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Fondamenti di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, Sintesi del corso di Psicologia Infantile

Riassunto completo del manuale di neuropsichiatria infantile.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 23/05/2023

Silviatal90
Silviatal90 🇮🇹

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Scarica Fondamenti di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Infantile solo su Docsity! NEUROPSICHIATRIA INFANTILE  Si occupa dello sviluppo neuropsichico e dei suoi possibili sviluppi patologici in ambito neurologico e psicologico, nell’età compresa fra 0 e 18 anni.  Di cosa si occupa: o Valutazione diagnostica; o Presa in carica con percorso individuale personalizzato; o Diagnosi e cura dei disturbi mentali e psicologici; o Definizione percorso di cura; o Consulenze alle famiglie sulle problematiche educative e di sviluppo del bambino; o Percorsi di cura individuali; o Collaborazioni con le scuole per l’integrazione dei minori portatori di handicap; o Collaborazioni con i servizi sociali e gli organi giudiziari.  CAP. 1 Esame neurologico e indagini neurofisiopatologiche La valutazione neurologica dei pazienti in età evolutiva comprende un’osservazione clinica standardizzata (esame neurologico) e una serie di procedure diagnostiche di laboratorio, rappresentate da indagini strumentali più o meno complesse.  Indagini neurofisiopatologiche o Elettroencefalogramma (EEG) o Poligrafia e polisonnografia o Video-EEG o EEG dinamico o Potenziali evocati (visivi, somatosensoriali, acustici tronco encefalici, evento-correlati, motori) o EEG topografico (mappe cerebrali) o Magnetoelettroencefalografia o Elettromiografia (EMG)  CAP. 2 Il processo diagnostico o Sistemi di classificazione diagnostica: - DSM-5 - ICD-10 o L’invio: - Neonatologo; - Pediatra; - Scuola; - Genitori o parenti. o Strumenti per la diagnosi: - Colloquio clinico con genitori e bambino; - Gioco e osservazione per i bambini molto piccoli; - Disegno; - Esame neurologico; - Test psicologici:  Test di intelligenza (valutazione QI, linguaggio, capacità di lettura, scrittura);  Test proiettivi (CAT, TAT, Test di Rorschach, test grafici).  CAP 5. Cefalee Epidemiologia Eziologia Classificazione Fattori di rischio/protettivi Prognosi Terapia  Prevalenza in età pediatrica: 58.4%  Forme più comuni sono l’emicrania (9.1%) e la cefalea di tipo tensivo (57.5%)  La prevalenza della cefalea aumenta con il crescere dell’età in entrambi i sessi;  Il disturbo è più frequente nelle ragazze rispetto ai ragazzi nel periodo puberale (28-36% nelle ragazze rispetto al 20% nei ragazzi) Le più comuni cause di cefalea sono: ➤ Infezioni virali (39- 57%); ➤ Emicrania (16-18%) Possono essere classificate in: ➤ Primarie: La cui causa intrinseca al sistema nervoso centrale è di tipo funzionale; forme più diffuse e facilmente riconoscibili; ➤ Secondarie: la cefalea è il sintomo di una patologia organica; si manifestano in stretta relazione temporale con la condizione che ne determina l’insorgenza e solitamente si risolvono con il trattamento della condizione stessa ➤ In una corretta valutazione bisogna tenere in conto sia i fattori organici che quelli psicologici. ➤ Le patologie più frequentemente in comorbidità con le cefalee sono: • Ansia e depressione; • disturbi del sonno, ed epilessia; • ADHD (soprattutto il sottotipo impulsivo), DSA, balbuzie ed obesità; • Di particolare rilievo è il clima emotivo all’interno della famiglia, la cefalea più essere il sintomo che il bambino utilizza per veicolare messaggi sull’ambiente che lo circonda e viceversa; • Fobia scolare: ansia da prestazione e aspettative genitoriali; Elevata possibilità di miglioramento e risoluzione spontanea; nei maschi l’evoluzione è migliore. La presenza di disturbi psicopatologici associati alle cefalee ha un valore prognostico negativo. Qualsiasi intervento diagnostico e terapeutico necessita di essere calibrato in funzione della specificità della situazione, in termini biologici, psicologici e ambientali. Terapie biocomportamentali in associazione al trattamento farmacologico; utilizzo di placebo. Epidemiologia Eziologia Classificazione crisi Fattori di rischio/protettivi Prognosi Terapia Emicrania: forte dolore alla testa, spesso localizzato in uno dei due lati, accompagnato da un battito forte alle tempie e da ipersensibilità alla luce ed ai suoni. Può essere preceduta da aura. Cefalee tensive: forma più diffusa tra i bambini; contrazione dei muscoli del collo, delle spalle e del volto. Il dolore interessa entrambi i lati della testa è continuo e non pulsante, ma può essere fastidioso e persistente. Un attacco può durare da mezz’ora a più giorni; a causa di posizioni errate del corpo, masticazione scorretta o stati di tensione nervosa e di ansia dovuti a difficoltà scolastiche, familiari, sociali.  CAP. 6 La disabilità intellettiva Categoria psicopatologica ad esordio precoce caratterizzata da disabilità cognitiva e da un funzionamento deficitario nelle autonomie. Livelli di gravità: o Lieve: il ritardo emerge specialmente al momento dell’inserimento nella frequenza scolastica; necessitano di sostegno nell’adattamento scolastico; possono conseguire un’autonomia sociale e lavorativa ma sempre con sostegno; o Medio o moderato: ha solitamente cause organiche; gli individui rimangono ad una età mentale di 6/8 anni; diagnosi in età scolare, ritardi linguistici e psicomotori; necessitano di sostegno scolastico e raggiungono difficilmente gli apprendimenti di base; discrete capacità comunicative, relativa autonomia in ambienti familiari e possono adattarsi discretamente alla vita nel contesto sociale; o Grave: cause organiche, età mentale rimane a 4/6 anni; linguaggio minimo o assente; comportamenti autistici come stereotipie e comportamenti ripetitivi; se supportato adeguatamente raggiunge competenza basilare della cura di sé e di svolgere attività lavorative molto semplici; o Gravissimo o profondo: associato a patologie neurologiche concomitanti; comportamenti autistici come stereotipie e comportamenti ripetitivi; linguaggio per lo più assente; non è in grado di svolgere attività principali della vita quotidiana, necessita di sostegno continuo durante tutto l’arco della vita. Intelligenza: definita come:  Generale funzione mentale che comporta la capacità di ragionare, pianificare, risolvere problemi, pensare in maniera astratta, comprendere idee complesse, apprendere rapidamente e apprendere dall’esperienza. Riflette un’ampia capacità di capire ciò che ci circonda. Eziologia: two-group approach, ritardo mentale suddiviso in 1. Gruppo ad eziologia organica (60%) 2. Gruppo ad eziologia sconosciuta (40%)  CAP. 7 Disturbi specifici dell’apprendimento o Disturbi che riguardano le abilità che si acquisiscono durante il percorso scolastico; o Sono solitamente diagnosticati all’ingresso della scuola; o Non devono essere presenti disturbi neurologici o deficit intellettivi; o Estrema variabilità del quadro clinico; Disturbi delle abilità di lettura e di scrittura: abilità che si acquisiscono nell’infanzia; processi appresi; dipendono da variabili culturali. Abilità di lettura: due principali vie di lettura:  Via segmentale: converte le lettere in sequenze fonologiche e rende possibile la lettura di parole nuove o non parole;  Via lessicale: accede ad un magazzino (lessico visivo) nel quale sono contenute le parole che una persona conosce. Abilità di scrittura: due vie:  Procedure segmentali: converte i fonemi in sequenze di lettere e permette di scrivere parole regolari e non parole;  Procedure lessicali: permette di scrivere parole regolari ed irregolari attraverso l’accesso alle rappresentazioni lessicali e l’attivazione del lessico ortografico di uscita. Disturbo Caratteristiche Dislessia  Danno specifico nello sviluppo dell’abilità di lettura;  Può compromettere le abilità di comprensione e la capacità di riconoscimento delle parole;  E’ il DSA più comune (80%);  Prevalente nel sesso maschile;  Influenzato sia da fattori genetici che ambientali;  Di solito prescinde da un precedente disturbo di linguaggio;  Tipologie di dislessia: - Linguistica (30%): il bambino legge a velocità normale commettendo numerosi errori di omissione o sostituzione di lettere e/o parole; compromissione analisi linguistica durante la lettura; - Percettiva (30%): il bambino legge molto lentamente commettendo meno errori di lettura; dipende da una difficoltà di accesso alla rappresentazione lessicale delle parole; - Mista (40%): il bambino legge molto lentamente commettendo molti errori di omissione o sostituzione; compromissione di più abilità. Disturbi della scrittura  Disgrafia: disturbo che interessa la riproduzione di segni alfabetici e numerici; Comporta: - Rallentamento della scrittura; - Alterazioni nel tratto; - Presenza di caratteri non canonici e incostanti nella forma; - Alterazioni nella dimensione e orientamento di lettere e parole. Influisce negativamente sulle abilità scolastiche: - Allunga i tempi per i compiti scritti; - Difficoltà a prendere appunti; - Difficoltà a decodificare ciò che si è scritto.  