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Focus sul processo esecutivo - Diritto Processuale Civile, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Elaborato personale delle lezioni del professore che ha analizzato processo esecutivo - testo consigliato Luiso parte III vol 3 del luiso ed 2012

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012

Caricato il 07/09/2012

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Scarica Focus sul processo esecutivo - Diritto Processuale Civile e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! IL PROCESSO ESECUTIVO Il diritto di azione e di difesa previsti e garantiti dall’art. 24 Cost., comprendono anche la tutela esecutiva: laddove ci si trovi di fronte ad obblighi di comportamento che rimangono disattesi e che sono funzionali alla soddisfazione del titolare dell’interesse protetto si avrà la tutela giurisdizionale nella forma di esecuzione forzata. All’inadempimento dell’obbligato si può reagire, in sede giurisdizionale esecutiva, con: ▲ esecuzione diretta: si ha tutte le volte in cui l’inerzia dell’obbligato è sostituita dall’attività dell’ufficio esecutivo, il quale si attiva in luogo dell’inadempiente, compiendo ciò che quest’ultimo avrebbe dovuto fare, e facendo conseguire all’avente diritto l’utilità che gli spetta secondo il diritto sostanziale. Questa tecnica di tutela non è utilizzabile in presenza di obblighi infungibili, per cui per il titolare del diritto non è indifferente che la prestazione provenga personalmente dall’obbligato, oppure da un terzo. L’esecuzione diretta deve diversamente strutturarsi a seconda del tipo di comportamento che deve sostituire => tre diverse tecniche di tutela esecutiva diretta: a. espropriazione forzata per i crediti di denaro b. esecuzione per consegna o rilascio, per il trasferimento del potere di fatto su beni mobili o immobili c. esecuzione per obblighi di fare o non fare, per tutti i comportamenti diversi da due precedenti e siano fungibili ▲ esecuzione indiretta: si ha in presenza di obblighi infungibili per cui si deve indurre l’obbligato ad adempiere. Ciò si può ottenere prevedendo che l’obbligato inadempiente vada incontro a conseguenze negative per lui più onerose dell’adempimento, che possono essere civili o penali: • si ha esecuzione indiretta con misure coercitive civili quando sia previsto che a cari o dell’inadempiente, una volta verificatisi i presupposti della tutela esecutiva, sorge l’obbligo di pagare una certa somma di denaro, stabilita dal legislatore, per ogni ulteriore periodo di inerzia o per ogni ulteriore violazione del dovere di astensione. Il beneficiario delle somme versate può essere lo Stato oppure la controparte • si ha esecuzione indiretta con misure coercitive penali quando sia previsto che, verificatisi i presupposti della tutela esecutiva, gli ulteriori inadempimenti dell’obbligato integrano un’ipotesi di reato Nel processo esecutivo non è rilevante accertare se esiste o meno il diritto: si presuppone che il diritto esista e che abbia bisogno di tutela esecutiva. Le caratteristiche peculiari dell’azione esecutiva sono: • unilateralità: non vi è contraddittorio • non esclusività: sullo stesso bene possono svolgersi molteplici azioni a parità di diritti • presupposto si un requisito formale: il titolo esecutivo Il titolo esecutivo è presupposto fondamentale per il processo esecutivo ex art. 474 I comma c.p.c.: “l’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un credito certo, liquido ed esigibile”. Senza il titolo esecutivo non è possibile iniziare l’esecuzione: esso è la fattispecie da cui nasce la tutelabilità esecutiva del diritto sostanziale (un titolo esecutivo è ad esempio la sentenza di condanna). Il titolo esecutivo deve sorreggere tutto quanto il processo esecutivo, permanendo per tutta la sua durata. Il diritto sostanziale per avere esecuzione deve essere: • certo => non vi sono dubbi sulla sua esistenza; consiste nell’individuazione del bene oggetto dell’intervento esecutivo e del fare che deve essere compiuto • liquido => determinato nel suo ammontare • esigibile => non sottoposto a condizione né termine. Un’ipotesi di non esigibilità è prevista dall’art. 478 c.p.c.: quando l’efficacia del titolo esecutivo è subordinata alla prestazione di una cauzione, il giudice può emettere un provvedimento che ha efficacia esecutiva, subordinando l’esecutività dello stesso al fatto che il creditore presti una cauzione, e l’esecuzione forzata non può iniziare finchè la cauzione non è prestata. L’art. 474 II comma c.p.c. elenca i titoli esecutivi, suddividendoli in tre categorie: • titoli giudiziali: sentenze, provvedimenti e altri atti cui la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (sentenze di condanna, verbali di conciliazione, decreti ingiuntivi, licenze e sfratti convalidati…) 23 • scritture private autenticate e titoli di credito (cambiali, assegni e altri titoli a cui la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia). Le scritture private autenticate costituiscono titolo esecutivo relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute, e sono quindi titoli esecutivi solo per l’espropriazione. I titoli di credito invece sono titoli esecutivi solo se in regola con il bollo fin dal momento della loro emissione • atti ricevuti da notaio o da altri pubblici ufficiale autorizzati dalla legge a riceverli. L’atto pubblico costituisce titolo esecutivo anche in relazione all’esecuzione per consegna e rilascio. Altre fattispecie di titoli esecutivo sono previste espressamente dal legislatore, qua e là. Quelle di particolare interesse sono: • conciliazione stragiudiziale, procedimento volto a favorire una soluzione negoziale della controversia: l’accordo raggiunto in sede conciliativa ha efficacia esecutiva • fattispecie prevista dal d.lgs. 124/2004: ove il personale delle direzioni provinciali del lavoro, in occasione dello svolgimento della loro attività di vigilanza, verifichi l’inosservanza, da parte del datore di lavoro, di disposizione da cui scaturisce la sussistenza di crediti a favore del lavoratore, diffida il datore di lavoro a corrispondere quanto dovuto. Tale diffida, decorsi 30 gg senza che sia stato trovato un accordo tra datore e lavoratore, acquista efficacia di titolo esecutivo a favore del lavoratore per le somme ivi indicate. In generale il legislatore attribuisce efficacia esecutiva all’atto, quando ritiene che il diritto in esso contenuto sia meritevole di tutela esecutiva. Bisogna chiarire che il titolo esecutivo non è oggetto dell’esecuzione, ma la fattispecie in presenza della quale si ha l’azione esecutiva. Quindi oggetto della tutela esecutiva non è il titolo esecutivo, bensì il diritto sostanziale da tutelare. L’esistenza del titolo esecutivo è condizione sufficiente per la tutela esecutiva. La fattispecie prevista dall’art. 474 c.p.c. produce da sola il seguente effetto giuridico: il titolare della situazione sostanziale, descritta nel titolo esecutivo, ha il diritto di rivolgersi all’ufficio esecutivo e l’ufficio esecutivo ha il dovere di porre in essere la propria attività, di svolgere la propria funzione a tutela della situazione sostanziale indicata nel titolo. L’esistenza di questo effetto però non incide sulla liceità dell’esecuzione forzata sul piano del diritto sostanziale, ma è necessaria l’effettiva esistenza del diritto da tutelare: l’ufficio esecutivo non può rifiutare la propria attività dinanzi ad una richiesta di tutela esecutiva, anche quando si sta commettendo un illecito nei confronti di controparte, ma quanto l’ufficio compie costituisce un illecito di cui risponde chi ha chiesto all’ufficio di intervenire. Dobbiamo ora distinguere la nozione di titolo esecutivo in: • senso sostanziale: si intende la fattispecie da cui sorge l’effetto giuridico di rendere tutelabile in via esecutiva una situazione sostanziale protetta, in presenza della quale il titolare ha diritto all’intervento degli organi giurisdizionali, che hanno l’obbligo di attivarsi • senso documentale: è un documento che rappresenta in modo non completa la fattispecie del diritto a procedere ad esecuzione forzata (nel caso di scritture private autenticate e titoli di credito il titolo esecutivo documentale è costituito dall’originale, in caso di provvedimenti giudiziali e atti pubblici, essendo l’originale custodito dal pubblico ufficiale che lo ha formato, titolo esecutivo documentale è la copia di esso. Capiamo come in quest’ultimo caso c’è il rischio che circolino più copie: il problema si risolve col meccanismo dell’art. 475 c.p.c. della spedizione in forma esecutiva, che permette di identificare la copia dell’atto mediante l’apposizione della formula “Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti” Per quanto riguarda l’efficacia del titolo esecutivo, anche questo ha il carattere della concretezza: esso individua nominativamente i destinatari dei suoi effetti. Ci si deve chiedere se è possibile un processo esecutivo da e contro soggetti diversi da quelli individuati nominativamente dal titolo esecutivo: sicuramente non si può fondare l’efficacia del titolo esecutivo verso i terzi sulle norme che prevedono genericamente l’efficacia dell’atto verso i terzi, ma bisogna ricorrere alle norme che prevedono specificamente l’efficacia del titolo esecutivo nei confronti di determinati terzi, cercando di trarne poi un principio generale da applicare ai casi in cui non è prevista espressamente tale efficacia esecutiva: • art. 475 II comma c.p.c.: la spedizione del titolo in forma esecutiva è possibile anche a favore di soggetti, non individuate nel titolo stesso come creditori, che siano successori dell’avente diritto. Si presuppone quindi l’efficacia del titolo esecutivo a favore dei successori, dato che si dispone che il successore può farsi rilasciare il titolo esecutivo in senso documentale. Si ricava quindi che oltre alla successione nel diritto sostanziale, si ha successione anche nel diritto processuale alla 23 • l’art. 486 c.p.c. dispone che le domande delle parti si propongono con ricorso da depositare in cancelleria o oralmente nel verbale di udienza • l’art. 487 c.p.c. prevede che i provvedimenti del giudice