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Follia, psicosi, paranoia. Percorsi di oscurità nella letteratura italiana moderna, Appunti di Letteratura Italiana

Sbobine corso Letteratura italiana tenuto da Valentino Baldi a.a. 2022/2023 in sede Unistrasi

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 20/10/2023

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paola-randazzo-papa 🇮🇹

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Scarica Follia, psicosi, paranoia. Percorsi di oscurità nella letteratura italiana moderna e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LETTERATURA ITALIANA LEZIONE 1 2022.10.04 TORQUATO TASSO TASSO, IL CARCERE, LA PSICOSI Questo è un estratto di una lettera che Torquato Tasso ha inviato ad un suo corrispondente a Roma, Maurizio Cattaneo, da un luogo che è divento mitico nella letteratura occidentale, il luogo si chiama Sant’Anna, nella città di Ferrara ed era quello che oggi definiremo un manicomio, un carcere un lazzaretto. Un luogo di reclusione in cui Tasso passa sette anni della sua vita, dal 1579 al 1586. Due anni prima nel 1577, il Sant’Anna aveva inaugurato una sezione per le malattie psichiche; quindi, Tasso sarà uno dei primi visitatori di questa prigionia. Tasso si trova lì a causa delle offese che aveva fatto al duca di Ferrara, Alfonso II d’Este, aveva fatto irruzione al suo matrimonio offendendo lui e la sua sposa, questa fu la goccia che fece traboccare il vaso, dato che Tasso ne aveva combinate altre, per esempio, aveva accoltellato un servo perché era sicuro che lo stesse spiando, un guardone che seguiva i suoi spostamenti. Ricordiamo un altro episodio in cui si autodenunciò al tribunale dell’inquisizione, ma non contento della risposta del tribunale di Venezia, si denuncia una seconda volta al tribunale dell’inquisizione di Roma. Queste pagine delle lettere del 1581, quando ancora Tasso ci aveva passato solo due anni, sono parte di un corpus enorme di lettere, “Le lettere di Torquato Tasso”, che risale alla metà dell’800 e sono le lettere curate da uno studioso, Grassi, che ha raccolto tutte le lettere di Tasso. A Tasso, nonostante fosse rinchiuso in una prigionia, fu presto concesso di scrivere e leggere, cosa che molti storici considereranno come una grande concessione. Quello che abbiamo davanti e uno dei documenti su cui si è fondata la fortuna letteraria di Tasso e la “leggenda” di Torquato Tasso. Cioè di un poeta che soprattutto nel periodo Romantico è considerato come l’artista di genio e di follia, Tasso pazzo, folle, rinchiuso, maniaco, come metafora di un’artista folle, geniale, capace di scrivere dei capolavori ma di avere una vita non convenzionale, un po’ la metafora di quei poeti maledetti francesi che faranno di Tasso uno dei loro riferimenti: Baudelaire, Rambaud. Tasso è diventato una leggenda internazionale proprio per l’intreccio tra genio creativo, follia e instabilità mentale. Questo tipo di lettura ancora oggi genera interesse perché le particolarità di Tasso sono tante: quella di aver scritto alcune opere decisive per la letteratura italiana (Gerusalemme liberata), quella di aver lasciato una testimonianza scritta enorme dei propri stati mentali alterati: Tasso lamenta di sentire alcune voci, “Pavolo, Giacomo, Girolamo, Francesco”, ma anche dei rumori, tintinni di catene o topi. Tasso dice che i topi sono indemoniati, dice che c’è un demonio, un mago, un diavolo che gli ha fatto un maleficio che gli fa 1 sentire e vedere queste cose. In altre lettere si lamenterà della presenza di folletti diabolici che gli rubano i fogli su cui scriveva e lettere e le opere. Ci lascia una sorta di commentario molto razionale della sua follia, razionale perché è descritto in modo comprensibile, però quello che dice e quello che pensa sono allucinazioni, visioni, sogni che lui crede reali, infatti “naturalmente”, ”veramente”, ”realmente”, sono gli avverbi che ricorrono più spesso in queste lettere dal carcere. Da una parte Tasso è consapevole di avere delle allucinazioni, dall’altra dice che lui vede veramente quelle cose. Genio creativo da una parte, folle visionario, ma capace di raccontarlo lucidamente dall’altra. Anche nella critica letteraria nasce e si sviluppa il “mito” di Tasso. GERUSALEMME LIBERATA Ci riferiamo all’edizione che leggiamo oggi, quella pubblicata illegalmente nel 1581, perché Torquato era ancora alle prese con ratti, diavoli e folletti; quindi, non poteva presenziare alla pubblicazione della sua opera che venne stampata a Venezia. Nel tredicesimo canto della “Gerusalemme liberata”, l’eroe, Tancredi, fa irruzione nella selva di Saron. Tancredi ha ucciso con le proprie mani e con la propria spada l’amata, guerriera dell’esercito avversario, Clorinda e poco prima che questa spirasse le ha somministrato anche il battesimo per salvarne l’anima. Tancredi è sconvolto, non vuole più combattere, poi si accorge che l’esercito cristiano ha bisogno di lui per espugnare la città di Gerusalemme che è sotto il controllo delle truppe e degli eserciti dei Saraceni, quelli che sono i nemici dell’epoca letteraria del ‘500, gli stessi nemici che troviamo nell’Orlando furioso. Tasso ambienta, a differenza di Ariosto, tutto il poema in una dimensione storica, siamo nella prima crociata (1096-1099), però quest’ambientazione si mescola con le ragioni della finzionalità letteraria: non ci sono due eserciti uno Cristiano e uno Saraceno, ci sono anche diavoli, arpie, mostri della mitologia che lavoro affianco ai saraceni e ci sono angeli, arcangeli, Dio, che lavorano a vantaggio dell’esercito Cristiano. Il soprannaturale si fonde con il racconto storico, in un genere che è in parte epico, in parte tragico. - Tancredi che sfida a duello Clorinda, che aveva appena compiuto un’irruzione nel campo cristiano, uscendo di notte travestita per dare fuoco all’accampamento dei Cristiani, viene scoperta. Tancredi la sfida a duello e la uccide. Non sa di uccidere la donna che ama, perché indossava un’armatura nera e non quella bianca che era solita portare. Non sa neppure che quella uccisione avrebbe determinato la sua fine, Tancredi non riesce più a combattere. – Nel canto successivo assieme ad altri soldati Cristiani, Tancredi, prova un’ultima missione, quella di penetrare nel bosco che si trova oltre l’accampamento Cristiano, la selva di Saron, per tagliare la legna necessaria a costruire armi per l’assedio. Ci fu un problema, il mago Ismeno, che lavora a favore del Diavolo e quindi a favore dei Saraceni, ha incantato la selva e ha gettato un maleficio per cui chiunque entra nella selva si trova la sua più profonda paura. Entra un manipolo di soldati spaventati che sentono urla, vento che soffia e scappano, è in quel momento che ad entrare nella selva è proprio Tancredi. Tancredi comincia a colpire la pianta, riconosce anche lui, che questo maleficio ha un oggetto feticcio da distruggere, cioè un albero piantato nel centro di un grosso spazio erboso, che reciderà l’altro eroe, Rinaldo. Recidendo il tronco vede subito qualcosa di strano, non linfa né elementi naturali, ma sangue. Si ferma, rimane 2 una funzione che il testo prevede, ovvero, scritto in modo da evocare certe reazioni nel lettore (funzione), che, in un certo senso è costretto da avere una certa una certa reazione cognitiva ed emotiva ad un testo, perché, altrimenti, non starebbe leggendo quel testo (es. La Fedra, tragedia che ruota intorno ad una storia di incesto. Se non sapessimo cosa sia un incesto non stiamo leggendo La Fedra) Il lettore critico (Luperini) non coincide con nessuno di quelli sopra citati, ma il lettore che riceve più volte un testo e lo mette in riuso, lo riscrive nell’ambito della sua opera. 1. Quindi non è detto che il personaggio debba esitare con il lettore, ma, il lettore può esitare da parte sua. Anzi, Todorov dice che, l’esitazione non è detto che debba essere legata a un racconto dell’orrore, ma possono essere molti i motivi che portano all’esitazione. 