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Fondamenti di psicologia delle organizzazioni Riassunto, Appunti di Psicologia Delle Organizzazioni

Riassunto capitoli 1-2-3-4-5-6-8-10-13-14 del libro "Fondamenti di Psicologia delle organizzazioni", Nik Chmiel, Franco Fraccaroli, Magnus Sverke.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 16/06/2021

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Scarica Fondamenti di psicologia delle organizzazioni Riassunto e più Appunti in PDF di Psicologia Delle Organizzazioni solo su Docsity! Analisi e progettazione del lavoro organizzato. Capitolo 1. L'analisi del lavoro permette ai professionisti di comprendere a fondo la natura del lavoro le caratteristiche necessarie per svolgerlo con successo. Brannick, Levine e Morgeson descrivono così l'analisi del lavoro: L'analisi del lavoro è un processo sistematico che consiste nello scoprire la natura di un lavoro scomponendolo in unità più piccole, un processo che ha come risultato uno o più prodotti scritti che specifichino che cosa fanno le persone quando svolgono quel lavoro e di quali capacità hanno bisogno per svolgerlo efficacemente. I metodi usati dall’analisi del lavoro permettono all' analista di studiare lavoro e lavoratori in modo estremamente dettagliato. Essa è alla base di un'ampia varietà di processi organizzativi. Nell’attività di reclutamento e di selezione, fornisce i criteri per valutare quanto un candidato sia adatto lavoro e per prevedere il livello delle sue prestazioni lavorative future. Nell’attività di formazione e di sviluppo, aiuta a identificare il divario tra la prestazione effettiva e il livello di prestazione atteso in un lavoro: il divario coincide con i bisogni formativi di un dipendente o di un gruppo. Nella gestione della prestazione, permette di quantificare le prestazioni individuali in termini più obiettivi e comportamentali. Tipi di analisi del lavoro: analisi incentrate sul lavoro sul lavoratore. Si parla di due forme generali di analisi del lavoro: l'analisi incentrata sul lavoro detta “work oriented Analysis” e quella incentrata sul lavoratore, detta “worker oriented Analysis” Esse si differenziano in due cose: l'oggetto d'analisi e i tipi di dati che vengono prodotti. L'analisi incentrata sul lavoro si propone di scomporre il lavoro nelle sue parti costitutive. L'idea è che le parti di un lavoro siano ordinate in una sorta di gerarchia. Al vertice della gerarchia si trova il lavoro che è costituito da un insieme di posizioni. Le posizioni sono composte da mansioni, le quali, a loro volta, consistono in compiti. I compiti possono essere considerati come insiemi di attività, che sono scomponibili in elementi, le unità lavorative minime, che si trovano in fondo alla gerarchia. Scomponendo sistematicamente il lavoro in parti sempre più piccole, questo tipo di analisi permette di comprendere il ruolo lavorativo anche nelle sue sfumature più sfuggenti. I risultati dell’analisi incentrata sul lavoro è un quadro completo di ogni aspetto di un lavoro, sin nei suoi più piccoli dettagli. L'analisi incentrata sul lavoratoreadotta un approccio diverso. L'obiettivo e individuare le caratteristiche che definiscono le persone che svolgono efficacemente un certo lavoro. Il complesso di queste caratteristiche è designato dall’acronimo KSAO, che sta per knowledge ,skills, abilities e otherattributes; i quattro gruppi di caratteristiche di cui si occupa l' analisi incentrata sul lavoratore. L'analisi incentrata sul lavoratore, perciò, produce un profilo delle caratteristiche personali che definiscono la persona ideale per un lavoro. I prodotti dell’analisi del lavoro. L’analisi incentrata sul lavoro e quella incentrata sul lavoratore si distinguono anche per i rispettivi prodotti finali. Nel caso dell’analisi incentrata sul lavoro, il risultato finale è un job description, cioè una descrizione del lavoro che specifica l'obiettivo generale del ruolo lavorativo, non che i compiti e le mansioni principali cui è preposto chi svolge quel lavoro. Invece il prodotto delle analisi incentrata sul lavoratore è una personspecification, cioè una specificazione della persona adatta per un certo ruolo. Tipicamente le caratteristiche di tale profilo sono di due tipi: le caratteristiche essenziali per il lavoro , cioè quelle che la persona deve possedere per svolgere efficacemente lavoro e le caratteristiche ritenute desiderabili, cioè quelle che non sono condizione necessaria dell’efficaciama possono differenziare lavoratori nei termini della loro idoneità al ruoloe del livello di prestazione che raggiungeranno. Entrambi questi tipi di informazione sono cruciali per comprendere il ruolo lavorativo. Perciò l'analisi incentrata sul lavoro e quella incentrata sul lavoratore non dovrebbero essere considerate come strumenti alternativi ma complementari, poiché insieme forniscono un quadro completo delle richieste poste dal lavoro e delle caratteristiche che permettono al lavoratore di svolgerlo efficacemente. L'analisi del lavoro ci mette a disposizione un'ampia varietà di metodi per studiare un lavoro. Per compiere l'analisi di un lavoro è probabile che l’analista ricorra ad una varietà di tecniche, ciascuna delle quali può offrirgli informazioni che le altre tecniche possono non essere in grado di cogliere. La ricerca documentaria. Il modo più semplice ed economico per fare luce sulla natura di un lavoro è utilizzare gli studi già compiuti sull'argomentoe l'esplorazione dei dati disponibili. Non bisogna però dimenticare che molti di questi dati possono essere vecchi e, come tali, possono essere divenuti meno utili per la definizione del ruolo lavorativo. Perciò i dati di questo tipo dovrebbero essere considerati solo come un punto di partenza per costruire un profilo completo del lavoro e del lavoratore, da integrare con dati più recenti acquisiti attraverso altre tecniche di analisi del lavoro. Una fonte di dati di analisi del lavoro è il database O NET. Esso è un database in espansione di dati di analisi del lavoro, creato nel 2001 per fornire al pubblico un database di informazioni occupazionali che, grazie a un costante aggiornamento, riesce a gestire i cambiamenti dei ruoli lavorativi dovuti alle trasformazioni tecnologiche e sociali. Contiene sia dati orientati al lavoro (riguardanti per esempio compiti e contesti lavorativi), sia dati orientati al lavoratore (conoscenze, abilità e capacità richieste). Mi database è una risorsa estremamente utile, che dovrebbe essere consultata nell’analisi di qualunque ruolo lavorativo. Metodi di analisi del lavoro incentrati sul lavoro. il mezzo lavorativo all'interno delle specifiche organizzazioni. Perciò è sempre opportuno integrare la ricerca documentaria con uno più altri metodi di raccolta di dati utili all' analisi del lavoro. Osservazione e shadowing. Uno dei modi più semplici per raccogliere informazioni sui compiti previsti da un lavoro è recarsi sul luogo di lavoro e osservare i lavoratori all'opera. La lista può così studiare un gruppo di dipendenti analizzando il loro comportamento mentre svolgono i compiti previsti. Questo tipo di raccolta di dati si presta particolarmente bene all' analisi di attività procedurali o ripetitive, poiché in questi contesti tendono a essere messi in atto specifici comportamenti più volte al giorno in un ordine fisso. Quando il tipo di lavoro più complesso, la lista potrebbe decidere piuttosto di osservare un singolo dipendente affiancandolo per l'intera giornata lavorativa e registrando nei comportamenti (shadowing). Questi due metodi tuttavia non sono privi di svantaggi: entrambi forniscono più che altro un istantanea del comportamento e possono mancare di cogliere comportamenti messi in atto solo di rado o in circostanze eccezionali. Inoltre, l'interpretazione dei comportamenti di solito è compito della lista stesso, cui può sfuggire questo o quel dettaglio del lavoro sotto osservazione .Infine, questi metodi sono inadatti ai lavori in cui vi sia un problema di riservatezza, poiché la lista potrebbe essere esposto a pratiche lavorative o informazioni alle quali non dovrebbe avere accesso. dovrebbero essere inclusi nel programma di formazione, oltre che far luce sulle differenze individuali tra i lavoratori che potrebbero influenzare il processo di formazione. Approcci moderni allo studio del lavoro. Già da alcuni anni l’analisi del lavoro appare in declino. Essa è stata considerata statica e poco flessibile. Per questa ragione molti professionisti hanno cercato alternative che fossero più flessibili. Un’alternativa all’analisi di lavoro tradizionale è il competency profiling, cioè la specificazione del profilo delle competenze. I lavoratori sono definiti in relazione alle competenze di cui hanno bisogno per essere efficaci nel lavoro. Le competenze sono comportamenti osservabili sul posto di lavoro che costituiscono la base della valutazione della prestazione in termini comportamentali. Le competenze possono essere organizzate in sistemi di competenze che abbracciano un’ampia varietà di ruoli lavorativi. Per individuare le competenze può essere utile attingere a più fonti di informazione, come ad esempio informazioni tratte da analisi del lavoro preesistenti, ricerche esterne, dati raccolti con altre tecniche simili a quelle dell’analisi del lavoro ecc. Il competencymodelling (o profiling) è un passo avanti rispetto all’analisi di lavoro tradizionale, perché non solo viene specificato ciò che le persone devono fare per svolgere il loro ruolo, ma anche come differenziare le persone che lo svolgono più efficacemente rispetto a quelle che lo svolgono meno efficacemente. Work analysis. La work analysis è un ampliamento del concetto di analisi del lavoro che mette l’accento sulla necessità di comprendere l’esperienza del lavoro meglio di quanto non faccia l’analisi del lavoro tradizionale. La work analysis integra l’approccio orientato al lavoro e quello orientato al lavoratore con la considerazione del contesto nel quale il ruolo lavorativo viene esercitato. Essa prende in considerazione i fattori organizzativi più generali che possono influenzare il modo in cui il lavoro viene svolto, come il posto che esso occupa in un team o in un’organizzazione e gli obiettivi e la strategia dell’organizzazione. E’ possibile tracciare un parallelo tra la work analysis e la dimensione di analisi organizzativa della TNA. Tuttavia, mentre l’analisi organizzativa mira a individuare i potenziali ostacoli sulla strada del processo formativo, la work analysis individua i fattori che possono influenzare il modo in cui il lavoro viene svolto. CAPITOLO DUE. Job crafting per dipendenti e organizzazioni sostenibili. Oggi