dell’esecuzione abbiano forma di ordinanza, che può essere modificata e revocata fino a che non abbia avuto inizio l’esecuzione. • Competenza (artt. 9-26 c.p.c.): ✓ In senso verticale, per l’esecuzione forzata è competente sempre il tribunale ✓ In senso orizzontale, territorialmente competente è: • Per espropriazione immobiliare o mobiliare è il giudice del luogo dove si trova il bene • Per l’espropriazione presso terzi è il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore • Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare è il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto • Per l’esecuzione forzata per consegna e rilascio il giudice dove si trovano i beni L’incompetenza è rilevabile d’ufficio e dall’ufficiale giudiziario • composizione: uno o più giudici ai quali vengono attribuite le mansioni del giudice di esecuzione, e il cancelliere Vediamo ora le tre tecniche di esecuzione diretta. A. ESPROPRIAZIONE FORZATA E’ il processo con cui si tutelano esecutivamente i crediti relativi a somme di denaro, disciplinato dal Titolo II del libro III. Il fondamento dell’espropriazione non sta nel c.p.c. ma nel c.c., in particolare negli artt.: • 2740 c.c. per cui il debitore dispone dei suoi beni • 2910 c.c. per cui il creditore può far espropriare i beni del debitore Il processo di espropriazione forzata è il più complesso di tutti, perché passa necessariamente attraverso tre momenti indispensabili non sostituibili: a. Individuazione e conservazione dell’elemento attivo del patrimonio del debitore, funzione svolta dal primo atto dell’espropriazione che è il pignoramento b. Trasformazione del diritto pignorato: l’elemento attivo deve essere liquidato, e quindi trasformato in una somma di denaro c. Distribuzione del ricavato: il diritto del debitore, oggetto del pignoramento, è liquidato. Siccome gli elementi attivi circolano in modo diverso sul piano del diritto sostanziale, ne consegue che l’esecuzione si deve adattare al diverso modo di circolazione. Il nostro ordinamento conosce 3 modi di circolazione: • Diritti sui beni mobili => espropriazione forzata per i beni mobili • Diritti sui beni immobili => espropriazione forzata per i beni immobili • Diritti di credito => espropriazione forzata per i crediti Sono previste altre due forme speciali di espropriazione per ipotesi particolari: • Quando oggetto dell’esecuzione è la contitolarità di un diritto su un bene, si ha l’espropriazione di beni indivisi • Quando si realizza la responsabilità senza debito, allorchè il terzo risponde con beni propri di un debito altrui, si ha l’espropriazione contro il terzo proprietario, esecutato ma non debitore. a. Prima Fase: Individuazione e conservazione dell’elemento attivo del patrimonio del debitore, funzione svolta dal primo atto dell’espropriazione che è il pignoramento Ex art. 491 c.p.c. il pignoramento è l’atto iniziale dell’espropriazione forzata. Con esso si individuano e si conservano i diritti del debitore sottoposti ad espropriazione. Dovendosi adattare ai diversi modi di circolazione dei diritti, esistono tre forme di pignoramento: • Mobiliare • Immobiliare • Di crediti L’art. 492 c.p.c. è stato profondamente riformato dalla riforma del 2006, e tratta del pignoramento in generale: • Primo comma: indica l’elemento comune a tutti i pignoramenti, ovvero l’ingiunzione, che l’ufficiale giudiziario fa all’esecutato nelle forme volta per volta previste dalle singole forme di pignoramento (oralmente o mediante atto a lui notificato) di astenersi dal compiere qualunque atto, diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati e gli eventuali frutti di essi 23 • Secondo comma: prevede che con l’atto di pignoramento, l’ufficiale giudiziario debba invitare il debitore ad effettuare, presso la cancelleria del tribunale, la dichiarazione di residenza o l’elezione del domicilio in un comune del circondario del tribunale stesso. Tale dichiarazione corrisponde ad una costituzione in giudizio, la mancata dichiarazione quindi alla contumacia. In caso di mancata dichiarazione e laddove il debitore risulti irreperibile le successive notificazioni e comunicazioni gli saranno effettuate in cancelleria. • Quarto/quinto comma: introducono il dovere del debitore di manifestare il proprio patrimonio. Il presupposto perché tale dovere divenga attuale è costituito dalla insufficienza dei beni pignorati, o dalla lunga durata della loro liquidazione: quando ciò accade, l’ufficiale giudiziario invita il debitore a rendere nota l’esistenza di altri beni pignorabili, indicando il luogo in cui si trovano se beni mobili, e le generalità del terzo debitore se crediti; l’omessa o falsa dichiarazione costituisce illecito penale. Se il debitore risponde positivamente all’invito, dichiarando l’esistenza di tali beni, il pignoramento si considera fin da quel momento efficace nei suoi confronti agli effetti penale ed anche della custodia. Per il perfezionamento del pignoramento, e quindi per la sua opponibilità ai terzi, è tuttavia necessario procedere al compimento delle attività volta per volta previste dalle varie forme di pignoramento • Sesto comma: prevede la stessa disciplina del quarto/quinto comma se i beni pignorati divengono insufficienti per l’intervento di altri creditori • Settimo comma: introduce un altro meccanismo per il reperimento dei beni pignorabili. Il creditore procedente può chiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare ricerche presso l’anagrafe tributaria e le altre banche dati pubbliche. La richiesta è possibile anche per più esecuzioni • ottavo comma: introduce una speciale forma di ispezione per gli imprenditori commerciali. Sempre su istanza del creditore procedente, ed a sue spese, l’ufficiale nomina un professionista che esamina le scritture contabili, e redige una relazione che il professionista trasmette all’ufficiale giudiziario ed al creditore istante: se dalla relazione risultano elementi attivi che il debitore non aveva dichiarato le spese sono a carico del debitore stesso. Analizziamo ora le tre forme di pignoramento: ▲ Pignoramento mobiliare Ex artt. 513 e ss la richiesta di effettuare il pignoramento mobiliare è fatta dal creditore procedente all’ufficiale giudiziario in forma libera, che di solito è orale. Oggetto del pignoramento sono i diritti che sul bene appartengono al debitore esecutato: pignorabile è il diritto di proprietà e qualunque altro diritto reale minore che abbia il carattere della trasferibilità. Non è necessario accertare previamente che il debitore abbia la proprietà del bene, ma bisogna verificare l’appartenenza: tutte le volte in cui l’appartenenza non coincide con la proprietà del bene, diviene utilizzabile l’opposizione di terzo. Dobbiamo distinguere tra: • Oggetto dell’esecuzione, che è la titolarità in capo all’esecutato, di un diritto trasferibile sul bene pignorato • Oggetto del processo esecutivo, che è invece l’appartenenza del bene L’art. 513 c.p.c. ci fornisce la definizione di appartenenza, e disciplina il pignoramento mobiliare diretto, per cui sono previste tre ipotesi: • Possono essere pignorati i beni mobili che si trovano in un bene immobile appartenente al debitore => si parla di disponibilità materiale del debitore di questi beni immobili, a prescindere da qualsiasi titolo che possa legittimare tale disponibilità: a queste condizioni scatta l’appartenenza • Su ricorso del creditore, il giudice può autorizzare il pignoramento mobiliare anche in relazione a beni che non si trovano in immobili appartenenti al debitore, ma dei quali egli può direttamente disporre senza che colui a cui appartiene l’immobile in cui si trovano i beni mobili, possa rifiutare all’esecutato di disporre direttamente di tale bene mobile • L’ufficiale giudiziario sottopone a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli: quindi il debitore non ha disponibilità materiale del bene mobile, in quanto è in possesso o detenzione di un terzo => due possibilità: • Il terzo riconosce volontariamente che il bene posseduto è di proprietà del debitore e ne consente il pignoramento • Il terzo rifiuta il consenso al pignoramento diretto, e diviene necessario il pignoramento presso terzi. Gli artt. 514-515-516 c.p.c. indicano una serie di cose mobili per cui è assolutamente (art. 514: cose sacre e cose che servono all’esercizio del culto, anello nuziale, elettrodomestici, vestiti, biancheria indispensabili per debitori e suoi conviventi..commestibili e combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore, armi ed oggetto che il debitore ha obbligo di conservare 23 per adempimento di un pubblico servizio, scritti di famiglia e manoscritti, salvo che formino parte di una collezione) o parzialmente (art.515: cose che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del fondo) escluso il pignoramento, oppure consentito a determinate condizioni (art. 516: frutti non ancora raccolti o separati dal suolo, bachi di seta). Le questioni relative alla pignorabilità dei beni danno luogo ad opposizione all’esecuzione. Il pignoramento mobiliare si svolge attraverso la ricerca dei beni mobili nei luoghi previsti dall’art. 513 e coi limiti previsti dagli artt. 514-516, da parte dell’ufficiale giudiziario. Ex art.517 l’ufficiale deve preferire i beni di maggior valore e di più sicura realizzazione e, al di fuori di tali beni, deve scegliere le cose che possono essere liquidate più facilmente. Man mano che individua i beni, li descrive, mediante rappresentazione fotografica o altro strumento simile: trasmette poi copia del verbale di pignoramento al creditore e debitore che lo richiedono. Il creditore potrà riottenere un riesame delle valutazioni effettuate dall’ufficiale giudiziario in sede di pignoramento, ricorrendo al giudice. Qualora all’esito della vendita la somma ricavata non sia sufficiente, il giudice dell’esecuzione, su istanza di uno dei creditori, ordina l’integrazione del pignoramento. I beni così pignorati sono venduti senza ulteriore istanza di vendita. Dopo aver redatto il verbale di pignoramento, l’ufficiale giudiziario provvede ad asportare i beni per collocarli in un deposito. Ex art. 521 c.p.c. non può essere nominato custode il creditore o suo coniuge senza il