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Le leggi costituzionali e la disciplina di materie riservate in Italia - Prof. Gragnani, Appunti di Diritto Pubblico

Diritto Costituzionalediritto amministrativoDiritto pubblico

Come le leggi costituzionali possono modificare il testo della Costituzione, soddisfare le riserve di legge costituzionali e irrigidire la disciplina di certe materie. Viene inoltre discusso il ruolo della legge come strumento privilegiato per realizzare l'indirizzo politico governativo e il suo posto di assoluto rilievo nell'ampio panorama delle fonti primarie statali. Il documento illustra i principi della rigidità costituzionale, la riserva di legge e il procedimento legislativo in Italia.

Cosa imparerai

  • Che cosa significa una riserva di legge costituzionale?
  • Quali sono le materie su cui la Regione può concludere accordi con Stati e enti territoriali?
  • Quali tipi di leggi possono modificare il testo della Costituzione?
  • Quali sono i principi determinati dalla rigidità costituzionale?
  • Come la legge è un strumento privilegiato per realizzare l'indirizzo politico governativo?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 04/09/2022

gtendi
gtendi 🇮🇹

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Scarica Le leggi costituzionali e la disciplina di materie riservate in Italia - Prof. Gragnani e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! CAPITOLO V LE SINGOLE FONTI DEL DIRITTO Compiremo la rassegna delle singole fonti del diritto sulla base della scala territoriale di riferimento: fonti internazionali ed europee, fonti nazionali e fonti regionali e locali. 1- LA COSTITUZIONE La costituzione italiana è stata approvata dall’assemblea costituente (eletta il 2 giugno 1946, nella stessa data nella quale si è svolto il referendum istituzionale per la scelta tra repubblica monarchia), Che è arrivata all’approvazione del testo della costituzione il 22 dicembre 1947. L’ispirazione della stesura della costituzione è stata attratta dalla scena internazionale prendendo ad esempio spunto dalla carta delle Nazioni Unite ed altri trattati. La costituzione italiana infatti a differenza di altre costituzioni globali, è frutto di un patto tra le forze antifasciste protagoniste della resistenza e riconducibili principalmente alle tradizioni culturali cattoliche, marxista e liberal-democratico. Ciascuna di queste tre componenti ha collaborato con le altre per dare vita a quello che è il compromesso costituzionale. Possiamo infatti trovare alcuni articoli della costituzione riconducibili ad un partito piuttosto che ad un altro, ma quello che ha portato il grande compromesso costituzionale è stato quello che viene chiamato “velo di ignoranza”, ovvero il fatto che nessun partito politico agiva nel proprio interesse ma guardava verso il futuro. La nostra costituzione è una costituzione rigida, che si pone al vertice del sistema delle fonti (anche se non esiste una esplicita clausola di supremazia). Lo capiamo e lo deduciamo da varie disposizioni, per esempio l’articolo 1 comma 2 che dice che le maggioranze politiche devono rispettare la costituzione, o il 117 secondo il quale la legge statale e regionale deve rispettare la costituzione. La semplice affermazione della supremazia poi vorrebbe dire ben poco se non esistessero le garanzie della rigidità della costituzione. Esse si trovano nel titolo VI della parte II. La prima garanzia è quella della giustizia costituzionale che analizzeremmo più avanti, la seconda è quella della revisione costituzionale. Il fatto che la costituzione sia rigida infatti, non significa che essa non possa essere modificata, ma esistono dei limiti a questa possibilità di cambiamento. Innanzitutto la costituzione stessa, nell’articolo 138, prevede una procedura speciale ed aggravata attraverso la quale viene prodotta una fonte che prende il nome di legge costituzionale. Le leggi costituzionali possono servire a modificare il testo della costituzione (leggi di revisione costituzionale), a soddisfare le riserve di legge costituzionale (cioè disciplinare quelle materie che la costituzione stessa affida esclusivamente a tali fonti, per esempio gli statuti delle regioni speciali dell’articolo 116), e irrigidire la disciplina di certe materie che viene sottratta alla disponibilità del legislatore ordinario. In base all’articolo 138 Cost. occorre una doppia deliberazione da parte di ciascuna camera (anziché una sola, come per legge ordinaria). La prima deliberazione segue le regole del procedimento legislativo ordinario (maggioranza semplice, dei presenti). Prima della seconda deliberazione deve passare un intervallo non minore di tre mesi. La seconda deliberazione richiede la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera e non possono essere apportati emendamenti. Le leggi costituzionali sono approvate anche se nella seconda deliberazione non hanno raggiunto la maggioranza dei due terzi ma almeno la maggioranza assoluta (la maggioranza dei componenti) di ciascuna camera. In quest’ultimo caso però le leggi possono essere sottoposte a referendum popolare se richiesto entro tre mesi dalla loro pubblicazione da un quinto dei membri di una camera, 500.000 elettori o cinque consigli regionali (fanno eccezione le leggi costituzionali che modificano gli statuti speciali delle regioni che non possono essere sottoposti a referendum). Questo tipo di referendum è il referendum costituzionale o referendum o positivo, è volto a confermare o non confermare il testo approvato dalle camere. Ad oggi sono quattro i casi in cui è stato richiesto referendum oppositivo. Vediamo quindi che la costituzione è tutt’altro che immodificabile ma se non