le organizzazioni sono alle prese con ambienti dinamici e mutevoli che rendono la flessibilità, l’adattamento e l’innovazione sempre più importanti. Al tempo stesso non vi è più garanzia d’impiego a vita e le competenze e le abilità richieste per i diversi lavori diventano ogni giorno più complesse e, al tempo stesso, perdono ogni valore. Per queste ragioni le persone devono essere in grado di lavorare senza soluzione di continuità conservando allo stesso tempo salute e benessere (occupabilità sostenibile). Inoltre le organizzazioni industriali devono fronteggiare frequenti cambiamenti tecnologici e organizzativi e un’aspra concorrenza internazionale. Per cui l’innovazione tecnologica è di vitale importanza per aiutare le organizzazioni a sopravvivere e avere un vantaggio competitivo. Tuttavia, l’innovazione sostenibile e l’occupabilità sostenibile richiedono necessariamente cambiamenti nell’organizzazione sociale del lavoro che permettano ai dipendenti di utilizzare e sviluppare meglio le proprie abilità, conoscenze e capacità. I dipendenti stessi dovrebbero personalmente farsi carico di mantenere a un livello ottimale le proprie abilità e competenze professionali. Inoltre, i dipendenti di oggi non devono semplicemente adattarsi ai cambiamenti organizzativi, ma essere proattivi e avviare o co-creare tali cambiamenti. Il Job crafting è una pratica che le organizzazioni possono stimolare nei dipendenti offrendo loro la possibilità di esercitarla di propria iniziativa. Il Job crafting può essere considerato come una forma specifica di comportamento proattivo in cui il dipendente interviene sulle richieste che il lavoro gli pone e sulle risorse a sua disposizione per trovare più significato, engagement e soddisfazione nel proprio lavoro. In questo modo, il Job crafting fa appello al potenziale di conoscenze del lavoratore, che conosce meglio di chiunque altro il lavoro che svolge. Che cos’è il Job crafting. La progettazione del lavoro è il modo in cui lavori, compiti e ruoli sono strutturati, messi in pratica e modificati e il modo in cui le relative strutture, pratiche e modificazioni influenzano i risultati di individui, gruppi e organizzazioni. La riprogettazione del lavoro è definita come il processo attraverso il quale vengono modificati alcuni aspetti del lavoro, del compito o della condizione del singolo lavoratore. Gli approcci tradizionali alla riprogettazione del lavoro prevedono tipicamente interventi dall’alto, cioè è l’organizzazione che riprogetta la struttura e il contenuto del lavoro. Tuttavia, la maggior parte di questi approcci si è dimostrata inadeguata e ciò ha fatto emergere nuovi approcci alla riprogettazione del lavoro, individualizzati e promossi dal basso, come il JonCrafting, che riconosce il ruolo dei singoli dipendenti quali agenti proattivi che modellano il proprio lavoro e ne modificano le caratteristiche. Caratteristiche del Job Crafting. Il concetto di Job Crafting fu introdotto da Wrzesniewski e Dutton nel 2001 per designare il processo attraverso il quale i dipendenti plasmano il proprio lavoro e lo hanno definito nei termini degli “interventi fisici e cognitivi con cui gli individui modificano i confini del loro lavoro a livello dei compiti o delle relazioni”. Il dipendente può cioè decidere di svolgere meno compiti o più compiti, o compiti differenti, rispetto a quelli dettati dalla descrizione formale del lavoro. Inoltre, il Job Craftingriguarda anche i confini cognitivi dei compiti, cioè il modo in cui l’individuo concepisce il proprio lavoro. Secondo gli autori il Job crafting soddisfa 3 bisogni umani: avere il controllo del proprio lavoro, esprimere un senso del sé più positivo, essere in connessione con gli altri. Tims e Bakker definiscono il Job crafting nei termini dei cambiamenti che i dipendenti possono mettere in atto per conciliare le richieste e le risorse lavorative con le loro abilità e i loro bisogni personali. Anziché circoscrivere il job crafting agli sforzi diretti a modificare compiti e relazioni, essi riformulano, estendendoli, i concetti di task crafting (il crafting riferito ai compiti) e di relationalcrafting (il crafting riferito alle relazioni). Il task crafting riguarda le richieste lavorative: la modificazione del compito consiste nell’aumentare le richieste sfidanti e/o ridurre quelle che sono d’intralcio; il relationalcrafting modifica le risorse lavorative disponibili, quelle sociali (per esempio, supporto e feedback) e/o quelle strutturali (per esempio, autonomia e varietà). In accordo con questo, Petrou e colleghi hanno definito il job crafting come qualcosa che implica: a) Ricerca di sfide b) Riduzione delle richieste lavorative c) Ricerca di risorse Ricercare sfide significa accrescere le richieste sfidanti, impegnarsi in compiti lavorativi nuovi e sfidanti, darsi da fare per l’intera giornata di lavoro, chiedere altre responsabilità una volta portati a termine i compiti assegnati. L’obiettivo primario è mantenere alta la motivazione e sfuggire alla noia, a conferma della tesi di Karasek e Theorellsecondo cui i lavoratori impegnati in ruoli attivi tendono a ricercare situazioni sfidanti grazie alle quali apprendere e padroneggiare meglio il ruolo. Ridurre le richieste poste dal lavoro, d’altra parte, significa ridurre il carico di lavoro e fare in modo che il lavoro non vada a detrimento della vita privata. Questo può essere considerato un meccanismo di copinga tutela della salute che può essere attivato quando le richieste diventano troppo pesanti. Misure del Job crafting. Il primo strumento per misurare il Job crafting riguarda le 3 dimensioni proposte da Wrzesniewski e Dutton. Tims, Bakker e Derkshanno sviluppato e validato una scala per il comportamento di Job crafting che comprende 4 dimensioni indipendenti del Job crafting: a) Incremento delle risorse lavorative sociali; b) Incremento delle risorse lavorative strutturali; c) Incremento delle richieste lavorative sfidanti; d) Decremento delle richieste lavorative ostacolanti Petroue colleghi hanno adattato la scala di Tims, Bakker e Derks ridefinendola nei termini di 3 dimensioni: a) Ricerca di risorse; b) Ricerca di sfide; c) Riduzione delle richieste; Non c’è distinzione tra risorse strutturali e sociali. Antecedenti del Job crafting. In generale, nella ricerca sugli antecedenti del job crafting si possono distinguere due orientamenti. Il primo orientamento attribuisce il Job crafting a fattori situazionali; secondo l’altro, sono gli attributi personali che determinano il comportamento di Job crafting. Indipendentemente dalle caratteristiche dell’obiettivo fissato, quando l’obiettivo ha un orizzonte a lungo termine, dovrebbero essere definiti anche gli obiettivi prossimali o sottobiettivi. Questi facilitano la gestione degli errori perché i dipendenti ricevono più informazioni di feedback. Oltre che più informazioni, gli obiettivi prossimati elevati e specifici forniscono una maggiore motivazione rispetto a un solo obiettivo distale. Qual è il metodo ottimale per la fissazione di obiettivi? Un obiettivo assegnato dall’esterno contribuisce ad elevare la prestazione tanto quanto un obiettivo fissato in modo partecipativo, purché sia noto il senso o la logica dell’obiettivo stesso. Tuttavia, questo è vero solo quando le persone hanno già le conoscenze e le abilità per raggiungere l’obiettivo. Riguardo agli obiettivi autodefiniti, un esperimento condotto in Canada ha trovato che il livello di difficoltà degli obiettivi, la loro accettazione, il loro raggiungimento e la prestazione nei compiti specifici del lavoro, non differivano rispetto a quando gli obiettivi erano assegnati da altri o erano fissati in modo partecipativo. Quale scala di misurazione dovrei usare per valutare la prestazione dei dipendenti? Per valutare le prestazioni dei dipendenti si usano spesso scale di tratto, riferite in genere a disposizioni di personalità (per esempio, coscienzioso, intraprendente, assertivo). Vi sono 3 ragioni interconnesse che consigliano di non usare questo tipo di scala. In primo luogo, i tratti sono così vaghi che è poco probabile che due o più persone (capi, colleghi, sottoposti) concordino sul giudizio da assegnare a un dipendente. In secondo luogo, i tribunali li tengono in scarso conto, proprio per la soggettività inerente al giudizio. In terzo luogo, è arduo, se non impossibile, definire obiettivi difficili e specifici che richiedano di mostrare questo o quel tratto nell’attività lavorativa (per esempio, mostrare un livello molto alto di intraprendenza). Altro strumento per la valutazione sono le misure di risultato, che si contrappongono alle scale di tratto perché appaiono più oggettive (per esempio vendere x automobili in y mesi ecc). E’ facile definire obiettivi sfidanti e specifici per una misura di risultato. Ma, al pari delle scale di tratto, vi sono delle controindicazioni. Un primo problema delle misure di risultato è che esse sono tipicamente influenzate da fattori che non hanno nulla a che vedere con ciò che il dipendente fa nel suo lavoro. Di conseguenza i dipendenti possono essere premiati/penalizzati per fattori su cui non hanno alcun controllo. Un secondo problema è che le misure di risultato sono spesso inadeguate perché non includono comportamenti dei quali il dipendente dovrebbe essere considerato responsabile (etica, valori, ecc.) Un terzo problema è l’esclusiva attenzione centrata sul risultato. Una soluzione a questi problemi è l’uso di misure comportamentali che possono essere ricavate da un’analisi sistematica del lavoro che specifichi i comportamenti che definiscono l’efficacia della prestazione. Il risultato è la creazione di una scala di osservazione comportamentale che può essere usata per l’autovalutazione, ma anche per la valutazione di un dipendente da parte del capo, colleghi ecc. Alternative alla valutazione di prestazione tradizionale. Vi sono non meno di 3 alternative alla tradizionale valutazione di prestazione capo-sottoposto: il feedback a 360 grazi, la tecnica feedforward e il coaching continuo.  Il feedback a 360 gradi: Ha come scopo principale la valorizzazione delle competenze, misurate per mezzo di questionari di auto-valutazione e di etero-valutazione. Le valutazioni sono fornite in forma anonima e ad esprimere un giudizio sul manager sono non solo i suoi diretti responsabili ma anche i colleghi e i collaboratori, clienti compresi, chiamati a valutare il suo lavoro e la sua personalità in forma del tutto anonima. Così si ottiene un quadro completo della prestazione di una persona, utilizzando una varietà di fonti, le quali hanno modo di osservare aspetti differenti della prestazione del dipendente.  