2. L’altra condizione, oltre all’esitazione del lettore, è quella della letteralità, per avere davanti un testo fantastico non dobbiamo essere portati ad una lettura allegorica o una lettura poetica, ma una lettura letterale di quello che sta succedendo. Un punto essenziale per Todorov è che il lettore percepisca nel testo qualcosa di strano rispetto alla sua realtà, rispetto a come va il mondo nella società in cui è destinato a vivere. Di nuovo, per il lettore, c’è un problema: il dentro e il fuori (del testo). PER FAR SÍ CHE SI COMPRENDA UN TESTO FANTASTICO SI DEVE ESSERE RAZIONALI. Razionali dentro un mondo che funziona secondo certe norme. IL DENTRO E IL FUORI Quello che sta dentro il testo ha delle sue leggi: le parole, le figure retoriche, i suoni, le articolazioni; però tende sempre a guardare il fuori, perché senza il lettore funzione, non ci sarebbe un motivo per scrivere. Quindi un dentro che chiama in causa un fuori che deve non solo riceverlo ma anche dargli un senso, perché se non c’è l’esitazione del lettore il fantastico non ha senso, svanisce. Appena l’esitazione scompare il fantastico si dissolve. Ci accorgiamo che le parole giocano continuamente con il dentro-fuori, perché le strutture logiche della letteratura sono una condizione necessaria per fare esistere la letteratura sono: le figure 5 retoriche, tasselli logici di cui è fatta la letteratura. Ci sono delle figure per cui il rapporto con il fuori è necessario tanto quanto al fantastico è necessario il lettore per sopravvivere. Queste figure retoriche possono essere l’iperbole che chiama in causa un fuori perché si deve essere coscienti di ciò che è razionale e ciò che è un’esagerazione; oppure l’ironia, una figura che implica un riferimento alla realtà concreta, altrimenti non può funzionare. Dentro all’esitazione che porta agli esiti dello strano e del meraviglioso, rileviamo due elementi fondamentali: da una parte le ragioni in cui l’elemento strano che avranno a che fare con le cause naturali che spiegano gli avvenimenti che creano la sospensione fantastica (ES. se c’è un evento che crea esitazione, il personaggio vede un mostro: prima possibilità, il fantastico tende verso lo strano, strano perché vede un mostro, in quanto il personaggio è impazzito, appena lo strano è confermato il fantastico svanisce). Todorov nota che: - Strano presuppone delle cause naturali (Orlando Furioso Orlando impazzisce perché folle d’amore perde il senno per il “tradimento” di Angelica), cioè significa che ci sono delle spiegazioni razionali, come Tasso che vedeva i folletti e aveva le allucinazioni. Lo strano sta nelle regole di realtà; - Meraviglioso è innescato da ciò che Todorov chiama cause soprannaturali (Gerusalemme Liberata⟶ Tancredi ha le visiono perché vive in un mondo in cui una pianta sa parlare, un mago può fare un maleficio alla selva etc.) Alcuni testi, secondo Todorov, riescono a mantenere una certa evanescenza fino alla fine come in “La Sfinge”, altri non si risolvono mai. Ci sono casi in cui alla fine non siamo in grado di stabilire una posizione, alla fine il fantastico non si scioglie, rimaniamo in questa atmosfera di evanescenza. Un esempio è “Il mago della sabbia” di Hoffman che crea delle categorie dall’incrocio tra strano e meraviglioso con il fantastico e sono: Queste categorie di Todorov riprendono un classico della scrittura psicoanalitica di Freud “Il perturbante”, un saggio dedicato a un testo letterario “Il mago della sabbia”. “Il perturbante”, Francesco Orlando lo traduce dal tedesco come “il sinistro” nel senso di tetro, qualcosa che non è spaventoso, possiamo dire in generale che è una sensazione, uno stato d’animo che può cogliere le persone nella vita reale, spesso si trova come prodotto della letteratura. Quindi il libro si dedica quasi integralmente al testo letterario, ma nella prima parte ci sono riflessione del perturbante sulla vita reale. Freud sceglie questo testo, perché è una specie di organismo perfetto, da una parte è una specie di prototipo dell’orrore, che non fa paura, ma che è sinistro nelle atmosfere. IL MAGO DELLA SABBIA -trama- Ha due momenti decisivi perché è organizzato come un romanzo epistolare; quindi, ci sono lunghe lettere in cui i personaggi protagonisti si scrivono: Nataniele (protagonista), Lotario (amico di N, la cui funzione è quella di ricevere le lettere di N) e Clara (fidanzata di N). La storia ha un’ambientazione nel presente di allora, nella città si G. e ruota tutt’attorno a qualcosa che è successo a Nataniele da bambino, l’apparizione di una figura, Coppelius, un uomo orrendo, prepotente che lavora con il padre. Nataniele è piccolo che riesce a capire ma che ha ancora una 6 visione limitata delle cose; sa che Coppelius è collega del padre e che svolgono un lavoro che ha luogo dentro al laboratorio di casa sua tramite degli esperimenti. Una sera Coppelius bussa, per quella che doveva essere l’ultima volta, alla porta di Nataniele, si chiudono nel laboratorio e ad un certo punto si sente un’espressione fortissima. Il bambino non ricorda più nulla ma rimane fortemente convinto che fosse stato Coppelius ad uccidere il padre. Nataniele fonde l’immagine reale di Coppelius con il Mago della sabbia, una storia che gli raccontava la governante che consisteva in una sorta di terrorizzare i bambini che se non fossero andati a dormire sarebbe arrivato quest’uomo a gettargli della sabbia negli occhi e poi a strapparglieli via portandoli sulla luna per poi darli in pasto ai suoi figli. Il romanzo inizia da Nataniele adulto il quale racconta a Lotario di aver scacciato in malo modo un venditore di barometri che è identico a Coppelius e si chiama Luigi Coppola. L’esitazione principale del lettore riguarda la figura di Coppelius: Luigi Coppola è Coppelius oppure no, è solo una persona che gli somiglia che porta lo stesso nome italianizzato? E se è Coppelius, è il mago della sabbia che ha ucciso il padre di Nataniele oppure è soltanto un uomo malvagio. Si va nello strano o nel meraviglioso? LEZIONE 3 2022.10.06 “IL PERTURBANTE” FREUD “Il perturbante” è un sentimento di disagio, sinistro, tetro. È quello che Freud chiama come qualcosa di familiare a cui siamo abituati che ritorna sotto nuove vesti. Questo familiare è il ricordo di qualcosa: Freud ci dice che alla base di situazioni perturbanti si trovano due motivazioni principali, il perturbante provocato da qualcosa di rimosso che ritorna e il perturbante provocato da qualcosa di superato che ritorna. Il perturbante si può originare perché l’individuo si imbatte in qualcosa, un evento (anche psichico) nella vita quotidiana. Questo innesco muove un ritorno di qualcosa che sta dentro di noi, ma che non è sempre alla portata della nostra coscienza.  RITORNO DEL RIMOSSO ⟶ un’esperienza traumatica della nostra vita, che continua a far parte di noi, che il nostro inconscio rimuove e fa tornare a galla quando qualcosa fa riemergere questo trauma rimosso (esame maturità rimosso, rivediamo un professore, riemerge il trauma);  RITORNO DEL SUPERATO ⟶ regime logico di pensiero che non si riconosce più come valido. Riemersione, per esempio, di una storia che ci viene raccontata da bambini (Befana, Babbo Natale), che abbiamo superato. Qui Freud fa un’apertura che ha a che fare con leggende, miti, favole, superstizione e il sentimento religioso. Molte manifestazioni psichiche adulte presentano innumerevoli tracce di quello che lui chiama pensiero superato, perché noi ad un certo punto superiamo. Ci sono momenti in cui questo ricordo superato ritorna a causa di coincidenze, colpi di fortuna o sfortuna (auguro qualcosa a qualcuno e qualche giorno dopo vengo a sapere che gli è venuto un accidente e che è in ospedale). IL PERTURBANTE NELLA LETTERATURA 7 PANSIGNIFICAZIONE (come funziona e come parla il mondo della lett eratura) Tutto quello che succede in un film o in un testo letterario ha un significato perché non è causale. Non possiamo ipotizzare che in qualsiasi momento del testo letterario il poeta abbia scritto qualcosa a caso, perché un sistema letterario è un sistema chiuso di parole in cui ogni cosa è necessaria, anche quando tematizza l’arbitrarietà. Il mondo letterario è un luogo in cui il senso è organizzato e quindi il nostro rapporto con le categorie di pandeterminismo e pansignificazione è obbligato. Nella vita reale possiamo essere persone che hanno una visione del mondo pandeterminista (es. visione spirituale preponderante, non accettano che la vita sia puro arbitrio, pensano che esista un’entità spirituale). Queste possibilità di concepire la realtà nella letteratura non ci sono, perché questa è sempre pandeterminista e pansignificante. Uno dei problemi fondamenti nella teoria letteraria è che il modo in cui quel mondo letterario parla è un modo molto diverso e molto simile al modo in cui le persone parlano nella comunicazione ordinaria. Il mondo della letteratura è un mondo in cui il senso è già chiuso. Noi possiamo decidere di non condividere questo senso: non leggendo il libro o interromperlo. Se decidiamo di leggerlo dobbiamo essere coscienti che il senso sia già definito. Il rapporto tra il linguaggio e il senso, in letteratura, è molto diverso rispetto al rapporto che si instaura tra linguaggio e senso. La letteratura è un’arte che si forma sul linguaggio e sulla comunicazione, perché altrimenti non capiamo il teso e non lo leggiamo. La letteratura non basta a sé stessa, ha sempre bisogno di un lettore e quindi deve comunicare, ma ci da una comunicazione che è unica rispetto alla nostra comunicazione comune, perché il testo è chiuso, ha un tempo finito ed è percorsa dalle caratteristiche di pandeterminismo e pandeterminazione. 