Disortografia: difficoltà a tradurre i suoni in simboli grafici. Principali tipi di errori: - Errori lessicali; - Violazione di regole ortografiche; - Sostituzione fonologica. Discalculia  Disturbo specifico nelle abilità aritmetiche che può interessare - Abilità di calcolo; - Abilità numeriche;  Deficit in alcune funzioni neurologiche influenza negativamente le abilità di calcolo;  Spesso si presenta assieme ad altri DSA; Trattamento: la maggior parte dei trattamenti prevede: - Interventi logopedici; - Uso di strumenti compensativi e dispensativi: L. 170/2010 riconosce agli studenti con DSA un percorso didattico personalizzato (PDP) che considera le loro difficoltà e permette l’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi che facilitano il compito del bambino; o Strumenti compensativi:  Sintesi vocale;  Registratore;  Programmi di video-scrittura con correttore ortografico automatico;  Calcolatrice;  Tabelle, formulari e mappe concettuali; o Strumenti dispensativi:  Interrogazioni non programmate;  Eccessive quantità di compiti;  Letture ad alta voce. Comorbidità: - Il 25-54% dei bambini con DSA presenta problemi significativi nella sfera emozionale, sociale e comportamentale; - ADHD e disturbi oppositivo-provocatori; - Disturbi emotivo-affettivi, disturbi d’ansia. Prognosi: due tipi di prognosi: - Prognosi del disturbo: miglioramento del disturbo, se lieve si può giungere al completo recupero; nei casi più gravi il recupero è parziale. - Prognosi psicosociale: riguarda capacità di adattamento del bambino. Dipende dalla severità del disturbo, tempestività dell’intervento e ambiente familiare non ottimale.  Il disturbo nell’acquisizione del linguaggio: o Colpisce bambini con intelligenza normale; o L’udito è nella norma; o Non si rilevano problemi neurologici o psichiatrici o difficoltà socio-culturali; possono presentare lieve impaccio nella motricità fine o maldestrezza motoria; o Più frequente nei maschi rispetto alle femmine; o Familiarità del problema. Classificazione ICD-10: - Disturbo specifico della comprensione: comprensione del linguaggio a livello di suoni, parole o grammatica è almeno due deviazioni standard sotto la media della popolazione dei bambini della stessa età cronologica; - Disturbo specifico dell’espressione: comprensione nella norma ma deficit nella:  Produzione di suoni;  Produzione di parole;  Produzione di frasi. - Disturbo specifico dell’articolazione:  Articolazione linguistica in ritardo rispetto ai coetanei;  Difficoltà di acquisizione dei fenomeni più complessi;  Alcuni suoni sono pronunciati in maniera distorta. Late talkers: parlatori tardivi, acquisiscono il linguaggio più lentamente senza problemi di comprensione e in assenza di familiarità per i DSL;  Non producono nessuna parola fino ai 2 anni;  A 3 anni il linguaggio è più organizzato ma spesso gli estranei faticano a comunicare con questi bambini;  Frasi poco strutturate;  Lessico ridotto. - Trattamento dei disturbi del linguaggio: o Trattamento focalizzato su aspetti neuropsicologici, neurolinguistici, comunicativi e relazionali; o Trattamento iniziato il prima possibile, tra i 18 e i 36 mesi; o Interventi di supporto per i genitori; o Trattamenti psicoterapeutici; o Modeling: basato sull’apprendimento imitativo; o Interventi basati sul ritmo e sull’identificazione dei suoni e la segmentazione fonetica; o Educazione all’ascolto di stimoli linguistici e immediata ripetizione; o Immediata riformulazione corretta di quanto detto dal bambino (conversational recasting).  Disturbo fonetico-fonologico:  Difficoltà nell’utilizzo di suoni;  Chi ascolta spesso non comprende cosa dice il bambino;  Ciò interferisce con la capacità di intessere relazioni e con le prestazioni scolastiche;  Nei casi più gravi, il bambino viene compreso solo dai genitori;  Disturbo più comune nei maschi. Casi particolari: - Disartria: disturbo strumentale interessa la muscolatura oro-glosso-faringea, compromettendo il controllo degli automatismi orali e l’esecuzione volontaria dei movimenti, rendendo la produzione orale poco intelligibile; - Disprassia orale: disturbo maturativo che interessa l’esecuzione dei movimenti volontari fini della muscolatura oro- glosso-faringea.  Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (balbuzie) Disordine nel ritmo della parola; l’individuo sa con precisione cosa vorrebbe dire ma non è in grado di dirlo a causa di volontari arresti, ripetizioni o prolungamenti di suoni. o Comportamento inconsapevole; o Si associa frequentemente all’aumento della tensione emotiva; o Nell’80-90% dei casi compare entro i 6 anni di età; o Esordio improvviso e insidioso; o Colpisce maggiormente i maschi; o Cause spesso rintracciabili un una componente genetica (familiarità) e in un aspetto di tensione emotiva.  Comorbidità: - Rischio maggiore di essere vittime di bullismo; - Disturbi d’ansia o fobia sociale. o Trattamento:  2 – 7 anni: consigli forniti ai genitori per migliorare espressione verbale e modalità relazionali: - Parlare lentamente; - Non fare troppe domande; - Non usare linguaggio troppo complesso; - Aumentare ascolto e attenzione.  8 – 14 anni: - Terapie di gruppo; - Trattamenti individualizzati che aumentano fluenza verbale.  Adolescenti: - Terapie di gruppo. - Non è presente nessun tentativo di condivisione. Dopo i 5 anni: - Il bambino può acquisire un adattamento formale all’ambiente; - Tuttavia persiste scarso investimento della relazione con mancata individuazione dell’altro come figura per condividere esperienze, interessi ed attività; - Grande difficoltà nella comprensione emotiva. Interazione sociale: - Isolamento: disinteresse per i rapporti sociali; - Passività: se adeguatamente sollecitati vi è una parziale conservazione dell’abilità di interazione; - Bizzarria: parziale capacità di interagire socialmente ma in maniera inopportuna, enfatica ed inappropriata. Comunicazione deficitaria in due distinte aree funzionali: - Capacità di comprendere e utilizzare codici comunicativi che permettono lo scambio con l’altro; - Capacità di accedere ai giochi di finzione, di elaborare e riproporre in chiave ludica situazioni sociali vissute. - Compromissione delle abilità comunicative in diverse aree: -linguaggio verbale; -componente posturocinetica (sguardo, gesti); -linguaggio non verbale non compensa carenze a livello verbale. - il 50% accede al linguaggio verbale che rimane tuttavia inadeguato; parlano di interessi a loro favoriti senza preoccuparsi se all’altro interessano; frasi bizzarre; incapacità di comprendere motti di spirito, doppi sensi, metafore; perseverazione nel porre domande. Gioco: - Il bambino di 2 anni non effettua giochi di finzione; contribuisce ad aumentare l’isolamento dell’individuo. Tipi di intervento: - Insegnante di sostegno considerato risorsa di primaria