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Fray Luis de León e Cantar de los Cantares, Appunti di Letteratura Spagnola

Il documento contiene una biografia di Fray Luis de León, ne espone il pensiero, commenta l'Oda X a Felipe Ruiz e tratta brevemente delle principali opere in versi e in prosa dell'autore, per poi concentrarsi sulla traduzione del Cantico dei Cantici in spagnolo, in particolare comprende il commento al prologo e ai passi più famosi del Cantar de los Cantares.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 21/04/2022

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Scarica Fray Luis de León e Cantar de los Cantares e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! CANTAR DE LOS CANTARES Filippo II commissionò la costruzione del Monastero dell’Escorial (vicino a Madrid su una montagna). Nelle terre del Cristianesimo antico si trova questo palazzo fatto costruire come residenza reale estiva (è anomala perché a forma di monastero con una cattedrale, una biblioteca e un giardino all’inglese). Essa favoriva la meditazione e andava incontro allo spirito mistico di Filippo II che si dedicava agli studi, alla lettura delle Scritture, alla raccolta di materiale bibliografico, oltre che alla guerra. Viene costruito in poco tempo all’inizio del suo regno (regna dal 1555 al 1596). Sembra che Filippo II abbia voluto portare anche nella classe politica il rigore morale della riforma di Cisneros. Fray Luis de León (1527 – 1591) Vive buona parte della sua vita sotto Filippo II. È considerato uno dei mistici spagnoli, ma non c’è unanimità su questo perché non descrive momenti di estasi, tuttavia passa tutta la sua vita intellettuale a studiare questi fenomeni, le sacre scritture: infatti probabilmente conobbe S. Juan de la Cruz e studiò molto le opere di Santa Teresa, di cui apprezza il volgare raffinato in cui sono scritte. Si avvicina a S. Juan nelle idee, nella simbologia, nella sensibilità. Nasce a Cuenca in una famiglia benestante: è hidalgo di campagna, ma non povero, la sua famiglia era colta (perciò non divenne frate per necessità economica). Nel 1544 entra nell’ordine di S. Agostino andando a studiare a Salamanca: lo fa perlopiù per amore per gli studi, dato che non aveva una vocazione così spiccata come i mistici. Accede così agli studi universitari. Vive e studia a salamanca quasi tutta la sua vita, e viaggiò solo all’interno della Castiglia. Nel 1559 inizia a insegnare a Salamanca. Anno importante per la storia della traduzione della Bibbia in Spagna perché esce il primo indice dei libri proibiti, compilato dall’Inquisizione presieduto dal vescovo Valdés. L’elenco indica non solo i titoli, ma anche le tipologie di opere vietate, fra cui qualunque traduzione totale o parziale dei testi sacri in lingua volgare e qualunque versioni che non siano la Settanta, l’ebraica o la Vulgata. Questo provvedimento colma la lacuna non colmata dal Concilio di Trento 3 anni prima, che non aveva proibito o sanzionato le versioni non autentiche. Nel 1572 Fray Luis viene imprigionato, fino al 1576, a Valladolid. Un motivo è la mafia accademica: c’era un problema di attribuzione delle cattedre in proporzione tra gli ordini monastici che insegnavano a Salamanca e la cattedra di Fray Luis era diventata di troppo per l’ordine agostiniano. Allora andarono a leggere le sue opere per trovare qualcosa di eretico. Anche Luis aveva accusato i suoi detrattori di eresia, ripagandoli con la stessa moneta. Tuttavia, lui andò in prigione perché trovarono un fallo innegabile: aveva tradotto il Cantico dei Cantici dall’ebraico in volgare. Inoltre, anche la natura della traduzione, che lo interpreta come se fosse un poema amoroso e bucolico, gli valse 4 anni di carcere preventivo prima di processarlo. Un suo compagno di cella, un altro frate, morì per le condizioni di detenzione momento duro per Fray Luis, che riuscì anche a scrivere e meditare in prigione. Fu poi scarcerato essendo assolto e tornò a insegnare a Salamanca irrompendo in classe dicendo “decíamos ayer”. Muore nel 1591 a Salamanca, essendo stato cattedratico di filosofia e studi biblici. Sempre nel 1591 corona la sua carriera essendo insignito della carica di padre provinciale degli agostiniani, da cui Cisneros aveva cominciato la sua carriera. Conosceva bene l’ebraico, il greco e il latino, e fu avvocato dalla lingua volgare sin dall’inizio. Scrisse molte opere sia in volgare che in latino. Le sue opere furono pubblicate verso la metà del XIX secolo per quest’ombra di eresia su di lui. Sono molto più note le sue opere in volgare che quelle in latino. Questo perché quelle in latino sono perlopiù trattati di esegesi biblica, molto collocati nel loro tempo (per la lingua, la metodologia, il tema). Quelle in volgare sono studiate ancora oggi: sia in prosa che in versi, sempre strettamente legate allo studio delle sacre scritture, e di stampo più divulgativo. Si occupa del Cantico dei Cantici tante volte, producendo più interventi latini, ma l’opera più famosa è la sua traduzione in volgare. Si tratta di una prosa ritmata, poetica: infatti in Spagna è molto forte la sensibilità poetica la sua scrittura è esteticamente elevata ma il significato è ben comprensibile. Nella sua prosa si ispira a Cicerone: studia l’Oratore e il Orator, non solo le sue istruzioni, ma anche come Cicerone le mette in pratica nella sua metrica. Altri autori latini a cui si ispira sono Orazio (Elegie ed Ecloghe) e Virgilio (Bucoliche e Georgiche). Essendo un umanista compagina elementi biblici, dottrinali e di cultura classica. Pensiero: Sente ancora la necessità di legittimare il volgare per la cultura. Il percorso che porta all’imposizione del volgare sul latino è graduale. Gli argomenti che utilizza per difendere l’uso del volgare sono gli stessi di Nebrija: (1) che può essere rigoroso come il latino e (2) che è l’unico mezzo per raggiungere tutti i cittadini. Inoltre, se si lascia che tutta la letteratura culta sia scritta in latino, allora il popolo che comincia a essere letterato ma non conosce il latino, allora viene abbandonato alle male letture. Le male letture del periodo erano i romanzi cavallereschi (libros de caballeria) scritti in prosa, nascevano