raggiunge il bulbo olfattivo (corteccia olfattiva) dove formano sinapsi con i dendriti delle cellule mitrali. Il neuro-epitelio olfattivo è formato da cellule di supporto che fungono da supporto e hanno la funzione di mantenere costante il pH del mezzo extracellulare, reso basico dagli ioni K+ che vanno ad alcalinizzare, rilasciati dalle cellule. La seconda tipologia è quella delle cellule basali staminali che assicurano il turn-over delle molecole olfattive. Le mucose si disciolgono nel muco. La funzione del muco è anche di rendere umida la zona. Trasduzione del segnale. La porzione delle cellule olfattive che risponde agli stimoli chimici olfattivi è rappresentata dalle ciglia. La sostanza odorosa, giungendo in contatto con la superficie olfattoria, diffonde prima nel muco che ricopre le ciglia, per levarsi poi ad una proteina recettrice che protrude attraverso la membrana cigliare. Il recettore di membrana è una lunga molecola che attraversa sette volte la membrana a tutto spessore, ripiegandosi verso l’interno e verso l’ esterno. La parte interna del recettore è accoppiata ad una proteina G, formata a sua volta da tre subunità. Quando il recettore viene eccitato, una subunità alfa si stacca dalla proteina ed immediatamente attiva un’adenil-ciclasi localizzata sul versante interno della membrana cigliare, in prossimità del pirenoforo della cellula recettrice. L’adenil-ciclasi , a sua colta, converte numerose molecole di adenosintrifosfato intracellulare in adenosinmonofaostato-ciclico. Quest’ultimo in fine attiva dei canali al sodio contenuti nella membrana adiacente, con conseguente ingresso di un gran numero di ioni sodio all’interno del citoplasma della cellula recettrice. L’ingresso di ioni sodio è responsabile della positivizzazione della parte interna della membrana cellulare ed eccita il neurone olfattorio che quindi trasmette i potenziali d’azione al sistema nervoso centrale attraverso i nervi olfattivi. L’importanza di un tale meccanismo indiretto per l’attivazione dei nervi olfattivi sta nel fatto che esso amplifica notevolmente l’effetto eccitatorio, anche nel caso di minime quantità di sostanza stimolante. Fotorecettori dei vertebrati - Coni: Meno sensibili e utilizzati nella visione fotopica (elevata luminosità). Visione nitida degli oggetti e dei colori. - Bastoncelli: Più sensibili, visione scotopica (poca luce). Visione bianco e nero. Luce intermedia: visione mesopica. I fotorecettori sono di due tipi: coni e bastoncelli. - I coni si concentrano nella zona centrale della retina (la fovea) e sono deputati alla visione dei colori (fotopica) e alla visione distinta; ne esistono almeno tre tipi diversi, rispettivamente per il rosso, il verde e il blu (se ne contano circa 6 milioni per occhio). - I bastoncelli, invece, sono più sensibili al movimento, sono impiegati per la visione al buio (scotopica) e si concentrano nella zona periferica della retina. Coni e bastoncelli presentano una diversa sensibilità alla luce riconducibile alla rispettiva organizzazione del lavoro. Il lavoro dei coni è individuale nel senso che ciascuno di essi genera un impulso che è avviato al cervello indipendentemente. Nel caso dei bastoncelli, invece, diverse migliaia di elementi convergono su un singolo interneurone e l'impulso che viene avviato al cervello emerge dalla sommatoria di tutti i singoli impulsi. I bastoncelli risultano così circa 4000 volte più sensibili alla luce rispetto ai coni. Nella struttura dei fotorecettori si possono identificare tre parti: 1. un segmento esterno: caratterizzato da strutture membranose (chiamate "dischi"), su cui sono posizionati i pigmenti che reagiscono allo stimolo dei fotoni (luce che arriva in "pacchetti" detti quanti). Questa parte è in contatto con l'epitelio pigmentato, lo strato più esterno della retina che contiene un'elevata quantità di melanina per assorbire la luce che non è stata trattenuta dalla retina. Inoltre, ha la funzione di risintetizzare i pigmenti visivi e di facilitare il ricambio dei dischi. 