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Frankenstein educatore - riassunto, Sintesi del corso di Pedagogia

riassunto, scienze dell'educazione primo anno, università degli studi di Milano bicocca

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014
In offerta
30 Punti
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Caricato il 09/05/2014

Silvia.Albanese
Silvia.Albanese 🇮🇹

4.5

(14)

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Anteprima parziale del testo

Scarica Frankenstein educatore - riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! FRANKENSTEIN EDUCATORE P. Meirieu 1 Frankenstein o il mito dell’educazione come fabbricazione Nessuno può darsi la vita → siamo introdotti nel mondo dagli adulti Un essere umano può diventare adulto solo con l’intervento di altri adulti→il bambino bisogno di essere accolto, dell’aiuto per consolidare le capacità mentli e di adattamento. Tutti vengono al mondo impreparati e devono essere educati, è l’ambiente che ci costruisce ↓ RAGAZZI SELVAGGI: dimostrano la necessità di una pratica educativa Kant “l’uomo può diventare uomo solo attraverso l’educazione” EDUCARE = sviluppare un’intelligenza formale, ma anche storica in grado di sapere in grado di sapere in quali radici culturali ci inseriamo. ↓ nel passato NO questa necessità perché non c’erano grandi differenze tra generazioni oggi viviamo un’inedita accelerazione della storia. PIGMALIONE: il mito: Pigmalione crea una stata d’avorio che rappresenta la donna ↓ ideale di bellezza. Lui la bacia, dorme insieme,…venere da vita Rappresenta alla statua, che diventa la moglie dello scultore. l’educatore Prima le difficoltà intellettuali dei bambini erano considerate deficienze mentali congenite e incurabili; oggi gli educatori si applicano alla “rieducazione” di soggetti ritenuti esclusi dalla cultura. Prima bambini vittime di traumi psicologici venivano rinchiusi, oggi vengono seguiti per permettergli di ricostruire gli equilibri fondamentali. In ambito scolastico→ l’educatore vuole fare dell’uomo un’opera, la sua opera. EFFETTO ASPETTATIVA (o pigmalione) = l’immagine che ci si fa di qualcuno e che gli si comunica determina i risultati che si ottengono da lui e la sua evoluzione. ↓ Si parla di “predizione creatrice” o “autodeterminazione delle profezie” Esempio: un maestro che decreta un alunno un “buon alunno” e comportandosi nei suoi confronti come se lo fosse, lo porta a modificare i propri comportamenti per mostrarsi degno dell’immagine che si ha di lui. Oppure quello da cui non ci si aspetta niente di buono e che si lascia andare, cadrà davvero in basso. → EDUCAZIONE COME FABBRICAZIONE = ogni educatore (come pigmalione) vuole dare vita a ciò che fabbrica. L’educatore vuole fare l’altro ma vuole anche che l’altro sfugga al suo potere perché possa aderirvi liberamente. PINOCCHIO: è difficile che l’altro possa esistere, resistere e soffrire per la nostra impresa. 1 oggi gli alunni: quando la determinazione educativa si appoggia sulla certezza di agire nel loro interesse ci importa poco di sapere quello che li interessa, ci imponiamo e decidiamo per loro. Mettersi in prima persona non è semplice, soprattutto quando si è un “burattino”, un oggetto fabbricato dalla mano dell’uomo e con l’inclinazione a essere manipolato. Nella vita l’educazione non arriva per miracolo; bisogna cercare di farla capitare nel quotidiano e con ostinazione. Pigmalione/Pinocchio: nei due casi emerge una stessa speranza, ovvero arrivare al segreto della fabbricazione dell’essere umano. Altri esempi: • il Golem nella tradizione ebraica • film di Fritz Lang “Metropoli”→ lo scienziato crea la donna-autonoma • Andrè Breton→ una zingara che si fabbrica un servitore creandolo da una radice di manragola MARY SHELLEY → la vita: nata nel 1797 da due intellettuali (William Godwin, Mary Wollstonecraft), Mary è allevata dal padre (la madre muore), tensioni con la matrigna, a 15 anni viene inviata in Scozia da un amico per essere allevata come un filosofo. Nel 1814 incontra il poeta Shelley, il quale si innamora di Mary; loro per sfuggire a Godwin fuggono una notte e intraprendono un viaggio (Francia, Svizzera; Germania, Olanda). Nell’estate piovosa del 1816 sul lago di Ginevra, Mary scrive Frankenstein come una sfida nata da una scommessa tra amici e viene pubblicato a Londra nel 1818. FRANKENSTEIN il romanzo: critiche ↓ La redazione del romanzo piena di debolezze e la costruzione puerile e affrettata. Esempio: Justine presentata molto bene in una lettera, perché c’è la necessità di inserirla nell’intrigo. Non convince la storia della famigli De Lacey. Lo stile: scrittura poco curata. Molti riferimenti letterali (romanzi gotici, naturalismo,…) vantaggi ↓ I difetti sono compensati da un’organizzazione del romanzo originale e rigorosa: è un sistema di incastri e di racconti diversi. Il