in volgare fingendosi traduzioni, e invadevano il mercato librario perché si vendevano molto e si leggevano in gruppo dalle persone anche in contesti umili. Erano storie che parlavano di paladini su cavalcature magiche che sfidavano nemici in un intorno di streghe, maghi, incantesimi…in un mondo pagano con storie di metamorfosi, tradimenti ecc. (sorta di soap-opera dell’epoca). Non erano censurati perché non erano eretici, ma solo indecenti. L’immaginario è quello dell’Orlando Furioso ma la qualità della storia (complessità, raffinatezza) è molto inferiore. Cervantes nel Don Chisciotte prende in giro i libros de caballeria mettendo in ridicolo i superpoteri dei personaggi con un protagonista che è tutto l’opposto. La Spagna è la terra dove nascono i romanzi cavallereschi sulla scia del mito del Cid Campeador e fingono di essere stati trovati in un manoscritto, e che la storia sia vera e accaduta in un tempo indefinito. Poi questi romanzi diventano molto famosi anche in Europa e l’espediente del manoscritto ritrovato diventa l’espediente della falsa traduzione, tuttavia alcuni sono tradotti veramente dallo spagnolo, altri sono inventati di sana pianta ciò gli conferisce un carattere esotico e documentale. Nella dedica di “Los nombres de Cristo” Fray Luis fa un lungo discorso sull’opportunità di usare il volgare anche per fare buona letteratura ed esegesi biblica e scrivere di teologia: …a mi juicio todos los buenos ingenios (intelletti) en quien puso Dios partes y facultad (la capacità e la facoltà) para semejante negocio (attività) tienen obligación a ocuparse en él, componiendo en nuestra lengua, para el uso común de todos, algunas cosas que, o como nacidas de las sagradas letras, o como allegadas y conforme a ellas (vi sono vicine e conformi al loro messaggio), suplan por ellas (suppliscano a quelle), cuanto es posible, con el común menester (= modo di parlare) de los hombres, y juntamente le quiten de las manos, sucediendo en su lugar dellos (ponendosi al posto di quelli), los libros dañosos y de vanidad […] los cuales, como por arte del demonio, como faltaron los buenos, en nuestra edad más que en otra han crecido. Quando potrò io, libero da questa prigione (il corpo), volare nel cielo, Filippo. Nella ruota (sfera) che corre più veloce di tutte contemplare la verità pura, senza dolore. Era convenzione letteraria consolidata rappresentare l’universo secondo la teoria tolemaica, con la Terra al centro (così come l’io lirico è al centro della percezione). Oltre l’ultimo motore mobile c’è la rosa mistica, cioè Dio, che è primo motore immobile (perciò non viene rappresentato). Il primo mobile è il cielo più lontano dalla Terra, è ruota in senso opposto rispetto agli altri cieli, e imprime loro il movimento. I quattro elementi si collocano nella rappresentazione tolemaica dell’universo: la Terra/terra è l’elemento più pesante. L’acqua sta anche sulla Terra ma è un po’ più leggera, il fuoco sta nei cieli dei pianeti rossi (Venere, Mercurio, Marte), l’aria nei cieli degli ultimi pianeti. Sulla Terra ci sono tutti e quattro ma in ogni cielo ne prevale uno piuttosto che un altro. L’universo letterario di riferimento è sempre questo, per tutti gli autori, è un mondo parallelo a quello reale, e vive solo nel testo. È un universo possibile condiviso da una lunga tradizione letteraria. L’io lirico si trova in una posizione intermedia, può guardare verso il basso, le cose della terra (come il somnium scipionis di Cicerone), interessato ai misteri della natura, ma anche guardare verso Dio, che cala su di lui l’onniscienza (si tratta della caratteristica di Dio che più gli interessa) l’unione con Dio avviene nel segno del sapere. Vorrebbe quindi raggiungere l’ultimo mobile per contemplare la verità pura, senza dolore (il quale che è dovuto all’incompiutezza dell’anelito alla conoscenza che caratterizza Fray Luis). L’ultimo mobile è detto arrebatado perché è trascinato (dalla volontà del primo immobile) e perché gira al contrario rispetto agli altri. Lì, insieme alla mia vita, convertito in luce risplendente, vedrò distintamente, ma nel suo complesso, quello che è e quello che è stato, [vedrò] il principio proprio e nascosto (= l’origine delle cose). E allora vedrò come la mano sovrana (= il Signore) pose le basi al posto giusto, dove l’elemento più pesante trova stabile e ferma sede (= la Terra). Tan a nivel y plomo è uno strumento che fa riferimento a uno strumento per definire un angolo retto, per dire che il Signore ha messo le basi del mondo (la Terra) proprio nel posto giusto, dove cade il piombino. Vedrò le colonne immortale su cui è fondata la terra (fa riferimento al Mito di Atlante, un mito pagano); i confini e le bandiere con cui la provvidenza tiene imprigionato il mare gonfio. Atlante regge le colonne d’Ercole e il mare è il Mar Mediterraneo l’immaginario mediterraneo-centrico è tipico della poesia classica. Poi si interroga in merito alle scienze naturali: non aveva davvero questi dubbi, ma li esprime, come l’illusione di un bambino che accede alle prime conoscenze, per comunicare l’entusiasmo di fronte alla conoscenza: Perché trema la terra, perché i mari profondi si agitano, da dove esce a far guerra il cierzo (vento freddo), e perché crescono le acque dell’oceano e decrescono, Da dove vengono le fonti, chi nutre i cavalli e chi alimenta le correnti perpetue dei fiumi; vedrò le cause dei freddi gelati e del caldo dell’estato; Le acque sovrane nella regione dell’aria chi le sostiene (= chi sostiene le nuvole, come funziona la pioggia), vedrò la fucina dei lampi, dove Dio tiene i tesori della neve, e da dove viene il trono. Poi comincia a descrivere ciò che succede sulla Terra, che non è vana e piccola, ma è il centro, è l’oggetto dell’anelito conoscitivo: Non vedi quando succede che tutta l’aria si turba in estate? Il giorno diventa nero, il cattivo gallego soffia e la polvere vana sale fino al cielo E tra le nubi muove Dio il suo carro (Apollo, immaginario pagano), leggero e rilucente; smuove un suono terribile, riluce un fuoco ardente, la terra trema, la gente si umilia; La pioggia bagna il tetto, le valli inviano lunghi fiumi; i lavoratori spaventati guardano il proprio lavoro distrutto, i