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Processo di espropriazione forzata: pignoramento, vendita, distribuzione del ricavo, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Il processo di espropriazione forzata, dalla fase di individuazione dei beni del debitore (pignoramento), alla trasformazione dei beni in denaro (vendita o assegnazione), fino alla distribuzione dei ricavi ai creditori. Vengono trattate anche le opposizioni esecutive e le irregolarità formali dei singoli atti esecutivi.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 19/02/2019

annipaola
annipaola 🇮🇹

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Scarica Processo di espropriazione forzata: pignoramento, vendita, distribuzione del ricavo e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! INTEGRAZIONE 5 CFU DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – TISCINI Il processo esecutivo Se con il processo di cognizione e sentenza di condanna, la parte soccombente non adempie di sua spontanea volontà (es. pagamento o alla consegna di cosa mobile), il creditore può iniziare il PROCESSO DI ESECUZIONE. Il processo esecutivo costituisce quella forma di tutela giurisdizionale volta all’adempimento coattivo dei diritti, qualora l’obbligato non vi provveda spontaneamente. La tutela esecutiva ha copertura COSTITUZIONALE: nel sancire il diritto di azione e di difesa in giudizio, l’art. 24 che ha portata generale e va oltre la tutela giurisdizionale volta all’accertamento dei diritti ( comprende tutela esecutiva e cautelare). Esistono diverse forme di ESECUZIONE FORZATA: 1. ESECUZIONE DIRETTA: si utilizza quando l’attività dell’ufficio esecutivo può sostituirsi a quella dell’obbligato inadempiente, cioè compie tutte le attività che avrebbe dovuto compiere l’obbligato ma dalle quali si è astenuto. In questo modo l’avente diritto ottiene la soddisfazione delle pretese. Questo tipo di esecuzione è utilizzabile per le prestazioni fungibili. Esistono diverse forme di ESECUZIONE DIRETTA FORZATA, a seconda dell’oggetto dell’obbligazione. In particolare si distingue tra: 1a. ESECUZIONE IN FORMA GENERICA o ESECUZIONE FORZATA: destinata alla soddisfazione dei crediti. E’ il processo più complesso e si fonda sulla garanzia patrimoniale generica del debitore nei confronti del creditore (principio in base al quale il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, art. 2740 c.c.) Qualora il debitore non adempia spontaneamente, il creditore può aggredire il suo patrimonio, per soddisfare il proprio diritto attraverso la vendita dei beni del debitore stesso. • Prima fase: individuazione beni del debitore con cui egli è chiamato a rispondere (pignoramento). • Seconda fase: trasformazione dei beni pignorati in somme di denaro, attraverso la vendita. • Terza fase: distribuzione della somma ricavata al creditore, attraverso la quale soddisfa il proprio credito. 1b. ESECUZONE IN FORMA SPECIFICA: si distingue a sua volta in • ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO (consegna di beni mobili, o rilascio di beni immobili) • ESECUZIONE FORZATA DI OBBLIGHI DI FARE O NON FARE Si tratta di una forma esecutiva più semplice dell’espropriazione. Qui i diritti coinvolti sono due: il diritto di credito per il quale si procede, ed il diritto del debitore sui beni pignorati e destinati alla vendita. Nell’ esecuzione in forma specifica viene coinvolto un solo che è quello oggetto della tutela esecutiva (il diritto alla consegna o rilascio del bene, ovvero all’adempimento dell’obbligo di fare o non fare). 2. ESECUZIONE INDIRETTA: oggetto dell’obbligazione è una prestazione infungibile, quando l’obbligazione consiste in una prestazione che solo che solo l’obbligato può realizzare e rispetto a cui sarebbe inutile (oltre che impossibile) qualsiasi sostituzione dell’obbligato stesso con l’ufficio esecutivo. Sono pertanto messe a carico dell’obbligato delle misure coercitive tali ad indurlo ad adempire. Esse possono essere civili: aventi ad oggetto il pagamento di una somma da versare all’avente diritto o allo Stato o a un terzo o da calcolare per ogni giorni di ritardo nell’inadempimento; penali: quando la persistenza dell’inadempimento configura in una fattispecie criminosa. Il titolo esecutivo Presupposto necessario per accedere alla tutela esecutiva è la disponibilità di un titolo esecutivo (art.474). Attraverso esso, si ottiene il diritto processuale alla tutela esecutiva, da distinguere da quello sostanziale per cui si procede (diritto da tutelare in sede esecutiva). Tale titolo deve sussistere durante tutto il corso della procedura: non solo si impone per attivare il processo esecutivo, ma deve permanere per tutta la sua durata. Se il titolo viene meno durante l’esecuzione, quest’ultima non può proseguire. Ai sensi dell’art. 474 cpc, il diritto consacrato nel titolo deve essere: • CERTO: cioè identificato nei sui caratteri (identificati come certezza) • LIQUIDO: diritti aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro o la consegna di cose fungibili (deve essere individuato il quantum) • ESIGIBILE: il titolo non deve essere sottoposto né a termine né a condizione sospensiva. L’elenco dei titoli esecutivi è tassativo, e l’art. 474 li divide in due grandi gruppi: TITOLI SECUTIVI GIUDIZIALI E STRAGIUDIZIAILI. Sono titoli esecutivi: 1. Sentenze, provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce efficacia esecutiva. Tutti questi sono titoli di formazione giudiziale (promanati dai giudice o che si formano in giudizio). • Se le