La tecnica feedforward:Una seconda alternativa alla valutazione di prestazione tradizionale è la feedforward interview (intervista orientata al futuro). L’idea alla base è che i dipendenti possono individuare, se interrogati, le cose che sono riusciti a fare bene e possono creare le condizioni per fare ancora meglio. A differenza della valutazione di prestazione, l’intervista orientata al futuro guarda agli obiettivi di prestazione che un individuo può perseguire in futuro, piuttosto che soffermarsi sulle manchevolezze della sua prestazione passata. Esempi di domande poste in una FFI: ti prego parlami di uno specifico evento in cui ti ha fatto particolarmente piacere raggiungere un obiettivo. Quali sono le circostanze che ti hanno permesso di raggiungerlo? Che cosa hai fatto esattamente?  Coachingcontinuo del personale: un obiettivo fondamentale delle valutazioni di prestazione è infondere nei dipendenti il desiderio di migliorarsi continuamente. Questo obiettivo è ostacolato dal fatto che le valutazioni sono condotte di tanto in tanto. Nel coaching continuo le valutazioni sono condotte periodicamente, i dipendenti ricevono un feedback continuo che porta al raggiungimento degli obiettivi: le buone prestazioni vengono lodate, le prestazioni inadeguate vengono corrette e gli individui sanno quali comportamenti condurranno a prestazioni elevate.  Feedback fornito da un cliente misterioso: permette di superare la difficoltà incontrata dalla maggior parte dei manager nel fornire tempestivamente ai dipendenti un feedback sistematico sulla loro prestazione. In questo caso, il feedback proviene da una terza parte, un cliente ignoto sia al dipendente sia al suo superiore e perciò misterioso. Le ricerche sugli schemi di rinforzo mettono in discussione la necessità del coaching continuo. Una volta che un comportamento è stato appreso, non è più necessario rinforzarlo (per esempio con lodi e apprezzamenti) continuamente. Se viene fornito un rinforzo a intervallo fisso (per esempio una volta ogni ora), il comportamento si intensifica rapidamente, ma solo quando si avvicina la fine del periodo di tempo predeterminato. Invece, in uno schema a intervallo variabile, il comportamento desiderato si presenta con frequenza elevata e costante, perché per la persona è difficile, se non impossibile, venire a sapere quando il comportamento sarà rinforzato. Questa tecnica di coaching è vantaggiosa per 4 motivi: 1. Il cliente misterioso segue uno schema a intervallo variabile. Poiché sono ignari dell’identità dei clienti, i dipendenti devono mantenere un livello di prestazione elevato se vogliono ricevere una buona valutazione. 2. Il feedback dato ai dipendenti è incentrato sui comportamenti individuati dall’analisi del lavoro. 3. Il feedbackdel cliente misterioso può essere abbastanza tempestivo 4. Il feedback dato ai dipendenti proviene da una terza parte neutra. Ciò permette al manager di minimizzare la probabilità che il dipendente interpreti la valutazione come un attacco personale. CAPITOLO QUATTRO. LO SVILUPPO DELLE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE E IL LORO IMPATTO SUL MONDO DEL LAVORO E SULLE ORGANIZZAZIONI. Il ruolo della tecnologia nella vita lavorativa si è notevolmente ampliato da quando, negli scorsi anni ’70, ha avuto inizio la computerizzazione del lavoro. Da una prospettiva sociologica, Rosa annovera tra le caratteristiche più importanti del tardo capitalismo un processo generale di accelerazione sociale. L’accelerazione sociale consiste di tre aspetti correlati:  L’accelerazione tecnologica che è la conseguenza della rapida diffusione delle tecnologie. Un buon esempio di accelerazione tecnologica è lo sviluppo di Internet e dei social media nel corso di questi ultimi decenni;  L’accelerazione del cambiamento sociale che consiste nella velocità crescente con la quale si trasformano strutture organizzative in precedenza funzionali. Nei luoghi di lavoro, i dipendenti devono accrescere le loro conoscenze e abilità per adattarsi all’aumento della velocità del cambiamento nei processi organizzativi.  L’accelerazione del ritmo della vita, che è l’aumento del numero di eventi e di esperienze nell’unità di tempo. Intervalli e interruzioni sono più frequenti, i tempi morti nelle attività lavorative sono ridotti, vengono svolti più compiti contemporaneamente. L’uso delle tecnologie digitali nel lavoro individuale e di gruppo. Le tecnologie dell’informazione, oltre che per comunicare, sono utilizzate per elaborare e immagazzinare dati, informazioni e conoscenze in forma digitale binaria, cioè come combinazioni di 0 e 1 (bit). Perciò aiutano individui, imprese e organizzazioni a recuperare e a utilizzare informazioni. Oltre che per il lavoro individuale su dati e informazioni, le tecnologie dell’informazione sono utilizzate per favorire la condivisione di informazioni, la coordinazione e la collaborazione, nonché la co-creazione nel lavoro di gruppo e nella costruzione di comunità. Vi sono due tipi di tecnologie collaborative: quelle che permettono la comunicazione sincrona, online e quelle che permettono la comunicazione asincrona offline. Il lavoro digitale in Internet. Oggi la rete Internet sfrutta tecnologie cloud e strumenti di analisi di grandi volumi di dati, rendendo possibile la piena digitalizzazione del lavoro. Importante è Il cloud computingche è la distribuzione di servizi di calcolo, come server, risorse di archiviazione, database, rete, software, analisi e intelligence, tramite Internet ("il cloud"). Ciò comporta l’immagazzinamento di dati in centri connessi in rete e la loro elaborazione e distribuzione. Dai dati che transitano in internet è possibile estrarre una vasta mole di informazioni definita big data, che sono spesso alla base delle piattaforme cloud. Tre tipi di attori contribuiscono a organizzare il lavoro nelle piattaforme di cloud: 1. Le aziende di cloud computing che forniscono la piattaforma e gli eventuali servizi; 2. Le organizzazioni che utilizzano la piattaforma per sviluppare in essa i loro servizi; 3. Infine i lavoratori. I lavoratori digitali hanno accesso ai dati nel cloud per mezzo di dispositivi client connessi in rete come computer da tavolo, laptop, tablet, smartphone o qualsiasi altro dispositivo simile. L’utilità percepita si riferisce a quanto una persona crede che l’uso di un particolare sistema migliori la sua prestazione; la facilità d’uso percepita si riferisce a quantouna persona crede che l’uso di un particolare sistema non richieda sforzi. La teoria unificata dell’accettazione e dell’uso delle tecnologie (Venkatesh) è uno sviluppo del modello TAM. L’UTAUT si propone di spiegare le intenzioni di un individuo di usare le ICT e il suo successivo comportamento. Il modello pone 4 costrutti a fondamento dell’accettazione dell’utente e del suo comportamento: 1. L’aspettativa di prestazione 2. L’aspettativa di sforzo 3. L’influenza sociale 4. Le condizioni facilitanti Secondo il modello, la relazione tra questi quattro costrutti e l’accettazione/comportamento dell’utente è moderata da quattro variabili critiche: il genere, l’età, l’esperienza e la volontarietà d’uso. L’implementazione del cambiamento. Kwon e Zmudhanno proposto un modello a 6 stadi del processo di implementazione di un sistema ICT. Gli stadi fanno riferimento al modello del cambiamento di Lewin, basato sui concetti di scongelamento, cambiamento e ricongelamento. In particolare, Lewin parlava dello scongelamento delle norme esistenti, seguito dal loro cambiamento e ricongelamento. Il modello di Kwon e Zmud descrive un processo di implementazione che va dall’analisi dei bisogni organizzativi fino a una piena ed efficace integrazione della tecnologia nelle pratiche quotidiane. Tuttavia, nella realtà, quasi mai il processo implementativo è lineare. Spesso è invece iterativo e i diversi stadi, almeno in parte, si sovrappongono. Il modello aiuta a comprendere i diversi stadi, le attività a essi connesse e la loro importanza nel processo di implementazione di un sistema ICT. Tuttavia, per spiegare il cambiamento organizzativo e in particolare l’implementazione dei sistemi ICT, sono stati proposti diversi modelli alternativi, alcuni dei quali adottano una prospettiva sociomateriale. Questi modelli rifiutano la progressione graduata e ordinata dei cambiamenti pianificati e sottolineano piuttosto la natura imprevedibile ed emergente del cambiamento sociale e il suo carattere incrementale. L’adozione: bisogni psicologici, informazioni e partecipazione al cambiamento. L’implementazione delle ICT e il loro utilizzo spesso non hanno buon esito perché i dipendenti non accettano fino in fondo le nuove ICT e/o non sono motivati a usarle. La teoria dell’autodeterminazione (Dieci e Ryan) aiuta a spiegare la mancanza di motivazione all’uso delle ICT. La SDT afferma che il comportamento umano è definito da diversi tipi di motivazione, che variano per il grado di autodeterminazione. Un aspetto importante della SDT è che la motivazione estrinseca può espandersi per mezzo di una varietà di processi di regolazione e introiezione. La regolazione per introiezione è un tipo di motivazione estrinseca autonoma e interiorizzata nella quale un individuo è coinvolto in un’attività perché trova in quell’attività un significato personale. Nel caso delle ICT, gli individui possono usare di buon grado un sistema ICT perché esso si è dimostrato utile e li aiuta a svolgere i loro compiti. Sia la motivazione intrinseca, sia la regolazione per identificazione sono i tipi di motivazione autonoma che favoriscono esiti comportamentali positivi. Un'altra tesi importante della SDT è che i tre bisogni fondamentali, quelli di competenza, autonomia e di relazioni sociali, sono correlati positivamente con entrambi i tipi di motivazione autonoma. Se viene favorita la percezione di competenza grazie a sfide e feedback ottimali, se vinee allentata la pressione e accresciuto il grado di controllo sul lavoro, e se viene creato un ambiente interpersonale positivo caratterizzato da comunicazione aperta e lavoro in team, i dipendenti saranno più propensi ad adottare uno stile motivazionale autonomo. Alcune raccomandazioni sono le seguenti:  L’introduzione pianificata di nuovi sistemi ICT deve essere comunicata in anticipo agli utenti finali  Gli utenti dovrebbero avere l’opportunità di partecipare almeno in parte ai processi di implementazione. Gli utenti possono avere alcune responsabilità riguardo alla scelta del sistema e al processo di implementazione o possono prendere altre decisioni nello stesso.  