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Futurismo, Svevo, Pirandello. Domande e risposte, Sintesi del corso di Italiano

Domande frequenti su futurismo, Svevo, Pirandello con risposte

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 04/03/2021

giorgia-ciraolo
giorgia-ciraolo 🇮🇹

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Scarica Futurismo, Svevo, Pirandello. Domande e risposte e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! Futurismo 1. Cosa indica il termine ‘avanguardia storica’? Il termine avanguardia fa parte del vocabolario militare ma dal 900 anche di alcune correnti letterarie. All'origine della grande stagione delle avanguardie vi è appunto il futurismo, che sorge come un vero e proprio movimento culturale, stagione di grandi cambiamenti sia in campo e culturale che sociale, tramite una contaminazione e una diffusione dei vari linguaggi artistici. 2. Quali furono le proposte dei vari gruppi? C'è un desiderio comune tra le varie istituzioni culturali di partecipare attivamente alla vita politica e dunque ricercare nuovi spazi di confronto e aggregazione, mezzi efficaci per raggiungere il pubblico. Nascono quindi numerose riviste che si propongono di diffondere i nuovi gusti letterali e le nuove ideologie, proponendosi il compito di rompere con la tradizione del passato e di rifondare la società. 3. Com’è il rapporto con il passato? Il desiderio dei futuristi è quello di ‘azzerare’ il passato e anticipare le attese del futuro, contestando l'intero sistema del ‘mercato culturale’, accusato di aver trasformato il prodotto artistico in merce basata su stereotipi 4. Dove e quando nasce il futurismo? Nasce nel 1909 con la pubblicazione a Parigi del manifesto del futurismo, ad opera di Filippo Tommaso Marinetti. 5. Cos’è il Manifesto del Futurismo e dove venne pubblicato? Venne pubblicato il 20 Febbraio del 1909 sul quotidiano parigino ‘Le Figaro’ da Tommaso Marinetti, ed è un programma di rivolta contro la cultura del passato e i tradizionali istituti del sapere. 6. Quali sono le arti coinvolte; punti fondamentali Come abbiamo già detto in precedenza il futurismo implica una compenetrazione tra i diversi linguaggi artistico-espressivi che in questo modo perdono le caratteristiche della loro separatezza. E’ evidente il rapporto tra letteratura e pittura nelle cosiddette ‘tavole parolibere’, un libero accostamento di parole, segni ed immagini. Analogo il processo nello spettacolo, dove la parola diventa suono, musica, gesti. 7. Cosa significa il detto “Guerra come sola igiene del mondo”? Marinetti glorifica la guerra nel suo manifesto del futurismo come ‘sola igiene del mondo’, esaltando anche ‘il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna’. Potremmo dunque parlare di un manifesto ricco di violenza travolgente e incendiaria. 8. Da dove nasce il tanto esaltato mito della velocità? I valori su cui si fonda la visione del mondo futurista sono quelli della velocità, del dinamismo, dello sfrenato attivismo, considerati come distintivo della moderna realtà industriale, che ha il suo emblema nel mito della macchina, trattato da Mario Morasso nell’opera la nuova arma (la macchina). La velocità è identificata come essenza della modernità, proiezione del futuro, velocità di corsa e movimento umano o meccanico, dell'automobile, dell'aereo, del tram, della bicicletta, di tutti i trasporti, che, tramite la loro velocità, rendono il mondo più piccolo e tutti i luoghi più facilmente accessibili. 9. Quali sono i valori su cui si fonda la visione del mondo futurista? Come abbiamo già detto il futurismo si fonda su la velocità, sulla ricerca, sulla violenza, ma anche sull’adesione all’ideologia nazionalista e militarista. I futuristi disprezzano i comuni atteggiamenti spirituali e sentimentali nei confronti della donna e dell'amore. 10. Quali sono i soggetti prediletti dei futuristi? Dopotutto ciò che abbiamo detto è facile comprendere che i soggetti prediletti dagli artisti futuristi sono le automobili, le industrie, le folle agitate o gli aeroplani, simbolo di una società in rapida evoluzione. Gli li artisti futuristi tendono a deformare le immagini, come se fuggissero via nel momento in cui lo spettatore presta loro attenzione, per rendere l'idea del dinamismo e del movimento. 11. Contro quali movimenti culturali si estende la polemica dei futuristi? Principalmente il futurismo va contro la letteratura precedente, va contro la sensibilità romantica e decadente, rifiuta la letteratura che si basava su questi valori e che viene considerata come l'espressione di una civiltà ormai superata. 12. Dove sono espressi i principi della letteratura futurista? Nel manifesto tecnico della letteratura futurista dell'11 maggio 1912, nel quale Marinetti enuncia i procedimenti su cui intende basarsi la nuova letteratura futurista. 13. Spiega le innovazioni formali richieste dei futuristi in letteratura L'innovazione fondamentale dalla quale partire è quella della distruzione della sintassi, intesa come impalcatura o impianto concettuale, che rende possibile, attraverso l'articolazione logica del pensiero, la trasmissione e la ricezione della stessa comunicazione letteraria. Da qui la necessità di avanzare proposte alternative e sostitutive, come l'uso del verbo all'infinito che in questo modo sottrae all’azione la sua specifica e circoscritta connotazione, accentuando la dimensione di una durata che non ha né inizio né fine. L'eliminazione dell'aggettivo e dell'avverbio per esaltare la consistenza materiale delle cose; anche i segni matematici proposti come sostitutivi all’ interpunzione assumono una connotazione fortemente dinamica. 7. Come sono alterate le relazioni spazio temporali nel nuovo romanzo? Passato e presente ora si intrecciano e si sovrappongono continuamente; Si passa dal tempo oggettivo, scandito dall’orologio, al tempo interiore, perduto, misto. 8. Come cambia la rappresentazione dei personaggi? I personaggi non sono più una realtà stabile e coerente da descrivere, blocchi monolitici. Molti scrittori rinunciano a rappresentare la storia dei loro personaggi con la pretesa della compiutezza esteriore, ma preferiscono concentrare tutta l'attenzione sulle importanti svolte esteriori del destino punto il personaggio e dunque relativizzato in una molteplicità di piani psicologici a seconda delle varie e diverse immagini che esso assume nella coscienza degli altri. 9. Perché spesso lo scrittore sceglie di parlare in prima persona? Perché, come abbiamo già detto, vuole essere presente ed entra direttamente nel romanzo virgola non è più un egli impersonale. 10. In che senso si può affermare che il nuovo romanzo diventa la trascrizione della coscienza in crisi dell'uomo degli inizi del 900? Il romanzo rappresenta a pieno la crisi di identità sociale, il senso di esclusione e la stessa perdita di unità dell'io causata dalla crisi dell'intellettuale negli anni della guerra e del dopoguerra, dal suo sentirsi estraneo al mondo del capitalismo avanzato. Svevo 1. Perché è importante che Svevo sia nato a Trieste? Trieste era allora il porto dell’Impero asburgico, fiorente centro commerciale e città cosmopolita. Trieste «posta al crocevia di più popoli [...] era allora un terreno singolarmente adatto a tutte le coltivazioni spirituali. Le persone colte di Trieste leggevano autori francesi, russi, tedeschi, scandinavi, inglesi» 2. Parla della formazione di Svevo studiò per quattro anni in un collegio in Germania, imparando perfettamente il tedesco; coinvolto nel 1880 nel fallimento dell’impresa paterna, dovette guadagnarsi da vivere abbandonando momentaneamente le ambizioni letterarie. Per vent’anni, fino al 1899, lavorò in banca, dedicandosi contemporaneamente a collaborazioni editoriali e all’insegnamento. 