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Fitness e attività motorie per la salute - Scienze motorie e sportive, Appunti di Scienze Motorie

FITNESS E ATTIVITA’ MOTORIE PER LA SALUTE Maietta Latessa 2024 rapporti tra attività fisica e salute, frequenza cardiaca, VO2max e test per valutare l’efficienza fisica, cardiofitness, training cardiovascolare nell’anziano, allenamento della forza, valutazione della forza, allenamento con sovraccarichi, linee guida principali per la tecnica degli esercizi

Tipologia: Appunti

2023/2024

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Scarica Fitness e attività motorie per la salute - Scienze motorie e sportive e più Appunti in PDF di Scienze Motorie solo su Docsity! FITNESS E ATTIVITA’ MOTORIE PER LA SALUTE rapporti tra attività fisica e salute, frequenza cardiaca, VO2max e test per valutare l’efficienza fisica, cardiofitness, training cardiovascolare nell’anziano, allenamento della forza, valutazione della forza, allenamento con sovraccarichi, linee guida principali per la tecnica degli esercizi Nicola Calzoni FITNESS E ATTIVITA’ MOTORIE PER LA SALUTE Il fitness è la materia che ha come fine il miglioramento dell’efficienza fisica in relazione al benessere. Il fitness quindi può essere finalizzato alla prevenzione delle malattie, al mantenimento dello stato di salute e al miglioramento della prestazione e delle componenti che la caratterizzano. RAPPORTO TRA ATTIVITA’ FISICA E SALUTE Il movimento deve essere sicuramente abbinato al concetto di salute. Uno stato di vita sedentario rappresenta uno stato di salute mediocre. In tal senso l’inserimento di un’attività fisica conciliata allo stile di vita nei soggetti sedentari, assicura notevoli miglioramenti dello stato di salute. L'attività fisica e il fitness sono attualmente considerati fattori chiave nella promozione della salute pubblica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) punta sull’attività fisica quale fattore trainante per la salute e il benessere. Questa strategia in Europa si realizza promuovendo l’attività fisica e riducendo i comportamenti sedentari; creando condizioni favorevoli allo svolgimento di attività fisica attraverso spazi pubblici accessibili e infrastrutture adeguate (stimolanti e sicure); garantendo pari opportunità a prescindere dal genere, dall’età, dal reddito, dalla istruzione, dall’appartenenza ad un gruppo etnico o dalla disabilità. La OMS sostiene che l’inattività fisica è la quarta causa della mortalità globale (6%). L’inattività è correlata all’insorgenza di tumori della mammella e del colon, del diabete e di malattie cardiache. I motivi per cui la popolazione dichiara di non partecipare ad attività sportive sono diversi (tra cui esigenze familiari o economiche), il principale però è la mancanza di tempo, anche se sono sufficienti solo 30 minuti di attività fisica al giorno per salvaguardare la nostra salute. Il professionista deve essere in grado di aiutare le persone a svolgere esercizio fisico in modo sicuro migliorando il loro livello di salute. Gli istruttori di fitness devono tenersi aggiornati sulle raccomandazioni che riguardano salute ed efficienza fisica. Il professionista deve conoscere gli obiettivi per la salute; informare i clienti sui benefici di un buono stato di salute e di una buona efficienza fisica, aiutandoli a raggiungere uno stile di vita sano; e deve essere consapevole dei diversi fattori che concorrono al raggiungimento di uno stato globale di benessere. L’abilità nella prescrizione dell’esercizio fisico consiste nell’integrazione ottimale fra scienza d’esercizio e tecniche comportamentali, tale da realizzare programmi a lungo termine perseguendo obiettivi personalizzati. La prima cosa da fare è definire un obiettivo in relazione al tipo di soggetto. Potremmo trovarci di fronte a soggetti appena capaci o appena incapaci, l’obiettivo sarà comunque di portare tutti i soggetti alla punta della piramide e quindi alla loro massima efficienza. La qualità e la quantità di esercizi raccomandati variano a seconda del soggetto e della tipologia degli obiettivi che si vuole raggiungere Linea di motricità funzionale: è quella linea dove si classifica la tipologia del soggetto. La formula di Karvonen (APMHR) calcola la frequenza cardiaca sottraendo al valore di 220 l’età del soggetto. FC max=220-età Si tratta tuttavia di una formula piuttosto imprecisa, studi hanno dimostrato una variabilità del 10%. Secondo questa formula la frequenza cardiaca massima di un ragazzo di 20 anni è di 200 battiti al minuto (con una variabilità del 10% che si traduce circa in +/- 20 battiti al minuto). Se supera questa frequenza cardiaca il soggetto comincia ad accumulare acido lattico sia nel sangue che nei muscoli e dopo pochi minuti è costretto a "rallentare". Se un soggetto giovane vuole allenare la sua capacità di sostenere sforzi notevoli per lunghi periodi di tempo, la frequenza cardiaca alla quale deve allenarsi deve essere prossima a quella massima, circa all’85% della FCmax. In questo caso cioè 169 bpm (199x90%). Questa FC è detta frequenza cardiaca target (FC-target), poiché costituisce l'obiettivo che l'atleta si deve prefiggere per migliorare la sua prestazione. Quando la massa grassa supera il 30% è doveroso aggiustare l’equazione. FC max=220-(0.5xetà) La formula di Astrand è uguale a quella di Karvonen per quanto riguarda gli uomini mentre per le donne prende come valore di riferimento iniziale 226. FC max per le donne=226-età La formula di Tanaka prende sempre come