2. segmento interno: caratterizzato dalla presenza degli organelli interni come mitocondri, apparati di Golgi, ecc., indispensabili per il metabolismo cellulare e il nucleo. 3. terminazione sinaptica: permette la trasmissione dei segnali dal fotorecettore alle cellule bipolari mediante sinapsi ossia per trasmissione biochimica tra cellule nervose (grazie a molecole dette neurotrasmettitori). Fototrasduzione. Nei bastoncelli l'assorbimento dei fotoni avviene grazie alla rodopsina, una molecola composta da una struttura proteica, all'opsina e a un cromoforo retinale. - L'opsina è una proteina che lega la molecola di retinale a livello dell'ultimo segmento transmembrana. L'arrivo del fotone modifica la struttura del retinale per rotazione della catena terminale connessa all'opsina, passando quindi dalla forma 11-cis retinale alla forma tutto-trans. - La molecola di rodopsina viene così trasformata prima in metarodopsina I e poi in metarodopsina II. Quest'ultima va ad attivare la subunità alfa della proteina G Trasducina che attiverà una particolare fosfodiesterasi PDE; La fosfodiesterasi andrà a idrolizzare il GMPc in GMP e questo causerà la chiusura di particolari canali presenti nella membrana dei fotorecettori detti canali CNG la cui probabilità di apertura dipende, appunto dalla concentrazione di nucleotidi ciclici. - I canali CNG sono permeabili agli ioni sodio e calcio (quest'ultimo costituisce circa un settimo della corrente in entrata di questi canali); la chiusura di questi canali causerà un'iperpolarizzazione dei fotorecettori che attraverso un potenziale graduato andrà a limitare l'esocitosi di neurotrasmettitori nella terminazione sinaptica. Caratteristica dei recettori dei vertebrati è quella di non rispondere allo stimolo tramite una depolarizzazione, ma tramite un'iperpolarizzazione. Infatti, in condizioni normali, la membrana del segmento esterno ha un potenziale di membrana più basso rispetto a quello degli altri neuroni in genere di -40 mV, il che determina la presenza di correnti elettrotoniche che depolarizzano anche la membrana presinaptica. Al buio invece la fosfodiesterasi non è attiva. I canali sono aperti e fanno entrare sodio e calcio e potassio in uscita, fa sì che si instauri una depolarizzazione costante della membrana detta corrente al buio. Il potenziale al buio è di -40 millivolt. Entra sodio e calcio il potassio esce e va a innalzare il valore del potenziale di membrana dei fotocettori. Quando arriva lo stimolo luminoso si riduce il cGMP e il flusso di ioni K continua e non c’è l’ ingresso di sodio e calcio, il potenziale di membrana diventa sempre più negativo -70 millivolt, si ha una iper polarizzazione della membrana Nei coni il meccanismo di fototrasduzione è simile ma dipende dall’attivazione selettiva delle conopsine. Si distinguono 3 tipi di conopsine sensibili a lunghezze d’onda differenti. - La conoxina S è sensibile a lunghezze d’onda più corte (blu) - La conoxina R medie (verde e gialle) - La conoxina L più lunghe (rosse) Struttura delle principali proteine motrici dimeriche - Miosina II: Consiste di un omo-dimero. Due teste, due colli e due code. La coda è molto lunga. La lunghezza della coda fa sì che la miosina sia in grado di organizzarsi in fasci lunghi che vanno a costituire i miofilamenti spessi delle fibre muscolari scheletriche. Attorno al collo dei due monomeri è presente una coppia di catene leggere a forma di anello, che sono in grado di legare il Ca e vengono distinte tra catena regolatoria e catena essenziale, e queste catene a seconda della concentrazione del Ca sono in grado di regolare la flessibilità del collo rendendolo più o meno rigido durante il movimento. (contrazione muscolare) - Chinesina I: Omo-dimero. Presenta una testa e una coda (per ogni monomero), non c’è il collo. Nonostante quest’assenza, la testa hanno una certa flessibilità e hanno una dimensione inferiore rispetto alla Miosina II. La coda è costituita dall’avvolgimento delle due strutture ad alfa elica di monomeri, e la coda è più corta di quella della miosina. Verso la metà della coda è presente uno snodo, cioè una porzione meno rigida della coda che permette alla proteina di piegarsi