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Frankenstein riassunto, Sintesi del corso di Letteratura Inglese

Riassunto dettagliato dell'opera "Frankenstein" di Mary Shelley capitolo per capitolo.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 05/05/2021

gerymoriello
gerymoriello 🇮🇹

4.1

(17)

15 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Frankenstein riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Frankenstein Il libro comincia con un’introduzione, nella quale l’autrice spiega come nacque la sua passione per la scrittura: infatti, fin da bambina nel suo tempo libero era solita sognare ad occhi aperti, per poi riportare su carta tutte le sue fantasie. Ben presti, però, quelle fantasie cominciarono a essere insignificanti per lei e la realtà cominciava a diventare più interessante della finzione. Intanto, il suo compagno la spronava sempre di più a scrivere, notando in lei un grande talento. Nel 1816 Shelley andò in Svizzera con il compagno e Lord Byron. Durante una giornata piovosa fu lanciata una sfida, che consisteva nell’inventarsi storie dell’orrore. Fu allora che nella mente di Shelley prese vita Frankenstein: una notte le apparve in sogno un creatore terrorizzato dalla sua stessa creazione che aveva preso vita. Questo sogno la fece rabbrividire. così iniziò a pensare che questa storia avrebbe avuto successo, essendo in grado di spaventare anche gli altri. L’autrice conclude l’introduzione dicendo che non aveva apportato alcuna modifica alla storia originaria. La narrazione vera e propria si apre con la prima lettera che Walton scrive a sua sorella Margaret: Walton scrive che sta per intraprendere un viaggio d’esplorazione verso le terre del Nord. Conclude dicendo che vedrà la sorella tra mesi, anni o addirittura mai più. Nella seconda lettera, Walton annuncia che la sua impresa è a buon punto, ma si lamenta perché ancora non ha trovato un amico. Nella terza lettera, scrive alla sorella durante il viaggio; non è successo nulla di strano, a parte un paio di burrasche e un’enorme falla. È molto convinto e determinato a coronare il suo sogno. Nella quarta e ultima lettera scrive che è sconvolto da un incidente strano. Walton e i suoi erano circondati dal ghiaccio da tutti i lati. Inoltre, videro una slitta trainata da cani. Il giorno dopo, la nave venne liberata e il viaggiatore fu trovato da Walton e i suoi, che accettò di unirsi a loro, salvandosi. Nei giorni a venire il viaggiatore dimostrò una grande malinconia e disperazione, data dal fatto che stava cercando un uomo che stava scappando da lui. I marinai gli risposero che il giorno prima avevano visto una slitta simile alla sua, cosa che fece illuminare il viaggiatore e gli dà la voglia di guardarsi sempre intorno per cercarlo. Un giorno, il viaggiatore e Walton, confrontandosi, trovano un qualcosa che accomuna entrambi: la sete di conoscenza, che ha portato al viaggiatore un sacco di sciagure. E così inizia a raccontare le sue disgrazie. CAPITOLO 1: un signore di origine ginevrina, Alphonse Frankenstein, ricopriva cariche amministrative molto importanti e aveva la stima di tutti. Uno dei suoi amici era Beaufort, un commerciante che, a causa di un susseguirsi di sfortune, cadde in miseria. Dopo aver pagato tutti i suoi debiti, si rifugiò con sua figlia nella città di Lucerna, dove rimase povero e sconosciuto. Alphonse impiegò dieci mesi per trovare il posto dove si era rifugiato, ma quando arrivò, trovò solo miseria e disperazione: Beaufort aveva una piccolissima somma di denaro, che gli sarebbe bastata solo per qualche mese e si era anche ammalato, e così non poteva fare niente; allora, la figlia Caroline, che lo curava con molta tenerezza, svolse dei lavori umili, che le permisero di continuare a tirare avanti. Più il padre peggiorava, più lei insisteva nelle cure, ma, sfortunatamente, morì. Caroline era disperata e così Alphonse la portò a Ginevra e la affidò ad una parente. Due anni dopo, Caroline diventò sua