riferimento il parametro dell’età ma risulta essere più precisa. FC max=208-(0,7xetà) Con la formula adattata di Tanaka sono dunque cambiati i valori, che fino ai 40 anni risultano più bassi, mentre dai 45 ai 70 risultano più alti. Partendo dalla Fcmax si può ottenere la cosiddetta "frequenza cardiaca di riserva". Questo dato si ottiene sottraendo alla Fcmax la frequenza cardiaca a riposo, misurata al mattino qualche minuto dopo il risveglio. FCmax – FC a riposo = FC di riserva La frequenza cardiaca di riserva può essere utilizzata per impostare correttamente l'allenamento. In tal senso la formula di Karvonen permette di collocare la propria frequenza cardiaca di allenamento all'interno di un range di valori calcolabile attraverso la seguente regola: • Valore minimo (bpm) = FC di riserva x percentuale inferiore + FC a riposo • Valore massimo (bpm) = FC di riserva x percentuale superiore + FC a riposo Le percentuali di riferimento in base al livello di allenamento possono essere così classificate: • Principianti o soggetti non allenati: percentuale inf. 50%; sup. 60% • Livello intermedio: percentuale inf. 60%; sup. 70% • Professionisti ed atleti agonisti di medio alto livello: percentuale inf. 75%; sup. 85%. Esempio: Professionista 20enne FCmax=200bpm; FC a riposo = 50bpm; FC di riserva=150bpm (200-50) Valore minimo=(150/100x75)+50=162bpm Valore massimo=(150/100x85)+50=177bpm Un professionista di 20 anni quindi dovrebbe allenarsi in un range (chiamato OWN zone, ovvero zona di allenamento ideale) di frequenza cardiaca compreso tra un minimo di 162 e un massimo di 177 battiti al minuto. Il cambiamento della frequenza cardiaca a lungo termine è influenzato da età, salute e allenamento, mentre a breve termine è influenzato da umidità, temperatura, idratazione, umore e recupero. VO2max E TEST PER VALUTARE L’EFFICIENZA FISICA Il VO2 è il volume di ossigeno che viene consumato e trasportato nell’unità di tempo, ovvero ogni minuto. Si calcola sottraendo al volume d’aria inspirata, il volume d’aria espirata. Il VO2max è il massimo volume di ossigeno che un soggetto consuma durante attività muscolare ritmica, protratta ed intensa. Il VO2max rappresenta la massima potenza aerobica. Il VO2max si distingue in assoluto e relativo. Il primo esprime la capacità di utilizzo di ossigeno in litri/minuto, mentre il secondo considera in questo rapporto anche il peso corporeo e l'espressione si trasforma in ml/Kg/min. Il VO2 relativo ci consente di discriminare maggiormente, è un dato più preciso. Esempio: Un soggetto di 70kg ha un VO2max assoluto di 3.5 L/min. Dunque ha un VO2max relativo di 50 ml/Kg/min (3.5x1000/70). I valori di VO2 diminuiscono gradualmente dopo i 30 anni e la differenza tra uomo e donna dipende dalla differente quantità di massa muscolare e di contenuto totale di emoglobina (<nelle donne). Nello sport valori superiori a 70ml/Kg/min rappresentano un buon presupposto per le competizioni nel settore della resistenza, mentre valori inferiori a 60 ml/Kg/min sono indici di scarsa capacità di poter competere a livello internazionale. Nei soggetti sani in generale tra i 25 e i 30 anni si osservano valori di VO2max di 45 ml/Kg/min. Il VO2max è un indice fondamentale utilizzato per valutare il grado di disabilità, di invalidità o il livello di allenamento o l’efficacia di un programma. Indica la massima intensità di esercizio che un soggetto può tollerare per periodi di tempo modesti. VO2 max = FC x Gs x (a-v) FC è la frequenza cardiaca (numero di battiti al minuto); Gs è la gittata sistolica, che indica il volume di sangue che esce dal ventricolo sinistro del cuore ad ogni contrazione (sistole); (A-V) è la differenza artero-venosa di ossigeno, vale a dire la quantità di ossigeno che le cellule riescono ad estrarre dal circolo sanguigno durante il passaggio del sangue nei capillari. Il test cardiopolmonare è un metodo diretto per valutare il VO2max, si tratta di una procedura utilizzata per valutare la capacità aerobica di un individuo. Consiste nell'esecuzione di un'attività fisica intensa, solitamente corsa su tapis roulant o in bicicletta, fino al raggiungimento del massimo consumo di ossigeno. Durante il test, vengono misurati i livelli di ossigeno e anidride carbonica nell'aria inspirata ed espirata, al fine di determinare il consumo di ossigeno massimo (VO2max) del soggetto, con lo scopo di individuare eventuali fattori limitanti la prestazione. Il test da sforzo cardiopolmonare si esegue come un test da sforzo classico con con gli elettrodi dell'elettrocardiogramma attaccati al torace ma, in più, viene applicato un boccaglio che consente di misurare l’ossigeno che il soggetto utilizza durante il suo esercizio. La determinazione diretta del VO2max richiede apparecchiature costose e personale addestrato. Per questo motivo sono stati sviluppati test indiretti, meno costosi che sfruttano macchinari accessibili (spesso tapis roulant o cyclette) e si basano sulla correlazione tra il VO2max e la FCmax. I test indiretti quindi si basano sulla FCmax per risalire indirettamente al VO2max. E' possibile dividere i test in due grandi famiglie: test massimali e submassimali. Un test massimale porta l'individuo ad un livello di intensità lavorativa massimale, dove la fatica impedisce un ulteriore incremento, il consumo di ossigeno è tale da non consentire alcun aumento (VO2max) e la frequenza cardiaca è tale da non consentire alcun aumento (FCmax). L’unico modo per misurare il reale VO2max di un soggetto è farlo attraverso un test