su è stessa. La porzione terminale della coda è detta cargo perché aggancia la molecola che deve essere trasportata. Nella chinesina le catene leggere sono presenti in corrispondenza della coda ma sono caratterizzate da 2 anelli. (trasporto) - Dineina citoplasmatica Struttura diversa delle altre due. Anche la dineina è costituita da 2 subunità, ma diverse tra loro (etero- dimeri). Ciascuna testa presenta una protuberanza detta peduncolo che rappresenta il sito di legame, dove si lega la tubulina. Lo stelo lega le teste alla base della molecola. La base è costituita da due catene intermedie (cargo). Le due catene leggere sono separate dalle catene intermedie dalla dinactina, proteina adattatrice. Le dineine sono differenti come struttura rispetto alle altre due, ma interagendo con i microtubuli intervengono nel trasporto di vescicole o organelli. Funzione delle proteine motrici - Miosine II e dineine assonemiche: funzione contrattile - Tutte le altre proteine motrici: trasporto citoplasmatico di organuli, vescicole o altri componenti cellulari. Il movimento mediato dalle proteine motrici è orientato e non è casuale Precisa direzionalità - Miosine si spostano lungo l’estremità + dei filamenti di actina. - Chinesine si spostano lungo i microtubuli nella direzione della loro estremità + (orientata verso la periferia della cellula). - Dineine si spostano anch’esse lungo i microtubuli ma nella direzione della loro estremità – (orientata verso il nucleo). Velocità e processività del moto - Chinesine si spostano singolarmente lungo i microtubuli. Moto processivo, lento. - Miosine o dineine si organizzano in fasci e quindi si muovono lungo la propria rotaia tutte insieme. Moto non processivo, molto veloce. Ciclo operativo delle proteine motrici Costituito da 4 fasi che si ripetono in successione 1. Fase di attacco Fase in cui la testa della proteina lega la tubulina o l’actina e viene detta “attacco per ponte”, dove per ponte si intende collo e testa della proteina, e avviene nel sito di legame 2. Fase di flessione del ponte Detta power stroke. Consiste in un salto in avanti che il collo della proteina fa, portandosi dietro tutta la coda, si flette in avanti e determina un salto in avanti di tutta la proteina 3. Distacco del ponte Questa fase consiste nel rilascio della molecola di tubulina o actina 4. Estensione del collo “recovery stroke”. Testa e collo si estendono in avanti e vanno a protendere verso la molecola successiva di actina o tubulina, pronti per legarla L’energia necessaria affinchè tutto accada deriva dall’idrolisi di una molecola di ATP. Il legame della molecola di ATP al sito nucleotidico non avviene nella fase di attacco, ma in quella di distacco della testa dall’actina o dalla tubulina. Nella fase 3 un ATP lega il sito nucleotidico e questo legame determina il distacco della testa dall’actina o tubulina. L’ATP viene idrolizzato formando ADP e P e l’energia che si libera da questa reazione di idrolisi viene utilizzata per far sì che testa e collo possano estendersi (4). A questo punto la proteina lega la molecola del citoscheletro e ADP e P sono ancora legati al sito nucleotidico, ma quando questi si staccano dal sito, avviene il power stroke, cioè il collo si flette in avanti (2). Questo è valido per la Miosina II. In mancanza di ATP la testa resta legata ai filamenti di actina, ecco perché si genera il rigor mortis, stato di irrigidimento muscolare che insorge 2 o 3 ore dopo la morte e permane dalle 6 alle 8 ore successive. Nel caso delle chinesine, l’idrolisi dell’ATP determina il power stroke, mentre il distacco della testa avviene quando si ha il rilascio dei prodotti dell’idrolisi di ATP. Il power stroke della Miosina II - La testa è detta dominio motore, in quanto contiene i due siti funzionali (sito di legame e sito nucleotidico), SL e SN. Inoltre, l’energia chimica liberata dall’idrolisi viene convertita in energia meccanica grazie alla presenza di un dominio convertitore rappresentata da una breve sequenza amminoacidica. - Il collo viene detto dominio leva, infatti amplifica il movimento e lo trasmette alla