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Francia, Inghilterra e le Grandi Rivoluzioni, Dispense di Storia

Il Seicento come secolo di ferro e moderno, caratterizzato da guerre di religione, crisi economiche, rivoluzione scientifica e cambiamenti sociali. In particolare, si approfondisce la figura di Luigi XIV e la sua creazione dello Stato assoluto, con la riduzione del potere della nobiltà e l'imposizione della religione cattolica. Si parla anche delle riforme economiche di Colbert e della costruzione di Versailles. utile per lo studio della storia moderna e della Francia di Luigi XIV.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 10/05/2022

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Scarica Francia, Inghilterra e le Grandi Rivoluzioni e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! CAPITOLO 1 Il Seicento è stato definito “il secolo di ferro” per le guerre di religione e le varie crisi economiche, ma anche “il secolo moderno” perché in alcuni paesi si verifica la fine dello Stato feudale, e “il secolo della rivoluzione scientifica” perché Galileo Galilei spalanca le porte all’osservazione oggettiva dei fenomeni naturali. In questo periodo storico, cambiano le organizzazioni degli Stati, che si orientano verso l’assolutismo e lo Stato parlamentare, ma anche la mentalità delle diverse popolazioni si modifica, difatti, si può dire che il vero inizio della modernità si colloca alla seconda metà del Seicento. In questo periodo inizia anche a svilupparsi la cultura del galateo sia tra i ricchi che tra i poveri, ma la situazione igienico sanitaria è carente e le malattie riescono facilmente a proliferare. La medicina, però, riesce a mettersi al passo dato che in questo periodo vengono abrogate le leggi che vietano la dissezione anatomica sui cadaveri. Anche dal punto di vista scientifico si hanno moltissimi passi avanti, e infatti, grazie a Cartesio e Galileo Galilei si parla proprio di rivoluzione scientifica. Infine, i giuristi cominciarono a mettere in dubbio la forma dello Stato feudale e suggerirono ai sovrani i tre punti fondamentali per poter fondare uno Stato moderno: 1) la trasformazione dei privilegi fiscali in tassazione regolare; 2) l’abolizione del diritto signorile; 3) l’atteggiamento di tolleranza da tenere nei confronti delle religioni presenti nei paesi. CAPITOLO 2 1) Nel 1643 la Francia ribaltò le sorti della Guerra dei trent’anni vincendo la battaglia di Rocroi; tuttavia, aveva perso le due figure nelle cui mani si concentrava tutto il potere: il cardinale Richelieu e il re Luigi XIII. A Luigi succedette suo figlio, Luigi XIV, il quale creò un modello di Stato assoluto, che fu il primo a poter essere definito moderno. Proprio per questo tipo di governo in cui tutto ruotava intorno alla corte, e specialmente intorno al re, il sovrano acquisì il titolo di “Re sole”. 2) Essendo il nuovo sovrano troppo giovane per governare, la reggenza fu affidata alla madre Anna d’Austria, che si ritrovò a fronteggiare i Grandi di Francia che credettero di poter ottenere facilmente il potere. Anna, però, consegnò il potere al ministro succeduto a Richelieu, il cardinale Mazzarino, con cui si supponeva avesse avuto una storia extraconiugale. Successivamente, si verificò una delle rivolte più violente di questi anni, ricordata come “Fronda”, nel 1648 a seguito della fine della guerra. Gli aristocratici, chiesero la convocazione degli Stati generali, ma non ottenendola passarono alle congiure. A questo punto si aprì una guerra civile, in cui il popolo scese spesso in strada a sostegno dei nobili e veniva massacrato dall’esercito del re. La Fronda fu definitivamente sconfitta nel 1653, e da quel momento Luigi XIV apprese che la nobiltà rappresentava il pericolo maggiore, dato che le famiglie aristocratiche erano dotate di privilegi inattaccabili. 3) Mazzarino morì nel 1661, e da quel momento il re decise che avrebbe governato da solo. Nel governo sarebbe stato assistito dal consiglio di Stato composto da tre ministri, privi di potere decisionale. Luigi XIV, inoltre, scelse gli amministratori del governo e inviò nelle province una trentina di uomini, chiamati gli “intendenti”, incaricati di far applicare le leggi, dirigere la polizia e riscuotere le tasse. 4) Sotto la direzione del re Sole, ci fu la riorganizzazione dello Stato. Infatti, per impedire che potesse verificarsi nuovamente la Fronda, bisognava togliere potere alla nobiltà di spada e consegnarlo a uomini di fiducia. Infatti, il potere fu parzialmente trasferito alla nobiltà di toga. La prima mossa fu quella di ridurre il numero degli aristocratici di sangue e di premiare quello dei nobili di origine borghese (Vendita di titoli). Dopodiché, Luigi realizzò la più lunga inchiesta sulla nobiltà della storia di Francia. Questa grande inchiesta mise sotto controllo la nobiltà di spada ottenendo questi risultati: eliminare le famiglie scomode e ostili al sovrano, aumentare le entrate fiscali dello Stato tassando queste famiglie, ed aumentare i ruoli della nobiltà di toga dal momento che i titoli erano vacanti. 5) I Grandi di Francia iniziarono ad impoverirsi dato che la terra, che era loro unica fonte di sostentamento, iniziava a non dare frutti a causa delle avverse condizioni atmosferiche del periodo. Ecco perché Luigi XIV decise di donare loro incarichi onorifici, dotati di elevate pensioni, costringendoli però tutti a vivere a corte vicino al sovrano. Così, il re decise di trasferire i nobili in una magnifica prigione dorata, lontana dal centro di Parigi cosicché non si potessero avere contatti con il popolo. Il re collocò questa prigione a Versailles, dove sorgeva un castello della famiglia reale. Inizialmente questo luogo non era molto esteso, ma il re affidò la ristrutturazione a degli architetti italiani, che lo resero una reggia sontuosa con più di 2000 stanze. 6) Il re, infine, per rafforzare il potere del governo, ritenne necessario che anche a livello religioso fosse imposta un’unica fede, quella cattolica. Per questo nel 1685, il re revocò l’editto di Nantes (libertà di culto) e da quel momento valse il cuius regio, eius religio (religione del sovrano uguale a quella del popolo) 7) Il re per aumentare le entrate di denaro al governo, nominò come ministro delle finanze Colbert, il quale sviluppò diverse strategie: sottopose a stretto controllo gli esattori delle tasse, creò numerosi Monopoli di Stato e incrementò la fondazione di colonie in America chiedendo forti prestiti alla chiesa. Grazie a queste riforme il re ebbe l’opportunità di compiere l’ultima mossa, governando senza convocare gli Stati generali azzerando il ruolo del parlamento. In questo periodo si parlerà di Colbertismo.