importanza nelle fasi precoci del disturbo; - Tecniche comportamentali finalizzate alla correzione dei comportamenti aggressivi; - Interventi comportamentali contenuti e misurati per modificare le routines; - Attenzione terapeutica alla famiglia; - Terapia farmacologica non ha efficacia sulle componenti nucleari del disturbo, ma può essere utile per controllare alcuni aspetti sintomatici intercorrenti. - Si rileva in alcuni bambini una intensa attività immaginativa caratterizzata da ripetitività, perseverazione e dedizione assorbente. - I bambini autistici non sono esplorativi; - Gioco di combinazione deficitario; - Gioco funzionale compromesso: il bambino usa giocattoli in modo stereotipato senza variazioni; - Gioco simbolico: assenza di teoria della mente; - Gioco sociale: difficoltà nel giocare con gli altri, scarso coinvolgimento; Interessi ristretti: - Movimenti, gesti e azioni atipici e bizzarri. - Ritualizzazione di routine quotidiane che devono svolgersi secondo sequenze rigide ed immutabili; - Anche piccoli cambiamenti possono provocare profondo disagio con conseguenti reazioni di rabbia ed aggressività auto ed eterodiretta. Sindrome di Asperger: Alcuni elementi in comune con l’autismo tra cui: - Compromissione qualitativa dell’interazione sociale; - Interessi ed attività ristretti e ripetitivi; - Goffaggine motoria. Differenze con l’autismo: - Il linguaggio è ben sviluppato anche se insolito; - Assenza di ritardo dello sviluppo cognitivo Disturbo disintegrato della fanciullezza: Presenta caratteristiche tipiche del disturbo autistico sebbene si differenzi per le modalità di esordio: Nei primi due anni di vita lo sviluppo è apparentemente normale; la perdita di competenze socio-comunicative ed adattive precedentemente acquisite avviene successivamente. Sindrome di Rett: - Dovuta alla mutazione di un gene (MECP2); - Colpisce quasi esclusivamente le femmine, con esordio tra i 6 e i 18 mesi; - Quadro clinico caratterizzato da: decelerazione nella crescita del capo, atassia, tremori, perdita delle competenze prassiche e della coordinazione motoria, perdita delle competenze comunicative verbali e non verbali, perdita delle competenze interattive. - Differenze con l’autismo: Mani interessate da tipiche stereotipie; Manipolazione finalistica degli oggetti assente; Disturbi dell’interazione sociali solo transitori; Quadro neurologico più ricco e patognomonico. Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato: Categoria residua utilizzata nei casi in cui, seppure siano presenti disturbi riferibili all’interazione sociale, alla comunicazione e/o al repertorio di interessi ed attività ristretti, il quadro clinico non assume caratteristiche qualitativamente e quantitativamente sufficienti per una diagnosi di autismo.  CAP. 11 Disturbi della condotta alimentare Rappresentano complessi quadri sindromici attraverso i quali si esprimono condizioni diverse di sofferenza psichica grave e profonda. Classificazione Compromissioni delle aree di funzionamento Trattamento Prevenzione 1. Pica: ingestione di sostanze non commestibili, inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo e che non rientra in una pratica culturale riconosciuta. Fattori di rischio: abbandono, mancanza di controllo e ritardo dello sviluppo. Il disturbo colpisce il 4% della popolazione generale e in egual misura tra maschi e femmine. Sebbene l’eziologia sia ancora sconosciuta, molti studi mettono in correlazione con tale disturbo: la carenza di zinco e ferro, pattern alimentari disfunzionali, disturbo ossessivo compulsivo e stress psicologico. 2. Ruminazione: ripetuto rigurgito di cibo, poi rimasticato, ingoiato o sputato. Età di esordio: 3 – 12 mesi; Fattori di rischio: eventi psicosociali quali l’abbandono, le situazioni di vita  Difficoltà relazionali: Con i pari e la famiglia, trascura le amicizie per perseguire il controllo del peso, mette in atto attività solitarie che richiedono consumo di energia (isolamento sociale), e presenta interessi ridotti e ristretti.  Difficoltà scolastiche: Giornata organizzata secondo rituali precisi e stereotipati; difficoltà di concentrazione, attenzione e comprensione; Dato il non riconoscimento del problema da parte del soggetto, egli giunge all’osservazione dopo un lungo decorso della malattia. Si preferisce il trattamento all’interno del contesto anche se casi più gravi richiedono il ricovero. Vecchi paradigmi ritenevano che la causa principale fosse un atteggiamento dei Prevenzione primaria dovrebbe intervenire sul disturbo dell’immagine corporea e sull’autostima già all’età di 8-9 anni. Programmi di prevenzione classificati in: - Programmi di prevenzione universale: diretti a tutti con l’obiettivo di diminuire incidenza del disturbo riducendo i fattori di rischio e promuovendo fattori protettivi. stressanti o una difficile relazione parentale. Comorbidità: condizioni mediche o disturbi d’ansia. 3. Disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo: Qualsiasi disturbo della nutrizione che comporta un mancato soddisfacimento dei bisogni nutrizionali del bambino, con conseguente manifestazione di almeno uno dei seguenti aspetti: - significativa perdita di peso; - deficit nutrizionale; - dipendenza da nutrizione parentale o supplementi nutrizionali orali; - impatto significativo sul funzionamento psicosociale. Colpisce maschi e femmine in egual misura e l’età di esordio è l’infanzia o la prima infanzia. Fattori di rischio sono fattori ambientali come un contesto familiare ansioso e restrittivo nei confronti dell’alimentazione e fattori genetici, in quanto il disturbo si riscontra maggiormente nelle famiglie in cui è presente un altro disturbo alimentare o disturbi medici associati. interruzione della frequenza scolastica in alcuni casi, in altri eccessivo impegno scolastico (tratti perfezionistici).  Problematiche psicologiche: Disturbi d’ansia, apatia, senso di colpa, irritabilità, scoppi d’ira, depressione, demoralizzazione, sbalzi di umore, bassa autostima, presenza di pensieri suicidari e atti impulsivi, autolesionismo, abuso di droghe. genitori “ipercontrollante” e i pazienti venivano trattati con terapie psicodinamiche o cognitivo- comportamentali. Paradigmi di cura più recenti suggeriscono il trattamento basato sulla famiglia, coinvolgendola nel superamento del disturbo del paziente, insegnando al caregiver le tecniche adeguate per aiutare il paziente. Tre fasi principali: -guarigione fisica; -guarigione comportamentale; -guarigione psicologica. - Programmi di prevenzione selettiva: mirati a individui ad elevato rischio di sviluppare un disturbo dell’alimentazione. - Programmi di prevenzione indicata: diretti a individui con alcuni dei sintomi tipici dei disturbi alimentari ritenuti prodromici del disturbo (eccessiva preoccupazione per il peso e la forma del corpo) Affinché un programma di prevenzione abbia successo deve avere tre elementi: 1. Rivolto ad adolescenti sopra Comorbidità: DOC, disturbi d’ansia, ADHD e disturbi dello spettro autistico. 4. Anoressia nervosa: Restrizione nell’assunzione di calorie rispetto alle proprie necessità, che porta ad avere un peso significativamente basso rispetto all’età, al sesso e alla salute fisica. (Definito in base a IMC, lieve, moderato, grave, gravissimo). Viene descritta dal DSM5 come una intensa paura di acquisire peso o diventare grassi, nonostante il peso sia significativamente basso. Caratteristiche principali del disturbo: - persistente restrizione nell’assunzione di calorie; - intensa paura di aumentare di peso; - messa in atto di comportamenti che non permettono un aumento di peso- Due sottotipi: I. Sottotipo con restrizioni: dieta, digiuno, eccessiva attività fisica. II. Sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione: la prognosi è peggiore per questo sottotipo, sono frequenti complicanze mediche, comorbidità con Durata della terapia 6-12 mesi. Terapia farmacologica utile solo nei casi in cui non funzioni il trattamento psicoterapeutico o sia presente un elevato tasso di disturbi in comorbidità. i 15 anni, ad alto rischio; 2. Il personale deve essere addestrato e competente; 3. L’intervento deve basarsi su strategie progettate per modificare le abitudini cognitive disfunzionali come l’accettazione del proprio corpo o la dissonanza cognitiva. - mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per la quantità; - sentirsi in colpa dopo l’abbuffata. La gravità si identifica in base alla frequenza delle abbuffate in lieve, moderata, grave, estrema. Il fattore genetico gioca un ruolo importante (familiarità). Comorbidità: con disturbo bipolare e depressivo, disturbi d’ansia e abuso di sostanze. 