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Franz Kafka: vita, opere e pensiero critico (+Baioni), Appunti di Letteratura Tedesca

Una serie di riassunti e appunti sul pensiero critico di Franz Kafka contenente anche le raccolte de "Un Medico di Campagna", "Contemplazione", la raccolta pubblicata postuma "La costruzione della Muraglia Cinese" e lo studio ben approfondito dei suoi romanzi con l'aiuto di Giuliano Baioni e il suo "Kafka - Romanzo e Parabola": "Il Processo", "Il Castello", "Lettera Al Padre" e "La Metamorfosi".

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 21/02/2022

nicedhampir
nicedhampir 🇮🇹

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16 documenti

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Scarica Franz Kafka: vita, opere e pensiero critico (+Baioni) e più Appunti in PDF di Letteratura Tedesca solo su Docsity! BAIONI PARTE 1 L’opera di Kafka è irta di segni, di cifre, metafore e di simboli che il primo compito della critica sembra essere l’analisi e l’interpretazione della sua iconografia. Ma come interpretarlo? Ci sono diverse scuole di pensiero: - interpretazione naturale e soprannaturale cioè la via dell'interpretazione psicoanalitica i Kaiser e Neider - interpretazione teologica tracciata dall’amico Max Brod e poi ricalcata da tanti altri studiosi + lettura di tipo “culinario” della critica estetica, cioè proponendo una lettura nella quale non bisogna far altro che godersi le immagini del poeta, senza cercare di spiegare o capire il mondo di Kafka e le sue immagini Praticamente pretendere di capire l’essenza della poesia di K rifiutando però la problematica storica, morale o religiosa. Kafka non fu mai convinto che l’arte potesse rivelargli la verità, né riuscì mai a subordinare la sua vita all’assoluto dominio della sua vocazione di scrittore. Sue disposizioni testamentarie: l’amico Max Brod doveva liberarsi e stracciare ogni opera, perchè secondo Kafka stesso erano “lavori falliti persino artisticamente”. Si trattava quindi non della loro incompiutezza, ma della loro inadeguatezza strumentale. Non era lo scopo della sua vita la letteratura, ma soltanto la descrizione di una lotta contro una realtà che gli si manifestava in parvenze ostili, ingannevoli, spietate, irraggiungibili istanze di cui non poteva dimostrare l’esistenza, ma che doveva necessariamente esistere. ↳ L’uomo non può conoscere che il male, l’inganno che i suoi sensi e la sua coscienza rappresentano nei confronti della verità assoluta che è pura luce e pure fuoco e deve rimanere sconosciuta. L’uomo non può che conoscere e rappresentare l’inganno perchè è ciò che lui vede. E se questo inganno venisse distrutto e l’uomo alzasse gli occhi verso la luce, verrebbe cangiato in una statua di sale. L’unica forma di conoscenza concessa all’osservatore dell’anima è che l’anima è al di là del significato, al di là di ogni possibile formulazione razionale. Il mondo interiore può essere quindi solo vissuto e non descritto, e ciò è il tema esclusivo della sua opera, oltre che la giustificazione della sua opera. Questa verità dell’anima, che è inconscia, si trasforma in inganno non appena l’uomo cerchi di descriverla. L’unico modo per rappresentare un minimo riflesso della verità è far uso di metafore, parabole, leggende e pantomime. Per questa ragione non è possibile chiamare le cose col loro nome, perché il loro nome non è che una connotazione empirica e perciò stesso ingannevole di una realtà più alta. Quindi, il poeta deve usare un linguaggio del mondo sensibile, non quello dell inganno, e quindi servirsi di un linguaggio più altro, metaforico. Il poeta, quindi, non può che parlare attraverso similitudini, perché essa è l’unica forma di verità concessa all’uomo che rivela un debolissimo riflesso della verità che gli è negata. La parabola è quindi un punto di incontro tra l’uomo e l’Assoluto, ma anche un limite invalicabile. La vera domanda non è ciò che significa il mondo, ma ciò che significo io che sono fuori dal mondo, che significa il mio rapporto di esclusione dal mondo. Infatti, il mondo nelle opere di Kafka non è mai messo in discussione, anzi è terribilmente reale. E’ un mondo caotico, ostile, pieno di seduzioni e fatali richiami, nel quale l’uomo si perde senza speranza. L’unico modo che il lettore ha per capire Kafka è scomporre l’unità in molteplicità, quindi storicizzare il suo mondo e questo può farlo solo distruggendo la concretezza della metafora. Kafka vede al contrario la sua narrazione, la subisce e si identifica totalmente: K e Kafka sono la stessa persona. La poesia acquisisce molto dell'automatismo del sogno, al quale si ispira, e come il sogno rifiuta ogni relazione psicologica, ogni articolazione casuale, temporale e spaziale. La narrativa kafkiana si sviluppa secondo la dialettica di due momenti: ● passivo ed irrazionale della visione ⇢ aspetto chassidico ● attivo e razionale dell’interpretazione ⇢ ebraico occidentale, razionalista. Kafka usa oggetti-simbolo per esprimere una condizione dell’uomo nel mondo (come ad es. lo scarafaggio della Metamorfosi). La sua poesia è praticamente una metafisica della vita quotidiana, che è una struttura fragilissima che l’uomo invano cerca di difendere e di sostenere. E’ ricca di falle, aperture, attraverso le quale irrompono creature dell’assurdo. I personaggi di Kafka ricevono sempre visite inaspettate. Ad es: l’uomo che attende in angolo all’entrata ne “La passeggiata improvvisa” (1912), oppure gli uomini che compaiono alla fine del letto di Joseph K. in “Il processo” (1925). Tutti questi personaggi portano misteriose notizie o vogliono impegnare una lotta, tutti significano la distruzione dell'effimera sicurezza della vita quotidiana. Ragazzi sulla strada maestra: prosa che probabilmente rievoca la vita dello scrittore. PARTE 2 “Descrizione di una lotta” poneva i problemi che la posteriore narrativa kafkiana avrebbe dovuto risolvere: il rapporto tra poesia e natura. Letteratura praghese di lingua tedesca era una letteratura senza natura: troppo provinciale per essere una cultura cosmopolita e troppo isolata per rivendicare il suo regionalismo. La letteratura praghese doveva esaurirsi in se stessa, alimentarsi di oscure intuizioni mistiche e disperati erotismi. Kafka = estraneità