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Futurismo, Italo Svevo, Pirandello, Appunti di Italiano

Riassunto sul periodo del futurismo, sulla vita e sulle opere di Pirandello e Italo Svevo

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 27/04/2021

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allegra-guerci 🇮🇹

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Scarica Futurismo, Italo Svevo, Pirandello e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! IL FUTURISMO Caratteri generali. Futurismo significa “arte del futuro”. Fu un movimento artistico- letterario d’avanguardia, nato in Italia fondato da Filippo Tommaso Marinetti che pubblicò il Manifesto del Futurismo sul quotidiano francese “Le Figaro”, nel 1909. A questo primo manifesto ne seguirono altri negli anni successivi riguardanti le varie arti: letteratura, teatro, pittura, scultura, architettura, musica. Il Futurismo proclama la rottura completa col passato, la distruzione delle biblioteche, dei musei e delle accademie e la liberazione dell’Italia da professori, archeologi, antiquari…Al passato contrappone la moderna civiltà della macchina, la bellezza e l’ebbrezza della velocità. Si rifiuta perciò l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno, del passato, e si esalta l’aggressività, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pungo, la guerra (sola igiene del mondo), il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari (anarchici) le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna (poiché considerata portatrice di valori deboli ed ispiratrice della poesia sentimentale). I futuristi fecero impiego di tali idee per tutti gli usi, soprattutto in funzione anti passatista (contro il passato) e antiborghese. In Italia invece il Futurismo andò sempre più orientandosi verso destra in senso nazionalista e interventista, fino a sfociare, dopo la guerra nel Fascismo e a diventare l’arte ufficiale del regime. La poetica La poetica futurista è chiaramente indicata nel Manifesto tecnico della letteratura futurista. Essa, per quanto riguarda le forme, parte dall’idea che bisogna “liberare le parole… dalla prigione del periodo latino” che è lento, razionale, incapace si esprimere il dinamismo della vita contemporanea. Bisogna perciò distruggere la sintassi tradizionale; bisogna usare il verbo all’infinito per rendere il senso della continuità della vita, abolire l’aggettivo, l’avverbio e la punteggiatura che rallentano il discorso, abolire la metrica. Bisogna usare l’analogia, al posto della metafora, in grado di collegare cose apparentemente lontane, diverse e ostili fra loro, ma ravvicinate dall’intuizione (ogni sostantivo deve avere il suo doppio). La poesia deve cantare l’amore del pericolo, il coraggio, l’audacia, la ribellione, la macchina e la velocità, le città, le industrie. La stagione delle avanguardie La parola “avanguardia”, usata nel 1800 in senso politico ad indicare i gruppi che capeggiavano i movimenti rivoluzionari, nel 1900 viene ad indicare alcune tendenze letterarie e artistiche. Il contesto storico in cui ci troviamo è quello della prima guerra mondiale e del dopoguerra in cui l’avanguardia era un reparto militare che precedeva le truppe in quanto anticipavano le mosse del nemico, in senso più generale si riferisce a quel gruppo di persone che guardano al futuro e pongono le basi del cambiamento. Questi gruppi si propongono innanzitutto compiti di rottura, rifiutando radicalmente la tradizione culturale del passato ma anche quella artistica corrente che rendeva le opere facilmente apprezzabili da un ampio pubblico. L’intenzione è anche politica, ovvero di rinnovare totalmente la società, infatti, uno dei manifesti futuristi, si proporrà addirittura come obiettivo quello di una Ricostruzione futurista dell’universo. Ricostruire vuol dire rifondare, ma per rifondare bisognava