* 8) Luigi XIV portò così alla perfezione lo Stato assoluto, uno Stato in cui non solo afferma la sua autorità, la quale deriva direttamente da Dio, ma si ritiene anche inattaccabile da qualsiasi legge. Nell’assolutismo, infatti, la parola del re diventa legge. 9) negli ultimi anni del suo governo, il re Sole avviò una politica estera di espansione, provocando però la reazione delle principali potenze europee che si coalizzarono per bloccarlo. Un episodio che scatenò instabilità politica generale fu la morte dell’ultimo Asburgo di Spagna, il quale non aveva eredi. Luigi pretese che il trono dovesse passare a suo nipote e provocò la guerra di successione spagnola contro gli Asburgo d’Austria appoggiati da mezza Europa. Malgrado le numerose sconfitte subite dai francesi, il nipote del re ottenne il trono diventando il capostipite dei Borbone di Spagna. Tuttavia, il conflitto aveva impoverito la Francia fino al punto che quando nel 1715 il re morì, la notizia fu accolta con gioia dai sudditi. 10-11) Il modello di Stato assoluto adottato dalla Francia venne imitato da Federico I di Prussia e dallo zar di Russia Pietro il Grande, il quale modernizzò il suo paese e lo trasformò in una potenza europea costruendo una flotta, creando due porti ed edificando San Pietroburgo. Sull’esempio del re di Francia, Pietro il Grande si circondò di nove ministri ed indebolì il consiglio dei boiari (La Duma, la nobiltà russa). Poi creò una schiera di funzionari pubblici e sviluppò un’organizzazione della società, in cui per fare carriera tutti dovevano partire dal gradino più basso, perfino i nobili. A questo punto qualsiasi cittadino russo avrebbe potuto raggiungere i gradi più alti di governo. Nonostante tutte queste innovazioni, nel paese l’agricoltura restò arcaica e improduttiva, a causa delle antiche tecniche agricole, e rimase tra la popolazione un enorme massa di servi della gleba, la quale creò non pochi problemi all’economica del paese. *Colbertismo = Dottrina economica che riprende i principi del mercantilismo, ovvero quella dottrina sostenitrice del protezionismo verso le importazioni e promotrice delle esportazioni. CAPITOLO 3 1) Prima di Luigi XIV in Francia, un’altra dinastia europea aveva tentato di fondare uno Stato assoluto ma non vi era riuscita: era la dinastia Stuart. Nel 1603 essi avevano uno stato dinamico e moderno nel quale le grandi ricchezze ricavate dalla pirateria e dalle colonie avevano rafforzato una borghesia alta che si identificava con banchieri, finanzieri, armatori e con i cosiddetti “intendenti”, cioè gli amministratori delle tenute nobiliari che andarono a far parte di una nuova classe sociale: la Gentry. Inoltre, in Inghilterra si innescò una forte crescita demografica, creando così una bassa borghesia a cui appartenevano la miriade di avvocati, notai e altri professionisti nonché gli artigiani e gli operai. 5) È facile intuire a quale classe sociale appartenessero gli illuministi: la “Borghesia emergente”. Tutto ciò che gli illuministi contestavano è racchiuso nell’espressione “Ancien Regime”, ovvero il vecchio regime. Difatti, in questo periodo con una semplice “lettre de cachet” , distinta con un marchio di cera russo, il re poteva arrestare chiunque e tenerlo in carcere a vita senza processo. Poi vi erano i vincoli economici: il re aveva il monopolio di numerosissime manifatture, i contadini vivevano di autoconsumo ed eseguivano ogni tipo di scambio attraverso il baratto. A tutto ciò si aggiungeva l’irritazione per l’arroganza dei privilegiati: la carrozza di un borghese doveva lasciare il passo a quella di un nobile, a rischio di finire in un burrone. 6) Le nazioni che più si impegnarono nelle spedizioni marittime furono la Francia e l’Inghilterra, che si diressero non solo nell’Atlantico ma anche nel Pacifico. Le nuove scoperte della medicina diedero la possibilità di sconfiggere lo scorbuto, una malattia diffusa tra gli equipaggi delle navi transatlantiche. Alcune spedizioni toccarono l’isola di Pasqua, che scatenò la fantasia degli europei per le misteriose ed enormi statue che si stagliavano su un territorio quasi desertico. Nel corso di 10 anni vennero scoperte anche le Hawaii e l’Australia. Tutti coloro che tornavano da questi viaggi riferivano delle loro scoperte in conferenze che spesso si tenevano in Accademie o Università. Anche a causa di questa esperienza gli illuministi divennero i sostenitori del cosmopolitismo, cioè dell’atteggiamento che fa sentire un uomo cittadino del mondo, e non di un singolo paese. Un cosmopolita aspira ad un ideale di pace tra i popoli. 7) L’atteggiamento generoso e aperto degli illuministi li portò a considerare un dovere sacro la divulgazione. Questo compito fu assunto da due filosofi, Diderot e d’Alembert, i quali decisero di schedare tutte le esperienze che in Francia e in Inghilterra avevano portato alla fine dei vecchi regimi. Essi decisero di organizzare questi saperi sottoforma di “Enciclopedia”, infatti quest’opera fu intitolata proprio così, compiendo un’opera monumentale costituita da 17 volumi di testo e 12 di illustrazioni per un totale di 60000 voci organizzare per ordine alfabetico. Il sottotitolo dell’enciclopedia era: “dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri” segnalando così il suo carattere prevalentemente tecnico-scientifico e l’obiettivo degli autori di diffondere le conoscenze di quest’ambito e i risultati della rivoluzione scientifica. Il lavoro fu immenso e l’opera non ebbe vita facile; infatti, ci furono diversi episodi di censura da parte del re di Francia, il quale bloccò spesso la pubblicazione dei volumi. L’enciclopedia fu però terminata ugualmente e ne furono vendute 25.000 copie, prendendo così il nome di “Bibbia del sapere moderno”. 8) Il più brillante fra tutti gli illuministi fu Voltaire. Le sue battaglie furono quelle sulla libertà e sulla tolleranza, infatti, egli attaccò l’intolleranza religiosa, la censura e le lettre de cachet. Voltaire fu cosmopolita e viaggiatore, inoltre fu costantemente perseguitato dalla polizia del re di Francia ed infatti per sfuggirgli egli comprò una proprietà sul confine con la Svizzera, in modo tale che quando fosse arrivata la polizia lui potesse scappare dalla porta sul retro, trovandosi fuori dalla giurisdizione francese. Voltaire, però, riguardo la monarchia non la pensava come gli altri illuministi. Infatti, egli era convinto che solo un governo forte sarebbe stato in grado di abbattere il potere e i privilegi del clero e della nobiltà, sostenendo la necessità del potere assoluto, purché attribuito a un sovrano illuminato dalla ragione. 