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Crisi Legge e Limiti Potere Legislativo in Italia: Principi e Norme Costituzionali, Appunti di Diritto Pubblico

Sistema Giuridico ItalianoLegislazione italianaPrincipi CostituzionaliDiritto Costituzionale

La crisi della legge in Italia con l'avvento di leggi europee e internazionali, il principio del numero ‘chiuso’ delle fonti primarie, i limiti al legislatore e il contenuto della legge. Viene inoltre analizzata la differenza tra le leggi statali e regionali, i poteri normativi delle regioni e il referendum.

Cosa imparerai

  • Che cos'è la crisi della legge in Italia?
  • Come funziona il processo di approvazione di una legge regionale in Italia?

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 21/09/2022

cocco-cola
cocco-cola 🇮🇹

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Scarica Crisi Legge e Limiti Potere Legislativo in Italia: Principi e Norme Costituzionali e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! Fonti del diritto: Costituzione: essa è stata approvata dall’Assemblea costituente, eletta con sistema proporzionale il 2 giugno 1946 nella stessa data del referendum tra monarchia e repubblica. L’Assemblea ha lavorato su questo progetto fino al dicembre ’47 e il 1 gennaio ’48 è stata promulgata. In quel periodo i partiti di riferimento erano i partiti antifascisti, protagonisti prima con la Resistenza e adesso nella scena politica. Il sentimento cattolico della DC, marxista del PSI e PCI, infine liberal democratico dei partiti liberali si notano negli articoli 3, 2, 1 della Cost. Se guardiamo bene è una Carta rigida cioè, modificabile solo attraverso iter aggravati, si pone al vertice delle fonti e anche se non esiste un esplicito riferimento esplicito alla supremazia sulle altre fonti si può notare da alcuni articoli. Ad esempio, l’articolo 1 comma 2 dove si legge che la sovranità appartiene al popolo nelle forme e nei limiti della Costituzione; oppure nel titolo VI della parte II intitolata “Garanzie costituzionali” e infine agli articoli 138 e soprattutto 139. La Costituzione stessa prevede un procedimento aggravato per produrre una legge costituzionale che può servire a modificare il testo della Costituzione; irrigidire la disciplina di certe materie e soddisfare le riserve di legge costituzionale (come gli statuti delle regioni speciali) contribuisce a salvaguardare il nostro ordinamento da possibili derive estremiste. Fasi (art 138 Cost):  Prima delibera in ciascuna delle Camere: basta la maggioranza semplice;  Passano 3 mesi per riflettere;  A) Seconda deliberazione: non possono essere apportati emendamenti, richiesta la maggioranza dei 2/3 in entrambe le Camere;  Promulgazione e inserimento nella Gazzetta ufficiale.  B) Seconda deliberazione: si arriva alla maggioranza assoluta;  Passano altri 3 mesi;  Se in questi 3 mesi nessuno chiede il Referendum allora viene promulgata; se 1/5 dei componenti di una delle camere, 500.000 elettori o 5 consigli regionali chiedono il Referendum allora viene fatto;  Il referendum passa se ha la maggioranza dei voti validi indipendentemente dal numero degli elettori; nel caso opposto il progetto viene abbandonato;  C) Seconda deliberazione: nel caso non venga deliberata il progetto viene accantonato. All’interno della Carta ci sono una serie di “principi supremi” che sono sottratti alla revisione perché nel caso venissero approvate modificherebbero profondamente il sistema creando un nuovo tipo di ordinamento. L’art 139 dice “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale” la repubblica è immodificabile, ciò succede perché nel ’46 siamo stati noi a votare per la Repubblica quindi, si impedisce un ritorno delle monarchia. Oltre a limiti espliciti ci sono limiti impliciti come gli articoli: 13, 14, 15 e 16. I primi tre sono del tutto inviolabili mentre il 16, con il termine “salvo le limitazioni” pone un limite, è meno inviolabile degli altri. All’inizio vi era una corrente di pensiero che affermava che la Costituzione dovesse essere distinta in norme precettive e programmatiche. Con quest’ultimo termine si intendeva che molti articoli erano più degli obbiettivi che delle vere e proprie norme. Sorsero delle discussioni riguardo l’art 21, che garantisce libertà di pensiero, e i TULPS che subordinavano le affissioni ad un nulla osta del prefetto. Con la sentenza della Corte Costituzionale 1/1956 essa affermava che la Costituzione è composta da vere e proprie norme giuridiche vincolanti per tutti i cittadini e i pubblici funzionari e che qualsiasi legge o atto avente forza di legge deve rispettare tutte le norme