distruggere, cioè azzerare tutto ciò che legava il presente al passato in modo da anticipare le attese del “futuro”. L’opera dovrebbe abbandonare i canoni estetici tradizionali e risultare incomprensibile ed “illeggibile” proponendosi con un intento dichiaratamente provocatorio: un esempio sono le “serate futuriste” che rimasero famose perché si concludevano spesso con scontri anche fisici tra gli autori d’avanguardia e il pubblico. Aldo Palazzeschi: e lasciatemi divertire! Il poeta propone un tipo di poesia di puro divertimento, fatto di semplici accostamenti e suoni verbali con un valore onomatopeico, ma apparentemente privi di qualsiasi significato. Seguono, nei versi successivi, le voci del poeta, che difende il proprio divertimento e dei suoi interlocutori anonimi, che glielo contestano (rappresentano il lettore medio dell'epoca, tradizionale e conformista). Lo scopo dichiarato dall'autore è divertirsi. Divertirsi, per Palazzeschi, significa giocare con le forme della tradizione letteraria e con le stesse parole, ridotte a suono elementare, a sberleffo. Al pubblico borghese, che protesta contro le indecenze e le strofe bisbetiche della sua poesia, il poeta oppone la libertà di fare ciò che più gli aggrada, persino la libertà di riutilizzare la roba avanzata, la spazzatura delle altre poesie. L'impertinente filastrocca prende di mira i benpensanti, i professori, chi ancora identifica la poesia in un gran foco divino, o la ritiene portatrice di valori e di significati. E lasciatemi divertire! ha il ritmo di filastrocche infantili, con i suoi versi brevi e brevissimi, spesso in rima baciata, e con le sue frequenti e comiche onomatopee. Il poeta con questa poesia "si diverte pazzamente e smisuratamente", e questa idea della poesia come gioco e divertimento è una provocazione alla tradizione letteraria seriosa come quella italiana. Il poeta dialoga con il lettore, vuole comunicare la sua gioia nello scrivere poesie, anche se non colte. Essendo Palazzeschi un poeta del 900, non si attiene alle regole classiche come i versi in endecasillabi o settenari, non vuole una poesia colta e complicata, ma vuole scrivere solo ed esclusivamente per puro divertimento. Il lettore sospetta che tutto questo gran da fare per così poco sia dovuto solo all'esibizionismo del poeta. Sempre più incomprensibile, la poesia sembra scritta in modo indecifrabile. Il lettore mette in ridicolo il poeta, che senz'altro subirà pesanti critiche per questa poesia. Anche il poeta ammette, ma in un modo un po' ironico, che è rischioso esprimersi in questo modo, dal momento che ci sono in giro tanti di quei "professoroni" (e non è un complimento!). ripetutamente di essere un poeta ma in sostanza afferma di essere un poeta nuovo, diverso dai modelli carducciano e dannunziano: rifiuta il ruolo di vate, civilmente impegnato, ma poeta “sentimentale”, intimista, ripiegato su se stesso. Tutti gli elementi tipici della poesia crepuscolare sono presenti: la tristezza, l’angoscia, la malinconia, la stanchezza, il dolore, la malattia, la morte. La poesia si conclude con la malinconica consapevolezza del destino effimero degli uomini e che solo la morte può liberarli dalla “malattia” della vita. Guido Gozzano: la signorina felicita ovvero la felicità Il poeta durante l’estate si recava in un pesino dove si trovava una signorina di nome felicita. Tale signorina si era innamorata di lui e il poeta venuto sapere di ciò decise di scriverle una lettera in cui egli raccontava la vita che sarebbe stata se lui avesse accettato di sposarla. Il poeta si sarebbe ritrovato in un mondo borghese fatto di cucinato di bambini…e questa non era la vita che voleva sia per lui stesso che per lei. Guido Gozzano: Totò Merùmeni Egli è una sorta di signorina felicita poiché rappresenta la borghesia di provincia in versione maschile. Lo scopo è quello di fornire una specie di