7. Disturbo della malnutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione: rientrano in questa categoria le manifestazioni i cui sintomi tipici di un disturbo della nutrizione causa una compromissione del funzionamento nelle diverse aree di vita dell’individuo, ma non soddisfa i criteri diagnostici per uno dei disturbi descritti sopra. Rientrano in questa categoria: sindrome da alimentazione notturna, anoressia nervosa atipica, bulimia nervosa a bassa frequenza, Binge Eating a bassa frequenza e il disturbo da condotte di eliminazione in assenza di abbuffate. Importante il concetto di “continuum” nella trattazione nosografica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: lo stesso paziente nel corso del tempo può passare da un quadro clinico ad un altro. Altri disturbi alimentari prepuberali: -disturbo emotivo da rifiuto del cibo; -disfagia funzionale: non rappresenta un serio problema medico, tende a risolversi col tempo, soggetti non sottopeso. -rifiuto pervasivo: rifiuto che comprende molteplici attività tra cui il mangiare; -alimentazione selettiva: soggetti che mangiano solo alcuni alimenti, senza problemi di peso o malnutrizione, spesso con problemi di relazione sociale e ansia nel normale contesto di vita. -anoressia secondaria a depressione.  CAP. 12 Disturbi dell’evacuazione Definizione e classificazione diagnostica Epidemiologia ed eziologia Comorbidità psichiatrica e fattori psicologici Fattori di rischio e fattori protettivi Trattamento farmacologico e terapie psicologiche Enuresi: involontaria, ripetuta emissione di urine di giorno o di notte, in assenza di un disturbo fisico, non attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza, in luoghi socialmente inaccettabili e in una fase della vita in cui tale controllo è acquisito dalla maggioranza dei soggetti. Può costituire una condizione monosintomatica o può essere associata con un più diffuso disturbo emozionale o comportamentale. Enuresi solo notturna, enuresi solo diurna, enuresi diurna e notturna Epidemiologia I disturbi dell’evacuazione sono molto comuni nei bambini e la prevalenza differisce in base al sottotipo e all’età del soggetto. Enuresi notturna 5- 10% dei bambini di 5 anni; 2-3% dei ragazzi di 12 anni di età e nell’1% dei ragazzi di 18 anni. È più comune nei ragazzi rispetto alle ragazze. Encopresi: in età pediatrica 1.5% - 7.5% dei giovani tra i 6 e i 12 anni. Difficoltà sociali e personali nei bambini che ne soffrono con un significativo impatto sullo stato emozionale del bambino, sullo sviluppo sociale e la stima di sé. I disturbi dell’evacuazione possono essere anche parte di un disturbo psichiatrico maggiore, o essere associati ad altre patologie come ADHD, disturbi pervasivi dello sviluppo, ritardi Enuresi ed encopresi espressione di disagio e stress (anche espressione di risentimento e ribellione in particolare in quei nuclei familiari dove sono presenti disarmonie e relazioni ostili tra genitori e figli). Litigi tra genitori e divorzio. Meccanismo di repressione. Fattori genetici. Farmacoterapia, terapia cognitivo- comportamentale o altri interventi psicoterapeutici. Valutazione psicologica per tutta la famiglia. Trattamento farmacologico dell’enuresi: - Antidepressivi triciclici (al di sopra dei 6 anni di età); - Antidiuretici; - Anticolinergici: elevati effetti collaterali ma molto utili per la loro azione diretta sul muscolo influenzato dagli insegnamenti e dalle aspettative dei caregivers). comprendere i processi fisiologici della minzione e della defecazione. Approccio familiare: tenderà a cambiare le modalità di interazione che sembrano contribuire al rafforzamento del sintomo con lo scopo di ridurre ansia e senso di colpa causato dal problema, a recuperare la stima di sé del bambino e a indirizzarlo verso un corretto regime di pulizia. Enhanced Toilet training: associa strategie comportamentali e mediche.  CAP. 13 Disturbi dell’attaccamento Bowlby: i bambini a 12 mesi sviluppano un attaccamento verso una figura genitoriale primaria. Tale legame è il risultato di un sistema di schemi comportamentali a base innata, il cui significato adattivo va individuato nella ricerca della protezione. Nella seconda metà del primo anno, i bambini iniziano a sviluppare modelli mentali interni di se stessi e delle persone che si prendono cura di loro. La qualità dei modelli dipende dalla sensibilità e disponibilità delle figure di attaccamento. Ainsworth ha evidenziato le diverse configurazioni dell’attaccamento. Attaccamento sicuro (tipo B) I bambini sviluppano un modello di sé competente e caratterizzato dalle capacità comunicative e regolative dei propri stati emotivi. Attaccamento ansioso-evitante (tipo A) I bambini che vivono esperienze di rifiuto e di non responsività, sviluppano un attaccamento di tipo evitante e imparano presto ad inibire l’espressione della comunicazione delle espressioni. Attaccamento ansioso ambivalente (tipo C) L’esperienza con una figura di attaccamento responsiva, in modo incostante e incoerente, genera un tipo di attaccamento ambivalente. I bambini con questo tipo di attaccamento sembrano non aver potuto organizzare, in modo chiaro, una configurazione di comportamento tale da garantire una comunicazione significativa con i genitori, che consenta di predire il comportamento genitoriale. Attacamento disorientato-disorganizzato Deriva dall’aver esperito situazioni paurose messe in atto dalla figura genitoriale, che è diventata essa stessa fonte di allarme. Il bambino sperimenta tendenze contraddittorie, ovvero tenderà a fuggire da essa e al contempo ricercherà la sua vicinanza. Il bambino svilupperà un modello non integrato del genitore e un senso del Sé frammentato. Inquadramento nosografico Eziologia Fattori di rischio e fattori protettivi Tipi di attaccamento e disturbi associati Prevenzione e trattamento Il DSM-5 inserisce i disturbi dell’attaccamento all’interno della parte trauma e disturbi legati allo stress che comprende: - Disturbo acuto da stress; - Disturbo dell’adattamento; - Disturbo postraumatico da stress; - Disturbo reattivo dell’attaccamento; - Disturbo da impegno sociale disinibito. Il DSM-5 ha suddiviso i sottotipi del disturbo reattivo dell’attaccamento in: - Disturbo reattivo dell’attaccamento; - Disturbo da impegno sociale disinibito. 