3. Si può dire che Svevo si sia dedicato per tutta la vita alla letteratura? No, perché dal 1880 dovette abbandonare momentaneamente le proprie ambizioni letterarie per rimediare al fallimento dell’impresa paterna. D’altronde a sue spese fece stampare i romanzi Una vita (1892) e Senilità (1898), accolte dalla più totale indifferenza di pubblico e critica. L’insuccesso lo umiliò a tal punto che giurò a se stesso di smettere di scrivere, fino alla coscienza di zeno. 4. Perché fu importante il suo matrimonio e come modificò la sua vita? Perché nel 1899 entrò nella ditta del suocero, che aveva fatto fortuna brevettando una speciale vernice sottomarina. Seguirono anni di intenso lavoro e viaggi frequenti all’estero, in particolare in Inghilterra. La necessità di imparare l’inglese gli diede l’occasione di conoscere James Joyce, che risiedeva allora a Trieste e di cui divenne amico. 5. In che rapporti fu con James Joyce? Un corrosivo astio infatti insidiava il legame tra i due scrittori. Svevo, conformista, invidiava — ma allo stesso tempo ammirava — la libertà interiore del genio irlandese, il suo tratto bohémien che lo portava spesso a farsi beffe delle convenzioni sociali. Il bislacco Joyce, a sua volta, era tormentato dal desiderio di mutuare quel rigore di metodo e quella disciplina intellettuale che rappresentavano uno dei punti di forza del collega triestino.Nello stesso tempo la reciproca stima per i rispettivi talenti e per le opere che entrambi venivano componendo costituì la base di un’amicizia — nutrita sia di stimolanti contrasti che di affinità elettive — senza la quale la letteratura europea non sarebbe stata la stessa. La relazione tra i due nasce nella primavera del 1907 in uno stabile situato a via San Nicolò, nel centro di Trieste, dove Joyce, venticinquenne, dava lezioni di inglese a Svevo, quarantacinquenne, ossessionato dall’obiettivo, lui che era poliglotta, di migliorare in quella lingua. 6. Spiega la storia del successo del romanzo “La coscienza di Zeno”. Il successo è dovuto all’incontro con la psicanalisi che Svevo ebbe nel 1910 e che lo portò ad elaborare un nuovo romanzo, interessandosi alle nuove teorie che si stavano diffondendo in Europa. 7. In che senso si può affermare che la fisionomia di Svevo appare molto diversa da quella del tradizionale letterato italiano? L’italiano era lingua poco familiare a Svevo, cresciuto in una città in cui si parlava il dialetto e più a suo agio con il tedesco, studiato a scuola. La sua cultura letteraria è perciò quella di un autodidatta e a volte appare come una lingua artificiale che sembra trovata a tavolino o frutto di una traduzione. In realtà il suo linguaggio rende a pieno le tortuosità della psiche. Inoltre la scrittura di svevo tende a riprodurre il modo di esprimersi dei personaggi nei loro discorsi interiori Di qui l’accusa di “scriver male” formulata da diversi critici. Nonostante ciò, per il suo sguardo analitico, le sue capacità introspettive e l’originalità dei suoi personaggi Svevo resta uno dei maggiori scrittori europei del Novecento. 8. Perché Svevo non si può considerare un letterato puro? Figlio di commercianti ebrei, madre italiana e padre tedesco. D’altronde Trieste è una città multietnica e multiculturale, crocevia fra cultura italiana e cultura mittleeuropea (Nietzsche, Freud). Formazione: studi primari a Trieste e in seguito in Baviera Lavora in banca ma ama gli studi umanistici. In conclusione la prospettiva culturale di Svevo, fin dalla sua formazione, è molto diversa ed ampia di quella di tanti scrittori italiani del suo tempo 2. Svevo non è il letterato «puro» 9. Quali furono i maestri del pensiero che influenzarono Svevo? Schopenhauer: carattere inconsistente della volontà individuale Darwin: lotta per la vita – «inetto» è parola darwiniana in quanto indica l’animale inadatto a cooperare nella lotta per la sopravvivenza Nietzsche: idea del soggetto non come coerente unità, ma come pluralità di stati in fluido divenire Freud: la psicoanalisi e l’inconscio Da tutti essi Svevo trae strumenti conoscitivi che rispondessero alle sue esigenze di interpretazione del reale. 10. In che senso Svevo afferma che Schopenhauer per lui era soprattutto l’assertore del “carattere effimero ed inconsistente della nostra volontà e dei nostri desideri”? Schopenhauer afferma che l’uomo non ha libertà di scelta, dunque, anche secondo Svevo, il comportamento umano dipende da leggi naturali non modificabili. Trae da lui l'idea del soggetto non come salda e coerente unità, ma come pluralità di stati in fluido divenire. 11. In che modo Darwin influenzò con le sue teorie evoluzionistiche il pensiero di Svevo? Secondo Darwin il comportamento umano è il prodotto di condizioni indipendenti dalla volontà, e Darwin fu l’autore della teoria evoluzionistica, fondata sulle nozioni di ‘selezione naturale’ e di ‘lotta per la vita’. 12. Quali furono i rapporti di Svevo con la psicoanalisi? Se si sa con certezza che le teorie psicanalitiche di Freud, sviluppatesi fra ‘800 e ‘900 influenzarono notevolmente Svevo, non si sa di preciso quando egli le conobbe, sembrerebbe fra 1908 e 1912, infatti, iniziò ad occuparsi di psicanalisi nel 1911, discutendone con un allievo di Freud e leggendo alcune opere del filosofo. Svevo non condivise pienamente le teorie freudiane, accettandone solamente quelle che confermavano quanto lui già pensava della psiche umana; il suo rapporto con la psicanalisi può essere definito duale, infatti, da un lato egli ne fu affascinato, poiché ne apprezzava l’attenzione riservata ai gesti quotidiani più banali (lapsus, vuoti di memoria.), ma soprattutto perché vedeva la coincidenza fra l’inconscio di Freud e la volontà di vita irrazionale di Shopenauer; d’altro canto Svevo fu turbato dalla psicoanalisi, perché l’analisi dell’inconscio spesso porta il soggetto a prendere coscienza di verità rimosse, e quindi molto sconvolgenti, ma anche perché diffidava della possibilità di guarire le malattie psichiche con qualsiasi mezzo, come sosteneva anche Shopenauer. Per questi motivi Svevo decise di seguire la teoria psicoanalitica non tanto come terapia medica quanto come mezzo letterario; l’analisi psicologica diventa l’argomento principale dei suoi romanzi, e questa analisi viene resa dal punto di vista letterario con il “flusso di coscienza”, una tecnica che consiste nel narrare le idee del personaggio così come si presentano alla sua mente, senza cercare necessariamente un legame logico fra le cose teorie di Macario si avvicinano molto a quelle di Darwin e Schopenhauer secondo cui i predatori sono tali per natura e chi non possiede queste doti non sarà mai in grado di acquisirle, e sarà costretto a restare a ‘guardare’ escluso dalla lotta della vita, sconfitto in partenza. E’ dunque un’esaltazione della forza che svaluta il cervello e le qualità intellettuali, ritenute inutili o dannose. 