ritratto dell’artista che metta in luce una particolare concezione dell’arte. L’ambiente in cui vive totò coincide nei suoi tratti essenziali con quella della signora felicita: anche qui c’è un’antica villa e villa barocca che vive triste e solitaria nel contrasto fra le memorie di un passato felice e la desolazione del presente. ITALO SVEVO Nasce a Trieste nel 1861. Nel 1880 l’impresa del padre fallisce e Svevo passa così da una condizione di agiata borghesia ad una situazione di ristrettezza ed è quindi obbligato a lavorare come impiegato nella banca di Vienna. Nel 1895 morì la madre a cui lo scrittore era molto legato, al suo funerale incontrò una delle sue cugine, Livia Veneziani e se ne innamora talmente tanto che si fidanza con lei lo stesso anno. Il matrimonio segna una svolta fondamentale nella vita di Svevo, i Veneziani infatti erano una famiglia di facoltosi industriali e il poeta per uscire dalla situazione di ristrettezza in cui viveva, abbandona l’impiego alla banca ed entra nella ditta dei suoceri. Nel 1912 conosce e si avvicina molto alla psicoanalisi tramite il cognato che era in cura presso Freud. Il nome Italo Svevo era uno pseudonimo. Italo stava per Italiano e Svevo stava per germanico infatti era per metà italiano e per metà tedesco e il padre era ebreo. Una delle sue opere più famose è La Coscienza di Zeno. Quest’opera è il diario fittizio di Zeno Cosini pubblicato dal dottor S, il suo psicanalista. È diviso in cinque parti che rappresentano 5 momenti della vita del protagonista. In questo diario uno dei tempi principali è il fumo, Zeno afferma di aver iniziato a fumare a causa del padre, dopo aver capito che fumando troppe sigarette avrebbe potuto morire, passa il resto della vita a fumare la famigerata ultima sigaretta. Un giorno conosce un signore padre di quattro figlie, Zeno ci prova con Ada ma lei lo respinge, deluso ci prova con le altre tre figlie che a loro volta lo rifiutano, tranne una, Augusta, la più bruttina, i due non si amano ma alla fine si sposano. Zeno inizia quindi a prendersela con il fato, ritenendolo responsabile delle sue sventure. Con il passare del tempo Zeno inizia ad innamorarsi di sua moglie, ma un giorno viene invitato ad una festa dove incontra una giovane cantante, i due diventano amanti. Zeno vuole aiutare la giovane donna con il canto e quindi gli affianca un insegante, la donna però se ne innamora e lascia Zeno. Come abbiamo gia visto Zeno aveva il vizio del fumo a causa del padre. Da bambino Zeno di nascosto fregava le sigarette del padre e se le fumava in segreto. In punto di morte però Zeno decide di confessare al padre il suo piccolo crimine e il padre in punto di morte, poco prima di morire gli tira uno schiaffo. Zeno non capirà mai perché il padre lo ha voluto colpire quindi ha un grande senso di colpa e tantissimi rimorsi. Protagonista del settimo capitolo è, oltre a Zeno, suo cognato Guido Speier. Costui è il marito di Ada, la più bella delle sorelle Malfenti, la preferita di Zeno; ma Ada lo ha rifiutato e Zeno ha dovuto ripiegare su Augusta. Questo matrimonio peraltro si rivela più fortunato di quello tra Guido e Ada. Quando Guido decise di fondare un'impresa commerciale e chiede a Zeno di aiutarlo, il protagonista accetta, lusingato e persino commosso. Guido, prima con alcuni affari e poi giocando in Borsa, si riduce al fallimento; per salvarsi, simula un suicidio (non il primo, in verità), ma i soccorsi giungono troppo tardi e Guido muore davvero. Dopo la morte di Guido, Zeno si trova nella posizione di dover rimediare al disastro economico provocato dal cognato. Zeno cerca di risolvere la situazione giocando in borsa come Zeno riuscendo però a riprendersi gran parte della perdita. Preso dal gioco guido si dimentica di partecipare al funerale, anzi finirà per partecipare al funerale di un altro, e ciò porterà delle conseguenze nel rapporto