consenso del debitore, né il debitore e i suoi familiari senza il consenso del creditore. ▲ Pignoramento Immobiliare E’ disciplinato dagli artt. 555 e ss c.p.c. Oggetto dell’esecuzione forzata è anche qui il diritto del debitore esecutato sull’immobile, suscettibile di trasferibilità. Non possono essere oggetto di espropriazione il diritto d’uso e abitazione e le servitù. Verificare l’appartenenza è più semplice, in quanto per gli immobili vi sono i pubblici registri immobiliari e l’usucapione. Ex art. 170 disp. att. c.p.c. l’atto di pignoramento deve essere sottoscritto dal creditore pignorante. L’individuazione del diritto sul bene avviene ex art. 555 c.p.c.: la descrizione del bene è effettuata dal creditore con gli estremi richiesti dal c.c. per l’individuazione dell’immobile ipotecato, ovvero attraverso la tipologia del bene, il comune in cui si trova e gli estremi catastali. Il creditore chiede dunque all’ufficiale giudiziario di procedere al pignoramento dell’immobile, individuato e descritto dal creditore in un atto scritto da lui sottoscritto. L’ufficiale aggiunge a tale atto la sua ingiunzione e notifica tutto al debitore esecutato; dopodiché si trascrive l’atto di pignoramento del registro immobiliare. La disciplina della custodia del bene immobile pignorato è stata profondamente modificata dalla riforma del 2006: siccome il pignoramento immobiliare non presuppone una situazione di possesso del bene in capo al debitore, è possibile effettuare il pignoramento anche di beni di cui il debitore è proprietario ma non possiede. In tal caso non si applica la disciplina della custodia ex art. 50-560 c.p.c., perché essa presuppone che al momento del pignoramento, l’esecutato abbia il possesso del bene. Quindi fin dal momento della notificazione del pignoramento l’esecutato diviene ipso iure custode del bene: però nel caso in cui sia un terzo ad avere la materiale disponibilità del bene oggetto di pignoramento, il giudice dovrà procedere alla sostituzione dell’esecutato nella custodia del bene. La custodia del debitore cessa cmq al momento in cui viene disposta la vendita, ed in luogo dell’esecutato è nominato custode il soggetto incaricato della vendita o l’istituto vendite giudiziario. L’art. 559 VI comma c.p.c. stabilisce che i provvedimenti di nomina e sostituzione del custode sono dati dal giudice con ordinanza non impugnabile. Ai sensi dell’art. 560 V comma “il custode provvede in ogni caso, previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione, all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge o occorrenti per conseguirne la disponibilità”; inoltre spetta al giudice dell’esecuzione, nel disporre la vendita del bene, prevedere le modalità con cui i potenziali acquirenti possano esaminare lo stesso. Infine il provvedimento di aggiudicazione o assegnazione costituisce titolo esecutivo nei confronti dell’esecutato, attraverso il quale il custode può ottenere la disponibilità del bene. ▲ Pignoramento dei Crediti Perché si possa procedere a tale pignoramento, è necessario l’accertamento dell’effettiva esistenza in capo al debitore del credito o della proprietà del bene mobile. Il pignoramento si effettua notificando al debitore esecutato e al terzo debitore un atto che deve contenere: • Indicazione del credito per cui si procede 23 1. con riferimento ai beni immobili, si stabilisce che tra l’avente causa del debitore esecutato e il creditore pignorante prevale colui che per primo ha trascritto, rispettivamente, l’atto di acquisto o il pignoramento 2. nell’ipotesi in cui oggetto di pignoramento è un credito che sia stato ceduto da parte del debitore esecutato ad un terzo, il conflitto tra creditore pignorante e il cessionario si risolve sulla base della priorità tra pignoramento e notificazione della cessione al debitore ceduto, o l’accettazione della cessione da parte di costui con atto di data certa 3. in caso di doppia alienazione di universalità di mobili, il creditore procedente è equiparato ad un avente causa del debitore esecutato, in quanto si applica il criterio generale dell’atto di data certa anteriore 4. per quanto riguarda il conflitto tra il creditore pignorante e l’acquirente di un bene mobile dal debitore esecutato, colui che ha acquistato il bene mobile dal debitore prevale sul creditore procedente in due casi: • se ha conseguito in buona fede il possesso del bene prima del pignoramento (piena applicazione dell’art. 1155 c.c.) • se il suo acquisto risulta da un atto di data certa anteriore al pignoramento ✓ L’art 2915 I comma c.c. dispone che se sul diritto acquistato grava un vincolo di indisponibilità, se il vincolo è trascritto prima della trascrizione dell’atto di acquisto, il vincolo prevale sull’atto di acquisto (beni immobili o mobili registrati); se invece è trascritto prima l’atto di acquisito e poi il vincolo di indisponibilità, allora prevale il primo sul secondo. In caso di beni mobili o universalità di mobili è invece rilevante l’atto di data certa anteriore. L’art. 2915 II comma, dispone che non hanno effetto atti e domanda per la cui efficacia rispetto ai terzi è richiesta la trascrizione, se essi sono trascritti successivamente al pignoramento. Quindi l’eventuale opposizione di terzo sarà rigettata. ✓ Dall’art. 2916 ricaviamo due principi: • Il pignoramento congela le ragioni di prelazione dei vari creditori: nella distribuzione del ricavato si tiene conto solo delle ragioni di prelazione esistenti alla data del pignoramento, quelle sorte dopo il pignoramento non sono opponibili alla massa dei creditori • Il pignoramento non effettua il blocco dei crediti, i quali possono essere fatti valere all’interno del processo di espropriazione anche se sorti dopo il pignoramento ✓ Quando oggetto del pignoramento è un credito, il terzo debitore è obbligato a non adempiere nei confronti del debitore esecutato. Se il terzo adempie nonostante l’intervenuto pignoramento, ex art. 2917 c.c., il pagamento non è opponibile al creditore procedente, ed il terzo debitore è obbligato a corrispondere ugualmente la somma una seconda volta all’esecuzione forzata Analizziamo ora una serie di istituti che si collocano tra il pignoramento e la vendita forzata. ▲ Pignoramento Congiunto: ex. Art. 493 I comma c.p.c. ci può essere un’unica istanza di pignoramento e un solo atto di pignoramento a tutela di più creditori, anche sulla base di titoli esecutivi diversi => le eventuali nullità inerenti alla fase del pignoramento si verificano per tutti ▲ Unione di Pignoramenti: ex art. 523 c.p.c. si ha unione quando più ufficiali giudiziari, separatamente richiesti, si trovano congiuntamente ad effettuare un pignoramento mobiliare. Si ha la stessa disciplina del pignoramento congiunto ▲ Pignoramento Successivo: ex art. 493 II comma c.p.c. (per espropriazione mobiliare), art. 550 (per espropriazione di crediti), art. 561 (per espropriazione immobiliare). Si può avere in tutti i casi in cui l’atto di pignoramento è caducato per vizio proprio, o per carenza originaria di titolo esecutivo, o se il titolo esecutivo su cui è stato fatto il pignoramento venga meno con efficacia ex tunc. Nel caso in cui abbiamo un atto di pignoramento da parte del creditore Caio, seguito da intervento nell’esecuzione di Sempronio e poi dalla vendita del bene pignorato da parte di Tizio, e il pignoramento sia caducato perché dichiarato nullo, oppure perché Caio non era munito di idoneo titolo esecutivo, il processo esecutivo non può andare avanti, e Sempronio dovrà riniziare l’esecuzione, notificando titolo esecutivo e precetto e facendo un nuovo pignoramento, ritardando quindi la sua soddisfazione. Se il debitore esecutato pone in essere un’alienazione in pendenza del processo esecutivo, a seguito di caducazione dell’atto di pignoramento per vizio proprio o per carenza originaria di titolo esecutivo, l’atto di pignoramento originariamente in opponibile a creditore procedente e creditore intervenuto, diventa efficace: Sempronio, che si era limitato ad 23 intervenire nell’esecuzione, non potrà quindi instaurare un nuovo processo esecutivo sullo stesso bene, in quanto esso è stato alienato. Nel caso in cui, invece, Sempronio, anziché un semplice intervento, abbia fatto un successivo pignoramento e Tizio, debitore esecutato, propone le sue opposizioni al giudice dell’esecuzione che decide di caducare l’esecuzione instaurata da Caio, tale caducazione non pregiudica Sempronio, perché ci sono gli effetti del secondo pignoramento da lui effettuato, e quindi egli può proseguire l’esecuzione fondandola sul pignoramento. Il secondo pignoramento non apre un altro processo esecutivo, ma viene unito a quello già in corso, e vale come intervento. ▲ Litispendenza Esecutiva: si possono avere più processi esecutivi contro lo stesso soggetto per lo stesso credito su beni diversi, e più creditori intorno allo stesso bene all’interno di un unico processo esecutivo. Non ci possono invece essere più processi esecutivi per lo stesso bene nei confronti dello stesso esecutato perché non si possono avere più trasferimenti dello stesso bene. ▲ Cumulo dei Mezzi di Espropriazione: il creditore, avendo un titolo esecutivo, può chiedere cumulativamente la tutela dello stesso credito con le varie forme di espropriazione, oppure possono essere fatte più esecuzioni dello stesso tipo su beni diversi. Il cumulo però trova il limite dell’art. 2911 c.c., in base al quale il creditore che ha ipoteca, pegno o privilegio sui beni del debitore non può pignorare altri beni dello stesso debitore e non sottopone ad esecuzione anche i beni gravati da prelazione a suo favore. ▲ Pignoramento nelle mani dell’ufficiale giudiziario (art. 494 c.p.c. I comma): il debitore esecutato può adempiere nelle mani dell’ufficiale giudiziario, e quindi non si ha esecuzione forzata perché si evita il pignoramento. L’ufficiale giudiziario, invece di effettuare il pignoramento, riceve la somma che consegna al creditore. ▲ Denaro Oggetto di Pignoramento (art. 494 III comma c.p.c.): il debitore dà all’ufficiale giudiziario una somma di denaro maggiorata del 20%, che viene percepita dall’ufficiale giudiziario come oggetto di pignoramento. In questo caso la somma non sarà data al