romanzo inizia e finisce con le lettere di Walton. Walton raccoglie Frankenstein, poi attraverso il diario di Walton c’è il racconto del dottor F. e all’interno quello del mostro. → c’è una costruzione di cerchi concentrici che si chiudono di nuovo con le lettere. C’è un realismo delle intenzioni; il lettore è colto da fremiti perché lo stile è semplice e non siamo in presenza di una forma letteraria originale che assorbirebbe l’intrigo. DOTTOR FRANKENSTEIN: speranza di farsi riconoscere attraverso la sua creazione, di sopravvivere in essa. Ma la sua opera resta sua, la creazione è una paternità nervosa e 2 Delle volte è necessario rinunciare ad insegnare ma non bisogna mai rinunciare a far imparare. Bisogna accettare che l’apprendimento è il risultato di una decisone che solo l’altro può prendere e che è completamente imprevedibile. La decisione di imparare si prende in prima persona. Quinta esigenza della rivoluzione copernicana in pedagogia → consiste nel non confondere l’impotenza dell’educatore nei riguardi della decisione di imparare con il suo potere sulle condizioni che rendono questa decisione possibile. L’educatore non può agire direttamente sulle persone ma può agire sulle cose e offrire delle situazioni. Sesta esigenza della rivoluzione copernicana in pedagogia → consiste nell’inserire nel cuore di qualunque attività educativa la questione dell’autonomia del soggetto. E’ durante tutto il corso dell’educazione che si guadagna l’autonomia, ogni volta che una persona si appropria di un sapere lo riutilizza in modo indipendente e lo reinveste altrove. Nessuno è mai del tutto autonomo; infatti un essere completamente autonomo sarebbe un essere sufficiente e quindi insopportabile per i suoi simili; al contrario un essere eteronomo sarebbe in continuo pericolo di morte psicologica o fisica. Sfera di autonomia = rinvia alla specificità dell’istituzione nella quale ci troviamo e delle competenze particolari degli educatori che vi lavorano; Livello di autonomia = deve essere definito a partire dal livello già raggiunto dalla persona: deve rappresentare un livello superiore ma accessibile, uno stadio di sviluppo che manifesti un reale progresso. Lo sviluppo dell’autonomia richiede di utilizzare mezzi specifici e un sistema di aiuto e di guida che sarà alleggerito gradualmente. Settima esigenza della rivoluzione copernicana in pedagogia → consiste nell’accettare l’insostenibile leggerezza della pedagogia. Perché l’uomo vi riconosce la sua impotenza sull’altro, dal momento che ogni incontro educativo è inevitabilmente singolare e che il pedagogista agisce solo sulle condizioni e non può costruire un sistema che gli permetterebbe di racchiudere la sua attività in un campo teorico di certezze scientifiche. La comprensione delle situazioni educative richiede approcci sociologici, psicologici, storici, economici, filosofici, ecc. Le scienze dell’educazione devono far propria l’imprevedibilità e il fatto che sono attività che pongono la libertà dell’altro al centro e non possono predire nulla con certezza scientifica. 3 La pedagogia contro Frankenstein, ovvero i paradossi di un’educazione senza oggetto:”fare perché l’altro faccia” ROUSSEAU: organizzare l’ambiente di vita affinché il bambino sia stimolato il più possibile, dal punto di vista sensoriale e intellettuale. ↓ Pedagogia delle condizioni → bisogna considerare il bambino come un soggetto che apprende liberamente ma in una situazione costruita e controllata dall’educatore. Fare tutto non facendo niente non significa non educare ↔ se il bambino non è educato non può scegliere cosa imparare e decidere ciò che è importante per lui. Quello che non abbiamo alla nascita e di cui abbiamo bisogno da grandi ci è dato dall’educazione. ↓ Quindi fare tutto non facendo niente non significa rinunciare a fissare gli obiettivi dell’apprendimento o rinunciare a 5 intervenire sull’educazione dei bambini. Significa esercitare pienamente l’autorità di educatori, non per agire direttamente sulla volontà del bambino ma utilizzando delle mediazioni, cioè le situazioni nelle quali viene posto l’educato. Mettere a disposizione del bambino oggetti comprensibili e alla sua portata. → R. gioca d’astuzia: fa tutto per l’educazione del bambino ma senza agire direttamente su di lui. Spera che il bambino farà ciò che lui considera indispensabile al suo sviluppo, ma vuole che lo faccia da solo. Ma l’educatore non riesce sempre a far fare all’altro quello che lui considera il suo bene. Non bisogna democratizzare solo l’accesso alla scuola ma anche la riuscita. Quindi è necessario non limitarsi all’uso di un solo metodo ma bisogna eliminare il darwinismo educativo (= quando c’è un solo metodo solo i più adatti riusciranno a raggiungere il sapere). Bisogno tener conto dei ritmi di apprendimento (come la pedagogia individualizzata) ma non