cose immobili soggette all’esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l’art 21 • Per veicoli, autoveicoli, rimorchi etc, è competente il giudice in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora • Espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore • Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare, è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto. Tali fori sono inderogabili ex art 28 cpc. Il giudice dell’esecuzione opera mediante ordinanze , modificabile e revocabile dallo stesso giudice finchè essa non abbia avuto esecuzione. Figura centrale nel processo esecutivo è quella dell’ufficiale giudiziario, chiamato a svolgere le attività esecutive. Nel processo esecutivo si vuole assicurare all’aventi diritto una prestazione non spontaneamente adempiuta. Se la legge o il giudice lo ritengono necessario, devono essere sentite eventualmente altre parti. In tal caso il giudice fissa una udienza per la comparizione delle parti davanti a lui; se una delle parti non si presenta per cause indipendenti dalla propria volontà può essere fissata ulteriore udienza alla quale il cancellerie da comunicazione alla parte non comparsa. Quanto alle attività della parte, le domande e le istanze che si propongono al giudice dell’esecuzione, se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono all’udienza, e con ricorso da depositarsi in cancelleria negli altri casi. L’espropriazione forzata Il pignoramento Il pignoramento costituisce il primo atto dell’espropriazione forzata (art 491 cpc). Del pignoramento in generale si occupano gli artt 491-497 cpc. Il codice contempla poi specifiche disposizioni a seconda dell’oggetto su cui esso ricade (beni mobili, immobili o crediti). Vi sono diverse forme di espropriazione, a seconda dei beni che vengono aggrediti dalla procedura esecutiva: 1. Espropriazione mobiliare presso il debitore 2. Espropriazione presso terzi 3. Espropriazione immobiliare 4. Espropriazione di beni indivisi 5. Espropriazione contro il terzo proprietario (il punto 4 e 5 sono particolari forme di espropriazione) In ciascuna di queste ipotesi, il pignoramento segue forme peculiari. Il pignoramento consiste in una ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore, di astenersi da qualunque atto diretto di sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione ed ai frutti di essi. Consiste quindi in una ingiunzione dell’ufficiale volta a creare sui beni pignorati un vincolo, affinché essi siano destinati alla soddisfazione del credito. Il contenuto dell’ingiunzione è descritto dai commi successivi dell’art 492. Deve poi contenere l’avvertimento al debitore circa la possibilità di chiedere la conversione del pignoramento. La legge contempla alcune regole per incentivare ed incrementare l’individuazione dei beni pignorati o da pignorare. Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se vi sono cose mobili, queste dal momento della dichiarazione si considerano pignorate. In questo case l’ufficiale procede secondo le modalità del pignoramento mobiliare alla custodia dei beni, o per i beni che si trovano in altro circondario, trasmette copia al verbale dell’ufficiale giudiziario territorialmente competente. Se sono indicati crediti o cose mobili in possesso di terzi, in pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato al momento della dichiarazione del terzo, il quale sarà custode della somma o della cosa. Se sono crediti immobili, si procede secondo le forme del pignoramento immobiliare. L’individuazione di altri beni da pignorare, può servire per l’intervento di altri creditori. Si procederà così all’estensione del pignoramento. Per individuare i beni di un imprenditore commerciale, si procede con la consultazione delle scritture contabili. Dal 2015 si può procedere telematicamente alla ricerca dei beni da pignorare su istanza del creditore. Le singole modalità di pignoramento 1. Pignoramento mobiliare: formulata l’istanza ad opera del creditore (in qualunque forma), l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo, ricerca le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Il criterio di individuazione non è quello dell’effettiva titolarità dei diritti ricadenti su tali beni, bensì quello dell’appartenenza di tali beni al debitore. Il pignoramento mobiliare però può essere effettuato seguendo il principio della disponibilità cioè di beni di cui egli può direttamente disporre. Inoltre, il pignoramento può avere ad oggetto le cose del debitore che il terzo consente di esibirgli. Non tutti i beni mobili sono pignorabili. Gli artt 514 – 516 individuano talune cose non pignorabili, distinguendo quelle assolutamente impignorabili, da quelle relativamente impignorabili, da quelle pignorabili solo in alcune circostanze di tempo. L’ufficiale giudiziario, nell’ individuare le cose da pignorare, deve scegliere quelle di più facile e pronta liquidazione, preferendo denaro, oggetti preziosi e i titoli di credito ed ogni bene che appaia di sicura realizzazione. Modalità e tempi del pignoramento sono descritti dagli artt 518 e 519 cpc. Una volta pignorati, i beni vengono asportati dal luogo dove si trovano e collocati in un deposito, viene nominato un custode per la conservazione delle cose. 2. Pignoramento presso terzi: ha ad oggetto crediti del debitore verso terzi o cose del debitore in possesso di terzi. L’atto, notificato personalmente al terzo e al debitore, contiene (oltre all’indicazione del credito per cui si procede, il titolo esecutivo, il precetto, una intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice, dichiarazione di residenza o domicilio, e indirizzo PEC), la citazione del terzo e del debitore a comparire ad una udienza dinanzi al giudice del luogo in cui il debitore esecutato ha la residenza, il domicilio, la dimora e la sede. Il terzo deve poi comunicare la dichiarazione dell’ art 547 al creditore procedente entro 10 giorni a mezzo di raccomandata, ovvero con la PEC. In caso di mancata dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo in una apposita udienza. Se non viene vene resa o il terzo non compare in udienza, il credito pignorato si dice non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione. Quando il creditore all’udienza dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice con ordinanza da notificarsi al terzo almeno 10 gg prima al terzo, fissa ulteriore udienza. Se il terzo non compare alla nuova udienza, o comparendo rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, si considera non contestato e il giudice provvede a norma degli artt 552 e 553. L’esito del procedimento è perciò condizionato dal terzo nel rendere la dichiarazione (con raccomandata, PEC o udienza). L’ordinanza di assegnazione di crediti adottata secondo queste modalità, è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi, qualora il terzo dimostri di non aver avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Se invece sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice le risolve tramite ordinanza, compiuti gli accertamenti necessari. Tale ordinanza produce effetti esclusivamente nel procedimento in corso e nell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. E’ perciò impugnabile solo con l’opposizione agli atti esecutivi. g. Riduzione del pignoramento: ipotesi opposto alla precedente. Su istanza del debitore o anche dell’ufficio, quando in valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti, il giudice sentiti il creditore pignorante e quelli intervenuti, può predisporre la riduzione del pignoramento (art 496 cpc). Alcune vicende riguardano poi la possibilità di modificare in senso estensivo o riduttivo la consistenza dei beni pignorati, nonché la loro individuazione: 1. Pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario: accade quando il debitore, prima che sia compiuto il pignoramento dei beni, evita lo stesso versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario un importo corrispondente alla somma per cui si procede più le spese, affidando allo stesso ufficiale l’incarico di consegnarli al creditore. In questo modo il debitore evita il pignoramento, effettuando un pagamento liberatorio idonea a produrre effetti sul piano sostanziale. 2. Pignoramento di denaro per evitare pignoramento di beni: all’atto del pignoramento, il debitore può evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario una somma di denaro di importo corrispondente al credito o ai crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi. Il versamento qui non ho l’effetto di evitare il pignoramento, bensì quello di evitare il pignoramento di determinati beni, sostituendoli con il denaro. 3. Conversione del pignoramento: l’ipotesi è regolata dall’art 495 cpc. Essa non si realizza al momento in cui il pignoramento è compiuto, ma a pignoramento già eseguito. In questo caso il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti. Unitamente all’istanza va depositata in cancelleria una somma non inferiore ad un quinto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento ed ei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data la prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice. Una volta proposta l’istanza, il giudice dell’esecuzione determina con ordinanza sentite le parti, la somma da sostituire al bene pignorato. Se sono cose immobili, il giudice può concedere la rateizzazione , con la stessa ordinanza se vi sono giustificati motivi, entro il termine massimo di 36 mesi. Ogni 6 mesi il giudice provvede al pagamento del creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore. Successivamente, l’intero importo determinato deve essere versato, poiché anche l’omesso versamento anche di una sola rata impedisce la conversione e le somme eventualmente versate formano parte dei beni pignorati. Se invece vengono versate tutte le somme, al pignoramento dei beni si sostituisce il pignoramento delle somme. L’istanza può essere avanzata solo una volta a pena di inammissibilità. L’intervento dei creditori Una delle possibili articolazioni della procedura espropriativa, è costituita dall’intervento di altri creditori nell’espropriazione iniziata dal creditore procedente (ipotesi da distinguere dal pignoramento successivo in cui più creditori procedono autonomamente a compiere sullo stesso bene un autonomo pignoramento). Ratio dell’intervento è il principio generale della par condicio creditorum dell’art 2740 cc, alla luce dell’altro principio dell’art 2741 cc, che colloca in posizione paritaria i creditori ma facendo salve le cause legittime di prelazione (i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione). Tali articoli costituiscono il fondamento dell’intervento di terzi nell’espropriazione, e la loro osservanza va calata nelle dinamiche concrete delle procedura esecutiva. Negli anni è stato contrastato il dibattito circa l’estensione soggettiva degli aventi diritto al concorso nell’espropriazione, alla luce di due alternative: che siano legittimati ad intervenire i soli creditori muniti di titolo esecutivo , ovvero che