1. Disturbo reattivo dell’attaccamento: caratterizzato da comportamento inibito ed emotivamente ritirato nei confronti del caregiver (il bambino cerca raramente conforto in situazioni di La teoria dell’attaccamento sottolinea l’importanza della sensibilità del caregiver e della sua responsività all’angoscia del bambino per promuoverne il senso di sicurezza. I bambini “sicuri” imparano ad integrare informazioni derivate affettivamente con informazioni derivate cognitivamente, ma anche a cercare sostegno e chiarificazioni La qualità delle relazioni che i bambini formano con chi si prende cura di loro viene considerata di particolare importanza ai fini della rilevazione dei fattori di rischi di disadattamento sociale e affettivo. L’esperienza precoce con figure di attaccamento non pienamente disponibili e responsive aumenta per i bambini il rischio di insorgenza di disagio psicologico. La capacità di riflettere in modo L’attaccamento insicuro sembra essere associato a successivi problemi comportamentali nel controllo degli impulsi, a scarsa autostima, a disturbi dell’alimentazione, a scarsa regolazione emozionale e a difficili relazioni con i pari. I bambini con attaccamento evitante risultano più inclini a sviluppare disturbi della condotta. Anche i bambini “ambivalenti” possono presentare problemi di tipo cognitivo e affettivo con risultati scolastici molto limitati e Il primo passo è valutare lo stato di sicurezza in cui si trova il bambino per decidere se sia necessario allontanarlo dal contesto in cui vive o se l’intervento possa avvenire nell’ambiente familiare. Gli interventi possono includere: servizi di supporto psicosociale, interventi psicoterapeutici, terapie individuali, sedute psicoeducative e Il bambino non ha goduto delle cure necessarie (ciò si manifesta con trascuratezza o deprivazione sociale nella forma di una persistente mancanza di soddisfazione dei fondamentali bisogni emotivi da parte dei caregiver); ripetuti cambiamenti di caregivers; crescita in contesti insoliti e inadeguati. È prevalentemente associato ai disturbi del comportamento esternalizzanti ed ha una prognosi peggiore rispetto al DRA, legata alla qualità dell’ambiente di cura del bambino in seguito al periodo di grave trascuratezza e al tempo in cui il bambino ha vissuto in questo stato di deprivazione.  CAP 14. Disturbi d’ansia L’ansia, da normale risposta a situazioni di allerta o pericolo, può diventare una risposta amplificata e cronicizzata che riguarda contesti impropri. Si caratterizza come una condizione di tensione che si manifesta con timore, apprensione, senso continuo di attesa e spesso tremori, sudorazione, palpitazioni, senso di affaticamento, difficoltà respiratorie. Nel DSM-5 i disturbi d’ansia vengono presentati in ordine di età d’esordio: - Disturbo d’ansia da separazione; - Mutismo selettivo; - Fobia specifica; - Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale); - Disturbo di panico; - Agorafobia; - Disturbo d’ansia generalizzato; - Disturbo d’ansia indotto da sostanza/farmaco; - Disturbo d’ansia dovuto ad altre condizioni mediche; - Altri disturbi d’ansia specifici; - Disturbo d’ansia non specificato. L’ICD-10 differenzia invece le sindromi e i disturbi della sfera emozionale specifici di infanzia e adolescenza (sindrome da ansia da separazione dell’infanzia, sindrome fobica dell’infanzia, sindrome da ansia sociale dell’infanzia, disturbo di rivalità tra fratelli, sindrome o disturbo emozionale dell’infanzia di altro tipo) e le sindromi nevrotiche tipiche dell’adulto. Tuttavia tali manuali mostrano un limite nel descrivere con completezza tutti i comportamenti e i sintomi patologici dello spettro ansioso; l’ansia, per la sua caratteristica di continuità nel tempo, e per i suoi confini patologici, spesso confusi, può essere considerata come uno spettro, un continuum dimensionale. o Epidemiologia: circa 117 milioni di bambini in tutto il mondo soffrono di disturbi d’ansia; i più frequenti sono: disturbo d’ansia da separazione, fobia specifica e fobia sociale. Tuttavia la reale prevalenza dei disturbi d’ansia non è ancora definibile chiaramente a causa del complesso problema del confine tra ansia normale e ansia patologica in età evolutiva. o Comorbidità: il 40-60% dei bambini con un disturbo d’ansia presenta più di un disturbo. Le comorbidità più importanti sono disturbi dell’umore e ADHD. Inoltre più del 50% dei bambini con disturbo d’ansia ha presentato almeno un episodio depressivo nel corso della patologia. o Eziologia:  Predisposizione genetica: i bambini, il cui genitore è affetto da un disturbo d’ansia, presentano un rischio due volte maggiore di sviluppare una sintomatologia ansiosa. Fattore ereditarietà significativo per la fobia specifica ma non per ansia da separazione o fobia sociale. Alcuni geni giocano un ruolo importante nel disturbo da panico;  Studi di neuroimmagine: studi hanno evidenziato l’iperattivazione dell’amigdala nei bambini e adolescenti con disturbi d’ansia;  Fattori temperamentali: il temperamento è uno stile comportamentale stabile, precoce, relativamente costante nelle diverse situazioni della vita, in grado di influenzare lo sviluppo della personalità, modulando l’espressione delle emozioni, il livello di attività e di socievolezza. Alcuni tratti temperamentali sembrano possedere una specificità per i disturbi d’ansia;  Fattori ambientali:  Stile educativo dei genitori: uno stile parentale autorevole sembrerebbe essere associato con una più bassa presenza di disturbi internalizzanti nei bambini, mentre uno stile permissivo sembrerebbe aumentare il rischio di sviluppare disturbi comportamentali internalizzanti, tra cui il disturbo d’ansia.  Bad life-events: studi evidenziano una maggiore presenza di eventi negativi nella vita dei bambini con ansia rispetto al gruppo di controllo (relazione tra disturbo d’ansia e abuso fisico e sessuale, influenza delle difficoltà relazionali e del bullismo etc.) - Paura di perdere il controllo; - Paura di morire. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici di una sostanza o di altre condizioni mediche, e non è spiegato da un altro disturbo mentale. Tipi di attacchi di panico: - Inaspettati: - Possono avvenire in seguito all’esposizione a specifiche situazioni scatenanti; - Favoriti ma non inevitabilmente scatenati da situazioni specifiche. La prevalenza di tale disturbo si aggira intorno allo 0.2-10% in età evolutiva. La frequenza è minore in età pre-puberale ed aumenta negli adolescenti e negli adulti in maniera esponenziale. Trattamento: terapia cognitivo-comportamentale, include l’esposizione ai sintomi che provocano sensazioni ansiose, tecniche di ristrutturazione cognitiva, tecniche di rilassamento e respirazione. In alcuni casi la terapia cognitivo comportamentale è associata a farmaci. Fobie semplici Ogni fase dello sviluppo è caratterizzata da paure specifiche: più precocemente si presentano paure di stimoli sensitivi e sensoriali bruschi e imprevedibili. Successivamente compare la paura dell’estraneo; attorno ai 2-3 anni compaiono le paure degli animali grandi, verso i 4-6 anni compaiono le paure dei piccoli animali assieme a paura del buio o della notte. Compare una transitoria paura della scuola verso l’età di ingresso alla scuola elementare. In adolescenza compaiono le paure relative al corpo, alla sua forma e/o alla sua integrità. Le fobie semplici si manifestano con paura o ansia intensa relativa a un oggetto o a una situazione specifica (nei bambini possono manifestarsi con scoppi d’ira, pianto, freezing). L’oggetto o la situazione fobica vengono evitati o sopportati con intensa paura e ansia; paura e ansia sono sproporzionate al reale pericolo che la situazione o l’oggetto rappresentano. La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio significativo o menomazione nell’area sociale, lavorativa e in altre aree del funzionamento. Il disturbo non è spiegato da altri disturbi mentali. Prevalenza intorno al 2.6-9.1% ed è maggiormente presente nelle femmine. La maggior parte delle fobie tende a scomparire col tempo, un quinto delle fobie si cronicizza. Comorbidità più frequente con il DAG, seguito dal DAS. Frequenti sono i sintomi somatici. Trattamento: terapia cognitivo-comportamentale è il trattamento di prima scelta; consiste nell’esporre gradualmente il bambino allo stimolo fobico, attraverso l’apprendimento per imitazione di pratiche messe in atto dal terapista, o l’apprendimento di tecniche di autocontrollo mirate ad alleviare la paura. Fobia sociale Stato di intensa ansia, attivato da situazioni sociali nelle quali il soggetto deve interagire con persone nuove, sconosciute, on familiari, o da situazioni nelle quali può essere osservato, giudicato, umiliato. L’individuo teme di mostrare i sintomi di ansia e teme che questi siano valutati negativamente dagli altri. La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale e rispetto al contesto socioculturale. Le situazioni sociali vengono evitate