propri campi allagati. E da lassù (tema dell’allegria di naufragi, da lontano, immortale, vedo il mondo che si distrugge), vedrò i movimenti celestiali, tanto quello trascinato (Primo mobile), che quelli naturali (cioè che girano in senso naturale, gli altri cieli), la causa dei fati, i segni (le profezie). Vedrò chi regge le stelle e chi le accende con scintille belle ed efficaci; perché le due Orse hanno sempre paura di bagnarsi nel mare. Vedrò questo fuoco eterno (il Sole), fonte di vita e di luce, dove si mantiene; e perché l’inverno vien così veloce che si trattiene in lunghe notti. Vedrò senza movimento (Primo immobile) nella più alta delle sfere le dimore e della gioia dell’appagamento, lavorate in oro e in luce, abitate da spiriti felici visione del Paradiso e di Dio. Morada = termine tecnico, significa avere dimora eterna; la morada è la tomba, ma anche i diversi stadi che l’anima attraversa per arrivare a Dio (in Santa Teresa), implica un certo distacco dal mondo. Il testo è composto in lira, metro creato da Garcilaso ispirandosi a quelli italiani: è una strofa di 5 versi in cui si alternano settenari ed endecasillabi, e la rima è baciata o alternata. Queste strofe permettono una certa ampiezza di fraseggio, ma rispetto alla strofa petrarchesca ha meno sillabe e meno possibilità espressiva, essendo più rigida. Prevede prima un settenario, poi un endecasillabo, poi due settenari, infine un altro endecasillabo. I versi di 11 devono rimare tra loro, i settenari devono avere tutti la stessa rima o riprendere la rima dell’endecasillabo. Schema rimico obbliga molta sintesi e precisione, è molto difficile da rispettare. Riponeva nella vita eterna la speranza di colmare alcune conoscenze: si interroga su fenomeni naturali facendo riferimento alla tradizione classica (es. dove sono i confini del mondo = dove sono le colonne d’Ercole, anche se le colonne d’Ercole). Il mescolare fonti scritturali e pagane è comune nel Rinascimento: perché le fonti classiche sono considerate allegoria e prodromo di quelle scritturali, non si contraddicono fra loro. Quando il linguaggio deve elevarsi si esprime per immagini consolidate nell’immaginario letterario. Anche se molte delle domande (che sono dei topoi) che si pone nella poesia avevano già una risposta a suo tempo, l’ansia di conoscenza che queste portano con sé ha un fondamento reale. Intertesto: Orazio e le Sacre scritture. Nell’Ode a Felipe Ruiz prevale l’intertesto scritturale, soprattutto i riferimenti al libro di Giobbe, che si trova nel Pentateuco (Antico Testamento). Dio mette alla prova Giobbe sottoponendolo a tanti tormenti: tra le prove a cui lo sottopone lo tratta male, gli dice che non vale niente e non sa niente, mentre lui, Dio, è portatore di tutte le verità quando Fray Luis dice che Dio sa tutto e lui non sa niente riprende questo punto. I primi sei versetti corrispondono alla prima domanda che fa Fray Luis nell’ode. I versetti 6-8 corrispondono alle colonne d’Ercole evocate da Fray Luis contaminando l’intertesto biblico con quello classico. Il versetto 16 ricorda le fonti di cui si interrogava Fray Luis. Quevedo si rimasto abbastanza fedele, perché voleva dimostrare la teoria della semplicità e bellezza in poesia. Quindi gli editori moderni si basano ancora molto sull’edizione di Quevedo. L’opera lirica di Fray Luis contiene:  Poesie originali (come le odi)  Traduzioni in verso di origine classica (Orazio, Virgilio…)  Traduzioni in versi delle sacre scritture (soprattutto Salmi) cercando di restituire la musica che si perse con le varie traduzioni. Probabilmente in vita fu più noto per le opere in latino, presso gli altri studiosi, e più noto per le opere in volgare presso il pubblico generale. CANTAR DE LOS CANTARES: Iniziato nel 1560 e pubblicato a stampa nel 1798. Nel 1572 quest’opera gli vale 5 anni di carcere preventivo; riuscirà a scagionarsi anche grazie a Los Nombres de Cristo. Si dovette difendere dalle accuse di eresia. Il Cantico dei Cantici è diviso in 8 capitoli ed è il primo libro della Bibbia: è poesia bucolica ebraica. Il genere pastorale era comunissimo nella Spagna del primo ‘500. Ad esempio, Monte Mayor scrisse in questo periodo Diana, un poema pastorale. Anche Cervantes scriverà un romanzo pastorale, chiamato Galatea. Un poema pastorale è un’opera in versi lunghi (di arte mayor) in cui i protagonisti sono dei pastori non affetti dai problemi che affliggono normalmente i pastori: sono dei pastori ideali che passano il tempo in armonia con la natura e a concepire e ad esprimere sentimenti amorosi. Spesso c’è una (o più) pastorella di cui i pastori sono innamorati ma che non si concede. Andavano di moda non solo perché parlavano dell’amor profano, ma anche perché l’intertesto platonico permetteva a questi romanzi di essere letti come manuali per l’elevazione spirituale. Se l’amore profano e quello divino non sono diversi, ma sono un’unica passione che può manifestarsi a livello infimo (per le cose), medio (per un corpo), alto (per un’anima), può portare due anime che si sono unite virtuosamente ad avere un’immagine di Dio, ad essere in terra immagine di Dio, attraverso il loro matrimonio. Viene quindi cristianizzato l’immaginario classico, ha un giro a lo divino. La filosofia neoplatonica permette di superare il dualismo medievale tra amore profano (fisico) e amore spirituale (divino). Nella filosofia neoplatonica anche l’unione matrimoniale fra due individui può essere una strada per raggiungere l’unione con Dio. L’altra modalità per raggiungere Dio è attraverso l’estasi, l’unione mistica con Dio (es. Santa Teresa). L’attrazione del pastore per la pastorella è dapprima fisica (per il corpo) ma siccome lei non si concede si comprende che ha un’anima virtuosa, quindi diventa un’attrazione per l’anima, poi vieni benedetto dal sacramento e quindi sei pronto per condurre una vita santa in Terra. Questo permette l’accettabilità del poema pastorale nella letteratura elevata spagnola. Fray Luis non accettava l’interpretazione neoplatonica del Cantico dei Cantici e l’interpretazione allegorica dei discorsi amorosi in chiave sacra. Scrive un prologo in cui spiega come e perché traduce dall’ebraico (e non dal greco o dal