Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Fray Luis de Leon e Torres Naharro, Appunti di Letteratura Spagnola

Appunti sulla poesia di Luis de Leon e la Propalladia di Naharro

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 04/05/2020

giovanni-allocca-1
giovanni-allocca-1 🇮🇹

4

(6)

5 documenti

1 / 12

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Fray Luis de Leon e Torres Naharro e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! Letteratura spagnola - Lezione del 21 aprile 2020 Oggi chiudiamo con Noche serena, per darvi un assaggio della poesia ascetica, poi ci dedichiamo al teatro. Appena possibile inizieremo con la narrativa, perché ci attende un percorso denso soprattutto sul romanzo picaresco. Iniziamo con il commento all’ode Noche serena. Avevamo lasciato Fray Luis de León e la settimana scorsa: A la sombra tendido de yedra y lauro eterno coronado, puesto el atento oído al son dulce, acordado, del plectro sabiamente meneado. Se vi ricordate, la canzone della Vita solitaria si chiudeva con questa immagine di Fray Luis de León che nel suo percorso di perfezione morale di ascesi anelava il distacco a tutti i valori falsi, terreni, da quel mundanal ruido su cui ci siamo soffermati la settimana scorsa, esprimeva il suo desiderio di poter godere nell’ombra, nel suo orto coltivato sul pendio del monte, libero da amor, odio, esperanza, ho centrato tutto nell’ascolto della musica dell’universo, nel suono dolce prodotto da quel plettro mosso dalla saggia mano di Dio e in grado di produrre l’armonia del mondo che solo la musica sa rivelare. Un’immagine analoga a quella della Vita solitaria la troviamo nell’ode alla notte serena, che secondo parte della critica risale all’epoca della prigionia, esperienza vissuta nel carcere per Fray Luis de León per le accuse mossegli dalla critica, da colleghi dell’università che arrivarono alla santa inquisizione e che ebbero però degli sviluppi a voi già noti. Pare dunque scritta nell’epoca della prigionia e di sicuro dedicata all’amico Diego Loarte, un amico salmantino, ovvero di Salamanca. Non mi soffermo sulla metrica perché vi dovrebbe essere evidente che compone anche quest’ode in lire, il metro inventato da Garcilaso de la Vega con la canzone V. quindi, dedica a Diego Loarte l’de Noche serena che andremo a leggere: Cuando contemplo el cielo de innumerables luces adornado, y miro hacia el suelo de noche rodeado, en sueño y en olvido sepultado, el amor y la pena despiertan en mi pecho un ansia ardiente; despiden larga vena los ojos hechos fuente; Loarte y digo al fin con voz doliente: Ci fermiamo qui per ora, alle prime due strofe, prime due lire, e già dal primissimo verso dell’ode notiamo chiaro qual è il tema cantato da Fray Luis de León, vale a dire la contemplazione notturna delle stelle. Le stelle sono las innumerables luces (v. 2), quando contempla il cielo puntellato di queste innumerevoli luci, y miro hacia el suelo -> e guardo verso la terra, il suolo; rodeado de noche -> avvolto nelle tenebre; sepultado en sueño y en olvido -> sepolto nel sonno e nell’oblio. Quindi, quando contemplo il firmamento e guardo per contrapposizione alla terra, el amor y la pena despiertan en mi pecho un ansia ardiente -> l’amore e la pena, la sofferenza, risvegliano nel mio petto un’ansia, un desiderio ardente, di fondersi in un tutt’uno con quel firmamento, in cui si coglie la grandezza di Dio, allontanandosi per sempre dalle inutili pene. La terra, avvolta dalle tenebre, sepolta nell’oblio e nel sonno, lontano dal mundan ruido. E allora los ojos -> soggetto di questo despiden; hechos fuente, despiden larga vena -> versano lacrime abbondanti i miei occhi, che sembrano quasi diventati una sorgente d’acqua, è abbondante il pianto del poeta. Loarte -> è un vocativo; digo al fin con voz doliente -> pronuncio infine con voce dolente. Tutto questo quando contemplo il cielo stellato. Vedete come già dalle primissime