La mole dei cambiamenti e la tempistica dei processi di cambiamento devono essere pianificate con la massima cura  Nel corso dell’implementazione, dovrebbe essere assicurato un supporto ad ampio raggio. Dovrebbero essere offerti strumenti formativi di qualità elevata. Gli utenti dovrebbero avere abbastanza tempo per adattarsi ai nuovi sistemi. CAPITOLO CINQUE. SULL’INTERDIPENDENZA TRA LAVORO, ORGANIZZAZIONE E TECNOLOGIA. Prima della diffusione dell’industrializzazione nel Diciannovesimo secolo, il lavoro così come lo conosciamo oggi non esisteva neppure. Il lavoro non era di solito concepito come un ambito a sé stante della vita umana. La maggior parte delle persone viveva in un’economia di tipo familiare, che non faceva distinzione tra il vivere e il guadagnarsi da vivere. Gli orari erano dettati dalla natura e dalla tradizione. Le condizioni di vita erano certamente primitive e faticose, ma non frenetiche e non molto efficienti. Tutto questo cambiò con l’industrializzazione e con la nascita delle “fabbriche”. Al cuore delle fabbriche si trovavano grandi macchine industriali in grado di fare il lavoro di cento uomini. Dato che le macchine erano tanto necessarie quanto costose, per ripagarsi dovevano funzionare a tempo pieno o quasi. A questo scopo la forza lavoro deputata a mantenere in funzione le macchine doveva osservare orari di lavoro regolari e precisi. Dalle necessità delle macchine nacque una rudimentale organizzazione del lavoro, cioè un’organizzazione della forza lavoro che si esprimeva in un insieme di regole che mettevano l’accento sulla necessità di conformarsi alle condizioni di tempo, spazio e autodisciplina richieste dalle macchine. Il contributo umano si ridusse al compito relativamente semplice di alimentare, riparare e mantenere efficienti le macchine e di trasferire da un luogo all’altro i prodotti. Il lavoro divenne subordinato alla produzione meccanizzata. Altro aspetto importante è quello che riguarda il contratto di lavoro: il moderno contratto di lavoro è al tempo stesso più libero e limitato; è libero nel senso che i dipendenti non sono assunti per un compito specifico. Sono assunti per seguire le regole del lavoro, quali che siano. In altri termini, i dipendenti prestano la propria opera a discrezione del datore di lavoro. Ma il lavoro è anche più limitato, nel senso che suo oggetto non sono i dipendenti come individui. Si applica solo al loro lavoro. Quella tra il lavoro e la persona che lo svolge è una distinzione importante, non solo per comprendere la natura delle organizzazioni, ma anche sul piano giuridico. Anche se i datori di lavoro posseggono il lavoro per il quale pagano, essi non possono entrare in possesso della persona reale che sta dietro a quel lavoro. Ne segue che, a differenza del patto preindustriale tra servo e padrone, il moderno contratto di lavoro non accorda al datore di lavoro il diritto giuridico di prendere decisioni per conto della persona su questioni estranee al lavoro. Fu da questi requisiti che nacque la concezione moderna del lavoro, come impiego o ruolo polifunzionale, chiaramente circoscritto nel tempo e nello spazio. Nel corso del Ventesimo secolo, lo sviluppo tecnologico proseguì e le questioni riguardanti il lavoro furono regolate ancora più in dettaglio. Il processo di produzione divenne più complesso, insieme con le specifiche competenze tecniche e produttive necessarie per il lavoro Nuove tecnologie derivanti dai nuovi tipi di lavoro. Quando un’infrastruttura consolidata è messa in discussione da una nuova infrastruttura tecnologica, essa cerca di rispondere alla sfida con piccoli aggiustamenti. Ne risulta una varietà di tecniche di transizione “ibride”. Per esempiol’orario flessibile che permette ai lavoratori, entro certi limiti, di entrare e uscire a proprio piacimento, purché soddisfino una quota prestabilita di tempo di lavoro. Si tratta in un certo senso di un compromesso che cerca di tenere insieme vecchie e nuove infrastrutture. Un’altra tecnica ibrida è il telelavoro (o lo smart work), reso possibile dai personal computer, i telefoni cellulari e le nuove tecnologie di comunicazione che hanno reso permesso di lavorare da casa invece di recarsi al lavoro tutti i giorni, perdendo tempo e aggravando il traffico delle ore di punta. Però, proprio come l’orario flessibile, il telelavoro non soddisfa appieno né il vecchio né il nuovo sistema. L’attività è circoscritta nel tempo e nello spazio esattamente come prima, anche se in due luoghi differenti. Quando si cerca di rispettare una scadenza, non è importante se si lavora in casa o in ufficio, quel che costa è finire in tempo. Il ricorso a un quadro spazio-temporale fisso rischia di essere più frustrante che utile. Alla base del telelavoro vi è la facilità di accesso ad un computer, sia a casa che a lavoro. Esso comprende numerose applicazioni che facilitano la gestione, la coordinazione e la “produttività”. Dalle tecniche che governano le nuove forme di lavoro si può dedurre che il semplice fatto di ricoprire una posizione funzionale all’organizzazione non è più abbastanza. Il sistema tecnologico presuppone, in primo luogo, che il lavoratore sia un attore indipendente e autonomo, in grado di trovare, riconoscere e mettere assieme i mezzi necessari per svolgere il suo compito. In secondo luogo, fare bene il proprio lavoro non è più abbastanza: la cosa importante è raggiungere risultati. In terzo luogo, anche se è importante essere indipendenti e agire autonomamente, bisogna anche saper “giocare di squadra” e stare dentro il paradigma culturale accettato nell’organizzazione. CAPITOLO 6. LE TECNOLOGIE BASATE SUL COMPUTER. BILANCIO COSTI-BENEFICI PER LAVORATORI E ORGANIZZAZIONI. Il concetto di tecnologia basata sul computer non si applica solo alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) come la posta elettronica e Internet, ma comprende una grande varietà di tecnologie e artefatti di cui le persone fanno largo uso (pompe di infusione per la somministrazione dei farmaci, sistemi automatizzati impiegati in contesti sociotecnici avanzati come le cabine di pilotaggio dei jet commerciali, le sale di controllo delle centrali nucleari o gli interventi di chirurgia robotica). D’altra parte, la tecnologia ha cambiato la natura del lavoro delle persone che devono usare questi sistemi, rendendo il lavoro molto più complesso e creando nuove patologie. Se inizialmente si trattava soprattutto di problemi muscolo-scheletrici provocati da posture lavorative statiche, oggi prevalgono i problemi di salute psicologica, come la frustrazione e la rabbia quando la tecnologia non si “comporta” secondo le attese e sono molto frequenti anche la fatica mentale, la noia e lo stress. (espressioni facciali, tono emotivo ecc). Di conseguenza, la comunicazione mediata può facilmente portare a fraintendimenti: è per questo che le persone usano sempre più spesso le “emoticon” nei loro messaggi. Per quanto riguarda le email, dato che sono veloci, spesso ci si aspetta una risposta rapida e gli stessi destinatari possono sentirsi costretti a rispondere rapidamente. Una risposta ritardata può essere interpretata come un segnale magari di disinteresse verso il messaggio o il mittente. Recentemente, le aziende hanno cominciato a sviluppare protocolli per un migliore utilizzo delle tecnologie ICT. Alcuni esempi: non controllare le email di lavoro dopo le 20:00 e nei fine settimana, pensare a quale tipo di messaggio sia più confacente a quale tipo di mezzo di comunicazione e così via. Ne può seguire l’introduzione di vincoli sull’interazione uomo-macchina, per esempio, regole per l’utilizzo di certi dispostivi fuori del lavoro in modo da rafforzare l’autogestione e l’autonomia. Altro aspetto rilevante è l’utilizzo di Internet da parte delle organizzazioni. I profili su facebook e altre informazioni disponibili in Internet possono essere utilizzati dalle organizzazioni per vagliare le richieste di lavoro. Di fatto, qualunque informazione indesiderabile o negativa è disponibile e può essere utilizzata. Ci sono persone che hanno perso il lavoro a causa di messaggi postati d’impulso, senza troppo pensare, su Facebook o su Twitter. Le molestie digitali sono diventate un fenomeno sociale, ma hanno luogo anche sul lavoro. Sulla base dello sviluppo della relazione uomo e macchina, Hancock prevede 3 ruoli possibili per gli esseri umani nella tecnologia del futuro: essi potranno essere padroni, servitori o schiavi delle macchine. Hockey ha elaborato un modello della prestazione umana in compiti complessi che considera le varie modalità di controllo, lo stato soggettivo dell’operatore, gli effetti a livello della prestazione e lo sforzo. Questo modello può essere riferito ai livelli di automazione e ai ruoli degli operatori umani descritti da Hancock e può essere adattato per dar conto delle conseguenze dell’automazione sulla salute dei lavoratori. La modalità aumento dell’impegno corrisponde a un sistema uomo-macchina in cui l’operatore umano controlla la macchina ed è consapevole di quanto accade. In questo ruolo egli può profondere lo sforzo richiesto e mantenere la prestazione a livello ottimale, con conseguente soddisfazione e benessere sul lavoro. La modalità strain corrisponde a un sistema uomo-macchina in cui la macchina definisce i limiti e i vincoli del lavoro. In questo tipo di interazione, gli operatori umani sono asserviti alla macchina. Possono mantenere la prestazione prevista, ma il prezzo da pagare è uno sforzo crescente insieme ad ansia e fatica cronica. La modalità ritiro dell’impegno corrisponde a un sistema completamente automatizzato in cui gli operatori umani sono coinvolti nel ciclo di attività per tenere in funzione o supervisionare il processo, ma non hanno alcun controllo sulla macchina. Possono dunque abbassare o addirittura perdere di vista gli obiettivi della loro attività. La conseguenza è un deterioramento della prestazione dell’operatore, accompagnato da livelli elevati di stress, depressione e sentimenti di ansia. La fiducia nelle tecnologie e la loro accettazione. Il modo in cui le persone rispondono a una tecnologia dipende, in buona misura, dal livello di fiducia che ripongono in essa. Hancock e colleghi hanno condotto una metanalisi per fare luce sugli antecedenti della fiducia nella tecnologia. Essi hanno quantificato gli effetti sulla fiducia percepita nei robot di una serie di fattori legati alla persona (caratteristiche demografiche, propensione alla fiducia, fiducia in sé stessi), fattori legati ai robot (affidabilità, prevedibilità, trasparenza, livello di automazione) e fattori legati all’ambiente ( cultura, comunicazione, tipo di compito). Le prestazioni e gli attributi del robot erano le variabili più importanti per lo sviluppo della fiducia. I fattori umani e ambientali erano associati alla fiducia