l’intervento sia aperto a tutti i creditori sia muniti sia sprovvisti di titolo esecutivo. Fino al 2006 la soluzione privilegiata dal legislatore era la più elastica: potevano intervenire nell’espropriazione tutti i creditori. Poi si è invertita la rotta, e si è fissata come regola generale quella secondo cui possono intervenire nell’espropriazione forzata solo i creditori muniti di titolo esecutivo. Legittimati ad intervenire sono i singoli creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo. Ad essi però si aggiungono altre categorie di creditori legittimati all’intervento: 1. Creditori che al momento del pignoramento, avevano seguito un sequestro sui beni pignorati 2. Creditori che al momento del pignoramento, avevano un diritto di pegno o di prelazione risultante da pubblici registri 3. Creditori che al momento del pignoramento, erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili Diverso è il trattamento processuale dei creditori titolati e di quelli non titolati. Per questi ultimi si apre una procedura volta al riconoscimento del credito ad opera del debitore. Il creditore non munito di titolo esecutivo deve notificare al debitore, entro 10 giorni successivi al deposito del ricorso, una copia di esso. Il giudice fissa poi una udienza di comparizione davanti a se del debitore e dei creditori intervenuti non titolati. In tale udienza il creditore è chiamato a dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti (privi di titolo). Riconosciuti sono anche i crediti per il quale il debitore renda esplicito riconoscimento. I creditori riconosciuti o comunque non contestati, acquistano il diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata. I creditori invece i cui crediti siano stati contestati, nei 30 gg successivi all’udienza, possono proporre e darne dimostrazione, l’azione necessaria per munirsi di titolo esecutivo; nel frattempo acquisiscono il diritto di un accantonamento delle somme loro spettanti, disposto dal giudice dell’esecuzione per il tempo ritenuto necessario, affinché i creditori possano munirsi di titolo esecutivo per un periodo di tempo non superiore a 3 anni. Occorre distinguere anche tra creditori tempestivi e tardivi. • Tempestivi: sono i creditori che intervengono prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta l’assegnazione o la vendita • Tardivi: coloro che intervengono successivamente La distinzione rileva in sede di distribuzione del ricavato, ma solo con riferimento ai creditori chirografi. I creditori tardivi concorrono alla distribuzione della parte del ricavato che sopravanza, dopo essere soddisfatti i creditori privilegiati, quelli pignoranti e quelli intervenuti tempestivamente. Altra differenza tra creditori muniti e sprovvisti di titolo esecutivo. I creditori titolati acquistano con l’intervento il diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, ma anche quello a compiere i singoli atti del processo. I creditori non titolati si limitano a partecipare alla espropriazione dei beni pignorati, ma non hanno il potere di provocare i singoli atti dell’esecuzione. La vendita o l’assegnazione Seconda fase dell’espropriazione è la vendita o l’assegnazione dei beni, ed è finalizzata alla trasformazione dei beni stessi in denaro ai fini della distribuzione di quest’ultimo ai creditori. Si impone innanzitutto un termine dilatorio, l’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può essere proposta se non decorsi 10 gg dal pignoramento, tranne che per le cose deteriorabili, delle quali può essere disposta l’assegnazione o la vendita immediata. Occorre distinguere la vendita dall’assegnazione, e quest’ultima divisa in assegnazione satisfattiva o assegnazione di vendita. La vendita forzata, consiste nel trasferimento della proprietà di un bene ad un soggetto terzo che per ottenere la proprietà del bene paga un prezzo. L’assegnazione consiste invece nel trasferimento del diritto sul bene ad un creditore, con la differenza che nell’assegnazione satisfattiva il creditore assegnatario non versa il prezzo, ma ottiene soddisfazione del proprio credito con il trasferimento del diritto sul bene assegnato. ASSEGNAZIONE: se essa ha per oggetto beni mobili, i terzi che ne avevano la proprietà possono entro il termine di 60 gg dall’assegnazione, rivolgersi contro l’assegnatario che ha ricevuto in buona fede il possesso, al solo scopo di ripetere la somma corrispondente al suo credito soddisfatto con l’assegnazione. La stessa facoltà spetta ai terzi che avevano sulla cosa altri diritti reali, nei limiti del valore del loro diritto. Dal momento che l’assegnatario versi la somma corrispondente al suo credito, egli torna debitore del suo creditore (il suo credito non potendosi più ritenere soddisfatto), questi conserva le sue ragioni nei confronti del debitore, ma si estinguono le garanzie prestate dai terzi. Al contrario se l’evizione della cosa è subita dall’acquirente del bene espropriato, quest’ultimo può ripetere il prezzo se non è stato ancora distribuito dedotte le spese; se invece la distribuzione è già avvenuta, egli può ripeterne da ciascun creditore la parte che ha riscosso e dal debitore l’eventuale residuo. Anche in questo caso resta ferma la possibilità di agire nei confronti del creditore per danni e le spese. Se invece l’evizione è solo parziale, l’acquirente ha diritto di ripetere una parte proporzionale del prezzo. Tra vendita forzata e vendita di diritto comune, sussistono talune differenze. Nella vendita forzata non opera la garanzia per vizi, ne essa può