9) Nel 1721, in tutta Europa, aveva fatto scalpore l’opera di un altro illuminista, “Le lettere persiane”. L’autore era Montesquieu, il quale quasi trent’anni dopo pubblicò un altro libro considerato la base delle odierne democrazie: “Lo spirito delle leggi”. Egli partì dalla classificazione dei regimi politici in tre tipi: la Repubblica che era mossa dalla virtù, dove i cittadini dovevano anteporre il benessere pubblico al benessere privato; la Monarchia che era mossa dall’onore del re, fondato sulla fedeltà alle leggi e alla parola data; il Dispotismo, ovvero la dittatura, che era mosso dalla paura del popolo. Montesquieu studiò il “Bill of Rights” inglese, ed identificò tre diversi poteri: il potere Legislativo affidato al parlamento; il potere Esecutivo affidato al re e i suoi ministri (odierno governo); il potere Giudiziario affidato ai magistrati. Infine, Montesquieu propose di realizzare ovunque l’equilibrio fra i tre poteri fondamentali dello Stato attraverso la loro divisione: proprio da qui nasce la sua importantissima teoria nota come “La separazione dei poteri”. 10) Nel 1763 uscì un’opera intitolata “Il contratto sociale”. Il suo autore era Rousseau, il quale aveva una visione del mondo opposta rispetto a quella della maggior parte degli illuministi. Egli sosteneva che la società europea era destinata ad un rapido declino morale. Il punto focale delle sue ricerche fu la disparità che separa ricchi e poveri. Egli ravvisò la felicità solo nello “stato di natura” in cui erano vissuti i cacciatori preistorici, accontentandosi di ciò che avevano e non avvertendo la necessità di farsi guerra. Poiché tornare allo stato di natura era impossibile, per superare questa situazione il filosofo sostiene la necessità di stabilire almeno un contratto sociale, in cui ciascuno rinunciava ai propri particolari interessi in nome di quelli di tutti. Sarebbe nata così una società basata sulla subordinazione completa dell’individuo alle esigenze del bene comune. Ancora più importante fu un’altra opera di Rousseau, “L’Emilio”, in cui l’autore immagina di essere il precettore di un ragazzo di questo nome e racconta come lo educa a diventare cittadino di una nuova società di uguali, in un contesto però di stato di natura. Rousseau non pensò di abolire la proprietà privata, ma di livellarla eliminando gli eccessi di ricchezza che provocano i conflitti. 11) Un contributo importante al pensiero illuminista italiano, fu quello del marchese Cesare Beccaria. Egli scrisse un libro che trattava due questioni fondamentali: la tortura e la pena di morte. Il libro si intitolava “Dei delitti e delle pene”, esso denuncia per la prima volta all’umanità gli orrori dei supplizi durante gli interrogatori. Beccaria afferma l’inutilità della pena di morte che, come si dimostra, non solo rende lo Stato un assassino ma non dissuade neanche i criminali dal compiere i delitti. Quest’opera prima ebbe enorme successo in Italia, e successivamente venne tradotta e diffusa in tutta Europa. 12) Il dispotismo illuminato di Voltaire produsse una breve stagione di riforme in numerosi regni europei: + Regno d’Austria = gli Asburgo d’Austria furono i primi a intraprendere la via delle riforme. A cominciare fu l’imperatrice Maria Teresa che modernizzò l’intero apparato di governo, mantenne nelle sue mani i poteri legislativo ed esecutivo, ridusse i privilegi del clero, abolì l’inquisizione e sciolse la “Compagnia di Gesù”, dedicando tutti i beni confiscati all’istruzione pubblica. Successivamente, il figlio primogenito Giuseppe II, proseguì l’opera della madre inserendo lo studio della scienza e della tecnica nelle scuole superiori, abolendo la censura e introducendo un nuovo Codice penale che fissava pene uguali per tutti i sudditi. Infine sono da ricordare gli importanti decreti sull’emancipazione degli ebrei e sulla tolleranza religiosa. + Granducato di Toscana = tra i sovrani riformatori merita un’attenzione speciale Pietro Leopoldo, altro figlio di Maria Teresa, che arrivò addirittura al punto di progettare una monarchia costituzionale all’inglese, rimasta irrealizzata perché egli divenne imperatore d’Austria dopo la morte del fratello Giuseppe II. Egli si dedicò al territorio costruendo strade e bonificando parte della Maremma. Inoltre, eliminò le dogane e favorì il commercio, dopodiché varò un nuovo Codice penale che aboliva la tortura e la pena di morte. + Impero Russo = nel 700 la corona passò a Caterina di Russia, amica di Voltaire e Diderot, la quale creò una profonda riforma del Codice penale che puntava a riformare l’amministrazione. Quest’ultima fu però bloccata da una violentissima rivolta dei servi della gleba, esasperati dalla fame e dalle deportazioni con cui la zarina li colpiva per colonizzare la Siberia. Infine, Caterina concesse la libertà di stampa, ampliò l’istruzione pubblica e lottò contro i privilegi della chiesa ortodossa. + Regno di Prussia= anche Federico II di Prussia fu un attivo seguace di Voltaire. Egli allentò i vincoli della censura, rese obbligatoria l’istruzione elementare e abolì la tortura e limitò la pena di morte. + Regno di Spagna= in questo periodo la Spagna fu governata da Carlo III di Borbone, il quale progettò una vasta serie di riforme che riguardavano anche i rapporti tra il paese e le sue colonie americane. I suoi ministri cominciarono a varare una serie di riforme fiscali che intaccavano gli enormi privilegi del clero e della nobiltà. Come già aveva fatto Maria Teresa d’Austria, il re ordinò l’espulsione dei Gesuiti, che in quel momento rappresentavano la più forte e la più pericolosa congregazione ecclesiastica del paese. Con tutte le ricchezze confiscate, il sovrano finanziò una potente organizzazione dell’istruzione e stabilì numerose detrazioni fiscali a vantaggio degli imprenditori. 13-14) Il periodo dell’assolutismo illuminato fu segnato da numerosi conflitti. La guerra di successione polacca si concluse nel 1738 con una pace che determinò la fine del regno di Polonia e che ebbe ripercussioni anche sull’Italia: il regno di Napoli passò ai Borboni di Spagna mentre il Granducato di Toscana venne assegnato agli Asburgo Lorena. La guerra di successione austriaca si concluse nel 1748 con la pace di Aquisgrana, con cui Maria Teresa venne riconosciuta come regina, ma dovette cedere la Slesia a Federico di Prussia. Infine nella guerra dei sette anni, (1756 a 1763) tra Francia Inghilterra, la Gran Bretagna ottenne in Africa il Senegal e in America il Canada, conquistando il controllo di buona parte dell’India e gettando così le basi dell’impero coloniale inglese. 