familiare. Zeno impegnato a giocare in borsa non si ricorda in tempo del funerale la sua giustificazione è quella di voler salvare il patrimonio e riprendersi il denaro perduto. Successivamente non fa caso al cocchiere che ha sbagliato strada e in sua difesa dice che anche Nilini avrebbe dovuto farci caso. Alla fine non partecipa al funerale dicendo che altrimenti avrebbe interrotto la funzione. SENILITA’ Nel romanzo Senilità Emilio Brentani cerca nell’amore di Angiolina quell’attaccamento alla vita estroverso, gioioso ed istintivo che non aveva mai conosciuto ma che la donna può dargli. Angiolina è l’immagine stessa della bellezza e della salute e, pur conducendo una vita squallida, ha in sé tutta la schiettezza di una giovane ragazza del popolo. Emilio che già nelle prime battute del romanzo le ha proposto bruscamente di diventare la sua amante, depone ben presto questo atteggiamento da uomo che sa il fatto suo, per ritornare l’inetto, romantico e sognatore. Così non tarda a crearsi di lei un’immagine illusoria, attribuendole qualità che Angiolina non ha e non può avere. Nel Romanzo Sanità è presente dunque il tema della maschera e dell’inetto. L’inetto è una debolezza che rende l’uomo incapace alla vita. L’inetto è quindi incapace di vivere, questa è una sorta di malattia che affligge tutti i protagonisti delle opere di Svevo. PIRANDELLO Nato ad Agrigento nel 1867, da una ricca famiglia borghese, e morto a Roma nel 1936, pur avendo scritto centinaia di novelle è ricordato principalmente per i lavori teatrali, che lo resero uno dei maggiori drammaturghi del XX secolo. La malattia mentale della moglie, già fragile ed aggravatasi dopo il fallimento dell'azienda mineraria familiare, lo avvicinò agli studi di psicologia, compresi quelli di Freud. Il suo primo successo letterario fu il romanzo Il fu Mattia Pascal (1904), tradotto in più lingue; pochi anni dopo iniziò a comporre lavori teatrali in cui gli spettatori potevano riconoscere sé stessi e la propria vita così come sono, indipendentemente dall'ipocrisia e dalle convenienze sociali ("teatro dello specchio"). Nel 1925 fondò la Compagnia del Teatro d'Arte di Roma, con la quale portò le sue opere in tutto il mondo; molte furono trasposte al cinema, e nel 1934 gli procurarono il premio Nobel per la letteratura. Interventista nella prima guerra mondiale, fu successivamente ostile al socialismo; convinto della necessità di una riorganizzazione radicale della società italiana, fu favorevole al fascismo. Ciononostante si dichiarò spesso apolitico; del resto nei suoi lavori non c'è traccia della mentalità dei fascisti. La chiave di lettura di Pirandello è che ogni suo personaggio indossa una maschera. La maschera però non è qualcosa che il personaggio si mette da solo per sembrare quello che non è, ma è una maschera che gli alti ci mettono. Infatti ogni persona secondo Pirandello ci vede nel modo in cui ci vuole vedere. L’unico modo per vedere oltre la maschera era l’umorismo. L’umorismo riusciva ad intuire la realtà dietro le maschere infatti l’umorista è colui che stravolge tutti i punti di vista e vede le cose come sono internamente. L’umorismo, a differenza del comico e che è finalizzato a mettere in ridicolo le persone, è la capacità di rappresentare l’aspetto comico della realtà che invece è tragica. IL FU MATTIA PASCAL Questo romanzo è uno dei capolavori della letteratura del 900. Il Fu Mattia Pascal è la storia paradossale di un piccolo borghese che viva in una sorta di “trappola” di una misera condizione sociale, ma, per una strana casualità si ritrova ad essere libero e padrone di se: diviene economicamente autosufficiente grazie ad una vincita e viene dichiarato morto, in quanto la moglie e la suocera lo avevano riconosciuto nel cadavere di un annegato. La prima reazione dell’eroe dinnanzi all’improvvisa liberazione dalla “trappola” è un senso di