strofe si delinea una contrapposizione che emergerà nel corso di tutta l’ode, la contrapposizione tra il cielo, puntellato di stelle, dove si può apprezzare, amare la grandezza di Dio, e la terra, avvolta dalle tenebre, immersa, sepolta nel sonno e nell’oblio. Lo scopo del poeta è quello di ascendere alle stelle, dimenticare, allontanarsi, distaccarsi dalla terra, terra che come ci ha insegnato nella canzone Vita solitaria è popolata da persone che inseguono falsi valori, persone che soffrono per cose inutili, quando dovrebbero semplicemente ammirare, contemplare la grandezza di Dio di cui c’è un chiaro segno nella natura che ci circonda, parte di quella natura è il firmamento. Cosa dice nella sua contemplazione notturna, il poeta? «Morada de grandeza, templo de claridad y hermosura, el alma, que a tu alteza nació, ¿qué desventura la tiene en esta cárcel baja, escura? ¿Qué mortal desatino de la verdad aleja así el sentido, que, de tu bien divino olvidado, perdido sigue la vana sombra, el bien fingido? Morada, una parola che abbiamo già letto e commentato in Garcilaso, è la dimora (sonetto 11), Morada de grandeza -> dimora di grandezza; tempio di luce e bellezza -> ovviamente si sta riferendo al cielo, è un tempio di luce e bellezza; l’anima che è nata, alla tua altezza, nobile quanto sei tu nobile cielo del firmamento; ma com’è possibile che adesso si ritrovi l’anima, che è creatura divina, forgiata dalle sapienti mani divine, nobile e pura, com’è possibile che adesso si trovi in questo carcere, in questa prigione baja, escura? L’anima, fatta a somiglianza di Dio, la cui impronta si coglie nel firmamento, in questo cielo stellato, quale sventura l’ha potuta tenere vincolata a capiremmo che il mondo intero, la Terra, a confronto con il cielo, non è che un minimo punto, e se la Terra è un minimo punto, immaginatevi cosa sono gli esseri umani che su quella Terra sono formichine impercettibili, un punto a confronto con ese gran trasunto. C’è una nota in cui emerge ancora una volta il modello di Garcilaso de la Vega. Vi ricorderete quel manso ruido che abbiamo letto e commentato nella canzone della Vita solitaria, un omaggio alla canzone III di Garcilaso, scritta dall’isola del Danubio, dove fu costretto a scontare la prima parte del suo esilio per ordine di Carlo V, anche in questi versi troviamo un’eco di Garcilaso, versi che non abbiamo letto e commentato, che appartengono alla Elegia I; noi abbiamo letto Elegia II, dedicata al fraterno amico Boscán e composta donde del buen troyano Anquises con eterno nombre y vida conserva la ceniza el Mantüano -> dove Virgilio ha immaginato che si conservino le ceneri del buon Anchise, padre di Enea, vale a dire da Trapani. Abbiamo commentato perché Garcilaso si trovava in Sicilia e in che contesto compone questa Elegia, siamo nel 1535, al ritorno della vittoriosa campagna di Tunisi, si descriveva, Garcilaso, in quella Elegia II debajo de la seña esclarecida de César africano -> si trovava lì Garcilaso insieme a la vencedora gente recogida -> l’esercito vittorioso guidato da Carlo V, re divino Scipione l’africano, sotto la sua bandiera. Nell’Elegia sui generis, l’Elegia II avevamo anche commentato che nei primi versi aveva acquisito il tono quasi di una satira. Ricordo questo perché anche la prima Elegia è sui generis, perché reca un sottotitolo AL DUQUE D’ALBA EN LA MUERTE DE DON BERNALDINO DE TOLEDO, è dedicata a Don Fernando de Toledo, duca d’Alba, per confortarlo della morte del fratello minore Don Bernaldino de Toledo, che morì in Sicilia dopo la vittoriosa campagna di Tunisi del ’35. Quindi la redazione di entrambe le elegie è grossomodo contemporanea. Un’Elegia funebre scritta in morte di Don Bernaldino de Toledo per confortare il fratello che si dispera per questa dolorosa perdita. Anche qui, come nell’Elegia II, il metro scelto è quello della terza rima, persino incatenate. que temo ver deshechas tus entrañas en