essere impugnata per lesione. La vendita forzata produce poi un effetto purgativo, nel senso che il bene viene venduto libero dai diritti reali di garanzia, cancellati a seguito del decreto di trasferimento. La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non sono opponibili all’acquirente o all’assegnatario. Il che si coordina con la disciplina secondo cui le eventuali nullità anteriori alla vendita, devono essere fatte valere non oltre l’udienza fissata per la determinazione delle modalità di vendita o assegnazione. La distribuzione del ricavo Questa è la terza fase dell’espropriazione, fase volta a distribuire ai creditori le somme ricavate dalla vendita o assegnazione dei beni. Norme di riferimento sono, per la disciplina generale, gli artt 590 per l’espropriazione mobiliare, e 541 e 542 per quella immobiliare. la distribuzione non avviene quando non vi è stato nessun ricavo, o quando il creditore è una solo ed è stato soddisfatto con l’intero ricavo della vendita. Le somme da distribuire, cioè la massa attiva, si compone dal valore conseguito a titolo di prezzo delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, nonché di multa e risarcimento da parte dell’aggiudicatario. Viene effettuato con apposito piano di riparto, il quale va redatto seguendo il seguente ordine o graduazione del crediti: 1. Spese di procedura. Tali spese sono liquidate prima di tutti gli altri crediti, trattandosi di spese necessarie per la procedura; 2. Creditori con diritto di prelazione; 3. Creditori chirografi tempestivi, cioè quelli che hanno proposto istanza di intervento entro l’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o assegnazione; 4. Creditori che abbiano esteso il pignoramento; 5. Creditori intervenuti che non hanno esteso il pignoramento; 6. Creditori chirografi tardivi, intervenuti dopo l’udienza in cui si determinano le modalità di vendita o assegnazione; 7. Esecutato, per l’eventuale residuo. La formazione del piano di riparto, avviene con alcune differenza tra espropriazione mobiliare e immobiliare. Nella prima i creditori possono chiedere la distribuzione della somma ricavata secondo un piano di riparto concordato, ed i giudice agisce secondo questo. Se invece i creditori non raggiungono l’accordo, o il giudice dell’esecuzione non lo approva, ogni creditore può chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata, e il giudice procede secondo la regole generali. In quella immobiliare, il giudice dell’esecuzione non più tardi di 30 gg dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano e lo deposita in cancelleria, affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l’udienza della loro audizione. In questo caso il pino di riparto è obbligatorio e deve essere approvato dai creditori e dal debitore. In sede distributiva assume rilievo l’accantonamento delle somme a favore dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti siano stati contestati. Una volta accantonate le somme per un periodo non superiore a 3 anni, entro il quale si devono procurare il titolo esecutivo, e decorso il termine fissato il giudice dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente ed intervenuto e da luogo alla distribuzione della somma, eccetto a coloro che sono stati già soddisfatti. L’art 511 disciplina la domanda di sostituzione, cioè una domanda preposta dai creditori di un creditore aventi diritto alla distribuzione, i quali possono chiedere di essere a lui sostituiti (una sorta di azione surrogatoria). Controversie in sede distributiva Esse possono sorgere dal lato soggettivo , cioè tra creditori e concorrenti o creditori e debitore, o dal lato oggettivo cioè con la sussistenza o l’ammontare di una o più crediti, ovvero la sussistenza di diritti di prelazione. Per individuare quali contestazioni possono essere sollevate, occorre avere riguardo all’interesse ad agire di ciascun soggetto legittimato. Il procedimento è quello semplificato a carattere camerale, nel quale il giudice istruisce la causa assumendo i necessari accertamenti e pronunciando ordinanza. A questa conclusione non si giunge solo per la tipologia del rito applicato, ma anche perché il contenuto delle contestazioni è strettamente legato alla procedura esecutiva e non può essere esportato al di fuori di essa. La contestazione circa la sussistenza dei diritti di prelazione è infatti strettamente legata al concorso tra i creditori, ed in quanto tale idonea ad avere effetti al di fuori del concorso. Non diversamente la contestazione circa la sussistenza e l’ammontare dei singoli crediti: anche in questo caso la sussistenza del credito viene accertata non in sé, ma in quanto oggetto di un piano di riparto, il quale andrebbe ridefinito e modificato. Per tali ragioni, l’ordinanza che decide la controversia distributiva, è impugnabile solo con l’opposizione agli atti esecutivi, procedimento volto a denunciare le irregolarità formali degli atti, ma inidoneo a censuare il contenuto sostanziale del provvedimento. Il giudice può, con ordinanza, sospendere i tutto o in parte la distribuzione della somma ricavata. La sospensione può essere quindi totale o parziale, a seconda che incida su tutto o solo su una parte del progetto di distribuzione. Una volta accolta la domanda, il giudice apporta al piano di riparto le dovute modifiche, sicché il credito contestato può essere cancellato in tutto o in parte o diversamente collocato nella graduazione dei crediti. L’espropriazione di beni indivisi Si ha quando oggetto del pignoramento sono beni in