necessari tempi lunghi, riflessioni e una maggioranza molto più ampia di quella per le decisioni ordinarie. Vediamo però che non tutte le componenti le parti della costituzione possono essere modificate, possiamo infatti distinguere i principi supremi, che formano una sorta di micro gerarchia all’interno della gerarchia delle fonti. I principi fondamentali (art 1-12) non si possono modificare e sono sottratti alla revisione perché modificando questi si darebbe vita ad un vero e proprio nuovo ordinamento costituzionale. Un altro problema riguarda la costituzione e la sua efficace che si è posto appena la costituzione entrata in vigore; all’inizio non era scontato che la costituzione appena pubblicata avesse una reale efficacia di tipo normativo. Si distinguevano all’interno della costituzione delle disposizioni quelle che ponevano in essere norme direttamente precettive e quelle invece meramente programmatiche che si limitavano a fissare obiettivi e non vere proprie norme. Fu la corte costituzionale con la sua prima sentenza n. 1/1956 Che pose la costituzione come fonte immediatamente precettiva. 2- LE FONTI INTERNAZIONALI ED EUROPEE Il sistema delle fonti italiano si apre le fonti provenienti da altri ordinamenti, che lo integrano in coerenza con la visione evolutiva della sovranità esterna che caratterizza lo stato odierno come Stato costituzionale aperto. Come infatti evidenziano gli articoli 10,11 e 117, le fonti del diritto internazionale dell’Unione Europea possono entrare a far parte dell’ordinamento italiano. L’articolo 10 si riferisce alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, quindi le consuetudini universali i principi generali del diritto internazionale (tutela dei diritti umani, protezione dello straniero…). Per esempio l’obbligo di soccorso in mare non deriva dalle convenzioni sottoscritte dall’Italia ma è una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta (consuetudine internazionale). Queste norme, sulla base dell’articolo 10, operano direttamente nell’ordinamento italiano senza bisogno di un atto interno di recepimento; un’eventuale antinomia tra le fonti primarie italiane queste norme si traduce in un vizio di legittimità costituzionale che deve essere accettato dalla Corte Costituzionale. Qualora le norme internazionali si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento statale o con i diritti inviolabili della persona umana, e se non possono avere ingresso nell’ordinamento italiano. Un ruolo importante riguarda i rapporti tra l’Italia e gli ordinamenti extra statuali è svolto dall’articolo 11 che riguarda la partecipazione dell’Italia alle organizzazioni internazionali. Nella seconda parte dell’articolo infatti si dice che l’Italia consente, a condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace la giustizia tra le nazioni; e che promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. L’Italia entrata a far parte di numerose organizzazioni internazionali come l’ONU, la Nato e il consiglio d’Europa. Tra le organizzazioni internazionali un ruolo del tutto particolare svolto dall’Unione Europea. Nell’articolo 117 comma uno della costituzione, si stabiliscono i principi costituzionali relativi al rapporto tra le fonti interne le fonti internazionali europei. La disposizione afferma infatti che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Possiamo dire quindi che le fonti del diritto internazionale e quelle comunitarie sono vincolanti nell’ordinamento costituzione, in cui si parla della limitazione della sovranità nazionale. Questa possibilità di limitare la sovranità dello Stato non è però assoluta, non sempre si utilizza la scelta della non applicazione, soprattutto nei casi in cui il diritto europeo violi i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e diritti inviolabile della persona umana (è necessario che le fonti europee rispettino i contro limiti rappresentati dei principi fondamentali dei diritti inviolabile). 2) il secondo caso è un’antinomia tra le fonti interne una fonte del diritto europeo non Self- executing. In questo caso le direttive si configurano come norme interposte tra il diritto nazionale e gli articoli 11 e 117 per cui le fonti primarie interne connesse incompatibili devono essere dichiarate incostituzionali. Inoltre qualsiasi antinomia tra una norma primaria italiana e la carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea implica un intervento della corte costituzionale che dichiara incostituzionale erga omnes la norma interna, prescindere dal carattere self-executing o non delle disposizioni della carta invocate. L’istituzione competente a risolvere i dubbi interpretativi del diritto europeo è la corte di giustizia, l’organo giudiziario di vertice dell’Unione Europea. Essa svolge anche una funzione di interpretazione del diritto dell’unione attraverso il rinvio pregiudiziale (cioè i giudici nazionali qualora nel corso di un processo abbia un dubbio sull’interpretazione di una norma europea, possono sospendere il giudizio è sollevare una questione pregiudiziale dinanzi alla corte di giustizia, la sua decisione è definitiva). 