22. Quali sono i procedimenti narrativi di Una vita? -Narrazione in terza persona -Predomina la focalizzazione interna interna al protagonista: il punto di vista è quello della sua coscienza, della sua soggettività. Questo era già presente nel romanzo psicologico (v. Il Piacere), ma ora è realizzato diversamente: non c’è solo la minuziosità e la capillare analisi delle risonanze e dei moti interiori del personaggio, che comunque conserva una logica chiara e coerente, ma la coscienza diventa un labirinto di incredibili tortuosità. -Non c’è un solo piano di coscienza, ma una pluralità di piani contradditori della psiche. Spesso gli interventi del narratore servono a smascherare gli autoinganni e gli alibi che Alfonso costruisce per se stesso 23. Quando fu scritto il romanzo Senilità? Pubblicato nel 1898 a spese dell’autore presso lo stesso editore che aveva pubblicato Una vita. Ignorato alla sua uscita, il romanzo sarà rivalutato dopo il successo de La Coscienza di Zeno 24. Come va interpretato il titolo di Senilità e come avrebbe dovuto intitolarsi secondo una prima idea dell’autore? Il titolo va interpretato come sinonimo di «debolezza paragonabile a quella senile», «invecchiamento precoce», condizione psicologica che caratterizza il protagonista, Emilio. Inizialmente avrebbe dovuto intitolarsi Il carnevale di Emilio, con riferimento al tempo del Carnevale in cui buona parte della storia si svolge, ma in realtà con allusione al fatto che la breve avventura che il protagonista vive con una donna è simile al Carnevale, breve periodo in cui ci si diverte per poi tornare alla solita vita fatta di dolori e preoccupazioni 25. Sintetizza le vicende raccontate in Senilità. -Emilio Brentani, impiegato in una società assicurativa di Trieste e scrittore nel tempo libero, sogna la fama letteraria e invidia l’amico scultore Stefano Balli che ha numerose avventure senza conflitti interiori né rimpianti per l’attività artistica. -Emilio, che vive con la sorella nubile Amalia, perde la testa per Angiolina, una ragazza del popolo spregiudicata e disinvolta con la quale ha iniziato una relazione per passatempo e che continua ad amare nonostante i suoi tradimenti. -Sia Angiolina che Amalia si innamorano di Balli. Emilio, credendo di fare il bene della sorella, fragile e senza speranze di realizzare il suo amore, allontana da sé lo scultore e indirettamente spinge Amalia alla catastrofe: la giovane cerca la pace negli stupefacenti che la portano alla morte. -Emilio, all’ennesimo tradimento, rompe la sua relazione con Angiolina e rimane solo, finendo con l’attribuire alle due donne caratteristiche che non hanno mai avuto. 26. Spiega il sistema dei personaggi in Senilità. il romanzo si concentra sul sistema dei quattro personaggi in relazione tra di loro: le due figure femminili rappresentano uno sdoppiamento della donna, in cui Amalia riveste un ruolo di protezione materna verso Emilio, e Angiolina è invece espressione della vitalità sessuale/ le due figure maschili rappresentano da un lato l’inerzia, in Emilio, dall’altro il vitalismo, in Balli. 27. È presente in questo romanzo la descrizione di un quadro sociale come nel precedente Una vita? Non è più presente la descrizione di un ampio quadro sociale in tutte le sue dinamiche I fatti esteriori, la descrizione degli ambienti hanno scarsa importanza; Emilio a differenza degli altri personaggi, non è neppure descritto fisicamente, ma solo sul piano psicologico Lo scrittore indaga innanzitutto la dimensione psicologica 28. In che senso si può affermare che in Senilità i fatti esteriori, l’intreccio romanzesco, la descrizione degli ambienti sociali hanno poco rilievo? A cosa si rivolge principalmente l’attenzione dello scrittore? Il nuovo romanzo non offre più un articolato quadro sociale ma si concentra sui quattro personaggi centrali con rapporti e vicende che si compongono in una struttura essenziale e di geometrico rigore. I fatti esteriori, l’intreccio romanzesco, la descrizione di ambienti fisici e sociali hanno dunque poco rilievo: la dimensione psicologica prevale e la parte preponderante nella narrazione è assunta naturalmente dall’analisi del protagonista che campeggia al centro dell'attenzione per tutto il romanzo. 29. Definisci la figura di Emilio Brentani. Emilio è dal punto di vista sociale un piccolo borghese, dal punto di vista culturale è un intellettuale, dal punto di vista psicologico un debole, un inetto che ha paura di affrontare la realtà e per questo si è costruito un sistema protettivo, conducendo un’esistenza cauta che gli garantisce calma e sicurezza ma che implica la rinuncia al godimento e la mortificazione della vita. E’ dunque una sorta di limbo, di sospensione vitale, che il titolo del romanzo definisce “senilità”. 30. Come si esprime l’inettitudine di Emilio nel romanzo? Si esprime in immaturità psicologica, fissazione ad una fase infantile dell’evoluzione psichica. Infatti, nonostante il suo proposito di godere di un’avventura facile e breve con il cinismo di un don Giovanni, Emilio ha paura della donna e del sesso e per questo sostituisce alla donna reale virgola di carne, una donna ideale, trasformando nei suoi sogni Angiolina in una creatura Angelica e purissima, chiaro equivalente della madre. Infatti nel rapporto con lei Emilio rivela subito un bisogno di dolcezza materna punto il possesso fisico lo lascia insoddisfatto e turbato perché contamina quel puro ideale 31. Parla dell’impostazione narrativa di Senilità. -Narrazione in terza persona -Predomina la focalizzazione interna interna al protagonista: il punto di vista è quello della sua coscienza, della sua soggettività -Questo era già presente nel romanzo psicologico (v. Il Piacere), ma ora è realizzato diversamente: non c’è solo la minuziosità e la capillare analisi delle risonanze e dei moti interiori del personaggio, che comunque conserva una logica chiara e coerente, ma la coscienza diventa un labirinto di incredibili tortuosità. -Non c’è un solo piano di coscienza, ma una pluralità di piani contradditori della psiche Spesso gli interventi del narratore servono a smascherare gli autoinganni e gli alibi che Alfonso costruisce per se stesso -La narrazione si svolge dal punto di vista del protagonista, cioè con focalizzazione interna fissa (in qualche punto la focalizzazione è di Amalia o di Balli), ma Emilio costruisce sempre per sé scuse e alibi anche fasulli, quindi il suo punto di vista è inattendibile. -La voce del narratore spesso interviene a correggere, a smentire i fatti narrati e interpretati da Emilio, smascherando i suoi autoinganni: lo fa con osservazioni più profonde della realtà oppure attraverso una certa ironia. 32. Quando viene pubblicato il romanzo La coscienza di Zeno? Solo dopo la Grande guerra si decise a violare il giuramento di smettere di scrivere, pubblicando (nel 1923) con l’editore Cappelli di Bologna il romanzo La coscienza di Zeno. Inizialmente fu un nuovo fiasco, finché, su interessamento di Joyce, la critica francese lanciò l’opera nel 1926; seguì un rapido successo internazionale, con traduzioni in francese, tedesco e inglese. 33. Quale interpretazione si può attribuire al titolo de La coscienza di Zeno in rapporto alla terminologia freudiana? Il termine "coscienza" può essere inteso sia come consapevolezza dei propri comportamenti e delle loro motivazioni, sia come "cattiva coscienza", o come l’inconscio freudiano. Il nome Zeno potrebbe alludere alla diversità dagli altri o anche all'estraneità alla vita che contraddistingue il personaggio. 