moglie. Dovettero recarsi in Italia per il suo clima favorevole e per cercare una medicina per il fisico indebolito di Caroline, poi visitarono la Germania e la Francia. A Napoli ebbero il primo figlio, Victor. Una volta, fecero una gita sul lago di Como, oltre la frontiera italiana, e quando Alphonse andò da solo a Milano per motivi di lavoro, Caroline e Victor andarono in un caseggiato di contadini. Essa vide che fra i bambini che lavoravano c'era una bambina che chiaramente aveva origini diverse dagli altri bambini. Infatti, era figlia di un nobile milanese: la madre (tedesca) morì quando la partorì e del padre non si sapeva che fine avesse fatto, così venne adottata da questa famiglia, che prima era in condizioni migliori. Caroline convinse questa famiglia ad affidarle la custodia della bambina, e scoprirono che il suo nome era Elizabeth Latenza. Così, quando il padre tornò da Milano, vide Victor e Elizabeth giocare assieme: erano più che fratello e sorella e si volevano molto bene. CAPITOLO 2: ben presto si delinearono le caratteristiche di Elizabeth e Victor. Elizabeth si limitava ad osservare le cose, mentre Victor si dilettava nel capirne le cause, dimostrando una grande sete di conoscenza verso i segreti del cielo e della terra, cioè, i segreti metafisici, i segreti fisici del mondo. I loro genitori ebbero un altro figlio, che era più giovane di Victor di sette anni, e da quel momento in poi si stabilirono nel loro paese natale, la Svizzera: avevano una casa a Ginevra e una in campagna, a Belrive, nella quale vi abitavano quasi sempre. Victor non strinse molte amicizie con i compagni di scuola, ma con uno in particolare, Henry Clerval, figlio di un mercante di Ginevra. Henry aveva la passione di scrivere romanzi cavallereschi e poemi eroici, mentre a Victor non interessava tutto ciò, gli interessavano solo la sostanza apparente e lo spirito delle cose. Victor avrebbe avuto un carattere molto violento se non ci fosse stata Elizabeth, che gli trasmetteva un po' della sua gentilezza d'animo. Ma, tutto sommato, la fanciullezza di Victor fu positiva: quando aveva tredici anni, andò con i suoi genitori a fare una gita di piacere ai bagni di Thonon, il brutto tempo li costrinse a rimanere in una locanda e gli capitò fra le mani uno scritto di Cornelio Agrippa: era molto entusiasta, però, riferendo la sua scoperta al padre, scoprì che gli insegnamenti esposti erano stati superati. Quando tornò a casa, Victor si procurò tutti gli scritti di questo autore. Alla fine, divenne discepolo dei concetti espressi in questi libri, però rimaneva quasi sempre insoddisfatto dai suoi studi ed era l'unico bambino della scuola che era assetato della conoscenza di uno studioso. Per molto tempo si occupò di teorie ormai superate e sperimentava quello che gli autori affermavano, e se questi esperimenti non gli riuscivano, non attribuiva la colpa alla mancanza di verità di quegli scritti, ma alla sua inesperienza. Un altro episodio cambiò il corso delle sue idee: quando aveva quindici anni, andò nella sua casa a Belrive, e durante un temporale, un fulmine squarciò una quercia, che era stata spezzata in sottili strisce di legno. Da quell'episodio in poi, Victor giudicò i suoi studi precedenti inutili e si interessò alla matematica e alle sue branche, perché basate su fondamenti sicuri. CAPITOLO 3: Elizabeth si era ammalata di scarlattina in forma grave ed era in pericolo di vita. Sua madre, alla scoperta di ciò, non si diede tregua; infatti, Elizabeth guarì, ma la madre dopo tre giorni si ammalò e morì. Victor era disperato per la morte della madre, ma la sua vita doveva continuare ugualmente. All'età di diciassette anni, i suoi genitori decisero di iscriverlo all'università di Ingolstadt e, a causa della morte della madre, la partenza fu rinviata di qualche settimana. Il giorno della partenza, Victor rimase fino a tardi con Clerval, il suo ex compagno di scuola, che aveva tentato invano di ottenere il permesso di suo padre per