3- FONTI NAZIONALI Nello stato contemporaneo si perde l’assioma che ci ha portato a identificare la legge come la manifestazione della volontà dello Stato. Questo non solo per via della subordinazione della legge alla costituzione, ma anche per altri fenomeni, come l’affermazione progressiva di fonti di carattere infra statale, internazionale o sovranazionale. Oggi le fonti del diritto di provenienza nazionale non hanno più quell’esclusività che le caratterizzava fino alla metà del secolo scorso. La legge non è più soltanto un atto normativo generale d’astratto ma diventa lo strumento privilegiato per la realizzazione dell’indirizzo politico governativo è un mezzo per eliminare quegli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona e la sua partecipazione alla vita dello Stato, in connessione al carattere sociale della forma dello Stato. Alla legge, nonostante abbia perduto il ruolo centrale, spetta comunque un posto di assoluto rilievo nell’ampio panorama delle fonti primarie statali. Per legge si intende l’atto normativo, deliberato dalle due camere del parlamento in un identico testo, promulgato dal presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che trova le sue norme sulla produzione degli articoli 70 e seguenti della costituzione. Questo atto viene definito anche legge formale ordinaria, da cui si distinguono gli atti che la costituzione equipara ad essa quanto alla loro forza ma dotati di una forma diversa (quelli che vediamo successivamente). L’articolo 70 impedisce implicitamente di istituire altri tipi di fonti aventi forza di legge ad eccezione degli atti aventi forza di legge del governo e del referendum abrogativo. La rigidità della costituzione determina due principi: 1) il primo è il principio del numero chiuso delle fonti primarie, cioè sono solo quelle stabilite dalla costituzione; per creare nuovi fonti è necessaria una fonte costituzionale (una legge non potrebbe creare nuove tipologie di leggi ovvero atti aventi forza di legge, mentre la stessa legge potrebbe creare nuove fonti secondarie). 2) il secondo è che gli unici limiti che valgono per il legislatore sono quelli stabiliti direttamente dalla costituzione o da fonti pari ordinate. Riserve di legge La costituzione non parla del contenuto della legge, si limita a riservare ad essa la disciplina di alcune materie con l’istituto della riserva di legge. Si ha una riserva di legge quando una norma della costituzione o una legge costituzionale riserva alla legge la disciplina di una determinata materia escludendo, o ammettendo solo in parte che essa possa essere oggetto di altre fonti normative. Vediamo che sono sia materie attinenti alla garanzia dei diritti costituzionali (quindi al rapporto Stato cittadino), sia materie attinenti alla disciplina degli organi statali, per esempio la legge dice che il processo costituzionale deve essere disciplinato per quanto riguarda l’accesso alla corte costituzionale da una legge costituzionale. Spesso accade che le leggi stesse dicono che per un certo argomento deve decidere un’apposita legge costituzionale, questo rappresenta una grande garanzia perché in una legge costituzionale sono coinvolte anche le opposizioni e non la semplice maggioranza (Per approvare la legge costituzionale c’è bisogno della maggioranza assoluta, delle due delibere conformi di ciascuna camera, se non ha raggiunto i due terzi può essere eliminata con un referendum o positivo…). La riserva di legge costituzionale la garanzia più alta, ma ci sono anche moltissime riserve di leggi ordinarie. La riserva è interpretata come riserva di fonti primarie per cui possono intervenire anche atti aventi forza di legge con la sola eccezione delle riserve Che si riferiscono a leggi formali approvate dall’intera assemblea di ciascuna camera con il procedimento normale per le quali si parla quindi di riserva di legge d’assemblea. Distinguiamo tre diverse tipologie di riserve: la riserva di legge rinforzata, relativa e assoluta. La riserva di legge rinforzata avviene nei casi nei quali il legislatore deve limitare la sua discrezionalità in attuazione di istituti e limiti specifici già fissati nella costituzione, vediamo i casi in cui la discrezionalità del legislatore è limitata sotto il profilo del procedimento o del contenuto. Quando parliamo del profilo del procedimento per esempio dobbiamo pensare all’articolo 8 che prevede che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose siano disciplinati con legge sulla base di intese con le rappresentanze di tali confessioni, di conseguenza legislatore non può disciplinare tali rapporti se non si basano su una previa intesa. Ad esempio sulla base del contenuto prendiamo l’articolo 16 secondo cui le restrizioni alla libertà di circolazione dei cittadini sul territorio nazionale devono essere previste in via generale dalla legge solo per motivi di sanità o di sicurezza; in questo caso la discrezionalità del legislatore è circoscritta in quanto non può limitare la libertà di circolazione per ragioni diverse da quelle previste dall’articolo 16. Un’altra distinzione è quella della riserva relativa che sia quando la legge deve intervenire solo a definire gli aspetti generali e qualificanti della disciplina (in materia ambientale per esempio sono stabiliti con legge delle regole generali, ma poi i singoli regolamenti specifici vengono definiti le missioni da non superare in quanto è una materia molto tecnica e non politica, si mantiene quindi una certa flessibilità nella legge). Per quanto riguarda invece la riserva assoluta, l’intera materia deve essere disciplinata da fonti primarie, significa che in quella materia non è assolutamente ammesso l’intervento di una disciplina che non sia stabilita dalla legge (ad esempio la libertà personale con l’articolo 13 che è inviolabile, un’altra autorità diversa dalla legge anche se ha potere normativo non potrebbe stabilire o limitare la libertà personale). Ci si chiede poi se in base al principio della separazione dei poteri, la legge debba contenere solo norme generali astratte e non anche provvedimenti individuali come nel caso delle leggi provvedimento.su questo aspetto non può essere posto un limite del genere dal legislatore e quindi nel nostro sistema costituzionale non vi è un obbligo per