massimale, tuttavia portare il proprio fisico all’estremo delle forze è un procedimento potenzialmente molto rischioso. Un test sottomassimale porta il soggetto a un livello di intensità lavorativa predeterminato. Si deduce quindi uno sforzo minore, tale da non comportare il raggiungimento del VO2max. Il livello predeterminato può essere il raggiungimento dell'85% della massima frequenza cardiaca. Sebbene il livello di VO2max calcolato non abbia lo stesso livello di precisione di un test massimale l’informazione ottenuta è utile per valutare il livello di funzionalità cardiorespiratoria. In questi test i carichi possono essere crescenti o costanti. I primi prevedono l’aumento del carico durante l’esecuzione del test (varia l’intensità); mentre i secondi prevedono un carico costante per tutta l'esecuzione. I test possono essere svolti su cicloergometri (cyclette), nastri trasportatori (tapis roulant) o su gradino. Nel cicloergometro rimane costante la pedalata (numero di giri al minuto) ed aumentano i watt (potenza della pedalata). Nel nastro trasportatore invece la velocità rimane costante mentre aumenta la pendenza. Nel gradino aumento il carico intervenendo sull’altezza del gradino e sulla frequenza del movimento. A questi si aggiungono i test da campo che richiedono pochissima attrezzatura, come la deambulazione e la corsa. Test su nastro trasportatore: Balke • Il test Balke è un test submassimale su nastro trasportatore. Il carico costante è la velocità mentre il carico crescente è la pendenza. Prima del test devo conoscere la FCmax e calcolarne l’85%; sesso ed età. Il soggetto cammina a velocità costante sul nastro e, ogni due minuti, viene aumentata progressivamente la pendenza. Tra il secondo e il terzo minuto, ogni volta che si aumenta la pendenza, si rileva la FC. Il test prosegue fin quando il soggetto non raggiunge l’85% della FCmax. Quindi si costruisce il grafico grazie ai dati pervenuti. Sull’asse delle y indico la FC e sull’asse delle x la relativa pendenza; inoltre sullo stesso asse indico anche i MET che ci consentono di valutare l’efficienza fisica correlata al trasporto di ossigeno. Il MET è un’unità di misura utile per stimare il costo di un’attività fisica in termini di ossigeno, secondo la seguente relazione: 1 MET = 3.5 ml di ossigeno consumati al minuto per kg corporeo Esempio: soggetto di 37 anni = FCmax di 183 bpm; l’85 di FCmax = 155 bpm. Il consumo di ossigeno a riposo è stimato 3,5 ml per kg corporeo al minuto. Deduciamo che un soggetto di 70 kg consuma a riposo 245 ml di ossigeno al minuto. Quindi se il soggetto in questione consuma 1 MET significa che consuma al minuto 245 ml di ossigeno e quindi si trova in condizioni di riposo (1 MET quindi equivale al consumo di ossigeno a riposo). Se il medesimo soggetto ha consumato 2 MET significa che sta svolgendo un’attività fisica che gli costa 490 ml di ossigeno al minuto. Attraverso il MET è possibile calcolare le kcal al minuto, secondo la seguente formula: Adattamento: uno dei principali cambiamenti indotti dall’allenamento aerobico prolungato è la riduzione della frequenza cardiaca. Un altro adattamento consiste nell’aumento del volume di sangue che si traduce in una maggior gittata sistolica a riposo. Il muscolo cardiaco si rafforza, si ha un maggior ritorno venoso al cuore e una maggiore irrorazione sanguigna periferica (capillarizzazione), una maggiore elasticità dei vasi sanguigni e dei polmoni, un aumento della ventilazione polmonare e un miglioramente degli scambi gassosi a livello alveolare. In quanto al sistema endocrino-metabolico invece si ha un miglioramento della termoregolazione e del metabolismo energetico (processo responsabile della produzione di energia), riduzione della massa grassa e regolazione del controllo encefalico dell’appetito. In quanto all’apparato muscolo-scheletrico invece si registra maggiore tonicità e forza muscolare, maggiore elasticità e potenza dei legamenti articolari, migliore postura e rallentamento dell’invecchiamento delle ossa. I programmi di allenamento aerobico dipendono dal livello di efficienza fisica del soggetto e possono essere suddivisi in miglioramento e mantenimento. La frequenza delle sessioni di allenamento dipende dagli obiettivi del cliente, dalla sua condizione attuale, dalla durata e dall’intensità del programma. L’esercizio aerobico dovrebbe essere svolto da 3 a 5 giorni a settimana. Uno stimolo poco intenso può garantire il mantenimento, uno stimolo intenso invece il miglioramento (con conseguente adattamente). L’allenamento aerobico standard prevede sedute di 20/40 min al 70/85% della FCmax; 3/5 volte a settimana per 8/12 settimane. Se la percentuale di FCmax è inferiore al 50% si ha un Low Intensity Training, ovvero un’intensità troppo blanda spesso legata ad una scarsa spinta motivazionale. L'allenamento in questione non induce sensibili modificazioni fisiologiche. Se è tra il 50 e il 65% si ha la capillarizzazione, ovvero un aumento della densità capillare (aumentano i capillari), che si traduce in una diminuzione dei valori pressori. La capillarizzazione è uno degli elementi che determinano la disponibilità di ossigeno alle cellule muscolari. Se è tra il 65 e 75% si ha la lipolisi, ovvero il massimo utilizzo dei grassi (con conseguente dimagrimento). Infine se è tra il 75 e l’85% si hanno modificazioni cardiorespiratorie importanti, come aumento della gittata sistolica, diminuzione della FC, aumento delle capacità polmonari, ecc. Lo Steady State Training (SST) traducibile come allenamento