solo debolmente. CAPITOLO 8. SICUREZZA ORGANIZZATIVA E CONTRATTO PSICOLOGICO. Una funzione cruciale delle organizzazioni è accogliere e integrare i nuovi dipendenti il più rapidamente ed efficacemente possibile. Questo processo è chiamato inserimentoo socializzazione organizzativae può essere definito come il processo attraverso il quale un individuo acquisisce le conoscenze e le abilità sociali necessarie ad assumere un ruolo nell’organizzazione. Tale processo va oltre l’apprendimento degli aspetti tecnici del nuovo lavoro.: si tratta di acquisire familiarità con la cultura dell’organizzazione e di trovare il proprio posto nel tessuto sociale della nuova organizzazione. In breve, si tratta di una transizione che non riguarda solo i giovani al primo lavoro, ma ha luogo ogni volta che c’è un cambiamento significativo nel contesto lavorativo di una persona; per esempio, quando un individuo è promosso o cambia ruolo. Nel corso di questo periodo, i nuovi dipendenti imparano a conoscere il nuovo ruolo, i colleghi e l’organizzazione ed è anche il momento in cui i nuovi dipendenti si formano una prima impressione sulla nuova organizzazione, se il lavoro è come se lo aspettavano e se resteranno a lungo nell’organizzazione. Il periodo tra il primo giorno di lavoro di un dipendente e quello in cui entra a far davvero parte dell’organizzazione è un periodo critico che dura tipicamente circa un anno. Essere “nuovi” è infatti una condizione stressante, come hanno già osservato alcuni decenni fa Berger e Calabrese; i nuovi dipendenti hanno di fronte un nuovo ambiente di lavoro, con nuovi colleghi, un nuovo manager e nuovi compiti lavorativi. Un obiettivo centrale del processo di socializzazione è perciò fornire ai nuovi arrivati risorse utili a ridurre le ambiguità e a comprendere meglio il loro ruolo e la loro nuova organizzazione. Le ricerche mostrano che gli eventi e le esperienze che hanno luogo nei primi 30-90 giorni sono cruciali in tal senso. Per esempio, che la scrivania e gli strumenti di lavoro di un nuovo dipendente siano pronti fin dal primo giorno o che egli riceva il benvenuto del supervisore sono segnali che indicano a neoassunto che lo si apprezza e che il suo arrivo è considerato importante. FiveC’s Model dell’inserimento. Bauer ha descritto 5 fattori collegati all’inserimento. Essi sono: 1. L’ottemperanza:si riferisce al disbrigo della documentazione richiesta dal lavoro. Questi adempimenti devono essere svolti nel corso del processo di inserimento per motivi legali e logistici. Le organizzazioni devono occuparsi di queste cose, ma ci sono differenze strategiche nel modo di farlo. Le varie modalità indicano ai nuovi dipendenti quanto l’organizzazione li consideri importanti e quanto tenga alla loro buona riuscita. I nuovi arrivati si aspettano un inserimento agevole, perciò, se non trovano difficoltà, le loro aspettative sono semplicemente confermate. 2. La chiarezza: si riferisce alla quantità di informazioni a disposizione di un nuovo dipendente e al suo livello di consapevolezza. Le organizzazioni possono influire su questo fattore fornendo direttamente informazioni, assegnando compagni o mentori ai nuovi dipendenti o mettendo loro a disposizione materiali informativi. Da parte loro i nuovi arrivati possono influire su questo fattore adottando comportamenti proattivi, come ricercare informazioni e fare domande. 3. Il senso di collegamento: si riferisce al senso di integrazione e di accettazione del nuovo dipendente all’interno dell’organizzazione. All’inizio, il punto critico è sentirsi ben accolti. Col tempo, anche la costruzione di relazioni diventa importante. Le organizzazioni possono influire sul senso di collegamento inviando segnali di apprezzamento della diversità e dell’identità individuale, assegnando compagni o mentori e creando gruppi di affinità. Per esempio, i dipendenti di Google hanno istituito migliaia di gruppi di interesse speciali che variano per dimensioni e oggetto e permettono a ciascun dipendente di trovare il micro-gruppo di suo gusto all’interno di un’organizzazione molto vasta. 4. La fiducia: si riferisce al successo che il nuovo dipendente pensa di potere avere nello svolgimento dei compiti associati al suo ruolo. Avere fiducia significa che se ci sono difficoltà o le cose non vanno esattamente come previsto, i nuovi arrivati riusciranno a superare le difficoltà e andare avanti. Quanto più l’organizzazione aiuta i nuovi arrivati a capire che cosa ci si aspetta da loro, a fare chiarezza sul loro ruolo e a sostenerli mentre cercano di imparare cose nuove, tanto più i nuovi dipendenti saranno fiduciosi. Inoltre, i nuovi dipendenti entrano nell’organizzazione con i loro peculiari livelli di autostima e di autoefficacia e con i loro modi di affrontare le situazioni nuove e stimolanti e questi fattori influenzano anch’essi il livello di fiducia. 5. La cultura: si riferisce alla cultura organizzativa dell’azienda di cui i nuovi arrivati entrano a far parte. Che cosa fanno le organizzazioni per inserire i nuovi dipendenti? Esistono alcune strategie che le organizzazioni possono impiegare per favorire il successo del processo di socializzazione:  Reclutamento: ancor prima che entrino in un’organizzazione, i potenziali dipendenti se ne formano un’impressione. Quali sono i valori dell’organizzazione, se può fare al caso loro, come potrà essere il nuovo lavoro. La fase di reclutamento, nella quale l’organizzazione e il potenziale dipendente interagiscono e si valutano reciprocamente, è un momento importante che contribuisce a definire le aspettative e le impressioni del nuovo dipendente sull’organizzazione.  Anteprime realistiche del lavoro: Le anteprime realistiche del lavoro sono una specifica tecnica di reclutamento che è stata oggetto di numerose ricerche. Esse forniscono informazioni (positive e negative) sul ruolo lavorativo e permettono al candidato di formarsi delle aspettative più aderenti alla realtà. Per esempio, un’anteprima realistica del lavoro può dare ai candidati un’idea realistica di ciò che il lavoro implica, come i benefici associati e le risorse disponibili nonché le sfide o le difficoltà prevedibili, in modo che i candidati siano nella condizione di individuare da sé le organizzazioni in cui potrebbero avere successo.  Aspettative e contratti psicologici: Ogni interazione apporta piccole ma preziose informazioni che contribuiscono allo sviluppo del contratto psicologico tra il nuovo arrivato e l’organizzazione. I contratti psicologici sono costituiti dalle credenze che gli individui hanno riguardo a ciò che dovrebbe dare all’organizzazione (tempo, impegno, expertise) e ciò che si aspettano di ricevere in cambio (retribuzione, risorse, opportunità di sviluppo professionale ecc.). Le ricerche mostrano come la violazione e l’inosservanza percepita di questo contratto psicologico possano provocare nei neoassunti sentimenti di tradimento e di rabbia e danneggiare il rapporto di lavoro.  Orientamento: Uno degli strumenti usati più spesso dalle organizzazioni per aiutare i nuovi dipendenti a conoscere meglio l’organizzazione in cui sono appena entrati è l’orientamento dei neoassunti, che coincide con l’inizio della loro vita aziendale. Esso consiste tipicamente in programmi di formazione strutturati, condotti dall’organizzazione stessa, in cui i nuovi dipendenti ricevono informazioni sul nuovo lavoro e sull’ambiente lavorativo, nonché sull’organizzazione nel suo complesso. L’orientamento dei nuovi dipendenti avviene di solito nel primo giorno o nella prima settimana di lavoro. Come mostrano le ricerche, i nuovi dipendenti giudicano utile l’orientamento, anche se possono trovare difficile assimilare tante informazioni in un colpo solo. Perciò, alcune organizzazioni prevedono un intervento di orientamento all’inizio e, successivamente, uno o più Diversi fattori possono contribuire a determinare questa disparità. Ryan e Haslam hanno descritto anche il precipizio di cristallo in cui possono imbattersi le donne nelle organizzazioni: le donne tendono ad avere più probabilità di essere selezionate in posizioni di leadership per progetti ad alto rischio di insuccesso. Quando poi il progetto effettivamente fallisce, la responsabilità è attribuita alla donna a capo del progetto. Entrambi questi fattori sono il riflesso di uno stereotipo sottostante, quello delle donne quali leader inefficaci. Un’altra possibilità è che le donne siano meno motivate a conseguire posizioni di leadership più elevate o perché gravate da un carico sproporzionato di responsabilità familiari o perché consapevoli degli stereotipi sulle donne quali leader. Sono stati accumulati molti dati empirici sulle differenze tra uomini e donne in termini di leadership. A dispetto degli stereotipi per cui le donne sarebbero meno efficaci nei ruoli di leadership, i dati indicano che le donne leader tendono a essere meno autocratiche e più partecipative e ad avere comportamenti di leadership più efficaci rispetto agli uomini. Teorie comportamentali. L’incertezza riguardo al ruolo dei tratti indusse i ricercatori ad accantonare i tratti in favore dell’analisi dei comportamenti. I ricercatori della Ohio State University individuarono 2 aspetti del comportamento dei leader che apparivano particolarmente importanti. La considerazione includeva comportamenti focalizzati sulle persone piuttosto che sui compiti, come, per esempio, costruire relazioni di fiducia e dimostrare interesse per il benessere altrui. Invece, la promozione di struttura era riferita a comportamenti incentrati sul compito, per esempio stabilire le linee guida e procedure chiare su come svolgere il lavoro. Fissare obiettivi espliciti, definire programmi e standard di prestazione sono comportamenti di promozione di struttura. Una recente riconsiderazione delle evidenze alla base di queste ricerche ha confermato la validità delle tesi di fondo sulla promozione di struttura e sulla considerazione. C’è tuttavia ancora un problema in questo approccio comportamentale e nel modo in cui definisce la leadership efficace. L’idea di partenza era che lo stile di leadership più efficace fosse quello che coniugava livelli elevati di considerazione e di promozione di struttura, cioè, che i leader efficaci fossero quelli focalizzati in alto grado sia sul compito sia sulle persone. Tuttavia, la correlazione tra questi due tipi di comportamento è di fatto piuttosto piccola e in, alcuni studi, è risultata addirittura negativa, il che fa pensare che i leader con un’elevata promozione di struttura possano dimostrare poca o nessuna considerazione per i dipendenti e viceversa. A causa della contradditorietà dei risultati degli Ohio State, fu introdotta la