coda. Intorno al collo sono presenti le 2 catene leggere, cioè regolatoria ed essenziale, cioè i due anelli. Inoltre nella miosina il dominio leva è collegato al resto della proteina da un braccio articolato. Nel momento del power stroke, questo movimento in avanti viene effettuato attorno al fulcro posizionato nella testa. Il sistema Actina-Miosina permette alle cellule di muoversi Movimento ameboide: avanzamento della cellula lungo un substrato grazie alla formazione di una protrusione del corpo cellulare, detta pseudo-podo. In molte cellule questi pseudo-podi consistono in sottili lamine di citoplasma dette lamelli-podi che si espandono formando una sorta di ventaglio. 1. La testa della miosina è legata ad una molecola di GActina 2. Il legame dell’ATP alla testa della miosina induce il rilascio 3. L’idrolisi dell’ATP induce il movimento della miosina 4. La testa della miosina si lega ad una nuova G-Actina 5. ADP e fosfato vengono rilasciati 6. La testa ruota generando quindi lo scorrimento Il dinamismo dei filamenti di actina Rende possibile l’allungamento dei filamenti, allungamento che avviene nel verso dell’estremità positiva dei filamenti di actina, costituiti da monomeri di GActina, e si assemblano formando un polimero, la FActina. La variazione della lunghezza di questi filamenti che è alla base dell’avanzamento del lamellipodio è il risultato della combinazione di polimerizzazione della GActina, quando si aggiunge actina, e la depolimerizzazione dell’FActina, cioè il rilascio dei monomeri di GActina all’estremità negativa del filamento. La polimerizzazione di GActina richiede il legame di una molecola di ATP legato dai monomeri. La depolimerizzazione avviene quando l’ATP viene idrolizzato a ADP e P. Questi due processi opposti e continui rendono possibile un continuo scorrimento di monomeri di GActina, e questo movimento di monomeri viene detto “Trend Milling”. Quando la velocità di polimerizzazione è maggiore alla velocità di depolimerizzazione si ha l’allungamento del filamento, quando è il contrario, il filamento si accorcia. Nel primo caso, si ha l’espansione del lamellipodio, nel secondo caso, il lamellipodio si ritrae. In tutto questo processo ci sono diverse proteine citoplasmatiche implicate a regolare il meccanismo, la profilina che regola la polimerizzazione e la gelsolina che regola la depolimerizzazione; entrambe sono a loro volta regolate dalle proteine G monomeriche della famiglia di Rho, implicate nel dinamismo del citoscheletro in generale. Tessuto muscolare 3 tipi di tessuto muscolare: - Scheletrico - Cardiaco - Liscio Il muscolo scheletrico e cardiaco vengono detti striati perché sono caratterizzati dalla presenza di fibrocellule caratterizzate dall’alternanza di zone chiare e scure perché sono ricche di miofibrille, che rappresentano l’apparato contrattile. legame presenti, per rendere la molecola inattiva. Quando le code si distendono, quindi non coprono più le teste, inizia il processo di assemblaggio dei miofilamenti spessi, gli omo-dimeri di miosina vanno ad associarsi tra loro a due a due, coda contro coda. Le molecole di miosina iniziano ad aggregarsi disponendosi con le teste sporgenti verso l’esterno, formando un filamento spesso. Ciascun filamento contiene 300 molecole di miosina, e si va a formare la banda A. la banda H corrisponde al tratto dei miofilamenti spessi in cui non ci sono teste, e in questo tratto qui, il miofilamento spesso presenta solo le code e non le teste, ecco perché è meno densa. I filamenti spessi sono tenuti insieme dalla miomesina che si distribuisce lungo il tratto dei miofilamenti spessi privo di teste, ecco perché al centro della banda H abbiamo la linea M La disposizione delle teste di miosina che sporgono dai filamenti non è casuale, ma vediamo che in sezione trasversale si vede come le teste si organizzano in corone, ciascuna corona è costituita da 3 coppie di teste. Le teste che formano ciascuna corona sono ruotate rispetto alle teste della corona successiva di 60 gradi, in questo modo, sei filamenti sottili che circondano ciascun filamento spesso, fronteggiano