del paesaggio e l’angoscia dell’uomo. “Descrizione di una lotta” apre una goyesca avventura dell’uomo nel suo mondo interiore: ha smarrito tutte le categorie della razionalità, non conosce più il principio dell’identità della coscienza, della casualità, dello spazio e del tempo. E’ Kafka ad anticipare nella sua opera l’intera esperienza surrealista. L'opera di Kafka è una sorta di gigantesco tentativo di ricondurre il mondo ai suoi principi cardinali: c’è soltanto un modo per redimere questo mondo caotico e senza più leggi, cioè che l’uomo accetti di prendere su di sé la colpa dell’universo. Colpa, espiazione, riedificare un mondo di valori morali ⇢ tema esclusivo del secondo periodo della narrativa kafkiana che va dal 1912 al 1917. La lotta tra il narratore e il narrato è la lotta tra Kafka “scapolo” e Kafka “fidanzato”: l’amore della donna sembra essere l’unica via di salvezza dal caos, ma esso è anche un rischio, un viaggio dove nulla è sicuro e di cui nessuno può stabilire meta e durata. PARADOSSO della letteratura PRE-ESPRESSIONISTA: eros come pura energia cosmica può redimere l’uomo dalla corruzione e della devitalizzazione del mondo moderno, ma può anche paradossalmente essere causa stessa di smarrimento, perché l’eros è estasi, ma anche vertigine; è compimento, ma anche dispersione. Ed è proprio questo uno dei temi fondamentali de “Il Castello”. LETTERA AL PADRE Scritta nel 1919 durante il crollo della società guglielmina, è considerato uno dei testi cardinali della generazione espressionista, che negherà la famiglia come organismo e creerà questa nuova utopia comunitaria della società dei giovani che sarebbe dovuta nascere dalla distruzione della società patriarcale dell’età guglielmina, appunto, lasciando il posto alla società dei figli, liberi ormai di essere sè medesimi e di appartenere a sè medesimi. MA per Kafka combattere il padre non poteva significare combattere la tradizione, bensì restaurarla o perlomeno evocarla, perché il padre per Kafka era il rappresentante tipico della generazione di ebrei che aveva perfezionato e concluso il processo di assimilazione e spezzato ogni legame con la tradizione di Israele. Generazione dei padri ⇒ inurbandosi si staccano dalle ancor vive tradizioni ebraiche della provincia; Generazione dei figli ⇒ del tutto germanizzati, e costretti al più radicale antisemitismo, si pongono il problema delle loro origini senza quella fede religiosa che era stata l’orgoglio e la speranza di Israele; La figura del padre è il centro complesso delle opere di Kafka, si veda “Il Verdetto” e “La Metamorfosi". Ne “Lettera al Padre” Kafka scrive la propria autobiografia sotto forma di lettera, che avrebbe dovuto essere un atto di pacificazione con il padre, ma in realtà è una requisitoria spietata articolata secondo lo schema di un processo: ● capi d’accusa iniziali; ● linea di difesa per oltre cinquanta pagine; ● verdetto di condanna nelle ultime tre pagine; In quest’opera Kafka dimostra di essere il prodotto dell’educazione e dell’influsso del padre: egli non ha appreso la forza di vivere, perché schiacciato dalla figura ingombrante del padre, dalla sua potente personalità e paralizzato dal suo successo borghese. Ed è proprio questa sua annichilezza e debolezza che il padre sembra rimproverare come una colpa a Kafka. E’ stato un ineluttabile evento di natura, puro e semplice: la forza minore doveva necessariamente soccombere alla più forte. Tuttavia non incolpa il padre, ma gli chiede di non considerare più la sua debolezza come una colpa. Il padre voleva un Kafka, ma lui in realtà è un Lowy: l’eredità del Kafka è ciò che lo ha schiacciato, perché gli propose e impose sé stesso come modello e ciò smarrì il figlio. Kafka rivela di essere il prodotto dell’educazione del padre e della sua obbedienza. Il padre, che si è costruito da solo nel corso della sua vita facendo molti sacrifici, rimprovera al figlio borghese freddezza e ingratitudine ⇒ ciò crea la mentalità del parassita in kafka, che si nutre del successo del genitore. Il rapporto col padre toglie il rispetto di sé medesimo: lo convince della sua fondamentale nullità e ha stroncato in lui l’idea di pensare in modo autonomo. ↳ davanti al padre Kafka non riesce neanche a parlare: balbetta ed entra nel panico. Il senso di colpa che viene instaurato dal padre in Kafka è ciò che crea porta alla sua autodistruzione: questo senso di colpa lo esclude dalla vita borghese e lo priva anche dell’amore della madre, troppo debole e troppo succube al padre per essere una possibile alleata. La madre diventa, quindi, una complice inconscia del padre e nella caccia al figlio: la madre “immagine della ragione” neutralizza con la sua bontà l’odio per il padre, che forse avrebbe permesso a Kafka di evadere dal suo mondo. Da ricordare l'episodio dell'espulsione notturna sul balcone: una notte, da bambino, piangeva chiedendo un po’ d’acqua e il padre lo ha zittito strappandolo dal letto mettendolo fuori dal balcone per qualche istante. Questa fu l’esperienza più significativa della sua vita. Il padre per questa sua incapacità lo punisce e lo caccia dal mondo: l’esito del conflitto col padre porta espulsione ed esilio. Padre come custode e giudice respinge l’uomo che tenta di capire il mistero della vita. Kafka tenterà di ignorare il verdetto che lo ha escluso dal mondo e di penetrare attraverso il matrimonio nel territorio che è il dominio del padre. Matrimonio come tentativo di evasione dalla prigione della casa. Matrimonio come unica cosa che fossi in diretta relazione col padre, infatti il matrimonio era un attacco diretto al mondo paterno nel tentativo di detronizzare il padre e distruggere la sua autorità. Sentimento di estraneazione: a volta si sentiva una sorta di intruso nella letteratura tedesca e spinse il proprio senso di colpa a credere di aver “rubato la lingua altrui”. LA CONDANNA o IL VERDETTO Scritto in una sola notte “Il Verdetto” o “Condanna” è il prodotto di un’ora piena di ispirazione per Kafka, novità per lui che era uno scrittore tormentato da lunghissime crisi di sterilità. Fu sorpreso dall’immediatezza addirittura folgorante del racconto e lui stesso lo definì “lirico”. Il protagonista è Georg Bendemann, altro alter ego di Kafka: Georg ha tante lettere quante ne ha Franz