cui la legge deve essere generale d’astratta. Tuttavia anche in questi casi legislatore deve rispettare il canone della ragionevolezza, le scelte legislative devono essere in coerenza con il principio di uguaglianza formale e sostanziale dell’articolo 3. poche volte la costituzione affronta il tema dell’oggetto della legge, lo fa per imporre un certo procedimento di approvazione o per escluderla dalla possibilità di essere sottoposta a referendum approvativo. La costituzione si occupa poi del contenuto della legge nell’articolo 117 dove individua un elenco di materie di competenza del legislatore statale e una di competenza concorrente tra legislatore regionale statale. Non si può più pertanto dire che la legge statale sia una fonte a competenza generale, cioè che essa possa disciplinare qualsiasi oggetto. Nei tempi più recenti assistiamo alla moltiplicazione di leggi di contenuto “tipizzato” (specifico) create da altre leggi. Sempre fin numerosi infatti sono i casi di leggi a cadenza annuale con contenuto specializzato, in particolare ogni anno vengono approvate: la legge di bilancio (unica legge a cadenza annuale espressamente prevista dalla costituzione), la legge di delegazione europea introdotta dalla legge n. 234/2012, la legge europea. Per altre leggi annuali la periodicità annuale non viene sempre rispettata come la legge annuale di semplificazione (allo scopo di realizzare misure di semplificazione normativa e amministrativa a livello nazionale), la legge annuale per il mercato e la concorrenza e la legge annuale per le micro, piccole e medie imprese. Il procedimento legislativo Art 70: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. L’iter formativo di una legge molto articolato, si distinguono tre fasi: fase dell’iniziativa, quella costitutiva (che si sostanza nella istruttoria E nell’approvazione), e infine quella che perfeziona integra l’efficacia dell’atto comprendente la promulgazione e la pubblicazione. a. iniziativa Art 71: “L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.” La costituzione configura quindi sei tipi di iniziativa equiparandoli sul piano formale, anche se poi le forme preponderanti quantitativamente sono quella governativa e parlamentare. Nella prassi il maggior numero di casi di proposte di legge è presentato dai parlamentari, l’ma iniziativa con più probabilità di andare in porto è del governo; questo perché i disegni di legge governativi sono spesso finalizzati a dare attuazione al programma politico della maggioranza sul quale si fonda il rapporto fiduciario, e perché alcune tipologie di legge possono essere presentate solo dal governo. . b. Fase costitutiva: istruttoria e approvazione Questa fase attiene all’esame, alla discussione e alla votazione. Ogni disegno di legge è esaminato dal presidente della camera alla commissione competente per materia. Nell’articolo 72 si distinguono almeno tre sub-procedimenti: la procedura normale, in cui la commissione opera in sede referente, la procedura abbreviata per l’approvazione di urgenza di alcuni disegni di legge, la procedura decentrata (in sede) deliberante, e infine quella in sede redigente. Riassumendo abbiamo due fasi: legge delega del parlamento e poi decreto legislativo sulla base della legge delega fatto dal Governo. Il decreto delegato deve rispettare la legge delega perché se il fondamento di questo potere. Quando un decreto legislativo non ha rispettato i limiti che la legge delega gli pone, è viziato e può venire dichiarato incostituzionale dalla corte costituzionale. Violare la legge delega è violare la costituzione. L’esercizio della delega avviene quindi mediante l’adozione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo e l’emanazione dello stesso da parte del presidente della Repubblica. Molte leggi di delega oggi prevedono che il governo debba ottenere un parere dalle competenti commissioni parlamentari sullo schema di decreto e, quando l’oggetto della delega tocca materie sulle quali esistono anche competenze regionali deve essere acquisito anche il parere della conferenza Stato- regioni (nella prassi il procedimento è molto più partecipata di quanto non prevede la costituzione). Vi sono poi delle clausole che permettono al governo delle deleghe integrative-correttive, in cui una volta scaduto il termine del decreto legislativo, il governo può correggerlo entro un successivo periodo di tempo e nel rispetto dei soliti limiti imposti dalla legge delega. Chiaramente le materie delegabili comprendono anch’esse dei limiti: il governo non può essere delegato a modificare o integrare la costituzione e non può essere abilitato ad adottare determinazioni legislative che realizzano una funzione di indirizzo o di controllo parlamentare. L’uso della delega legislativa nel periodo più recente ha subito trasformazioni; grazie soprattutto all’espansione del diritto dell’UE, i decreti legislativi sono diventati lo strumento ordinario di attuazione del diritto europeo (questa funzione si affianca all’uso normale e non la sostituisce). Una delle più frequenti applicazioni dell’istituto della delegazione legislativa trova luogo nel caso dei codici e dei testi unici: essi sono testi che raccolgono una serie di fonti di produzione indicare con lo scopo di riunirle, razionalizzandole in un unico documento. I testi unici possono essere meramente compilativi quando si limitano a raccogliere in un unico testo il complesso delle disposizioni vigenti sul medesimo oggetto senza innovazioni, e possono essere testi unici normativi (o innovativi) nel caso in cui oltre che ad agevolare la conoscenza, provvedono anche ad armonizzare la legislazione attraverso l’introduzione di nuove disposizioni o attraverso