latino), tralasciando la lettura allegorica, il Cantico dei Cantici come un poema bucolico (pastoril) di amor profano. Dice di aver tradotto questo per uso privato, non per il mondo (stessa scusa di Girolamo), nello specifico per sua cugina Isabel Osorio, che stava per prendere i voti al monastero del Santo Espíritu di Salamanca, perché sua cugina non sa il latino e lei sa che questo è un bel libro della Bibbia e vuole leggerlo in volgare. Aggiunge che sua cugina è così virtuosa che non potrà cadere nelle tentazioni che una lettura così appassionata può suscitare. E quindi traduce seguendo la lettera del testo, dall’ebraico, si attiene a una lettura letteraria, cioè pastoril e amorosa. La traduzione di Fray Luis è una prosa poetica, perché lamenta il fatto che nelle varie versioni del testo si sia persa la musicalità, e prova a ricrearla. Aggiunge un commento dettagliato del perché ha fatto certe scelte lessicali, dove, come e quando rifiuta la lettura allegorica… Platone ragiona per miti, quando deve esprimere un concetto complicato, invece di usare termi generici e filosofici, lo fa in modo allegorico attraverso dei racconti. Ecco due miti platonici sull’amore, miti di colpa e di redenzione, seppur la redenzione avvenga in modo diverso in Platone e nel Cristianesimo: 1. Mito degli uomini-palla (nel Simposio): all’inizio della storia gli esseri umani erano esseri androgini, attaccati per la schiena, giravano muovendosi come delle palle ed erano felici. Gli dei, invidiosi della loro felicità, li separarono in due metà: maschi e femmine. Da allora essi vagano nel mondo alla ricerca dell’altra metà. L’amore è la ricerca di ciò che manca e desiderio di completezza l’amore coincide col desiderio e il telos, cioè il fine ultimo dell’uomo, è riconquistare la sua felicità e completezza, che coincide con la bellezza, oggetto dell’amore. 2. Mito dell’Auriga (nel Fedro): le anime sono immortali e, prima di incarnarsi, vagano nel mondo delle idee e contemplano le IDEE a bordo di una carrozza detta biga. Anzi, l’anima è il cocchiere della carrozza (cocchiere = auriga) che è guidata da 2 cavalli: uno bianco e uno nero. Quello bianco tende a correre verso il mondo delle idee e quello nero tira verso Terra. L’anima cerca di destreggiarsi tra i due cavalli. Quando vince il cavallo nero l’anima si incarna e passerà la vita terrena a cercare di ricongiungersi con le idee. Infatti, la quantità e la qualità dell’essere nella Terra è inferiore rispetto a quello percepito prima di incarnarsi. Quindi l’anima desidera nuovamente ricollegarsi col mondo delle idee. In entrambi i casi l’amore si configura come desiderio, come ricerca di qualcosa che non si ha più, quindi come mancanza e il fine ultimo dell’anima umana è ritrovare la completezza. A collegare l’anima incarnata, l’essere umano maschio/femmina, e il mondo delle idee c’è la bellezza, che si manifestare nel mondo in vari modi e a vari livelli. Le anime sono in grado di cogliere la bellezza in tutti i suoi livelli, alcune di più e altre di meno. In base alle proprie capacità di vederla e perseguirla, esse raggiungeranno diversi livelli di completezza e una maggiore qualità di esser nella loro vita. La bellezza si manifesta quindi: 1. Bellezza dei corpi 2. Bellezza dell’anima 3. Bellezza delle istituzioni e delle leggi 4. Bellezza della scienza (= la filosofia) 5. Bellezza in sé (accesso al mondo delle IDEE) In termini cristiani la bellezza dei corpi comprende anche la bellezza della natura. Poi c’è la bellezza dell’anima, intesa singolarmente o come comunità. Poi la bellezza della creazione, che è immagine e somiglianza con Dio e quindi unione con Dio. L’unione con Dio può avvenire per intuizione dell’anima e illuminazione (mistici), attraverso il sapere, quindi teologia (Fray Luis), e attraverso l’amore coniugale (Dio unisce due persone in un solo corpo, ripristinando l’unione iniziale degli uomini-palla). Nel Cantico dei Cantici viene celebrata la bellezza del corpo e dell’anima dello sposo e della sposa. Nel capitolo che leggiamo noi notiamo solo la celebrazione della bellezza del corpo, ma in realtà il percorso di elevazione attraverso l’amore si completa nei 7 capitoli successivi. All’epoca di Fray Luis l’ambiguità fra intertesto classico (amor profano) e cristiano (superstrato neoplatonico) è continua, è molto presente nelle opere spagnole cinquecentesche. PROLOGO DEL CANTICO DEI CANTICI: Fray Luis fa un lavoro sul testo molto articolato di traduzione, di parafrasi e di commento, ovvero tutto ciò che Schleiermacher prende in considerazione quando parla di traduzione. Se dovessimo inserire Fray Luis nei periodi di Steiner starebbe nel primo perché sono riflessioni che derivano da un’esperienza traduttiva. C’erano già altre traduzioni precedenti in volgare, e Fray Luis oltre a lavorare sul testo ebraico lavora anche su queste traduzioni precedenti, dandone una versione decisamente migliore, quindi non partì da zero. Fu processato forse più per il prologo e per il commento che per la traduzione vera e propria. Infatti, è nel paratesto che si vede la non neutralità della sua operazione traduttiva, l’ideologia che vi sta dietro. Ninguna cosa es más propia a Dios que el amor, ni al amor hay cosa más natural que volver al que ama en las condiciones e ingenio del que es amado. De lo uno y de lo otro tenemos clara experiencia. Cierto es que Dios ama, y cada uno que no esté muy ciego lo puede conocer en sí por los señalados beneficios que de su mano continuamente recibe: el ser, la vida, el gobierno della y el amparo de su favor, que en ningún tiempo ni lugar nos desampara. Que Dios se precie más de esto que de otra cosa, y que le sea propio el amor entre todas sus virtudes, vese en sus obras, que todas se ordenan a solo este fin, que es hacer repartimiento y poner en posesión de sus grandes bienes a las criaturas, haciendo que su semejanza de Él resplandezca en todas, y midiéndose a sí a la medida de cada una de ellas para ser gozado de ellas: que, como dijimos, es obra propia y natural del amor. Nessuna cosa è più propria di Dio che l’amore, né all’amore c’è cosa più naturale che restituire a colui che ama nelle condizioni e nell’intelligenza di colui che è