creditore, ma versate dall’ufficiale giudiziario nelle casse dell’esecuzione: l’ufficiale deposita quindi il verbale di pignoramento insieme al denaro, il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione e si apre il processo di espropriazione. ▲ Conversione del Pignoramento (art. 495): si ha una sostituzione dell’oggetto del pignoramento. Originariamente sono stati pignorati beni del debitore e successivamente il debitore sostituisce i beni pignorati con una somma di denaro (si realizza quindi ex post il meccanismo dell’art. 494 III comma). Bisogna tenere conto che se ci sono stati interventi di altri creditori, la somma da versare non è calcolata solo sulla base del credito del creditore procedente, ma anche dei crediti dei creditori intervenuti. La conversione può essere fatto da un qualunque soggetto. ▲ Riduzione del Pignoramento (art. 496 c.p.c.): su istanza del debitore o d’ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti, il giudice, sentiti i creditori può disporre la riduzione del pignoramento. Devono essere stati pignorati più beni. Con la riduzione, alcuni beni vengono liberati dal pignoramento e tornano in libera disponibilità del debitore esecutato ▲ Cessazione dell’efficacia del pignoramento (art. 497 c.p.c.): all’avvenuto pignoramento deve seguire in un termine minimo di dieci e massimo di novanta giorni, la richiesta di liquidazione del bene. In caso di espropriazione immobiliare, se si il pignoramento perde efficacia ai sensi dell’art. 497, bisogna procedere anche alla cancellazione della trascrizione del pignoramento ex art. 562 c.p.c., che si effettua trascrivendo un altro atto in cui si dichiara che il pignoramento è divenuto inefficace. Un’altra disciplina inerente alla cessazione dell’efficacia, è quella degli artt. 2688 bis-ter c.c. che estende alla trascrizione del pignoramento la disciplina della trascrizione delle domande giudiziali (ha efficacia per vent’anni, prima della scadenza dei quali la trascrizione deve essere rinnovata, altrimenti perde effetti): se l’esecuzione forzata dura più di vent’anni, prima della scadenza del ventennio della trascrizione del pignoramento, questa deve essere rinnovata, altrimenti la trascrizione del pignoramento perde effetti. L’intervento dei creditori trova il suo fondamento negli artt. 2740 (il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri) -2741 (i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione: privilegio, pegno, ipoteca) c.c. => l’unico meccanismo di distinzione tra i creditori sono le ragioni di prelazioni. 23 Fino alla riforma del 2006 tutti i creditori avevano la possibilità di intervenire nell’esecuzione aperta da uno di essi, per chiedere la soddisfazione del proprio diritto sulla base delle regole previste dal diritto sostanziale. L’art. 499 I comma c.p.c., così come riformato, limita l’intervento a: • chi ha titolo esecutivo, anche successivo al pignoramento • chi, al momento del pignoramento, ha un credito garantito da pegno, prelazione scritta, o sequestro • chi, al momento del pignoramento, è titolare di un credito risultante dalle scritture contabili I creditori che non appartengono a tali categorie non avranno alcuna possibilità di soddisfarsi a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza ex. Art.700 c.p.c., allegando il pregiudizio imminente ed irreparabile, che si concretizza nell’evaporarsi della garanzia patrimoniale del loro debitore. Per intervenire il creditore deve depositare, nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, un ricorso contenente l’indicazione del credito e del titolo di esso, nonché la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata (art. 499 II comma c.p.c.). Se l’intervento si fonda sulle scritture contabili, queste debbono essere allegate all’atto di intervento in copia autentica. Il creditore non munito di titolo esecutivo, e che abbia cmq il potere di intervenire nell’esecuzione ex art. 499 I comma, deve notificare al debitore l’atto di intervento e l’eventuale copia autentica delle scritture contabili. L’art. 499 V e VI comma istituisce una sorta di procedimento per la verificazione del credito per i soli creditori legittimati ad intervenire, ma senza titolo esecutivo: con la stessa ordinanza con cui dispone sulla vendita e sull’assegnazione, il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza dinanzi a sé per la comparizione del debitore e dei creditori non muniti di titolo esecutivo. L’ordinanza è notificata, a cura di una delle parti, ai creditori ed al debitore. All’udienza fissata, se il debitore non compare, o comparendo riconosce l’esistenza di tutto o in parte dei crediti, questi acquisiscono il diritto di essere soddisfatti; se invece i crediti sono tutto o in parte contestati, il creditore ha l’onere di proporre, entro 30 gg, una domanda idonea di munirlo di titolo esecutivo: in tal caso ha diritto all’accantonamento delle somme. Gli effetti dell’intervento sono previsti in generale dai seguenti articoli: • l’art. 500 c.p.c. fa riferimento a due conseguenze dell’intervento: il diritto di prendere parte alla distribuzione del ricavato, ed il diritto di partecipare attivamente al processo esecutivo. Tali conseguenze sono incondizionatamente assicurate ai creditori che intervengono muniti di titolo esecutivo, mentre chi interviene senza titolo può prendere parte alla distribuzione del ricavato solo se verificano le condizioni previste dall’art. 499 VI comma e, pur partecipando all’espropriazione, non ha il potere di compiere gli atti necessari per farla procedere verso la liquidazione del bene pignorato • gli artt. 526-564 stabiliscono che i creditori intervenuti partecipano all’espropriazione e se muniti di titolo esecutivo possono provocarne i singoli atti (di cui il più importante è l’istanza di vendita, che deve essere effettuata in un termine non inferiore a 10 gg e non superiori a 90 gg dal pignoramento, in mancanza della quale il processo esecutivo si estingue) L’intervento dei creditori trova il suo fondamento negli artt. 2740 (il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri) -2741 (i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione: privilegio, pegno, ipoteca) c.c. => l’unico meccanismo di distinzione tra i creditori sono le ragioni di prelazioni. Fino alla riforma del 2006 tutti i creditori avevano la possibilità di intervenire nell’esecuzione aperta da uno di essi, per chiedere la soddisfazione del proprio diritto sulla base delle regole previste dal diritto sostanziale. L’art. 499 I comma c.p.c., così come riformato, limita l’intervento a: • chi ha titolo esecutivo, anche successivo al pignoramento • chi, al momento del pignoramento, ha un credito garantito da pegno, prelazione scritta, o sequestro • chi, al momento del pignoramento, è titolare di un credito risultante dalle scritture contabili I creditori che non appartengono a tali categorie non avranno alcuna possibilità di soddisfarsi a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza ex. Art.700 c.p.c., allegando il pregiudizio imminente ed irreparabile, che si concretizza nell’evaporarsi della garanzia patrimoniale del loro debitore. Per intervenire il creditore deve depositare, nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, un ricorso contenente l’indicazione del credito e del titolo di esso, nonché la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata (art. 499 II comma c.p.c.). Se l’intervento si fonda sulle 23 prelazione anteriore a quello dell’offerente. Se il valore del bene eccede, sull’eccedente concorrono l’offerente e gli altri creditori osservate le cause di prelazione che li assistono” => il valore dell’assegnazione è il maggiore tra il valore di stima del bene e la somma delle spese di esecuzione e dei crediti che hanno prelazione e che sono collocati anteriormente al creditore offerente. Quando, decorsi 10 gg dal pignoramento ed entro 90 gg dallo stesso, viene fatta un’istanza di vendita o di assegnazione, il giudice deve fissare l’udienza per l’audizione delle parti, le quali possono fare osservazioni circa l’assegnazione e circa tempo e modalità della vendita. Le parti devono proporre a pena di decadenza le opposizioni agli atti esecutivi se non sono già decadute dal diritto di proporle. Inoltre, l’emanazione del provvedimento di liquidazione è condizionato dal previo accertamento dell’inesistenza di nullità del processo esecutivo. Se è stata proposta opposizione agli atti esecutivi, prima deve essere risolta questa questione di rito. Se la sentenza rigetta tale opposizione, e quindi si apre la strada alla vendita forzata, le strade possibili sono due: • si aspetta il giudicato • si afferma sufficiente la sentenza di primo ed unico grado, ed irrilevante la sua impugnazione La soluzione più corretta è senz’altro la prima. Nel caso in cui non abbiamo opposizioni agli atti, non si è raggiunto un accordo, o c’è stata sentenza passata in giudicato che rigetta le opposizioni, il giudice dispone con ordinanza la vendita forzata, o l’assegnazione ove possibile, e si attribuisce un valore al bene che è stato pignorato che varia a seconda dei tipi di beni, in quanto assoggettati a diverse modalità di liquidazione: ▲ Vendita mobiliare la disciplina è unitaria per l’espropriazione diretta e per quella di beni mobili che il debitore ha presso terzi, i modi di liquidazione del bene mobile sono essenzialmente due: • vendita a mezzo commissionario: è disciplinata dagli artt. 532-533 c.p.c. Consiste nell’affidare la vendita del bene mobile, previamente stimato da un esperto, per un prezzo minimo stabilito dal giudice, ad un soggetto il quale lo vende a trattativa privata, attraverso un contratto che egli stipula con l’acquirente. L’incarico è normalmente conferito al’istituto vendite giudiziarie, con un'unica eccezione del caso in cui si tratti di beni con caratteristiche peculiari, che consigliano di rivolgersi ad un commerciante specializzato nel settore. Il commissionario ha diritto ad un compenso che stabilisce il giudice stesso, deve documentare la vendita e versare la somma che ha ricavato nelle casse dell’esecuzione. • vendita all’incanto: è disciplinata dagli artt. 534-537 c.p.c. La vendita può essere affidata al