nuova nozione di leadership contingente. I modelli della contingenza erano basati sull’idea che i leader dovrebbero mostrare comportamenti diversi in circostanze diverse, cioè, che lo stile di leadership più appropriato da mostrare dipenda dalla situazione. Le teorie della contingenza. Fred Fiedler è spesso ricordato come il padre della teoria della contingenza applicata alla leadership. Come i teorici del comportamento, anche Fiedler riteneva che i leader fossero orientati soprattutto al compito (cioè alla promozione della struttura) o alle persone (cioè, alla considerazione). Tuttavia, Fiedler estese la sua analisi prendendo in considerazione 3 aspetti situazionali da lui ritenuti particolarmente importanti per definire lo stile di leadership di volta in volta più appropriato. Egli sosteneva che i seguenti elementi: qualità delle relazioni fra leader e seguaci, l’esistenza di un’autorità o un potere formale nella relazione e la chiarezza degli obiettivi della prestazione, concorressero tutti a quella che egli chiamava favorevolezza della situazione. Secondo l’autore, i leader orientati al compito sono più efficaci quando la favorevolezza è molto alta o molto bassa. Al contrario, i leader orientati alle relazioni hanno più successo nelle situazioni meno estreme. Per esempio, in un’emergenza, può accadere che il leader non conosca le persone con cui sta lavorando, la struttura formale sia minima o assente e nessuno sappia che cosa stia succedendo. In questa situazione molto sfavorevole, secondo Fiedler, sarebbe più efficace un leader orientato al compito. I leader orientati al compito sono considerati efficaci anche in situazioni più favorevoli i cui vi sono relazioni forti e positive tra dipendenti e leader, gli obiettivi sono chiari e vi è una struttura di potere ben definita. Tuttavia, quando le condizioni sono più eterogenee, allora un leader orientato alle relazioni potrebbe essere più efficace. Forse l’aspetto più problematico della teoria di Fiedler è l’idea che si debba cambiare il leader secondo la situazione. Fiedler infatti era convinto che l’orientamento dei leader fosse stabile, un po’ come i tratti. Questo è un principio difficile da applicare per le organizzazioni, poiché significa cambiare manager ogni volta che la situazione cambia, cosa che ovviamente può creare problemi pratici all’interno dell’azienda. La griglia della leadership. La griglia manageriale di Blake e Mouton, recentemente ribattezzata Leadership Grid (Blake e McCanse 1991), è uno strumento di valutazione dello stile di leadership manageriale basato sull’idea che quest’ultimo possa variare secondo la situazione. Si tratta di una griglia che colloca l’orientamento ai risultati (cioè, portare a termine i compiti) e l’orientamento alle persone (cioè, andare incontro ai bisogni dei seguaci) lungo due dimensioni, ed è in riferimento a questi due assi che gli autori individuano 5 stili di leadership principali. 1. Gestione ricreativa: il leader presta particolare attenzione alla soddisfazione dei bisogni dei seguaci e alla costruzione di relazioni, mettendo in secondo piano il raggiungimento dei risultati. 2. Gestione debole: il leader non si occupa né delle persone né dei risultati, impegnandosi al minimo nella leadership. 3. Gestione intermedia: un approccio di leadership che concilia in modo equilibrato i comportamenti orientati alle persone con quelli orientati ai risultati. 4. Gestione di squadra: un elevato orientamento alle persone combinato con un elevato orientamento ai risultati produce alti livelli di commitment verso il lavoro da parte dei seguaci a un’elevata efficienza. 5. Gestione autorità-obbedienza: il leader pensa soprattutto all’efficienza e al raggiungimento dei risultati e mostra scarsa attenzione per le persone. Le due dimensioni sono molto simili alle dimensioni comportamentali della leadership descritte negli Ohio State Studies. Secondo questo modello, i leader devono scegliere lo stile più adatto tenendo conto sia delle persone sia dei risultati e uno stile di gestione orientato alla squadra. La path-goal theory. La path goal theory, proposta da House è fondata sull’idea che i leader debbano adattare il proprio comportamento alle circostanze. House riteneva che il leader avesse un duplice ruolo: a) coordinare gli obiettivi dell’organizzazione e quello dei seguaci e b) aiutare i seguaci a raggiungere tali obiettivi. I leader possono aiutare i seguaci intervenendo sul cammino (cioè sui mezzi per raggiungere questo o quello scopo) o sull’obiettivo (cioè, sul valore che i seguaci attribuiscono all’obiettivo o sulla loro percezione di poter raggiungere l’obiettivo). Sono 4 gli stili di leadership che i leader possono adottare per motivare i seguaci: 1. Leadership partecipativa, coinvolgere u seguaci nel processo decisionale e richiederne il feedback; 2. Leadership supportiva, mostrare attenzioni per i bisogni dei seguaci; 3. Leadership direttiva, dare una struttura ai compiti, fissare obiettivi chiari e fornire feedback volta per volta; 4. Leadership orientata alla riuscita, definire standard elevati per le prestazioni e stimolare i seguaci a soddisfare questi standard. L’efficacia di questi 4 stili varia secondo la situazione, cioè le caratteristiche dell’ambiente lavorativo e le caratteristiche dei seguaci. La teoria dei surrogati della leadership. Anche Kerr e Jermier hanno proposto una teoria contingenti sta della leadership, basata sull’idea che le caratteristiche situazionale possano sostituire o annullare gli effetti della leadership. Per esempio, professionisti come i medici sono in genere molto interessati al lavoro che svolgono e sono altamente competenti grazie a un lungo percorso di formazione. Persone del genere possono essere soddisfatte del loro lavoro e svolgerlo efficacemente anche senza che vi sia un leader a motivarle. Le moderne teorie della leadership. La ricerca moderna è dominata da due teorie in particolare la teoria dello scambio leader-membro e la teoria della leadership trasformazionale.  La teoria dello scambio leader-membro (Gerstner e Day 1997): al centro di tale teoria è la qualità della relazione tra il leader e il seguace. La teoria si basa sull’idea che il leader e i seguaci si influenzino vicendevolmente e che la cosa più importante sia la qualità di tale relazione. Questa prospettiva sulla leadership non è priva di problemi. Da un punto di vista pratico, la teoria non aiuta granché i leader a capire che cosa dovrebbero fare per migliorare la qualità della loro relazione con i seguaci. In secondo luogo, i leader e i seguaci potrebbero non concordare sulla qualità della relazione.  La leadership transazionale: Le transizioni possono essere sia di segno positivo sia di segno negativo. Gli stili di gestione sono i seguenti: - La gestione per eccezioni: ha luogo quando le transazioni sono principalmente negative. In questo tipo di gestione, i leader rispondono solo agli errori e al mancato raggiungimento di uno standard. Nella gestione per eccezioni di tipo attivo, i leader sono attivamente impegnati a individuare gli errori dei dipendenti. Fanno micro gestione, sorvegliano attentamente i dipendenti e li controllano costantemente per assicurarsi che i compiti siano svolti come si deve. In caso di errori, il leader biasima e punisce il seguace, al punto che questo tipo di leadership, agli occhi dei dipendenti, può sconfinare nell’abuso. - La gestione per eccezioni di tipo passivo combina elementi di entrambi gli stili descritti sopra. Per la maggior parte del tempo, questi leader ignorano i seguaci. Tuttavia, quando viene portato alla loro attenzione un errore o il mancato raggiungimento di uno standard, i leader rispondono con critiche e punizioni. A differenza della forma più attiva, la gestione per eccezioni di tipo passivo non prevede la ricerca attiva delle cose che non vanno ma fornisce, nel caso, la medesima risposta negativa. - I comportamenti di ricompensa contingente sono basati su transazioni positive, anziché negative. I leader che adottano questo stile fissano obiettivi chiari per i dipendenti e forniscono un feedback immediato e contingente sulla base del comportamento. Qui “contingente” significa che il comportamento del leader è basato sul comportamento del seguace. In caso di errori, il leader fornisce un feedback negativo e una correzione. Tuttavia, quando tutto va bene, il leader loda e supporta i dipendenti. 4. La struttura dell’organizzazione. La struttura dell’organizzazione cambia quando la leadership e il management di un’organizzazione mutano. 5. La cultura dell’organizzazione. Questa componente è difficile da cambiare, poiché questa permea tutte le componenti dell’organizzazione. Cambiamento radicale o cambiamento evolutivo. I cambiamenti organizzativi su larga scala sono stati chiamati rivoluzionari, radicali, trasformazionali e anche del secondo ordine. Ciò che tutti questi termini hanno in comune è il riferimento a cambiamenti complessivi che interessano un’intera organizzazione o almeno grandi parti di essa. Tali cambiamenti sono spesso pianificati con cura e promossi strategicamente affinché abbiano luogo in un breve arco di tempo. Vi sono poi cambiamenti evolutivi, continui, convergenti e transazionali di primo ordine, che riguardano parti di volta in volta differenti dell’organizzazione. Ad ogni modo, non esiste una differenza assoluta tra i due tipi di cambiamenti, essi possono essere pensati piuttosto come gli estremi di un continuum. Modelli di cambiamento sequenziale. Vi sono molti tipi di modelli di cambiamenti che cercano di comprendere in che modo i cambiamenti organizzativi sono pianificati e messi in atto. Poiché questi modelli sono basati sull’idea che il cambiamento passi attraverso una serie di stadi o fasi, sono chiamati modelli di cambiamento sequenziale. Un modello di cambiamento sequenziale ormai classico è il modello a tre stadi di Kurt Lewin. Secondo Lewin, per attuare con successo un cambiamento organizzativo, le resistenze al cambiamento devono essere affrontate a livello delle norme di gruppo. Per creare quest’accettazione a livello di gruppo, secondo Lewin, bisogna anzitutto far sì che tutti comprendano e accettino i fini del cambiamento e la sua necessità. Ciò significa far sì che le persone interessate dal cambiamento si rendano conto che le cose come stanno non funzionano o non funzioneranno in futuro. Perciò la struttura presente deve dissolversi in quella che Lewin chiama fase di scongelamento. Questa fase è seguita dalla fase di cambiamento (o trasformazione), nella quale il cambiamento è messo effettivamente in atto dall’organizzazione. Vi è poi la fase di ricongelamento, nella quale il nuovo