34. In che senso la struttura de La coscienza è molto innovativa? Innovativa è la struttura del romanzo, costruito ad episodi e non secondo una successione cronologica precisa e lineare. Il narratore è il protagonista, Zeno Cosini, che ripercorre sei momenti della sua vita all'interno di una terapia di psicoanalisi. La Coscienza si apre con la Prefazione del dottore psicoanalista, ogni episodio è narrato dal punto di vista del protagonista, e il suo resoconto degli eventi risulta spesso inattendibile. Socialmente Zeno è un conformista cui è impedito di esprimere fino a fondo i propri gusti; da represso, ha sposato Augusta, dolce e paziente ma non bella, e reagisce con l’adulterio, causato da un interesse verso le cognate, una delle quali Ada, unisce al fascino della bellezza quello della non intelligenza e non sensibilità. Altri personaggi che appaiono nel romanzo sono le figure di Tacich corresponsabile dello spettacoloso dissesto commerciale del solfato di rame, di Guido odiato in quanto rivale, ma in fin di conti oggetto di una sorta di invidia, dato che è bello, disinvolto e persino capace di suonare bene il violino. Altri personaggi sono le donne che sono accettate in quanto portatrici di bellezza ed animalità come la giovane Carmen predisposta quasi da natura ad incontrarsi con Guido e, potenzialmente, con Tacich, Carla l’amante usata cinicamente senza il minimo affetto, cui può essere addebitata soltanto la scarsa cultura e, s’intende una condizione sociale inferiore. Infine gli ultimi personaggi sono i medici: nessuno veramente umano e comprensivo, spregevoli quando dalla loro scienza pretendono di assurgere a giudici di questioni di vita e rivelano le proprie meschine propensioni e i propri egoismi; accettabili, rassicuranti e innocui, come nel caso del dottor Paoli, che diagnostica a Zeno, dopo scrupoloso esame di laboratorio che non ha il diabete. 40. In cosa consiste la “malattia” di Zeno? Come i protagonisti dei due precedenti romanzi Una vita e Senilità (rispettivamente Alfonso Nitti e Emilio Brentani), anche Zeno è affetto dalla "malattia" dell'inettitudine, cioè l'incapacità di vivere serenamente, e dalla malattia della nevrosi. Il rapporto di Zeno con la malattia è sempre ambivalente: egli dice di voler guarire dalle proprie ossessioni, ma al tempo stesso si culla nella propria situazione, incapace di liberarsi davvero dai propri vizi (come quello del fumo, ad esempio) o dalle proprie illusioni (come quello che Ada lo ami o che il padre non lo disprezzi). Ciò che ne consegue - e che è assai importante per comprendere la visione del mondo di Svevo - è che i confini tra malattia e salute, nel corso del romanzo, si sfumano in molte occasioni, fino a confondersi quasi del tutto. 41. In che senso Zeno nel romanzo si può definire un narratore inattendibile? Zeno Cosini è il narratore inattendibile di questa storia. Zeno infatti, nel tentativo di apparire migliore di quanto non sia agli occhi del dottor S., distorce i fatti del passato e altera di continuo i giudizi. Nella “Prefazione”, primo capitolo del libro, questa caratteristica è ben esplicitata dal dottor S. stesso. 42. Spiega la funzione critica di Zeno all’interno del romanzo. In realtà non vi è solo l'ironia oggettiva che pesa su Zeno. Il romanzo è anche percorso dal distacco ironico con cui Zeno guarda la società che lo circonda. Quindi Zeno non è solo oggetto, ma anche soggetto di critica 43. In che senso Zeno sconvolge nel romanzo le gerarchie tra salute e malattia? In Zeno vi è un disperato bisogno di salute, di normalità. Comprende che la salute atroce degli altri e anch'essa malattia, la vera malattia. La visione dell'inetto mette in crisi, sconvolge le nazioni contrapposte e gerarchicamente ordinate di salute e malattia, di forza e debolezza. Lo sguardo di Zeno distrugge le gerarchie e fa divenire tutto incerto e ambiguo convertendo la salute in malattia. L'oggetto privilegiato di questa messa in discussione della salute e della forza degli esseri normali e il ritratto segretamente perfido e corrosivo della moglie che diventa vera e propria chiave del romanzo. 44. Spiega la trasformazione dell’inetto ne’ la coscienza di Zeno rispetto ai primi due romanzi. L’inetto della coscienza di Zeno assume una connotazione positiva rispetto ai precedenti romanzi, infatti l’inetto appare come una sorta di abbozzo, un essere in divenire che può ancora evolversi verso altre forme proprio grazie alla sua mancanza assoluta di uno sviluppo marcato in qualsivoglia senso, mentre i sani, già perfettamente compiuti in tutte le loro parti, sono incapaci di evolversi ulteriormente e sono arrestati nel loro sviluppo, cristallizzati nella loro forma definitiva. L’inettitudine non è più dunque un marchio di inferiorità ma assume una connotazione positiva. 45. Spiega la differenza di impostazione tra il flusso di coscienza di Joyce e il monologo di Zeno. Joyce e Virginia Woolf, come Svevo, percepiscono la realtà in correlazione con la coscienza individuale. Questi autori descrivono il flusso di pensieri, impressioni ed impulsi che si trovano nella mente umana, indipendentemente dalla volontà dei personaggi. Molti sono soliti accostare il flusso di coscienza dell'Ulisse di Joyce a La coscienza di Zeno, ma una critica più recente ha messo in evidenza come in realtà non vi sia alcun punto di contatto tra le due tecniche narrative; tanto più che nella Coscienza l'espediente letterario della narrazione consiste nella scrittura delle memorie del protagonista Zeno Cosini da sottoporre allo psicanalista Dottor S., il che preclude da principio la forma del flusso di coscienza, tanto che il tema della scrittura e organizzazione dei suoi appunti è più volte affrontato dallo stesso narratore-Zeno. L'unico rapporto tra La coscienza di Zeno e l'Ulisse sta nella generale visione del mondo dell'avanguardia novecentesca. Pirandello 1. Perché è importante l’ambiente di origine siciliano per le opere di Pirandello? L’ambiente siciliano contribuisce a determinare la fisionomia psicologica ma anche quella sociale e politica dello scrittore, e a radicarlo in un tessuto folklorico, nutrito di suggestioni magico-popolari che non verrà mai dimenticato. 2. Parla della formazione di Pirandello. Dopo gli studi liceali si iscrisse all’Università di Palermo, poi di Roma e infine si trasferì all'Università di Bonn, dove si laureò in filologia romanza nel 1891, con una tesi sul dialetto di Girgenti. Nel frattempo aveva già iniziato la produzione letteraria, scrivendo poesie e una tragedia. L'esperienza degli studi in Germania fu importante perché lo mise in contatto con gli autori romantici tedeschi e con il pensiero di Schopenhauer e Nietzsche. Comincia a coltivare interessi nel campo della psicologia e negli studi sulla personalità di Binet, che ebbero tutti profonda influenza sulla sua opera e sulle sue teorie riguardanti l'umorismo. 3. Spiega come Pirandello subì nella sua vita l’esperienza della declassazione sociale. 1903 questa data segna una svolta tragica nella vita di Luigi: un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto il suo patrimonio e la dote stessa della nuora provocò il dissesto economico della famiglia. Alla notizia del disastro la moglie ebbe una crisi che la sprofondò irreversibilmente nella follia. Anche Pirandello visse, dunque, l’esperienza della declassazione. Privato della rendita paterna, e con tre figli sulle spalle, lo scrittore si impegna in diverse collaborazioni giornalistiche. Nasce anche da questa situazione la pubblicazione a puntate del romanzo Il fu Mattia Pascal sulla «Nuova Antologia» nel 1904 4. Quando Pirandello cominciò a scrivere per il teatro? Nel 1910 Pirandello rappresenta a Roma Lumie di Sicilia e La morsa, a cui seguono, dal 1916, alcune commedie tra cui Pensaci Giacomino e Liolà. In questa fase Pirandello si muove ancora all’interno del teatro verista, anche se già emerge il contrasto tra l’istintualità della vita e le «forme» che intrappolano l’individuo. Tra il 1916 e il 1918 mette in scena una serie di drammi che modificavano profondamente il linguaggio del teatro del tempo: Così è (se vi pare), Il berretto a sonagli e Il piacere dell’onestà nel 1917; Il giuoco delle parti nel 1918. Queste opere fanno parte della fase del teatro del grottesco, in cui schemi situazioni del dramma borghese vengono portati alle estreme conseguenze per mostrare le contraddizioni e la falsità delle convenzioni sociali. 