10 LEZIONE 5 2022.10.12 IL CANTO XVIII DELLA GERUSALEMME LIBERATA TORQUATO TASSO Ci troviamo in un momento di svolta finale della trama della Gerusalemme Liberata, perché il problema di fondo che aveva interrotto l’assedio cristiano e aveva fatto protendere le sorti della guerra a favore dei saraceni, trova risoluzione. Viene spezzato l’incantesimo che non consentiva all’esercito cristiano di fare rifornimento di legna nella selva di Saron. La Gerusalemme liberata è un’opera epica, un poema cavalleresco ed è anche molto legata alla storia e alla tragedia. In questa epica fondamentale ambientata nella prima crociata abbiamo una situazione di guerra che riguarda la città di Gerusalemme da liberare dal controllo saraceno e l’esercito cristiano che si trova al di fuori della città e che la assedia. C’è un’ambientazione storica molto forte e anche molto realistica, ma l’opera si fonda anche su un grande ausilio del mondo soprannaturale, ci sono maghi (Mago Ismeno), prodigi (mostri, Santana, Dio), c’è una battaglia che si svolge nell’orizzontalità in uno spazio molto concentrato (Gerusalemme, l’accampamento) e una battaglia che riguarda la verticalità (Dio da una parte e Satana dall’altra). Le condizioni di realtà su cui si fonda la Gerusalemme Liberata prevedono un’accettazione piana ed un universo meraviglioso e soprannaturale che convive con la cornice storica. Il XVIII canto è una svolta perché l’eroe dei cristiani, Rinaldo, torna nell’accampamento. Lui sia per i comportamenti che per il modo in cui è descritto che per la sua funzione nell’opera è molto vicino ad Achille. È giovane, è il più forte e come nell’Iliade, Rinaldo è quasi sempre assente; non del tutto perché comparirà nella trama in cui scopriamo che non è morto come si vociferava nei campi di battaglia, ma si trovava da una Maga Armida al servizio di Satana che aveva il compito di distogliere i cavalieri dalla battaglia, nelle Isole Vergini, un luogo lontanissimo. Rinaldo, quindi, torna nel campo di battaglia, si pente e decide di affrontare la selva di Saron, in cui nessuno dei campioni cristiani riesce ad entrare. ESTRATTO XVIII CANTO LEZIONE 6 2022.10.13 IL CANTO XVIII DELLA GERUSALEMME LIBERATA TORQUATO TASSO ESTRATTO XVIII CANTO 11 LEZIONE 7 2022.10.18 DIFFERENZA TRA GERUSALEMME CONQUISTATA E LIBERATA TORQUATO TASSO L’ALLEGORIA DELLA CONTRORIFORMA La Gerusalemme Liberata è la versione che viene superata da Tasso stesso, ma noi continuiamo a leggere la Liberata e non la Conquistata, ovvero la versione seconda. Nella Conquistata, Tasso, fa una scelta a favore dei codici della controriforma, esaltando l’aspetto cristiano, quello della legge della repressione dei codici pagani proibiti. Non siamo più in grado di capire dove si ferma l’ideologia della controriforma e quindi la denuncia del peccato: l’amore deve essere punito, quando è passione non è amore per Dio e per la Chiesa. A volte mantiene una voce, anche se soppressa, la cultura pagana classica che Tasso non smette di guardare e di amare. La Conquistata mette in evidenza, nella sua riscrittura, una delle due componenti della cultura tassiana, quella cristiana controriformistica, che non c’entra con quella pagana perché per la prima volta nella storia della cultura europea e soprattutto italiana, un autore si trova in condizione di poter scegliere tra un tipo di ideologia e di codici di riferimento e un’altra tipologia che fino alla controriforma convivevano. Il Concilio di Trento che avviene l’anno dopo la nascita di Tasso (1545), definisce uno sparti acque, quello che era la cultura classica, pagana, ma anche letteraria diventa problematica, passa sotto la rassegna sotto lo scrutinio della controriforma, quindi il Santo Uffizio, l’indice dei libri proibiti. Quello che è l’universo pagano (il classico, il mito, l’amore, il desiderio) assume il codice dell’errore, del peccato. Nel campo cristiano c’è il bene: Dio e la guerra, che serve alla Liberazione. Nella Liberata vediamo tanti paradossi e contraddizioni perché i cristiani sono sempre legati in qualche modo all’universo pagano: si innamorano delle guerriere pagane, dimostrano percorsi e storie che sono quelle dell’universo pagano (ispirazione ad Achille e l’Odissea). Contemporaneamente questo universo pagano, menzognero è percorso da istanze e caratteristiche che ci permettono di riflettere sulle ragioni dell’erroneo. IL CANTO IV DELLA GERUSALEMME LIBERATA Nel IV canto inizia la trama della Gerusalemme Liberata, Tasso descrive il nemico della cristianità: Satana, il diavolo, e lo fa perché è lui che guardando i cristiani pronti ad assediare Gerusalemme decide di prendere le parti dei saraceni. Si crea una sorta di cortocircuito tra cultura pagana e cultura cristiana rivolte al peccato, Satana combatte al fianco dei musulmani, questo elemento fa parte di questo universo multiforme che è il pagano. La trama inizia con Satana che chiama tra le sue schiere il Mago Idraote, che a sua volta chiama Armida e con queste forze parte la guerra di seduzione. Armida ha il compito di andare dai cristiani, sedurli e distoglierli dalla battaglia. In questo canto troviamo una rappresentazione di satana che è perfettamente in linea con le nostre aspettative: è mostruoso, è il male (un toro, un gigante, vomita sangue), non ha niente di positivo. 12 LEZIONE 10 2022.10.25 L’ORLANDO FURIOSO - CANTO XII - LUDOVICO ARIOSTO LE ALLEGORIE DEL PALAZZO DI ATLANTE In questo canto ci sono due letture allegoriche, che dalla lettera passa a un significato più generale, più ampio. La prima lettura allegorica del testo, l’episodio del palazzo di Atlante rimanda ad uno spazio extra testuale che coinvolge la realtà politica e sociale in cui Ariosto viveva agli inizi del 500, cioè le corti di Ferrara. Il palazzo di Atlante è un’allegoria molto negativa della vita che si conduce nella corte, che sottolinea la l’illusione, finzione, l’insensatezza. Il palazzo viene descritto nel canto tutto adornato, pieno di ori e di ricchezze che non lasciano vedere la verità dell’edificio. Fuori dalla testualità l’allegoria riguarda la realtà, la corte, la società di Ariosto ed è percorsa da una modalità discorsiva che è tipica dell’intellettuale che ha rapporti con il potere: la satira, Ariosto ha un modo scherzoso, ironico, rimanda al problema non aggressivamente. La satira implica, secondo Bogel, quando si costruisce una satira, anche senza dirlo, il mittente di questa pone una differenza tra l’io e l’oggetto che viene posto al centro della satira. La satira è una critica rovesciata, ironica, ma è sempre una critica. La prima allegoria del testo che porta all’extra testo, la corte, ci da un’immagine di Ariosto precisa, un Ariosto come funzione autore che si pone in una posizione superiore rispetto all’ambiente che sta rappresentando. La seconda allegoria del testo è intratestuale, categoria che ha a che fare con i rimandi sia di un’opera letteraria a sé stessa (intertestualità interna), sia i rimandi in un’opera letteraria di altri (intertestualità esterna).  Che significa intratestuale? In questo caso la posizione è di un testo che non rimanda fuori da sé stesso (extratestuale), ma un testo che fa allegoria, quindi, ci chiama a interpretare un significato più ampio e generale rimandando a sé stesso, questo autoriferimento lo possiamo definire metaletterario.  Perché autoriferito? Perché l’intero episodio del palazzo di Atlante è un’allegoria di tutto l’Orlando Furioso, della sua struttura e dei suoi temi principali. In particolare, dell’intreccio e della ricerca perché presenta come un microcosmo del poema, una parte del testo mette in allegoria sé stesso, è come un laboratorio in cui noi entriamo dentro la struttura del Furioso: personaggi che ricercano, altri che desiderano, altri ancora che si scontrano e si confondono casualmente, guidati da autorità superiori, la magia, in questo caso, o guidati dal caso, dalla fortuna (intrecci casuali di circostanze). ALLEGORIA 1 SATIRA 1 = LA CORTE ALLEGORIA 2 SATIRA 2 = L’ORLANDO FURIOSO (il testo stesso) 15  Perché Ariosto prende in giro sé stesso e il proprio poema? Tutte queste avventure che lui sta scrivendo e noi stiamo leggendo sono vane, illusorie, finte e inutili come la ricerca dei cavalieri all’interno del palazzo di Atlante che è vana, perché i cavalieri non seguono il vero oggetto del desiderio, ma l’illusione magica.  Se questa è allegoria dell’opera, perché l’autore deve destabilizzarsi così tanto? Questo è l’inizio della modernità, se fino ad adesso abbiamo chiamato in causa riferimenti classici sia per Ariosto che per Tasso costruendo un ponte tra la cultura classica greca e latina e la cultura moderna (cinquecentesca), dobbiamo riconoscere che c’è uno stacco fondamentale, cioè le categorie classiche, (della retorica, della cultura e della filosofia) non ci aiutano più di fronte ad una materia che viene trattata in una maniera diversa. Cioè in questo momento le categorie della modernità devono entrare in circolo per parlare di qualcosa che prima non era stato fatto.  Perché modernità? Innanzitutto, la satira sulla materia letteraria che è vana e illusoria. Questo implica che il discorso di Bogel non resti più in piedi, perché qui abbiamo un io che fa satira e che destabilizza la propria autorità facendo satira sull’oggetto (il testo) a cui l’autorità si dedica. Fa satira per dimostrare che l’oggetto testuale è focalizzato su cose vane e prive di senso.  