altrettante teste. La distanza tra una testa e quella successiva orientata nella stessa direzione è pari a 290 Angstrom. I monomeri di actina disponibili alla formazione dei ponti trasversali con le teste di miosina sono distanziati di 365 angstrom. L’organizzazione della stria Z I miofilamenti sottili si ancorano in corrispondenza della stria Z dalle loro estremità positive. Ciascun filamento sottile è collegato ad altri 4 filamenti sottili appartenenti al sarcomero adiacente. La connessione tra i vari filamenti viene resa possibile grazie alla alfa-actinina, proteina che lega l’actina dei miofilamenti sottili. È questa struttura proteica che connette due sarcomeri adiacenti e che conferisce alle strie Z l’aspetto a zig-zag. Proteine che contribuiscono all’ordine molecolare spaziale del sarcomero Titina: Supporta la miosina dei filamenti spessi Nebulina: Supporta l’actina dei filamenti sottili Miomesina: Connette tra loro i filamenti spessi Alfa-actinina: Ancora l’actina dei filamenti sottili alla stria Z Complesso delle proteine associate alla distrofina (DAPC) o costamero Il citoscheletro della fibra muscolare è connesso al sarcolemma, a sua volta connesso alla matrice extracellulare detta endomisio. Ciò che connette il sarcomero al sarcolemma e all’endomisio, è un complesso multi-molecolare chiamato costamero. Questi complessi multi-molecolari va ad assicurare la stabilità e l’integrità di tutto il sistema contrattile del muscolo scheletrico e ne rendono possibile la contrazione, infatti vediamo che la mancata espressione di queste proteine, a causa di disordini genetici, va a compromettere il muscolo portando all’insorgenza di patologie muscolari neurogenerative, ad esempio è la distrofia muscolare di Duchain, dovuta ad un difetto molecolare a carico della distrofina, che connette la stria Z con le proteine del sarcolemma. Placca motrice o giunzione neuromuscolare La sinapsi tra cellule nervose e cellule muscolari scheletriche è detta anche sinapsi neuromuscolare o placca motrice. A livello del muscolo l’assone della cellula nervosa si suddivide in sottili branche. Ogni branca forma numerose espansioni dette bottoni sinaptici che riposano su una regione specializzata della membrana muscolare detta placca motrice. A livello della placca motrice la membrana presinaptica e quella postsinaptica sono separate da uno spazio di 50 nm nel quale viene riversato il contenuto delle vescicole sinaptiche, rappresentato dal neurotrasmettitore acetilcolina. La membrana postsinaptica è organizzata in pieghe giunzionali, le quali sono ricche di recettori per l’acetilcolina (10.000 recettori/µm2). Caratteristiche della trasmissione neuromuscolare: - Sinapsi chimica di tipo nicotinico - Sempre sopra soglia - Sempre eccitatoria - Rapida Il Potenziale di Azione Muscolare (PdAM) L’accoppiamento elettro-meccanico Meccanismo che permette al potenziale di azione muscolare (PdAM) di tradursi nella contrazione coordinata delle miofibrille di una fibra muscolare. L’onda di depolarizzazione (PdAM), che parte dalla placca motrice a livello della membrana postsinaptica, si propaga lungo il sarcolemma e, attraverso i tubuli T, raggiunge la triade (Tubulo T e due cisterne terminali del reticolo sarcoplasmatico longitudinale). Il PdAM a livello della triade induce l’apertura di canali ionici per il calcio sulla membrana del reticolo longitudinale. Il calcio fluisce nel citoplasma della fibra muscolare e determina l’attivazione della contrazione del sarcomero. Nel rilasciamento la pompa ionica per il calcio (SERCA) riporta il calcio nelle cisterne del reticolo longitudinale. La triade - Membrana delle cisterne: recettori della rianodina (RyR) - Membrana dei tubuli T: recettori delle diidropiridine (DHPR) Il complesso DHPR-RyR Nella membrana dei tubuli T è presente il recettore sensibile alla diidropiridina (DHPR). Esso è un canale di tipo L del calcio (un canale che lascia passare una corrente lenta) che si attiva con la depolarizzazione della membrana plasmatica del muscolo iniziata al livello della placca motrice e propagatasi fino ai tubuli T. Questa proteina