e Bende ha tante lettere quante ne ha Kafka e la vocale E si ripete negli stessi punti della vocale A. Quest’opera, restando legata attraverso la cabbala del nomi alla sua vita reale, realizza l’ideale kafkiano di vita privata e personale come similitudine e come metafora. Quindi, il caso biografico non veniva negato, ma astratto. ↳ Nel 1919 il padre gli rimprovera e proibisce il secondo fidanzamento con Julie Wohryzek. Attraverso “Il Verdetto” lui cerca di farle capire che la condanna non avrebbe risparmiato nemmeno lei se voleva legarsi a lui. Il padre è il vero protagonista della vicenda, infatti è lui che si trasforma davanti agli occhi di Georg: prima è debole, senza forze, sembra quasi ammalato, poi si anima improvvisamente di una forza demoniaca che balla sul letto condannando il figlio al suicidio, accusandolo di aver tradito l’amico dalla Russia e infangato la memoria della madre. Questo racconto è la trascrizione poetica dell’annuncio che Kafka fece o intendeva fare alla madre della sua decisione di fidanzarsi. La Metamorfosi fu pubblicata sulla rivista espressionista Die weissen Blatter nel 1915 poi nella collana espressionista Der jungste Tag nell’anno dopo. Letteratura dell’orrore ⇒ una tipo di letteratura molto diffusa tra il 1910 e 1920 che utilizzava elementi fantastici. Molti dei racconti rappresentano questa frattura del rapporto chassidico tra anima e corpo. Kafka, per esprimere una stato di felicità spirituale totale, infatti usa immagini fisiche, sensazioni corporee. Secondo il chassidismo, la materia è un progressivo indebolimento e ottenebramento della luce del puro Essere e il peccato può essere solo colpa di omissione, un atto negativo dell'opera che rifiuta di perfezionarsi. Infatti ne La Metamorfosi viene rappresentato il progressivo ottenebrarsi dell’io nell’ottusità del corpo. Spezzata l’unica chassidica di corpo e anima, il corpo si estranea dall’io, ma l’io si annulla nel corpo. Unica soluzione del crollo della realtà empirica e l’alienazione dell’io è il deperimento dei sensi è una sorta di sonno, un letargo. Samsa infatti non si chiede mai quale sia la causa della metamorfosi, ma addossa agli altri ogni decisione e responsabilità ⇢ immagine dell’insetto rappresenta un rifiuto della realtà. Motivo del insetto ⇢ già usato da Kafka nel 1907 Preparativi di nozze in campagna: il suo protagonista sogna di mandare in campagna il proprio corpo e di restarsene nella quiete della propria stanza disteso nel suo letto nella forma di un grande maggiolino. Manca la figura della donna ed il problema dell’amore: questo racconto è il più passivo e freddo, perché Kafka non vuole più combattere, non vuole più vivere e non vuole più vivere perché ha rinunciato all’amore. Metamorfosi, Verdetto: la disgrazia del figlio coincide sempre con la fortuna del padre, infatti più Gregor perde la voglia e la forza di vivere, più il padre diventa aggressivo e vitale. Kafka usa la figura del padre per giustificare la propria sconfitta nei confronti dell’amore: da una parte il fidanzamento lo induce a sfidare il dominio paterno e lo espone al suo verdetto, dall’altra rimane la solitudine. La sorella è colei che aiuterà Gregor ad annullarsi progressivamente nel suo corpo mostruoso, portandogli l’unico cibo degno di uno scarafaggio e poi sgombrando la stanza di Gregor, facendola diventare una caverna. Madre = “immagine della ragione”: la sua bontà trattiene il figlio della casa del padre, incapace di dargli amore opponendosi al padre o procurandogli la libertà lottando accanto a lui contro il padre. La madre è anche l’unica creatura che abbia veramente compreso di cosa si deve nutrire Gregor e ritiene lo svuotamento della sua stanza come un abbandonare il figlio alla forma di scarafaggio. Il suo amore però rimarrà schiacciato, senza energia, tra l’ira del padre e l’ambigua complicità della sorella. Denuncia anche della sterilità dell’uomo: l’universo si sono inariditi e imbestialiti e che l’immagine dell’insetto non è che lo specchio nel quale essi si vedono, senza comprenderlo o senza comprendere, il loro volto. Samsa non ha più la forza di sostenersi ancora, perchè intorno a lui non c’è più un mondo veramente umano. La salvezza per Kafka rimane nel divertimento. PARTE 4 IL PROCESSO Periodo di sterilità tra l’inverno del 1912 e l’estate del 1914. Nel 1913 si fidanza ufficialmente con Felice Bauer, ma poi questo verrà rotto pochi mesi dopo a Berlino. Kafka si giustifica dicendo che la sua vocazione di scrittore lo porta ad avere un assoluto bisogno di solitudine e rivela la sua incapacità di vivere una normale vita borghese. CONTRADDIZIONE: il suo bisogno di solitudine è la colpa segreta dalla quale potrà liberale solo il matrimonio. “La solitudine porta solo castighi” e infatti pensa di creare la collana sotto il titolo Castighi, che avrebbe raccolto La metamorfosi, Il processo e Nella colonia penale. Tutti sono un’introduzione al Processo. Al condannato viene tolta la possibilità di difendersi e la sua colpa è sempre indubbia, perché non possono esistere degli imputati innocenti, quindi ogni imputato è colpevole. L’esistenza per Kafka è l’attesa del castigo, il mondo è un'immensa prigione nella quale ognuno è colpevole e dalla quale non si può evadere, se non attraverso la morte. Il castigo può condurre alla conoscenza della legge. La colpa di Joseph K è non avere alcuna colpa e la sua angoscia è quella di non poter confessare. Colpa deriva dalla mitizzazione dell’eros (come in America): l’eroe di Kafka è sempre puro, innocente, pulito; l’istanza che lo giudica invece è sporca, corrotta, impura. Procuratori, infatti, sono sporchi, vanitosi e seduttori che corrompono le donne, secondo Joseph K. Figura della donna: sembra essere vittima dei giudici e dei funzionari, ma in realtà sono lusingate di essere rapite dai giudici, anzi addirittura alcune, come Leni, si danno anche agli imputati che esse trovano belli. Per questa purezza del personaggio, proprio lo stesso Joseph K non è disposto a sacrificare l'immonda legge del tribunale la sua innocenza. Paradosso: Joseph K è colpevole, proprio perché è effettivamente innocente. Il mondo di Kafka è terribile e pieno di pericoli, perché esso è vuoto di vere seduzioni e così privo di richiami da indurlo a credere