comunione tra più comproprietari, solo alcuni dei quali sono obbligati e quindi destinatari passivi della procedura esecutiva. Una volta compiuto il pignoramento, il relativo avviso va notificato anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto presente il divieto di far separare la sua parte dal proprietario senza ordine del giudice. L’avviso ha lo scopo di darne notizia agli alti proprietari del fatto che è pendente una procedura esecutiva, evitando cosi che essi colludano con il debitore in danno ai creditori, per sottrarre quota alla garanzia patrimoniale. Si crea dopo il pignoramento un vincolo di inefficacia relativa alla quota pignorata che rende inopponibili ai creditori gli eventuali atti di disposizione della quota. Per i beni immobili, l’esecuzione ha inizio nel momento in cui è notificato al destinatario l’avviso con cui l’ufficiale giudiziario comunica, almeno 10 gg prima- che è tenuto a rilasciare l’immobile, nonché il giorno e l’ora in cui procederà. Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale giudiziario munito del titolo esecutivo e de precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione, e facendo uso quando occorre dei poteri riconosciuti dall’art 513 cpc, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale consegna le chiavi. Se l’immobile è detenuto da terzi, l’ufficiale provvede ad ingiungere agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. Es. nel caso in cui oggetto di un ordine di rilascio si un appartamento condotto in locazione a terzi, l’esecuzione non punta a porre il proprietario nel possesso materiale del bene, ma solo a renderlo noto ai terzi che la titolarità del bene spetta al vero proprietario, modo che essi lo riconoscano in quanto tale. Se nell’immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio e che non vanno consegnate, l’ufficiale intima alla parte tenuta al rilascio di asportarle; se la stessa parte non le asporta, l’ufficiale giudiziario su richiesta dell’istante, determina il presumibile valore di realizzo dei beni nonché le spese di custodia e di asporto. Solo se il valore dei beni è superiore alle spese di custodia e di asporto, l’ufficiale giudiziario a spese della parte istante nomina un custode e lo incarica di trasportare beni in un altro luogo. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese, i beni sono considerati abbandonati e l’ufficiale, salva diversa richiesta della parte istante ne dispone lo smaltimento o la distruzione. Può disporre la custodia sul posto anche a cura della parte istante, o il trasporto in altro luogo. Se però si tratta di cose pignorate o sottoposte a sequestro, l’ufficiale giudiziario da immediata notizia dell’avvenuto rilascio al creditore procedente nel pignoramento o al creditore sequestrante, nonché al giudice dell’esecuzione per la sostituzione del custode ove già nominato. Nella procedura per consegna o rilascio, domina la figura dell’ufficiale giudiziario, il quale gestisce l’intera procedura, seppure sotto la direzione del giudice. Quest’ultimo subentra nell’ipotesi in cui sorgono difficoltà che non ammettono dilazione , nel caso in cui ciascuna parte può chiedere al giudice provvedimenti temporanei occorrenti. Le spese dell’esecuzione sono anticipate da parte istante ed il relativo importo è specificato dall’ufficiale giudiziario nel processo verbale. La liquidazione in via definitiva è fatta dal giudice dell’esecuzione secondo le regole ordinarie, con decreto che costituisce titolo esecutivo. L’esecuzione degli obblighi di fare o non fare Norme di riferimento sono gli artt 2931 cc, e 2933 cc. Titolo esecutivo possono essere le sentenze, ma non diversamente gli altri titoli giudiziali. Rispetto all’esecuzione per consegna o per rilascio, in questa in esame la figura del giudice è più presente, partecipando egli anche alle modalità della procedura. Una volta notificato il precetto, colui che vuole ottenere la prestazione, deve chiedere con ricorso al giudice dell’esecuzione la determinazione delle modalità dell’esecuzione. In questo caso il giudice provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l’ufficiale che deve procedere all’esecuzione e le persone che debbano provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta. Se durante l’esecuzione sorgono difficoltà, l’ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica e deve chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni per eliminare tali difficoltà. Quanto alle spese, la parte istante presenta al giudice dell’esecuzione la nota delle spese anticipate vista dall’ufficiale giudiziario, con domanda di decreto d’ingiunzione. Il giudice, se riconosce tali spese giustificate, pronuncia un decreto di ingiunzione provvisoriamente esecutivo. Misure di coercizione indiretta Con la l. 69/2009, è stato introdotto un nuovo art 614 bis cpc, volto a disciplinare una forma di esecuzione indiretta quando la prestazione non adempiuta sia diversa dal pagamento di somme di denaro. La disposizione è collocata tra le norme del processo esecutivo, ma in realtà si tratta di un provvedimento che può assumere il giudice della cognizione nel momento in cui pronuncia la condanna. Non essendo provvedimenti reso dal giudice dell’esecuzione, la misura coercitiva può essere irrogata non solo dal tribunale, ma anche dal giudice di pace. La misura coercitiva conserva natura processuale, in quanto non attiene al diritto sostanziale dedotto in lite. Essa si aggiunge e non sostituisce e non sostituisce l’eventuale risarcimento del danno che