sistema si assesta e si consolida nell’organizzazione. Lewin sosteneva che spesso le persone tornano a fare le cose come prima a meno che i comportamenti in linea con il nuovo sistema non siano rafforzati attraverso la ripetizione. Quest’ultimo passaggio del processo di cambiamento è perciò critico. Questo modello ha influenzato tutti quelli successivi. I tre stadi sono spesso suddivisi in ulteriori fasi o sottostadi attraverso i quali l’organizzazione deve passare affinché il cambiamento abbia successo. I modelli di cambiamento sequenziale poggiano su almeno tre assunti fondamentali: a) un cambiamento organizzativo può avere un punto di partenza; b) è possibile governare e controllare la direzione e la natura del cambiamento; c) un cambiamento organizzativo può giungere a termine e il cambiamento può essere reso permanente. Tali modelli sequenziali sono stati criticati per la loro natura statica e per l’assunto che tutte le organizzazioni possano passare attraverso gli stadi postulati dal modello nell’ordine prestabilito. I critici sostengono infatti che i cambiamenti organizzativi sono di natura dinamica e sono difficili da pianificare e controllare. Lo sviluppo organizzativo. Anche se molti cambiamenti organizzativi appaiono spaventosi o minacciosi agli occhi dei dipendenti, non tutti i cambiamenti suscitano comportamenti negativi o difensivi. Un esempio è quello del cosiddetto sviluppo organizzativo. I programmi di sviluppo organizzativo variano per ampiezza e durata e possono riguardare solo alcuni dipendenti o unità ma anche l’intera organizzazione. In genere tali programmi hanno l’obiettivo di dotare le persone o l’organizzazione di competenze utili per progredire ancora e per gestire le future sfide organizzative. Essi sono perciò proattivi e orientati al futuro. Ridimensionamento. Un altro tipo di cambiamento organizzativo, che potrebbe essere considerato l’opposto dello sviluppo organizzativo, è il ridimensionamento; esso implica quasi sempre una riduzione dei dipendenti ed è stato definito come una riduzione deliberata e pianificata delle dimensioni di un’organizzazione per accrescerne la redditività. Vi sono diversi metodi per ridurre il personale, tra i quali l’interruzione del rapporto di lavoro (temporanea o definitiva). Oppure, per ridurre il personale si può anche ricorrere a misure di incentivo al pensionamento per i dipendenti che hanno raggiunto una certa età o si può adottare la misura più graduale di non assumere nuovi dipendenti quando quelli vecchi lasciano il lavoro. Ma il tipo più comune di ridimensionamento è quello che consiste nel tagliare bruscamente il numero di dipendenti di un’organizzazione. Si è visto tuttavia che il ridimensionamento non è un toccasana per le organizzazioni in difficoltà, anzi le ricerche mostrano che le organizzazioni che hanno operato un ridimensionamento di solito continuano a ridimensionarsi ancora e che molte organizzazioni ridimensionate finiscono col chiudere i battenti. Una ragione per cui il ridimensionamento è una strategia che difficilmente ha successo ha a che fare con le reazioni dei sopravvissuti, che includono atteggiamenti più negativi nei confronti del lavoro e dell’organizzazione. Funzioni e acquisizioni. Un altro tipo di cambiamento organizzativo è la fusione in cui due o più organizzazioni si uniscono per formarne una più grande. Ma il rapporto di potere tra le organizzazioni può anche essere sbilanciato, con una delle due a dominare la nuova aggregazione. Le organizzazioni possono anche unirsi per acquisizione: in questo caso un’organizzazione più grande acquisisce o incorpora una o più organizzazioni più piccole che finiscono con l’essere assorbite dalla prima. Nelle acquisizioni accade spesso che l’assorbimento sia totale e che l’organizzazione dominante che effettua l’acquisizione costringa l’altra a rinunciare al nome e alla struttura organizzativa. Sia le fusioni sia le acquisizioni possono comportare un ridimensionamento, nella forma di tagli del personale. Privatizzazioni. Vi sono anche altri tipi di cambiamento di proprietà e di funzionamento che comportano cambiamenti organizzativi. Ne sono esempio le attività o le organizzazioni pubbliche che vengono privatizzate, ma il discorso può valere anche per altri tipi di cambiamento proprietario, non solo per le privatizzazioni. L’argomento principale a sostegno di queste forme di deregolamentazione e privatizzazione di attività pubbliche si basa sull’idea che, quando l’organizzazione si trova a competere in un mercato aperto, vi sia un vantaggio economico e la qualità dei prodotti o dei servizi dell’organizzazione sia migliore. Uno studio condotto in Gran Bretagna ha mostrato che sia la soddisfazione lavorativa sia il benessere generale del personale peggioravano in seguito alla privatizzazione dell’organizzazione. Ad ogni modo, i risultati degli studi sono ancora incerti. La valutazione del cambiamento organizzativo da parte dei dipendenti. Ciò che i dipendenti pensano di un cambiamento organizzativo può influire notevolmente sul suo successo. Sono state condotte molte ricerche per spiegare come i dipendenti percepiscono i cambiamenti organizzativi e reagiscono ad essi. La valutazione complessiva del cambiamento da parte dei dipendenti dipende in larga misura dal fatto che sia interpretato come necessario, legittimo e adeguato. Tuttavia, anche se le persone comprendono le ragioni del cambiamento e ne accettano i contenuti, la loro valutazione su come viene attuato resta decisiva ed è particolarmente importante che esse non si sentano a disagio e ritengano di essere trattate in modo corretto dall’organizzazione. Le teorie dello stress vengono spesso utilizzate per spiegare le valutazioni e le reazioni dei dipendenti rispetto a ciò che accade nel loro ambiente, come i cambiamenti organizzativi. Una teoria particolarmente preziosa al riguardo è la teoria transazionale dello stress di Lazarus e Folkman, secondo cui la valutazione di un evento è un fattore determinante delle reazioni individuali. Comprendere i meccanismi che possono spiegare come i vari aspetti del cambiamento organizzativo si traducono nelle reazioni dei dipendenti non è solo interessante dal punto di vista teorico, ma anche di grande importanza per la gestione di un’organizzazione. La teoria transazionale dello stress sostiene che gli individui interpretano e valutano che cosa una situazione possa significare per loro e che ciò determina il modo in cui essi reagiranno. L’assunto di base di tale modello è che gli individui interpretano la situazione e questa interpretazione determina il mood in cui reagiranno. Secondo il modello, nella prima fase del processo valutativo (valutazione primaria), gli individui cercano di determinare se si tratta di un evento positivo oppure potenzialmente stressante. In seguito alla valutazione primaria, il cambiamento organizzativo può anche essere giudicato potenzialmente stressante, cioè come una situazione che produce o minaccia un danno o una perdita. Queste valutazioni di danni o perdite reali o potenziali si riferiscono normalmente alle conseguenze negative del cambiamento organizzativo sul lavoro, su certi compiti lavorativi, sui colleghi, sulla sicurezza e/ o sulla stabilità. I cambiamenti organizzativi giudicati stressanti sono sottoposti a un’altra valutazione, dopo quella primaria; questa valutazione secondaria riguarda il modo di affrontare la situazione. La persona è chiamata a valutare di quali risorse ha bisogno per gestire la situazione e a capire se può utilizzare una delle strategie a sua disposizione per far fronte allo stress percepito associato alla situazione. Le conseguenze del cambiamento organizzativo. Non è raro che le fasi di preparazione e di attuazione di un processo di cambiamento siano contrassegnate da turbolenze. Secondo varie teorie dello stress, l’incertezza se avrà luogo qualcosa di stressante può in realtà pesare sull’individuo più dell’evento stressante in sé. Quando è avvenuto qualcosa di stressante o quando è noto che avverrà, l’individuo può cominciare a valutare quali risorse potrà mettere in campo per fare fronte (coping) alla situazione. L’incertezza su ciò che accadrà, al contrario, rende problematico il coping, poiché è difficile sapere quali strategie potranno essere utili per affrontare la situazione. Dato che le prime fasi di un cambiamento organizzativo sono caratterizzate da incertezza, tra le conseguenze a breve termine dei cambiamenti organizzativi vi sono spesso sentimenti di irritazione, sconforto e indifferenza. Altre conseguenze a breve termine possono essere la previsione da parte dei dipendenti che il contenuto del lavoro possa cambiare e diventare meno significativo e la loro preoccupazione per gli effetti del cambiamento sul posto di lavoro e sulla futura situazione finanziaria. Le conseguenza a lungo termine riguardano soprattutto vari aspetti della salute e del benessere, che in alcuni casi possono essere ancora presenti anche diversi anni dopo il cambiamento. I cambiamenti che comportano estese riduzioni del personale hanno conseguenze peggiori per i dipendenti rispetto ad altri tipi di cambiamenti. Brockner e collaboratori hanno coniato i termini senso di colpa dei sopravvissuti e sindrome dei sopravvissuti per descrivere le reazioni del personale rimasto in azienda dopo tagli di vasta portata. Queste Un altro fattore che influenza il modo in cui un cambiamento organizzativo ha effetto sui dipendenti è la posizione sociale. L’accresciuta incertezza associata ai cambiamenti organizzativi può essere percepita in modo differente a seconda delle posizione gerarchica all’interno dell’organizzazione. I dipendenti in posizioni più elevate generalmente sono a conoscenza del cambiamento che si attiverà, quindi hanno maggiori opportunità di influenzarne e controllarne il processo. Questi sono fattori che riducono l’incertezza e alimentano la fiducia nella possibilità di gestire la situazione, il che riduce lo stress relativo al cambiamento. Al contrario, i dipendenti in posizioni meno elevate generalmente hanno meno controllo e minori opportunità di influenzare il cambiamento. Queste persone percepiscono l’incertezza come più difficile da gestire e vivono il cambiamento come più stressante. Secondo altri studi, i dipendenti in posizioni intermedie vanno incontro a conseguenze maggiormente spiacevoli rispetto a chi occupa altre posizioni. Una possibile spiegazione è che i dipendenti in posizioni intermedie siano chiamati a contribuire all’attuazione del cambiamento in maggior misura rispetto a quelli in posizione inferiori, ma non abbiano accesso alle risorse per influenzare i cambiamenti che invece possono