lágrimas, como al lluvioso viento se derrite la nieve en las montañas. Temo di vedere le tue viscere disfatte nel pianto e dunque, si troviamo tutti gli ingredienti di una elegia funebre, a proposito di confortare la famiglia del defunto, in questo caso il fratello del protettore di Garcilaso, duca d’Alba, l’elogio del defunto, l’esaltazione della fama a cui devono aspirare tutti i grandi uomini, come Bernaldino de Toledo e i suoi avi ricordati nel corso delle terzine, e lo stesso Fernando Alvarez de Toledo, una presentazione degli ideali stoici a cui deve ispirarsi Don Fernando Alvarez de Toledo sovreponiendose a su dolor, una descrizione dell’empireo degli eletti in cui ha trovato giusta collocazione Bernaldino de Toledo accanto al padre e al nonno, il padre era stato Don García de Toledo morto molto giovane nella conquista de los Gelves, e il nonno era stato Fadrique de Toledo che sederà nell’empireo degli eletti accanto a loro Don Bernaldino de Toledo, ma quest’Elegia funebre acquista anche il tono di una vera e propria epistola familiare, perché in realtà nel corso di questa elegia, Garcilaso dialoga con il suo amico e protettore, quindi ha il tono dell’epistola familiare. Questi versi che troviamo quasi nella chiusa dell’elegia, che consta di 307 versi, qui siamo ai versi 280, questi versi contengono la stessa rima proposta da Fray Luis de León. Mira la tierra, el mar que la contiene, todo lo cual por un pequeño punto a respeto del cielo juzga y tiene; puesta la vista en aquel gran trasunto y espejo do se muestra lo pasado con lo futuro y lo presente junto, el tiempo que a tu vida limitado d’allá arriba t’está, Fernando, mira, y allí ve tu lugar ya deputado. Fate molta attenzione perchè tutti questi verbi mira, ve, tiene, potrebbero confondersi con imperativi, invece sono verbi all’indicativo. Qual è il soggetto di questi verbi? Bernaldino de Toledo, morto giovanissimo in Sicilia, è asceso all’empireo degli eletti e dall’alto dei cieli guarda la Terra, il mare e dall’alto può giudicare quella terra e il mare che la contiene come un piccolo punto a confronto con il cielo; puesta la vista en aquel gran trasunto -> vedete come Fray Luis de León prende il prestito queste due parole chiave punto, trasunto, la terra come minimo punto, il cielo come modello della grandezza divina e li ripropone nella chiave della rima punto, trasunto. Il cielo è modello della grandezza divina, è specchio dove si mostra il passato., il presente e il futuro. L’idea quindi dell’atemporalità divina; Dio, la sua grandezza, il firmamento che è fatto a sua immagine e somiglianza sono fuori dal tempo; e il soggetto continua a essere Bernaldino de Toledo, dall’alto, dall’empireo può guardare e vedere nel cielo el tiempo que d’allá arriba a tu vida limitado t’está -> Bernaldino già sa il tempo che a Ferdinando, suo fratello, è stato concesso da Dio, e vede già il posto destinato a te, vale a dire il giorno in cui tu, Ferdinando, morirai ti è già stato assegnato un posto nell’empireo degli eletti. Bernaldino che ti ha preceduto lo sa e può contemplare. Quindi sono i versi dell’Elegia I che Fray Luis de León ha in mente e a cui si ispira in questa strofa della sua ode alla notte serena. Quien mira el gran concierto de aquestos resplandores eternales, su movimiento cierto sus pasos desiguales y en proporción concorde tan iguales; la luna cómo mueve la plateada rueda, y va en pos della la luz do el saber llueve, y la graciosa estrella de amor la sigue reluciente y bella; y cómo otro camino prosigue el sanguinoso Marte airado, y el Júpiter benino, de bienes mil cercado, serena el cielo con su rayo amado; rodéase en la cumbre Saturno, padre de los siglos de oro; tras él la muchedumbre del reluciente coro su luz va repartiendo y su tesoro: ¿quién es el que esto mira y precia la bajeza de la tierra, y no gime y suspira y rompe lo que encierra el alma y destos bienes la destierra? È tutto un unico grande