Perché privo di senso, insensato? L’insensatezza della corte, l’insensatezza del poema sono i due livelli allegorici a cui siamo arrivati con la lettura e sono sottoposti entrambi a satira. Privo di senso, insensato, falso, illusorio, folle, follia. La parola insensato che è la parola chiave che lega i due discorsi allegorici; il primo sulla corte, il secondo del testo su sé stesso, ci porta ad un terzo livello allegorico che è concentrato proprio sull’insensatezza.  Perché Ariosto fa satira su sé stesso, perché vuole mettere in ridicolo l’insensatezza della sua opera se la sta scrivendo? Questo ci costringe a trattare la categoria dell’insensatezza in maniera allegorica. Il valore allegorico dell’insensatezza nell’Orlando furioso è fine a sé stessa L’INSENSATEZZA COME ALLEGORIA - Perché mette in evidenza l’insensatezza? Mentre la dimensione delle corti, quella politica è giustificata ed entra in quel tipo di lavoro che la letteratura ha sempre fatto, rispecchiamento del mondo per criticarlo. La dimensione seconda allegorica, il testo su sé stesso diventa più problematica, perché è una satira, (critica) non del mondo esterno, ma del testo su sé stesso e la propria funzione. Come è insensata la ricerca del palazzo di Atlante così è insensata l’opra e il senso stesso di Ariosto. ESTRATTO I CANTO ORLANDO FURIOSO L’incipit, uno dei più famosi della storia della letteratura italiana, è definito secondo le regole che Ariosto desumeva sia dalla tradizione etica quanto in particolare da una tradizione volgare, ovvero quella di Dante, dall’organizzazione di Inferno, Purgatorio e Paradiso, cioè con una protasi, la parte in cui viene dato l’argomento di tutta l’opera e non solo del canto. INIZIO XXII CANTO ORLANDO FURIOSO Inizia con un cavallo che sta scappando spaventato, è il cavallo di Mandricardo, uno degli eroi più forti dell’esercito saraceno ed è una figura che Orlando aveva incontrato per caso nel bosco e che 16 aveva invitato a scontrarlo a duello. Purtroppo, però Mandricardo non aveva la spada, ma aveva soltanto la lancia e il cavallo. Allora Orlando lo sfida ad un duello classico con la lancia, si sfidano, nessuno dei due viene veramente sconfitto perché Orlando colpisce, Mandricardo resiste sul cavallo, ma questo spaventato dal colpo si imbizzarrisce e scappa via e Mandricardo non riesce più a domarlo. Il cavallo impazzito si rifugia in un bosco e, ovviamente, Orlando lo segue per continuare a combattere e lo perde. Perso per il bosco, Orlando lo cerca per tre giorni infruttuosamente fino a quando non arriva in un locus amenus in cui trova un meraviglioso prato fiorito dipinto come i colori freschi e caratterizzato da molti alberi come i loci ameni che abbiamo ritrovano sia nella selva di Saron che nel castello di Armida. Anche in questo caso la descrizione del locus amenus virgiliano in latino è materia di stravolgimento completo, come abbiamo visto nella Gerusalemme Liberata, vedremo anche qui come orlando non incontrerà una donna, ma è in questo luogo meraviglioso in cui giunge casualmente che incontrerà il suo destino, quello di impazzire. LEZIONE 11 2022.10.26 L’ANGELO STERMINATORE FILM LEZIONE 12 2022.10.27 L’ORLANDO FURIOSO - CANTO XXIII - LUDOVICO ARIOSTO Orlando arriva in questo locus amenus dove si aspetta di trovare ristoro, ma, anzi trova un travaglio profondo. Qui si innesca la follia del protagonista.  Pensando a Todorov, qual è la causa della follia? In questo caso, l’opera è largamente piantata nel genere, secondo Todorov, meraviglioso (la magia è accettata), ma a differenza della Gerusalemme liberata, l’innesco della follia è dato da una causa naturale. Orlando in questo locus amenus sbagliato, perché non è il suo, trova segni della presenza di Angelica e Medoro incisi sugli alberi e su qualsiasi superficie, in cui Angelica ha scritto il proprio amore nei confronti di Medoro. Orlando, qui trova la prima prova del tradimento di Angelica nei suoi confronti. Questo è l’innesco naturale della follia, siamo nel naturale puro: un che ama una donna e scopre che questa è innamorata di un’altra persona. Orlando non reagisce immediatamente davanti a questa prima prova, ovvero la scrittura di Angelica, ma inizia un processo di fraude a sé stesso (prova ad ingannarsi). La reazione di Orlando è duplice. La prima reazione alla vista dell’amore scritto ovunque: cerca di non guardare quello che sta vedendo, cerca di alterare la prova oggettiva dell’infedeltà di Angelica. Questo è l’inizio del processo della follia.  Che cos’è l’inizio della follia? Il vedere qualcosa e cercare di riconfigurarla, di non vederla o di non intenderla nel modo in è realmente, uno strappo con la realtà. 17 cavallo e fugge via. La fuga di Angelica determina anche la fuga dei personaggi che le corrono dietro. Il primo che se ne accorge è Rinaldo che lascia il campo di battaglia e le va dietro. Le ragioni del romanzo, delle ragioni della ricerca dell’amore distruggono da subito l’unità dell’epica che vorrebbe tutti i cavalieri lì a combattere contro i Saraceni. Questo è l’esempio di sublimazione, il desiderio assoluto, la pulsione che muove tutte le azioni del mondo che ha come primo sbocco la sfera erotica e sessuale. Ma Freud sa che nessuno potrebbe vivere solo dalla pulsione; quindi, spiegherà come le pulsioni vengono ripetutamente riconfigurate, riorientate dagli esseri umani. XIV Ferraù, cavaliere saraceno, che per il grande desiderio di bere un sorso d’acqua si era allontanato dalla battaglia, mentre beveva l’acqua gli cadde l’elmo nel fiume, ma incontrando lo sguardo di Angelica per caso, riconfigura il suo oggetto del desiderio che non è più raccogliere l’elmo dall’acqua, ma la fanciulla. XVII La traiettoria di Ferraù si incontra con quella di Rinaldo che sta inseguendo Angelica. Quando questo accade i due si scontrano e comincia qui una battaglia, (anche se sembrerebbe che siamo nel campo semantico dell’epica, lo scontro non è tra i cristiani contro i saraceni, ma è tra due uomini che hanno come oggetto del desiderio una donna), Rinaldo scende da cavallo perché Ferraù è a piedi e cominciano a scontrarsi. Angelica, nel frattempo, prende un’altra direzione e i due fermano il combattimento perché si rendono conto che si stanno anche ferendo senza avere il “premio”, perché è fuggito, quindi prendono ad inseguirla. Angelica va veloce, li precede e riesce a distanziarsi dai due che diventano come alleati pur di riportare indietro la fanciulla, ma si perdono nel bosco e arrivati ad un bivio si dividono. Nelle ultime righe di quest’ottava risentiamo la funzione del narratore, che organizza e che si rivolge tanto a Ippolito d’Este, quanto a noi. XXIV Ferraù dopo aver camminato si ritrova al punto di partenza e come se niente fosse continua con l’azione da cui era stato interrotto, ovvero, riprendere l’elmo che gli era caduto nel fiume. Ferraù senza nessuna problematicità cambia oggetto del desiderio. Angelica si è persa, sublimazione, cerca di nuovo di riprendere l’elmo. Prima emissione del soprannaturale, perché dalle acque del fiume in cui Ferraù sta cercando l’elmo emerge un cavaliere dal busto in su, tutto rivestito di armi eccetto che per l’elmo che tiene tra le mani e che è lo stesso elmo che sta cercando Ferraù. Questo cavaliere è Argalia, il fratello di Angelica, che è stato ucciso in battaglia da Ferraù (Orlando innamorato) e a cui quest’ultimo aveva promesso di restituire tutte le armi. Il fantasma di Argalia riemerge dal fiume per Ferraù, che gli aveva restituito tutte le armi tranne l’elmo perché gli serviva, e si riprende l’elmo dicendo a Ferraù di cercarsene un altro di un altro cavaliere, magari di Orlando, dato che era il più pregiato, perché quello apparteneva a lui. Da qui in poi l’obbiettivo sarà quello si sottrarre l’elmo a Orlando.  Qual è il motivo della follia di Orlando? Parte tutto dal tradimento di Angelica, ma alla fine ci accorgiamo che è l’unico personaggio che non riesce a compiere la sublimazione, inseguendo sempre e solo Angelica. L’oggetto irraggiungibile non cambia e non può cambiare. Lacan lo chiama il piccolo oggetto a, una delle sue categorie, ed è l’oggetto del desiderio irraggiungibile. Orlando non è in grado di sublimare. LIV Quest’ottava fotografa un momento differente in cui Ferraù è tornato al punto di partenza e il suo oggetto del desiderio è di nuovo l’elmo, ma Rinaldo continua ad inseguire Angelica, affinché questa non si imbatte in un altro cavaliere all’interno della selva che si chiama 20 Sacripante (Orlando innamorato), un cavaliere saraceno che ha combattuto in tutto il mondo e in particolare in Catai (Cina), anche lui è innamorato di Angelica, ma lei ha un pensiero differente rispetto a quello che ha avuto nei confronti degli altri cavalieri, ha ascoltato Sacripante lamentarsi in cui racconta di come ha conosciuto Angelica che poi è stato rapito da Orlando e dice che è disperato perché immagina che dal Catai fino a Parigi sicuramente lui avrà colto la sua rosa. Angelica vede in Sacripante una via di fuga da Rinaldo che la sta raggiungendo e potenzialmente un personaggio abbastanza influenzabile che potrebbe usare per la protezione e per portare a termine il suo obbiettivo (non è il desiderio) che è