o sopportate con intensa paura o ansia. La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio significativo e influenzano il funzionamento sociale, lavorativo ed altre importanti aree del funzionamento dell’individuo. Non sono spiegate da altri disturbi mentali e non sono legate agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica. Un ampio studio epidemiologico sulla fobia sociale ha rivelato che colpisce l’8.6% di bambini e adolescenti con una prevalenza nel genere femminile. L’età di esordio è tra gli 11 e i 12 anni. Il 60% dei bambini con fobia sociale presenta un disturbo in comorbidità: 37% con un altro disturbo d’ansia, 10% con ADHD, 8% con mutismo selettivo e 6% con abuso di droghe e alcool (che diminuiscono ansia sociale). Trattamento: terapia cognitivo comportamentale con utilizzo di tecniche quali esposizione e ristrutturazione cognitiva. Agorafobia Fa riferimento alla paura di trovarsi in luoghi o situazioni in cui non ci si sente al sicuro. Il soggetto può sperimentare tale tipo di paura nei luoghi nei quali non vede via d’uscita, dai quali è difficile andare via (sui mezzi pubblici, in spazi aperti, in luoghi chiusi, in mezzo alla folla). L’individuo prova ansia o paura al solo pensiero di trovarsi in questi luoghi; le situazioni agorafobiche sono attivamente evitate, implicano la presenza di un compagno o sono sopportate con intensa paura o ansia sproporzionate al pericolo reale e al contesto. Paura, ansia ed evitamento causano disagio clinicamente significativo, limitando il funzionamento sociale e lavorativo. Trattamento multimodale: il trattamento dei disturbi d’ansia dovrebbe comprendere un trattamento farmacologico, psicoterapeutico e interventi sulla famiglia. E’ essenziale che il terapista fornisca informazioni sulla natura del disturbo, sul quadro clinico sulle situazioni che favoriscono le crisi, sulla gestione degli episodi e sul trattamento, per instaurare un’alleanza terapeutica e una buona collaborazione con le figure di riferimento e con il bambino. Nel trattamento dei disturbi d’ansia, il principio di base di tale terapia è il meccanismo dell’abituazione che si applica attraverso una esposizione graduale alle situazioni temute. Altre tecniche sono: il training di rilassamento, controllo dell’iperventilazione, desensibilizzazione sistematica, training assertivo e social skills training. Nei casi di forme ansiosi maggiormente invalidanti sono previsti trattamenti farmacologici (sconsigliati soprattutto per i loro effetti collaterali e indesiderati a carico delle funzioni cognitive superiori e al rischio di dipendenza). Prognosi: remissione completa nell’82% dei casi; nel 50% compare un altro disturbo di ansia e nel 30% un ulteriore disturbo psichiatrico. La prognosi è legata a: - Età di esordio: l’insorgenza precoce ha una prognosi migliore del disturbo ad insorgenza tardiva con rifiuto scolastico e di altri contesti sociali; - Durata dei sintomi; - Comorbidità con altri disturbi. Prognosi: dopo un primo episodio ossessivo, l’evoluzione può oscillare tra i casi di un recupero completo o un declinare progressivo dei sintomi, con una ricaduta parziale. La buona risposta al trattamento a breve termine si considera un fattore prognostico positivo mentre la presenza di disturbi mentali nei familiari, la comorbidità con altri disturbi nel bambino, la gravità della patologia e i ricoveri ricorrenti sono associati ad una prognosi peggiore. Comorbidità: una percentuale tra il 40 e il 70% di bambini con DOC manifesta disturbi dell’umore e disturbi d’ansia. Il 39% dei bambini e il 62% degli adolescenti presentano un disturbo di depressione maggiore in comorbidità col DOC. Trattamento medico e psicologico: sono indicati come trattamenti più efficaci la terapia cognitivo comportamentale, la terapia farmacologica e il trattamento combinato (terapia cognitivo comportamentale + farmaci). La terapia cognitivo comportamentale è finalizzata a ridurre la quantità e la frequenza dei sintomi e a rendere il soggetto meno vulnerabile ai pattern e ai meccanismi cognitivi che hanno contribuito alla formazione e al mantenimento del disturbo. La risposta del DOC infantile ai farmaci è lenta e progressiva; i fattori che possono guidare la scelta del farmaco sono: risposta positiva ad un certo farmaco da parte di altri famigliari; la presenza di altre patologie; la predisposizione a determinati effetti collaterali; il costo o la disponibilità. Prevenzione: evitare tensioni familiari, scolastiche o sentimentali estreme; applicare tecniche psicologiche apprese nelle situazioni che si temono, evitare di rinforzare il comportamento-problema, non fornire rassicurazioni che interferiscono con lo sviluppo di strategie di coping e con il processo di guarigione; aiutare il bambino o adolescente ad identificare la malattia come una entità separata.  CAP. 16 Disturbi depressivi Epidemiologia Definizione Eziologia Comorbidità Fattori di rischio Prognosi Bassa presenza dei disturbi depressivi in età prescolare (tra l’1 e il 2.5%). In età adolescenziale la percentuale cresce (4 – 9%). Motivi dell’impatto globale della depressione: - Alta prevalenza a partire dall’adolescenza fino all’età adulta; - Decorso prolungato, cronico, ricorrente; - Rischio di sviluppo di successive psicopatologie, deficit a livello I disturbi depressivi si identificano come una sindrome disabilitante caratterizzata dalla contemporanea modificazione del tono dell’umore, del funzionamento cognitivo e di quello somatico. Nel DSM-5 troviamo la distinzione in: 1. Disturbo bipolare e disturbi correlati; 2. Disturbi depressivi. Il disturbo depressivo può avere 3 livelli di gravità: -lieve: il paziente presenta solo alcuni sintomi, le attività Alcuni studi suggeriscono che alla base dei disturbi dell’umore vi sia una combinazione di fattori genetici, ambientali e temperamentali. -Fattori familiari e genetici: la patologia depressiva è un disturbo a forte impatto familiare. In circa il 70% dei bambini depressi almeno un genitore presenta un disturbo depressivo. Il 60-70% di bambini e adolescenti con depressione presenta altri disturbi psichici. I disturbi maggiormente presenti sono: disturbi d’ansia, DOP, DC, ADHD, DOC, abuso di sostanze. 1. Fattori ambientali: oltre il 50% dei disturbi depressivi in età prescolare è preceduto da un evento negativo di forte impatto, abuso, maltrattamento o avversità ambientali come povertà o assenza di beni primari. Figli di madri depresse presentano un alto rischio di sviluppare disturbi depressivi; altro importante fattore di rischio è rappresentato Fino all’81% dei bambini con disturbo depressivo tende a presentare la stessa patologia in adolescenza e in età adulta. L’esordio precoce costituisce fattore di rischio specifico per sviluppare patologia bipolare, disturbi di personalità, disturbi d’ansia e disturbi psicotici. La prognosi è eterogenea come lo sono eziologia e fenomenologia dei disturbi depressivi. sociale, scolastico e lavorativo. vengono svolte, ma con fatica; -moderata: il paziente manifesta sintomi tipici del disturbo, che impediscono il regolare funzionamento e svolgimento delle attività quotidiane; -grave: il pazienta manifesta tutti i sintomi tipici della patologia che impediscono lo svolgimento della maggior parte delle attività quotidiane, sintomi psicotici in comorbidità. Nell’infanzia l’umore depresso rappresenta un evento raro a cui può sostituirsi l’umore irritabile o rabbioso. In adolescenza il quadro sembra avvicinarsi più a quello classicamente descrivibile nell’adulto e l’umore depresso è -Fattori ambientali: la depressione è strettamente correlata con esperienze di vita negative (lutto, difficoltà economiche e scolastiche, separazione precoce e maltrattamento). -Fattori temperamentali: alcune caratteristiche temperamentali, in particolar modo l’emotività, sono state associate alla depressione. Il soggetto si deprime perché si sente impotente di fronte alle risposte dalla disfunzione dell’interazione genitore- bambino. Anche la scuola assume particolare valenza in questa fascia d’età (rapporto con i pari, rapporto con gli insegnanti.) 