5. Quando il suo teatro ottiene un successo mondiale? La stagione del grande successo teatrale comincia con Sei personaggi in cerca d’autore, nel 1921, che, dopo essere stata fischiata a Roma, s’impone cinque mesi dopo a Milano. L’opera si configura come esempio di «teatro nel teatro», ossia un dramma che riflette sui meccanismi e i limiti dell’arte teatrale. Il 24 febbraio del 1922, a Milano, ottiene il medesimo successo l’Enrico IV. 6. Quali furono i rapporti di Pirandello col Fascismo? Nel 1924 Pirandello, subito dopo il delitto Matteotti, si iscrive al partito fascista. Egli vede nel fascismo un movimento rivoluzionario che rappresenta la forza della vita capace di rompere le cristallizzazioni e convenzioni sociali. D’altronde l’educazione patriottica l’induce a riconoscersi in un regime di tipo nazionalistico. Tuttavia, agli entusiasmi iniziali seguono ben presto delusioni e un progressivo distacco. Intanto l’appoggio di Mussolini gli consente d’avere i finanziamenti per creare e dirigere la compagnia del Teatro d’Arte di Roma. Prima attrice è la giovane Marta Abba, a cui Pirandello si lega sentimentalmente. 7. Parla della concezione vitalistica alla base della visione del mondo di Pirandello. Concezione vitalistica: la realtà tutta è «vita», «perpetuo movimento vitale», inteso come eterno divenire, «flusso continuo, incandescente, indistinto», come lo scorrere di un magma vulcanico. Quindi la vita è «un movimento profondo e autentico, forza profonda che, nella comunicazione tra gli uomini, viene quasi sempre bloccato, fissato e artificializzato da una All’interno della raccolta è possibile distinguere le novelle collocate in una Sicilia contadina da quelle focalizzate su ambienti piccolo borghesi continentali, spesso sul ceto impiegatizio della capitale. Pirandello da un lato riscopre il sostrato mitico, ancestrale e folclorico della terra siciliana, dall'altro quelle figure di un arcaico mondo contadino sono deformate da una carica grottesca e divengono così casi paradossali, estremizzati sino all'assurdo. 20. Come viene “applicato” l’atteggiamento umoristico all’interno delle novelle? Lo scrittore si accanisce nel deformare espressionisticamente i tratti fisici, carica sino al parossismo i gesti EI movimenti trasformando le figure umane in gesticolanti, allucinate marionette, si studia di mettere insieme le combinazioni più artificiose e paradossali, portando all’estremo dell’inverosimiglianza e dell’assurdo i casi comuni della vita, per dimostrare che la legge che governa non è il deterministico rapporto di causa ed effetto postulato dal naturalismo, ma la casualità più bizzarra in cui non è possibile ravvisare alcun disegno coerente, alcun senso. Da tutto questo meccanismo scaturisce forzatamente il riso, ma un riso accompagnato il nome del sentimento del contrario, da una pietà dolente per un’umanità così avvilita. 21. Spiega l’umorismo di Pirandello nella novella Ciàula scopre la luna. Perché il ragazzo piange nel vedere la luna? Zi’ Scarda viene dunque descritto come un povero diavolo irriso anche dai compagni di lavoro, ed è subito caratterizzato per la smorfia che fa con il labbro, ovvero “il suo versaccio solito” per raccogliere “il saporino di sale” di una lacrima. Si tratta di un particolare apparentemente “comico”, una sorta di piccola distrazione (“un gusto e un riposo”) durante le ore passate a picconare. In realtà fra le lacrime di Zi’ Scarda si nasconde un sottofondo “umoristico”. Queste infatti tracciano sul volto del personaggio dei solchi che rimandano per analogia ai terribili cunicoli sotterranei della miniera, dove è morto il figlio di Zi’ Scarda; per lui la lacrima “più salata delle altre” è un modo per ricordarlo. Questo elemento è cioè un misto di patetismo e di comicità, cioè di umorismo, si allontana radicalmente dai modi rappresentativi del Naturalismo e del Verismo. Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta. La scoperta della Luna è la rivelazione di una presenza che è più grande di noi e che esiste a prescindere dalla nostra consapevolezza. Si può vivere senza cogliere la bellezza che ci circonda, senza palpitare di meraviglia. Ora Ciàula si rende conto che nessuna fatica, nessun limite, nessuna circostanza ci definiscono e ci schiacciano. Quando si è pieni di stupore, anche la fatica non si sente più. La sorpresa più grande per un adulto che guardi un bimbo di fronte alla realtà è osservarlo mentre si sofferma stupito, pieno di domanda e di curiosità. Tutto è nuovo per lui, sorprendente e interessante e desta in lui un sorriso. Un bimbo vuole dare un nome alle cose che incontra proprio come Adamo che ha dato un nome alle bestie e così ha stabilito la sua sovranità su di esse. L’atteggiamento di stupore proprio del bambino rappresenta l’impeto dell’uomo che entra con curiosità nell’avventura della realtà per conoscerla. Proprio questo stupore è l’atteggiamento da cui nasce la filosofia. Il fascino che la realtà desta diventa il mezzo che attira e che cattura il bambino tanto da far sorgere in lui le domande: «Che cos’è questo oggetto? Come si chiama? A che cosa serve?». La conoscenza avviene attraverso la creazione di un legame con l’oggetto incontrato fino al desiderio di comprendere il suo fine e la sua utilità. Senza questo stupore tutto diventa inutile e insignificante. Per questo si può correttamente affermare che solo lo stupore conosce. Questa facoltà di sorprendersi è l’atteggiamento della giovinezza che può permanere nel cuore, anche quando l’età avanza. La giovinezza è, infatti, una dimensione dello spirito, un atteggiamento del cuore, non un dato anagrafico. Ci sono cuori che vivono pieni di domanda e di attesa e altri che, già a vent’anni, non si aspettano più nulla. 22. Confronta la novella Rosso Malpelo e Ciàula scopre la luna: distingui gli intenti dei due narratori e lo stile in cui sono state scritte. La novella rivela legami con un testo esemplare del turismo, la novella di rosso malpelo di Verga punto gli aspetti più evidenti sono la rappresentazione del duro lavoro nelle gallerie della miniera e la figura del biglietto collocato all'ultimo gradino della scala sociale, su cui i piccoli neri si rifanno dei soprusi subiti punto si può subito osservare, però virgola che Pirandello non adotta il tipico procedimento verghiano dell'eclisse dell’autore e dell’ aggressione: al contrario conserva i privilegi di un narratore che osserva quel mondo popolare dall'alto della propria superiore e cultura interviene a giudicare la materia narrata. Rilevanti sono però soprattutto le divergenze sul piano contenutistico. Tra malpelo e ciaula vi è una differenza determinante: rosso è portatore di una coscienza lucidissima e studia con scientifico impegno le leggi del meccanismo sociale, Ciao là è un minorato mentale che vive una vita puramente istintiva punto il narratore insiste più volte sul fatto che il personaggio è del tutto privo di consapevolezza. 23. Spiega l’umorismo di Pirandello nella novella Il treno ha fischiato. umorismo – comicità: all'inizio la comicità è data dai suoi colleghi (avvertimento del contrario) – poi invece quando interviene il vicino di casa si ha l'umorismo. Com’è norma, non manca la conclusione “umoristica”, tipica di molte novelle pirandelliane: Belluca, su intercessione di un amico, viene reintegrato in ufficio dopo le scuse al superiore che, consapevole della situazione, concederà al sottoposto delle piccole pause in cui Belluca, ricordando il “fischio” del treno, possa fuggire per brevi istanti dalle pressioni del mondo reale. Dietro all’enigma di Belluca (che si reinserisce nel mondo reale, ma tenendosi uno spiraglio di evasione nel sogno ad occhi aperti e nella follia illusoria) c’è un tratto costitutivo del ragionamento di Pirandello sull’uomo contemporaneo: forse è la normalità quotidiana a rappresentare la vera follia. 