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Sistemi di stratificazione e teorie delle classi sociali, Sintesi del corso di Sociologia

Sistemi di stratificazioneSociologia delle disuguaglianzeTeorie sociologiche

I diversi sistemi di stratificazione delle società umane, con particolare attenzione al sistema di caste e alle classi. Vengono inoltre presentate le teorie del conflitto di classe di Marx e Weber. inoltre le dimensioni di controllo delle risorse economiche e l'intersezionalità delle disuguaglianze.

Cosa imparerai

  • Quali sono i quattro sistemi di stratificazione delle società umane?
  • Cosa si intende per intersezionalità delle disuguaglianze?
  • Come definisce Marx la classe operaia?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 15/12/2022

Luxxy238
Luxxy238 🇮🇹

4.7

(37)

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Scarica Sistemi di stratificazione e teorie delle classi sociali e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Capitolo 6. Stratificazione e classi sociali 1. SISTEMI DI STRATIFICAZIONE Per descrivere le disuguaglianze tra gli individui e gruppi nelle società umane, i sociologi parlano di stratificazione sociale. La stratificazione sociale non è connessa soltanto a fattori economici, può essere determinata anche dall’età, dal genere, dall’appartenenza religiosa. Individui e gruppi hanno un accesso ineguale alle risorse sulla base di questi fattori. Tutti i sistemi sociali stratificati, possiedono le tre seguenti caratteristiche: 1. La stratificazione riguarda categorie di persone accomunate da determinate caratteristiche. Ad esempio uomini/donne, ricchi/poveri. I singoli individui possono spostarsi da una categoria all’altra, ma la categoria continua ad esistere; 2.Le esperienze e le opportunità individuali dipendono dalla posizione relativa della categoria di appartenenza. Essere uomini o donne, ricchi o poveri, bianchi o neri … comporta grandi differenze nelle opportunità di vita; 3. I rapporti tra le diverse categorie sociali tendono a cambiare lentamente. Nelle società industrializzate, ad esempio, solo da poco tempo le donne hanno cominciato a raggiungere la parità con gli uomini in molti ambiti. Storicamente le società stratificate hanno conosciuto molti cambiamenti. Possiamo distinguere quattro sistemi di stratificazione delle società umane, fondate sulla: schiavitù, caste, ceti e classi. Alcune hanno coesistito, come ad esempio la schiavitù con le classi nella Grecia e nella Roma antiche. 1.1. Schiavitù La schiavitù è una forma estrema di disuguaglianza, per cui alcuni individui sono posseduti da altri come proprietà. A seconda della società di cui facevano parte, avevano compiti più o meno pesanti. In alcuni casi si trattava di abili artigiani, altri lavoravano nell’amministrazione dello Stato, i meno fortunati occupavano la loro intera giornata a lavorare nelle miniere. I sistemi schiavisti collassarono principalmente per due motivi: 1. Per i conflitti che essi stessi provocavano e per le loro ribellioni; 2. Perché è un sistema inefficiente, gli esseri umani sono motivati a produrre soltanto se ricevono in cambio incentivi economici o di altro tipo. Ancora oggi purtroppo vi sono casi di schiavitù, si tratta di un’importante violazione dei diritti umani. 1.2. Caste Un sistema di caste è una forma di stratificazione in cui la posizione sociale dell’individuo è fissata per tutta la vita, tutti devono rimanere al livello sociale in cui sono nati. E la condizione sociale dell’individuo si fonda su caratteristiche come la razza, l’etnia, il colore della pelle, la religione, la casta dei genitori. In questo tipo di società, è fortemente scoraggiato il rapporto intimo tra persone di caste diverse, infatti la “purezza” della casta viene spesso mantenuta con la regola dell’endogamia, ovvero l’obbligo per legge di o per tradizione di contrarre matrimonio all’interno del gruppo