di averlo vinto per virtù propria e ad isolarsi orgogliosamente nella sua disumana purezza ed è in questa solitudine che tenta di realizzare come un ideale di assoluta libertà dalla colpo. Circondato e incapace di accettare una vita che può essere motivata solo da pensieri impuri, Kafka trasforma la propria vita interiore in una sistematica distruzione di ogni pensiero, poiché ingannevole, non vero e quindi impuro e degno di essere distrutto. PARTE 5 IL PROCESSO Kafka fallisce inserendo la figura di Titorelli e così inserisce la parabola: la leggenda indica per la prima volta il cammino dell’uomo verso la Legge. Il rappresentante del mondo che si pone come ostacolo tra l’uomo e la legge è l’ennesima versione dell’immagine paterna. Il campagnolo si trova di fronte a quel limite che ogni creatura prova di fronte al mistero della vita. Kafka fissa già il motivo fondamentale del Castello: il guardiano rappresenta un ostacolo soltanto perché è la causa della domanda dell’uomo. Il guardiano è una personificazione terrestre della Legge, ma una legge che può mostrarsi agli occhi dell'uomo come un inganno, una minaccia e ostacolo che sbarra la strada all’uomo sulla via dell’assoluta verità. Non esiste una coscienza, a solo un'esperienza della Legge: concetto fondamentale del chassidismo. All’uomo non è concesso conoscere la verità, però l’uomo può già vivere nella verità solo che rinunci a cercare, che accetti la Legge nella sua contraddittorietà, accettando la figura del custode come una manifestazione non vera, ma necessaria della Legge assoluta. Soltanto attraverso la morte è concesso all’uomo di valicare il limite che lo divide dalla verità assoluta. Campagnolo vuole entrare nel mistero della Legge subito ed essere confrontato col giudice supremo (come l'agrimensore nel Castello). K però davanti alla porta della Legge che è la parabola stessa, non è in grado di interpretarla e lo inganna e lo esclude dalla verità. MONDO DI KAFKA: morte come castigo, vita come processo ed inganno come ordine universale. Frammento non inserito: ↳ Nella scena finale K. ha accettato il peso della propria colpa e nella morta, cioè nell’accettazione della morte come castigo, viene redento dalla cella del suo corpo e liberato dalla prigione della realtà. MA Kafka non riesce a comprendere la sua colpa, perché non è riuscito a capire il suo processo. Scena finale “teatrale”: i due uomini sono fantocci, marionette, maschere di un teatro che è veramente il teatro del mondo. LINGUAGGIO: Il linguaggio burocratico utilizzato da Titorelli, Leni, Huld e Berthold, lo studente, consacra la frattura tra realtà vs. parola, tra personaggio vs. parola. Le figure di Kafka infatti tradiscono la loro vera natura nel loro aspetto, più che nel linguaggio: dai tratti del volto, il bagliore dei loro occhi, la foggia degli abiti e l’aspetto della loro maschera. Il linguaggio invece freddo, ordinato e classico che fa da contrasto ai due piani stilistici: parola precisa e composta, ma sterile e vuota vs. gesto informe e scurrile, ma concreto e vitale. Joseph K si difende fino alla fine, perchè il suo orgoglio gli ha impedito di trovare la verità nell’accettazione del castigo. La sua interpretazione della parabola gli ha confermato l’inganno e questo inganno sta alla base dell’ordine universale. NELLE NOVELLE: Il tema del labirinto in Kafka ritorna sempre: nei deserti di neve, nei corridoi senza fine, nelle soffitte, nella serie di porte. Il mondo sensibile è inganno, ombra, dispersione continua della luce che è la pura verità che sta al centro del mondo. PARTE 6 IL CASTELLO Per Kafka l’unica concreta esperienza religiosa è il collettivo: i capi rappresentano la ragione di vita, l’anima stessa del popolo. Sono sia un ostacolo invalicabile che divide il popolo dall’assoluta verità, ma anche lo protegge e ne preserva l’esistenza, poichè se essi arrivassero alla luce sarebbero tramutati in una statua di sale. Inganno come salvezza, quindi. Eletto: colui che è conscio della distanza che lo separa dalla verità ed è disposto ad accettare una lotta senza speranza per verificare la verità della leggenda. Romanzo: descrizione della lotta. L'agrimensore sogna di valicare l’ostacolo dei funzionari ed diventare libero dall’inganno e dalla prigione del mondo. 4 Settembre 1917: insorgere della malattia come il verdetto che metteva fine al processo che era stato il suo fidanzamento con Felice Bauer. Tubercolosi come espiazione di una colpa: aveva la sua punizione ed ora era libero. La malattia lo libera da Praga e dalla schiavitù dell’ufficio. Mistica cabalistica e chassidica: Il mondo sensibile è un’emanazione della purissima luce dell’Essere, ma più ci si allontana dalla fonte della luce, più la luce perde purezza ed intensità fino a spegnersi dell’oscurità della materia. Materia come involucro e scorza che racchiude una scintilla della eterna luce dell’Essere. Chassid: uomo pio che vive nella legge. Solo per lui la purezza può accompagnarsi alla sporcizia, quindi quelle forze demoniache ed elementari che distruggono il suo mondo possono essere emanazione della divinità. ↳ in “Il Castello”: i due aiutanti dell'agrimensore sono coloro che scendono direttamente dal Castello per aiutare K a radicarsi nel villaggio. Il mondo sensibile è inganno soltanto per gli occhi dell’uomo che sono “macchiati di terrestrità” e non possono conoscere che inganno. Via mistica chassidica: L’anima è emanazione dell’Assoluto che tende, per sua natura, e ricongiungersi con la sua origine divina. Quindi NON esistono anime dannate. L’anima deve superare nel suo processo di perfezionamento tutti gli ostacoli che le impediscono di sfociare nell'oceanus divinitatis. Peccato = come colpa di omissione. Secondo Kafka tra la conoscenza della verità e la fruizione della verità c’è una spaccatura incolmabile che rappresenta l’angosciosa condizione terrena dell’uomo. ● essere assunto come “vero operaio” e far parte integrante della comunità del villaggio con l’illusione di poter continuare la sua ricerca per la meta del Castello. Dall’altra nella sfera delle relazioni ufficiali che gli offrono vantaggi, ma sono relazioni anonime, avvilenti e debilitanti che rendono impossibile la sua ricerca (far parte del villaggio esclusivamente) — mondo di Frieda, Gardana