è un omotetramero ovvero formata da 4 subunità uguali tra loro e associate con interazioni non covalenti. La diidropiridina colpisce e blocca selettivamente una subunità del DHPR non ancora identificata. Sulla membrana delle cisterne terminali si trova il recettore sensibile alla rianodina (RYR1). Esso è una proteina di membrana che funziona da canale per gli ioni calcio uscenti dal SER. Risulta costituito da una porzione transmembrana e un grosso dominio citoplasmatico che sporge nello stretto spazio di circa 15 nanometri tra il tubulo T e la cisterna terminale. Il dominio citoplasmatico del RYR1 è in stretta associazione con 4 proteine DHPR formando un "piede". L'arrivo del potenziale d'azione nella zona del tubulo T modifica la conformazione della DHPR in relazione ad una nuova distribuzione di cariche degli amminoacidi dovuta alla variazione del potenziale. La connessione meccanica tra DHPR e RYR1, facilitata dalla proteina triadina dello spazio tra i due sistemi di tubuli, permette di trasmettere, si pensa grazie alla subunità alfa-1 di DHPR, la modifica conformazionale anche a RYR1 che in questo modo può far uscire il calcio dal SER e attivare la contrazione muscolare. RyR possiede dei siti di legame per il calcio esposti nel sarcoplasma. A cosa servono? Probabilmente sono coinvolti in una «amplificazione» dell’accoppiamento elettro-meccanico. Solo una parte dei RyR è accoppiato a DHPR. Si ritiene che i RyR disaccoppiati siano attivati dal calcio liberato dal RyR accoppiato (CACR). Il sistema troponina-miosina Il complesso troponina-tropomiosina, in assenza di Ca2+ , inibisce l’interazione actina-miosina. Muscolo cardiaco Le cellule muscolari cardiache sono ramificate, possiedono un unico nucleo e sono unite tra loro da giunzioni specializzate dette dischi intercalari in corrispondenza dei quali le cellule sono connesse tra loro sia meccanicamente (tramite desmosomi) sia elettricamente (attraverso giunzioni comunicanti). Come il muscolo scheletrico, il miocardio ha nel sarcomero la sua unità funzionale. Con il muscolo scheletrico condivide anche la striatura ed i meccanismi di contrazione. La disposizione di filamenti spessi e sottile è simile a quella del muscolo scheletrico (anche il muscolo cardiaco è striato). Il sistema dei tubuli a T è meno sviluppato ed il reticolo sarcoplasmatico è meno esteso rispetto a quello delle cellule scheletriche, riflettendo il fatto che il muscolo cardiaco dipende in parte anche dal Ca2+ extracellulare per innescare la contrazione. Il miocardio (o muscolo cardiaco) è costituito da tre tipi di fibre muscolari, differenti sia per dimensioni che per caratteristiche funzionali: - Le cellule del miocardio che si trovano nel nodo senoatriale (pacemaker) e nel nodo atrioventricolare sono auto-ritmiche. Esse manifestano una velocità di conduzione piuttosto bassa. Morfologicamente sono più piccole delle altre cellule miocardiche e debolmente contrattili. - Le cellule miocardiche che si trovano sulla superficie interna della parete dei ventricoli sono specializzate per una conduzione rapida e costituiscono il sistema per la propagazione dell’eccitamento attraverso il cuore. Morfologicamente sono di grosse dimensioni e sono debolmente contrattili. - Le cellule di dimensioni intermedie sono fortemente contrattili e costituiscono la massa del miocardio. Il battito cardiaco consiste nella contrazione (sistole) e nel rilasciamento (diastole) ritmici dell’intera massa muscolare del cuore. La contrazione di ogni cellula è associata ad un potenziale d’azione. L’attività elettrica ha inizio in una regione del cuore detta pacemaker e si propaga di cellula in cellula (le cellule del miocardio sono infatti accoppiate elettricamente attraverso giunzioni comunicanti). Il pacemaker è costituito da cellule muscolari auto-ritmiche. 1) Nel cuore il potenziale d’azione si origina nel nodo senoatriale (pacemaker) e da qui viene trasmesso rapidamente attraverso una rete internodale, costituita da fibre muscolari modificate al nodo atrioventricolare formato da un gruppo di cellule autoritmiche poste in prossimità del pavimento dell’atrio destro. 