cancelliere o all’ufficiale giudiziario, o ad un istituto all’uopo autorizzato. Viene stabilito un prezzo minimo per l’incanto, viene fissata la data dell’incanto, e nei giorni precedenti all’incanto l’incaricato si reca a ritirare i beni mobili dal custode, in quanto la vendita all’incanto dei beni mobili avviene in presenza del bene. L’aggiudicazione è fatta al maggior offerente. Il trasferimento della proprietà avviene al momento di pagamento del prezzo Può darsi che la vendita del bene non abbia luogo in queste due forme, perché non si trova nessuno che offra il prezzo minimo di stima. Si ha così la vendita fallita, cioè la vendita non effettuata per mancanza di offerenti. L’art. 538 c.p.c. prevede due possibilità: • si ha assegnazione del bene, su richiesta di uno o più creditori, per il valore di stima che il giudice ha determinato prima di procedere alla vendita dello stesso • se nessuno chiede l’assegnazione, l’incaricato effettua una seconda vendita all’incanto ad un prezzo base inferiore del 20% rispetto al precedente (non può essere fatta per oggetti d’oro e d’argento, i quali, se invenduti, devono essere coattivamente assegnati per il loro valore intrinseco) In caso di beni mobili registrati, gli art. 534 bis-ter c.p.c., prevedono che il giudice può delegare le operazioni di vendita con incanto o senza incanto, all’istituto di vendite giudiziarie o ad un professionista (notaio, avvocato, commercialista) iscritto nell’apposito elenco presso il tribunale. Si ha la stessa disciplina della vendita su delega degli immobili (art. 591 bis). ▲ Liquidazione dei Crediti come sappiamo, per la perfezione del pignoramento, sono necessarie o una dichiarazione conforme del terzo, oppure una sentenza che accerta l’esistenza del credito pignorato. Perfezionato il pignoramento, si può procedere alla liquidazione del credito, che avviene attraverso il trasferimento del credito dal debitore esecutato che ne è titolare, ad un soggetto diverso, che poi compirà l’attività necessaria per la riscossione. Il trasferimento del credito costituisce una cessione del credito: l’assegnatario è un cessionario che diventa il nuovo titolare del credito; il terzo debitore diventa a sua volta debitore dell’assegnatario, e si 23 applicano tutte le regole della cessione circa l’opponibilità al cessionario delle eccezioni da parte del debitore ceduto, tenendo però presente che in questo caso le eccezioni opponibili dal terzo debitore all’assegnatario non possono contrastare con il contenuto vincolante della dichiarazione o della sentenza. Inoltre il terzo debitore non può opporre all’assegnatario o all’acquirente del credito le eccezioni che non può opporre al creditore procedente. Se il credito pignorato è già scaduto o scade entro 90 gg, l’assegnazione è coattiva. L’art. 553 c.p.c. afferma che l’assegnazione ha luogo pro solvendo: quindi al momento dell’assegnazione non avviene l’estinzione del diritto del creditore assegnatario verso il debitore esecutato, ma tutti e due i diritti rimangono coesistenti fino al momento del pagamento. Nel momento in cui il terzo debitore assegnato paga il suo debito al creditore assegnatario, automaticamente si estingue anche, per la quantità corrispondente, il credito che l’assegnatario vanta nei confronti del debitore esecutato. In caso di credito che scadono oltre i 90 gg, l’art. 553 II comma c.p.c. dispone che i crediti che scadono oltre i 90 gg possono essere assegnati, se i creditori ne fanno domanda, o venduti se nessuno dei creditori chiede l’assegnazione. In questo caso la cessione avviene pro soluto: l’acquirente del credito paga subito, e successivamente va a riscuotere potendo anche trovare che il terzo debitore è insolvente. Anche l’assegnazione è pro soluto. L’assegnatario si trova nella posizione di chi deve curare la riscossione del credito di cui è divenuto titolare: • in caso di assegnazione pro solvendo, curare la riscossione è un onere del creditore assegnatario, il quale non può rendersi inattivo, omettendo di compiere quanto necessario per riscuotere il credito dal terzo assegnato e pretendere poi di mantenere il suo credito nei confronti del debitore esecutato • in caso di assegnazione pro soluto e di vendita, il credito nei confronti del debitore esecutato si è già estinto nel momento dell’assegnazione, per la somma corrispondente al valore dell’assegnazione stessa, quindi è interesse esclusivo dell’assegnatario procedere alla riscossione In entrambi i casi nasce un problema: se il debitore non paga, l’assegnatario deve provvedere alla tutela giurisdizionale del suo diritto di credito, e per poter procedere all’esecuzione forzata nei confronti del terzo debitore, l’assegnatario deve avere un titolo esecutivo. Quindi: • se il debitore esecutato era già munito di titolo esecutivo nei confronti del terzo debitore, l’assegnatario subentra nella possibilità di utilizzare tale titolo esecutivo in qualità di successore del creditore originario • se il debitore non aveva titolo esecutivo, col pignoramento si ottiene un titolo esecutivo spendibile nei confronti del terzo assegnato ▲ Vendita Immobiliare all’istanza di vendita, che il creditore procedente o altro creditore con titolo esecutivo deve depositare entro 90 gg dal pignoramento, deve essere allegata la documentazione prevista dall’art. 567 c.cp.c. (estratto del catasto, certificati di iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei vent’anni anteriori alla trascrizione del pignoramento). A seguito della presentazione dell’istanza, il giudice incarica un esperto della stima del bene, e fissa l’udienza, nella quale dispone la vendita del bene e ne fissa le modalità. Le modalità di liquidazione sono: • vendita senza incanto: consiste in un invito a fare la propria offerta in cancelleria in busta chiusa, che rimane sconosciuta fino all’apertura delle buste. Possono partecipare tutti gli interessati tranne il debitore esecutato. Una forma particolare di offerta è quella fatta per persona da nominare, ad opera di un avvocato: costui può offrire una certa somma senza indicare il soggetto interessato all’acquisto; avvenuta l’aggiudicazione a suo favore, entro 3 gg deve depositare in cancelleria il nome del vero acquirente, altrimenti l’aggiudicazione diviene definitiva a nome dell’avvocato. Con il deposito in busta chiusa si deve versare, a titolo di cauzione, una somma equivalente a 1/10 del prezzo offerto. Quando è scaduto il termine per il deposito in cancelleria delle buste, il giudice dell’esecuzione le apre e vede le offerte effettuate, poi convoca tutte le parti del processo esecutivo e se l’offerta maggiore è superiore di almeno il 20% della stima, l’immobile è immediatamente aggiudicato all’offerente, altrimenti si passa alla vendita all’incanto se il creditore procedente lo chiede o il giudice lo ritiene opportuno. Qualora vi siano più offerte, il giudice dell’esecuzione invita i più offerenti ad una gara sull’offerta più alta. Quando il giudice ritiene di accogliere l’offerta, allora deve emettere due decreti: 23 • con il primo stabilisce le modalità di versamento del prezzo: se il versamento non è effettuato, il giudice provvede alla rivendita all’incanto del bene e la cauzione che aveva versato l’acquirente viene incamerata nelle casse dell’esecuzione; inoltre se nella rivendita, il bene spunta un prezzo minore, per la differenza tra il presso offerto e non pagato e il prezzo minore ottenuto nella rivendita resta obbligato il soggetto offerente ed inadempiente • con il secondo, decreto di trasferimento, laddove l’acquirente versi la somma con le modalità e i tempi previsti nel primo decreto, si chiude il procedimento di liquidazione con l’effetto di trasferire all’acquirente il diritto pignorato al debitore • vendita all’incanto: inizia con il bando di vendita, ex art. 576 c.p.c., soggetto a pubblicità. Il bando stabilisce ora e giorno i cui, nell’udienza pubblica, in presenza del giudice, si procederà alla vendita. I soggetti che possono partecipare sono gli stessi della vendita senza incanto. All’udienza il giudice procede alla vendita all’incanto: ciascun soggetto legittimato a partecipare fa oralmente la sua offerta; trascorsi 3 minuti dall’ultima offerta senza che ne siano fatte di maggiori, il bene viene aggiudicato all’ultimo offerente. L’art. 584 stabilisce che entro 10 gg dall’incanto, possono essere fatte delle offerte in aumento di almeno un quinto del prezzo raggiunto nell’aggiudicazione: il giudice convoca i nuovi offerenti e l’aggiudicatario della gara e procede nel modo sopra visto. L’offerente all’incanto, o il vincitore della gara, deve versare il prezzo nel modo stabilito dal bando di vendita: se non versa il prezzo nel termine stabilito, si producono le stesse conseguenze della vendita senza incanto (se il versamento non è effettuato, il giudice provvede alla rivendita all’incanto del bene e la cauzione che aveva versato l’acquirente viene incamerata nelle casse dell’esecuzione; inoltre se nella rivendita, il bene spunta un prezzo minore, per la differenza tra il presso offerto e non pagato e il prezzo minore ottenuto nella rivendita resta obbligato il soggetto offerente ed inadempiente). Se il versamento viene effettuato il giudice emette il decreto di trasferimento, con cui si dispone la cancellazione del pignoramento e delle iscrizioni ipotecarie. Un’importante novità introdotta dalla riforma del 2006, riguarda la possibilità che l’aggiudicatario finanzi il proprio acquisto mediante mutuo ipotecario: in questo caso, mutuante e mutuario possono stabilire, a garanzia del mutuante, che le somme siano versate all’esecuzione contestualmente all’iscrizione dell’ipoteca; se questo accade la trascrizione del decreto di trasferimento deve essere contestuale al’iscrizione ipotecaria. Il decreto di trasferimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio, cioè per ottenere la consegna del bene acquistato: per questo il decreto contiene l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto. Ex art. 588 c.p.c. ciascun creditore può chiedere l’assegnazione del bene immobile, per la somma maggiore tra il valore del bene secondo stima da un lato, e dall’altro i crediti e le spese di giustizia