24. Belluca nella novella Il treno ha fischiato prende coscienza della “trappola” e ne ribadisce il suo rifiuto definitivamente? Così, un evento banale (altro elemento ricorrente della narrativa pirandelliana: si pensi al finto suicidio di Mattia Pascal o alla "scoperta" della forma del proprio naso da parte di Vitangelo Moscarda) come il fischio di un treno, che proietta la mente di Belluca in mondi “altri” liberi da ansie e preoccupazioni, è ciò che fa scattare la molla della folle ribellione alla realtà. Al punto di vista della gente comune, sconcertata dalla reazione del personaggio principale, si affianca e si sostituisce quello del narratore, cui la follia del protagonista pare un "naturalissimo caso", date appunto le miserissime condizioni di vita di Belluca, che con il suo comportamento reclama uno spazio di evasione da una situazione impossibile da sostenere. La costruzione narrativa della novella, molto ben calcolata, obbedisce proprio a questa necessità di illustrare tra la realtà (l'apparente impazzimento di Belluca per "febbre cerebrale") e le motivazioni che stanno dietro al gesto. La voce narrante, interna al mondo rappresentato, ricostruisce il filo delle vicende, in cui il lettore è proiettato in medias res; mentre l'ordine naturale degli eventi è alterato dal flash back finale che spiega l'enigma del fischio del treno 25. Parla dell’argomento de L’esclusa e spiega quali problematiche relative alla poetica di Pirandello sono già presenti in questo primo romanzo. E la storia, ambientata in Sicilia virgola di una donna accusata ingiustamente di adulterio virgola che viene cacciata di casa dal marito EG verrà riammessa solo dopo essersi resa effettivamente colpevole punto il romanzo ha ancora legami con il naturalismo, sia nella materia sia nell’impianto narrativo. Al centro, come nella narrativa veristavirgola.be ancora apparentemente un fatto dal forte potere condizionale, l'adulterio appunto la fatalità deterministica scaturisce non da un evento reale moda una realtà soggettiva, il convincimento della colpa di Marta quale si afferma nella mente del marito, della famiglia e dei concittadini punto la struttura della vicenda sottolinea gli aspetti assurdi, paradossali delle azioni umane. Al meccanismo deterministico si sostituisce il gioco imprevedibile e beffardo del caso: Pirandello conduce un'implicita polemica nei confronti del naturalismo che aveva impostato il rapporto tra cause ed effetti in maniera deterministica. Possiamo già scorgere, nel romanzo, una parte dell'impostazione umoristica che sarà proprio di quelli successivi punto da un lato abbiamo la vicenda seria e drammatica, dall'altro una folta galleria di figure grottesche e ridicole il cui aspetto fisico è ritratto con una esasperata deformazione espressionistica con una struttura disomogenea e frammentata. 26. Quando fu pubblicato Il fu Mattia Pascal? Sintetizza la storia. Il romanzo Il fu Mattia Pascal è una delle opere di Luigi Pirandello più conosciute e amate dal pubblico, ed una delle più rilevanti dell'intera produzione dello scrittore siciliano. Scritto nel 1903, pubblicato nel 1904, sovvenzionato dalla rivista Nuova Antologia, sulle cui pagine venne pubblicato a puntate l’anno successivo, il romanzo, come ci anticipa già il titolo stesso, ruota interamente attorno al tema, fondamentale in Pirandello, dell'identità individuale: quella di Mattia Pascal e del suo alter ego, Adriano Meis. Il romanzo, scritto in prima persona, è infatti il racconto da parte del protagonista della propria vita e delle vicende che l'hanno portato ad essere il "fu" di se stesso. Dopo la morte del padre, che aveva fatto fortuna al gioco, la madre di Mattia, il protagonista, il quale ha pure un fratello di nome Roberto, sceglie di dare in gestione l’eredità del marito a Batta Malagna, amministratore poco onesto che deruba giorno per giorno la famiglia Pascal. I due giovani eredi, dal canto loro, sono troppo impegnati a divertirsi per occuparsi della gestione del patrimonio famigliare. Mattia, inoltre, mette Pirandello in questo romanzo mette a frutto la sua Ono scienza diretta della nuova industria cinematografica appena formatasi e ha modo di affrontare uno dei ludi più urgenti della realtà contemporanea: il trionfo della macchina. Pirandello dinanzi alla realtà industriale e alla macchina e diffidente e ostile: nella sua insofferenza per l'organizzazione sociale in assoluto, che soffoca la spontaneità della vita virgola non può non provare repulsione per la macchina virgola che contribuisce ulteriormente a rendere meccanico il vivere degli uomini punto la, da presa che fissa per sempre in un fotogramma della pellicola il fluire continuamente mobile della vita, diventa emblema dell’angosciosa condizione moderna. 34. Qual è il significato del mutismo di Serafino Gubbio? L'eroe si era fatto coinvolgere dalle vicende della Nestoroff e del Nuti, assumendo un atteggiamento di fraterno partecipazione umana virgola e aveva rinunciato alla sua estraneazione innamorandosi di una dolce fanciulla, Luisietta, ma poi scopre come nella società della mercificazione i sentimenti non abbiano più posto ma diventino inautentica e volgare vita da cinematografo punto la sua finale riduzione a ogni cosa impedisce di essere contaminato da quella falsità virgola da quella irrimediabile stupidità virgola gli consente di conservare la sua purezza 35. Quando fu pubblicato Uno, nessuno e centomila? Sintetizza la storia. Avviato sin dal 1909 fu portato a termine molto più tardi e pubblicato nel biennio 1925-26 sulla rivista “La fiera letteraria”, fu pubblicato come volume nel 1926. Il romanzo si collega al fu Mattia Pascal e ne riprende il tema centrale, la crisi dell'identità individuale punto il protagonista Vitangelo Moscardo scopre casualmente che gli altri si fanno un'immagine diversa da quelli che lui si è creato da se stesso, scopre di non essere uno ma di essere 100.000 nel riflesso delle prospettive degli altri e quindi nessuno punto questa presa di coscienza fa saltare tutto il suo sistema di certezze e determina una crisi sconvolgente punto ha orrore delle forme in cui lo chiudono gli altri e non vi si riconosce ma anche orrore della solitudine in cui piomba allo scoprire di non essere nessuno. Decide perciò di distruggere tutte le immagini che gli altri si fanno di lui, in particolare quella dell'usuraio per cercare di essere uno per tutti. Ricorre così ad una serie di gesti folli e sconcertanti, come vendere la banca che assicura l’agiatezza. Ferito gravemente da un’amica della moglie volta da un momento di follia al fine di evitare lo scandalo cede tutti i suoi averi per fondare un ospizio per poveri ed egli stesso vi si fa ricoverare estraniandosi totalmente dalla vita sociale. Proprio in questa scelta trova una sorta di guarigione dalle sue ossessioni e rinuncio ad ogni identità abbandonandosi al puro fluire della vita. 36. Qual è il tema di fondo centrale in Uno, nessuno e centomila? Come già detto il tema di fondo è per l'appunto la crisi dell'identità individuale. 37. Quale soluzione propone il romanzo Uno, nessuno e centomila al problema dell’identità? La guarigione si trova nell’abbandonarsi al puro fluire della vita, rinunciando ad ogni identità, rifiutando di fissarsi in alcuna forma, rinascendo nuovo in ogni istante, vivendo tutto fuori di sé e identificandosi di volta in volta nelle cose che lo circondano come ad esempio gli alberi, il vento, le nuvole. 