sociale di appartenenza. Le caste in India e in Sud Africa In India vi erano quattro caste principali, dall’alto in basso: i brahmini (saggi e leader spirituali), gli kshatriya (soldati e governanti), i vaishya (agricoltori e mercanti), gli shudra (lavoratori e artigiani). Al di sotto di queste quattro caste vi sono i dalit, ovvero gli “oppressi”, le persone con cui va evitato ogni contatto. Si occupano di lavori come smaltire i rifiuti e spesso si ritrovano a dover mendicare o cercare cibo tra la spazzatura. Nel 1949 l’India rese illegale la discriminazione per motivi di casta, ma tutt’oggi permangono forti tracce di questo sistema. Il sistema di caste sudafricano, detto “apartheid”, separava dai bianchi gli africani di pelle nera, gli indiani, i “coloured” (individui di razza mista) e gli asiatici. La casta era quindi fondata sull’appartenenza razziale. I bianchi (che costituivano appena il 15 per cento della popolazione) controllavano la ricchezza del Paese, possedevano la maggior parte della terra coltivabile, ecc. I neri (che costituivano i tre quarti della popolazione), erano segregati nei “bantustan” e potevano uscire solo per lavorare per i bianchi. Tutto ciò ebbe fine in seguito ad un devastante boicottaggio economico delle imprese sudafricane (organizzato dai neri), che costrinse i leader bianchi a smantellare il sistema. (anni ’90) 1.3. Ceti il sistema dei ceti ha caratterizzato principalmente il feudalesimo europeo. Il ceto superiore era composto dall’aristocrazia e dalla piccola nobiltà, poi vi era il clero con importanti privilegi di varia natura, e infine il “terzo stato”, di cui facevano parte funzionari, contadini liberi, mercanti e artigiani. In questo tipo di società erano ammessi matrimoni tra persone di ceti differenti e si tollerava un certo grado di mobilità. 1.4. Classi Si parla di classi per indicare vasti gruppi di persone che condividono lo stesso tipo di risorse economiche, che influiscono molto sulle loro condizioni di vita. Il possesso di beni e ricchezze e il tipo di occupazione, sono i fattori che determinano le differenze. Le classi si distinguono dalle altre forme di stratificazione in quattro modi: 1. I sistemi di classe sono fluidi. I confini tra le classi non sono mai netti, le classi non dipendono da ordinamenti giuridici o religiosi. I matrimoni tra classi diverse sono ammessi. 2. La collocazione di classe non è ascritta dalla nascita, è molto frequente la mobilità. 3. Le classi si fondano sul differente possesso e controllo di beni materiali. 4. Le disuguaglianze non si esprimono attraverso relazioni personali, ad esempio tra schiavo e padrone o servo e signore. Ma attraverso rapporti impersonali, ad esempio tra aziende e dipendenti sul punto di vista di salario e condizioni di lavoro. I sistemi di classi si sono diffusi con le società industrializzate. 2. TEORIE DELLE CLASSI SOCIALI Gli approcci teorici più influenti sull’analisi della stratificazione sociale di classe, sono riconducibili a Karl Marx e Max Weber. 2.1. Karl Marx: la teoria del conflitto di classe Marx studiò le società classiste nel tentativo di comprendere il loro funzionamento, arrivando alla tesi secondo cui le società industriali si fondano su relazioni economiche di tipo capitalistico. Per Marx una classe è un gruppo di individui che condivide un determinato rapporto con i mezzi di produzione, cioè i mezzi attraverso cui provvedere al proprio sostentamento. Nelle società industriali moderne, i mezzi di produzione di importanza primaria sono le fabbriche, i macchinari, ecc, e quindi il capitale necessario per poterli acquistare. Le due classi sono quindi: 1. La borghesia, coloro che detengono questi mezzi di produzione; 2. Proletariato o classe operaia, coloro che si guadagnano da vivere vendendo la propria forza lavoro. Secondo Marx il capitalismo si basa sullo sfruttamento dei lavoratori, infatti, nel corso di una