aventi prelazione anteriore al richiedente. L’istanza di assegnazione deve essere avanzata dal creditore almeno 10 gg prima della data fissata per l’incanto, per l’ipotesi in cui esso fallisca. Se non si provvede all’assegnazione, il giudice può provvedere in due modi: • dispone una nuova vendita all’incanto: il giudice può stabilire nuove condizione di vendita, oppure fissare un prezzo base inferiore del 25% al precedente. Non si procede direttamente ad un nuovo incanto, ma si ripercorre tutto l’iter. • dispone l’amministrazione giudiziaria del bene immobile, in due casi: • quando il bene produce dei frutti tali da poter soddisfare i creditori: il bene viene affidato al custode, il quale lo gestisce, ne prende i frutti, e se con essi si soddisfano tutti i creditori, l’amministrazione giudiziaria cessa e il bene viene restituito al debitore, altrimenti entro 3 anni bisogna procedere ad ulteriore vendita • se nel mercato è un momento in cui le offerte di acquisto sono scarse, il giudice può decidere di aspettare che il mercato si rialzi. Vediamo gli effetti della vendita. • Ex art. 2919 c.c., la vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettano a colui che ha subito l’espropriazione. Si ha quindi un acquisto a titolo derivativo: la misura dell’acquisto è determinata dalla misura del diritto sul dante causa. Inoltre si ha inopponibilità dei diritti dei terzi al creditore pignorante e ai creditori intervenuti. Dobbiamo specificare, però, che il richiamo ai creditori intervenuti indica che in certi casi alcuni diritti di terzi, opponibili al creditore pignorante, sono in opponibili ad altri creditori che intervengono nell’esecuzione. A tal proposito, 23 Il debitore ha sempre interesse ad agire, anche quando dall’accoglimento della contestazione non deriva un residuo. Può: • agire in ripetizione dell’indebito • contestare la sussistenza e l’ammontare dei crediti di tutti i creditori, in quanto egli ha diritto di estinguere i debiti effettivamente esistenti e non quelli inesistenti; Non potrà invece contestare l’esistenza delle ragioni di prelazione. Vediamo invece le contestazioni che possono sollevare i creditori l’uno nei confronti dell’altro: • ragioni di prelazione • ammontare dei crediti degli altri creditori e la sussistenza di essi, con le stesse difese previste per il debitore • frode, nullità o simulazione di atti tra creditore contestato e debitore: in questo caso agisce iure proprio ed è svincolato da quegli atti. Il creditore deve avere interesse ad agire, cioè ricavare un vantaggio concreto dall’accoglimento della contestazione. Spetta al creditore contestato provare i fatti costitutivi del diritto vantato, mentre il contestante deve dimostrare i fatti modificativi, impeditivi, ed estintivi di quel diritto. Le parti necessarie nel processo ex art. 512, sono tutti i soggetti che, se la contestazione è accolta, vedono modificato nei loro confronti il piano di riparto. In pendenza del processo di cognizione con oggetto la contestazione, il processo esecutivo può essere totalmente (quando la contestazione riguarda tutta la distribuzione, e quindi viene modificato il piano di riparto di tutti i creditori) o parzialmente (quando vi sia una somma non controversa) sospeso. In due ipotesi il processo esecutivo è in parte modificato in conseguenza della particolarità del caso concreto: • espropriazione dei beni indivisi tra gli elementi attivi del patrimonio con cui il debitore risponde delle obbligazioni, esiste la contitolarità di un diritto reale espropriabile: proprietà, nuda proprietà. Enfiteusi, superficie, usufrutto. Se esiste un titolo esecutivo nei confronti di tutti i contitolari di quel diritto, oppure quando non vi è unico titolo esecutivo, ma si ha assoggettabilità all’espropriazione di tutti i contitolari, il processo di espropriazione si svolge nei modi ordinari, con la sola particolarità di avere più soggetti => espropriazione congiunta Quando non tutti contitolari del diritto sono assoggettabili all’espropriazione, cioè quando non esiste un titolo esecutivo nei confronti di tutti i contitolari di quel diritto, la quota del soggetto nei cui confronti sussiste il titolo esecutivo può essere sottoposta ad espropriazione => espropriazione della quota. In questo caso titolo esecutivo e precetto si notificano al solo debitore contitolare del diritto assoggettabile all’espropriazione. Si effettua poi il pignoramento nelle forme ordinarie nei confronti del debitore esecutato: il creditore pignorante però deve dare avviso agli altri contitolari, dell’avvenuto pignoramento. I contitolari sono considerati parti del processo esecutivo. Essi sono convocati dal giudice insieme al debitore e al creditore. Ex art. 600 c.p.c. il giudice provvede, se i creditori o i contitolari lo chiedono e quando è possibile, alla separazione in natura della quota spettante al debitore, ove il bene sia fungibile. Se il bene è infungibile, e quindi non si può avere separazione in natura, il giudice se ritiene più fruttuosa la vendita della quota indivisa, dispone la vendita nelle varie forme previste a seconda che si tratti di mobili o immobili, e l’aggiudicatario subentra al posto dell’esecutato nella contitolarità del diritto; oppure se ritiene che la vendita sia infruttuosa può disporre la divisione giudiziale del bene, che si opera con processo di cognizione, nel litisconsorzio necessario di tutti i condividenti e del creditore pignorante. Durante il processo di divisione del bene, il processo esecutivo è sospeso automaticamente dal momento in cui è proposta la domanda di divisione fino al momento in cui non sia intervenuto un accordo fra le parti oppure venga emessa una sentenza di primo grado passata in giudicato oppure una sentenza di appello. • espropriazione contro il terzo proprietario è prevista dall’art. 602 c.p.c. per due ipotesi: ✓ quando il bene è gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui. Tale ipotesi può verificarsi per due fattispecie previste dall’art. 2808: • il debitore concede ipoteca o pegno su un bene che fa parte del suo patrimonio, e successivamente lo aliena ad un terzo => l’ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriazione anche nei confronti del terzo che acquista i beni vincolati a garanzia del suo credito (diritto di sequela) 23 • ipotesi del terzo datore di pegno o di ipoteca => l’ipoteca può essere concessa ad un terzo a garanzia di un debito altrui In entrambi i casi, il terzo datore e il terzo acquirente non sono personalmente obbligati: non sono tenuti ad adempiere, ma semplicemente a sopportare che l’espropriazione si svolga sul loro bene ✓ quando si tratta di un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode. Il riferimento è l’azione revocatoria e tutte le altre ipotesi simili. In tutti questi casi si ha una situazione simile a quella che si ha in seguito all’alienazione del bene oggetto di pegno o ipoteca: il terzo acquirente in base all’atto revocato continua ad essere proprietario del bene nei confronti di tutti, anche nei confronti del creditore, ma è soggetto al potere espropriativo di costui. Il terzo acquirente in virtù di un atto revocato a tutti gli effetti non è debitore, perché non deve nulla al creditore, ma deve solo subire l’espropriazione che va ad incidere sul suo patrimonio. Vediamo il processo esecutivo contro il terzo proprietario. L’art. 603 c.p.c. stabilisce che “titolo esecutivo e precetto” devono essere notificati al terzo (ovviamente è fatto precetto di pagare solo al debitore). Ex art. 2858 c.c., il terzo acquirente dei beni ipotecati che ha trascritto il titolo di acquisto e che non è personalmente obbligato può a sua scelta: • pagare, adempiendo l’obbligo altrui: il terzo proprietario si sostituisce, quindi, nei diritti del creditore e può recuperare la somma nei confronti del debitore, il cui debito è estinto • chiedere la liberazione dei beni dalle ipoteche • rilasciare il bene ai creditori Se non prende nessuna di queste posizioni, il terzo proprietario assume la posizione di esecutato. Un’altra particolarità riguarda la distribuzione del ricavato: l’ordine è diverso da quello ordinario. Infatti i creditori che possono intervenire nell’espropriazione contro il terzo proprietario sono i creditori di questo e non del debitore. L’ordine sarà quindi il seguente: • creditore ipotecario o che ha ottenuto la revoca dell’atto • creditore del terzo privilegiati, chirografari tempestivi e tardivi • se avanza un residuo questo sarà consegnato al terzo e non al debitore Il terzo proprietario può, con l’opposizione all’esecuzione, contestare il diritto del creditore istante di procedere all’esecuzione forzata, e avrà tutti gli strumenti di difesa propri del debitore. Il terzo può contestare: • che sussista ipoteca o pegno, oppure che l’azione revocatoria sia stata accolta con sentenza • che sussista l’obbligo garantito, e quindi il credito che l’ipoteca vuole garantire. Se il terzo trascrive il suo titolo di acquisto prima della proposizione, da parte del creditore, della domanda di condanna del debitore, la pronuncia è utilizzabile come titolo esecutivo contro il terzo proprietario, ma la sentenza non è per lui vincolante; se il terzo proprietario si oppone all’esecuzione, il creditore non può avvalersi, in sede di opposizione all’esecuzione, dell’efficacia preclusiva della sentenza emessa contro il debitore, ma dovrà dimostrare ex novo la sussistenza del credito garantito. Terminato l’esame dell’espropriazione forzata, dobbiamo ora analizzare l’esecuzione in forma specifica. Essa si ha in tutti i casi in cui il diritto del creditore può essere realizzato nella sua identità specifica, e cioè mediante la consegna del bene o il compimento delle attività che ne costituisce lo specifico oggetto. Il diritto in gioco è uno soltanto, cioè quello individuato nel titolo esecutivo, e del quale si chiede la tutela giurisdizionale esecutiva. Tutti gli obblighi aventi per oggetto una cosa determinata sono suscettibili di tutela esecutiva in forma specifica: stabilito che il diritto esiste, non ne può essere esclusa una tutela in forma specifica. Sono due i tipi di esecuzione in forma specifica previsti dal Codice: B. Esecuzione per