15) Il contesto in cui si sviluppò l’Illuminismo fu quello di una classe ristrettissima quale la borghesia emergente, al cui interno era presente un “circolo” ancora più ristretto di persone che ritenevano di aver raggiunto un grado di evoluzione intellettuale superiore a quello di altri essere umani. Gli autori dell’enciclopedia superarono questi limiti, ma altri illuministi divisero l’umanità in “Filosofi”, ovvero la gente colta e capace di ragionare, e “Ottentotti” ovvero coloro che restavano preda dei propri pregiudizi e delle proprie superstizioni. Inoltre, l’Illuminismo che più di ogni altro movimento fece affidamento sulla ragione umana ebbe anche, al suo interno, forti venature mistiche e tendenze a riunirsi in sette segrete, come la massoneria*, una setta i cui complessi rituali richiamavano piuttosto il medioevo che l’età della razionalità. Tutto questo però non appare insolito, in quanto il contesto culturale dell’epoca era ancora in bilico tra vecchie credenze e nuovi orizzonti. *Massoneria = Associazione segreta, sorta in Inghilterra, caratterizzata da un contenuto etico d'ispirazione illuministica (lotta all'ignoranza, liberazione da ogni pregiudizio e fanatismo religioso, aspirazione alla fratellanza universale) e da un particolare simbolismo ispirato all'arte muraria. CAPITOLO 6 1) Nel 1700 ci fu una svolta storica per l’economia inglese, ovvero la rivoluzione industriale. Essa viene considerata il mutamento più radicale dalla rivoluzione neolitica. Le radici della fortuna di questo paese risalivano al regno di Elisabetta I, la quale riuscì a trasformarlo da uno stato povero ad uno ricco. In tutto questo ci fu anche la tratta degli schiavi che fruttò grandi ricchezze private che attraverso le tasse si convertirono in ricchezza pubblica, inoltre, gli inglesi adattarono le leggi dello Stato alle necessità del commercio con l’abolizione delle dogane. Inoltre, il commercio inglese gestiva grandi quantità di spezie e cotone, ma soprattutto di te che divenne un rito collettivo. Infine, ci fu una grande rivoluzione agricola. 2) Il parlamento inglese votò una serie di leggi che scardinarono l’intero sistema agricolo feudale che era basato sui cosiddetti campi aperti (campi privi di recinzione, in quanto le parcelle di un proprietario erano sparse e quindi incastrate in quelli altrui). Ognuna di queste parcelle veniva divisa in tre strisce di terreno in modo tale da praticare la rotazione triennale (una a cereali, una legumi e una a maggese). Inoltre vi erano le terre comuni, di proprietà dello Stato o dell’aristocrazia, concesse ai contadini come terre da pascolo. Da quest’organizzazione derivava una serie di sprechi: + Tempo per i contadini + Terreno a causa dei sentieri + Bestiame per l’allevamento. La grande trasformazione avvenne nel XVIII secolo quando sì passo ai campi chiusi. A questo cambiamento molti contadini si ribellarono e altri ancora decisero di vendere le proprie terre ai più ricchi, cioè i Lord. 3) In Inghilterra i latifondi furono all’origine delle fortune nazionali, l’aristocrazia infatti, affidò i terreni ai coltivatori più intelligenti e preparati, nominando così gli intendenti. Essi cominciarono con il sostituire la rotazione triennale con quella quadriennale (ogni campo fu diviso in quattro parti, di cui una a cereali, una a piante primaverili, una a pianta autunnali e una a trifogli, piante ricche di azoto che rigenerano il terreno). Successivamente, essi divisero l’intera tenuta in quattro parti: i campi, i pascoli, il bosco e la miniera. Tutte queste migliorie arricchirono i Lord ma anche gli intendenti che formarono un nuovo ceto: la Gentry. CAPITOLO 8  RIVOLUZIONE AMERICANA 1) Durante gli inizi del settecento la Gran Bretagna aveva assunto il controllo di 13 colonie oltre oceano. L’inizio di questa colonizzazione risaliva all’intraprendenza dei corsari di Elisabetta I. Uno di essi, infatti, aveva impiantato un avamposto che aveva chiamato Virginia, in onore della “Regina vergine”. La maggioranza dei coloni era costituita da puritani inglesi che fuggivano dalle persecuzioni del re cattolico Carlo I Stuart. Altri provenivano da paesi diversi poiché erano a caccia di fortuna e altri ancora erano dei disperati che avevano accettato la cosiddetta schiavitù temporanea, che durava quattro anni, cioè il tempo necessario per riuscire a rimborsare il prezzo della traversata. Nella seconda metà del settecento la popolazione complessiva delle colonie americane ammontava ormai a 3 milioni di bianchi, a cui si aggiungevano circa 600.000 neri. 2) Le 13 colonie potevano essere riunite in tre gruppi diversi: + Le colonie del New England, che si trovavano nel Nord ed erano abitate da puritani inglesi. + Le colonie del centro che erano composte da inglesi, olandesi, francesi e svizzeri impiegati nel commercio. + Le colonie del sud che basavano la propria economia sui latifondi dei piantatori. I coloni erano uniti dalla fede cristiana, dall’uso della lingua inglese e dalle tradizioni politiche britanniche. Tuttavia, le colonie avevano anche diversi motivi per essere scontenti della loro dipendenza da Londra, infatti, le leggi coloniali li obbligavano ad esportare le loro materie prime solo in Gran Bretagna. Inoltre, non potendo sviluppare un artigianato locale poiché le leggi coloniali li obbligavano ad acquistare dalla madrepatria tutti i prodotti lavorati, e non potevano battere moneta. 3) La guerra dei sette anni, tra il 1756 e il 1763, sconvolse la situazione economica inglese, tant’è vero che nel 1764 il parlamento inglese decise di aumentare le tasse che le colonie versavano alla madrepatria. Inizialmente fu emanata la legge sullo zucchero (Sugar Act ), che aumentò i dazi sulle importazioni di diverse merci, tra cui lo zucchero importato dai Caraibi francesi per la distillazione del rum. Poi, nel 1765, fu istituito una tassa di bollo (Stamp Act) che colpì tutti gli atti ufficiali e tutti i giornali. I coloni sostennero che le tasse non erano ingiuste di per sé, ma lo diventavano poiché chi veniva tassato non aveva il diritto di discutere il provvedimento in parlamento  No taxation without rappresentation. Per questo motivo, gli americani cominciarono a boicottare le merci inglesi e nel 1773, in un giorno ricordato come il “Boston Tea party”, alcuni uomini del movimento “Figli della Libertà” (politici separatisti) giunsero a gettare in mare tonnellate di te inglese imbarcato sulle navi della compagnia delle Indie. La reazione di Londra non si fece attendere, infatti, una raffica di leggi repressive annullò tutte le libertà locali dei coloni. Quest’ultimi le chiamarono “leggi intollerabili” e bloccarono le importazioni e le esportazioni in Inghilterra. Intanto, in ogni colonia si elesse una propria assemblea e la si dichiarò potere indipendente. Il coordinamento delle assemblee fu affidato ad un congresso che si riunì a Philadelphia nel 1774. 