andare all'università con lui. Victor salutò Elizabeth, Clerval e suo padre e fece varie riflessioni. Ad esempio, pensò di essere sempre stato chiuso fra le mura domestiche, e quindi aveva paura di incontrare volti nuovi, come quelli dei nuovi compagni, e di fare amicizia. All’università incontrò alcuni professori importanti, tra cui quello di filosofia naturale, Monsieur Krempe, al quale Victor disse che aveva letto i racconti di Paracelso e di Cornelio Agrippa. Il professore disapprovò questa scelta, perché libri superati e inutili. Victor gli spiegò che anche lui non era stato soddisfatto della lettura di questi racconti, e così tornò a casa non deluso. Monsieur Waldman, il professore di chimica, era molto diverso dal suo collega Krempe, e in una sua lezione disse che i vecchi scienziati promettevano l'impossibile della scienza, mentre quelli moderni promettono poco, ma facevano dei veri miracoli. Queste parole entrarono nella mente di Victor e lo perseguitarono tutta la notte. Il giorno dopo, fece visita a Monsieur Waldman, e gli raccontò di aver letto i racconti di quegli scienziati ormai superati. Il professore non aveva mostrato disprezzo e disse che i loro studi erano alla base di quelli degli scienziati moderni, e che quindi avevano facilitato loro il lavoro. Poi disse che era contento della preparazione di Victor e che avrebbe fatto molti progressi. CAPITOLO 4: Victor si impegnava costantemente e rimaneva anche fino all’alba a lavorare nel suo laboratorio. I suoi compagni. I professori erano meravigliati dei progressi che aveva fatto in così poco tempo: Monsieur Waldman espresse con la più completa sincerità l’esultanza per i suoi avanzamenti. Tutta l’università ammirava il suo impegno. Decise di lasciare l’università, perché lì non avrebbe più imparato niente, ma ci fu un evento che posticipò la partenza. Era sempre stato attratto dalla scienza umana, cominciò ad interessarsi alla filosofia dell’anatomia umana: restava tutta la notte nei cimiteri a cercare di scoprire come si potesse infondere la vita alla materia inanimata e un giorno gli arrivò un’intuizione miracolosa. Pensò di preparare il materiale per costruire un essere umano gigante e si trasferì in una stanza solitaria all’ultimo piano della casa a Ingolstadt, dove compieva la sua creazione. Il padre di Victor, prima della partenza per l’università, disse al figlio che finché sarebbe stato soddisfatto di se stesso, gli avrebbe mandato le lettere con regolarità. Il padre non rimproverò mai il silenzio nelle lettere del figlio, ma gli chiese più dettagli sulle sue attività. Victor si rese conto che la sua attività lo rendeva debole: infatti ogni notte aveva una leggera febbre. Ogni giorno che passava, si chiedeva se la sua creazione fosse giunta al termine o no e si ripromise di tornare al più presto ad una vita normale. CAPITOLO 5: Victor riuscì a finire il suo lavoro, ma, allo stupore iniziale per la riuscita dell’opera si contrappose il terrore di aver creato un essere mostruoso, con fattezze tali che incutevano orrore e disgusto. Dopo un breve sonno agitato, si risvegliò terrorizzato vedendo la sua creatura di fronte al letto, la quale, pronunciando suoni inarticolati, cercava di trattenerlo. Victor, ancora più spaventato di prima, corse nel giardino e lì passò tutto il resto della notte, aspettando il mattino. S’incamminò poi per la strada, senza meta, arrivando ad una locanda. Inaspettatamente, vide il suo amico Clerval, appena arrivato dalla Svizzera. Victor fu molto sollevato e cercò un appoggio nell’amico, il quale si stupì di vederlo in condizioni penose e visibilmente fuori di senno. Victor accompagnò Clerval presso la sua abitazione e controllò che nella sua camera non ci fosse il mostro. Tuttavia, la fatica e lo spavento minarono la salute di Victor a tal punto che, dopo uno svenimento, ebbe una febbre nervosa che lo costrinse a letto per diversi mesi, con visioni continue della creatura. Victor riuscì lentamente a