quello di fare ritorno a casa. Alla preoccupazione di Sacripante della rosa colta di Angelica, lei rispose che a causa di tutti gli impegni in battaglia che Orlando aveva avuto, non c’era stato tempo per deflorarla, e che quindi è ancora oggetto di desiderio assoluto. LXII Sacripante, non ha nemmeno finito di congratularsi con Angelica che aveva mantenuto la propria verginità, che si incontra con un altro cavaliere dall’armatura bianca e un pennacchio, che lo sfida a duello. I due combattono in maniera così violenta e Sacripante viene sconfitto sovrastato dal suo cavallo che era stato ucciso. Umiliato da questa sconfitta e aiutato da Angelica a uscire da dove era intrappolato subisce un’ulteriore umiliazione scoprendo che il cavaliere che aveva avuto la meglio su di lui fosse una donna, Bradamante, che si inserisce nella vicenda del Furioso all’inseguimento di un altro oggetto del desiderio che è Ruggero, l’uomo di cui è innamorata. Quindi Sacripante protegge Angelica, Bradamante insegue Ruggero, Rinaldo sta inseguendo Angelica, Ferraù è sulla sponda ma su suggerimento di Argalia si reca in missione per conquistare l’elmo di Orlando, che ancora non è comparso. LEZIONE 14 2022.11.03 STORIA DELLA FOLLIA NELL’ETÀ CLASSICA MICHEL FOUCAULT 21 Foucault, con età classica intende, l’età che si spinge fino allo spazio tra XVI e XVII secolo. Quando la morale si confonde con le leggi civili il risultato è una deriva autoritaria. L’idea di fondo e il lascito più profondo di Foucault è che la contemporanea suddivisione tra scienze pure (fisica, matematica, medicina) e scienze umanistiche sia un’idea assolutamente fallace e falsata e che tanto le une quanto le altre si contaminano continuamente, per cui qualsiasi verità scientifica deve essere inserita in un sistema culturale più ampio. L’obbiettivo di Foucault è dimostrare quanto i criteri scientifici moderni puri non siano separati da un processo storico, filosofico e sociale, ma ne siano influenzati; quindi, nella dinamica che si configura in questo libro non c’è soltanto una compenetrazione tra questi due tipi di scienze, ma c’è anzi un principio di primazia delle scienze umane, che hanno il compito di costruire quegli immaginari culturali e sociali che influenzano lo sviluppo delle scienze pure. La realtà in cui viviamo oggi, ignora, o quanto meno, trascura quest’idea foucaultiana e questa primazia delle scienze pure è assoluta rispetto alle così dette scienze umane, così tanto che le prime sono più ambite perché portano lavoro immediato e un futuro di stabilità economica, mentre le seconde sono le scienze della distrazione, della disoccupazione, dell’ozio e dell’inutilità. È normale che sia così perché il quadro complessivo che le scienze umane danno alle scienze pure è un quadro piuttosto critico e spesso desolante.  Qual è il punto di Foucault? Che tutti i fenomeni a cui noi siamo soggetti non sono assoluti e non sono nemmeno eterni, ma sono tutti fenomeni umani, prodotti dall’uomo. Quest’idea, Foucault, la prende da un altro filosofo che è stato importate per lui ed è Giovanni Battista Vico, che negli anni ’40 del 700 scrive l’opera decisiva della modernità filosofica che si intitola “La scienza nuova”. L’idea di vichiana è quella per cui la scienza l’unica scienza che l’uomo può conoscere è la storia, tutte le altre scienze, a partire dalla matematica, non sono veramente scienze, perché sono già presenti a prescindere dall’uomo. L’idea di Vico va alle radici di quella che è l’origine della filosofia matematica che sta nella natura e l’uomo la impara, la conosce e poi la elabora (così come tutte le altre scienze pure). La scienza nuova e unica è la storia, perché è l’unica prodotta dall’uomo e quindi è l’unica disciplina che può conoscere.  Quali sono le conseguenze della “Storia della follia in età classica”? A fronte di fenomeni condivisi che hanno a che fare con la società e con la scientificità, Foucault vuole capire come questi fenomeni si sono originati, il suo interesse, in questo libro, riguarda la follia. Come e perché da un certo momento in poi la follia è stata definita, curata e quindi creata e si concentra soprattutto sulla creazione dei grandi ospedali, in particolare dell’Hôpital Général di Parigi che nasce nel ‘500 come primo luogo in cui i folli, i pazzi vengono segregati, insieme ai lebbrosi, malati e ai poveri. L’idea di Foucault è che la creazione dell’ospedale del genere è umana, che poi la scienza ha seguito e ha applicato alla fine di un lungo processo che lui ha definito sociale e culturale europeo. Le scienze pure sono sempre al servizio di processi più grandi che le orientano e le definiscono. Il nostro sistema culturale e sociale influenza qualsiasi cosa, soprattutto le scienze pure. “…l'obbligo morale si unisca alla legge civile, sotto le forme autoritarie della coercizione.” Obbligo morale e legge civile: processi culturali che influenzano la società e anche tutte le discipline che strutturano quest’ultima. Nel periodo che va dall’inizio del ‘500 fino alla fine del ‘600 una razionalità concepita come compiuta, moderna, scientifica, inizia a prendere possesso degli spazi culturali e a diventare sempre più dominante. È quella che Foucault chiama Ragione. 22 metà del ‘500 in Francia si sente la necessità di separare un gruppo di persone) che se ne occupavano. CASO CLINICO DEL PRESIDENTE SCHREBER Presidente della Corte costituzionale di Dresda, ma anche paziente che soffre di dementia paranoide. Trascorre molti anni in una clinica medica per il trattamento delle psicosi, ma che a differenza di molti altri pazienti ha lasciato un testamento immensurabile che si intitola “Memoria di un malato di nervi”. È stato tra i pochissimi affetti da dementia paranoide grave a raccontare per iscritto tutto quello che vedeva, provava e soprattutto pensava del mondo. Freud, quando esce il libro, lo legge e scrive il caso clinico basandosi solo sulla lettura di suddetto testo. Quindi il rapporto con la psicosi è spesso mediato da altri fattori, ma alla fine della psicopatologia, occupandosi di determinismo, credenza del caso e superstizione, Freud, ci lascia alcune pagine decisive per il trattamento delle psicosi. estratt o pagina 275 Freud si auto definisce un determinista dell’inconscio. Significa che lui è convinto che la categoria del caso, dell’arbitro, dell’incidente, non esiste nella realtà psichica dell’essere umano. Se anche noi lo volessimo, quando vogliamo farlo, non è possibile che pronunciamo qualcosa che non abbia un legame profondo con nostri moventi interni. Il determinismo significa che c’è sempre una causa che produce un certo effetto. PARAGRAFO B Libero arbitrio: contro l’ipotesi da San Tommaso in poi si è sempre sostenuto il libero arbitrio, ovvero la possibilità (nella religione cristiana, quindi già decisa da un Dio onnipotente e onnisciente) di scegliere a nostro personale giudizio la traiettoria della nostra esistenza. L’idea del libero arbitrio contrasta con l’idea di determinismo in cui ogni cosa della nostra vita psichica è determinata. “Questo sentimento esiste…” “…non presenta lacune”: il fatto che la coscienza non sappia mai esattamente ricostruire le motivazioni inconsce, che sono deterministicamente definite, non toglie che queste resistano e non toglie la libertà della coscienza. Freud parla di attività motorie perché, in effetti, continuamente, non soltanto con le parole ma con i nostri comportamenti percepibili noi facciamo continuamente atti involontari o mancati (es. grattarsi il naso con la penna…). Secondo Freud sia le inconsapevoli azioni fisiche che le inconsapevoli azioni psichiche sono mai casuali, c’è sempre un determinismo che lo spiega. PARAGRAFO C “Sebbene al pensiero cosciente…” “…spostata di detta motivazione”: dato che gli atti mancati dell’argomento del libro (lapsus, pensieri casuali, azioni involontarie…), ci sono due fenomeni che sembrano servire per dare una spiegazione psicologica generale di tutti questi atti che nel libro ha analizzato. Questo è un libro di studio, cioè i capitoli presentano delle categorie ed esempi. PARANOIA: I paranoici sono quegli individui che hanno un continuo lavorio mentale che si collega direttamente agli accadimenti che li circondano. 