in stato costante è quel metodo di allenamento aerobico che prevede di mantenere la FC costante entro un certo range tra la moderata e la medio-alta intensità, cioè tra il 60 e l’80% della FCmax, o tra il 50 e il 75% del massimo consumo di ossigeno (VO2max), valori sufficienti per garantire adattamenti fisiologici. L’esecutore può protrarre l’attività per lunghi periodi di tempo, di norma se l’attività dura meno di 20 minuti si parla di un principiante, mentre se supera i 20 minuti di un soggetto allenato. Se si vuole aumentare la durata è doveroso ridurre l’intensità. Intensità modeste sono suggerite per anziani, persone sedentarie, obesi, atleti in fase di riabilitazione e per i bambini. Lo SST si contrappone all’Interval Training, in cui l’attività viene intervallata o alternata da periodi di riposo o di recupero attivo (riduco molto l’intensità dopo un grande sforzo, prima di riprenderlo). I benefici dello SST sono quelli generici del cardiofitness, in particolare è indicato per sviluppare la capacità di resistenza aerobica (endurance), vale a dire la capacità di svolgere nel tempo un intenso esercizio fisico senza rilevanti cali prestazionali. Lo SST ad alta intensità (High Intensity Endurance Training, HIET) viene generalmente raccomandato per coloro che sono già fisicamente atletici. E’ considerato utile per migliorare le capacità cardiovascolari e cardiorespiratorie e la potenza aerobica. Alcuni autori definiscono l’High Intensity Endurance Training come uno Steady State eseguito tra l'85 e il 95% della FCmax. Nel momento in cui l’allenamento viene portato verso i livelli della soglia anaerobica (stima della capacità di sostenere un sforzo prolungato in carenza di ossigeno) può essere definito Maximal Steady State Training (MSST). Questo serve principalmente a migliorare le capacità di adattamento per il livello di soglia anaerobica. High Intensity Interval Training (HIIT) è la forma avanzata di Interval training (IT), che prevede l’alternanza di periodi di esercizio anaerobico breve e intenso a periodi di recupero attivo tramite attività aerobica meno intensa. L’HIIT è un allenamento cardiovascolare utile per ridurre il grasso corporeo, che si basa sull’alternanza tra lavoro ad alta e a bassa intensità, cioè sulla variazione costante della FC. L’IT è un concetto generico che comprende anche l’HIIT. L’IT letteralmente significa allenamento intervallato, l’atleta esegue attività fisica per un certo periodo, interrotta da periodi di recupero attivi o passivi. Attivi dove si riduce l’intensità dell’attività o la si sostituisce con un’attività blanda durante la quale l’atleta recupera le forze, passivi dove l’attività cessa del tutto prima di essere ripresa. N.B. L’esercizio aerobico è un’attività fisica che richiede uno sforzo moderato per un periodo di tempo prolungato. Ne fanno parte, per esempio, la marcia, la corsa di resistenza, il nuoto, andare in bicicletta e attività simili eseguite senza scatti, oppure gli esercizi ginnici che si eseguono in palestra senza affanno. L’esercizio anaerobico è caratterizzato invece da sforzi intensi ma di breve durata come per esempio gli scatti, la corsa veloce, i salti, il sollevamento pesi, ossia attività durante le quali il fisico viene portato vicino al limite della propria forza o della velocità. I due tipi di esercizi mettono in atto processi fisici differenti, soprattutto riguardo al tipo di energie che utilizzano: durante l’esercizio aerobico l’organismo trae energia dalle riserve di zuccheri soltanto inizialmente, per pochi minuti; poi per sostenere lo sforzo utilizza le riserve di grassi. Durante l’esercizio anaerobico l’organismo ha bisogno di una grande quantità di energia e di ossigeno nel brevissimo periodo ed è costretto ad attingere a tutte le riserve di zuccheri anche a quelle dei muscoli e del fegato. Nonostante questo, le energie si consumano rapidamente e l’organismo ha presto bisogno di riposo. L’allenamento HIIT viene diviso in fasi. Nella prima fase si esegue per pochi minuti un esercizio su macchinario cardiofitness (come tapis roulant) ad un'intensità moderata che coincide tipicamente al 60/70% della FCmax. Nella seconda fase si passa immediatamente ad un aumento dell’intensità pari all’80/90% della FCmax (mediante aumento velocità, resistenza o pendenza). Questa fase viene mantenuta per tempi molto ristretti tra i 30 e i 60 secondi. Quindi si torna a ridurre l’intensità ai valori iniziali per poi ripetere il ciclo svariate volte all’interno della sessione. Prima di iniziare il programma viene consigliato un periodo di riscaldamento di 5 minuti in modalità steady state, la quale verrà ripetuta subito dopo il termine nella fase di defaticamento. La durata totale della sessione, intesa come parte centrale dell'allenamento (escludendo quindi le fasi di riscaldamento e defaticamento) trova una durata ampiamente variabile che può andare da 10 minuti a 30-40 minuti circa. Il Cross Training è un metodo che combina diversi tipi di esercizi nell’ambito della resistenza aerobica. Il Cross Training distribuisce lo stress fisico a diversi gruppi muscolari, migliora l’adattamento cardiorespiratorio e muscoloscheletrico. Esempio: lunedì: 60’ tapis roulant, mercoledì: 60’ cicloergometro, venerdì: 60’ stepper. Lo Spot Reduction traducibile come riduzione locale è un termine utilizzato per indicare il dimagrimento localizzato. Lo SR circuit prevede l’alternanza di esercizi aerobici sulle macchine cardiovascolari (come tapis roulant) ed esercizi con i pesi, senza tempo