consegna o rilascio C. Esecuzione per obblighi di fare B) ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO Ex art. 2930 c.c., ha lo scopo di trasferire il potere di fatto sul bene, identificato nel titolo esecutivo, da colui che esercita attualmente tale potere i fatto a colui che ha diritto di esercitarlo: si ha quindi il trasferimento della detenzione materiale del bene da colui che 23 ha lo ius possesionis a colui che ha lo ius possidendi. Tale trasferimento non opera alcuna modificazione della situazione sostanziale, che ha come oggetto il bene rispetto al quale si opera il trasferimento: viene modificato solo il potere di fatto. I titoli esecutivi che formano questo tipo di esecuzione, ex art. 474 III comma c.p.c., sono: • sentenze, provvedimenti e gli altri atti a cui la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (tra cui anche il verbale di conciliazione giudiziale) • atti pubblici L’ordine di rilascio ha efficacia erga omnes: il titolo esecutivo ha efficacia contro chiunque, nel momento in cui l’esecuzione si svolge, si trovi ad esercitare il potere di fatto sul bene. Tutte le volte in cui l’ufficiale giudiziario trova il bene nella materiale disponibilità di un soggetto diverso da colui che è obbligato alla consegna o rilascio secondo il titolo, l’esecuzione deve ugualmente avere luogo, anche in pregiudizio del terzo, salve le difese di quest’ultimo nelle sedi opportune. Il creditore deve individuare come parte esecutata il soggetto verso cui effettivamente si producono gli effetti dell’esecuzione: se poi chi ha potere di fatto sul bene è esecutabile, l’esecuzione è processualmente lecita; se colui, verso cui l’esecuzione produrrà i suoi effetti, non è soggetto all’efficacia del titolo esecutivo, l’esecuzione può essere da costui efficacemente ostacolata con opposizione all’esecuzione, in conseguenza dell’accoglimento della quale, occorrerà che il creditore si procuri un titolo esecutivo contro tale soggetto. Vediamo il procedimento per consegna o rilascio. Ex art. 605 c.p.c., il precetto deve contenere la descrizione del bene, che di per sé è già contenuta nel titolo esecutivo. Unico soggetto dell’ufficio esecutivo necessariamente presente all’esecuzione per consegna o rilascio è l’ufficiale giudiziario: il giudice dell’esecuzione rimane inattivo finchè non è chiamato ad intervenire. La consegna del bene avviene ex art 606 c.p.c.: l’ufficiale giudiziario ricerca il bene dove si trova. Il rilascio del bene immobile avviene ex art. 608 c.p.c.: deve essere dato all’esecutato, almeno dieci giorni prima, il preavviso del giorno e dell’ora in cui avverrà l’immissione in possesso. Con la notifica del preavviso di rilascio, ha inizio l’esecuzione forzata. Poiché, dopo a notificazione del precetto, l’istante ha un termine di 90 gg per iniziare l’esecuzione, è sufficiente la notificazione del preavviso di rilascio per impedire la perenzione del precetto. L’ufficiale giudiziario ingiunge all’esecutato di astenersi dall’esercitare il potere di fatto e immette l’avente diritto nel possesso del bene: se l’esecutato non è presente bisogna notificargli l’atto di ingiunzione. Nel caso in cui la detenzione corpore del bene non sia attualmente dell’esecutato, ma di detentori che esercitano il potere di fatto dell’esecutato, laddove l’avente diritto vuole anche la detenzione corpore del bene, situazione quindi incompatibile con quella dei terzi conduttori, deve agire esecutivamente contro di loro: non si applica quindi l’ultima parte dell’art. 608 II comma c.p.c. “ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore”, in quanto il procedente vuole ottenere la detenzione corpore del bene estromettendone i detentori. Quella disposizione si applica quando il bene è in parte nella detenzione corpore dell’esecutato, in parte nella detenzione di terzi: l’esecuzione avrà quindi luogo contro l’obbligato secondo il titolo esecutivo per la parte del bene di cui egli ha la detenzione corpore, e in parte avviene con l’ingiunzione al terzo debitore => per la parte del bene sulla quale l’obbligato ha il potere di fatto, si ha esecuzione per rilascio; per la parte di cui l’obbligato ha solo possesso formale si ha ingiunzione ai detentori di riconoscere il nuovo possessore. Ex art. 610 c.p.c., le parti possono interpellare il giudice dell’esecuzione solo per farlo intervenire nella determinazione di ciò che l’ufficiale giudiziario deve fare per proseguire l’esecuzione forzata. Le spese dell’esecuzione sono anticipate dalla parte istante e sono a carico dell’esecutato, e comprendono, oltre alle spese vive, anche i diritti e gli onorari dell’avvocato del creditore (novità introdotta dalla riforma del 2006: prima la liquidazione dei diritti e gli onorari di avvocato avveniva previo provvedimento di ingiunzione, ora si ha con decreto del giudice dell’esecuzione). C. ESECUZIONE PER OBBLIGHI DI FARE Gli artt. 2931 e 2933 c.c. forniscono i profili generali di tale esecuzione. Ex art. 2933 II comma “non può essere ordinata la distruzione della cosa e l’avente diritto può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa è di pregiudizio all’economia nazionale”: il titolo esecutivo che contiene la condanna alla distruzione del bene, ha già superato questo ostacolo in quanto spetta al giudice valutare se la distruzione è di pregiudizio all’economia nazionale. L’attuazione della tutela esecutiva non modifica le situazioni sostanziali esistenti sul bene. Anche i verbali di conciliazione giudiziale sono titoli esecutivi idonei all’esecuzione per obblighi di fare. 23 Bisogna innanzitutto stabilire se l’esecuzione forzata è iniziata: • l’opposizione proposta prima dell’inizio dell’esecuzione (cd opposizione a precetto) si propone con un ordinario atto di citazione di fronte al giudice competente per materia o valore con riferimento al diritto sostanziale del quale si richiede la tutela esecutiva • se l’esecuzione ha già avuto inizio, ex art. 615 II comma c.p.c., l’opposizione è proposta con ricorso che si deposita nella cancelleria del giudice dell’esecuzione e che successivamente è portato a conoscenza delle parti interessate, insieme al decreto con cui il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza di comparizione innanzi a sé. In tale udienza il giudice dovrà dare risposta sull’eventuale domanda di sospensione che l’opponente abbia avanzato, e individuare il giudice competente a decidere del merito della domanda di opposizione: • competenza verticale è valutata con riferimento al diritto di cui è chiesta la tutela • competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui si svolge l’esecuzione Se competente è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione è competente, il giudice dell’esecuzione assegna un termine perentorio per l’introduzione del giudice di merito. La legittimazione a proporre l’opposizione all’esecuzione spetta sempre all’esecutato e cioè al debitore e al terzo proprietario. Può anche essere proposta in via surrogatoria da un creditore dell’esecutato nell’inerzia di quest’ultimo. La controparte è il creditore procedente: i creditori già intervenuti quando viene proposta l’opposizione, sono litisconsorti necessari solo se muniti di titolo esecutivo. Se viene accolta l’opposizione all’esecuzione, questa travolge gli interventi dei creditori, che sebbene muniti di titolo esecutivo, non hanno effettuato un pignoramento autonomo sul bene: si ha allora la chiusura del processo esecutivo anche verso e in pregiudizio del creditore intervenuto. I creditori intervenuti senza titolo esecutivo possono partecipare al processo di opposizione in via di intervento volontario adesivo-dipendente. Il processo di opposizione all’esecuzione è un ordinario processo di cognizione in cui si realizza un’inversione dell’iniziativa processuale: mentre solitamente l’iniziativa processuale è di colui che afferma l’esistenza del diritto e ne chiede la tutela, qui è di colui che nega l’esistenza del diritto. Questo implica che colui che afferma l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata è il creditore opposto, mentre chi nega l’esistenza di tale diritto è il debitore esecutato opponente: è quindi il creditore procedente, convenuto opposto, a dover dimostrare i fatti costitutivi del diritto, ed è il debitore esecutato, attore opponente, a dover dimostrare i fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto del creditore. Se si contesta il diritto a procedere ad esecuzione forzata, perché si nega l’esistenza del diritto sostanziale da tutelare, l’atto, che ha efficacia di titolo esecutivo, ha anche una qualche efficacia di accertamento dell’esistenza del diritto. Il creditore opposto può proporre una domanda riconvenzionale avente ad oggetto lo stesso diritto, oppure un diritto connesso con quello di cui era stata chiesta la tutela esecutiva: ciò accade spesso coi titoli esecutivi stragiudiziali. L’accoglimento dell’opposizione, accompagnato dall’eventuale accoglimento della domanda riconvenzionale, non fa salva l’esecuzione: il creditore procedente, soccombente nella domanda di opposizione, e vittorioso nella domanda riconvenzionale, può tutelarsi esecutivamente, ma deve iniziare da capo l’esecuzione, perché il titolo esecutivo deve sussistere dall’inizio alla fine dell’esecuzione, ed il nuovo titolo si forma solo al momento dell’accoglimento della domanda riconvenzionale e l’esecuzione in corso è caducata. La sentenza che rigetta l’opposizione, afferma l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata; la sentenza che accoglie l’opposizione nega l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata. L’accoglimento dell’opposizione impedisce la prosecuzione del processo esecutivo e caduca gli effetti degli atti già compiuti ed ha inoltre un effetto preclusivo, di accertamento, in relazione al quale è determinante il motivo per cui l’opposizione è stata accolta: • se è dichiarata l’impignorabilità del bene, la pronuncia libera il bene dal vincolo del pignoramento, ma non impedisce la prosecuzione del processo di espropriazione per gli altri beni, eventualmente sottoposti ad esecuzione • se è dichiarata l’inefficacia del titolo esecutivo, l’esecuzione è caducata, ma il creditore potrà instaurare un nuovo processo esecutivo, a tutela dello stesso diritto sostanziale • se è dichiarata inesistente la situazione sostanziale, di cui si è richiesta tutela esecutiva, la sentenza ha l’efficacia preclusiva di una normale pronuncia di merito. 