ristabilirsi, senza arrivare a spiegare quanto era successo, anche se Clerval aveva chiaramente capito che la malattia dell’amico aveva avuto origine da un avvenimento traumatico. Quando Victor si rese conto di aver ormai superato la fase acuta della malattia, ringraziò l’amico per la sua gentilezza e cortesia d’animo. Poi Clerval diede a Victor la lettera spedita da Elizabeth. CAPITOLO 6: Victor lesse la lettera: Elizabeth era allarmata a causa della malattia che lo aveva colpito, ma era anche sollevata sapendo che era in via di guarigione; per rassicurare tutti, Victor decise di scrivere una lettera. Elizabeth scrisse della crescita di Ernest, il figlio di sedici anni con scarsa attenzione nello studio, e la storia di Justine Moriz, una ragazza sfortunata, accolta nella sua casa, perché non amata dalla propria madre. Justine era stata molto legata alla madre di Elizabeth, che aveva mostrato mostro. Passarono le giornate, e i volti delle persone erano sempre più felici: il mostro cercava di impegnarsi per imparare più parole possibili. Imparò anche la scienza della scrittura e, grazie all’aiuto di Felix, anche la conoscenza della storia. Ad ogni conversazione, gli si aprivano nuovi orizzonti e sentimenti contrastanti. Si convinse che c’era solo un mezzo per superare le sofferenze e capì che era la morte. Sentì parlare della differenza fra i sessi, della nascita e crescita dei bambini, e si rese conto che nessuno aveva vegliato su di lui e che tutta la sua vita passata era un punto oscuro. Si domandava spesso che cos’era, ma riceveva in risposta solo gemiti. Preferiva, quindi, parlare della storia degli abitanti del casolare, che egli definiva suoi protettori. CAPITOLO 14: Il vecchio della casa si chiamava De Lacey, discendeva da una buona famiglia francese ed abitava a Parigi, confortato da ogni bene e da una discreta fortuna. La causa della sua rovina fu il padre di Safie, la donna araba. Egli era malvisto dal governo francese e fu mandato in prigione; fu condannato a morte probabilmente per la sua religione e ricchezza e il giorno del suo processo in aula era presente Felix che, indignato dalla condanna, si ripromise di aiutarlo ad uscire di prigione. Felix si recò di notte nella cella del turco, il quale gli ripromise una sostanziosa ricompensa, che Felix rifiutò. In un’altra occasione, quando vide la faccia di Felix davanti a quella di sua figlia, si accorse che Felix se ne era innamorato. Nei giorni successivi, Safie scrisse diverse lettere a Felix per ringraziarlo dell’aiuto. Safie era figlia di un’araba cristiana, catturata come schiava dai turchi, che aveva conquistato il cuore di suo padre. Ella istruì la figlia nei principi della sua religione e, dopo la sua morte, Safie era angosciata dall’idea di ritornare in Asia e venire sepolta tra le mura di un harem. Invece, l’idea di sposare un cristiano e di occupare un posto in società, le sembrava un sogno. Il giorno dell’esecuzione fu fissato ma, grazie a Felix, il turco fuggì e tutti lasciarono la Francia per raggiungere Livorno, in attesa di un passaggio su una nave per la Turchia. Poiché il turco era ancora nelle mani del suo liberatore, anche se questo non era il suo desiderio, non ostacolava l’intimità fra sua figlia e Felix. Il governo francese riuscì a scoprire il complotto e così Agatha e suo padre furono mandati in prigione. Felix abbandonò il turco, con la promessa che se avesse trovato la nave per la Turchia, avrebbe lasciato Safie in un convento; partì per Parigi per consegnarsi alla legge e liberare il padre e la sorella. Felix rimase in prigione cinque mesi prima del processo, e il risultato fu che la sua famiglia venne privata dei beni e condannata all’esilio perenne dalla Francia. Felix apprese che il turco alla notizia fuggì con la figlia e mandò una misera somma di denaro a Felix per il suo futuro sostentamento. Venuto a conoscenza della disgrazia di Felix, il turco ordinò a sua figlia di tornare al suo paese natale ma, alcuni giorni più