di recupero tra le serie. Questo metodo riduce la plica nelle regioni allenate maggiormente rispetto ad un allenamento aerobico tradizionale. La fase su macchine cardiovascolari (aerobica) mantiene una durata di 5/10 minuti, mentre quella dedicata ai sovraccarichi è priva di pause e prevede alte ripetizioni, tra le 15 e le 20. Il Cardio Fit Training (CFT) prevede l’alternanza di fasi con sovraccarichi e fasi su attrezzi aerobici. Il CFT prevede un allenamento continuato per una durata totale di circa 30 minuti. La fase con sovraccarichi è impostata ad intensità medio-alta, dalle 10 alle 20 ripetizioni, con possibilità di superset (più serie senza pausa), mentre la fase su attrezzi aerobici hanno una durata di 5 minuti e vengono eseguiti ad intensità bassa e a frequenza cardiaca costante. Il passaggio da una fase all’altra non prevede pause. In genere il metodo CFT è pensato per coinvolgere tutti i distretti corporei in un'unica seduta (Total Body), ma può essere personalizzato in modo da colpire, ad esempio, solo la parte superiore o inferiore. Il Peripheral Heart Action (PHA), tradotto letteralmente come azione periferica del cuore, è un tipo di allenamento coi pesi (resistance training) in modalità circuit training (CT). Il PHA prevede di stimolare in superset (consecutivamente) gruppi muscolari il più possibile distanti tra loro (alternanza tra parte superiore e inferiore) per facilitare la circolazione e intensificare ulteriormente il lavoro cardiovascolare. Esiste un'ulteriore variante del PHA applicata in un contesto cardio-fitness, il Cardio-PHA che integra delle stazioni aerobiche all'interno del circuito. Il Power Aerobic Circuit (PAC) è un allenamento misto aerobico e anaerobico che si realizza su macchinari cardiofitness. E’ simile all’HIIT e prevede l’esecuzione consecutiva, quindi a circuito, di diversi macchinari cardiofitness, ognuno svolto con intensità variabile. Si inizia quindi con un'intensità media (ad esempio il 70% FCmax), il macchinario successivo si svolge ad intensità più alta (come l'80% FCmax), il successivo ad intensità leggermente inferiore (75%), si rialza sul macchinario successivo raggiungendo il picco cardiaco (85%), e si conclude l'ultimo macchinario con un’intensità media (70%). ALLENAMENTO CARDIOVASCOLARE NELL’ANZIANO La pratica della regolare attività fisica, anche in età avanzata, è uno dei modi più sicuri per migliorare lo stato di salute e allungare l’aspettativa di vita. È provato, infatti, che l’allenamento fisico acquista una particolare importanza nell’anziano perché aiuta a mantenere un buon equilibrio di salute del corpo, a rallentare il processo fisiologico di invecchiamento, nonché a migliorare il sistema cardiovascolare e respiratorio. Con l'avanzare degli anni, possono comparire una lunga serie di problematiche fisiche che vanno a toccare un po' tutti i distretti del corpo. L'esercizio fisico motorio razionalizzato, ottimizzato e continuativo, fa sì che questa degenerazione rallenti e in alcuni casi regredisca. • Apparato cardiocircolatorio Studi recenti hanno evidenziato che le persone anziane allenate, rispetto a coetanei non allenati, presentano: aumento della gittata sistolica durante attività fisica; aumento del trasporto di ossigeno; aumento della capacità contrattile del muscolo cardiaco; frequenze cardiache a riposo inferiori e aumento del numero di capillari a livello muscolare e polmonare. • Apparato respiratorio Con l’età si ha la compromissione della meccanica respiratoria, che diventa così affannosa. Sono responsabili di ciò: la diminuzione del numero e dell’elasticità dei capillari che irrorano i polmoni; la perdita di funzionalità da parte dei muscoli respiratori; la minore elasticità tissutale dei polmoni e la diminuzione dell'articolarità condro-costale. Ecco che gli esercizi di stretching per ritrovare la giusta mobilità articolare della cassa toracica, la ginnastica respiratoria per riacquisire la giusta ventilazione, la tonificazione dei muscoli respiratori e l’attività cardiovascolare generale, possono conferire all'anziano i giusti mezzi per far sì che il proprio sistema respiratorio riprenda a funzionare in maniera corretta. A riprova di quanto appena detto il grafico mostra come nelle prime 8-12 settimane di allenamento il miglioramento della forza sia dovuto principalmente a fattori neurali, mentre successivamente questi ultimi stallano ed entra in gioco in modo preponderante l’ipertrofia. Il soggetto che inizia l’allenamento con i pesi quindi acquista rapidamente le capacità di coordinazione e controllo neuromuscolare necessarie per ottimizzare il gesto atletico. Successivamente, quando queste capacità nervose sono ottimizzate ogni ulteriore aumento della forza è principalmente a carico dell'aumentata sezione trasversa del muscolo (ipertrofia). La capacità di reclutamento dipende dal livello di coordinazione muscolare che è frutto di un adattamento neurale. Forza massimale La forza massimale rappresenta la massima forza possibile che il sistema neuromuscolare può esprimere, in una contrazione volontaria. Diversa è la forza massima che non coincide necessariamente con il superamento di un sovraccarico, poiché indica la massima capacità di reclutare unità motorie sotto il controllo volontario. Si parla invece di forza estrema o assoluta quando subentrano altri interventi che potremmo definire di tipo psicologico che vanno a condizionare il singolo movimento volontario (in un momento di rabbia o di panico capita di vedere persone che reagiscono con