euforia, di leggerezza e di libertà. Il protagonista è quindi pronto ad iniziare una nuova vita e si sforza di costruirsi una nuova identità, ciò nonostante in lui resta un forte attaccamento alla “trappola” e quindi soffre perché la sua falsa identità non gli permette di far parte in maniera attiva della società. Mattia Pascal dopo aver fallito nel crearsi una nuova identità, ritorna dalla sua vecchia famiglia ma scopre che la moglie si è risposata. Al protagonista non gli resta quindi di adattarsi alla sua situazione “sospesa” e contempla gli altri dall’esterno, consapevole del fatto di non avere più una propria identità e quindi non essere più “nessuno”. Il senso della vicenda è quindi una critica alla vita e alla società moderna. In questo romanzo compare il tema dell’identità e come sia difficile mostrarsi per quello che si è indipendentemente da come gli altri ti immaginano. Questo tema è affiancato all’umorismo, poiché grazie a questa tecnica Pirandello riesce a raccontare con un sorriso amaro tutte quelle situazioni drammatiche che caratterizzano la società. CIAULA SCOPRE LA LUNA Ciàula scopre la luna è uno dei testi pirandelliani più noti delle Novelle per un anno, la famosa raccolta di testi brevi pirandelliani che, ricollegandosi agli esiti del Verismo verghiano, sviluppano i temi tipici dell’autore siciliano: le “maschere” sociali che tutti noi indossiamo, Ciàula scopre la luna è uno dei che si sta consumando davanti ai suoi occhi. Serafino diviene muto per lo choc e si rifugia nell’alienazione. Il mutismo di Serafino può avere una doppia interpretazione: potrebbe essere il frutto dell’orrore e del trauma che il protagonista affronta, ma potrebbe anche alludere al mutismo degli intellettuali nei confronti della società durante gli anni della Grande Guerra, periodo in cui fu scritto il romanzo. LA CARRIOLA Un uomo racconta, con fare molto misterioso, una mania che da qualche giorno ha e che lo tormenta segretamente. È un avvocato e professore di diritto con gravosi impegni lavorativi e obblighi pubblici e privati, che mantiene un rigoroso decoro e non si concede alcun tipo di distrazione. Lo invade tutt’a un tratto “la spaventosa certezza” di essere ormai diverso dall’uomo che abita normalmente quella casa, e si vede come estraneo a se stesso, come “un nemico”. L’uomo si concede solo una trasgressione: ogni giorno, quando è nel proprio studio ed è sicuro di non essere disturbato, si concede il gesto apparentemente insensato di prendere la cagna che dorme lì per le zampe posteriori e di farle fare “la carriola” per una decina di passi. Il terrore negli occhi dell’animale diventa, agli occhi dell’uomo, la dimostrazione che non si può uscire dal ruolo che il mondo ci ha, in un modo o nell’altro, assegnato. TEATRO Il 1921 è l’anno del successo, con Sei personaggi in cerca d’autore, che apre a Pirandello le porte dei teatri di tutto il mondo. Inizia un periodo in cui l’autore viaggia insieme alle sue opere e si sperimenta anche come regista. Da queste definizioni deduciamo come la visione del mondo di Pirandello fosse essenzialmente negativa, ma egli, invece di abbandonarsi a facili lamentazioni, decide di guardare alla vita attraverso l’occhio dell’ironia e del paradosso. In questo Pirandello si dimostra autore modernissimo e qui sta la sua attualità e il successo che continua a riscuotere. I testi teatrali di Pirandello sono prima di tutto delle storie paradossali, che riflettono una vita claustrofobica per risolverla in gesti folli e anticonvenzionali, che ribaltano la realtà e deridono l’eccessiva serietà del mondo. Se il mondo è una gabbia, il teatro deve mostrare il momento di ribellione e di disordine che, anche all’interno di una prigione, può cambiare il senso delle cose. Con il suo teatro Pirandello distrugge le convenzioni, elimina la barriera tra realtà e finzione, tra autore e personaggio, tra