la modifica di quelle esistenti (codice dell’ambiente). Per i testi unici compilativi non occorre quindi una legge delega, per quelli innovativi sì. Il decreto-legge Art 77: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.” Mentre nel caso descritto dall’articolo 76, il fondamento del potere legislativo esercitato dal governo deriva dalla legge delega, per l’articolo 77 il fondamento del potere governativo deriva direttamente dal fatto che si è venuta creare una situazione di straordinaria necessità ed urgenza. Il decreto-legge è quindi un atto del governo con forza di legge, adottato in casi di straordinaria necessità ed urgenza. La costituzione consente al governo di alterare l’ordine normale dei poteri, adottando i provvedimenti provvisori con forza di legge. L’attestazione della reale esistenza di tale straordinarietà è rimessa allo stesso governo sotto la sua responsabilità. Il governo nello stesso giorno in cui il decreto-legge emanato all’obbligo di trasmetterlo alle camere chiedendone la conversione in legge; esse si riuniscono entro cinque giorni e la conversione in legge deve avvenire entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale; se ciò non avviene il decreto perde efficacia dal momento in cui è stato adottato (ex tunc). Appena adottato quindi il decreto-legge diventa oggetto di un apposito disegno di legge di conversione che all’effetto di ripristinare il normale ordine costituzionale per mezzo di una sostituzione della fonte: la legge si sostituisce completamente al decreto-legge. Il decreto-legge infatti una fonte paradossale, destinato in ogni caso a scomparire dopo 60 giorni o perché è convertito in legge (la fonte che permane nell’ordinamento è quindi quella di conversione) o perché non è convertito, e allora è come se non fosse mai stato emanato. La conversione della legge potrà avvenire a condizione che il decreto sia stato adottato secondo i presupposti necessari, se il decreto legge nasce senso che la situazione sia realmente straordinaria la sua invalidità si trasmette alla legge di conversione. La verifica dell’esistenza dei presupposti spetta al presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto e del parlamento in sede di conversione; una volta convertito può comunque essere sempre sottoposto al giudizio della corte costituzionale. Se il decreto-legge non è convertito (o per voto contrario o per decorrenza del termine di 60 giorni) perde retroattivamente i suoi effetti. L’articolo 77 prevede quindi che le camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti, dando vita alla legge di sanatoria che ha il compito di salvare gli effetti prodotti dal decreto legge decaduto (se un decreto legge decade o non viene convertito e il parlamento non approva una legge di sanatoria, il governo risponde direttamente tutti gli effetti prodotti sia nei confronti dei cittadini che delle istituzioni). Questa legge di sanatoria con cui regola gli effetti del decreto non convertito, viene fatta dal parlamento perché nonostante si possa dire che perde effetto dall’inizio, spesso accade che le conseguenze sono comunque accadute ed ineliminabili. Si pensi per esempio ai decreti legge che hanno stabilito i lockdown (la privazione della libertà permane) o ai decreti legge che ammettono certi studenti a una determinata facoltà per la quale prima era stabilito un numero chiuso; in questi casi gli effetti creati da questi decreti legge non si possono sanare ex tunc; allora il parlamento regola gli effetti creati dai decreti non convertiti (legge di sanatoria). Una delle tante questioni poste dalla prassi è quella che riguarda la possibilità di introdurre emendamenti durante il percorso di conversione. Oggi il parlamento a porta normalmente moltissimi emendamenti al decreto legge in sede di conversione, stravolgendo il testo dell’originario decreto. Le modifiche relative entreranno in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione; il procedimento di conversione è legato alla necessità di assicurare tempi certi di approvazione del disegno di legge e all’esigenza che le camere svolgano un controllo effettivo e attento dei requisiti nel breve tempo che hanno disposizione. Nella prassi soprattutto l’ultimo periodo si è assistito a un uso (e abuso) molto ampio dei decreti legge. Oggi il decreto-legge non ho più nulla dell’originaria figura costituzionale di fonte straordinaria di eccezionale ma rappresenta un vero e proprio atto di legislazione ordinaria. La corte non è riuscito a limitare l’abuso dei decreti legge, ma è riuscita a interrompere una pratica molto comune, che era quella della reiterazione. La reiterazione era la prassi per cui, al sessantesimo giorno di vigenza di un decreto-legge non convertito, se ne ripresentava un altro di identico contenuto. La corte costituzionale ha ritenuto contraria a costituzione la reiterazione di decreti di analogo contenuto salvo che questi decreti siano giustificati da nuove circostanze di necessità e urgenza. Altrettanto inutili sono stati gli interventi del legislatore ordinario che con l’articolo 15 della legge n. 400/1988 avvisato al governo di usare il decreto-legge per conferire deleghe legislative, provvedere in alcune materie, reiterare un decreto… La legge dice che i decreti devono poi contenere misure di immediata applicazione (altrimenti si può ritenere non ci sia l’urgenza) e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo (per evitare che a volte si inserisse in un decreto di urgenza una norma diversa per facilitarne l’approvazione) e corrispondente al titolo. L’aver cercato di delimitare il contenuto di un atto con forza di legge attraverso una legge, cioè una fonte di pari grado, e non attraverso