della Carta. Fonti nazionali: la legge ordinaria non è più considerata come la manifestazione preferenziale della volontà dello Stato. Con il passaggio allo Stato contemporaneo, con l’avvento di leggi europee e internazionali e con l’uso sempre maggiore degli atti aventi forza di legge, è iniziata la crisi della legge stessa. Pur avendo perduto il ruolo di primo piano che aveva prima rimane ancora una fonte molto importante. Per legge si intende l’atto normativo, deliberato dalle due Camere, promulgato dal Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, che trova le sue norme sulla produzione negli art 70 e ss. Tale atto viene chiamato anche legge formale ordinaria da cui si distinguono gli atti che la Costituzione equipara ad essa quanto alla loro forza, benché dotati di forma diversa. La rigidità della Costituzione dà luogo a due principi cruciali:  Principio del numero “chiuso” delle fonti primarie: sono solo quelle stabilite dalla Carta e dalle leggi costituzionali quindi, per creare nuove fonti dobbiamo prima avere una o più fonti costituzionali. Una legge ordinaria non potrebbe creare tipologie di leggi ovvero atti aventi forza di legge mentre può creare nuove fonti secondarie (definite aperte);  I limiti che valgono per il legislatore sono quelli stabiliti dalla Costituzione, da fonti pari ordinate o da queste richiamate. Contenuto della legge: non si dice nulla sul contenuto della legge, salvo limitarsi a riservare ad essa la disciplina di alcune materie attraverso la riserva di legge, lo strumento che attribuisce alla sola legge (e agli atti ad essa equiparati) la disciplina di una data materia. Essa è una regola che impedisce al legislatore di lasciare che una data materia sia disciplinata da atti che stanno ad un livello gerarchico più basso della legge. Si distinguono in:  Riserve a favore di atti diversi dalla legge: o Riserve a favore della legge costituzionale: quando la materia è affidata a leggi costituzionali; o Riserve a favore dei regolamenti parlamentari;  Riserve di legge formale: si riferisce solo alla legge formale approvata dal parlamento; sono riservate all’approvazione parlamentare tutte quelle leggi che rappresentano strumenti attraverso i quali il Parlamento controlla l’operato del Governo.  Riserve di legge in senso stretto: prescrivono che la materia da considerare sia disciplinata dalla legge ordinaria e dalle fonti equiparate. Quindi, a seconda dei rapporti fra legge e regolamento si distinguono 2 tipi di riserve: o Assoluta: regolata dalla legge ordinaria o da atti ad essa equiparata; esclude di determinare certe materie con fonti di grado secondario; o Relativa: lascia alle fonti secondarie la facoltà di definire una materia.  Riserva rinforzate: la Costituzione mette dei vincoli al legislatore per... o Contenuto: regolate solo da leggi con un contenuto particolare, l’art 16 pone dei limiti alla libertà di circolazione solo per motivi sanitari o per sicurezza; o Procedimento: seguire un procedimento aggravato rispetto al normale procedimento legislativo (es rapporti fra stato e chiesa). Ultimamente, sono state utilizzate e create leggi a contenuto tipizzato cioè, leggi più specifiche create da altre leggi. In molti casi sono a cadenza annuale come la legge di bilancio o la legge di delegazione europea. 3- Termine: deve essere posto un termine ultimo. Se il Governo eccede dai limiti la Corte Costituzionale può dichiarare l’incostituzionale la norma creata. L’esercizio della delega avviene mediante l’adozione da parte del CDM del decreto legislativo e l’emanazione dello stesso da parte del P. della Repubblica. Il Governo prima di esercitare la funzione legislativa deve ottenere un parere dalle competenti commissioni parlamentari sullo schema del decreto. Nel caso l’oggetto riguardi le regioni deve essere convocata la Conferenza Stato Regioni. Ultimamente, nelle leggi di delega è stata inserita la clausola che consente al Governo di correggere il decreto scaduto emanato entro un dato periodo di tempo e nel rispetto dei limiti posti nella legge di delega. Queste tipologie sono chiamate deleghe integrative correttive che sono composte da 2 deleghe: la prima quella vecchia e la seconda quella correttiva della prima. Ci sono due tipi di materie non delegabili: o Il Governo non può essere delegato a modificare o integrare la Costituzione; o Non sono delegabili le materie che presuppongono logicamente entrambi gli organi. Ad esempio, la legge di bilancio necessità di entrambi perché se no il Governo autorizzerebbe e controllerebbe se stesso. Una delle più frequenti applicazioni dell’istituto della delegazione legislativa trova luogo nel caso dei codici che contengono i testi unici. Con questa locuzione si intendono testi che raccolgono una serie di fonti di produzione in vigore con lo scopo di riunirle in un unico documento. I testi unici possono essere dei semplici mezzi di conoscenza dove non è necessaria la delega legislativa (testi meramente contemplativi) e “innovativi”. In quest’ultimo caso si parla di testi unici normativi perché, oltre ad agevolare la conoscenza di un complesso di norme, provvedono ad armonizzare la legislazione con nuove disposizioni o con la modifica di quelle esistenti. Decreto legge: secondo l’art 77 il fondamento del potere governativo deriva dal fatto che si sia creata una situazione straordinaria di emergenza. La Costituzione consente in questi casi di adottare provvedimenti provvisori con forza di legge e questi provvedimenti hanno come responsabili solo il Governo. Quest’ultimo nello stesso giorno in cui il decreto legge è emanato ha l’obbligo di trasmetterlo alle Camere per chiedere la conversione in legge, queste si riuniscono appena possono e nel caso di scioglimento delle Camere si riuniscono entro 5 giorni. Il decreto deve essere convertito entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta e sia nel caso in cui uno dei due rami del Parlamento voti a sfavore della conversione e sia caso di decorrenza del termine ultimo esso perde di efficacia dal momento in cui è stato adottato. Quando viene adottato, diventa oggetto di un apposito ddl di conversione e viene presentato alle Camere come un allegato di un disegno di legge che contiene un unico comma. La legge di conversione ha un effetto novativo dato che ripristina il normale ordine costituzionale. La legge si sostituisce al decreto legge anche per quanto riguarda la disciplina intervenuta nei sessanta giorni di vigenza dello stesso. In ogni caso è destinato a scomparire dopo 60 giorni. L’apprezzamento sull’esistenza dei presupposti viene verificato dal Governo, poi dal P. della Repubblica in sede di emanazione e dal Parlamento in sede di conversione. Il decreto legge può essere sottoposto a giudizio dalla Corte costituzionale anche dopo la conversione. Secondo il comma 3 le Camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti, si assiste ad un tipo di legge chiamato sanatoria. Il suo compito è quello di salvare gli effetti prodotti dal decreto legge decaduto a causa della decadenza del termine per motivi di organizzazione o di troppo lavoro, in questo modo il Governo viene sollevato dalla responsabilità alla quale sarebbe tenuto. Durante la conversione sono ammessi gli emendamenti cioè, delle modifiche al testo. Le modifiche entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione. Ultimamente si assiste ad un abuso del decreto legge e nonostante vari tentativi di soluzione offerti dalla Corte o del legislatore ordinario il problema persiste come testimoniano i grafici: Dpcm: I decreti ministeriali sono atti amministrativi emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri e non devono essere convertiti in legge dal Parlamento. Formalmente sono atti di secondo grado, poiché nella gerarchia giuridico-istituzionale sono di rango inferiore rispetto alla legge. Vengono utilizzati perché è stata approvata una legge sulla protezione civile, in situazioni straordinarie il Presidente del Consiglio può emanare atti secondari che rimpiazzano la legge sin quando non termina lo stato di emergenza. Referendum abrogativo: previsto dall’art 75 è un istituto attraverso il quale il corpo elettorale è chiamato a pronunciarsi direttamente circa l’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge dello Stato. Se l’esito è favorevole l’ordinamento normativo statale viene mutato. Oggetto del referendum sono le Leggi e atti aventi forza di legge con efficacia ex nunc, sono esclusi invece:  Leggi tributarie e di bilancio;  Amnistia e indulto;  Autorizzazione ratifica trattati internazionali; Procedimento:  5 consigli regionali o 500 mila elettori prendono l’iniziativa. Nel secondo caso, si deve formare un comitato di 10 cittadini promotori; devono depositare la richiesta alla Corte di cassazione entro il 30 settembre di ogni anno.  La Corte effettua entro il 31 ottobre un controllo sulla legittimità, comunicando ai promotori eventuali modifiche da fare. Questi ultimi possono fare appello se non sono d’accordo.  Breve contradditorio con i promotori e decisione entro il 15 dicembre.  Entro il 10 febbraio la Corte Costituzionale ne giudica l’ammissibilità.  P. della Repubblica, su deliberazione del CDM, indice il referendum fissando la data in una domenica tra il 15 aprile e 15 giungo.  