4) A questo punto, gli americani decisero di arruolare un “esercito di liberazione” e ne affidarono il comando a un piantatore del sud, George Washington, che aveva partecipato alla guerra dei sette anni. Scoppiò così la “Guerra d’indipendenza” o “Rivoluzione americana”, che durò dal 1775 al 1783. Gli inglesi erano convinti di stroncare facilmente la rivolta dei loro coloni, infatti, gli americani inizialmente subirono diverse sconfitte, ma poiché quest’ultimi non erano per niente un popolo di ignoranti e rozzi come pensava il governo centrale, essi iniziarono ad allearsi con altre forze internazionali. Le due superpotenze europee che scesero in campo al fianco degli americani furono la Francia e la Spagna che avevano interessi nel boicottare il potere economico inglese, ma soprattutto nel diffondere l’ideologia illuminista che era nata pochi decenni prima in Francia. Nel 1778, dunque, la Francia entrò in guerra al fianco dei coloni impiegando la flotta inglese che da quel momento fu costretta a ritirarsi dei porti americani, mentre invece la Spagna, la quale voleva riprendersi la colonia della Florida e Gibilterra, impiegò le forze via terra dell’Inghilterra. Contemporaneamente a questi attacchi, Washington organizzò l’esercito e lo dotò di armi moderne, vincendo definitivamente contro gli inglesi nella battaglia di Yorktown, nel 1781. 5) Con il trattato di Parigi del 1783, la Francia ottenne soltanto la restituzione di una parte del Senegal e di un’isola dei Caraibi; la Spagna invece, recuperò la Florida ma non Gibilterra, che restò inglese. L’evento più importante fu però che alle colonie americane venne riconosciuta l’indipendenza e nacquero gli Stati Uniti d’America. La nascita di quest’ultimi venne fissata nel 1776 dalle 13 colonie stesse, poiché in quest’anno esse approvare un documento chiamato “Dichiarazione di indipendenza”. Esso era stato formulato da una commissione di quattro intellettuali, tra i quali ricordiamo Thomas Jefferson e Benjamin Franklin. La dichiarazione è basata sui principi fondamentali dell’Illuminismo, infatti essa rappresenta la prima motivazione scritta di un’azione politica di tipo nuovo, non più basata sui diritti dinastici di una famiglia reale ma sui diritti naturali dell’essere umano: uguaglianza, libertà e ricerca della felicità. 6) Pochi anni dopo l’indipendenza, nel 1787, gli Stati Uniti adottarono una costituzione che li rese una Repubblica federale. Allo Stato centrale, tuttavia, fu attribuito una serie di compiti fondamentali: garantire la difesa attraverso l’esercito, gestire le assegnazioni di nuovi territori e controllare le proteste sociali. La nuova nazione fu organizzata in base alla teoria illuminista della divisione dei poteri. In particolare: + Il potere legislativo fu delegato al congresso e al Senato + Il potere giudiziario fu affidato alla corte suprema + Il potere esecutivo fu accentrato nella figura del presidente della Repubblica. In casi gravissimi, tuttavia, il congresso poteva destituire il presidente attraverso un “impeachment”. Il primo presidente degli Stati Uniti fu il vincitore della guerra, George Washington. Il voto venne limitato ai contribuenti maschi, escludendo gli schiavi, i poveri e le donne, e continuò ad esistere la schiavitù. Infine, dal punto di vista politico, cominciarono a delinearsi due partiti principali: il partito federalista, autoritario e legato all’Élite finanziaria urbana, e il partito repubblicano, popolare e legato agli agricoltori indipendenti. 7) A prima vista la società americana assomiglia a quella inglese, tuttavia, le differenze erano sostanziali, infatti, in America non esistevano le basi per creare una classe nobiliare privilegiata: non c’erano una camera dei Lord né una casta militare riservata agli aristocratici ne chiese destinate ai soli nobili. A causa della grande disponibilità di terre, inoltre, tutti i contadini erano proprietari delle loro fattorie. Inoltre, i poveri esistevano, ma non costituivano un problema sociale come in Inghilterra. Nel complesso, la società americana del Settecento era un mondo della classe media caratterizzato dalla possibilità di salire e scendere la scala sociale senza nessun impedimento di legge, ma soltanto in base alle proprie capacità. CAPITOLO 9  RIVOLUZIONE FRANCESE 1) Nel 1774 era salito al trono Luigi XVI, che aveva sposato Maria Antonietta, figlia della sovrana illuminata Maria Teresa d’Austria. Conclusa la guerra a fianco degli americani, lo Stato si era indebitato con le banche di mezza Europa. La situazione economica era gravissima, poiché in Francia i nobili e il clero erano esentati dalle tasse ordinarie e le imposte versate da contadini bastavano a malapena a pagare gli interessi sui prestiti. Difatti, se le banche avessero chiesto il saldo dei debiti, la Francia sarebbe finita in bancarotta. 2) Molti ministri di Luigi XVI avevano cercato di convincere l’aristocrazia e il clero a sacrificarsi per il paese versando per qualche anno tasse straordinarie. Il ministro delle finanze Jacques Necker, nel 1787 pubblicò il bilancio di Stato (in milioni di franchi le spese ammontavano a 629 e le entrate a 503 all’anno), suscitando scandalo in tutta la Francia, poiché questo documento era rimasto segreto nei decenni precedenti. In quello stesso anno la carestia si abbatte sui raccolti e il paese divenne una polveriera pronta ad esplodere. 3) La situazione era tale che si rendeva necessaria la convocazione degli Stati generali. Luigi XVI fissò la prima seduta dell’assemblea Nel 1789. A Parigi vennero fondati nuovi giornali e si aprirono numerosi club, in cui gli illuministi si riunivano per discutere le proposte da presentare agli Stati generali. Il più attivo e autorevole era il club dei “Giacobini”, di cui faceva parte Robespierre. Intanto la corte veniva inondata di lettere dette “cahiers de doléance” o “quaderni di lagnanze”, i quali provenivano dalle assemblee provinciali e regionali e consistevano in un elenco di problemi a cui il re avrebbe dovuto porre rimedio. 