la parte destinataria della prestazione può subire a seguito dell’inadempienza o a seguito di ritardo nell’esecuzione della prestazione. Per avere condanna al pagamento della sanzione è necessaria la richiesta di parte. La determinazione della somma avviene poi in base ad ogni violazione, inosservanza e ritardo nell’esecuzione del provvedimento. La quantificazione della sanzione è rimessa alla discrezionalità del giudice. Sussistono taluni limiti all’applicazione della misura coercitiva. La disciplina non si applica alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti in collaborazione coordinata e continuativa. Non è applicabile qualora ciò sia manifestatamente iniquo. Anche i parametri della manifestata iniquità sono però indeterminati, sicché anche sul punto il giudice che irroga la sanzione dispone di un ampio margine di valutazione. Il provvedimento di condanna al pagamento delle somme dovute per ogni violazione o ritardo costituisce titolo esecutivo. L’eventuale contestazione circa il fatto che non vi è ritardo o violazione, va collocata in sede di opposizione all’esecuzione. Le opposizioni esecutive Vi sono tre appositi procedimenti interni all’esecuzione, volti a denunciare il diritto a procedere ad esecuzione forzata (opposizioni esecutive), la irregolarità formale dei singoli atti dell’esecuzione (opposizioni agli atti esecutivi), far valere il diritto del terzo sulle cose oggetto dell’esecuzione (opposizione di terzo all’esecuzione). L’opposizione all’esecuzione Il testo dell’art 615 cpc ammette l’esecuzione quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Il diritto a procedere della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, può essere contestato sotto due profili: • DIRITTO SOSTANZIALE: per il quale si chiede tutela esecutiva (es. nonostante sia stata iniziata una espropriazione forzata sulla base di una scrittura privata autenticata che riconosca tizio creditore nei confronti di caio, quest’ultimo si opponga all’esecuzione eccependo che la somma sia stata già pagata. • DIRITTO PROCESSUALE all’uso dello strumento esecutivo: (es. tizio obbligato si può opporre contestando che il decreto ingiuntivo sulla base del quale è iniziata espropriazione forzata non è ancora esecutivo, o che la sentenza invocata come titolo esecutivo è di merco accertamento). I motivi di opposizione hanno un margine diverso a seconda che l’esecuzione sia iniziata in forza di titoli esecutivi giudiziali o stragiudiziali. A fondamento di tale distinzione si pone la regola generale dell’onere dell’impugnazione, operando solo per i titoli giudiziali e non stragiudiziali. Stando all’art 161 cpc, ogni vizio di nullità della sentenza, può essere denunciato solo con i mezzi di impugnazione (per nullità si intende sia la sua invalidità, cioè i vizi di forma, si ala sua ingiustizia, cioè l’aver deciso male, per i fatti anteriori al suo passaggio in giudicato). Tale regola trova un limite nelle ipotesi di sentenze inesistenti, cioè che vizi particolarmente gravi da condurre all’inesistenza possono essere denunciati in ogni tempo, non essendo assoggettati all’onere dell’impugnazione. Ne deriva che in presenza di un titolo giudiziale, le contestazioni Dopo l’udienza si ha l’introduzione del giudizio di merito che si svolge con rito ordinario. La decisone è resa con sentenza non impugnabile, ma ricorribile per cassazione con ricorso straordinario. Per quanto riguarda la sentenza dell’ opposizione, occorre distinguere: • Le sentenza di rigetto che accerta la regolarità dell’atto e lascia inalterata l’esecuzione • Quella di accoglimento che dichiara l’invalidità dell’atto, ma i suoi effetti sono variabili L’invalidazione del singolo atto può restare isolata e non pregiudicare l’intera esecuzione. L’opposizione di terzo all’esecuzione E’ il rimedio che il codice riconosce a favore di terzo, qualora questi pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati. Presupposto dell’opposizione del terzo, è che la procedura rechi un pregiudizio a se stesso, essendo stato pignorato un bene che non è di proprietà del debitore, bensì di proprietà del terzo. Può aversi solo ad esecuzione iniziata, e l’art 619 cpc colloca l’opposizione di terzo nell’espropriazione forzata, ipotizzando che il terzo lamenti la proprietà o il possesso sui beni pignorati. Bisogna poi segnare la linea di confine tra opposizione di terzo e l’esecuzione. Oggetto dell’opposizione di terzo è il titolo esecutivo in sé quando questo descrive una situazione sostanziale contrastante con la posizione del terzo. Diversamente, nell’opposizione di terzo all’esecuzione, ciò che lamenta il terzo non è il titolo esecutivo, bensì che quest’ultima abbia pregiudicato un proprio diritto. L’opposizione di terzo può essere tempestiva o tardiva. Tempestiva quando è proposta prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, tardiva se proposta successivamente a tale data. Giudice competente per la prima fase è quello dell’esecuzione, il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé, e il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto. Parti necessarie sono il terzo, il creditore procedente e i creditori intervenuti muniti di titolo, e il debitore esecutato. La prima udienza si svolge nelle forme camerali, ed è contemplata la possibilità che le parti raggiungano un accordo. Se esso si raggiunge, il giudice ne da atto con ordinanza; se non si raggiunge il giudice provvede ai sensi dell’art 616, tenuto conto della competenza per valore. Si pone quindi problema di