una forza estrema). La regola generale è che per aumentare la forza massima un muscolo deve sviluppare forze molto vicine alla forza massimale. Nella forza massimale distinguiamo la forza statica, quindi la massima forza che il sistema neuromuscolare riesce ad esercitare contro una resistenza insuperabile, e la forza dinamica, ovvera la massima forza che il sistema neuromuscolare riesce ad esercitare durante un processo di movimento. Questa può essere positiva, quindi concentrica, o negativa, quindi eccentrica. I valori della forza massima concentrica sono circa il 5-20% inferiori rispetto ai valori della forza massima isometrica, mentre i valori della massima forza eccentrica sono circa il 45% maggiori di quelli isometrici. • Un miglioramento della forza massimale può essere ottenuto agendo sulla sezione trasversa del muscolo e sulla coordinazione intra e intermuscolare. Potenza La potenza è definita come l’energia trasferita nell’unità di tempo ed è una componente fondamentale della maggior parte delle prestazioni sportive. La potenza è un’espressione della forza per la velocità P = F * V e si misura in Watt. La velocità di movimento è una capacità essenzialmente congenita, scarsamente influenzata dall’allenamento. • Un miglioramento della potenza pertanto può essere ottenuto quasi esclusivamente attraverso un aumento di forza. Resistenza alla forza La resistenza alla forza è la capacità di opporsi ad una resistenza statica o dinamica quanto più a lungo possibile. Questa capacità può essere diversamente definita come il numero massimo di ripetizioni che possono essere eseguite usando una specifica resistenza. Se l'obiettivo è la resistenza muscolare, vengono impiegati carichi e intensità inferiori rispetto all'allenamento per la forza. • Un miglioramento della resistenza alla forza può essere ottenuto attraverso miglioramenti della forza muscolare e modificazioni delle funzioni metaboliche e circolatorie. Allenamento di forza L’allenamento con sovraccarichi viene chiamato allenamento di forza perché consente di sviluppare in generale la forza muscolare. E’ giusto parlare di sovraccarichi e non di pesi, questi infatti sono solo alcuni dei comuni attrezzi utilizzati in questo tipo di allenamento. Per prima cosa bisogna acquisire un profilo iniziale dove si evinca il tipo di programma di allenamento, partecipazione a precedenti programmi di allenamento, livello di intensità di precedenti programmi di allenamento, grado di esperienza della tecnica dell’esercizio. Es: Allenamento con sovraccarichi, intermedio (moderatamente attivo con sovraccarichi), esperienza di allenamento compresa tra i due e i sei mesi, intensità di allenamento minore o uguale a 2-3 volte a settimana, esperienze e abilità tecniche di base. • I pesi liberi permettono di lavorare con la percentuale di carico desiderata solo nel breve tratto del movimento articolare dove il segmento corporeo ha il massimo braccio di leva. Nelle posizioni articolari estreme il carico si riduce notevolmente. I pesi liberi sono versatili perché adattabili a più esercizi, coinvolgono sia l’attività muscolare concentrica che quella eccentrica, necessitano maggiore coordinazione di movimento, allenano anche i muscoli stabilizzatori del movimento (tramite contrazione statica), garantiscono traiettorie fisiologicamente più corrette (quindi tendenzialmente meno gravose sulle articolazioni) ed educano la propriocezione e la coordinazione motoria. Di contro comportano un maggiore rischio di infortuni, difficilmente riescono ad isolare il singolo movimento o gruppo muscolare e necessitano l’apprendimento di una corretta tecnica di respirazione. • Le macchine isotoniche sono tutte quelle macchine che permettono di spostare un peso (carico) utilizzando leve e/o carrucole. Queste macchine assicurano un movimento guidato e consentono di isolare il movimento nel muscolo desiderato. Le macchine isotoniche possono essere provviste di cavi che spostano il carico, costituito da un pacco pesi già incluso nella macchina stessa, oppure possono richiedere l’aggiunta del carico tramite i dischi di ghisa. Le macchine a cavo presentano una puleggia (carrucola) solidale al telaio capace di invertire la direzione del vettore della forza esercitata. Queste macchine possono presentare moltiplicatori o demoltiplicatori. In assenza di questi mantengono invariato il carico percepito rispetto a quello effettivamente spostato. I demoltiplicatori sono pulegge che, invece di essere solidali al telaio, sono solidali al peso. Ogni demoltiplicatore dimezza il peso percepito rispetto a quello sollevato mentre raddoppia la corsa alla mano, ovvero il range di movimento. I moltiplicatori sono pulegge che, invece di essere solidali al telaio o al peso, sono solidali alla leva. Ogni moltiplicatore raddoppia il peso percepito rispetto a quello sollevato, mentre dimezza la corsa del carico, quindi il movimento del pacco pesi. I demoltiplicatori si utilizzano per per aumentare la corsa alla mano laddove siano necessari ampi movimenti, mentre i moltiplicatori si utilizzano per contenere le dimensioni del pacco pesi, laddove si renda necessario l’impiego di carichi elevati. F = carico percepito P = carico effettivo 1) macchina priva di moltiplicatori e demoltiplicatori 2) macchina provvista di un demoltiplicatore 3) macchina provvista di un moltiplicatore Le macchine a cavo inoltre possono presentare delle cammes. La camma grazie alla sua struttura asimmetrica induce il cavo, collegato al pacco pesi, a seguirne la sagoma allo