25 In “Paranoia, la follia che fa la storia” di Zoja c’è un excursus la cui tesi è che la paranoia è una delle forme di disagio mentale più difficili sia da diagnosticare che da curare, per una ragione che riguarda tanto questa malattia quanto il modo in cui la società in cui si è sviluppata, cioè, che la paranoia è continuamente presente nella storia delle malattie psichiatriche che ha fatto l’umanità da una parte, dall’altra nella società contemporanea (libro primi anni 2000), gli atteggiamenti paranoici sono sempre più normalizzati e rientrano dentro ad una modalità di produzione che viene considerata positiva, vantaggiosa. Dice Zoja: l’atteggiamento paranoico, molto spesso, si può scambiare con un atteggiamento di grande produttività (una persona che lavora tantissimo, che tiene le fila di una società). Il terzo problema è che i malati di dementia paranoide (Schreber) sono evidentemente riconoscibili, sono persone che hanno il distacco completo dalla realtà che li porta ad avere visioni, allucinazioni, quindi non possiamo avere dubbi. Nell’idea del presidente Schreber tutta la realtà è legata alle azioni di un dio, il dio dei nervi, che complotta contro di lui, che è una specie di figlio eletto, che avrebbe la possibilità di distruggere questo dio che viene identificato come il sole. Inoltre, Schreber sente delle voci (chiacchierio) della sua testa che cessano solo quando suona il pianoforte. Questi sono i dementi paranoici, mentre secondo Zoja, forme di paranoia sono possibilissime e riguardano moltissime persone, ma si confini un po’ perché si confonde con l’iperproduzione, l’intelligenza (super attento ai dettagli minimi) e anche perché, in forme blande, il paranoico vive nella società. Paragrafo C.a pagina276 Il PARANOICO: nega la categoria dell’accidentale del caso nelle manifestazioni psichiche altrui. Se io fossi paranoico dovrei considerare che le persone che mi stanno guardando non lo fanno per caso, ma lo fanno per un motivo profondo che ha a che fare con me. Il paranoico di Freud alla stazione che vede le persone fare lo stesso gesto pensa che queste stanno facendo delle azioni concordate per segnalare la sua presenza in stazione. Lui è un paranoico, quindi, piega tutta la realtà alla propria visione. Freud si chiede come faccia a pensare questo. Probabilmente egli proietta nella vita psichica altrui quello che esiste come inconscio nella propria, è lui he vede quel tipo di realtà e gli da un valore. La visione profonda del paranoico gli fa vedere delle cose che succedono nella realtà, l’inghippo sta nel fatto che spiega tutto riferendosi a sé stesso e spostando le motivazioni psichiche proprie nell’inconscio/psiche degli altri individui. In altri termini la sua visione profonda è utilizza per le ragioni sbagliate, che sono le ragioni della follia. Il paranoico riesce, effettivamente, a vedere dei dettagli microscopici, ma li piega ad un’interpretazione della realtà che è viziata dalla sua paranoia. Nota dei particolari, ma li considera tutti rivolti a lui stesso. Questo è il primo passaggio: il riconoscimento da parte di Freud di qualcosa di vero, nel modo in cui i paranoici vedono la realtà c’è qualcosa di interessante e anche di vero e utile. Paragrafo C.b.c pagina 278 La paranoia è una prima manifestazione che consente di chiarire meglio l’idea di determinismo psichico e della superstizione. Quest’ultima per certi versi è un fenomeno sovrapponibile a quello del paranoico. 26 L’idea di tutte le superstizioni è la convinzione che fare alcune azioni possa portarci sfortuna. Essere convinti che l’occorrenza di alcune azioni possa non essere causale, ma che produca delle conseguenze sul flusso della nostra vita, del nostro destino. Dietro la superstizione c’è una visione della realtà che è molto simile a quella della paranoia e che in un certo qual modo è una magica del mondo, perché per il superstizioso, gli atti che compiamo non sono casuali, ma sono in grado di avere una ricaduta sul futuro corso dell’esistenza. In poche parole, i superstiziosi sono disposti a riconoscere un determinismo per cui accadimenti separanti sono uno causa dell’altro (perché è morta mia zia? Perché ieri è caduto lo specchio e si è rotto). Freud dice che per il superstizioso la realtà esterna si può modificare in base alle azioni che vengono compiute, cioè a quelle che sono le mie convinzioni, nell’ottica del superstizioso hanno un effetto e hanno influenza su quella che è la configurazione della realtà esterna (ho rotto uno specchio e mi è successa una disgrazia). Il superstizioso non si preoccupa di casualità psichica, ma crede profondamente al collegamento di tutte le cose con la realtà esterna. Freud è un determinista nella vita psichica perché crede che non sia possibile il verificarsi del caso nella psiche, ma lo immagina nella realtà esterna (se una persona si sta grattando la testa non lo sta facendo per dare a qualcun altro segnale sulla presenza di Freud) Il paranoico/superstizioso sono deterministi nella vita realtà (realtà esterna), perché piegano ogni azione, apparentemente casuale, ad una motivazione generale che li riguarda. Quindi il fenomeno del determinismo psichico è chiarito meglio attraverso i casi di paranoia e superstizione perché sono casi che rovesciano le condizioni di Freud, è come se lui fosse un paranoico o un superstizioso nella vita psichica. Lui non pensa che ci sia qualcosa di casuale nella nostra psiche. Per il superstizioso la realtà e la vita psichica sono in collegamento tale, per cui un atto della realtà esterna determina una conseguenza. Sia il superstizioso che il paranoico piegano a loro lettura della realtà esterna a motivazioni psichiche rispetto alle quali loro non nutrono nessun interesse. Freud li ammira perché ritrova un suo modo di guardare la vita interiore nel modo in cui loro guardano la realtà esterna. Per Freud, dal punto di vista deterministico, paranoia, superstizione e religione sono identiche. Il modo di pensare della religione rifiuta di accettare il caso della realtà esterna e da una riconfigurazione della realtà esterna con una motivazione di fondo che è: Perché esistiamo? Freud si auto-ritiene razionalista i quanto non crede nelle superstizioni e nemmeno nella religione e da medico non crede alle ragioni della paranoia. Ma, invece, crede nel determinismo psichico, perché in essa tutto è organizzato e si può ricostruire da un punto di vista causale (causa-effetto). PARAGRAFICI C e D STUDIARE PROFONDAMENTE LEZIONE 16 2022.11.10 SIGMUND FREUD  La paranoia, nella prospettiva freudiana, esce male dall’esame di realtà, come la letteratura. Quello del paranoico è un universo finzionale, una costruzione.  In “La nausea”, Sartre ci dice una cosa che ha a che fare con la costituzione del letterario e con il destinatario che riceve un letterario. Ci diche che un testo letterario è un messaggio della comunicazione, comunica in un modo diversissimo rispetto alla comunicazione che avviene tra due persone. 27 nemici dappertutto, ha un’ambivalenta affettiva ed emotiva profonda: ama le persone di cui si circonda, ma quando lo spirito maligno lo prende odia tutti e li accusa irrazionalmente. L’Alfieri rappresenta molto bene il cambio emotivo di Saul, anche il rappoto con David era molto problematico, perché era un ragazzo giovane, bello, abile, ama profondamente Saul, è amato da Saul, ma è anche odiato, perché Saul è un re vecchio, in decadenza, paranoico che teme, sopra ogni cosa, di perdere il poprio potere. Saul accoglie David come un figlio, è dapprima il suo scudiero, ma poi lo vorrà come successore al suo trono e gli prometterà la figlia in sposa, ma poi per un attacco Saul dirà alla figli di non sposarlo più e prometterà a David l’altra figlia, Mikal, di cui effettivamente era innamorato e che riesce a sposare.  Che tipo di opera è “Il Saul” di Alfieri dal punto di vista di un rapporto tra realismo e soprannaturale? È un’opra che gioca col soprannaturale in maniera evidente, che accetta il meraviglioso. Fin dall’inizio David, Gionata (figlio di Saul), Nicol e altri personaggi si riferiscono ad un fatto accaduto, conosciuto e accettato da tutti che Saul è posseduto da uno spirito maligno sovraumano. La possessione degli spiriti maligni è la prima forma attraverso cui si manifesta il maligno nell’Antico e nel Nuovo Testamento; infatti, non si trovano tracce del Diavolo, come lo figuriamo noi, nella Bibbia perché è una figura nata nel medioevo. Il nostro Diavolo è una formazione che si lega e alle Sacre Scritture e alle scritture attorno alla Bibbia (prediche, sermoni, racconti, visioni), che si fondono con storie del folklore, quindi con la cultura medievale europea meridionale che si onde con altre divinità del nord Europa: germaniche e britanniche (Francia del Nord e Gran Bretagna). Demoni, folletti, spiriti del male e Dio Pan si fondono assieme e formano la figura del diavolo che solitamente vediamo di colore rosso, nero o anche verde (rimanda direttamente al mito di Pan). Il Diavolo fisico può assumere le sembianze di altri animali, ha il forcone, la coda, ha piedi che sembrano quelli di una capra; tutto questo viene dall’immaginazione, dalla costruzione mitica del satiro. Quindi giacché non fosse presente la figura nel diavolo all’interno della Bibbia, gli spiriti maligni sopra citati provengono dal che essendo nel XII secolo a.C. la religione cristiana non è ancora formata, Gesù non è ancora nato e il Cristianesimo è parto diretto dell’ebraismo e anche di una serie di religioni politeiste che in quel periodo erano diffusissime nel bacino del vicino oriente. Se riflettiamo notiamo nella Genesi, per esempio, il rapporto tra monoteismo e politeismo è molto problematico, perché sì, c’è un dio che crea tutto, ma è un Dio molto Panico, lo troviamo ovunque: nella natura, nelle piante, negli animali, infonde con la propria natura tutti gli esseri viventi. Possiamo definire il