essere utilizzati dai lavoratori in posizioni più elevate. Importanza dei fattori organizzativi. Numerose ricerche hanno mostrato che alcuni fattori organizzativi possono incidere sulle conseguenze dei cambiamenti. Tali fattori comprendono un trattamento corretto da parte dell’organizzazione, il supporto sociale di supervisori e colleghi, strutture comunicative aperte all’interno dell’organizzazione e strategie di gestione delle risorse umane che offrano ai dipendenti l’opportunità di partecipare al processo decisionale. Un ruolo centrale è quello svolto dalla giustizia organizzativa, in che misura i dipendenti ritengono di essere trattati correttamente dall’organizzazione. Se i dipendenti ritengono di essere trattati in modo corretto dall’organizzazione, ne segue che essi possono comprendere meglio perché il cambiamento sia necessario e quali siano gli obiettivi del processo e ciò renderà meno probabile la resistenza a esso. Un altro fattore organizzativo che può influire sulle conseguenze del cambiamento è costituito dalla possibilità di partecipare al suo processo. Tale partecipazione può aiutare le persone a comprendere meglio il cambiamento e può favorire l’accettazione della ristrutturazione come qualcosa di necessario e può offrire al management delle prospettive alternative e contribuire a rendere più efficace il processo di cambiamento stesso. CAPITOLO 14. FLESSIBILITA’ ORGANIZZATIVA E LAVORI ATIPICI. I lavori atipici sono utilizzati frequentemente dalle odierne organizzazioni e spesso sono calibrati sulle necessità dell’organizzazione. Il rapporto di lavoro atipico è a tempo pieno, con una settimana lavorativa di 40 ore, a tempo indeterminato, senza un termine ultimo prestabilito e organizzato in modo tale che il lavoro si svolga presso l’organizzazione datrice di lavoro. Le occupazioni atipiche si possono discostare da quelle tipiche sotto uno o più dei seguenti aspetti: a) Numero di ore lavorative: un dipendente a tempo pieno lavora circa otto ore al giorno per 5 giorni la settimana. Quando il tempo di lavoro è inferiore a questa soglia, si parla di lavoro a tempo parziale. I lavoratori a tempo parziale possono lavorare da 1 ora fino a 30-34 ore la settimana. b) Durata del contratto: i contratti a tempo indeterminato sono caratterizzati dalla permanenza e dalla continuità dell’impiego. Nei contratti a tempo determinato, le parti coinvolte nel rapporto dei lavoro, il dipendente e il datore di lavoro, sono consapevoli che il contratto avrà termine in una certa data (per esempio, dopo sei mesi) o al soddisfacimento di una specifica condizione (per esempio, al rientro di un dipendente a tempo indeterminato). La durata dei contratti a tempo determinato può variare da qualche ora o giorno a diversi mesi o anni. I contratti a tempo determinato di breve durata sono utilizzati spesso per ovviare alle assenze del personale ordinario o per avere risorse aggiuntive quando il carico di lavoro aumenta. Un esempio è il contratto a chiamata o contratto a zero ore. Questi lavoratori non hanno un numero fisso o minimo di ore lavorative, ma sono chiamati in caso di necessità Un’altra forma di lavoro a tempo determinato è il lavoro stagionale, utilizzato specialmente nel turismo e nell’agricoltura. Questo rapporto di lavoro ha durata stagionale ma può essere rinnovato anno dopo anno. Contratti a più lungo termine sono spesso utilizzati per i lavoratori a progetto, che sono assunti per la durata prestabilita di un progetto o fino al termine di un certo compito. Un’altra specifica forma contrattuale è il contratto di sostituzione, che serve a sostituire un lavoratore a tempo indeterminato in congedo per una malattia di lunga durata o in congedo parentale. c) Responsabilità del datore di lavoro: Nel tipico rapporto di lavoro vi sono due parti: il datore di lavoro e il dipendente. Il datore di lavoro assume direttamente il dipendente per svolgere un certo lavoro presso la propria organizzazione. Alcuni rapporti di lavoro atipici, invece, possono coinvolgere tre parti: il dipendente svolge un lavoro presso l’organizzazione utilizzatrice ma è legato contrattualmente a un’altra organizzazione. L’organizzazione utilizzatrice è il datore di lavoro de facto ed è responsabile della gestione quotidiana del lavoro, per esempio della formazione del dipendente sulla sicurezza. L’organizzazione somministratrice è il datore di lavoro de jure ed è responsabile dell’assunzione e della retribuzione. Per esempio, i lavoratori in somministrazione hanno un rapporto lavorativo con un’agenzia per il lavoro e poi sono somministrati alle organizzazioni utilizzatrici, che ne ricevono la prestazione. Fino a che punto le forme di lavoro atipico sono tra loro comparabili al variare delle legislazioni nazionali? Esistono importanti differenze nelle tutele e nei benefici offerti ai lavoratori con differenti contratti atipici. Nell’Unione Europea sono in vigore leggi antidiscriminatorie che proibiscono ai datori di lavoro di trattare i lavoratori a tempo parziale o determinato diversamente dal personale ordinario. Ciò significa che questi lavoratori dovrebbero essere trattati nello stesso modo dei dipendenti a tempo indeterminato e a tempo pieno in materia di retribuzione, congedi, pensioni, benefici e ferie. Tuttavia, poiché molti di questi vantaggi dipendono dalla titolarità, dall’anzianità o da un periodo contributivo minimo, nella maggior parte delle organizzazioni i lavoratori a tempo indeterminato godono di maggiori privilegi. Ma all’interno dell’UE vi sono anche notevoli differenze. La natura delle forme di lavoro atipico: prospettiva organizzativa e prospettiva individuale. Per comprendere meglio che cosa significhi per un lavoratore avere un impiego atipico, i ricercatori possono adottare la prospettiva organizzativa e quella individuale. La prospettiva organizzativa mette l’accento sulla funzione che i diversi rapporti di lavoro hanno per le organizzazioni, giacché tale funzione influenza il modo in cui vengono trattati i lavoratori. Nella prospettiva individuale, le funzioni o le strutture organizzative oggettive sono percepite e interpretate dai singoli individui, i quali possono pensarla diversamente su ciò che le loro condizioni di lavoro significano e possono reagire diversamente ad esse. La prospettiva organizzativa. Il modello nucleo-periferia, proposto da Aronsson, Gustafsson e Dallner, evidenzia le potenziali differenze strutturali e organizzative tra l’occupazione a tempo pieno e indeterminato e varie forme di occupazione a tempo determinato. Il modello distingue nell’organizzazione un nucleo centrale e una successione di strati più o meno periferici, a riflettere il fatto che forme di impiego diverse assolvono funzioni differenti nell’organizzazione. La conseguenza è che i lavoratori con contratti di lavoro diversi sono trattati in modo differente. Il lavoro a tempo pieno e indeterminato rappresenta la condizione tipica; tutte le altre forme di impiego sono collocate fuori dal nucleo dell’organizzazione, in uno degli strati più o meno periferici. L’idea è che i dipendenti a tempo pieno e indeterminato (il nucleo) siano i dipendenti più qualificati e competenti di un’azienda; di solito sono nella loro posizione da più tempo e hanno più esperienza. Essi introducono nell’organizzazione un elemento un elemento di flessibilità funzionale, nel senso che ciascuno dei dipendenti a tempo pieno e indeterminato può svolgere un’ampia varietà di compiti. I dipendenti a tempo parziale e indeterminato costituiscono il primo strato che circonda il nucleo, perché i dipendenti part-time non sono presenti sul posto di lavoro nella stessa misura di quelli a tempo pieno. Inoltre, ai lavoratori part-ime accade più spesso di lavorare di notte, la sera e nei fine settimana. Il fatto che i lavoratori part-time siano meno presenti dei lavoratori a tempo pieno può renderli meno integrati nell’organizzazione e può ridurre l’accesso alle informazioni e le opportunità di partecipazione; tutto ciò può dare origine a condizioni lavorative meno soddisfacenti. I lavoratori a tempo determinato costituiscono un secondo livello di dipendenti periferici. Questi dipendenti possono lavorare a tempo pieno o parziale ma, poiché la durata del loro contratto di lavoro è limitata, non ricevono la stessa formazione. Hanno anche una minore sicurezza occupazionale e possono anche non godere dei benefici legati all’anzianità. Il cerchio successivo, procedendo verso l’esterno, è occupato dai dipendenti stagionali a tempo determinato. Questi lavoratori hanno meno contatti con i dipendenti a tempo indeterminato perché la maggior parte dei lavoratori dell’organizzazione è impiegata temporaneamente. Può non esserci alcuna sicurezza occupazionale, salvo, come talvolta accade, essere riassunti nella stessa stagione l’anno dopo. Infine, il cerchio più esterno è formato da lavoratori a chiamata che non hanno garanzia di un numero minimo di ore lavorative al mese. Questi lavoratori vengono assunti da un’organizzazione solo in caso di urgenze a breve termine. Perciò, i lavoratori a chiamata devono essere disponibili con un breve preavviso e non possono mai sapere in anticipo quando e quanto lavoreranno, il che accresce la loro insicurezza occupazionale e rende imprevedibili le loro entrate. Secondo alcuni, la posizione più o meno periferica può spiegare, almeno in parte, il modo in cui i lavoratori a tempo parziale o determinato percepiscono la loro condizione. L’aumento dell’insicurezza occupazionale, l’imprevedibilità delle entrate e l’accesso limitato alla formazione che si trovano in posizioni più periferiche possano avere meno attaccamento verso l’organizzazione. Ciò può provocare risposte di strain o comportamenti non conformi alle norme di sicurezza. In questa prospettiva, abbiamo deliberatamente tralasciato il caso dei lavoratori in somministrazione, perché non sono assunti direttamente dall’organizzazione. Si può dire che questi dipendenti abbiano una posizione periferica nell’azienda, ma, a seconda dei compiti cui sono preposti, possono essere più o meno periferici. Tale modello spiega solo in parte che cosa significa per i lavoratori occupare una posizione periferica. Gli individui possono percepire la loro situazione in modo molto differente l’uno dall’altro. La prospettiva individuale. Gli atteggiamenti e i comportamenti degli individui sono influenzati dal modo in cui essi valutano le situazioni, piuttosto che dalla realtà oggettiva. I dipendenti con contratti atipici possono trovarsi “bene” o “male” non solo in funzione della loro posizione più o meno periferica rispetto all’organizzazione; i loro
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