giornata, i lavoratori producono più valore di quello che ricevono sottoforma di salario, e di questo valore in più (detto “plusvalore”), si appropriano i capitalisti come loro profitto. Supponendo che un gruppo di lavoratori tessili produca cento abiti al giorno, la vendita di settantacinque di questi copre il costo dei salari, delle attrezzature e degli impianti, mentre il ricavato degli altri venticinque costituisce il profitto. Marx impiega il termine “pauperizzazione” per indicare il processo mediante il quale la classe operaia subisce un progressivo impoverimento rispetto a quella capitalistica. Poiché, anche se gli operai accrescono il proprio benessere in termini assoluti, la differenza tra loro e i capitalisti continua ad allargarsi. Marx inoltre osserva che con la meccanizzazione della produzione, il lavoro diventa spesso noioso, monotono e insoddisfacente, e gli operai vivono una condizione di alienazione. Il lavoro è solo fonte di guadagno di denaro. Critiche al marxismo: 1. Viene ritenuta semplicista la divisione della società in due classi, borghesia e proletariato. Infatti la stessa classe operaia si divide tra lavoratori qualificati e non qualificati ecc. Quindi sarebbe impossibile un’azione comune da parte dei lavoratori. 2. Non si è avverata la previsione di una rivoluzione comunista guidata dalla classe operaia. Tutt’oggi ci sono ancora marxisti che credono che la società di classi sia destinata a scomparire, invece secondo i critici di tutto ciò non c’è traccia. Anzi, la maggioranza dei lavoratori è arrivata a possedere una buona quantità di sfruttata e si sarebbe ribellata. In realtà è divenuta sempre meno numerosa e sono migliorate le condizioni e gli stili di vita. Infatti moltissimi individui che ne fanno parte, posseggono la casa in cui abitano, automobili, lavatrici, televisioni, computer e cellulari. A tal proposito, con il termine “imborghesimento”, si indica il processo attraverso il quale si diventa “borghesi” per effetto del maggior benessere. Quando la tesi dell’imborghesimento fu formulata per la prima volta, negli anni cinquanta del ‘900, i suoi sostenitori affermarono che molti operai con redditi da classe media, ne avrebbero adottato anche i valori, la mentalità e gli stili di vita. Negli anni ’60 Goldthorpe e altri ricercatori condussero uno studio su questa tesi: se la tesi era vera, allora gli operai dovevano essere indistinguibili dagli impiegati dal punto di vista degli atteggiamenti verso il lavoro, il modo di vivere e la politica. La ricerca si basava su interviste agli operai. Emerse che effettivamente molti operai avevano raggiunto uno standard di vita paragonabile a quello della classe media, in termini di reddito e livelli di consumo, ma il lavoro che svolgevano non gli offriva opportunità, e neanche soddisfazioni. Inoltre molti di essi non frequentavano membri del ceto medio nel tempo libero e non aspiravano alla promozione sociale. Non c’erano dunque elementi per ritenere che gli operai si stessero orientando verso valori e modelli di comportamento tipici della classe media. Infine i sostenitori della tesi credevano che il miglioramento della situazione economica degli operai, avrebbe indebolito la loro vicinanza al Partito laburista e li avrebbe condotti più verso il Partito conservatore, invece non fu così. Dai risultati emerse che la tesi dell’imborghesimento era infondata. 4.4. Esiste un sottoproletariato? Il termine “sottoproletariato” viene impiegato per indicare il segmento della popolazione collocato all’estremità inferiore della stratificazione sociale. I suoi membri o sono disoccupati di lungo periodo, o lavorano saltuariamente, o sono senzatetto. Sono spesso descritti come “emarginati” o “esclusi” e possono dipendere a lungo dai sussidi dello stato sociale. Il sottoproletariato è inoltre spesso costituito da minoranze etniche sottoprivilegiate (si pensi ai neri). Molti ricercatori preferiscono parlare di “esclusione sociale”, con il vantaggio di riferirsi a processi sociali, piuttosto che individuali, dato che gli atri termini connotano significati negativi. 