e di Arturo e Geremia. K non sceglie nessuna delle due, perché si lega sia a Freida, ma mantiene anche i contatti con Barnaba che sono inconciliabili con la vita nel villaggio. Lui non ne sceglie nessuno dei due, perché li usa solo come mezzi e strumenti per raggiungere il fine della sua ricerca che può essere solo il mistero che culmina nel Castello. Arturo e Geremia sono molto simili, essi sono le forze misteriose che non irrompono assurde e incomprensibili nella realtà dell’uomo, ma creature del Castello, emanazione della purissima verità del Castello al tempo stesso espressioni delle forze della naturalità, diavoli o fauni. I due aiutanti sono stati inviati dal Castello all’argimensore per distrarlo dalla sua fredda, implacabile e suicida avventura radicandosi alla vita del villaggio. I due sono un'allegoria della sensualità e numi dell’eros: violentano Olga, la sorella di Barnaba (ricorda la serva del Medico di Campagna), perchè accade mentre K si perde nello smarrimento e nella vertigine dell’amore per Freida. Olga = pia, ingenua innocenza dell’anima vs. sorella Amalia = forze dell’eros la travolgono senza speranza K attraverso Freida vuole guadagnare un pegno da scambiare con le autorità e in particolar modo con Klamm, però Klamm può amare le donne del villaggio solo come funzionario del Castello, mai come privato. Nessuno può conoscere Klamm, perché nessuno è in grado di sopportarne la vista; sono incapaci di conoscerlo veramente, perchè non è riconoscibili se non nel suo aspetto ingannevole. L’esperienza sessuale può quindi instaurare un contatto ufficiale e per ciò stesso anonimo con la verità, perché le verità è indivisibile ed è concesso solo alla incomparabile unione di tutti gli uomini. Amore non più un’esperienza personale, ma soltanto collettiva. Per Kafka il rifiuto dell’amore si trasforma in un imprescindibile difesa della propria libertà e della propria individualità. Freida lascia K quando caccia i due aiutanti ⇢ in loro lei vede lo sguardo di Klamm, trova tracce di Klamm nella loro sporcizia e impudicizia. K non può accettare la presenza dei due odiosi aiutanti e quindi li caccia e cacciando loro, anche Freida lo abbandona. Barnabas è al pari dei due aiutanti e Kafka ne sottolinea la somiglianza nella scioltezza, agilità e snellezza, tuttavia sono molto differenti fisicamente: - Arturo e Geremia: barbuti, bruni, serpentini - Barnabas è chiaro, aperto, illuminato da due grandi occhi Barnabas non è una creatura dell’organizzazione come Arturo e Geremia che sono scesi dal Castello, ma addirittura lui sale dal villaggio al Castello e la condizione della sua missione è la colpa di Amalia, cioè la solitudine, l’esclusione dalla comunità del villaggio. ↳ portando le lettere cerca di redimere la colpa di Amalia; Barnabas può entrare nelle cancellerie, ma la sua paura gli impedisce di osservare veramente ciò che accade lì. Lui è la voce della poesia, l’amara commossa allegoria della parola umana che è dolce, ma al tempo stesso ingannevole. Barnabas strappa l'agrimensore alla comunità del villaggio e lo porta alla sede della solitudine e della colpa, cioè nel mondo di Amalia. COLPA DI AMALIA: capitolo 15 ⇒ la sua innocenza. Amalia riceve una lettera piena di sconcezze da parte del funzionario del Castello Sortini che la invitava ad incontrarsi nell’albergo e lei indignata strappa la lettera e manda via il messaggero che attendeva la risposta. Il suo rifiuto è immorale e contro la legge, infatti è la causa dell’espulsione di tutta la famiglia dei Barnaba della comunità del villaggio. Amalia negandosi per orgoglio all’amore di Sortini ha rifiutato la legge del Castello e perciò rappresenta la frattura tra lei e il dio-satiro ⇢ Barnaba tenta di colmare la frattura che lo divide da l'assoluta verità. Amalia non è vittima delle autorità, ma rappresenta la coscienza della colpa consapevole dell’uomo alla Legge del Castello. Nel Processo l’imputato era per definizione colpevole, ma anche perché il tribunale era attirato dalla colpa. Nel Castello le autorità fuggono dalla colpa, cercano di tenerla segreta. CONTEMPLAZIONE Meditazione (Betrachtung*, conosciuta in italiano anche come Contemplazione) è una raccolta di 18 brevi racconti e apologhi scritti da Franz Kafka e dedicata a M. B. (ossia Max Brod) tra il 1907 e il 1912. È stata pubblicata per la prima volta nel 1913, dall'editore Ernst Rowohlt di Lipsia, in 800 copie. Questo è il primo volume pubblicato da Kafka, che vi ha raccolto otto racconti già usciti su Hyperion. L’autore in una lettera a Rowohlt del 1912 definisce questi racconti come “prosa breve” ed esperimenti narrativi. I temi ricorrenti sono: ● la casa e la famiglia come prigione da cui si deve fuggire ● le relazioni sociali e familiari sono oppressive (es: Il passeggero) ● difficoltà di capire cosa sia la realtà ⇢ Kafka usa giochi linguistici (es: Il Fochista). Inoltre non cita altri autori nelle sue opere (a differenza di Mann), perché mira a creare un mondo a sè che non possa essere considerato imitazione di altri. I motivi, invece, presenti nella raccolta sono: - la casa e i suoi elementi - i vestiti - la partenza e l’arrivo - il sogno (già usato dai Romantici, ma riprende dignità grazie alle opere di Freud) - il cavallo (metafora della letteratura che paragona a una cavalcata) - vitalità e stanchezza - città e campagna - apparenza e realtà In Contemplazione ci viene insegnato a contemplare e osservare i movimenti che rendono la psicologia tangibile (es: capo chino per intendere stanchezza). *Betrachtung deve essere al singolare (si arrabbia quando un redattore usa il plurale): è un’istruzione al lettore che avvisa che il tema delle prose è lo sguardo (non solo esterno, ma lo sguardo interiore con l’immaginazione / le visioni: es. diventare indiano) GITA IN MONTAGNA (1903 - 1904) Trama: riprende il tema della fisicità di coloro che stanno camminando in montagna. Tema del movimento. LA SVENTURA DELLO SCAPOLO (1911) Trama: tratta della vita dello scapolo, o meglio, della vita che avrà lo scapolo una volta anziano. Nel brano viene utilizzata proprio la parola che è titolo della raccolta, ovvero contemplazione. Il tema che fa da protagonista, oltre di nuovo la fisicità dei personaggi e la presenza del motivo dei bambini, è l’instabilità dello sguardo dell’osservatore. IL BOTTEGAIO (1907) Trama: tratta della vita dello bottegaio che si trova scontento della sua bottega e della sua attività, perché gli procura preoccupazioni. Il tema principale è quello del movimento e staticità, stanchezza che “fluisce su di lui come una marea”. Poche righe più sotto c’è anche il richiamo al motivo dei vestiti e al fatto che sono vestiti impolverati e imbrattati. GUARDANDO FUORI, DISTRATTI (1907) Trama: il protagonista descrive ciò che vede fuori dalla finestra e il paesaggio che si apre davanti ai suoi occhi, In questo testo è presente il motivo della casa e dei suoi elementi (finestra da cui il narratore guarda fuori) e anche il motivo dei bambini. Ritengo che sia anche fondamentale il tema vero e proprio della contemplazione, dell’osservazione, poiché tutto il testo è incentrato su questo e sulla descrizione di ciò che vede. LA VIA VERSO CASA (1907) Trama: il protagonista descrive la strada che fa per arrivare, a fine frammento, in camera sua, nella sua casa. Il tema del movimento e della vivacità è sicuramente presente. I DUE CHE SI RINCORRONO (1908) Trama: la voce narrante vede per strada due persone che si rincorrono di notte. Continua ad essere molto presente il tema del movimento. IL PASSEGGERO (1908) Trama: il protagonista è alla fermata del tram che aspetta il mezzo quando vede una giovane. Il motivo dei vestiti fa da padrone in questo testo, infatti la voce narrante descrive nei minimi dettagli gli abiti che la ragazza che incontra indossa e poi si sofferma anche sul viso. ABITI (1908) Trama: il protagonista riflette sulle persone che gli stanno intorno e sui loro abbigliamenti. Il motivo dei vestiti è presente anche qui e la voce narrante crea un parallelismo tra gli abiti e vestiti della gente che lo circonda. Il punto di vista è maschile e quindi esprime un punto di vista straniante rispetto a quello delle ragazze che vede: loro dovrebbero sentire il passare del tempo che arriva a rovinare ed impolverare i vestiti, ma si sentono ben protette dal ruolo sociale che i loro abiti garantiscono. Dagli abiti poi si sposta al viso: infatti è attraverso lo specchio che lo sguardo esteriore viene percepito dalle ragazze. Un altro tema è la difficoltà di conoscere chi ci sta davanti e l’autore fa una riflessione sull’apparenza → gli abiti e i visi sono maschere. IL RIFIUTO (1906) Trama: un ragazzo e una ragazza si incontrano e lui ci prova, ma lei se ne va senza ribattere. Lui si immagina come dovrebbe interpretare quel silenzio e immagina una ipotetica conversazione tra loro due. Tema dei vestiti. MEDITAZIONI PER CAVALLERIZZI (1909 - 1910) Trama: viene descritta una corsa di cavalli, come se la voce narrante fosse un cavallerizzo in gara e rivela le emozioni del momento. In questo frammento viene creato un paragone tra il cavallo e la letteratura e paragona lo scrivere, l’essere autore a una cavalcata. Inoltre è anche importante il tema della vivacità, del movimento. LA FINESTRA SUL VICOLO (1906 - 1907) Trama: viene descritta la scena di un uomo che guarda la vita scorrergli davanti agli occhi dalla finestra di casa. C’è un approccio poliprospettico, una pluralità di occhi che raccontano dal loro punto di vista. All’inizio l’autore fa una riflessione sul fatto che l’essere umano abbiamo fisicamente bisogno di relazioni umane e di appoggiarsi ad essere (metaforicamente alla finestra, quindi), senza le quali gli uomini sarebbero morti viventi e stanchi. Oltre al tema della stanchezza, c’è anche l’immagine della stanchezza: l’uomo alza e abbassa gli occhi, è restio a mescolarsi nella folla. Ciò lo porterebbe alla morte, poiché non ha relazioni umane da lì, ma il frastuono che sente fuori, il movimento dei cavalli in strada (che è paragonato implicitamente a un fiume) lo salva. VOGLIA DI DIVENTARE UN PELLEROSSA (1912) Trama: il protagonista rivela la sua volontà di diventare un indiano e di correre a cavallo. Tema del sogno, dell’evasione e una possibile similitudine con un alterego di Kafka, poiché il cavallo sono sia motivo del tema del movimento e della vivacità, ma spesso la figura del cavallo viene anche paragonata al fare letteratura. In uno dei racconti precedenti, infatti, paragona il far letteratura come una cavalcata. La distanza è troppa (10 miglia) e l’uomo è perduto se non interverranno forze superiori a salvarlo ➝ lo stalliere però non rappresenta la salvezza. L’uomo che vuole vivere, cioè raggiungere la propria verità, deve evadere dalla gelida angoscia della sua solitudine e obbedire al richiamo di forze istintive e irrazionali nelle quali si illude di trovare una sorta di aiuto “superiore”. Queste forze in realtà lo dilaniano, lo alieno dal suo mondo e ingannano la purezza della sua anima. La ricerca dell’uomo è un itinerario senza meta in uno spazio caotico e senza confini ➢ l’uomo abbandona la sua realtà empirica ingannevole e evade verso l’Essere che lo porterà alla dannazione. Il ragazzo con la ferita incurabile, dove nel villaggio il parroco se ne sta a casa, è un’allusione ad un mondo che non crede più alla possibilità della rivelazione religiosa. La vicenda inizia di notte, in una scena un po’ inquietante. Nel testo è presente il tema della memoria: il medico, dato che è stato chiamato, ma è senza cavallo, dà un calcio alla porta del porcile che era in disuso da anni. Da lì, esce un uomo che fa uscire un cavallo e una cavalla esotici, strani (che poi scopriremo non terreni), ma anche lo stesso stalliere è in realtà un satiro che molesterà la ragazza che lavorava dal medico, Rosa. Rosa = colore e fiore, ma anche simbolo della poesia. Il viaggio non è deciso dal medico, viene portato di forza già dalla carrozza. Il tema del viaggio è presente due volte: all'andata, provocato da una chiamata notturna da una comunità ebraico orientale (quindi anche viaggio temporale) e al ritorno. Tema dell’eutanasia: il malato chiede all’inizio al medico di porre fine ai suoi dolori, ma poi ci sarà risentimento verso il medico perchè non sa curare la sofferenza. Medico viene spogliato dalla sua pelliccia: segno di indebolimento e sente l’inquietudine provocata dallo strano nitrito dei cavalli. Disparità dei linguaggi: le azioni benevole del medico vengono fraintese da tutti ⇒ questo porta una crescita