pubblico e attore. Sei personaggi in cerca di autore è la storia di sei personaggi che, ripudiati dall’autore, prendono vita e irrompono in teatro per raccontare la propria storia. La compagnia di attori che era lì per le prove del proprio spettacolo si ritrova, insieme al pubblico, ad assistere alla storia tragicomica (umoristica in senso pirandelliano) raccontata e messa in scena dai personaggi. I sei personaggi sono dei tipi umani, delle categorie più che delle persone. Protagonisti della vicenda sono il Padre e la Figliastra e in misura minore il Figlio e la Madre, mentre il Giovinetto e la Bambina non parlano mai. . Allo stesso tempo Pirandello ci dice che il mondo stesso, quello in cui viviamo, è una finzione, di cui noi non siamo altro che personaggi, in molti casi rinnegati dal nostro autore. Nel discorso pirandelliano c’è tutta la drammaticità dell’uomo contemporaneo. L’altra famosissima opera teatrale di Pirandello è l’Enrico IV. Il personaggio storico che dà il titolo al dramma fu imperatore del Sacro Romano Impero, rivale di papa Gregorio VII, e fu un personaggio a suo modo geniale: scomunicato dal Papa, si presentò al castello di Canossa, dove il Papa si trovava, e fece penitenza per tre giorni. Il Papa fu costretto a perdonarlo; ma poco dopo Enrico IV organizzò un attentato, cercando di ucciderlo. Forse fu proprio questo carattere paradossale e questo doppiogiochismo ad attirare l’attenzione di Pirandello. Attraverso uno spostamento tipico del suo teatro, Pirandello descrive un Enrico IV moderno: un uomo che, dopo aver battuto la testa durante una sfilata in maschera in cui rappresentava Enrico IV, si convince di essere l’imperatore, cadendo nella follia. Dopo 12 anni guarisce e capisce che la sua follia era dovuta all’intervento di Belcredi, suo rivale per l’amore di Matilde. Enrico decide però di continuare a portare la maschera del pazzo, anche quando Belcredi e Matilde, ora sposati, lo vanno a trovare con la loro figlia, incredibilmente somigliante a Matilde da giovane. Lo psicologo propone di ricostruire la scena dell’incidente, facendo vestire alla figlia i panni di Matilde. Enrico cerca di abbracciare la ragazza, ma Belcredi si oppone ed Enrico lo trafigge con la sua spada. Per coprire il proprio gesto, Enrico decide che continuerà a fingersi pazzo per sempre. In questa storia Pirandello riesce a riassumere tutti i temi principali del suo teatro: la maschera, l’inganno, la trappola, la follia come la fuga dalla realtà. UNGARETTI Giuseppe Ungaretti nasce l’8 febbraio 1888, in una notte tempestosa, ad Alessandria d'Egitto. Nel 1912 si stabilisce in francia dove avrà l’occasione di conoscere e stringere amicizia con Picasso, apollinaire e palazzeschi. Successivamente si arruola volontario in fanteria per lo scoppio della Grande Guerra. Giuseppe Ungaretti è stato il maggiore esponente di quella “poesia pura” da cui si svilupperà la corrente vera e propria dell’Ermetismo. Ungaretti e l’Ermetismo si sono serviti della parola isolata e ripiegata su se stessa per dar voce al proprio dolore personale, dunque proiettandola verso l’interno del proprio animo. Col termine Ermetismo si indica un tipo di poetica che sorge intorno agli anni ‘20 e si sviluppa negli anni compresi tra le due guerre mondiali. Fondatori della poesia ermetica sono considerati Giuseppe Ungaretti ed Eugenio Montale. Il tema centrale della poesia ermetica è il senso della solitudine disperata dell’uomo moderno che ha perduto fede negli antichi valori, nei miti della civiltà romantica e positivistica e non ha più certezze a cui ancorarsi saldamente. Egli vive in un mondo incomprensibile sconvolto dalle guerre e offeso dalle dittature per tanto il poeta ha una visione sfiduciata della vita. La raccolta poetica L’allegria è composta da poesie come l’allegria dei naufragi (ossimoro ovvero accostare due parole che non centrano