4.5. Classi e stili di vita Analizzando il concetto di “classe”, abbiamo visto che molti sociologi tendono a basarsi su fattori quali il rapporto con i mezzi di produzione, la posizione di mercato e il tipo di occupazione. Ma ci sono anche sociologi che lo fanno basandosi sullo stile di vita degli individui, e quindi la scelta dell’abbigliamento, dell’alimentazione, della cura del corpo, dell’uso del tempo libero ecc. Secondo il sociologo Pierre Bourdieu, vi sono quattro forme di capitale che definiscono la posizione di classe, fra cui uno solo di tipo economico. Infatti egli sostiene che le persone distinguono sé stesse dagli altri attraverso criteri non economici, bensì sul capitale culturale. Esso comprende l’istruzione, la sensibilità artistica, i comportamenti di consumo e l’impiego del tempo libero. Altrettanto importante è il capitale sociale, ossi le risorse che gli individui acquisiscono attraverso le relazioni con gli altri. Ed infine il capitale simbolico, che comprende il possesso di una buona reputazione. È un concetto simile a quello di “status sociale”, essendo basato sul giudizio che gli altri hanno su di noi. Secondo Bourdieu tutti questi tipi di capitali sono tra loro correlati e possederne uno può aiutare a conseguire gli altri. 4.6. Genere e stratificazione Il genere rappresenta uno dei più significativi fattori di stratificazione. Non esiste infatti società in cui gli uomini non abbiano, in alcuni settori della vita sociale, più potere, ricchezza e status delle donne. Ma secondo alcuni studiosi, come Goldthorpe, questo accade non per alimentare le disuguaglianze di genere, ma semplicemente perché la maggior parte delle donne svolge lavori temporanei e a tempo più parziale rispetto agli uomini, essendo impegnate per lunghi periodi nella maternità e nella cura dei figli o parenti. La tesi di Goldthorpe è stata criticata da diversi punti di vista: 1. Il reddito percepito dalle donne, anche se inferiore a quello degli uomini, risulta in molte famiglie essenziale per mantenere una certa posizione economica e un certo stile di vita. Quindi ne determina in via complementare la posizione di classe e non può essere trascurato; 2. A volte l’occupazione della donna definisce in via principale la posizione di classe della famiglia, ad esempio quando la moglie gestisce un negozio e il marito è un operaio; 3. Nelle famiglie in cui il marito rientra in una categoria di classe differente da quella della moglie, è più realistico trattare l’uno e l’altra come collocati in differenti posizioni di classe; 4. La percentuale delle famiglie in cui le donne sono l’unica fonte di reddito è in aumento, e in questi casi è la donna a determinare la posizione di classe. Goldthorpe ha mantenuto la posizione convenzionale, modificando però un po’ il suo modello. Per classificare una famiglia non ci si basa più sull’occupazione della figura del capofamiglia, ma su chi fornisce il maggior contributo al sostentamento familiare, che sia esso uomo o donna. 5.LA MOBILITA’ SOCIALE La nozione di “mobilità sociale” si riferisce ai movimenti di individui e gruppi tra diverse posizioni socioeconomiche. La mobilità è: 1. Verticale: si intende il movimento verso l’alto o verso il basso nella scala delle posizioni socioeconomiche. La mobilità ascendente si ha nel caso di chi guadagna in ricchezza, la mobilità discendente nel caso di chi si muove nella direzione opposta; 2. Orizzontale: si intende il movimento geografico attraverso quartieri, città, regioni, paesi. Queste due mobilità sono spesso combinate. Ci sono due modi di studiare la mobilità: 1. Mobilità intragenerazionale: è data dal cambiamento di posizione socioeconomica di un singolo individuo all’interno dell’arco di vita, indicato solitamente dalla sua carriera lavorativa; 2. Mobilità intergenerazionale: è data dal cambiamento di posizione socioeconomica rispetto alla generazione precedente. 