del sentimento d’angoscia. Il medico all’inizio è distratto, pensa al viaggio di andata, a Rosa, la quale assume importanza solo quando gli viene sottratta. Rosa = punto di forza dello scrittore, senza la quale farebbe difficoltà a scrivere. Lei è colei che legava lo scrittore alla vita e all’energia ⇒ tema della vita e della sofferenza. Estetica del brutto: l’elemento concreto e disgustoso della ferita del malato incarna la sofferenza di vivere, la fatica, che accomuna sia il giovane che il medico stesso. Il medico è visto come un santone e la famiglia del malato si aspetta un miracolo dal santone, che però li delude. Il giovane è un doppio del medico, un alter-ego. Per Kafka non esiste la vera, la grande libertà per l’uomo, esiste un’illusione di libertà, una piccola libertà dell’esistenza oggettivata. Racconto diventa gotico⇒ medico nudo e a capo schino, sconfitto. Il giovane malato è simbolo della decadenza europea. Kafka identifica la vita col dolore. I cavalli sono decisivi nel destino del medico, sono l’energia, l’ispirazione letteraria. La chiamata verso Est, illusione di un ritorno alle radici ➝ la diaspora ha coordinate spaziali precise qui. Rappresentazione realistica e angosciosa della diaspora che nega il diritto di essere, dato che al medico si nega di essere solo un medico, ma gli si attribuisce il ruolo di santone. L’uomo è vittima delle forze caotiche ed incontrollabili dell’irrazionale quando non vive nella Legge, quando dimentica il suo fine. IN GALLERIA (1917) Trama: voce narrante si trova in una specie di show coi cavalli. Motivo dei vestiti e del segno. E’ anche presente della fisicità, perché descrive lo spettatore della galleria che appoggia il viso alla balconata, mentre segue lo spettacolo come un sogno che finisce in pianto. Il movimento si articola nei gesti preziosi e significativi del rito, come il rito della cavallerizza che evoca la realtà che è puro movimento, cerimonia rituale della verità dalla quale lo spettatore è completamente escluso. Riprende i motivi di “Betrachtung” (aka Contemplazione), cioè il contrasto tra vista e contemplazione, tra la realtà spoglia e non estetizzata e il rituale collettivo, in cui la bellezza deriva dalla gioia della condivisione. UN VECCHIO FOGLIO (1917) Trama: la città è stata invasa dai nomadi del Nord che hanno preso possesso della piazza cittadina, dove il protagonista ha la bottega da calzolaio e si lamenta del fatto che l’Imperatore li ha abbandonati a loro. Kafka riprende il vecchio motivo dell’assurdo che irrompe nel mondo dell’uomo. Se si legge più attentamente si capisce che i nomadi sono la negazione stessa dell’idea di purezza incarnata dall’Imperatore, che rappresentano un'unità inscindibile e che sono proprio creature dell’Imperatore; infatti è il palazzo stesso che li ha attirati. L’Imperatore è probabilmente la personificazione della Legge, che non aiuta la popolazione. I nomadi sono come parassiti che si nutrono di carne insieme ai loro cavalli, addirittura arrivano a mangiare un bue vivo: cercano di strappargli lembi di carne coi denti. Per Kafka non esiste la vera, la grande libertà per l’uomo, esiste un’illusione di libertà, una piccola libertà dell’esistenza oggettivata. Ruota intorno al rapporto con la legge ebraica, cui il protagonista può tornare soltanto nella dimensione onirica. DAVANTI ALLA LEGGE (1914) Trama: l’uomo della campagna cerca di entrare dalla porta della Legge, dove c’è davanti un guardiano. Testo inserito ne “Il Processo”. Ruota intorno al rapporto con la legge ebraica, cui il protagonista può tornare soltanto nella dimensione onirica. IL PROSSIMO VILLAGGIO (1917) Trama: la voce narrante racconta ciò che il nonno era solito dire. Il testo si collega a “Il Processo”, infatti i temi sono: ● la memoria: la vita è breve e lo scopriamo nel ricordo; ● il viaggio nel tempo: si inizia parlando di tempo e si continua a parlare di spazio La vita è così breve che “il tempo interiore” si concentra e si annulla nella memoria, che è quasi incomprensibile che si possa decidere di raggiungere a cavallo il villaggio più vicino senza temere che il tempo di una vita normale possa bastare per un tale impresa, quindi anche solo lasciare la casa è un atto coraggioso. Rapporto tra la vita del singolo e il tempo, un rapporto che muta con riferimento alla memoria della vita individuale. Distanze invalicabili, perché l’itinerario dell’esistenza ha perduto la sua meta, quindi la vita dell’uomo è priva di finalità. UN MESSAGGIO IMPERIALE (1917) Trama: parla dell’Imperatore che manda un messaggio in tutta la nazione ed affronta così il tema del viaggio. Il racconto è intriso di gestualità e capiamo che Kafka andava a teatro e si interessava di cultura. E’ un prosa sull’arrivo del Messia e che sia un’impresa speranzosa, ma soprattutto un sogno serale, cioè al tramonto della vita ➤ qui abbiamo un Kafka innocente, che ha confessato la propria colpa e ha rinunciato ad interpretare razionalmente il mito del purissimo per darne un’immagine mitica che conferma la distanza invalicabile tra il singolo e l’assoluta verità. Kafka si dichiara disposto a credere, non a credere che il messaggio possa raggiungerlo, ma credere al messaggio. La figura dell’Imperatore è una metafora per indicare il Dio e il Divino, di cui non possiamo sapere se esiste davvero. Infatti, tratta della distanza storica tra il suddito e l’Imperatore che Per Kafka non esiste la vera, la grande libertà per l’uomo, esiste un’illusione di libertà, una piccola libertà dell’esistenza oggettivata. RACCONTI PUBBLICATI POSTUMI La costruzione della Muraglia Cinese Motivo centrale del ciclo: la casta dei capi, che presenta la sola legge capace di ricondurre l’immagine dell’Imperatore e dei barbari alla sua armoniosa unità; i capi sono il principio costitutivo della comunità civile. DURANTE LA COSTRUZIONE DELLA MURAGLIA CINESE (1917) Trama: il costruttore della muraglia cinese racconta il procedimento di costruzione della muraglia, del fatto che gli operai erano organizzati in gruppi e male e che forse c’erano buchi vuoti nel muro, perchè il posizionamento delle squadre non era che in continuo movimento. Tutto ciò che rimane è il potere della casta delle istituzioni incomprensibili, cui fa capo l’Impero cinese: il protagonista