una modifica costituzionale, reso inefficace o sforzo. La corte costituzionale però ha affermato che i requisiti richiesti da questo articolo, pur essendo contenuta in una legge ordinaria, sono esplicitazione dell’articolo 77, e che quindi le disposizioni di un decreto- legge che non soddisfano questi requisiti sono da ritenersi costituzionalmente legittimi. Un’altra prassi è quella dell’approvazione in sede del consiglio dei ministri il decreto legge “salvo intese”. Consiglio dei Ministri con questa formula indica di aver approvato un atto (non necessariamente un decreto-legge) che non è ancora del tutto definiti validità di tecnici; questo spesso nasconde divergenze politiche non ancora sanate all’interno della coalizione di governo e dall’obiettivo di rassicurare il soggetto esterno sull’impegno del governo su un certo tema. Questa prassi è stata oggetto di un richiamo al governo da parte del presidente della Repubblica. Il libro introduce poi i referendum abrogativo tra le fonti del diritto nazionale di cui noi abbiamo già parlato con il principio democratico. I regolamenti del governo Il governo però ha anche dei poteri regolamentari (potestà normativa secondaria) che devono essere esercitati in conformità alle leggi. I regolamenti governativi sono fonti secondarie, con le quali il governo nel rispetto delle fonti primarie, pone regole di carattere sostanziale, organizzativo, procedurale oppure provvede a disporre quanto necessario per dare attuazione ed esecuzione alle leggi. Essi sono a numero aperto, modellabili dal potere legislativo e il loro spazio è molto limitato dalle riserve di legge. Essi sono fonti di carattere secondario, ossia devono rispettare la legge ordinaria. L’art 17 della legge 400 intitolato “regolamenti” dice: “ Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi nonche' dei regolamenti comunitari; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge; La lettera a) parla dei cosiddetti regolamenti esecutivi. Essi sono norme di assoluto dettaglio che contengono l’indicazione che bisogna apporre per esempio un cartello nei treni che indichino di non aprire i finestrini (non aggiunge niente). Ci sono poi i regolamenti attuativi integrativi (lettera b), essi sono regolamenti che contengono delle regole ulteriori che svolgono o integrano quelli già presenti nelle leggi. Ripensiamo alla riserva di legge relativa che disciplina solo una parte della legge (esempio la legge sulle emissioni che non viene decisa totalmente dal parlamento). La lettera c) prevede i regolamenti indipendenti, sono quelli che dettano norme in materie non regolate dalla legge perché altrimenti dovrebbero rispettare la legge e non sarebbero indipendenti. Il settore in cui manchi la legge però deve essere un settore nel quale la costituzione non prevede nemmeno una riserva relativa di legge (sono settori difficili da trovare, sono molto pochi). Di questi queste regioni avevano una posizione di autonomia molto più forte delle regioni ordinarie; successivamente anche le regioni ordinarie hanno ottenuto un incremento dell’autonomia e quindi si è attenuata la differenza. Noi ci concentreremo sull’autonomia delle regioni ordinarie. Alle 15 regioni a statuto ordinario al contrario la costituzione che attribuisce la potestà normativa primaria e secondaria. L’articolo 123 prevede la necessità per questi enti di dotarsi di uno statuto. Per quanto riguarda lo statuto ordinario, si tratta di una fonte primaria del diritto con cui la regione disciplina rilevanti aspetti della sua organizzazione e struttura interna: forma di governo, principi fondamentali di organizzazione funzionamento, diritto di iniziativa e referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione, e pubblicazione di leggi e regolamenti regionali. Il procedimento di approvazione degli statuti regionali ordinari viene disciplinato dall’art 123 ed è molto simile a quello previsto dall’articolo 138 per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Lo statuto deve essere approvato per due volte dal consiglio regionale, a maggioranza assoluta dei componenti dell’organo e con un intervallo tra la prima e la seconda approvazione di almeno due mesi. La legge viene promulgata e ripubblicata sul bollettino ufficiale della regione e entro tre mesi deve essere chiesto un referendum sullo statuto da un cinquantesimo degli elettori della regione o un quinto dei membri del consiglio regionale. Dopo i tre mesi la legge viene pubblicata e, decorso il termine di vacatio legis, entra in vigore. Il concetto chiave delle autonomie è la potestà legislativa, potere di approvare delle leggi. Art 123: “Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. […] Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione. Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi. In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali” Per cambiare ciò che è scritto in uno statuto, è quindi necessario un procedimento aggravato. La potestà legislativa delle regioni si comprende in relazione a quella legislativa dello stato, questo è disciplinato dall’art 117 Cost. Art 117 I rapporti tra leggi statali e regionali sono disciplinati dal metodo della competenza e sia lo stato sia le regioni hanno potestà legislativa ma li hanno in ambiti diversi. Dopo aver chiarito che Stato e Regioni devono entrambe rispettare la costituzione, diritto comunitario (Unione Europea) e dagli obblighi internazionali, l’art 117 disciplina gli ambiti definiti con elenchi al secondo comma. Art 117 “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali…” Il primo gruppo di materie sono materie nelle quali sono ammesse solo leggi statali, lo stato ha una potestà legislativa esclusiva ed è