5.1. Gli studi sulla mobilità La mobilità verticale indica fino a che punto gli individui nati negli strati inferiori, possono salire lungo la scala socioeconomica. E sotto questo aspetto la mobilità sociale è un’importante questione politica: quanto sono “aperti” i paesi industrializzati in termini di mobilità sociale? Un importante studio fu svolto in America da Blau e Duncan. Tutti i soggetti esaminati erano uomini (e ciò conferma che negli studi sulla mobilità sociale manca un approccio equilibrato in termini di genere), e si trattava della presa in esame di un periodo di oltre cinquant’anni. Emerse che negli Stati Uniti c’era molta mobilità verticale, ma tra posizioni vicine; la mobilità di “lungo raggio” era molto rara. Inoltre la mobilità ascendente era più comune di quella discendente, questo perché le attività impiegatizie e professionali aumentavano molto più rapidamente di quelle manuali e i figli dei lavoratori manuali potevano accedere alle posizioni dei colletti bianchi. Un altro studio fu condotto da Lipset e Bendix, che analizzarono dati relativi a nove società industrializzate. Contrariamente alle loro aspettative, essi non trovarono prova che nella società americana vi fosse una mobilità maggiore rispetto a quelle europee. Per questo giunsero alla conclusione che tutti i paesi industrializzati stavano attraversando una fase di mutamento caratterizzata dall’espansione delle mansioni impiegatizie. Infine ricordiamo lo studio di Marshall e Firth, che indagarono le percezioni soggettive delle persone in relazione ai loro cambiamenti di posizione sociale. Essi, ovvero, cercarono di capire se la mobilità fosse dovuta ad aspetti soggettivi come il senso di soddisfazione o insoddisfazione della vita familiare, del lavoro, del reddito ecc. Ma emerse bassa corrispondenza tra collocazione di classe e soddisfazione esistenziale complessiva. 5.2. La mobilità discendente È meno frequente di quella ascendente, ma pur sempre si tratta di un fenomeno diffuso. Nella dimensione intragenerazionale, è spesso dovuta a disturbi psicologici che impediscono di conservare il precedente standard di vita. Oppure è dovuta alla disoccupazione degli uomini di mezza età che lavoravano e fanno fatica a trovare un nuovo impiego, oppure lo trovano con una retribuzione inferiore rispetto a quella precedente. In merito a questo tipo di mobilità ci sono scarsi studi a cui far riferimento, ma è probabile che esse stia aumentando sia in Europa che negli Stati Uniti, questo a causa di ristrutturazioni aziendali e tagli occupazionali. Infatti a partire dal 2008 numerose imprese hanno dovuto tagliare posti di lavoro, sostituendo molte posizioni impiegatizie e operaie a tempo pieno, con occupazioni poco remunerate e a tempo parziale. La mobilità discendente è anche molto diffusa nelle donne divorziate o separate e con figli: se da sposate vivevano in condizioni relativamente agiate, adesso si trovano con l’acqua alla gola. 5.3. Genere e mobilità sociale Negli ultimi anni si è cominciato a prestare attenzione anche ai modelli di mobilità femminile. Nel complesso le donne hanno oggi opportunità molto superiori a quelle della generazione precedente. Le più avvantaggiate del cambiamento sono state le donne della classe media, che hanno avuto più o meno le stesse possibilità di accesso all’università e ad occupazioni ben retribuite. Le possibilità delle donne di fare una buona carriera stanno dunque aumentando, ma ci sono ancora degli ostacoli: datori di lavoro tendono ancora ad assumere personale di sesso maschile, forse perché convinti che le donne non sono realmente interessate alla carriera e la lasceranno una volta creata una famiglia.
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