arriva a pensare che sia tutto un inganno e che sia tutto parte di un progetto. Tema del tempo storico come rovina che distrugge la vita dei singoli: argomento di studio protagonista, perché la voce narrante è stata uno dei costruttori della muraglia per poi diventarne uno studioso: storia come caos e impossibilità per l’uomo di conoscere la verità che non si identifica più in un percorso progressivo. Distinzione tra esercito Occientale e Orientale. Tema della leggenda e della partecipazione popolare: i due eserciti coinvolti nella costruzione. Tema della decadenza della verità: la Parola Sacra è stata contaminata dalla storia. La muraglia non protegge, perché la costruzione è così lunga che sembra ci vogliano più generazioni per vederla compiuta. La muraglia è motivo di unità e quindi partecipare alla costruzione è l'obiettivo della vita del singolo affinché ottenga il senso del popolo e della comunità. TORNA PECCATO ORIGINALE DI COSCIENZA: la voce narrante vuole sapere e vuole conoscere, ma non è possibile. Il rispetto delle norme della legge ebraica tiene insieme la comunità e distoglie dalla curiosità di indagare sul motivo del progetto: lo studio come cosa necessaria, ma anche pericolosa perché si rischia di peccare. ⟼ Ipotesi che la muraglia dovesse essere costruita così parzialmente, perchè era proprio il progetto iniziale. Per Kafka non esiste la vera, la grande libertà per l’uomo, esiste un’illusione di libertà, una piccola libertà dell’esistenza oggettivata. Narratore: ha un limite e sono il suo pensiero e l'intelletto - è diverso da Joseph K perché è consapevole che il tempo da percorrere sarebbe infinito. Tema dell’INGANNO. Kafka inizia a parlare di un nuovo contesto storico, cioè quello che nasce in europa dopo il Primo Conflitto Mondiale, mentre l’Impero austro-ungarico, la Praga e la cultura ebraico-orientale che conosceva stanno crollando. 1918: nuovo stato di Cecoslovacchia, di cui Praga è capitale. 1918: in Germania si proclamò la Repubblica di Weimar, fino a che Hitler non diventò cancelliere. IL COLPO AL PORTONE (1917) Trama: due fratelli (M e F) passeggiando per le strade del villaggio danno un colpo alla porta (non si è sicuro di ciò, non lo sono anche loro) e vengono ammoniti dagli abitanti della città che sarebbero stati denunciati per quel fatto. I due non sono preoccupati, ma alla fine uno squadrone di guardie li raggiunge e il fratello viene catturato e sbattuto in prigione (aveva mandato la sorella a casa). Tema della prigione: nelle righe finali, il ragazzo si chiede se riuscirà mai a respirare un’aria diversa da quella della prigione. Mondo come prigione? LA VERITA’ SU SANCHO PANZA (1917) Trama: il protagonista della vicenda è Sancho Pancha Inversione dell’opera originale di Cervantes (1605): Sancho Pancha diventa l’autore del Don Quijote e si libera del demone letterario che lo lascia libero, trovando la libertà seguendo il personaggio Don Quijote. Tema della leggerezza: l’idea di liberarsi del peso del demone trasmette libertà. ➢ che non è presente nei Diari kafkiani; IL SILENZIO DELLE SIRENE (1917) Trama: le sirene invece che cantare, mentre Ulisse passa con la sua nave, tacciono. Il loro silenzio è un’arma ancora più terribile. Il mondo di Kafka è terribile e pieno di pericoli, perché esso è vuoto di vere seduzioni e così privo di richiami da indurlo a credere di averlo vinto per virtù propria e ad isolarsi orgogliosamente nella sua disumana purezza ed è in questa solitudine che tenta di realizzare come un ideale di assoluta libertà dalla colpo. Per Kafka non esiste la vera, la grande libertà per l’uomo, esiste un’illusione di libertà, una piccola libertà dell’esistenza oggettivata. LO STEMMA DELLA CITTA’ (1920) Trama: c’è la volontà creare una torre che arrivi a toccare il cielo, ma ci vorranno generazioni: però le generazioni future finiranno per abbattere la parte svolta dalla vecchia generazione, perché il progresso renderà ciò che è stato costruito scadente e poco resistente. Allo stesso modo, abbellire la città porta a scontri sempre più cruenti, perché tutti vogliono vivere nel più bel quartiere e ciò crea invidia e dissidi. Più il progresso va avanti e più gli scontri sono feroci. L’esistenza dell’uomo non può essere che un conflitto senza fine, perché manca l’idea della costruzione, mancano i capi e l’idea imperiale. Indica il caos in cui cade l’uomo quando abbandona l’idea della torre celeste, di cui la grande muraglia avrebbe dovuto costruire le fondamenta. Concetto: la torre celeste che arriva fino al cielo non può essere costruita in una generazione soltanto, però non vale la pena affaticarsi perché il progresso farà sì che già la seconda generazione distrugga il lavoro della prima come imperfetto e tecnicamente superato. SULLA QUESTIONE DELLE LEGGI Trama: la voce narrante è evidentemente parte del popolo e presenta la situazione delle leggi nella loro società, che sono solamente raggiungibili dai nobili e dai capi, perchè sono studiate e le conoscenze tramandate da anni. Solo i capi conoscono veramente le leggi, o almeno dicono di farlo, mentre il popolo è escluso da tutto questo, anzi il popolo deve disprezzare se stessi, perchè i capi non lo ritengono degno di conoscere le Legge. Leggi = segreto, quindi non verificabili razionalmente. E su ciò si basa l’autorità dei capi. Nessuno rifiuta l’autorità dei capi, perché rappresentano l’unica legge visibile, verificabile empiricamente e senza la quale non potrebbe vivere e finirebbe per distruggersi. Immagine dell’Imperatore morente? Kafka sembra dire che non è Dio o l’idea di Dio l’origine della comunità umana, ma piuttosto il contrario. Kafka intende fire: l’unione diretta del popolo e dell’Imperatore significherebbe la fine del popolo stesso, proprio come il popolo finirebbe senza la casta dei capi. La casta dei capi rappresenta la Legge, ma al tempo stesso sono l’ostacolo invalicabile che divide il popolo dall’Imperatore ➢ Gerarchia = inganno e ostacolo, ma il popolo non potrebbe vivere senza questo inganno, perché la Legge può arrivare all’uomo solo attraverso l’inganno. Per Kafka non esiste la vera, la grande libertà per l’uomo, esiste un’illusione di libertà, una piccola libertà dell’esistenza oggettivata.
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