38. Spiega l’impianto narrativo di Uno, nessuno e centomila. Uno, nessuno e centomila è un romanzo a tesi il cui impianto narrativo è quello dell'indagine filosofica. Il racconto e il retrospettivo: il protagonista, conclusosi un ciclo della sua vita, si volge indietro a rievocarlo punto la narrazione all andamento di un monologo a volte ironico e beffardo altre volte affannato e convulso in cui spesso il lettore viene chiamato in causa con appelli diretti o addirittura inserito come personaggio dell azione accanto all'io narrante. 39. Da quando Pirandello si dedica al teatro? Di interesse di Pirandello per il teatro ha radici lontane che risalgono ancora agli anni '90, ma i testi scritti in questo periodo non trovano ancora la via della scena punto solo nel 1910 a Roma furono rappresentati dalla compagnia di Nino Martoglio due atti unici, ‘la morsa’ e ‘lumie di sicilia’. Solo dal 1915 lavora in modo continuato alle opere teatrali. 40. Quando la scelta del teatro diventa definitiva per Pirandello e perché? La scelta teatrale diventa centrale tra 1920 e 1921. Come nella sua opera narrativa, la riflessione ha sempre un posto centrale nei suoi drammi. I personaggi rimangono personaggi ragionatori, e buona parte dell’azione è raddoppiata dall’indagine sull’azione stessa e dalla ricerca del suo significato. 41. Quante fasi possiamo distinguere nell’attività teatrale di Pirandello? Si possono distinguere nella sua attività quattro fasi che, talvolta, si sovrappongono cronologicamente: 1) Una prima fase è dominata dal teatro dialettale (Liolà, 1916) e dal «teatro del grottesco», che smaschera l’ipocrisia e l’inautenticità delle convenzioni borghesi(Così è (se vi pare) e Il piacere dell’onestà, 1917; Il giuoco delle parti, 1918) 2) Una seconda fase è quella del «teatro nel teatro», con una trilogia: Sei personaggi in cerca d’autore (grande capolavoro scritto tra il 1917 e il 1920), Ciascuno a suo modo (scritto nel 1923), Questa sera si recita a soggetto (scritta tra 1928 e 1929). Grazie all’artificio, Pirandello elabora un teatro avanguardistico, che indaga sulla natura del teatro come allegoria dell’esistenza, rompendo la barriera tra finzione e realtà. 3) Una terza fase è segnata da un altro capolavoro, Enrico IV (scritto nel 1921), che mette al centro i temi della finzione e della realtà, della recita, della pazzia. 4) La quarta e ultima fase è quella dei «miti», in cui l’arte riacquista una capacità di rivelazione e una volontà simbolica. Il testo più importante, rimasto incompiuto per la morte dell’autore, è I giganti della montagna (1930-33) 42. Pirandello ha scritto testi teatrali in dialetto siciliano? Dal 1910 cominciano ad essere rappresentate le opere di Pirandello a teatro e fra il 1915 e il 1916 Pirandello scrive vari testi in dialetto: Lumìe di Sicilia, Pensaci Giacuminu!, Liolà, ‘A giarra, ‘A birritta cu’i ciancianeddi: Queste opere giocano sulla deformazione delle situazioni, che però nella scena sono ridotte a livello di farsa. Contemporaneamente, Pirandello scrive anche testi in lingua, destinati al circuito nazionali, spesso traducendo i testi originali in siciliano (Pensaci Giacomino!, Il berretto a sonagli). 43. Cosa è il “teatro del grottesco” e perché si chiama così? Il grottesco non è che la forma che l'arte umoristica assume sulla scena, il tragico è sempre estraniato dal comico il comico rivela sempre al suo fondo un nucleo di tragica serietà. Il sostantivo femminile «grottesca» designa un tipo di decorazione diffusasi nel Quattrocento. Essa era denominata così perché imitava quelle trovate nei ruderi della Domus Aurea dell’imperatore Nerone, chiamati popolarmente «grotte». Questa decorazione era caratterizzata da elementi vegetali, animali fantastici e arabeschi bizzarri. Da qui è derivato l’aggettivo «grottesco», che è poi passato a indicare qualcosa di bizzarro, di paradossale, di stravagante, fra l’ironico e il tragico. Il genere teatrale definito «grottesco» si caratterizza per la sua capacità di deformare ironicamente il teatro tradizionale e soprattutto il dramma borghese, portando sulla scena situazioni paradossali. Il «grottesco» non è che la forma che l’arte «umoristica» assume sulla scena. 44. Cos’è il dramma borghese di impianto naturalistico? Il contesto teatrale in cui Pirandello veniva inserirsi era quello del dramma borghese di impianto naturalistico virgola che si incentrava sostanzialmente i suoi problemi della famiglia e del denaro, vale a dire sull’adulterio e sulle difficoltà economiche punto era un dramma serio, e spesso indulgeva all’enfasi e il sentimentalismo virgola e si fondava sulla verosimiglianza, sulla riproduzione fedele della vita quotidiana, sulla produzione di personaggi a tutto tondo, su uno psicologismo che aveva come presupposto la rigida consequenzialità di causa ed effetto proprio del determinismo naturalistico. Pirandello apparentemente riprende quei temi e quegli ambienti, ma porta la logica delle convenzioni borghesi alle estreme conseguenze, sino a farla esplodere dall’interno. I ruoli imposti dalla società borghese, il marito, l'uomo d'affari, vengono assunti con estremo rigore, sino a giungere al paradosso e all'assurdo, e così vengono smascherati nella loro inconsistenza. 45. Individua tutti gli elementi di rottura con la tradizione e di novità presenti nella produzione teatrale del grottesco di Pirandello. In quel periodo il teatro consisteva principalmente nel dramma borghese di impianto naturalistico, incentrato sull’adulterio e sulle difficoltà economiche: dramma serio, fondato sulla rappresentazione verisimile della realtà, con qualche elemento di enfasi e di sentimentalismo, che riproduceva fedelmente la vita quotidiana, attraverso una rigida consequenzialità di causa-effetto caratteristica del determinismo naturalistico. Nel teatro del grottesco di Pirandello il tema tradizionale del triangolo borghese (marito/moglie/amante) è ripreso e allo stesso tempo rovesciato: la logica delle convenzioni borghesi è accettata solo per essere portata, estremisticamente e paradossalmente, alle Padre ha spinto la moglie (la Madre) ad andarsene di casa e a vivere con l’amante, abbandonando così il marito e il Figlio. Dalla nuova unione sono nati altri tre figli. Morto l’amante, a causa delle difficoltà economiche, la Madre lavora come sarta nell’atelier di Madama Pace che in realtà serve da paravento per una casa di appuntamenti. Dei tre nuovi figli, la maggiore, la Figliastra, è costretta a prostituirsi nell’atelier di Madama Pace per mantenere la famiglia. Un giorno fra i clienti appare il padre che non la riconosce; solo l’intervento della madre impedisce un rapporto sessuale che sarebbe quasi incestuoso. Il dramma è reso ancora più tragico dalla morte della Bambina, che affoga nella vasca del giardino, e dal suicidio del Giovinetto, suo fratello, che si uccide con un colpo di rivoltella. 56. Cosa intende affermare Pirandello con l’opera Sei personaggi in cerca d’autore? L’opera è scritta e portata in scena nel 1921, con insuccesso a Roma e cinque mesi dopo con grande successo a Milano; fu poi rivista e ritoccata, soprattutto nel finale, nel 1925, per una nuova edizione che contiene una lunga prefazione dell’autore. In essa Pirandello spiega che il vero dramma dell’opera non è quello melodrammatico portato sulla scena dai sei personaggi, ma un altro: l’autore, pur avendoli immaginati, non è stato in grado di trovare alla loro vicenda un «significato universale» e per questo li ha rifiutati. Questo è il vero dramma: l’impossibilità dell’arte moderna di individuare il significato della vita e quindi anche le ragioni della propria stessa esistenza. Da un lato ecco i sei personaggi con i brandelli della loro vita esagitata, dall’altro non solo una compagnia di teatranti incapaci di darle un senso, ma anche un autore teatrale che rinuncia al compito di conferire unità e significato alla loro vicenda, consapevole del fatto che assolverlo significherebbe di necessità cadere nella finzione e nella mistificazione. 