rapporto tra monoteismo e politeismo è molto disinibito rispetto a quello che sarà il Nuovo Testamento: nasce Gesù Cristo che è Figlio e Padre di sé stesso e dello Spirito Santo. Gli spiriti del male del Vecchio Testamento sono il frutto delle religioni politeiste e quindi questa dimensione dobbiamo considerarla perché il rapporto tra spirito del male, ossessione e divino è un rapporto molto più elastico rispetto a quello che possiamo immaginare noi (c’è il diavolo che ti tenta e quindi ti ritrovi nelle mani del nemico di Cristo), Satana nella Gerusalemme liberata è chiamato “il grande nemico delle umani genti”, erano uno, il capo, l’angelo caduto, ma questa è un’immagine che nell’Antico Testamento non c’è, non esiste. Siamo nell’ambito del meraviglioso, non ci sono sospensioni, c’è uno spirito sovrumano maligno che possiede Saul, a volte gli parla in maniera più evidente, a volte lo lascia tranquillo. Quando è posseduto, David suona la cedra e lo tranquillizza. “SAUL” : PRIMO ATTO 30 Il primo ritratto che abbiamo di Saul è un ritratto in absentia, non compare mai nel primo atto, in cui vediamo solo due personaggi, ovvero David e Gionata; quest’ultimo è il primo figlio di Saul che ama immensamente David e lo difende a spada tratta anche quando Saul lo attacca, ripone molta fiducia in lui ed è consapevole della sua forza, senza David non si possono sconfiggere i filistei. Davide aveva già sconfitto Golia e Saul è molto felice di questo suo figlio adottivo. L’opera inizia in una situazione in cui David è stato allontanato da Saul, poiché il Re ha già avuto uno dei suoi attacchi di follia. David e Gionata nel primo atto parlano proprio di questo, dei comportamenti di Saul e del fatto che ha bandito David senza spiegazioni razionali accusandolo di volerlo sottrarre al trono, di essere stato ingiusto con lui, di rimando, David è stato costretto a scappare. L’esercito è in cristi perché ha perso il suo condottiero più importante, Gionata è in crisi perché ha perso il suo amico più caro e una figura che ritiene essere il successore del padre. Allo spirito del male, causa prima dei comportamenti di Saul, cominciano nel primo atto a unirsi altri fattori un po’ meno soprannaturali, che possiamo individuare in primis nella sua profonda ambizione, dalla sua imminente decadenza in quanto fosse vecchio e infine dalla presenza di un suo consigliere adulatore, tale Abner che Gionata stesso definisce “lusingator maligno” in quanto sfrutta le debolezze di Saul in modo da aizzarlo contro David. IL SOPRANNATURALE NON BASTA PIÙ (al suo autore) PER (costruire gli intenti su cui si fonda l’opera) FONDARE IL PANDETERMISNISMO DELL’OPERA. SAUL: ATTO PRIMO SCENA SECONDA  Rottura rapporto umano-divino: all’inizio Saul è in una condizione di non sintonia con Dio, in primis per la possessione diabolica che subisce passivamente; in secondo luogo, è troppo ambizioso e non rispetta i profeti, i sacerdoti e Dio stesso, in quanto si sente superiore ad essi. Non possiamo creare un collegamento tra il Saul (1782) e il Faust (1831) di Goethe, ma è vero che in questi anni alla fine del ‘700 la questione tra umano e divino è centrale e in questo caso troviamo Alfieri in perfetta sintonia rispetto a quello che dice Goethe.  Qual è lo spaio dell’individuo rispetto al divino, alla trascendenza? Nel 1782 siamo in un momento decisivo: a un passo dalla Rivoluzione francese (1789) e da una serie di rivoluzioni in cui è ovvio che Alfieri sia un autore classicista che prende come argomento un testo biblico dell’Antico Testamento con protagonista il primo Re di Israele e la prima cosa che ci viene in mente è che questa si proponga come un’opera asfittica che non c’entra niente con la modernità. In realtà è un classicismo molto attento perché Alfieri è un intellettuale Europeo. 31 LEZIONE 19 2022.11.24 SAUL IMPORTANTE!  Il soprannaturale non ci basta più per costruire il pandeterminismo, entrano in gioco il libero arbitrio, la laicità in quanto chi è profondamente ateo non corre il rischio di essere posseduto, chi è profondamente credente potrebbe, ma invece chi si trova in mezzo, in un limbo è completamente assoggettabile dal diavolo.  Riferimento alle unità Aristoteliche: Il Saul è completamente in linea con le poetiche di Aristotele (scoperta alla fine del ‘400), idea per cui la selezione di eventi importanti fosse decisiva per inquadrare la vita e le azioni dei personaggi di cui si parla. Nella poetica di Aristotele i personaggi corrispondono alle azioni che compiono, sono sempre legati alle scene che mettono in pratica. Aristotele dice che bisogna rappresentare un’opera che è chiusa, che rappresenta una totalità chiusa dentro sé stessa perché deve dare un’idea di realismo attraverso la scelta di un solo tempo, di un solo luogo e di una sola azione. Il “Saul” di Alfieri parla di tutto quello che succede attorno alla preparazione alla battaglia tra israeliti e filistei, tutte queste scene avvengono in un’unità di tempo che corrisponde ad un giorno e infine è presente anche l’unità di luogo poichè avviene tutto intorno al campo di battaglia e al Palazzo. “SAUL” : ATTO SECONDO, SCENA PRIMA LEZIONE 20 2022.11.29 LA FOLLIA DI SAUL 1) Le tre fonti nella follia di Saul (appunti ) 2) David vesti to di sangue il sangue di Saul (appunti ) 3) Il Re come Dio (appunti ) LEZIONE 21 2022.11.30 LA FOLLIA DI SAUL 32 Tozzi insieme a Pirandello e Svevo è uno dei più importanti esponenti del modernismo italiano. Il modernismo italiano è una categoria storica interpretativa che utilizziamo a posteriori, questo vuol dire che gli autori non si sono definiti tali, ma è una condizione data loro in seguito. È una categoria utilizzata molto in ambito anglosassone, mentre in Italia è una categoria che si è affermata negli ultimi vent’anni. Possiamo collocare il modernismo nel primo trentennio del Novecento, è stata proposta come datazione di inizio il 1904 con “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello e come data di conclusione il 1929 con “Gli indifferenti” di Moravia che segna il ritorno al romanzo tradizionale più attento alla realtà. Il punto chiave del modernismo è che la verità viene considerata irraggiungibile e questa è la conseguenza di un profondo senso di crisi derivato da una serie di fratture epistemologiche che si sono verificate agli inizi del Novecento, tali fratture della conoscenza che fanno capire quanto non sia possibile conoscere il mondo e la verità. La conseguenza diretta di questa frattura è che il romanzo di questi anni abbandona le pretesi di realismo, viene meno la credenza che il romanzo possa avere delle capacità mimetiche della presentazione realtà; diventa sempre più evidente la rottura tra realtà testuale ed extratestuale. Un’altra conseguenza è la metamorfosi del narratore, la voce narrante cessa di essere un’autorità a cui il lettore presta fede, si parla di narratore nascondibile. La conseguenza di questo narratore inattendibile è la frammentazione temporale e la frantumazione della temporalità lineare: il tempo si dilata o si sfalda a seconda della prospettiva e dello sguardo del personaggio. Anche i personaggi subiscono una metamorfosi, viene inserita la figura dell’inetto e viene meno la figura dell’eroe. Il modernismo è l’arte del dubbio. FEDERICO TOZZI Tutte le caratteristiche sopracitate sono riscontrabili nella narrativa di Tozzi che è concentrata dal 1908 al 1920, scrive tre romanzi, ma durante tutta la sua vita scrive 120 novelle. Questi racconti brevi vengono pubblicate sui giornali e ad un certo punto della sua vita decide di fare una raccolta dei suoi racconti, ma prima che venisse pubblicata muore nel marzo del ’20 e verrà pubblicata postuma. ESTRATTO: “La bandiera alla fi nestra”  I personaggi delle novelle dei primi del Novecento sono inconsistenti, mere funzioni della trama. In Tozzi i personaggi sono centrali;  Nel 1900 il racconto era un genere letterario di consumo, veniva pubblicato sui periodici (consumo immediato), quindi era facile cadere su schemi di trama ricorrenti perché funzionavano. Anche Tozzi pubblica su rivista;  Trama troppo cara: la trama ricopre una centralità ingiustificata (personaggi legati alla trama, le azioni portano avanti la trama). Secondo Tozzi non deve accadere che nel momento in cui viene meno la trama non deve crollare tutta la novella, ma deve reggersi in piedi. La centralità della trama deve essere superata;  La novella deve avere la geometria del sonetto (composizione poetica estremamente codificata). Quindi la novella, secondo Tozzi, è come un sonetto, deve seguire delle regole in cui tutto fa parte di un sistema chiuso in cui ogni elemento è essenziale per la tenuta dell’insieme. Nella novella, che è un sistema chiuso, ogni elemento deve essere interpretato. TESTO: “PIGIONALI” 35 È stato pubblicato per la prima volta, in una rivista, nel 1917 ed è il testo di apertura della raccolta “Giovani” pubblicata nel 1920. È importante che sia il primo testo della raccolta perché si trova in una posizione marcata all’interno del macrotesto (sistema unitario della raccolta