amato. Spiegazione: è cosa naturale dell’amore far diventare l’amante della stessa qualità ed intelligenza di colui che è amato, l’amante si eleva all’altezza di ciò che ama. Si ama qualcosa che è superiore a noi ed è natura dell’amore attrarre verso ciò che è superiore l’amante (si applica ambiguamente tra due amanti o tra Dio e gli uomini). Dell’una e dell’altra cosa abbiamo chiara esperienza. È vero che Dio ama e chiunque non sia molto cieco può riconoscerlo in se stesso per gli evidenti benefici che riceve continuamente dalla sua mano: l’essere, la vita, la gestione della stessa, la protezione del suo favore, che in nessun momento e in nessun luogo ci abbandona. Noi amiamo Dio e Dio ama noi. La sua grazia in nessun momento ci abbandona. Siamo superiori alle altre creature, siamo a sua immagine e somiglianza. Dio (soggetto) si apprezza per questo più che per le altre cose (la sua qualità principale è l’amore) e che gli sia proprio l’amore, fra tutte le sue virtù, si vede nelle sue opere, perché tutte sono volte a questo solo fine, che è ripartire e regalare i suoi grandi doni alle creature, facendo in modo che la sua immagine risplenda in tutte, e misurandosi sulla misura di ciascuna di quelle, per essere goduto da tutte. Dio dà una scintilla di sé a tutti. Idea del capio, del dono Dio dona la sua grazia alle creature nella misura in cui queste sono in grado di riceverla. Dio all’uomo dà il massimo della sua sostanza in dono, ma anche alle altre creature ne dà una parte, per dare la possibilità al creato di elevarsi verso di Lui. espressa la passione dell’amore con tanta forza e tanto sentimento che in questa; e infatti, presso gli ebrei non hanno il permesso di leggere questo libro e alcuni altri della legge quelli che sono minori di quaranta anni. Del pericolo non c’è da discutere: la virtù e il valore di Vostra Signoria ci rende ben sicuri; la difficoltà, che è tanta, farò in modo io di toglier tutto ciò di cui le mie forze sono in grado, le quali sono ben piccole (captatio benevolentiae). Fueren e alcanzaren sono dei congiuntivi futuri, perché “los que” è un relativo di cui si conosce con esattezza l’identità. Il congiuntivo presente ha ereditato questa funzione nelle relative seguite da pronome relativo ignoto proprio dal congiuntivo futuro; veicola un aspetto verbale più che un tempo verbale. In alcanzaren l’uso del congiuntivo futuro serve ad accrescere la captatio benevolentiae sottolineando il dubbio su fin dove possano arrivare le sue piccole forze. Cosa sabida y confesada por todos es que en estos Cantares, como en persona de Salomón y de su esposa, la hija del rey de Egipto, debajo de amorosos requiebros, explica el Espíritu Santo la Encarnación de Cristo y el entrañable amor que siempre tuvo a su Iglesia, con otros misterios de gran secreto y de gran peso. En este sentido que es espiritual no tengo que tocar, que de él hay escritos grandes libros por personas santísimas y muy doctas que, ricas del mismo espíritu que habló en este libro, entendieron gran parte de su secreto, y como lo entendieron lo pusieron en sus escrituras, que están llenas de espíritu y de regalo. Así que en esta parte no hay que decir, o porque está ya dicho, o porque es negocio prolijo y de grande espacio. Solamente trabajaré en declarar la corteza de la letra, así llanamente, como si en este libro no hubiera otro mayor secreto del que muestran aquellas palabras desnudas, al parecer, dichas y respondidas entre Salomón y su esposa. Que será solamente declarar el sonido de ellas, y aquello en que está la fuerza de la comparación y del requiebro; que, aunque es trabajo de menos quilates que el primero, no por eso carece de grandes dificultades, como luego veremos. È cosa risaputa e confessata da tutti che in questi cantici, sotto la figura di Salomone e della sua sposa, la figlia del re d’Egitto, sotto gli amorosi parlari, lo Spirito Santo spiega l’Incarnazione di Cristo e il viscerale amore che sempre ha portato alla sua Chiesa, con altri misteri molto segreti e di grande peso. E in questo senso che è spirituale non voglio metter bocca, perché su questo ci sono grandi libri scritti da persone santissime e molto dotte che, ricche dello stesso spirito che parlò in questo libro, hanno compreso gran parte dei suoi segreti, e così come li intesero, li misero nelle loro scritture, che sono piene di spirito (santo) e di bellezza. Questo passaggio è così “esagerato”, esalta così tanto la ricerca di significati allegorici che la Chiesa ci ha voluto vedere dietro, che sembra quasi una presa in giro. In ogni caso, all’Inquisizione si offesero per questo passaggio. Quindi, per quanto riguarda questo, non bisogna dir niente, o perché è già stato detto o perché è un impegno prolisso e che richiede molto spazio. Solo lavorerò a dichiarare la corteccia della lettera, così, pianamente, come se in questo libro non ci fosse nessun altro maggior segreto di quello che mostrano quelle parole nude che sembra che siano dette e risposte tra Salomone e la sua sposa. E questo consisterà solamente nel dichiarare il suono di quelle, e quello in cui sta la forza della comparazione e del discorso amoroso, che, anche se è un lavoro di minor caratura del primo, non per questo manca di grandi difficolta come ora vedremo. Quella di Fray Luis è una dichiarazione di poetica, di poesia semplice e pura, sottile, divina nella sua bellezza, ma semplice. Si oppone al peso degli argomenti che sono messi su queste parole. Porque se ha de entender que este libro en su primera origen se escribió en metro , y es todo él una égloga pastoril, adonde con palabras y lenguaje de pastores, hablan Salomón y su esposa, y algunas veces sus compañeros, como si todos fuesen gente de aldea. Hace dificultoso su entendimiento, primeramente, lo que suele poner dificultad en todos los escritos adonde se explican algunas grandes pasiones o afectos, mayormente de amor, que, al parecer, van las razones cortadas y desconcertadas; aunque, a la verdad, entendido una vez el hilo de la pasión que mueve, responden maravillosamente a los afectos que exprimen, los cuales nacen unos de otros por natural concierto. Y la causa de parecer así cortadas, es que en el ánimo enseñoreado