2. Fattori individuali: profilo temperamentale (i soggetti depressi presentano alcune caratteristiche comportamentali specifiche e differenti rispetto ai soggetti sani);  CAP. 17 Somatizzazioni Con questo tema si fa riferimento al delicato rapporto fra mente e corpo; più è piccolo il bambino più il suo disagio tende ad essere veicolato attraverso sintomi somatici. Epidemiologia, comorbidità e fattori di rischio: i sintomi insorgono in adolescenza o nella prima età adulta ma possono presentarsi anche in epoche molto precoci. La prevalenza nei bambini e negli adolescenti si aggira intorno al 25-83%. L’abuso sessuale e lo stupro sono fattori di rischio specifici per le donne; un alto livello socioculturale e socioeconomico sembra rappresentare un fattore protettivo. Altri fattori di rischio: eventi traumatici, esperienze di separazione e/o perdite che possono generare sofferenza psicologica che si traduce in sintomi corporei, predisposizione caratteriale e vulnerabilità biologia, fattori familiari e attaccamento insicuro, difficile rapporto con i pari e con gli insegnanti. Temperamento positivo, attaccamento sicuro, efficaci strategie di problem solving ed elevata autostima, coesione tra membri della famiglia, sostegno affettivo sono fattori protettivi. Le somatizzazioni causano un disagio invalidante e danno luogo a danni funzionali dell’organismo, causando spesso nell’infanzia frequenti assenze da scuola, frequenti ricoveri, isolamento sociale. Alta comorbidità con: ansia, depressione, ADHD, DC, DOP, disturbo da stress postraumatico, disturbi dell’alimentazione e abuso di sostanze. È importante l’individuazione precoce per evitare che il disturbo si cronicizzi. Si possono suddividere i sintomi somatici in: - Disordini somatici relativi alla digestione; - Disordini somatici relativi alla respirazione; - Disordini somatici cutanei. Dolori addominali ricorrenti (DAR) Il dolore ricorrente è sia acuto che cronico, con episodi di dolore seguiti da periodi di remissione. I DAR sono definiti come una sindrome funzionale di dolore ricorrente localizzato in zona ombelicale; possono essere accompagnati da cefalea, vomito, diarrea o costipazione. Epidemiologia: studio su bambini/adolescenti tra i 3 e i 17 anni ha evidenziato la presenza di due o più episodi di dolore addominale nel 20% del campione. Frequenti altri sintomi somatici come cefalea e mal di schiena. La remissione spontanea avviene frequentemente. Aspetti psicologici: fattori psicogeni dovuti a problematiche familiari o stress e difficoltà legate all’ambiente scolastico. I genitori possono influenzare il comportamento riguardo al dolore del bambino, causare alti livelli di stress nel figlio con la loro stessa psicopatologia e incoraggiare un vantaggio secondario. Asma L’asma è una patologia cronica delle vie aeree; provoca ripetuti episodi di affanno, mancanza di respiro, pressione toracica, tosse. I fattori di rischio per la sua comparsa comprendono: fattori individuali come predisposizione genetica, atopia o iperreattività bronchiale, età, sesso o razza; fattori ambientali come allergeni, agenti sensibilizzanti professionali, fumo di tabacco, inquinamento atmosferico, infezioni respiratorie, condizioni socioeconomiche, abitudini alimentari, obesità. Altri fattori di rischio possono invece indurre riacutizzazioni asmatiche (fattori scatenanti): infezioni respiratorie, allergeni, condizioni climatiche avverse, assunzione di farmaci, cibi e additivi alimentari. Si classificano 3 fenotipi di asma nei bambini: - Affanno transitorio: presente fin dalla nascita, associato ad una diminuzione funzionale dei polmoni alla nascita, che nel tempo tende a normalizzarsi. - Affanno persistente: sviluppo entro i primi 3 anni, presente in bambini con genitori asmatici; normali livelli di funzionalità polmonare alla nascita che decresce verso i 5-10 anni. - Affanno a esordio tardivo: esordio tra 3 e 6 anni, associato ad una tendenza alla sensibilizzazione allergica con relativa stabilizzazione della funzione polmonare dopo i 10 anni. Livelli di gravità in base a frequenza dei sintomi e riacutizzazioni: 1. Intermittente 2. Lieve persistente 3. Moderata persistente 4. Grave persistente Epidemiologia: ne soffrono circa 300 milioni di persone al mondo; colpisce circa il 10% dei bambini e il 5% degli adulti; maggiore incidenza e prevalenza sono state osservate tra gli obesi. Aspetti psicologici: fattori di stress cronico o acuto sono ritenuti direttamente responsabili di influenzare la gestione della malattia asmatica. Associazione in età evolutiva tra i disturbi di asma e disturbi internalizzanti come disturbo da panico, fobia sociale, ansia. Prevenzione primaria: identificare bambini con rischio maggiore e mettere a punto strategie al fine di evitare che sviluppino il disturbo; Prevenzione secondaria: quando il sintomo è già comparso; controllo sull’ambiente e farmacoterapia preventiva con antiinfiammatori e antistaminici; Prevenzione terziaria: disturbo ormai cronico, evitare la disabilità a permettere buona qualità della vita. Mal di schiena Epidemiologia: prevalenza del disturbo in età evolutiva è difficile da determinare. 40% degli adolescenti; la prevalenza aumenta con l’età ed è maggiore nelle femmine. Il disturbo tende a peggiorare con l’età e a cronicizzarsi in età adulta. Fattori di rischio: età, genere femminile, fumo, stress psicologico, storia familiare, aumento di peso, attività fisica sbagliata. Aspetti psicologici: studi hanno evidenziato che il mal di schiena può avere origine psicosomatica. I dolori alla schiena sarebbero l’espressione locale di ansia, stress, depressione o altri disagi psicologici. La spiegazione sarebbe legata alla tensione che si accumula nelle due fasce di muscoli che sorreggono la colonna vertebrale. Fattori di rischio sono: abusi fisici e violenze sessuali ripetute da parte delle figure di accudimento, tossico-dipendenza o alcolismo nei genitori; morte o perdita di una figura significativa per il bambino, abuso psicologico o rifiuto. Circa i fattori di rischio, riferendoci al caso specifico degli abusi sessuali, le fasce d’età più suscettibili sonorappresentate dalla prepubertà e dai primi anni di adolescenza. Nelle famiglie numerose la promiscuità favorisce gli abusi intrafamilari. Tra i fattori protettivi riveste grande importanza il concetto di resilienza.Maltrattamento fisico: si attua quando un adulto provoca a un bambino una lesione fisica più grave di quanto sia “culturalmente accettabile”. È evidente quanto una simile definizione sia relativa e dipendente dal costume culturale. Dal punto di vista clinico sono evidenziabili lesioni difficilmente riconducibili a eventiaccidentali. Il comportamento spaventato ed evitante del bambino nei confronti dei genitori può generare dei sospetti come anche un atteggiamento freddo, non partecipativo e indifferente del genitore. Molte ricerche testimoniano gli effetti dei traumi sulla salute mentale del bambino, sullo sviluppo e sull’organizzazione funzionale del sistema nervoso. La segnalazione da parte del medico all’autorità giudiziaria in casi di ragionevole sospetto di physical abuse è obbligatoria e, l’intervento successivo, sarà una diagnostica completa del bambino e della famiglia. Maltrattamento psicologico: si realizza quando un adulto mostra un comportamento lesivo nei confronti di un bambino, dal punto di vista relazionale. Si parla di abuso psicologico di fronte ai ripetuti atteggiamenti di svalutazione- disprezzo del bambino, ostilità, rifiuto, critica ripetuta e iterativa dell’aspetto, del comportamento e dell’essere del minore. Alcuni aspetti dell’incuria possono essere classificati come abuso psicologico. In generale la sintomatologia nel bambino vittima di questo tipo di abuso può essere tanto di tipo reattivo-iperattivo che di tipo depressivo, con caduta nel rendimento scolastico, chiusura sociale, tristezza, riduzione dell’autostima. Abuso sessuale di minore: consiste nel coinvolgimento dei minori in attività sessuali che essi non comprendono ancora completamente, alle quali non sono in grado di acconsentire con totale consapevolezza o che sono tali da violare tabù, radicati nella società, sui ruoli familiari. Possono essere distinte in attività con (penetrazione o anche un semplice contatto) o senza contatto fisico (esibizionismo, voyeurismo, pedopornografia o esposizione al linguaggio erotizzato ed erotizzante). L’abuso sessuale può essere distinto in: - Intrafamiliare: membri della famiglia nucleare o allargata; - Extrafamiliare: persone conosciute dal minore; - Istituzionale: gli autori sono persone ai quali i minori vengono affidati per ragioni di cura, custodia, educazione all’interno di diverse istituzioni e organizzazioni; - Di strada: da persone sconosciute; - A fini di lucro: commesso dai singoli o gruppi criminali organizzati; - Da parte di gruppi organizzati: sette, gruppi di pedofili, esterni al nucleo familiare; - Abuso rituale: una forma estrema e sadica di abuso, metodico sistematico che spesso include il controllo della mente dell’altro, la tortura e altre attività illegali; Le conseguenze a breve/lungo termine di un abuso sessuale dipendono da vari fattori: contesto, tipo didinamica, gravità dell’abuso, grado di vulnerabilità, intensa risposta emotiva, sentimenti nei confronti dell’abusante ecc. In certi casi l’esperienza incestuosa può essere responsabile, a distanza di tempo, di anoressia, bulimia o diuna patologia classificabile nel cluster borderline. Le conseguenze psicologiche variano a seconda delle modalità dell’incesto (atteggiamento violento e atteggiamento seduttivo). Patologie delle cure: - La discuria consiste nella somministrazione di cure inappropriate alla realtà evolutiva e ai bisogni del bambino. La discuria può essere rappresentata tanto dal non vigilare sulle attività, amicizie e comportamenti di un bambino piccolo, quanto dalla grossolana iperprotezione e limitazione di autonomia di un bambino già in possesso di adeguate competenze. - L’incuria è rappresentata invece dalle cure carenti, insufficienti rispetto ai bisogni del bambino e al suo momento evolutivo. Numerosi studi hanno messo in luce come il disturbo disinibito dell’attaccamento sia spesso presente inpazienti che hanno subito un maltrattamento fisico o sessuale, mentre nel caso di negligenza o grave trascuratezza si riscontra spesso un disturbo reattivo dell’attaccamento. La prevenzione del disagio psicologico può essere definita da un lavoro di informazione e sensibilizzazione delle eventuali problematiche emergenti nel nucleo adottivo, e poi da un’attività di preparazione della coppia, attraverso un contesto spazio-temporale che permetta l’acquisizione degli strumenti atti a una buona predisposizione per l’esperienza adottiva.  CAP. 20 Separazione e divorzio La separazione e il divorzio vanno considerati come fatti individuali, familiari e sociali. La rottura coniugale è considerata da molti autori come una transizione stressante rispetto alla quale adulti e bambini devono adattarsi. La prospettiva divorzio-stress-adattamento vede la dissoluzione coniugale non come un evento definito e puntuale ma come un processo che ha inizio dalla coabitazione e va ben oltre la fine del divorzio. Al fine di valutare il processo di adattamento alla separazione e al divorzio bisogna considerare alcune dimensioni strutturali, interpersonali e individuali. Numerose ricerche hanno confermato come la separazione genitoriale sia da considerare un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi interiorizzanti ed esternalizzanti nei bambini e negli adolescenti. Non sonostati ritracciati effetti significativi a carico delle differenze di genere, a eccezione dei problemi connessi alle manifestazioni comportamentali. È stato evidenziato come le difficoltà economiche e lo stress emotivo delle madri, la solitudine, l’impotenza nel reagire, la mancanza di controllo, possano condurre a una ridotta competenza genitoriale, osservata soprattutto nelle madri che hanno il ruolo di genitore affidatario. Il coinvolgimento del padre nelle cure parentali prima del divorzio predice una migliore relazione padre-figlio nel post divorzio, suggerendo quindi l’importanza di considerare le caratteristiche della famiglia nel periodo del pre divorzio per ottenere una più accurata predicibilità circa gli effetti della frequentazione tra padre non affidatario e figli dopo il divorzio. Le difficoltà psicoemotive tendono ad aumentare con l’età, evidenziando un picco nella fase adolescenziale. L’effetto cumulato delle due transizioni (divorzio conflittuale/adolescenza) costituiscono per i genitori e i figli un doppio evento stressante, riconducibile come fattore di rischio. L’esperienza connessa alla separazione dei genitori potrebbe far emergere nei figli aspetti di attaccamento insicuro che potrebbe pregiudicare le prime relazioni sentimentali. La capacità di cooperazione tra i due genitori, il mantenimento di una relazione positiva e il rispetto reciproco, rappresentano i fattori chiave per prevenire il disadattamento e il malessere dei membri della famiglia. Le difficoltà psicomotrice tendono ad aumentare con l’età, evidenziando un picco nella fase adolescenziale. L’effetto cumulato delle due transizioni (divorzio conflittuale/adolescenza) costituiscono per i genitori e i figli un doppio evento stressante, riconducibile come fattore di rischio. L’esperienza connessa alla separazione dei genitori potrebbe far emergere nei figli aspetti di attaccamento insicuro che potrebbe pregiudicare le prime relazioni sentimentali. La capacità di cooperazione tra i due genitori, il mantenimento di una relazione positiva e il rispetto reciproco, rappresentano i fattori chiave per prevenire il disadattamento e il malessere dei membri della famiglia. L’intervento psicologico è previsto nel procedimento giudiziario in cui sia presente un contenzioso tra gli ex coniugi, al fine di orientare i giudici nella valutazione del “migliore interesse del minore”. La consulenza tecnica d’ufficio (CTU) è per avere ulteriori elementi di valutazione rispetto agli atti giudiziari, per una più accurata decisione circa le modalità di affidamento dei figli, la frequentazione con i genitori e il loro mantenimento economico. Alcuni programmi di “parent training” sono volti a migliorare e sostenere la relazione tra figli e genitori affidatari e la relazione tra figli e genitori non affidatari. Un esempio di parent training, è lo “spazio neutro/ e o spazio d’incontro”, diffuso nella realtà italiana in vari servizi specialistici rivolti alla famiglia (centri per le famiglie). Si caratterizzano come spazi prevalentemente istituzionali, apertianche nei giorni festivi, al fine di facilitare l’incontro tra padri e figli; l’incontro avviene in situazioni protette, alla presenza degli operatori e a seguito di un invio prevalentemente giudiziario. L’intervento elettivo per la riorganizzazione dei legami familiari a seguito della separazione/divorzio è la mediazione familiare che è volta a: - Migliorare la comunicazione tra i membri della famiglia separata/divorziata; - Ridurre il conflitto; - Dare continuità ai contatti tra genitori e figli; - Abbassare i costi sociali per le parti e per gli Stati; - Ridurre i tempi necessari per la soluzione dei conflitti; La pratica della mediazione, volta alla risoluzione dei conflitti distruttivi, si avvale di un “terzo” (il mediatore) che presenta caratteristiche di imparzialità, utili a traghettare la ex coppia verso accordi genitoriali in grado di fronteggiare la transizione del divorzio. La collaborazione genitoriale è l’obiettivo di tutto il percorso che si avvale di un setting strutturato e di un numero di incontri (10-12) predefinito dal contratto di mediazione.
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