periodo, chi contempla il firmamento e in tutti i versi che seguono leggiamo la descrizione di queste stelle, questi pianeti ammirati da Fray Luis de León, fino ad arrivare al quién es el que esto mira, ecc. Quindi non metterei punti fermi, avrei scelto delle virgole. In questi versi Fray Luis de León descrive le stelle che ammira in questa notte serena, descrive l’armonia di queste stelle lucenti, ad una ad una, cominciando dalla Luna seguita dalla la luz do el saber llueve, Mercurio che va dietro di lei; e ancora la graciosa estrella de amor, che naturalmente è Venere; Marte, dobbiamo segnalare el sanguinoso Marte airado, omaggio a Garcilaso de la Vega, questo Marte airado ci ricorda quello cantato da Garcilaso nella ode Ad Florem Gnidi (no pienses que cantado sería de mí, hermosa flor de Gnido, el fiero Marte airado); poi ancora el Júpiter benino, Giove benigno, poi ancora Saturno, padre della mitica età dell’oro, durante la quale regnava appunto Saturno con il suo coro di stelle. Quindi chi contempla questo firmamento, con la Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, chi dopo aver contemplato questo spettacolo meraviglioso potrebbe mai preciar la bajeza de la tierra? Potrebbe mai apprezzare, stimare, la bassezza della terra. Nel firmamento tutto è luce, tutto è grandezza e bellezza; giù, nelle profondità della terra, tutto è tenebre, tutto è inganno. Dunque, chi contempla le stelle non può che gemere e sospirare, desiderare rompre lo que encierra y la destierra destos bienes. Già prima è stato detto che l’anima è chiusa in una prigione, chi contempla la bellezza del firmamento, non può che desiderare di uscire dai confini di questa prigione, allontanarsi dai falsi beni della terra, allontanarsi dal mundanal ruido per fondersi con la bellezza delle stelle, trasunto de Dios, modello divino. Nei versi successivi abbiamo ben 5 ripetizioni di aquí, l’avverbio di luogo e reiterato fino a 5 volte, ma in quel capovolgimento della prospettiva che ci ha suggerito Fray Luis de León dall’inizio dell’ode, aquí non è più la terra, nel suo cammino ascetico è riuscito ad eleversi fino alle stelle, aquí è il cielo stellato: Aquí vive el contento, aquí reina la paz; aquí, asentado en rico y alto asiento, imprigionato dai mori chiedendo un riscatto ,poi pagato, così potendo raggiungere Roma ai tempi del papa Leone X, davanti al quale furono rappresentate anche alcune delle sue commedie . Poi si trasferisce a Napoli dove compì la Propalladia , un miracolo di scrittura che a volte supera le commedie dei greci e dei latini. Scritte in lingua castigliana, di cui fu maestro. Fece poi rientro in spagna intorno agli anni ’20 del 1500. Prohemio El pobre labradorcillo, por su fatal estrella encaminado desde los pueriles años para el litigio y largo contraste de la dura tierra y por el asiduo uso aplicando y convertiendo la dureza d'ella en sus delgados cueros -empero si yo no me engaño- con tenerísima voluntad a los amigos y convecinos presenta y hace liberal parte de la primera fruta de sus fatigas y arborcillos le nace, cuya primera y humilde intención no es menos de agradecer que las soberbias mercedes de los altos príncipes. No sé agora yo si quanta voluntad puede haber en una sana intención como es la mía será bastante a hacer grata y aceptable a los discretos lectores esta mi pobre y rústica composición, como sea esta obra de mis manos, toda mi vida siervo, ordinariamente pobre, y, lo que peor es, ipse semipaganus etc. Yo, pues, soy perdido en este mi temerario viaje, si vuestra cortesía piadosamente no adoba lo que mi ignorantia presuntuosamente gasta. En todo caso converná, como húmilmente os lo suplico, [que] del bajo presente de mis primeras vigilias no hagáis caso y recibáis -como de los virtuosos s'espera- la tierna y pura voluntad, pues que hec facit ut veniat pauper quoque gratus ad aram et placeat ceso non minus agna bove.Menos mal me ha parecido haceros yo por