de alguna vehemente afición, no alcanza la lengua al corazón, ni se puede decir tanto como se siente, y aun eso que se puede no lo dice todo, sino a partes y cortadamente, una vez el principio de la razón, y otras el fin sin el principio; que así como el que ama siente mucho lo que dice, así le parece que, en apuntándolo, está por los demás entendido; y la pasión con su fuerza y con increíble presteza le arrebata la lengua y corazón de un afecto en otro; y de aquí son sus razones cortadas y llenas de oscuridad. Parecen también desconcertadas entre sí, porque responden al movimiento que hace la pasión en el ánimo del que las dice, la cual quien no la siente o ve, juzga mal de ellas; como juzgaría por cosa de desvarío y de mal seso los meneos y movimientos de los que bailan el que viéndolos de lejos no oyese ni entendiese el son a quien siguen; lo cual es mucho de advertir en este libro y en todos los semejantes. La prima difficoltà del Cantico dei Cantici è che è in versi. Sembra che partecipi nella sua volontà nei movimenti frammentari, contraddittori e confusi di colui che è affetto dalla passione d’amore. Questa difficoltà di pensare in modo lucido si trasmette nel modo di parlare dell’innamorato. Quindi le razones cortadas tipiche del Cantico sono ricondotte da Fray Luis alla natura e all’intensità della passione amorosa qua espressa. Se una passione amorosa è così forte da confondere il senso è difficile interpretarla come ricerca del sapere o come amore della Chiesa per Dio. Perché bisogna capire che questo libro nella sua prima origine fu scritto in metro ed è tutto un’ecloga pastorale dove, con parole e linguaggio da pastori, parlano Salomone e la sua sposa e talvolta anche i loro compagni, come se tutti fossero persone di villaggio. Rende difficile capirlo in primo luogo ciò che è solito mettere in difficoltà in tutti gli scritti in cui si spiegano certe grandi passioni o affetti dell’animo, soprattutto l’amore, perché sembra che i ragionamenti siano incoerenti e frammentari; benché, in verità, una volta compreso il filo della passione che li muove, rispondono meravigliosamente agli affetti che esprimono, che nascono gli uni dagli altri in una concertazione naturale. E la causa per cui sembrano così frammentari è che l’animo, di cui si è impossessato qualche passione violenta, non raggiunge con il linguaggio il contenuto del cuore, e non riesce a dire tanto quanto si sente, e anche quello che si può dire non riesce a dirlo tutto, ma solo a pezzi e in modo frammentario, una volta l’inizio del ragionamento e altre volte la fine senza l’inizio; e infatti colui che è innamorato partecipa molto di quello che dice e che gli sembra che, anche solo accennandovi, venga compreso dagli altri; e la passione, con la sua forza e la sua incredibile velocità, lo trascina per la lingua e per il cuore da un affetto all’altro; e così sono i suoi ragionamenti spezzati e pieni di oscurità. Sembrano anche incorrenti tra loro perché rispondono ai movimenti che fa la passione nell’animo di colui che li pronuncia, e colui che non sente o non vede (le passioni) le giudica male; come giudicherebbe una cosa sciocca e stupida il dimenarsi e i movimenti di quelli che ballano colui che, vedendoli da lontano, non sentisse né si accorgesse del suono che stanno seguendo; e bisogna fare molta attenzione a questo in questo libro e in tutti quelli simili. Non si può giudicare la coerenza e la qualità retorica di un discorso amoroso se non se ne condivide il filo della passione, perché sarebbe come guardare un ballo senza sentire la musica: apparirebbero senza senso, tra loro disconnessi, invece il filo della musica li collega e dà loro un senso. Così nel Cantico dei Cantici i ragionamenti paiono sconnessi, contorti, contraddittori, ma è perché seguono i moti della passione. Lo segundo que pone oscuridad es ser la lengua hebrea en que se escribió, de su propiedad y condición lengua de pocas palabras y de cortas razones, y esas llenas de diversidad de sentidos; y juntamente con esto por ser el estilo y juicio de las cosas en aquel tiempo y en aquella gente tan diferente de lo que se platica agora; de do nace parecernos nuevas y extrañas, y fuera de todo buen primor las comparaciones de que usa este libro, cuando el Esposo o la Esposa quiere más loar la belleza y gentileza de las facciones del otro, como cuando compara el cuello a una torre, y los dientes a un rebaño de ovejas, y así otras semejantes. Como a la verdad cada lengua y cada gente tenga sus propiedades de hablar, adonde la costumbre usada y recibida hace que sea primor y gentileza, lo que en otra lengua y a otras gentes pareciera muy tosco, y así es de creer que todo esto que agora, por su novedad y por ser ajeno de nuestro uso tanto nos ofende y desagrada, era todo el buen hablar y toda la cortesanía de aquel tiempo entre aquella gente. Que claro es que Salomón era no solamente muy sabio, sino rey e hijo de rey, y que cuando no lo alcanzara por letras y por doctrina, por la crianza sola y por el trato de su corte y casa supiera hablar su lengua mejor y más cortésmente que otro ninguno. Il secondo motivo che rende difficile la traduzione è che l’ebraico è una lingua molto lontana dal castigliano, e il testo è molto antico, quindi alcune immagini che allora erano cortesi, adesso possono sembrare strane e perfino irrispettose. La seconda cosa che aggiunge oscurità (al testo) è il fatto che la lingua ebraica in cui lo si scrisse è, per sua proprietà e condizione, una lingua di poche parole e di ragionamenti brevi, e queste sono piene di ambiguità del senso; e insieme a questo perché lo stile e il giudizio delle cose a quel tempo e presso quella gente era diverso da quello che si pratica ora; dal quale deriva il fatto che ci sembrino nuove e strane e fuori da ogni buona scelta le similitudini che sembra questo libro, e non il massimo della scelta delle similitudini usate in questo libro, quando lo Sposo o la Sposa vuole lodare massimamente la bellezza e la gentilezza dell’aspetto dell’altro, come quando compara il collo a una torre, i denti a un gregge di pecore, e così altre simili. Perché è vero che ciascuna lingua e ciascuna gente ha il suo modo di parlare, dove