tardi, saputo che il governo francese lo aveva scoperto, il turco fuggì dall’Italia e lasciò la figlia sotto la custodia di un servo fidato con la promessa di raggiungerlo in un secondo tempo. Safie non ubbidì e, raccolto un po’ di denaro e di gioielli e dopo varie sventure, raggiunse la casa dell’innamorato. CAPITOLO 15: Una notte il mostro, durante la sua solita visita nel bosco, trovò una sacca di pelle con all’interno alcuni libri e del vestiario. I libri erano: “Il paradiso perduto”, “Le vite di Plutarco” e “I dolori del giovane Werther”. La lettura dell’ultimo libro produsse uno strano effetto sul mostro, tanto da indurlo a porsi tutta una serie di domande a cui lui non era in grado di rispondere. Mentre con questo libro aveva appreso i concetti di disperazione e tristezza, Plutarco gli insegnò cose che andavano oltre la sua comprensione ed esperienza. Lesse di uomini che governavano e massacravano la loro specie; era quindi portato ad ammirare personaggi pacifici come Numa e Solone, piuttosto che personaggi come Romolo o Teseo. Il libro “Il paradiso perduto” suscitò, invece, più profonde emozioni, sentimenti di meraviglia e terrore. Il mostro aveva anche trovato nelle tasche dell’abito che aveva preso nel laboratorio di Victor dei fogli che ora era in grado di decifrare. Riportavano, come in un diario, tutti i progressi nel lavoro svolto da Victor: il mostro si era meravigliato di quanto Victor era ripugnato da questa creatura da lui prodotta e si preparava, nel migliore dei modi, all’incontro con i vicini, in maniera da non farsi accettare per compassione. Intanto, la presenza di Safie aveva portato gioia e maggiore abbondanza e felicità. Un giorno, quando il vecchio, che era cieco, era rimasto da solo, il mostro entrò in casa spacciandosi per un viandante che aveva bisogno di un po’ di riposo. Il vecchio lo fece accomodare, e il mostro gli raccontò che stava andando da alcuni amici per chieder protezione, ma che aveva paura del loro giudizio. Il vecchio lo rincuorò chiedendogli di raccontare i particolari, quando ad un certo punto la porta si aprì: Agatha, alla vista del mostro, svenne, Safie scappò per la paura, mentre Felix gli si lanciò contro e lo colpì con forza. Il mostro non si difese, e senza che nessuno se ne accorgesse, si rifugiò nel suo capanno. CAPITOLO 16: Il mostro, arrivata la notte, scappò nel bosco e sfogò tutta la sua disperazione con un urlo, poi dichiarò guerra a tutta la specie umana ed in particolare a chi lo aveva creato. Il mattino dopo, dal capanno non vide più nessuno nella casa, ma ad un certo punto, vide Felix che, parlando con altri contadini, li avvertiva che avrebbe abbandonato la casa, perché il padre e le due donne erano troppo spaventati per stare ancora lì. Disperato, quella stessa sera, raccolte alcune sterpaglie dal bosco, il mostro diede fuoco alla capanna e fuggì via. Si allontanò, e con una cartina geografica, iniziò il suo viaggio verso Ginevra, per vendicarsi di Victor. Ad un certo punto, udì delle voci: erano quelle di una bambina che stava scappando per gioco da qualcuno e, improvvisamente, cadde nella corrente impetuosa di un fiume vicino. Il mostro accorse e la salvò, ma l’uomo che la stava seguendo, vedendolo, gli puntò il fucile contro e lo ferì. Il mostro vagò ferito per molte settimane nei boschi, finché la ferita si rimarginò. Riprese così il suo viaggio sino a raggiungere Ginevra. Era sera quando arrivò e così si nascose nei campi vicino alla città; si era appena addormentato quando la voce di un bambino lo svegliò. Il bambino gli si presentò davanti ed egli lo afferrò per un braccio e, spaventato, il bimbo gridò che era il figlio di Alphonse e, a quelle parole, il mostro lo prese per la gola per farlo tacere, e in un attimo lo ammazzò. Notò un ritratto al collo del bambino che luccicava, lo prese e andò a cercarsi un nascondiglio. Entrò in un fienile dove stava dormendo una ragazza, cercò di svegliarla, ma prima che lei lo facesse, le lasciò fra