quindi l’unico soggetto legittimato a porre fonti legislative. Questo è stato definito perché in queste materie c’è un interesse unitario, sono espressione di un’unità statale. Ad esempio non sarebbe possibile stabilire diverse norme sulla tutela dell’ambiente (s). “…Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.” Nel terzo comma c’è invece una potestà legislativa concorrente, quelle materie in cui stato e regioni cooperano per far sì che la materia sia composta da leggi differenti che insieme dettano le regole. Lo stato infatti detta i principi fondamentali, mentre alle regioni spetta il resto della disciplina, cioè la potestà legislativa di dettaglio. Ci sono due soggetti che disciplinano questa materia perché ci sono in parte degli interessi unitari e in parte interessi locali. Ad esempio la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, tutela e sicurezza del lavoro, protezione della salute (ove concorrono interessi locali e statali). Essi possono essere anche non scritti in una legge ma impliciti e desumibili dall’insieme delle leggi preesistenti statali. C’è poi la competenza legislativa residuale, di cui fanno parte tutte le materie non ricomprese negli elenchi del comma 2 e 3 dell’art 117. Le regioni in questo caso hanno una potestà legislativa che vede come solo vincolo la costituzione e gli obblighi comunitari e internazionali. Come dice l’art 117 poi, lo Stato può anche decidere di delegare i regolamenti alle Regioni. Rispetto all’elenco che determina quali materie sono disciplinate dallo stato e quali dalle regioni, sono poi molto differenti queste materie nella pratica. Inoltre la straordinaria estensione delle materie di potestà statale esclusiva fa sì che quella regionale sia piuttosto ristretta. Bisogna poi tenere presenti che alcuni delle competenze esclusive dello Stato dell’articolo 117, sono state lette dalla Corte costituzionale non come materia in senso stretto, bensì come clausole trasversali che intersecano anche materie che altrimenti sarebbero di esclusiva competenza regionale: questo ha legittimato interventi statali anche di dettaglio, con l’unico limite della proporzionalità e dell’adeguatezza rispetto all’obiettivo perseguito. A queste particolarità eseguite nella prassi si aggiunge la sentenza della Corte Costituzionale n.303 del 2003 definita da uno dei più grandi studiosi del diritto costituzionale una “sentenza ortopedica della Corte Costituzionale” (chiamata così perché aggiunge qualcosa al titolo V della costituzione). Alcune regioni lamentavano l’invasione da parte di un organo superiore ad opera di una legge statale che in materia di competenza concorrente dettava norme non solo di principio (come scritto del 117 comma 3), ma anche norme di dettaglio. La corte ci dice che è vero che normalmente gli interessi unitari sono presenti soltanto nelle materie attribuite alla potestà esclusiva dello stato e limitatamente ai principi fondamentali riguardo alle materie concorrenti, può accadere però che in determinati interessi pubblici e unitari, lo stato detti anche norme di dettaglio. Ma come può lo stato arrogarsi questa competenza? La corte dice che può farlo con la chiamata in sussidiarietà. Questa chiamata in sussidiarietà (fatta dopo un accurato accertamento dell’esistenza si queste esigenze unitarie) significa che lo stato viene in sussidio, in aiuto a questi enti inferiori perché ci sono degli interessi che riguardano lo stato; lo stato con legge disciplina quindi la cura amministrativa di questi interessi. La corte afferma che è la stessa costituzione che attribuisce allo stato questo potere nel secondo comma dell’art 118. Secondo il principio di sussidiarietà quindi se l’ente inferiore non ce la fa, arriva lo Stato (o l’ente superiore) in aiuto. Art 118: Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà è un principio di al soggetto che sul territorio è più vicino agli interessi da curare. Il principio di sussidiarietà attiene quindi ai rapporti tra i diversi livelli territoriali di Il procedimento referendario si articola in varie fasi. a) L’iniziativa spetta a cinque consigli regionali o 500.000 elettori. In quest’ultimo caso la richiesta deve essere depositata presso un apposito ufficio della corte di cassazione (ufficio centrale per il referendum). b) L’ufficio centrale per il referendum effettua un controllo sulla legittimità delle richieste e, se rileva irregolarità, assegna un termine ai proponenti per sanarle. c) la corte costituzionale giudica sull’ammissibilità delle richieste dichiarate legittime. d) se le richieste sono ammesse, il presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, indice il referendum fissandolo tra il 15 aprile e 15 giugno. e) sono previsti due quorum: uno di partecipazione o strutturale (i referendum è valido solo se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto), e uno circa l’esito (la disposizione legislativa è abrogata soltanto se in tal senso si esprime la maggioranza dei voti validi). f) nel caso di abrogazione il parlamento non può approvare una disciplina che sia sostanzialmente riproduttiva di quella abrogata se non è intervenuto alcun mutamento. Nel caso invece in cui l’esito sia contrario all’abrogazione, per cinque anni la stessa disposizione non potrà essere sottoposta nuovamente a referendum abrogativo. Oltre ai limiti espliciti dell’art 75 della costituzione, la Corte costituzionale ha estratto dalla costituzione altri limiti impliciti: 1. ci sono intanto dei limiti che riguardano l’oggetto del referendum; non possono essere oggetto di referendum né le leggi costituzionalmente vincolate (non si può abrogare una legge che sia in un determinato contesto l’unica possibile per dare