mis manos este presente de cosa conocidamente no buena que esperar que por sus pies incorrecta y viciosamente a vuestra noticia veniese. Mayormente que las más d'estas obrillas andaban fuera de mi obediencia y voluntad. Intitulelas Propalladia, a prothon, quod est primum et pallade, id est, prime res palladis, a diferencia de las que secundariamente y con más maduro estudio podrían suceder. La orden del libro, pues que ha de ser pasto espiritual, me pareció que se debía ordenar a la usanza de los corporales pastos, conviene a saber, dandoos por antepasto algunas cosillas breves como son los capítulos, epístolas, etc. Y por principal cibo las cosas de mayor subjecto como son las Comedias, y por pospasto ansí mesmo algunas cosillas como veréis. Cuanto a lo principal que son las Comedias pienso que debo daros cuenta de lo que cerca d'ellas me parece con presunción de maestro, mas solamente para serviros con mi parecer tanto que venga otro mejor. Comedia según los antiguos es “cevilis privatesque fortune sine periculo vite conprehensio” a diferentia de tragedia que es “heroice fortune in adversis comprehensio”; y según Tulio comedia es immitatio vite, speculum consuetudinis, imago veritatis; y según Acrón, poeta, ay seis géneros de comedias, scilicet, stataria, pretexta, tabernaria, palliata, togata, motoria, y cuatro partes, scilicet, prothesis, catastrophe, prologus, epithasis; y como Oratio quiere cinco actos, y, sobre todo, que sea muy guardo el decoro, etc. Todo lo cual me parece más largo de contar que necesario de oír.Quiero ora decir yo mi parecer pues el de los otros he dicho y digo ansí que comedia no es otra cosa sino un artificio ingenioso de notables y finalmente alegres acontecimientos por personas disputado. La división d'ella en cinco actos no solamente me parece buena pero mucho necesaria, aunque yo les llamo “jornadas” porque más me parecen descansaderos que otra cosa, de donde la comedia queda mejor entendida y recitada. El número de las personas que se han de introducir es mi voto que no deben ser tan pocas que parezca la fiesta sorda, ni tantas que engendren confusión, aunque en nuestra comedia Tinelaria se introdujeron pasadas XX personas porque el subjecto d'ella no quiso menos, el honesto número me parece que sea de VI hasta a XII personas. El decoro en las comedias es como el governalle en la nao, el cual buen cómico siempre debe traer ante los ojos, es decoro una justa y decente continuación de la materia, conviene a saber, dando a cada uno lo suyo, evitar cosas impropias, usar de todas las legítimas de manera qu'el siervo no diga ni haga actos del señor et e converso y el lugar triste entristecello, y el alegre alegrallo con toda la advertentia, diligentia y modo posibles etc. De dónde sea dicha comedia y por qué son tantas opiniones que es una confusión. Cuanto a los géneros de comedias a mí parece que bastarían dos para en nuestra lengua castellana: «comedia a noticia» y «comedia a fantasía». «A noticia» se entiende de cosa nota y vista en realidad de verdad, como son Soldadesca y Tinellaria; «a fantasía», de cosa fantástiga o fingida que tenga color de verdad aunque no lo sea, como son, Serafina, Himenea etc. Partes de comedia ansí mesmo bastarían dos, scilicet, introito y argumento, y si más os pareciere que deban ser ansí de lo uno como de lo otro, licentia se tienen para quitar y poner los discretos. Ansí mesmo, hallarán en parte de la obra algunos vocablos italianos especialmente en las comedias, de los cuales convino usar habiendo respecto al lugar y a las personas a quien se recitaron, algunos d'ellos he quitado, otros he dejado andar, que no son para menoscabar nuestra lengua castellana antes la hacen más copiosa.Como quiera que sea, os suplico de lo que no he sabido usar me perdonéis, y de lo que a vuestro propósito estoviere deis las gratias a Dios pues que: Est Deis in nobis sunt et comercia coeli sedibus aetheris spiritus ille