le vesti la medaglietta e fuggì. CAPITOLO 17: Il mostro chiese a Victor di creargli una compagna simile a lui, ma Victor si rifiutò, e allora il mostro lo minacciò di distruggerlo se non avesse acconsentito. Gli promise di andare a vivere nel sud-America in una zona isolata, a contatto con gli animali e senza uccidere nessuno. Victor fu preso dalla compassione ma, alla vista del suo aspetto, i suoi sentimenti si trasformarono in odio. Alla fine acconsentì, a patto che il mostro lasciasse per sempre l’Europa e ogni altra zona abitata dagli uomini. Il mostro sparì e Victor cominciò a scendere dalla montagna; arrivò a casa, e senza dire una parola, decise di dedicarsi al suo compito. CAPITOLO 18: Tornato a casa, trascorsero giorni e settimane, ma Victor non si decideva a cominciare il suo lavoro; avrebbe dovuto dedicare mesi e mesi al nuovo studio, ma ogni scusa era buona per non iniziare. La sua salute andava migliorando, e questo faceva piacere al padre, che un giorno gli chiese se avrebbe voluto per moglie Elizabeth. Il padre desiderava subito il matrimonio, ma Victor aveva bisogno di tempo per completare la sua opera. Accettò il matrimonio, ma chiese un anno di tempo per un suo viaggio in Inghilterra: sistemato tutto, avrebbe potuto sposarsi. Il padre acconsentì, a patto che non andasse da solo. Victor partì, convinto che il mostro lo avrebbe inseguito; arrivò a Strasburgo, dove con Henry avrebbe proseguito per Londra. Il viaggio lungo il Reno permise loro di ammirare i paesaggi ed entrambi ne rimasero affascinati. Arrivati a Rotterdam, presero la nave per l’Inghilterra. Giunti a Londra, ammirarono la cupola di San Paolo e la Torre, molto famosa nella storia del paese. CAPITOLO 19: A Londra si fermarono per diversi mesi; Victor cercava di rimanere solo per portare avanti il suo progetto. Dopo alcuni mesi, Victor ed Henry ricevettero una lettera da una persona che, per ricambiare l’ospitalità ricevuta a Ginevra, li invitava nel suo paese: la Scozia. Entrambi accettarono e, lungo il tragitto, si fermarono a visitare Oxford e ad ammirare le bellezze degli altri paesi. Victor era in ansia finché non riceveva le lettere del padre e di Elizabeth che lo rassicuravano. Raggiunsero Edinburgo e poi Victor disse all’amico che avrebbe preferito fare il giro della Scozia da solo. Henry lo accontentò e si ripromisero di mantenersi in contatto. Victor raggiunse le isole Orcadi, e lì decise di iniziare il suo lavoro: prese in affitto una capanna e la fece ristrutturare. Iniziò la sua opera lavorando solo di giorno poi, per terminare in fretta il lavoro, impiegò anche la notte. Alcune volte non aveva neanche il coraggio di entrare la laboratorio. CAPITOLO 20: Una sera, nel laboratorio, Victor pensò che quella creatura che stava facendo avrebbe potuto odiare il mostro e lasciarlo nuovamente solo oppure unirsi a lui e dare origine a future generazioni. Ad un certo punto, vide la faccia del mostro dalla finestra: come previsto, lo aveva seguito. Victor distrusse dalla collera quello a cui stava lavorando e, abbandonato il laboratorio, tornò nel suo appartamento. Il mostro, molte ore dopo, lo raggiunse e, con voce soffocata gli ricordò di aver sofferto la fame e il freddo per seguirlo nel suo viaggio. Victor confermò la sua decisione a non continuare l’opera, e così il mostro lo minacciò e gli disse che sarebbe stato con lui la notte delle nozze e poi fuggì. Victor non lo seguì, e vagò tutto il giorno successivo per l’isola ripensando alle parole del mostro. Arrivò quello stesso giorno una lettera di Clerval, in cui lo pregava di ritornare da lui. Victor decise di ripartire, ma prima doveva recuperare tutti i suoi strumenti nel laboratorio. Prese tutti i pezzi andati in frantumi e, raccolti in una cesta e presa una barca, decise di portarli in mare la sera stessa; approfittando di una nuvola che copriva la Luna, calò la cesta in mare e tranquillizzandosi si addormentò. Si svegliò la mattina seguente, ma la barca era al largo