4) Il 5 maggio del 1789 gli Stati generali si riunirono nella reggia di Versailles sotto la presidenza del re. Ad ogni Stato toccava un voto. Tuttavia, poiché clero e nobiltà si trovavano sempre d’accordo, potevano contare su due voti mentre il Terzo Stato ne aveva solo uno. Quindi, per evitare la loro automatica sconfitta, i deputati del Terzo Stato reclamarono il voto pro-capite; essendo più numerosi degli altri due, con questa riforma del sistema di votazione avrebbero ottenuto la maggioranza. Ascoltata la richiesta del Terzo Stato, il ministro Necker lesse una relazione di tre ore, durante la quale il re schiacciò un sonnellino. 5) Il 17 giugno, stanchi di aspettare, i deputati del Terzo Stato decisero che, rappresentando il 98% dei francesi, avevano il diritto di proclamarsi “assemblea nazionale”. Il 20 giugno 1789, in una palestra dove si giocava alla pallacorda, i deputati giurarono che non si sarebbero separati prima di aver dato una costituzione parlamentare alla Francia e, a questo scopo, il 9 luglio si proclamarono “assemblea nazionale costituente”. A questo punto il re non aveva più alcun potere. Il giuramento della pallacorda segnò l’inizio della rivoluzione francese. 6) Il re ordinò ai nobili e al clero di riconoscere l’assemblea costituente prendendo parte alle sue riunioni, inoltre, fece circondare Versailles da 2000 mercenari stranieri dimostrando di essere pronto a scioglierla con la forza. Questo fece esplodere la collera del popolo. Il 14 luglio 1789 una folla di artigiani e bottegai parigini irruppe nelle officine degli armaioli, poi si diresse verso l’armeria della Bastiglia, e la assaltò. Il 14 luglio divenne, qualche anno dopo, il giorno della festa nazionale francese, poiché la conquista della Bastiglia era il simbolo della sconfitta dell’assolutismo. I membri della costituente formarono una guardia nazionale comandata dal marchese la Fayette, e ad essa fu affidato il compito di difendere l’assemblea dai soldati del re. Da quel momento in poi le manifestazioni violente divennero quasi quotidiane e spinsero un numero crescente di aristocratici e prelati oscurantisti a fuggire dalla Francia. In questo stesso contesto, il giornale diretto dal giacobino Jean-Paul Marat, “L’amico del popolo”, cominciò a parlare di un complotto aristocratico, fomentato soprattutto dalla regina Maria Antonietta, di cui è celebre la frase “se il popolo ha fame che mangiasse delle brioches” (forse mai pronunciata ma diffusa in giro per odio razziale verso di lei). 7) Quando non arrivò alcuna risposta alle “cahiers de doléance” dei contadini, si iniziarono a diffondere false voci su eserciti invasori in procinto di devastare la Francia. Di villaggio in villaggio si diffuse la rabbia, mista a un panico incontenibile che gli storici hanno chiamato “Grande paura”. Tra il 20 luglio e il 6 agosto 1789 centinaia di migliaia di contadini assaltarono monasteri e castelli. Il 3 agosto queste notizie arrivarono a Parigi e gettarono nello scompiglio i membri dell’assemblea nazionale. A notte inoltrata i deputati emanarono un decreto che cominciava con queste parole: “l’assemblea nazionale distrugge interamente il sistema feudale”. Alle due del mattino del 4 agosto 1789 l’ancien regime era definitivamente morto. Il 26 agosto 1789 stesero quindi la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”, che si con queste parole: “gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti“. 8) Ai primi di settembre, i portavoce dell’assemblea si recarono a Versailles con due documenti, il decreto sull’abolizione del sistema feudale e la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che non potevano diventare legge senza la firma del re, il quale però, si rifiutò di firmarli. Il 6 ottobre del 1789 un corteo di popolane parigine marciò fino a Versailles e sequestrò il re, imponendogli di firmare gli atti dell’assemblea e di trasferirsi con moglie e figli alle Tuileries (Vecchio palazzo reale situato al centro di Parigi). Il sovrano all’inizio era riluttante alle richieste delle cittadine, poi arrivò La Fayette che lo convinse a partire per Parigi. 9) Tutti questi eventi, sempre più drammatici, si verificarono sullo sfondo di problemi gravissimi: la fame e i debiti esteri. Il 2 novembre 1789 l’assemblea costituente decise di rifornire le casse dello Stato attraverso la confisca e la vendita dei beni ecclesiastici. Tutte le cariche, da vescovo a parroco, furono rese elettive e stipendiati dallo Stato, al quale però andava prestato un giuramento di fedeltà. Il Papa condannò severamente sia la confisca e sia la costituzione; di conseguenza, la stragrande maggioranza del clero si rifiutò di giurare fedeltà, preferendo la miseria alla disobbedienza al pontefice. CAPITOLO 10  NAPOLEONE BONAPARTE 1) Appena insediato nel 1795, il Direttorio mostrò di essere uno dei governi più corrotti che la Francia avesse mai avuto. Uno dei suoi membri più autorevoli, Paul Barras, era stato a capo della congiura contro Robespierre perché sul suo capo pendevano accuse da ghigliottina: affari illeciti, partecipazione con Danton al saccheggio di una città belga, accaparramento di denaro pubblico. I suoi colleghi "direttori" e l'intero Consiglio dei Cinquecento, che formavano un'assemblea di tipo parlamentare, non erano da meno, difatti molti rimpiangevano Robespierre "l'incorruttibile" e i principi di uguaglianza traditi. Alcuni, come Gracco Babeuf, tentarono di rovesciare il Direttorio per tornare ad un governo del popolo, ma furono scoperti e mandati a morte. Gli aristocratici tornati dall'esilio, capeggiati dal conte d'Artois, fratello minore del re ghigliottinato, si aggiravano di notte per le strade di Parigi e uccidevano a tradimento gli ex giacobini, organizzando vere e proprie "cacce all'uomo" che presero il nome di Terrore bianco. Essi parlavano apertamente di rovesciare il Direttorio e di ripristinare la monarchia assoluta, ma un loro tentativo insurrezionale fu represso dal Direttorio stesso con l'esercito. La nascita del concetto di "comunismo" Insieme a Robespierre, il governo del Direttorio spazzò via tutte le idee giacobine, a partire dal suffragio universale; Di fronte a questa catastrofe delle idee di uguaglianza, insorse Gracco Babeuf, un rivoluzionario che era stato amico e collaboratore di Marat. Ispirandosi alle teorie di Rousseau, Babeuf intendeva costruire una società "comunista", caratterizzata da: • uguaglianza dei salari; • comunanza di tutti i beni; • abolizione della proprietà privata e del diritto all'eredità; • educazione dei giovani non più affidata alla famiglia ma alla comunità. Nella primavera del 1796 Babeuf, con la complicità del suo compagno Filippo Buonarroti, immaginò di poter rovesciare il Direttorio con le armi, tuttavia, il loro tentativo, detto "Congiura degli Eguali", si fondava su basi così fragili che fu immediatamente scoperto e entrambi furono ghigliottinati. Il loro colpo di stato sperava di imporre una dottrina politico-sociale detta “babuvismo”, la quale si basava sulla comunanza dei beni, la soppressione dell’eredità, l’educazione comune e inoltre, essa sarà d’ispirazione per i primi teorici del socialismo. Difatti, Babeuf fu il primo a introdurre il termine "comunismo" nel linguaggio politico e a stabilire i princìpi fondamentali di un movimento che si sarebbe sviluppato verso la fine del XIX secolo, cioè il cosiddetto “Movimento operaio”. 