il costume usato e ricevuto fa sì che sia raffinatezza e gentilezza quello che in altre lingue e ad altra gente apparirebbe molto volgare, e bisogna quindi credere che tutto questo che adesso, per la sua novità e per essere lontano dal nostro uso, tanto ci offende e ci disgusta, era in realtà il massimo del ben parlare e della cortigianeria di quel tempo e tra quella gente. È chiaro che Salomone non era solo un saggio, ma anche re e figlio del re, e anche se non avesse raggiunto il massimo dell’espressività per studi e per dottrina, per il solo fatto di essere cresciuto nella sua corte e il solo trattamento della sua corte e della sua casa, sapeva parlare la sua lingua meglio e più cortesemente che chiunque altro. Tutte le lingue sono diverse e ci sono situazioni di sinonimia. La lingua ebraica è diversa, ha tradizioni e ragionamenti diversi, quindi è normale che certe similitudini ci sembrino strane, e lui vuole far sentire l’estraneo in traduzione. Ha deciso di lasciare “in pace” lo scrittore. Lo que yo hago en esto son dos cosas: la una es volver en nuestra lengua palabra por palabra el texto de este libro; en la segunda, declaro con brevedad no cada palabra por sí, sino los pasos donde se ofrece alguna oscuridad en la letra, a fin que quede claro su sentido así en la corteza y sobrehaz, poniendo al principio el capítulo todo entero, y después de él su declaración. Regocijarnos hemos y alegrarnos hemos = forma perifrastica per il futuro con sfumatura di necessità, poco usata in spagnolo; la usa perché l’ebraico usa una forma perifrastica. Nel commento a questo passo Fray Luis scrive quando due persone si amano sentono come un enajenamiento del alma, cioè alienazione dell’anima: essa esce dalla bocca dell’amante (si credeva che avesse sede nel fiato) per seguire l’amato e quindi sviene perché l’anima lo abbandona o soffre, dato che il mal d’amore è un’altra caratteristica dei poemi pastorali. Il mal d’amore comporta di diventare sempre più magri e più chiari di carnagione fino a diventare gialli e addirittura a morire. Questo perché l’anima e quindi il desiderio di vivere abbandonano il corpo. La Sposa ha bisogno di essere rianimata perché il suo amato è assente e allora lei invoca i suoi baci, che sono più buoni del vino e dell’unguento profumato. Gli unguenti profumati erano molto tipici all’epoca e in luoghi così caldi e poveri di acqua per coprire gli odori del corpo. Quando una persona sviene gli viene offerto del vino o dei profumi forti per tirarsi su. Ma la Sposa rifiuta questi palliativi: lei vuole i baci del suo sposo, perché così l’anima ritorna in lei. Fray Luis dice che siccome l’anima ha sede nel fiato, ne deriva il grande piacere degli amanti di mescolare le loro bocche per mescolare le loro anime, guidati dal desiderio di restituirsi quello che manca al reciproco cuore, oppure di lasciar andare l’anima una volta per tutte. Il momento del bacio è quello in cui eros e thanatos si incontrano: è il momento dell’estasi. Le parole “morena yo, per amable, hijas de Jerusalén” si trovano nel salmo 44. La Sposa è sempre circondata da altre ragazze che sono comprimarie, ascoltano, e hanno la funzione del coro nel teatro greco. Lei si paragona alle abitazioni dei popoli nomadi del deserto del nord Africa che montano delle tende molto spesse per isolare l’interno. Cedar e Salomone sono re, quindi le loro tende sono piene di ricchezze e nobili e dolci. Ma dall’esterno le tende paiono scure, logore perché devastate dalle intemperie. Una donna normalmente all’epoca stava chiusa in casa e quindi era chiara di pelle: se sei scura devi giustificare perché. Ma lei non è scura perché ha mancato di discrezione ed è andata troppo in giro o perché è ramera, cioè prostituta, ma perché i suoi fratelli, invidiosi della sua bellezza, l’hanno costretta a stare al sole a guardare le vigne, impedendole di curare il suo aspetto ( la mi viña no guardé). Così non sarebbe stata desiderabile per uno sposo e non avrebbe dovuto dividere le ricchezze coi suoi fratelli. Fray Luis offre anche una breve interpretazione allegorica (p. 11-12). La mi viña dà un significato etico, serve a indicare affetto per ciò che sta nominando. Fray Luis giustifica la scelta di aggiungere il la dicendo che in ebraico il concetto viene rafforzato a indicare l’importanza che le donne danno al proprio aspetto. p. 12: Donde dize “mi viña”, el hebreo tiene doblada fuerza que dice [mía remía], dando a entender cuán propia suya es y cuánto cuidado debe 4. Sono scura, ma gentile, figlie di Gerusalemme. Come le tende di Cedar, come gli accampamenti di Salomone. 5. Non curatevi del fatto che sono un po’ scura, perché mi ha guardata il sole. I figli di mia madre hanno cospirato contro di me; mi hanno messa a far la guarda alle vigne: e non ho potuto curare la mia. 6. Mostrami, anima mia, dove vai al pascolo, dove sosti a mezzogiorno, perché (altrimenti) vagherò senza meta fra le greggi dei tuoi compagni. 4. Morena yo, pero amable, hijas de Jerusalen, como las tiendas de Cédar, como las cortinas de Salomón. 5. No me miréis que soy algo morena, que miróme el sol: los hijos de mi madre porfiaron contra mí; pusiéronme [por] guarda de viñas: la mi viña no guardé. 6. Enséñame, amado de mi alma, dónde apacientas, donde sesteas al medio día, porque seré yo descarriada entre los ganados de tus compañeros. tener della, como si dixera: la mi querida viña de mi alma; que tal es en la estima de las mugeres todo lo que toca a su buen parecer y gentileza. Chiede allo Sposo di dirle dove raggiungerlo, perché se no sarebbe costretta ad andare in giro in mezzo alle greggi dei suoi compagni, con danno alla sua onestà e reputazione. È pericoloso vagare senza meta fra i suoi compagni per una pastorella. «Porque no es justo que ande descaminada, como si fuera una desvergonzada y deshonesta; y por tanto conviene que sepa yo dónde tú estás» (Scrive Fray Luis nel commento, a p. 14 del file) Simmetria dei discorsi: anche lo sposo comincia parlando da pastore e finisce parlando da re. Fra i pastori dell’antica Palestina, si usava affidare gli animali più grandi agli uomini e quelli più piccoli e giovani alle donne. Quindi dovevano allontanarsi di meno da casa per