23 Opposizione agli atti esecutivi E’ lo strumento col quale si risolvono le controversie relative alla conformità degli atti del processo esecutivo alle prescrizioni normative che li disciplinano. Si contesta il “come” (quomodo) dell’esecuzione. E’ un processo di cognizione incidentale al processo esecutivo. Oggetto di tale opposizione può essere: • regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto • regolarità formale della notificazione del titolo e del precetto • regolarità formale dei singoli atti di esecuzione Ex art. 617 II comma c.p.c., l’opposizione agli atti esecutivi deve essere proposta entro 20 gg dal momento in cui la parte è venuta a conoscenza dell’atto viziato. Dobbiamo però distinguere tra: • nullità formali: danno luogo ad un vizio dell’atto, rilevabile solo dalla parte interessata, e dal giudice solo nei casi previsti dalla legge. La mancata proposizione dell’opposizione agli atti nel termine previsto determina la sanatoria del vizio dell’atto processuale e di quelli successivi dipendenti. • nullità extraformali: sono rilevabili d’ufficio. Tutti gli atti del processo sono viziati autonomamente: nascono inficiati da un vizio originario, in quanto posti in essere in carenza di un presupposto processuale. Non si ha quindi la sanatoria prevista per le nullità formali. L’ufficio se rileva una nullità, deve rifiutare di emettere il provvedimento che gli viene richiesto. La parte interessata, di fronte alla nullità rilevabile ma non in concreta rilevata d’ufficio, può proporre opposizione agli atti esecutivi, oppure fare un’istanza al giudice perché modifichi o revochi il provvedimento che ha emesso: l’istanza non è più possibile quando il provvedimento ha avuto esecuzione. E’ possibile proporre opposizione agli atti esecutivi, nei confronti di ciascun atto successivo del processo esecutivo, finquando il vizio è rilevabile. Legittimati a proporre opposizione agli atti, sono tutti coloro parti del processo, con esclusione di colui che ha compiuto l’atto e la parte che vi ha rinunciato (solo per le nullità rilevabili d’ufficio). La nullità può essere fatta valere dalla parte che non vi ha dato causa e che non vi ha rinunciato solo se essa lede in concreto la sua posizione giuridica. Vediamo il procedimento. L’opposizione è proposta, prima dell’inizio dell’esecuzione, con citazione, dinanzi al tribunale, che è sempre competente per materia, che ha sede nel comune ove l’istante ha eletto il domicilio, o, in mancanza di elezione del domicilio, al tribunale del luogo dove è stato notificato il precetto. L’opposizione è proposta, dopo l’inizio dell’esecuzione, con ricorso depositato nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, che fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti dinanzi a sé e dà un termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto alle altre parti. In caso di urgenza, il giudice dà i “provvedimenti indilazionabili”, e può anche sospendere il processo esecutivo: ove il vizio di nullità sia sanabile, il giudice può disporne la sanatoria; ove sia insanabile, e l’opposizione è ritenuta fondata, dispone la sospensione del processo esecutivo. Una volta pronunciati tali provvedimenti, l’opposizione si autonomizza dal processo esecutivo: il giudice dell’esecuzione fissa un termine per l’introduzione del giudizio di merito. A seguito dell’iscrizione della causa a ruolo, il presidente del tribunale provvede alla nomina di un giudice istruttore, che non sia giudice di esecuzione. La sentenza che decide l’opposizione agli atti esecutivi è impugnabile ex art. 618 c.p.c. con Ricorso per Cassazione. Per quanto riguarda gli effetti della sentenza: • la sentenza di rigetto accerta la validità dell’atto esecutivo e ne produce la stabilità, e nelle ipotesi di nullità extraformali, la sentenza forma giudicato anche sul motivo posto a fondamento della nullità dell’atto e che è stato ritenuto insussistente da parte del giudice dell’opposizione • la sentenza di accoglimento dichiara l’invalidità dell’atto opposto, ed accerta la sussistenza del motivo dell’invalidità di tale atto, e se tale invalidità colpisce tutti gli atti successivi, il processo esecutivo si chiude. Opposizione di terzo Può essere proposta dal terzo che, ex art. 619 c.p.c., “pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati”. Trova applicazione quando il bene è legittimamente acquisito al processo esecutivo, ma gli effetti sostanziali non possono operare in relazione al bene ignorato, perché colui che subisce l’esecuzione non ha sul bene alcun diritto alienabile. Il terzo in questione è colui che non è esecutato e che come tale non risente degli effetti dell’espropriazione forzata. 23 Il diritto del terzo, per essere opponibile al creditore procedente, può trovare la sua fattispecie costitutiva in: • titolo d’acquisto originario (es. usucapione) • titolo d’acquisto derivato da un soggetto diverso dal debitore Quando viene proposta opposizione di terzo, bisogna tener conto degli effetti del pignoramento, in quanto essa non può essere fondata su diritti derivanti da atti in opponibile al creditore procedente: il diritto del terzo, se è opponibile al creditore, può fondare una vittoriosa opposizione di terzo e, a vendita avvenuta, è opponibile anche all’aggiudicatario. L’art. 2915 II c.c., prevede un’altra ipotesi di opposizione di terzo: il conflitto tra la trascrizione di una domanda giudiziale e la trascrizione di un pignoramento: l’attore quando si accorge che è già stato trascritto un pignoramento, deve estendere il contraddittorio al creditore procedente, in modo da ottenere una pronuncia che faccia stato anche nei suoi confronti, in quanto parte del processo e non più terzo: • in caso di avente causa per diritto sostanziale, l’estensione del contradditorio è attuabile col semplice litisconsorzio facoltativo passivo, o con la chiamata in causa del sub acquirente • in caso di creditore pignorante occorre creare il contraddittorio all’interno del processo esecutivo mediante l’opposizione di terzo, proponendo la domanda con ricorso al giudice dell’esecuzione. Talvolta il proponente non fa valere il diritto di proprietà, ma propone un’impugnativa negoziale, ma l’art. 619 c.p.c. prevede che il terzo deve fondare la propria opposizione sulla proprietà o un altro diritto reale. Quindi il terzo deve dimostrare in ogni caso di essere titolare di un diritto reale, oppure in certi casi è sufficiente anche fondare l’opposizione su un diritto diverso? Si fa chiaramente riferimento ai diritti di restituzione, che trovano la loro origine in due fattispecie: • la controparte ha avuto il bene in attuazione di un rapporto • il rapporto è venuto meno per una causa fisiologica o patologica Ora, finchè il bene è posseduto da colui che è obbligato alla restituzione o dai suoi eredi, è possibile ottenerne la restituzione semplicemente dimostrando che il bene è stato consegnato in attuazione di quel rapporto e che, esaurito il rapporto stesso, il bene deve essere restituito; quando invece il possesso del bene è passato ad un terzo, bisogna ricorrere alla domanda di rivendicazione, accollandosi il relativo onere della prova. Possiamo sicuramente dire che l’art. 619 non va interpretato alla lettera come se solo la proprietà o altro diritto reale fossero idonei a fondare l’opposizione di terzo, anzi è sufficiente far valere anche un diritto di restituzione, poiché dal punto di vista sostanziale tale diritto non si trova in contrasto con gli effetti del pignoramento, in quando il possesso del bene è tolto all’esecutato, ma è conservato dall’esecuzione e non è acquisito da alcuno che possa opporre ciò che invece può opporre il terzo che possiede il bene nei confronti di un’azione di restituzione. L’opposizione di terzo deve presentare un’altra caratteristica: il diritto sul quale il terzo fonda la sua opposizione, deve essere incompatibile con il diritto oggetto del pignoramento: il terzo vuole sottrarre all’esecuzione i beni sui quali vanta un diritto incompatibile con l’esecuzione stessa. Vediamo il procedimento. L’opposizione si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione, ed è quindi successiva al pignoramento, prima del quale il terzo non può lamentare alcun pregiudizio. Presentato il ricorso il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti ed il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto. Parti necessarie sono il creditore procedente ed i creditori intervenuti con titolo esecutivo, per le stesse ragioni dell’opposizione all’esecuzione. All’udienza dinanzi al giudice le parti possono raggiungere un accordo, che potrà prevedere o la prosecuzione dell’espropriazione, o la cessazione della stessa. Se l’accordo non viene raggiunto, si ha lo stesso svolgimento dell’udienza in sede di opposizione all’esecuzione. Il giudice si pone i problemi di competenza, se l’ufficio è competente il giudice dell’esecuzione istruisce la causa, altrimenti la rimette al giudice di pace competente; territorialmente è competente sempre il giudice del luogo dell’esecuzione. Il processo di opposizione di terzo è un ordinario processo di cognizione. Il momento finale per proporre l’opposizione è la vendita forzata, con l’eccezione prevista per i beni mobili dall’art.620, per cui può essere proposta opposizione anche dopo la vendita. Se l’opposizione del terzo è proposta tempestivamente, e la vendita ha ugualmente luogo perché il giudice non sospende l’esecuzione, il processo di opposizione prosegue con effetti anche verso l’aggiudicatario. Per quanto riguarda l’onere della prova, dobbiamo distinguere: • per i beni immobili, ove l’opponente faccia valere un diritto reale sugli stessi, si applicano le regole ordinarie delle azioni di rivendicazione e di mero accertamento della proprietà, nonché delle azioni restitutorie: se possessore del bene immobile pignorato è l’esecutato, l’onere del terzo 23
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