2) Il Direttorio dovette anche gestire la guerra, che orami provocava più danni che benefici. Viste le drammatiche condizioni della Francia, il Direttorio per non affrontare milioni di uomini, decise di non trattare la pace, per questo motivo bisognava portare avanti la guerra e tenere occupato l’esercito. I direttori identificarono due Fronti su cui combattere: + Fronte principale, a nord-est, con lo scopo di invadere la Germania passando dal Belgio e abbattere le forze prussiane (che avvenne nel 1795) e di attaccare l’Austria da ovest. + Fronte secondario, a sud-est, con l’obiettivo di conquistare la Lombardia, risalire l’Adige, per poi varcare le Alpi e penetrare nel Tirolo, congiungere l’Armata d’Italia con quella tedesca ed entrare a Vienna. Nel 1796 il Direttorio affidò il comando di questa armata detta "l’armata degli spaventapasseri affamati", (poiché la maggior parte dei suoi membri erano poveri, inesperti e disperati) ad un giovane generale che aveva partecipando alla riconquista della città di Tolone, Napoleone Bonaparte. 3) Napoleone era nato in Corsica nel 1769, cioè l’anno dopo che la Repubblica di Genova aveva ceduto l'isola alla Francia. Era il secondo di otto figli, e suo padre lo aveva allevato nel sogno di liberare la Corsica. Il giovane studiò in Francia, alla Regia Accademia militare, in cui però non vi si trovò affatto bene poiché disprezzava i compagni, i quali appartenevano alla migliore nobiltà di Francia. Tuttavia, Napoleone ricevette un'istruzione eccellente, infatti, brillava in matematica, storia e geografia (importanti per un militare). La Rivoluzione francese gli fece però dimenticare il sogno di strappare la Corsica alla Francia, difatti, egli entrò nell’esercito e fu promosso generale dal fratello di Robespierre. Successivamente venne chiamato a Parigi e qui frequentò le feste del direttorio, dove incontrò Giuseppina (vedova del generale Beauharnais e amante di Barras), di cui si innamorò. Pochi giorni dopo il matrimonio il generale partì per l’Italia. 4) Fraternità con i popoli oppressi e bottino per i suoi soldati furono i due punti di forza delle prime azioni militari di Napoleone. Mentre ai suoi prometteva ricchezze e gloria, il nuovo comandante mandava spie nelle città piemontesi e lombardi perché contattassero i gruppi rivoluzionari locali, chiamati giacobini come membri dell’omonimo partito della rivoluzione, per rassicurarli sulle intenzioni della Francia, cioè abbattere i regimi tirannici e garantire ai popoli liberati l’indipendenza. Iniziava così la campagna d’Italia, che lo impegnò tra il 1796 e il 1797. Per prima cosa fu attaccato il Piemonte, cosicché il re Vittorio Amedeo III di Savoia fu costretto a firmare un armistizio con il quale cedette la Savoia e Nizza a Napoleone. In cambio, quest’ultimo abbandonò alla repressione del sovrano i giacobini piemontesi, insorti in suo aiuto: fu il primo di molti tradimenti. Dopodiché, l’esercitò passò all’Adda a Lodi, sconfiggendo gli austriaci, poi occupò Milano ed entrò in Emilia, battendo anche l’esercito pontificio. Riuscì quindi a costringere Papa Pio VI alla resa e nel 1797 ottenne una parte dello Stato pontificio: le legazioni (Bologna e Ferrara), e la Romagna. *I portatori dello spirito della Rivoluzione francese negli altri paesi si definirono Patrioti. L'entusiasmo per i valori di libertà e democrazia nati con l'inizio della rivoluzione si diffusero in tutta Europa attraverso un movimento di opinione chiamato giacobinismo, il quale va però distinto in: + Giacobinismo individuale: propagandisti isolati, ridotti alla clandestinità, alla cospirazione e alla congiura. + Giacobinismo organizzato: ispirato all'ideologia democratica di Robespierre, sviluppatosi in quelle zone dove erano presenti condizioni favorevoli, quali la libertà di riunione e di espressione. 5) I territori conquistati da Napoleone furono riuniti nel 1797 in un nuovo Stato, la Repubblica cisalpina. (Repubblica Traspadana + Repubblica Cispadana + Repubblica Ligure = Repubblica Cisalpina). La fondazione della Repubblica cisalpina ebbe un importante significato nella storia d’Italia, infatti nacque addirittura una nuova bandiera (tricolore a strisce orizzontali bianco rosso e verde). Vi fu però un doloroso colpo inflitto alla Francia, poiché il direttorio doveva risanare la disastrosa situazione finanziaria francese dell’Italia, così Napoleone fu costretto ad inviare a Parigi casse di oro attraverso imposte straordinarie, e si creò un clima di delusione tra i sostenitori italiani del generale. Nel 1797, Napoleone indusse i giacobini veneziani a sollevarsi contro il doge, ma nel 1797, egli si accordò con gli austriaci e firmò il trattato di Campoformio con cui l’Austria rinunciava ad ogni pretesa sul Belgio e sulla Lombardia, ottenendo in cambio il territorio della Repubblica veneta che per la prima volta dalla sua fondazione perse l’indipendenza. Alla fine di quello stesso anno le truppe francesi invasero il Lazio occuparono Roma. Questi nuovi territori formarono un nuovo Stato detto “Repubblica romana”. Successivamente, Papa Pio VI venne dichiarato prigioniero e trasferito in Francia, dove morì l’anno successivo. Nel 1799 un altro tradimento fu consumato ai danni dei giacobini napoletani quando un’armata francese occupò il regno di Napoli: il re Ferdinando di Borbone fuggì, mentre i giacobini occupavano il Palazzo Reale e invadevano il nuovo governo della Repubblica partenopea. L’esperimento però durò solo sei mesi. I francesi, infatti, abbandonarono i giacobini alla loro sorte e li lasciarono sole da affrontare le cannonate della flotta inglese e l’esercito del comandante Ruffo. [Tutte le repubbliche controllate dai francesi furono chiamate anche “repubbliche sorelle”] La Rivoluzione Partenopea Allo scoppiare della Rivoluzione francese nel 1789, dopo la caduta della monarchia e la morte dei reali di Francia, il Re di Napoli Ferdinando IV e sua moglie Maria Carolina d’Asburgo (sorella di Maria Antonietta), aderirono alla coalizione antifrancese e cominciarono, dopo quasi un secolo di politiche riformatrici e