farle pascolare perché si allontanavano meno da casa ed erano più facili da gestire. Ma gli animali, per il loro olfatto sviluppato, possono seguire le orme delle loro madri, che sono al pascolo con gli uomini, e, se la Sposa seguirà i capretti, essi la condurranno da lui. Oh bella fra le donne, ó hermosa entre las mujeres = in ebraico è più comune il superlativo relativo che quello assoluto. Ogni tanto la metafora pastorale si perde e il Re parla di sé stesso come tale: la Sposa è bella come le giumente (o cavalle) che trainano il carro del Re la giumenta del Faraone è ben nutrita e viene portata in trionfo. Fray Luis aggiunge nel commento che in Egitto avevano un’arte di fabbricazione dei carri molto raffinata e quindi Salomone incaricava la costruzione del suo carro del trionfo in Egitto. Le perle si usavano all’epoca per adornare il viso: erano attaccate all’orlo del velo (sulla testa) e scendevano fino alle guance, come delle frange. Come in La Perfecta Casada, si nota la conoscenza approfondita di Fray Luis dell’iconografia femminile (p. 17). Le tortore, qui dei gioielli promessi dallo Sposo, sono simbolo di fedeltà e di matrimonio e sono preziose (non è più il pastore a parlare ma il re). Si credeva, erroneamente, che le tortore fossero monogame e che alla morte del compagno non ne cercassero uno nuovo. Parte complicata perché si basa tutta sulla simbologia delle piante. 7. Se non lo sai, oh bella fra le donne, esci, segui le orme del gregge e pascolerai i tuoi capretti vicino alle capanne dei pastori. 8. Ti ho comparato alla mia giumenta nel carro del Faraone, amica mia. 9. Le tue guance sono belle fra le perle: il tuo collo nelle collane. 10. Ti farò fare tortorelle d’oro smaltate in argento. ESPOSO 7. Si no te lo sabes, ó hermosa entre las mugeres, sal, [sigue] por las pisadas del ganado, y apacentarás tus cabritos junto a las cabañas de los Pastores. 8. A la yegua mía en el carro de Faraón te comparé, amiga mía. 9. Lindas [están] tus mexillas en las perlas: tu cuello en los collares. 10. Tortolitas de oro te haremos, esmaltadas de plata. ESPOSA 11. Quando estaba el Rey en su reposo, mi nardo dio su olor. 12. Manojito de mirra mi amado a mí, morará entre mis pechos. 13. Racimo de Copher mi amado a mí de las viñas de Engaddí. 11. Quando il re riposava, il mio nardo esalò il suo profumo. 12. Il mio amato è per me un rametto di mirra: dimorerà/lo conserverò tra i miei seni. 13. Il mio amato è per me un grappolo di Copher delle vigne di Engaddí. L’olio di nardo si usava per ungere gli ospiti illustri (era il più prezioso di tutti): «en el evangelio de San Juan se dice que la Magdalena derramó un bote de nardo preciosísimo en la cabeza y cara de Jesu-Christo» (Scrive Fray Luis nel commento a p. 19). Questo significa che nel momento in cui il re stava riposando lei l’ha ricevuto secondo il rito dell’olio di nardo oppure potrebbe simboleggiare il pene. Per quanto riguarda il rametto di mirra Fray Luis commenta che di solito le donne portavano un sacchettino di erba profumata addosso perché esali il profumo nel momento in cui si muovono. Il suo amato per lei una cosa intima, che tiene tra i seni (immagine materna) ma potrebbe essere anche una metafora sessuale. Non si sa bene che tipo di albero sia il Copher: «gran diferenca hay en averiguar qué árbol que sea este, que aquí se llama Copher, el qual unos trasladan Cipro, como es San Gerónimo, y entiende un árbol llamado así, y no de la isla de Chipre, como algunos incongruamente declaran: otros trasladan Alcanphor, o Alhenña,: otros dicen que es un cierto linage de palma; cierto es ser hoy el Cipro, árbol de olorosísimo olor, de quien hacen mención Plinio y Dioscórides, el qual crece en Palestina y en Engaddi…». Sembra che sia una palma o un cipresso. Però già all’epoca il cipresso era legato all’immagine della morte, quindi di nuovo c’è l’incontro tra eros e thanatos. Le vigne di Engaddì sono in Egitto e sono tra le più ricche. Fray Luis cerca una giustificazione per la strana affermazione “tus ojos de paloma” nell’ambito dei mirabilia, cioè fenomeni della natura incredibili che sono stati raccolti nel corso dei secoli da vari scrittori, tipo Dioscoride, quindi parte della tradizione letteraria (es. uomini-scimmia di Marco Polo). Allora dice che le colombe che c’erano ad Israele a quei tempi avevano gli occhi molto più belli di quelli delle colombe in Spagna. E lo sa grazie alle relazioni dei mercanti e perché alcune colombe portate da Tripoli sono molto diverse dalle “nostre”: i loro occhi sono grandi, pieni di splendore, con un modo di muoversi bellissimo e un colore fuoco vivo. È molto più probabile che il concetto di bello all’epoca fosse semplicemente diverso e che gli occhi delle colombe piacessero davvero. Dalla compilazione di fonti, riflessioni e idee si nota che con Fray Luis comincia il gusto barocco. 22 e 23: «En el hebreo está una palabra en estos dos lugares (Ay prima e Ay dopo) del Esposo y la Esposa, que en latín se interpreta “ecce”, y es voz que en esta parte da muestra de grande afecto y regocijo (gioia) del que habla…» (p. 22). Infatti Girolamo traduceva: «Ecce tu pulchra es amiga mea, ecce tu pulchra es, oculi tui columbarum. Ecce tu pulcher es dilecte mi, et decorus. Lectulus noster floridus…» = Ecco tu sei bella amica, ecco tu sei bella, coi tuoi occhi di colomba. Ecco tu sei bello mio caro e dolce. Il nostro piccolo letto è florido. Lunga digressione sulla bellezza. Palma, cedro e cipresso sono il materiale di cui è fatta la Croce di Cristo (quindi il riferimento a queste piante viene usato per radicare anche nell’Antico Testamento il mito della crocifissione di Gesù), e simboleggiano le tre persone della trinità [LETTURA ALLEGORICA]: ESPOSO: 14. Ay! Quán hermosa amiga mía [eres] tú, quán hermosa! Tus ojos de paloma. ESPOSA: 15. Ay! Quán hermoso [eres tú] y quán gracioso! Nuestro lecho [está] florido. 16. Las vigas de nuestra casa son de cedro y el techo de Ciprés. 14. Oh quanto sei bella amica mia! Coi tuoi occhi di colomba. 15. Oh quanto sei bello e quanto dolce! Il nostro letto è fiorito. 16. Le travi della nostra casa sono di cedro, e il soffitto di cipresso.
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