competenza, e la causa va riassunta davanti al giudice di pace. Una volta introdotto o riassunto il processo, esso si svolge nelle forme dell’ordinario processo di cognizione. Con l’opposizione tardiva i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata. La legge imponi i limiti d’uso della prova testimoniale da parte del terzo: quest’ultimo non può provare con testimoni il suo diritto sui beni pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. In altri termini il terzo deve fornire la prova dell’affidamento per vincere la presunzione di appartenenza del debitore. La prova per testimoni è consentita quando l’affidamento è reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitati del terzo o dal debitore. Le vicende anomale del processo esecutivo La sospensione La sospensione ha luogo nel processo esecutivo in ragione di diverse cause e con diverse modalità. Occorre distinguere: a. Sospensione disposta dalla legge, quando in presenza di certe condizioni il processo va automaticamente sospeso senza alcun potere discrezionale del giudice nel disporlo; b. Quella disposta dal giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo, si ha quando il giudice dell’impugnazione o quello che ha emanata la sentenza impugnata, sospende l’efficacia esecutiva del titolo; c. Disposta per provvedimento del giudice dell’esecuzione, quindi quando è disposta discrezionalmente dal giudice dell’esecuzione, qualora ne ravvisi i presupposti. A quest’ultimo riguardo si possono distinguere diverse ipotesi: 1. Sospensione dell’esecuzione in sede di opposizione a precetto, il giudice ricorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. Ipotesi introdotta nel 2006 e volta a consentire la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ad esecuzione non ancora iniziata (ed evitare il pignoramento). Nella precedente versione la sospensione era possibile solo ad esecuzione iniziata. Giudice competente è lo stesso a conoscere l’opposizione a precetto, giudice di pace o tribunale. 2. Sospensione a seguito di opposizione all’esecuzione o di apposizione a terzo, se vi sono gravi pericoli il giudice sospende si istanza di parte il processo con cauzione o senza. 3. Sospensione a seguito di atti esecutivi. Il procedimento in tutte le ipotesi è lo stesso ed è descritto dall’art 624 cpc. La sospensione è ammessa su istanza di parte, ed il giudice decide con ordinanza. Se una volta ottenuta la sospensione, la relativa ordinanza non viene reclamata e il giudizio di merito relativo all’opposizione non viene introdotto, ciò dimostra la mancanza di interesse in capo all’opponente a coltivare tale giudizio; di qui l’estinzione del processo e la cancellazione delle relative trascrizioni. Vi è poi un’ultima fattispecie sospensiva su istanza delle parti, la quale introduce una sorta di sospensione concordata analoga a quella vigente nel processo ordinario. Il giudice può sospendere il processo fino a 24 mesi. La sospensione va chiesta da parte di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, prima della vendita. E’ disposta con ordinanza, sentita le parti, al massimo per una sola volta e può essere revocata in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito il debitore. In casi urgenti il giudice può disporre la sospensione con decreto, nel quale fissa l’udienza di comparizione delle parti, ed all’esito dell’udienza conferma il decreto con ordinanza, ovvero lo revoca. Entro 10 gg dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell’udienza in cui il processo deve proseguire. La sospensione comporta l’impossibilità di compiere qualsiasi atto esecutivo, salvo che il giudice dell’esecuzione non disponga diversamente. Una volta sospeso il processo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e non più tardi di 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d’appello che rigetta l’opposizione. L’estinzione Anche il processo esecutivo, come quello ordinario, può estinguersi. Ci sono due tipi di estinzione: per rinuncia o per inattività. La rinuncia agli atti deve provenire dal creditore pignorante e da tutti quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo, se effettuata prima dell’aggiudicazione o assegnazione; dopo la vendita invece il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti. In entrambi i casi non è chiesta l’accettazione dell’esecutato, non potendosi ritenere che egli abbia un interesse alla prosecuzione dell’esecuzione. Quanto invece all’accettazione dei creditori intervenuti, si distingue a seconda che l’estinzione si abbia prima o dopo la vendita. Prima della vendita è sufficiente il consenso dei soli creditori titolati perché solo questi possono sostituirsi al creditore procedente nel compimento dei singoli atti. Dopo la vendita invece è necessaria l’accettazione di tutti i creditori anche non titolati, avendo tutti i creditori diritto alla soddisfazione in sede di distribuzione del ricavato. Alla rinuncia all’esecuzione di applica la disciplina dell’art 306 cpc. L’estensione per inattività delle parti è regolata dall’art 630 cpc. L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d’ufficio, con ordinanza del giudice dell’esecuzione non oltre la prima udienza successiva al suo verificarsi della stessa. L’ordinanza è reclamabile dal debitore o dal creditore pignorante, ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di 20 gg dall’udienza o dalla comunicazione dell’ordinanza. Il consiglio provvede in camera di consiglio con sentenza.
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