che viene considerato come un insieme unico). Il racconto è un’unità in sé, ma fa parte di un’unità più grande che è il racconto. TESTO: “COME LEGGO IO” Pubblicato postumo. Come ci indica il titolo Tozzi presenta la sua attitudine di lettore e si definisce un pessimo lettore. TESTO: “IL CROCIFISSO” Il testo più difficile di Tozzi. L’incipit è una visione apocalittica di un mondo che Dio non ha finito di creare ed è una visione onirica. TESTO: “LA MIA AMICIZIA” Luperini ha definito questo racconto “il resoconto di come si sviluppa la follia”, la follia viene tematizzata. Il personaggio principale, che è anche il narratore, finisce in manicomio. TESTO: “UN’ALLUCINAZIONE” Sempre Luperini l’ha definito, al contrario, la storia di come non si diventa folle. LEZIONE 23 2022.12.06 LUIGI PIRANDELLO CONTRO PIRANDELLO In “Pirandello, la follia” di Elio Gioanola che affronta tutta l’opera con la prospettiva della follia in Pirandello e di Pirandello; perché una delle tesi di Gioanola è che P. ha un’esperienza di vita personale di vita di follia, la moglie è ricoverata in psichiatria ed è una donna che manifesta forme di schizofrenia grave per tutta la sua vita. P. è uno scrittore che anche quando non parla di follia, scrive dei romanzi come “Il fu Mattia Pascal” in cui il protagonista non è folle, però è vero che il suo romanzo ha tutte le caratteristiche che troviamo in Tozzi (romanzo da fare). 1) TESTO: “IL TRENO HA FISCHIATO” 2) TESTO: “LA SIGNORA FROLA E IL SIGNOR PONZA, SUO GENERO” LEZIONE 24 2022.12.07 Tra scienza e paranoia DA SVEVEVO A PIRANDELLO TESTO: “IL FIGLIO CAMBIATO” Questo racconto del 1915 che dimostra ancora le radici della sua prima bozza (1902) e dimostra come Pirandello, sulla soglia del cambiamento (1904), fosse ancora legato a un tipo di narrativa di 36 una generazione precedente: il Naturalismo che dall’Ottocento si estende fino a metà del Novecento. Questo racconto è influenzato dall’ambiente del Naturalismo perché abbiamo un narratore interno allo sviluppo degli eventi narrati che non è imparziale, formula una tesi della storia molto precisa. Il racconto è riassunto in una parola: SUPERSTIZIONE. Il narratore e molto esplicito e da una spiegazione scientifica, un evento medico che capita ai bambini, escludendo la superstizione. L’altra posizione è quella delle “Donne” e quindi della superstizione. La parola “donne” è polivalente, perché vale per le donne del paese e per le Donne è il nome che hanno le streghe che, si crede, rapiscano i bambini in culla e lo sostituiscono con un bambino del diavolo; questa tradizione particolare è esclusivamente siciliana e i Paesi germanici e anglosassoni. Oltre alla posizione del narratore e di Longo, Vanna Scoma e tutte le Donne, c’è una terza posizione che è quella del marito: un marinaio che di dimentica di tutto, durante il congedo torna a casa e mette incinta la moglie. Per lui non valgono nessuna delle due verità: né quella della sostituzione delle donne, né quella della malattia del bambino. La sua verità consiste nel fatto che il suo vero bambino sia morto e che la sua moglie lo avesse sostituito con un trovatello. Questa terza posizione accetta l’idea della superstizione, della sostituzione del bambino, non accetta invece la posizione del narratore. Pirandello con questo lavoro transmediale (attraverso i media) dimostra di essere molto raffinato del trattamento di questo argomento, perché diremmo all’inizio del Novecento che questo racconto si evolve in generi letterari diversi: 1) nasce come racconto; 2) diventa un racconto compiuto “Il figlio cambiato”; 3) diventa un’opera teatrale “La favola del figlio cambiato”. Da un punto di vista transmediale Pirandello fa qualcosa che scompagina le carte sul tavolo, perché “La favola del figlio cambiato” opera teatrale è la stessa storia messa in scena con un fattore determinante: le Donne esistono, sono in scena e hanno rapito e scambiato il figlio. Questo lavoro pienamente naturalistico viene ribaltato in opera surrealista (streghe, diavolo, il sogno, la superstizione che preso il sopravvento sulle leggi di realtà).  Perché il racconto è naturalista e non verista? La differenza tra Naturalismo e Verismo è che mentre il primo mantiene sempre una posizione di distacco tra il narratore e la materia narrata, il Verismo è molto diverso poiché l’obbiettivo finale è lo stesso: l’oggettività, ma la differenza di fondo è che il narratore verista non è uno scienziato che guarda dall’alto della sua razionalità alle credenze folkloriche e superstiziose e giudica in base a quelle. Il punto di vista del narratore verista si cala dentro una comunità che è quella dell’ambiente in cui è raccontata la storia. 37 attraverso i due estremi di credito (mi piace/esiste) e di critica (non mi piace/non esiste). Questo concetto va calato nella dimensione della realtà letteraria, cioè quella realtà che accettiamo ogni volta che leggiamo un testo letterario. La funzione di giudizio va sostituita, attraverso il perturbante, con la coerenza testuale. Noi misuriamo il testo non sulla realtà esterna ma sulla sua realtà letteraria dominata dalla coerenza. Abbiamo fatto queste precisazioni in quanto Lo specifico del dottor Menghi si presenta da subito come un testo soprannaturale che possiamo inserire nella fantascienza, perché il protagonista, che è uno scienziato, inventa una pozione che ha lo scopo di estendere la vita umana. All’inizio della sua carriera Menghi aveva inventato un alcool che funzionava al contrario dello specifico, cioè era un composto che fa vivere la vita più intensamente (un eccitatore). Lo specifico che inventa comincia a sperimentarlo prima su cani e conigli e poi su sé stesso e su sua madre. Alla fine, i cani, i conigli, la madre e Menghi stesso muoiono. LEZIONE 26 2022.12.14 ITALO SVEVO LO SPECIFICO DEL DOTTOR MENGHI II  Perché il modello della negazione freudiana ci serve per capire che succede in questo racconto? Francesco Orlando, colui che ci ha parlato di credito e critica, ci dice: “con Freud capiamo che il discorso dell’inconscio non può parlare di ciò (qualcosa di trasgressivo) almeno che non ne parli così (motto di spirito)”. L’elemento importante nella teoria della negazione Freudiana è il rapporto che intercorre tra la condivisione di un’informazione e la sua negazione; se non si parla in un certo modo (negando), non si può parlare di nulla. Anche il discorso dell’inconscio è sempre deviato (sogni assurdi). Tutte le manifestazioni linguistiche dell’inconscio: sogno, motto di spirito e negazione hanno bisogno di una mediazione. - Menghi chiede di essere creduto, ma l’unica prova che fornisce è una prova di parole, quindi inattendibile. - L’inattendibilità è l’unica prova vera di attendibilità, perché essendosi iniettato il siero non può non delirare - Questo racconto sta parlando della condizione di esistenza della letteratura che è tutta falsa ma gioca continuamente sulla creazione di attendibilità, è una falsità a cui noi fingiamo di credere altrimenti non potremmo leggere la letteratura. È tutto falso: documentari, dirette, film (è tutto mediato, è una rappresentazione). - Svevo, attraverso il Dottor Menghi, ci sta facendo pensare a quella origine profonda che è la letteratura. Menghi non può non essere delirante, ma il suo delirio lo rende inattendibile. - Dopo il diario di Menghi il racconto comincia a parlare in modo letterario - Questo racconto è un’allegoria sulla letteratura, di che cosa significa leggere un testo e creare dei mondi che sono così lontani e così vicini a noi, perché noi li dobbiamo capire, se no li capiamo si ferma la significazione. - La letteratura è sempre comunicante, quando diventa troppo oscura, vicina alla follia, non è più letteratura 40 LEZIONE 27 2022.12.15 CONCLUSIONI DEL CORSO - Lo specifico ci costringe a pensare al rapporto che passa tra parole e mondo (contesto), cioè che le parole parlano, sempre, all’interno di un certo contesto e se noi non identifichiamo quel contesto non comprendiamo neanche le parole; possiamo non comprenderle per nulla (psicosi), o possiamo credere di comprenderle e le comprendiamo in maniera sbagliata (caso della letteratura). - Lo specifico ci costringe a fare una scelta tra due posizioni: Menghi è uno scienziato brillante che crea un siero che allunga la vita (contesto del credito), Menghi è un paranoico e tutte le sue parole si dispiegano in un contesto in cui lui è pazzo e noi siamo chiamati a rovesciare o a non credere a quello che ci sta dicendo (contesto della critica). - Da lettori cristici dobbiamo misurare il concetto della letteratura nello spazio giusto. - Quello che fino all’Ottocento veniva considerato come delirio, blateria incomprensibili, stranezza, bizzarria, manierismi, sono forme linguistiche che non sappiamo collocare nel contesto giusto. Diche Lacan che a un certo punto negli anni Dieci dell’Novecento, che tutti quei pazzi maniaci che venivano rinchiusi nei manicomi, parlavano una lingua che noi non collocavamo nel giusto contesto di riferimento. 41
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