venit. PROEMIO dell’edizione napoletana della Propalladia , che rappresenta il primo testo di precettistica teatrale della poetica teatrale spagnola. Testo costellato dai topoi della modestia o falsa modestia ,con citazioni classiche di Persio e Ovidio Presenta ai lettori la sua opera paragonando il suo omaggio intellettuale a un povero contadinello che offre le primizie del duro lavoro dei campi che con tenerissima volontà presenta agli amici e ai vicini. Non sarà gran cosa ma lui li offre di buon cuore, con tutta la buona volontà di cui sono capace , ma rimane un frutto rustico e non so se sarà gradita ai lettori a cui la presento(Citazione a metà delle satire di Persio) .Io confido nel buon cuore dei lettori che si vogliono arricchire di questo mio regalo , e se così non faranno sarà evidente la povertà del mio regalo essendo frutto di uno spirito ignorante (topos della falsa modestia) . Non badate allo scarso valore del regalo , apprezzate l’animo sincero con cui lo offro . Opere scritte (topos letterario)rubando ore al sonno intitolate Propalladia . Propalladia viene da proton( greco) –primo e da Pallade Atena , la dea greca della scienza e delle arti , riferendosi alle le prime cose di Pallade( i primi frutti dell’ingegno offerti alla dea ). Naharro presenta la sua opera come cibo per lo spirito , immaginandolo con un antipasto , un piatto forte(le commedie) e il post-pasto tenendo presente l’elenco di componimenti indicati nel frontespizio . Prima di fornire le sue indicazioni precettistiche mette in mostra le sue formazioni classiche : elenco delle autorità classiche(Tullio , Cicerone –che definisce la commedia imitazione della vita ,immagine di verità e specchio della vita. Naharro non si sofferma poiché sarebbe lungo e ‘ci porterebbe troppo tempo citare per filo e per segno ciò che loro dicono’che hanno definito la commedia e ne hanno classificato i generi . Introduce ,così, le sue precettistiche teatrali : voglio dirvi ora la mia opinione . Dico così che la commedia può presentare una trama complessa ma deve avere un lieto fine .Divisione suggerita in 5 atti o giornate e quanti personaggi intervengono nelle commedie ? Né troppo pochi né troppi. Né Tanto pochi da far sembrare una festa spenta né bisogna eccedere generando confusione ,questo è il mio auspicio. Anche se nella nostra commedia si introducono più di 20 persone sono nella Tinelaria ; tra 6 e 12 persone è il numero giusto (Tinelaria descrive il banchetto che si tiene nel tinello del palazzo del cardinale e partecipa tutta la servitù motivo per cui sono presenti più personaggi). Tema del decoro : dare a ogni personaggio ciò che gli spetta mettendogli in bocca parole giuste , un servo non può parlare con un lessico altisonante e viceversa per un signore . Il commediografo bravo deve aver chiaro questo , ogni personaggio deve parlare con la coerenza che gli si addice . I generi di commedie devono essere 2 : a noticia , osservazione della realtà che riproducono (tinelaria e soldadesca , vita delle truppe poco prima di partire per la guerra e dove vengono fuori le meschinità d’animo di mercenari , non siamo lontani dall’episodio del sacco di Roma . ) e a fantasia – sono episodi finti che però hanno sempre una parte di verità (Serafina).Secondo me bastano introito e argomento ma se qualcuno vuole apportare delle modifiche che ben venga . Tema della lingua : Naharro vive in italia quando compone queste commedie appena citate e non ci stupisce la presenza di termini italiani in alcune opere , delle quali nella parte scritta di pubblicazione delle opere ‘ho eliminato alcun di quei vocaboli che avevo inserito avendo rappresentato davanti a un pubblico italiano ; non tutti perchè non fanno male al castigliano, anzi lo arricchiscono . Si trovano battute in più lingue: tedesco , francese oltre che in dialetti spagnoli come il valenciano nella Soldadesca.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved