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Fonti xviii secolo illuminismo, Dispense di Storia Del Diritto Medievale E Moderno

diritto medievale e moderno università palermo

Tipologia: Dispense

2015/2016

Caricato il 12/07/2016

gianluca92
gianluca92 🇮🇹

4

(5)

17 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Fonti xviii secolo illuminismo e più Dispense in PDF di Storia Del Diritto Medievale E Moderno solo su Docsity! FONTI XVIII SECOLO Immanuel KANT Risposta alla domanda: che cos'e' l'Illuminismo? (1784) L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza - è dunque il motto dell'illuminismo. La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati dall'eterodirezione (naturaliter maiorennes), tuttavia rimangono volentieri minorenni per l'intera vita e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E' tanto comodo essere minorenni! Se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene, ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero per me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno dì pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione. A far si che la stragrande maggioranza degli uomini (e con essi tutto il bel sesso) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità, oltreché difficile, anche molto pericoloso, provvedono già quei tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l'alta sorveglianza sopra costoro. … Quindi solo pochi sono riusciti, con l'educazione del proprio spirito, a districarsi dalla minorità e tuttavia a camminare con passo sicuro. Charles de Secondat Barone di Montesquieu (1689-1755) Esprit de lois (1748) Libro I, capitolo III Delle leggi positive La legge in generale è la ragione umana in quanto essa governa tutti i popoli della terra; le leggi politiche e civili di ciascuna nazione non devono essere che i casi particolari ai quali si applica questa ragione umana. Esse devono essere talmente proprie al popolo per il quale sono fatte, che è un puro caso che quelle di una nazione possano convenire ad un’altra. Occorre che esse si rapportino alla natura ed al principio del governo che è stabilito, o che si vuole istituire. Esse devono essere relative al phisique del paese, al clima ghiacciato, torrido o temperato, alla qualità del terreno, alla sua collocazione e grandezza; al genere di vita del popolo, lavoratori, cacciatori o pastori; esse devono rapportarsi al grado di libertà che la costituzione può tollerare, alla religione dei suoi abitanti, alle loro inclinazioni, alla loro ricchezza, al loro numero, al loro commercio, ai loro costumi, alle loro maniere. Inoltre esse sono in rapporto tra di loro, ne hanno con la loro origine, con lo scopo del legislatore, con l’ordine delle cose sulle quali esse sono costituite. E’ sotto tutti questi riguardi che occorre considerarle. Ludovico Antonio Muratori De’ difetti della giurisprudenza (1742) Ora giacché impossibil cosa è il guarir dai suoi mali la giurisprudenza, altro non resta che studiarsi di sminuirli il più che si può; e giacché le liti civili non mancheranno giammai, utile sarà il procurare che ce ne sia il meno che si potrà. Non ho io saputo suggerir migliore partito, che quello di ricorrere all'autorità dei principi, acciocché decidano, se non tutte, in buona parte almeno, le tante quistioni ed opinioni, onde resta offuscata e confusa la facoltà legale. Tanta farraggine di libri di leggi, tante discordie fra i giurisconsulti, hanno rendute nei tempi addietro arbitrarie, in infiniti casi, le sentenze dei giudici. Quanto meno si lascerà loro d'arbitrio nel giudicare, tanto più sarà da sperare, che giuste riescano le lor decisioni. Se in ogni luogo e in ogni tempo noi avessimo solamente di quei ministri della giustizia, che uniscono al timore di Dio una gran perspicacia di mente, uno studio indefesso e un'esenzione da tutte, anche le più segrete, passioni, in quei tribunali ove si giudica della roba o della vita dei 1 sudditi, noi potremmo presumere che per lo più si trovassero retti giudizi. Benché, siccome abbiam veduto, anche le gran teste nell'aringo del giudicare, si scoprono bene spesso discordi fra loro. Ma questa razza di giudici tanto saggi, dotti e disappassionati, li troviamo noi sovente e dapertutto? Per non dir altro, il cuore dell'uomo vien agitato, anche senza avvedersene, da tante passioni, che difficilmente sa e può assicurarsi di prendere sempre il miglior cammino, quando è lasciato in libertà di prendere quel che più gli aggrada. Però questa libertà conviene ristringerla il più che si può. … Ora da che tanto si sono moltiplicate le opinioni e dispute nella giurisprudenza a cagione di tanti casi non immaginati dagli antichissimi legisti, e molto più per le sottigliezze dei pubblici lettori e consulenti degli ultimi cinque secoli, e per conseguente s'è aperto un largo campo a chi deve giudicare di far valere, quando occorra, gli arbitrii suoi, ed all'incontro per la grande diversità delle opinioni, provenir non lieve confusione e varietà nei giudizi, il più giovevol partito sarà, che i principi mettano la falce alle radici, troncando, per quanto mai possano, le controversie ed inviolabilmente ordinando con leggi e statuti nuovi, quello che in avvenire avrà da osservarsi nei tribunali della giustizia. Cesare BECCARIA Dei delitti e delle pene (1764) Alcuni avanzi di leggi di un antico popolo conquistatore fatte compilare da un principe che dodici secoli fa regnava in Costantinopoli, frammischiate poscia co' riti longobardi, ed involte in farraginosi volumi di privati ed oscuri interpreti, formano quella tradizione di opinioni che da una gran parte dell'Europa ha tuttavia il nome di leggi; ed è cosa funesta quanto comune al dì d'oggi che una opinione di Carpzovio, un uso antico accennato da Claro, un tormento con iraconda compiacenza suggerito da Farinaccio sieno le leggi a cui con sicurezza obbediscono coloro che tremando dovrebbono reggere le vite e le fortune degli uomini. Queste leggi, che sono uno scolo de' secoli i piú barbari, sono esaminate in questo libro per quella parte che risguarda il sistema criminale, e i disordini di quelle si osa esporli a' direttori della pubblica felicità con uno stile che allontana il volgo non illuminato ed impaziente. Quella ingenua indagazione della verità, quella indipendenza delle opinioni volgari con cui è scritta quest'opera è un effetto del dolce e illuminato governo sotto cui vive l'autore. I grandi monarchi, i benefattori della umanità che ci reggono, amano le verità esposte dall'oscuro filosofo con un non fanatico vigore, detestato solamente da chi si avventa alla forza o alla industria, respinto dalla ragione; e i disordini presenti da chi ben n'esamina tutte le circostanze sono la satira e il rimprovero delle passate età, non già di questo secolo e de' suoi legislatori. Chiunque volesse onorarmi delle sue critiche cominci dunque dal ben comprendere lo scopo a cui è diretta quest'opera, scopo che ben lontano di diminuire la legittima autorità, servirebbe ad accrescerla se piú che la forza può negli uomini la opinione, e se la dolcezza e l'umanità la giustificano agli occhi di tutti. … Sonovi dunque tre distinte classi di virtú e di vizio, religiosa, naturale e politica. Queste tre classi non devono mai essere in contradizione fra di loro, ma non tutte le conseguenze e i doveri che risultano dall'una risultano dalle altre. Non tutto ciò che esige la rivelazione lo esige la legge naturale, né tutto ciò che esige questa lo esige la pura legge sociale: ma egli è importantissimo di separare ciò che risulta da questa convenzione, cioè dagli espressi o taciti patti degli uomini, perché tale è il limite di quella forza che può legittimamente esercitarsi tra uomo e uomo senza una speciale missione dell'Essere supremo. Dunque l'idea della virtú politica può senza taccia chiamarsi variabile; quella della virtú naturale sarebbe sempre limpida e manifesta se l'imbecillità o le passioni degli uomini non la oscurassero; quella della virtú religiosa è sempre una costante, perché rivelata immediatamente da Dio e da lui conservata. Sarebbe dunque un errore l'attribuire a chi parla di convenzioni sociali e delle conseguenze di esse principii contrari o alla legge naturale o alla rivelazione; perché non parla di queste. Sarebbe un errore a chi, parlando di stato di guerra prima dello stato di società, lo prendesse nel senso hobbesiano, cioè di nessun dovere e di nessuna obbligazione anteriore, in vece di prenderlo per un fatto nato dalla corruzione della natura umana e dalla mancanza di una sanzione espressa. Sarebbe un errore l'imputare a delitto ad uno scrittore, che considera le emanazioni del patto sociale, di non ammetterle prima del patto istesso. La giustizia 2
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