e il vento non gli permetteva di arrivare a riva. Verso sera, il vento si calmò e, a stento, dopo aver utilizzato un pezzo del suo abito come vela, raggiunse la costa. Alcune persone gli si avvicinarono e, invece di aiutarlo a scendere, lo presero e lo portarono da un magistrato, Monsieur Kirwim, perché un uomo la notte prima era stato trovato morto. Era sul punto di svenire per la fame e la stanchezza, ma doveva fare affidamento su tutte le sue forze per sopportare quello che sarebbe accaduto in seguito. CAPITOLO 21: Victor fu accompagnato nella stanza del magistrato e una persona scelta fra una dozzina di testimoni, dichiarò che quella sera, a causa del vento, era dovuto rientrare dalla pesca e sulla spiaggia era caduto inciampando su qualcosa. Alcuni compagni, alla luce della lanterna, lo avevano aiutato a rialzarsi e si erano accorti che per terra c’era il corpo di un uomo morto. Avevano cercato di rianimarlo, ma invano; altre persone dichiararono di aver visto una barca con un uomo sopra allontanarsi dalla riva, pur non sapendo dell’accaduto. Victor era sempre più preoccupato; altre persone confermarono che siccome il mare era molto agitato, questo lo aveva costretto a far ritorno nello stesso punto da cui era partito, senza sapere dove si trovava. A quelle parole, il magistrato portò Victor nella stanza del cadavere, e quando Victor vide il corpo di Clerval, fu preso da convulsioni e trasportato fuori. Per due mesi, fu in preda ad una gran febbre e, tormentato da allucinazioni, invocava le persone vicine ad aiutarlo ad uccidere il demone che lo tormentava. Dopo due mesi, si ritrovò in prigione, con accanto una signora che lo curava ed un medico. Un giorno, il magistrato, che manifestava simpatia e compassione per Victor, gli spiegò che, dopo aver esaminato le cose che indossava, aveva avvertito i suoi parenti a Ginevra che avevano risposto alle sue notizie. Stavano tutti bene, e qualcuno era andato a trovarlo: era il padre di Victor, che non si fermò a lungo, perché la salute di Victor non lo permetteva. Arrivò il giorno del processo, e fu provato che nel momento in cui fu trovato il corpo di Henry, Victor era sulle isole Orcadi. Dopo quindici giorni, Victor era libero, anche se preferiva rimanere in prigione pur di non commettere qualche terribile atto di violenza. Alla fine, si rese conto che era meglio tornare a Ginevra per vegliare sulla vita di coloro che amava. Partì febbricitante e, sulla nave che lo conduceva a Parigi, ripensò a tutta la sua vita e, verso mattina, fece un incubo ma, risvegliandosi alla vista del padre, si tranquillizzò. CAPITOLO 22: Victor sbarcò a Parigi; suo padre usava metodi sbagliati per tranquillizzarlo: spesso, Victor diceva di essere la causa della morte di Justine. Alcune volte, Alphonse sembrava desiderasse una spiegazione, altre volte considerava questa frase frutto del delirio. Victor non poteva svelare il suo segreto, e il padre si convinse che la sua mente fosse sconvolta. Passò del tempo, e Victor cominciò a calmarsi; alcuni giorni prima di lasciare Parigi, ricevette una lettera da Elizabeth, che gli descriveva come aveva passato i mesi senza di lui e che era preoccupata per l’infelicità che lo accompagnava, e gli chiedeva inoltre se aveva un’altra donna. Gli confessò che lo amava, e che il suo desiderio era che la scelta di sposarsi con lei fosse frutto della sua volontà e non del volere dei suoi genitori. Leggendo quella lettera, Victor pensò alla vendetta del mostro e alle varie situazioni che si fossero create se egli fosse morto per primo o avesse sconfitto il mostro. Decise che il matrimonio si doveva celebrare il più presto possibile, per la felicità di tutti. Scrisse ad Elizabeth, dicendole che ogni suo dubbio era infondato, e che dopo il matrimonio le avrebbe svelato un segreto. Il matrimonio fu organizzato in una decina di giorni: Victor fingeva un’allegria insolita, anche se l’ansia dilaniava il suo cuore. Fu stabilito che dopo la cerimonia avrebbero