scopo di modulare la resistenza (in funzione di una variazione del suo braccio di leva) permettendo di dargli un valore preciso ad ogni posizione del R.O.M.; per questa specifica funzione possiamo definire le camme "correttori di resistenza". Indipendentemente dal loro tipo le macchine isotoniche possono presentare: leveraggi solidali o indipendenti tra loro. Le macchine a leveraggi indipendenti, comportano la necessità di equiparare lo sforzo effettuato dai due arti superiori o inferiori e risultano quindi particolarmente utili per aumentare il controllo propriocettivo e per correggere eventuali asimmetrie della forza muscolare. • Le macchine isocinetiche. La contrazione isocinetica mantiene la velocità costante per tutto il range di movimento. Le macchine per l'allenamento isocinetico modificano la resistenza proporzionalmente alla forza esercitata dal muscolo, cosicché un carico massimale può essere applicato in ogni punto dell'arco di movimento. VALUTAZIONE DELLA FORZA Le valutazioni della forza possono essere massimali o submassmiali e sono da considerarsi un indice generale dell’efficienza dell’atleta con scarso potere predittivo sulla capacità prestativa. Il periodo di riposo è il tempo di recupero tra serie ed esercizi. La durata del periodo di riposo varia a seconda dell’obiettivo dell’allenamento, del carico sollevato e del livello di efficienza del soggetto. In generale più il carico si avvicina alla 1 RM più sarà lungo il recupero. Ne deduciamo che per allenamenti volti all’incremento di forza massima o potenza si avranno periodi di riposo compresi tra i 2 e i 5 minuti; se si vuole migliorare l'ipertrofia i periodi di riposo saranno compresi tra i 30 secondi e il minuto e mezzo; mentre se si vuole migliorare la resistenza questi saranno inferiori ai 30 secondi. Per lo sviluppo della forza si può fare riferimento a diversi metodi. • Il metodo dell’impegno massimale prevede l’utilizzo di carichi prossimi al massimale dell’esercizio scelto (non inferiori al 90%), svolgendo un numero di ripetizioni relativamente basso, 1-2 negli esercizi più tecnici come lo strappo, 2-5 negli esercizi più muscolari come lo squat. • Il metodo dell’impegno submassimale o ripetuto prevede l’utilizzo di carichi non massimali (70%-85%) svolgendo le ripetizioni quasi fino al limite. A questo metodo possono essere applicati altri metodi, come il metodo della super serie, che consiste in una serie di due esercizi eseguiti immediatamente uno dopo l'altro, senza recupero; il metodo della serie gigante, che prevede lo stesso svolgimento della super serie ma con un ciclo complessivo composto da 3-4-5 esercizi riguardanti preferibilmente lo stesso gruppo muscolare; il metodo delle ripetizioni forzate, che consiste nell’eseguire 2-3 ripetizioni in più rispetto all’esaurimento grazie all’aiuto di un partner; il metodo della densità, che consiste nella riduzione progressiva del tempo di recupero tra una serie e l’altra di uno stesso esercizio; il metodo dello stripping, che consiste nella riduzione continua del carico all’interno della stessa serie fino ad ottenere l’esaurimento totale; il metodo delle mezze ripetizioni, che consiste nell’eseguire, dopo l’esaurimento, qualche ripetizione a movimento incompleto; il metodo peak-contraction, che consiste nel mantenere, dopo l’esaurimento, un carico con contrazione isometrica per qualche secondo. • Il metodo dell’impegno ripetuto si differenzia dal metodo submassimale in quanto l’esercizio viene svolto fino a completo esaurimento. • Il metodo dell’impegno dinamico prevede l’utilizzo di carichi medio-bassi (50%-70%) svolgendo molte serie e poche ripetizioni. • Il metodo del contrasto, chiamato anche metodo bulgaro, prevede due diverse tipologie di lavoro: contrasto tra le serie in cui si alternano serie con carichi pesanti a serie con carichi più leggeri e contrasto nella serie in cui si alternano carichi pesanti a carichi leggeri nella stessa serie. • Il metodo piramidale prevede diverse tipologie di lavoro: piramidale crescente o ascendente, dove il carico utilizzato cresce di serie in serie mentre le ripetizioni diminuiscono; piramidale decrescente o discendente o inverso, dove il carico utilizzato decresce in serie in serie mentre le ripetizioni aumentano; piramidale doppia o completa, dove il carico utilizzato cresce di serie in serie mentre le ripetizioni diminuiscono nelle prime serie, quindi il carico torna a diminuire gradualmente di serie in serie mentre le ripetizioni aumentano nelle ultime serie; piramidale a coda, simile a quella ascendente con l’aggiunta di un’ultima serie con carico pari a quello iniziale e con ripetizioni fino a cedimento. • Il metodo dinamico negativo prevede il focus sulla contrazione eccentrica. Si utilizza un carico superiore al massimale, ci si fa aiutare nella fase positiva (concentrica) quindi ci si focalizza sulla discesa del carico, ovvero sulla fase negativa (eccentrica), che deve essere controllata e lenta (mai inferiore ai 5 secondi). La periodizzazione in ambito sportivo è la suddivisione del programma di allenamento in un dato arco temporale al fine di ottenere in un dato momento la migliore condizione prestativa possibile, per esempio in vista di una gara, bilanciando carico e scarico per evitare situazioni di overtraining. La supercompensazione è un fenomeno per cui l’organismo, sottoposto ad uno stimolo stressante (allenamento) reagisce con un abbassamento del livello energetico (causato dall’allenamento) e con una successiva fase di compensazione (adattamento) durante il periodo di recupero, che porta l’organismo ad un livello energetico più alto rispetto a quello iniziale (teoricamente ad ogni allenamento dovremmo risultare più forti rispetto al precedente). Per stimolare questo processo è fondamentale che il carico/volume/intensità utilizzato nell’allenamento sia tale da spingere il nostro organismo ad attivarsi per creare un nuovo adattamento e che il recupero sia adeguato al tipo di allenamento. Se il carico di lavoro (comprensivo di volume ed intensità) non è congruo al recupero si può incorrere in una situazione di overtraining (sovrallenamento), o, viceversa, se il carico è troppo basso o il recupero troppo prolungato, in deallenamento, con conseguente peggioramento della prestazione e della condizione fisica. In generale si può affermare che, se l’aumento della forza è stato acquisito rapidamente, esso regredisce rapidamente se si sospende l’allenamento; invece, se un livello elevato di forza è stato conseguito attraverso un periodo prolungato di allenamento, esso regredisce gradualmente. La resistenza è la prima a risentirne, poi ipertrofia, forza e flessibilità, inoltre si perdono anche i progressi cardiovascolari, la capacità del corpo di utilizzare carboidrati come carburante e la capacità muscolare di utilizzare l’ossigeno. Nell’ambito del deallenamento ha un ruolo protagonista la memoria muscolare: la capacità acquisita attraverso la ripetizione costante di sequenze ed azioni, di eseguire le stesse azioni in maniera automatica riducendo al minimo il bisogno di essere vigili all'azione. In questo contesto la memoria muscolare consente a una persona che torna ad allenarsi dopo una pausa prolungata di ritornare molto più facilmente ai livelli precedenti di massa e di forza di quanto sia stato raggiungerli la prima volta. LINEE GUIDA PRINCIPALI PER LA TECNICA DEGLI ESERCIZI Gli esercizi possono innanzitutto essere classificati in fondamentali o complementari. Gli esercizi fondamentali reclutano uno o più ampie aree muscolari, coinvolgono due o più articolazioni primarie e ricevono priorità nella selezione a causa della loro diretta applicazione allo sport. Gli esercizi complementari invece reclutano aree muscolari di dimensioni inferiori (collo, arti superiori, addominali) e coinvolgono solo un’articolazione primaria. Vengono comunemente applicati come prevenzione o riabilitazione dagli infortuni, poiché questi esercizi spesso isolano un muscolo o un gruppo muscolare. Gli esercizi poi possono essere classificati anche in multi-articolari (panca piana, squat, stacco da terra, trazioni, rematore, dip) o in mono-articolari. Gli esercizi multiarticolari rappresentano quella categoria di esercizi che durante la loro esecuzione coinvolgono più di una articolazione e quindi anche più gruppi muscolari. Gli esercizi multiarticolari richiedono spesso una maggiore tecnica di esecuzione, coordinazione e impegno neuromuscolare e per questo sono considerati più pericolosi. In generale gli esercizi multiarticolari sono vantaggiosi poiché distribuiscono maggiormente il sovraccarico, impegnano più gruppi muscolari, possono essere adattati a tutte le intensità e sono gli unici adatti a intensità medio-alte con basse ripetizioni, sono più adatti allo sviluppo della forza e della potenza muscolare, stimolano una maggiore risposta metabolica, la produzione di testosterone e l’incremento muscolare. Sono svantaggiosi tuttavia perché in alcuni casi consentono un minore ROM (range di movimento) articolare, provocano maggiore affaticamente e stimolano maggiore risposta allo stress. Gli esercizi monoarticolari sono tutti gli esercizi che coinvolgono solo un’articolazione e di conseguenza un solo muscolo o gruppo muscolare. Gli esercizi monoarticolari hanno principalmente valenza di rifinitura, quando si vuole per esempio enfatizzare il lavoro su un determinato distretto muscolare. Distensione dietro la nuca con bilanciere Principali muscoli coinvolti: deltoide, trapezio e tricipite brachiale. La posizione di partenza vede l’atleta seduto su panca 90°, con schiena in posizione eretta e testa leggermente inclinata in avanti; gambe divaricate e piedi saldamente appoggiati al terreno, dietro la proiezione delle ginocchia. Gomiti flessi ed in linea con polsi e bilanciere (su piano verticale o frontale). Le mani afferrano il bilanciere ad una distanza variabile ma sempre superiore alla lunghezza delle spalle. Il bilanciere poggia sulla parte inferiore del trapezio. Durante l’esecuzione estendere completamente i gomiti alzando il bilanciere cercando di mantenere lo stesso piano verticale (il bilanciere non deve andare né avanti e né indietro). Distensione avanti con bilanciere o manubri Principali muscoli coinvolti: deltoide, trapezio e tricipite brachiale. La posizione di partenza vede l'atleta in piedi in posizione eretta, ma con il busto e la testa leggermente inclinati all'indietro e ginocchia leggermente flesse. La distanza tra i piedi (passo) è pari o leggermente superiore alla distanza tra le spalle. Gomiti flessi ed in linea con polsi e bilanciere (su piano verticale o frontale). Le mani afferrano il bilanciere ad una distanza variabile ma sempre superiore alla lunghezza delle spalle. Il bilanciere poggia sulla parte alta dello sterno o sulle clavicole. Durante l’esecuzione estendere completamente i gomiti alzando il bilanciere cercando di mantenere lo stesso piano verticale (il bilanciere non deve andare né avanti e né indietro).
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