Previsti due quorum: o Quello di partecipazione: almeno la maggioranza degli aventi diritto al voto; o Quello sull’esito: almeno maggioranza dei voti validi.  Se viene abrogata essa è dichiarata dal P. della Repubblica con decreto, quindi il Parlamento non può approvare una disciplina riproduttiva di quella abrogata se non è intervenuto alcun mutamento politico o di circostanza di fatto. Se l’esito è contrario per almeno 5 anni tale disposizione non potrà essere sottoposta a referendum abrogativo. Fonti regionali e locali: nel sistema previsto dalla Costituzione le 20 regioni sono divise in statuto ordinario e statuto speciale. Tutte le regioni sono enti autonomi con un proprio statuto, poteri e funzioni; le regioni a statuto speciale dispongono di più autonomia e i loro statuti sono stati adottati con legge costituzionale. Sia alle Regioni ordinarie che alle Regioni speciali sono affidati importanti poteri normativi. Si tratta, soprattutto, del potere di fare leggi in tutte le materie che non siano riservate alla legislazione dello Stato. Essenzialmente, le leggi regionali disciplinano l'azione amministrativa. Prima ancora, esse hanno il potere di disciplinare – all'interno del quadro dettato dalla Costituzione (per le Regioni ordinarie) o dai rispettivi Statuti (per le Regioni speciali) - la propria forma di governo e la propria organizzazione. Tale disciplina è stabilita mediante atti legislativi soggetti ad una particolare procedura di approvazione, che per le regioni ordinarie prendono il nome di statuti, mentre le Regioni speciali possono essere denominati leggi di attuazione statutaria. Ogni Regione ordinaria ha un proprio statuto, il quale, in armonia con la Costituzione ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Inoltre, esso regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi, provvedimenti amministrativi della Regione, la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Ancora, in ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra le Regioni e gli enti locali “. Possiamo constatare che gli Statuti somiglino a delle piccole Costituzione: lo Statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. All’approvazione segue la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, ma lo statuto (o la modifica) non entra ancora in vigore, e si aprono invece i termini per due distinte vicende: 1. Da una parte il Governo, ove ritenga che quanto deliberato dalle Regioni sia in tutto o in parte contrario alla Costituzione, può promuovere entro 30 giorni la questione di legittimità costituzionale; 2. Dall’altra gli elettori della Regione (almeno 1/50) o i componenti del Consiglio regionale (almeno 1/5) possono chiedere entro 3 mesi lo svolgimento di un referendum. Se il Governo non agisce e gli elettori (o i consiglieri) non richiedono il referendum lo statuto viene promulgato e pubblicato nuovamente in vista dell’entrata in vigore. Se invece è richiesto il referendum lo Statuto non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi. La stessa Costituzione definisce come legge regionale l’atto con cui il Consiglio approva lo statuto. Tuttavia, la procedura di approvazione risulta notevolmente aggravata rispetto al procedimento legislativo ordinario: sia per la necessità della doppia approvazione, sia per la particolare maggioranza richiesta, sia infine per la possibilità di richiedere il referendum. Leggi regionali: sono vere leggi. Esse sono approvate da una assemblea elettiva e promulgate dal Presidente della Giunta regionale. Esse possono entro certi limiti contenere norme difformi dalla legislazione statale, ed anche le norme illegittime in esse eventualmente contenute possono essere eliminate solo dalla Corte Costituzionale. E’ importante sottolineare che il potere legislativo regionale è un potere limitato: ad essere limitato è in primo luogo lo stesso oggetto della legislazione, che è fondamentalmente costituito dalla disciplina dei poteri e dell’azione delle autorità regionali e locali per il perseguimento degli scopi di interesse pubblico loro affidati. In questo senso, la legislazione regionale è essenzialmente una legislazione sull’attività della pubblica amministrazione regionale e locale. Nonostante facciano leggi, le Regioni italiane non sono Stati. Ad esse manca non tanto la sovranità, quanto la pienezza di sviluppo del potere statale, nel determinare i rapporti civili, i reati e le fattispecie criminali, gli organi e i poteri giudiziari: queste materie sono infatti affidate allo Stato. Solo entro il rimanente ambito la potestà
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