2) Intanto la depolarizzazione si propaga più lentamente attraverso le cellule miocardiche dell’atrio. Dal nodo atrioventricolare i potenziali d’azione passano a fibre denominate fascio di His che si dirige verso la parete che separa i due ventricoli raggiungendo l’apice del cuore. Da qui l’onda di depolarizzazione si propaga ad entrambi i ventricoli. Quando i potenziali d’azione si propagano attraverso gli atri incontrano lo scheletro fibroso cardiaco alla giunzione tra atri e ventricoli. Questa barriera impedisce il trasferimento dei segnali elettrici dagli atri ai ventricoli. Flusso dell’attività elettrica cardiaca (potenziali d’azione): Nodo SA → muscolo atriale → nodo AV → fibre di Purkinje → muscolo ventricolare Le cellule miocardiche auto-ritmiche (cellule del pacemaker) possiedono la peculiare capacità di generare potenziali d’azione spontaneamente in assenza di uno stimolo dal sistema nervoso. Questa proprietà deriva dal loro potenziale di membrana instabile che parte da –60 mV e lentamente sale verso il valore soglia. Ogni volta che il potenziale pacemaker depolarizza la cellula portandola al valore soglia, parte un potenziale d’azione. Alla base dell’eccitabilità delle cellule pacemaker vi sono i canali If che si aprono a valori di potenziali negativi e permettono il passaggio di Na+ e K+ . Il Na+ ha un gradiente elettrochimico per il suo ingresso in cellula maggiore rispetto al gradiente elettrochimico che spinge il K+ ad uscire dalla cellula, il che provoca, grazie all’apertura dei canali If, la lenta depolarizzazione della membrana. In seguito alla depolarizzazione della membrana, i canali If si chiudono e si aprono i canali per il Ca2+ di tipo T; l’ingresso di calcio depolarizza ulteriormente la membrana portandola al valore soglia. A questo punto si aprono i canali per il Ca2+ di tipo L, responsabili della fase ascendente del potenziale d’azione. Raggiunta la soglia si aprono numerosi canali per il calcio voltaggio dipendenti, determinando la fase di rapida ascesa del potenziale d’azione di queste cellule. Quando i canali del calcio al picco del potenziale d’azione si chiudono, vengono aperti i canali lenti del K+ responsabili della fase di ripolarizzazione (dovuta alla fuoriuscita di K+). La frequenza dei potenziali d’azione auto-ritmici può essere modificata dal sistema nervoso. Es. l’acetilcolina riduce la frequenza di scarica, mentre l’adrenalina (rilasciata dalla midollare del surrene) e la noradrenalina (liberata dai neuroni simpatici) aumentano la frequenza di scarica. Periodo refrattario del cuore Le cellule contrattili miocardiche possiedono un potenziale a riposo stabile di circa –90 mV. Quando un’onda di depolarizzazione invade una cellula contrattile attraverso le giunzioni comunicanti, il potenziale di membrana diventa più positivo. (0) I canali del Na+ voltaggio-dipendenti si aprono permettendo la rapida depolarizzazione di membrana. Il potenziale di membrana raggiunge circa +20 mV prima che i canali del Na+ si chiudano. (1) A questo punto la membrana comincia a ripolarizzarsi per l’uscita di K+ attraverso i canali aperti del K+ (corrente transitoria di K+ ). (2) Il potenziale di membrana a questo punto si appiattisce in una fase detta di “plateau” grazie all’incremento della permeabilità al Ca2+ e alla chiusura dei canali rapidi del K+: il plateau si verifica quando l’ingresso di Ca2+ eguaglia la fuoriuscita di K+ . (3) La fase di plateau termina e si verifica la ripolarizzazione del potenziale di membrana quando i canali del Ca2+ si chiudono e i canali tardivi del K+ si aprono. Il plateau allunga la durata del PA cardiaco e quindi del periodo refrattario assoluto. Poiché la contrazione cardiaca si sviluppa quando il PA non è ancora terminato, durante la maggior parte della contrazione cardiaca le fibre muscolari cardiache risultano ineccitabili. Questo impedisce, nel miocardio, lo sviluppo di una contrazione tetanica. Il lunghissimo “plateau” del pda dei miociti ventricolari è funzionalmente importante per due ragioni:
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