57. Quali furono le reazioni del pubblico alle messe in scena di Sei personaggi in cerca d’autore? Non fu apprezzato. D'altronde vi erano due motivi degli impossibilità della rappresentazione: l'autore si rifiuta di scrivere il dramma dei personaggi e gli attori non sono in grado di dar forma all idea concepita dall'autore. 58. Di cosa parla Enrico IV e come si sviluppa la vicenda? La vicenda narra di un giovane nobile che prende parte ad una cavalcata in costume nella quale impersona l’imperatore di Germania, Enrico IV. Alla messa in scena prendono parte anche Matilde di Spina, la donna di cui è innamorato, ed il suo rivale in amore, il barone Belcredi. Quest'ultimo disarciona Enrico IV che nella caduta batte la testa e si convince di essere realmente il personaggio storico che stava impersonando. La follia dell'uomo viene assecondata dai servitori che il nipote di Nolli mette al suo servizio per alleviare le sue sofferenze; dopo 12 anni Enrico d’un tratto guarisce e torna alla ragione. Comprende che Belcredi lo ha fatto cadere intenzionalmente per rubargli l'amore di Matilde, che poi si è sposata con Belcredi ed è fuggita con lui. Decide così di fingere di essere ancora pazzo, di immedesimarsi nella sua maschera per non voler vedere la realtà dolorosa e poter osservare, dal di fuori, la vita che gli è ormai negata. Dopo 20 anni dalla caduta, Matilde, in compagnia di Belcredi, della loro figlia e di uno psichiatra vanno a trovare Enrico IV. Lo psichiatra è molto interessato al caso della pazzia di Enrico IV, che continua a fingersi pazzo, e dice che per farlo guarire si potrebbe provare a ricostruire la stessa scena di 20 anni prima e di ripetere la caduta da cavallo. La scena viene così allestita, ma al posto di Matilde recita la figlia. Enrico IV si ritrova così di fronte la ragazza, che è esattamente uguale alla madre Matilde da giovane, la donna che Enrico aveva amato e che ama ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad abbracciare la ragazza, ma Belcredi, il suo rivale, non vuole che sua figlia sia abbracciata da Enrico IV e si oppone. Enrico IV sguaina così la spada e trafigge Belcredi ferendolo a morte: per sfuggire definitivamente alla realtà "normale" (in cui tra l'altro sarebbe stato imprigionato e processato), decide di fingersi pazzo per sempre. 59. In che senso Enrico IV può essere definita una “tragedia degradata”? In realtà la scena è falsa, la reggia è una messa in scena, il re è un comune borghese che finge di essere Enrico IV. Egli, infatti, da otto anni continua a recitare consapevolmente la parte del pazzo, agevolato dai servitori che si vestono e si comportano da dignitari medievali, dopo che per dodici anni era stato effettivamente folle in seguito a una caduta da cavallo provocata dal rivale Belcredi, il quale ha potuto così sottrargli la donna amata, Matilde. La tragedia, insomma, si rivela degradata. Il dramma tipico dell’800 – con rivale d’amore che muore trafitto dalla spada del sedicente Enrico IV – è un puro pretesto per mettere in scena il tema della necessità dell’estraneità. Solo ritirandosi dalla vita, rifugiandosi nella storia passata e nella follia, è possibile conservare una lucida estraneità non solo dall’esistenza reale ma dai propri sentimenti. Così quando Matilde, Belcredi e uno psichiatra, vent’anni dopo l’episodio della caduta da cavallo, vanno a trovare il presunto Enrico IV nel tentativo di guarirlo, questi trafigge il rivale non tanto per gelosia, quanto per cancellare il mondo di sentimenti e delle pulsioni del passato che sono tornate a manifestarsi, e soprattutto per conservare un’immagine di pazzo che gli consentirà di continuare a guardare la vita da fuori e a sospenderne il significato. 60. Qual è il senso della maschera di Enrico IV? La malattia mentale segnò profondamente la vita di Pirandello, la moglie ne soffrì e venne ricoverata in ospedale psichiatrico. Molte opere di Pirandello ruotano attorno al fattore pazzia. La follia viene vista come un rifugio rispetto alla sofferenza dell'esistere. Il più noto e significativo esempio è probabilmente quello dell'Enrico IV di Pirandello che, come altri personaggi pirandelliani, sceglie la pazzia per sfuggire alla realtà (il protagonista prima impazzisce, poi tornato normale si trova costretto a fingere di essere ancora pazzo). L'alienazione mentale dà quindi tranquillità e fissità che si oppone alla straziante molteplicità della realtà. Enrico IV è un dramma in 3 atti considerato, insieme a “Sei personaggi in cerca di autore”, il capolavoro teatrale di Pirandello ed è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all'autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità. La prima rappresentazione fu al teatro Manzoni di Milano nel 1922. 61. Perché da qualche critico Enrico IV è stato inserito nel ciclo del “teatro nel teatro” di Pirandello? L'Enrico IV appartiene alla terza fase del teatro pirandelliano, quella cosiddetta del teatro nel teatro. La finzione si propone come realtà, anche se tutti sono coscienti del contrario. La pazzia come il teatro crea una realtà diversa in un mondo alternativo che appare però altrettanto reale rispetto al “mondo vero”. Il personaggio di Enrico IV è vittima non solo della follia, prima vera e poi cosciente, ma dell'impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più. La follia non è vista tanto come elemento negativo, quanto come elemento fondamentale della condizione umana con la quale fuggire la propria angoscia e il proprio dramma, come estremo rifugio, per potersi salvare dal dramma dell'esistenza. Il tema della follia è uno dei più trattati nel decadentismo, sia come possibilità di fuga dall'opprimente realtà, sia come totale fallimento dell' eterno antieroe che diventa il personaggio fondamentale. Nasce il concetto di male di vivere e il conseguente bisogno di una fuga da esso, attraverso la mente, le illusioni, le esperienze estreme di ogni genere o appunto la pazzia. 62. Che cosa si intende per “pirandellismo”? Il «pirandellismo» è un ulteriore filone della produzione teatrale di Pirandello che comprende le opere che vanno grosso modo dal 1926 alla morte. In questo filone Pirandello imita se stesso portando sulla scena con insistenza ossessiva gli stessi temi in modi ormai manierati e artificiosi. Il contrasto vita/forma vi è esemplificato in situazioni e ambienti della ricca e alta borghesia, con qualche ripresa dei modi dannunziani precedentemente sempre combattuti. I personaggi si arrovellano in modo convulso dando luogo ad un certo cerebralismo. Ma sul finire degli anni venti nascono nuove direzioni di ricerca per il teatro di Pirandello 63. Cosa sono i “miti pirandelliani” e quali opere comprendono? Sono l'espressione di questo clima estremamente mutato virgola e si tratta di testi teatrali che non rappresentano più la realtà sociale borghese contemporanea ma si colloca anno in un’atmosfera mitica e simbolica, utilizzando elementi leggendari meravigliosi e sovrannaturali. Il recupero del momento della creazione estetica e del valore conoscitivo dell’arte caratterizza i tre «miti», La nuova colonia (1928), Lazzaro (1929), I giganti della montagna (1930-33), e la fiaba in versi La favola del figlio cambiato (1933). 64. Di cosa parla I giganti della montagna e come si sviluppa la vicenda?
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