liberali, ad attuare repressioni interne contro personalità sospettate di “simpatie” giacobine. Nel 1796 le truppe francesi del giovane generale Napoleone Bonaparte cominciarono a riportare significativi successi in Italia e sulle armate napoletane ed austriache. Nel 1798, il Regno di Napoli cercò di fermare l’avanzata dei francesi riconquistando Roma e restituendola al Papa, tutto ciò con l’appoggio della flotta inglese comandata dall’ammiraglio Horatio Nelson, ma nulla poté nella controffensiva dell’armata francese, avvenuta nello stesso, guidata dal generale Championnet, il quale sconfisse l’esercito napoletano. Durante la discesa dei francesi, Ferdinando IV tornò a Napoli e si imbarcò di nascosto su una nave dell’ammiraglio Nelson, con tutta la famiglia, in fuga verso Palermo. Alla notizia della caduta del re e di parte delle province insorte contro l’esercito francese (i “lazzari”, gli unici ad opporre resistenza all’avanzata napoleonica), in città scesero anche i repubblicani e i giacobini napoletani che in poco tempo riuscirono a conquistare la fortezza di Castel Sant’Elmo, da cui poi aprirono il fuoco sui lazzari che ostacolavano la strada ai francesi. A questo punto, si trattava di uno scontro di napoletani contro napoletani, al fine di favorire l’ingresso del generale Championnet, il quale riuscì a schiacciare la resistenza dei sostenitori del re. Con l’appoggio dell’esercito francese, venne finalmente proclamata la Repubblica Napoletana e dopo alcuni giorni venne anche pubblicata la prima edizione del “Monitore Napoletano”, il giornale ufficiale del governo provvisorio, diretto da Eleonora De Fonseca. Tuttavia, la neonata Repubblica resterà sempre molto lontana dalla conoscenza dei reali bisogni del popolo napoletano, poiché, oltre ad avere un’autonomia estremamente limitata dal governo francese, essa fu sottoposta di fatto alla dittatura di Championnet e alle difficoltà finanziarie causate dalle richieste dell’esercito francese costantemente in armi sul suo territorio. A questo si aggiunse una repressione spietata e sanguinaria portata avanti contro gli oppositori del regime, la quale non aiutò a conquistare le simpatie popolari; difatti durante i pochi mesi della repubblica moltissime persone vennero condannate a morte e fucilate dopo sommari processi politici. Nel frattempo, la situazione cominciò a mettersi a favore dei Borbone quando il cardinale Fabrizio Ruffo, riuscendo a costituire in poco tempo un esercito popolare (Armata della Santa Fede o Sanfedista) si impadronì della Calabria, della Basilicata e delle Puglie. È doveroso sottolineare che alla base del moto sanfedista c'era la paura dello Stato della Chiesa che il popolo si potesse allontanare dalla religione, rendendo l’influenza cristiana meno efficace sul territorio, per questo si può dire che l'armata di Ruffo era un movimento clericale più che un movimento anti-rivoluzionario. Nello stesso periodo, le truppe francesi, in seguito alle sconfitte subite contro gli Austro- Russi, dovettero ritirarsi da Napoli e i repubblicani napoletani rimasero senza l’appoggio dell’esercito napoleonico a dover respingere l’armata sanfedista. Facilmente l’armata del cardinale Ruffo riuscì a penetrare in città e a restaurare l’autorità borbonica. Al suo rientro a Napoli, Ferdinando IV ottenne la resa delle diverse centinaia di persone che avevano prestato servizio alla Repubblica Napoletana ma, non essendo questa mai riconosciuta neanche dalla Francia, i suoi sostenitori non potevano essere considerati prigionieri di guerra (con tutte le garanzie connesse) e quindi furono giudicati da un tribunale penale come traditori, reato punito con la condanna a morte. Tra i condannati a morte, i nomi più importanti furono Eleonora Fonseca, Luisa Sanfelice (sventò una pericolosa congiura filo-borbonica) e Francesco Caracciolo (ammiraglio flotta repubblicana). Infine, le bande di Ruffo devastarono la Calabria e la Campania, ma anche nel Lazio e in Toscana avvennero violenze, rapine ed omicidi. La Repubblica napoletana fu il primo caso nella storia in cui una rivoluzione era appoggiata dai nobili piuttosto che dal popolo, il quale si schierava all'opposizione, e probabilmente questa caratteristica derivava dal fatto che si trattava di una rivoluzione intellettuale più che di una rivoluzione politico-economica. 6) Dopo il trattato di Campoformio, Napoleone, sotto comando del direttorio (quest’ultimo era intimorito dalla sua rapida ascesa in Francia) iniziò pensare a come attaccare l’Inghilterra. La strategia migliore pensata dal generale fu di colpire il nemico nei suoi punti di interesse commerciale. Così si decise di conquistare l'Egitto, dal quale passavano via terra le merci provenienti dall'india che le navi inglesi scaricavano nei porti del Mar Rosso e ricaricavano su altre navi ad Alessandria. Come è noto, la spedizione scopri, tra l'altro, la stele di Rosetta che permise la decifrazione dei geroglifici egizi. Napoleone salpò da Tolone nel 1797, e già nel luglio del 1798, i francesi riuscirono a vincere il primo scontro nella cosiddetta “battaglia delle piramidi”, sconfiggendo i mamelucchi (truppe di origine turca), occupando l'Egitto. Il mese successivo, però, la flotta francese fu distrutta nella baia di Abukir dalla flotta inglese, comandata dall'ammiraglio Orazio Nelson. A questo punto le truppe di Napoleone si trovarono bloccate in Egitto senza avere la possibilità di rientrare in patria. Infine, nel 1799 Napoleone era ancora in Egitto, ma a Parigi la situazione politica si stava inasprendo, dato che il direttorio subiva molte critiche a causa delle sconfitte subite in Europa, quindi, Napoleone fu costretto a lasciare l'Africa e tornare in Francia. 7) Nel 1799 la Francia era arrivata al decimo anno dall'inizio della sua rivoluzione, e in quest’arco di tempo era riuscita a tenere lontani gli eserciti stranieri, aveva conquistato nuovi territori, aveva dato modo di arricchirsi agli imprenditori e ai commercianti, ma non aveva risolto la crisi economica che affamava le popolazioni delle campagne e delle città. Tornato a Parigi, Napoleone ordì una congiura con due deputati (ma anche altri che vennero comprati), organizzata da suo fratello Luigi. Quest’ultimo, grazie alle truppe di Napoleone, mise in fuga i membri dell'assemblea nazionale e il 10 novembre 1799, Napoleone instaurò un nuovo governo formato da tre “Consoli”, nominando sé stesso “Primo console”. Il colpo di Stato segnò ufficialmente la fine della rivoluzione, anche se in realtà essa si era già conclusa alla morte di Robespierre.
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