bisogna imporre a tutti e in tutti i momenti un’individualizzazione del lavoro che privilegia un profilo di allievo e non si adatta a tutti gli obiettivi di apprendimento. Pedagogia differenziata (no individualizzazione): si appoggia sul lavoro di gruppo ma a condizione di garantire con certezza che ciascuno dei membri abbia qualcosa da apportarvi secondo i principi del gruppo di apprendimento. La ped. differenziata è un modo di fare insegnamento senza fare lezione; un modo di ricreare le condizioni ottimali perché gli alunni stessi progrediscano il più efficacemente possibile. E’ la volontà di fare con l’allievo concreto; la ped. differenziata pone al centro dell’impresa pedagogica l’invenzione del sé in un universo in cui il maestro moltiplica le occasioni per esercitare la propria intelligenza e per avere controllo sui saperi. Per fare in modo che l’altro si allontani da noi è necessario equipaggiarlo, in quanto non sa fare niente che noi non gli abbiamo insegnato. Solo un insegnamento che è utilizzabile al di fuori del controllo dell’insegnante e della situazione formativa stessa, permette la reale emancipazione del soggetto → trasferimento delle conoscenze. ↓ Ha più importanza la necessità dell’esistenza: la pedagogia si interessa di quello che deve far accadere e non mobilita le scienze se esse non servono al suo scopo (lo psicologo cerca di sapere se il trasferimento esiste, il pedagogista afferma che è necessario che esista e che bisogna farlo esistere affinché l’attività di insegnamento sia emancipatrice). Non è possibile un reale apprendimento senza che quello che viene appreso si delinei in un universo esteriore al contesto dell’apprendimento→ si impara ad associare circostanze e conoscenze. Metacognizione = consiste nel ritornare sul proprio processo di apprendimento e nel mettere in discussione la dinamica stessa del trasferimento senza essere più nel processo ma di fronte al processo → capisco il rapporto che sussiste tra le mie conoscenze e le mie esperienze. Il ruolo dell’educatore è quello di assecondare questo processo senza controllarlo (importanza della conversazione). 6 Nessuno sa davvero quando e come un bambino diventi effettivamente responsabile dei suoi atti→ quindi il pedagogista deve preferire la necessità all’esistenza. Il ruolo dell’educatore consiste nell’attribuire al bambino i suoi atti senza accusarlo quando si smarrisce. Non attribuire significa impedire alla libertà di emergere; e accusare significa supporre questa libertà già costituita, quando invece bisogna farla ancora concretizzare. L’educatore onora una libertà con la convinzione che questa emergerà dall’atto che la istituisce. Attribuzione nell’impresa educativa→ non attribuiamo un atto o un risultato a qualcuno solo perché è un modo affinché se lo attribuisca lui stesso e da li prenda possesso della propria persona, non è un modo per sanzionarlo ma per fargli assumere le sue responsabilità. La sanzione: può essere socialmente necessaria ma se chi viene sanzionato si considera vittima di una’ingiustizia non otterrà conseguenze positive. Quando invece è inserita in un processo di responsabilizzazione ed è intesa come un segno di fiducia e come un’opportunità, la sanzione può diventare un elemento essenziale nello sviluppo di un soggetto. La convinzione morale non può sostituire la costruzione della Legge e la determinazione etica. Ma la scuola e i comportamenti degli alunni non possono essere trasformati per decreto. Un gruppo di bambini/adolescenti non fa uso di comportamenti rispettosi solo perché un adulto lo chiede o lo impone con la forza. Ma se non si costruisce la legge, la violenza riemerge. I rituali pedagogici sono rituali-quadro, impongono regole che consentono di liberarsi dalla sollecitazione affettiva di mettersi in gioco in modo diverso. I rituali pedagogici sono caratterizzati da alcune regole: • L’ integrazione nella vita scolastica • La regolarità • La prevedibilità • La preparazione • L’organizzazione pratica • La definizione delle prerogative del consiglio • La definizione dei ruoli • Il rispetto della modalità di funzionamento prevista • La presenza di un verbale • Il pragmatismo dell’insegnante Far condividere la cultura→ la scuola conserva il legame tra le generazioni e permette a ogni generazione di non dover ripartire da zero. Gli alunni non vanno a scuola per imparare quello che pensa il maestro ma per sapere chi sono, chi li ha creati, quali eredità possono rivendicare. L’insegnate è un mediatore verso una cultura senza la quale il nuovo arrivato vagherebbe disperatamente alla ricerca delle sue origini. La cultura non garantisce la comprensione, ma premettendomi di accedere a ciò che mi unisce all’altro, essa mi dà gli strumenti senza i quali non esiste un reale esercizio dell’intelligenza. 7
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