iniziato il viaggio via acqua per poi fermarsi ad Evian e proseguire il giorno dopo per Como. La gita sull’acqua fu incantevole ma, appena sbarcati, le preoccupazioni di Victor si riaccesero. CAPITOLO 23: I due sposini sbarcarono quando ormai era sera; cominciò a piovere e Victor, che era rimasto calmo per tutta la giornata, iniziò a preoccuparsi. Invitò Elizabeth a riposarsi, mentre lui cercava il luogo dove potesse essersi nascosto il mostro. All’improvviso, sentì un urlo, si precipitò nella stanza e trovò Elizabeth morta strangolata. Mentre la osservava, vide il viso del mostro che lo guardava dalla finestra; gli sparò contro e l’eco del colpo fece accorrere altre persone. Victor, aiutato, cercò il mostro per acqua e per terra, ma invano. Pensò, quindi, di tornare velocemente a Ginevra per proteggere i suoi cari; la notizia della morte di Elizabeth fu fatale per il padre, che poco dopo morì. Victor perse ogni tipo di percezione e si recò dal magistrato riferendo la sua storia e denunciando il mostro, ma il magistrato gli rispose che non sarebbe stato facile accontentarlo. Victor si arrabbiò perché il magistrato aveva rifiutato la sua richiesta, frutto secondo lui del delirio; uscì e, furibondo, si ritirò per meditare su un altro piano d’azione. CAPITOLO 24: Victor decise di lasciare Ginevra per sempre e la sua prima preoccupazione fu di procurarsi qualche indizio per ritrovare il suo nemico. Iniziò a girovagare e, a sera, si ritrovò all’entrata del cimitero dove riposavano William, Elizabeth e suo padre. Si inginocchiò per terra e invocò gli spiriti dei morti per chiedere il loro aiuto. Una diabolica risata gli rispose: era il mostro che all’improvviso fuggì a velocità sovrannaturale; Victor lo inseguì lungo i meandri del Rodano, sino alla Russia, patendo fame e freddo. Aveva degli spiriti che lo proteggevano e gli permettevano di portare a termine il suo compito. Il mostro gli lasciava delle tracce persino sulle cortecce degli alberi. un giorno, lo avvisò che stava andando verso nord. La fatica si faceva ogni giorno più pesante, ma lo spirito di vendetta sosteneva Victor. Si era procurato una slitta con dei cani per proseguire il viaggio più velocemente. Ad alcuni abitanti di una casa isolata, il mostro aveva rubato le scorte per l’inverno e una slitta con i cani, e si era diretto verso una terra che non portava in alcun posto. Victor cambiò la slitta, perché non adatta al suolo ghiacciato, e viaggiò alcune settimane; un giorno, notò a distanza la figura del mostro adagiato sulla sua slitta. A fatica lo raggiunse ma, avvicinandosi, il mare si gonfiò sotto di lui e il ghiaccio, staccandosi, li divise. Victor era in pericolo di vita, quando riuscì con un pezzo della slitta a raggiungere una nave che stava passando da quelle parti. Voleva una barca per completare la sua missione, ma la rotta della nave era a nord. Chiese inoltre al capitano che nel caso in cui lui morisse, egli avrebbe dovuto continuare la sua ricerca e, in nome dei suoi cari, uccidere il mostro. WALTON, CONTINUANDO: Walton si rivolge alla sorella per chiederle se questa storia non sia terrificante. Se non fosse perché ha avvistato il mostro e letto le lettere le lettere di Felix e di Safie, non ci crederebbe. Le conversazioni fra Victor e Walton non si limitano al racconto della storia, ma affrontano qualsiasi argomento di cultura. Victor, quando era giovane, era pieno di ambizioni, ma ora è sprofondato nello sconforto e finché non avrà raggiunto il suo scopo, non potrà morire. Walton scrive alla sorella perché la nave è in una situazione difficile, e solo le parole dell’uomo caricato a bordo gli danno un po’ di conforto. La situazione si fa sempre più difficile. Il freddo è tremendo e la salute di Victor peggiora di giorno in giorno; alcuni marinai chiedono di visitare Victor in cabina e, in presenza del capitano, gli chiedono di fargli una promessa: se la nave si fosse liberata dai
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