niente una con l’altra) o il porto sepolto. Il tema predominante della raccolta (come di molte altre raccolte di poeti ermetici) è quello della cruda realtà della guerra che pone l’uomo di fronte all’incertezza del proprio destino. Veglia, San Martino sul corso, soldati, mattina, fiumi. MONTALE Eugenio Montale è stato definito il “poeta della disperazione” perché, chiuso in un freddo e insensibile dolore, proietta il suo “male di vivere” sul mondo circostante, dando quasi origine ad una sofferenza che non è solo umana, ma addirittura cosmica e universale. La sua è una negatività che, anche se vanamente, ricerca la positività. Infatti, nella negazione totale si offre una speranza di salvezza, di una grazia riservata a chi saprà fuggire da se stesso e dalla propria chiusura. firma poi il Manifesto degli intellettuali antifascisti dichiarandosi quindi contrario alla dittatura. nel 1975 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. La raccolta di Montale dal titolo Ossi di seppia, La visione della vita che traspare in questa raccolta ci fa subito capire che Montale vede l’esistenza come qualcosa senza un senso e comunque caratterizzata da una serie di eventi decisamente negativi e dolorosi. La primavera hitleriana, spesso il male di vivere ho incontrato, meriggiare pallido e assorto. PRIMO LEVI Il libro narra la storia dell’autore, ebreo e partigiano, che viene catturato dai fascisti il 13 dicembre 1943 e portato nel campo di internamento di Fossoli (Modena), dove gli viene annunciato che sarà deportato con gli altri ebrei verso una destinazione ignota. Partono su un treno e affrontano uno scomodo viaggio di 15 giorni. Arrivati alla stazione di destinazione i deportati vengono divisi in due gruppi: quelli validi per lavorare e quelli non validi per lavorare. Si lascia intendere che questi ultimi verranno subito uccisi. Gli altri vengono portati nel campo di concentramento di Auschwitz, dove leggono sopra al cancello d’entrata le parole: Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi). Nel campo i deportati vengono rasati, lavati, gli viene fatta indossare la divisa a righe dei prigionieri e gli viene tatuato il numero, avviando il processo di spersonalizzazione. Levi racconta di come l’esperienza fosse distruttiva e delle sue permanenze in infermeria. La sua laurea gli permette, dopo un apposito esame, di ottenere un impiego come chimico all’interno del campo. In una scena commovente, durante un momento di lavoro, Levi spiega a un compagno, un deportato francese, il XXVI canto dell’Inferno di Dante, in cui si narra la storia di Ulisse. L’ultimo capitolo narra il ricovero di Levi colpito della scarlattina, che lo salva dall’uccisione di massa dei prigionieri messa in atto dai tedeschi quando si vedono ormai accerchiati dalle truppe russe. La storia termina con la fuga dei tedeschi e l’arrivo delle truppe russe, che liberano i prigionieri. NEOREALISMO (Pavese, Calvino) La luna e i falò è un romanzo di Cesare Pavese scritto nel 1949 e pubblicato nel 1950, pochi mesi prima del suicidio dello scrittore. La vicenda è raccontata in prima persona dal protagonista, detto Anguilla. La vicenda è ambientata subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale; il quarantenne Anguilla - il protagonista di cui conosciamo solo questo soprannome, rimastogli dai tempi dell’adolescenza - torna nelle Langhe, sua terra d’origine, dopo essere emigrato in America da molti anni. Il ritorno è però amaro: Anguilla scopre che il mondo della sua memoria non esiste più. La guerra aveva portato via tutta la sua innocenza. Anguilla cerca di ritrovare gli anni della sua adolescenza e inizia a cercare della sua infanzia, trova per persone che gli raccontano l’orrore della guerra. Il Romanzo si chiude con Anguilla che lascia la sua terra natale e ritorna in America.
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