attuazione a una norma costituzionale) né le leggi costituzionalmente necessarie (necessaria per il funzionamento di un organo costituzionale) (non si possono fare referendum per eliminare totalmente la legge elettorale). Anche le leggi costituzionali non possono essere sottoposte al referendum perché per l’approvazione o per la revisione la stessa costituzione prevede uno specifico procedimento che consiste in due delibere di ciascuna camera a distanza non minore di tre mesi e sono approvate a maggioranza assoluta; è previsto un referendum invece sulle leggi approvate in questo modo: le leggi costituzionale approvate a maggioranza assoluta sono sottoposte a referendum popolare quando, con una doppia deliberazione, entro tre mesi dalla loro pubblicazione ne facciano domanda un certo numero di persone. Non sono quindi ammissibili referendum abrogativi che abbiano ad oggetto la costituzione, le leggi costituzionali, i regolamenti parlamentari, gli atti legislativi a forza passiva peculiare (ad esempio patti lateranensi), le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato e quelle costituzionalmente necessarie. 2. Il quesito davanti a cui l’elettore si trova davanti deve rispettare alcuni requisiti: - deve essere omogeneo, uno stesso quesito deve chiedere all’elettore una sola cosa. – deve essere chiaro, art 48 della costituzione garantisce la libertà del voto; libertà significa anche libertà di autodeterminazione in modo libero, informato e senza inganni. -non deve essere propositivo, può solo eliminare, non deve creare una norma nuova A partire dal 1978 si è visto un fiorire di richieste referendarie che è cresciuto fino alla fine degli anni 90, da quel momento è iniziato un depotenziamento del referendum collegato alla scarsa partecipazione al voto e alla difficoltà a raggiungere il quorum strutturale. Il referendum è diventato sia uno strumento di indirizzo politico che un motore per le riforme. Da un lato sono stati richiesti molteplici referendum idonei a realizzare un intero programma politico alternativo, dall’altro si è valorizzata la natura creativa e non meramente abrogativa del referendum introducendo direttamente nuove norme per mezzo dell’abrogazione parziale di alcune leggi (come successe nel 1993 quando, con una modifica parziale, fu introdotto il sistema maggioritario al Senato). Se viene approvato, la legge viene abrogata con una pubblicazione del presidente della repubblica sulla gazzetta ufficiale dal giorno successivo e, previa deliberazione del consiglio dei ministri può essere differito l’effetto abrogativo di 60 giorni che possono essere utili al parlamento per creare una legge che colmi il vuoto di quella abrogata. Se la maggioranza vota no e la legge non viene abrogata, viene data semplicemente notizia del risultato sulla gazzetta ufficiale. Referendum oppositivo (si ritrova tra le fonti) L’articolo 138 prevede il coinvolgimento attraverso il referendum del corpo elettorale con un referendum che non è abrogativo (cioè fa cessare gli effetti per il futuro di una legge) ma di tipo oppositivo (è una modifica che tocca il livello costituzionale). La costituzione dice che le leggi di revisione costituzionale per essere approvate necessitano di queste due delibere a distanza non minore di 3 mesi e la seconda delibera richiede una maggioranza assoluta (metà+1 dei componenti della camera); può accadere tuttavia che anziché una maggioranza assoluta ci sia un consenso molto alto (2/3 di ciascuna camera, il che significa che è una legge molto condivisa dai parlamentari che rappresentano il popolo; in questi 2/3 è coinvolta per forza anche la minoranza e/o l’opposizione). Nel caso della maggioranza assoluta (non dei 2/3) si consente agli elettori di promuovere un referendum per una legge che non è ancora entrata in vigore ma è solo pubblicata nella gazzetta ufficiale. Entro 3 mesi dalla sua pubblicazione 500.000 elettori possono quindi chiedere il referendum oppositivo che non abroga la legge ma si oppone alla sua entrata in vigore (forma di democrazia diretta); se dal referendum risulta che la legge non ottiene la maggioranza, non entra in vigore, nel caso invece in cui la legge ottiene la maggioranza, entra in vigore. La distinzione tra leggi della costituzione e leggi costituzionali è che entrambi sono delle fonti che stanno al vertice del nostro ordinamento e hanno una Forza perché sono approvate con un procedimento del tutto particolare che è caratterizzato da un forte consenso perché la maggioranza assoluta o addirittura dei due terzi da questo forte consenso alle leggi. Sia le leggi di revisione costituzionale che quelle costituzionali hanno questa forza uguale, è semplicemente una cosa formale se si elimina o aggiunge qualcosa all’interno della costituzione si chiama revisione della costituzione, se invece si fa una nuova disciplina si è separata come può essere per esempio la disciplina dei diritti e legittimità costituzionale, L’articolo 137 della costituzione prevede che siano disciplinati con legge costituzionale l’accesso alla corte costituzionale. Quindi la costituzione in uno dei suoi articoli dice che bisogna fare una legge costituzionale che disciplini per esempio le garanzie di indipendenza dei giudici, ma dice anche per esempio l’accesso alla corte. Se si volesse aggiungere un nuovo metodo di ricorso alla corte costituzionale andrebbe creata o modificata una legge costituzionale (perché la costituzione lascia alle leggi costituzionali la disciplina di ciò), se si volesse aggiungere un nuovo limite al referendum abrogativo si farebbe una legge di revisione della costituzione perché si cambierebbe l’art 75.
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