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Gaio Mario e la crisi della tarda repubblica romana, Sintesi del corso di Storia Romana

Un'analisi delle origini e dell'ascesa politica di Gaio Mario, figura chiave della tarda repubblica romana, e del contesto storico in cui si inserisce. Si discute inoltre della crisi politica e sociale che caratterizza questo periodo storico e delle sue possibili cause.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 13/11/2023

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Scarica Gaio Mario e la crisi della tarda repubblica romana e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! CAPITOLO 1 UN’INTRODUZIONE 1. Le origini Gaio Mario nacque nel 158 o 157 a.C. ad Arpinum nel Lazio meridionale. Gli abitanti di Arpino nella fase più antica erano stati i Volsci, popolazione italica migrata nel Lazio meridionale dall’area appenninica che parlava una lingua indoeuropea simile a latino e umbro. Inizialmente aveva una storia di opposizione a Roma seguita da una graduale inclusione nei domini romani da inizio IV a.C. e poi nel corpo civico stesso, e divenne comunità di cittadini romani dal 188 a.C. Mario apparteneva alla seconda generazione di cittadini romani di Arpino che aveva ormai lo statuto di minicipium cioè una comunità con proprie strutture di autogoverno anche se integrata a Roma dal punto di vista giuridico. Della personalità morale e dello sviluppo intellettuale di Mario sappiamo poco di certo. Per Plutarco si sarebbe rifiutato di apprendere il greco ripercorrendo quindi la scelta di Marco Porcio Catone, inoltre sostiene che i genitori sarebbero stati di modesta condizione sociale: questa tesi enfatizzerebbe la grandezza dell’ascesa di Mario e segna una distanza tra lui e l’elite politica tradizionale -> restano quindi incertezze sulle origini di Mario e la sua famiglia. Plutarco inoltre osserva come Mario non avesse i 3 nomi che i cittadini romani avevano solitamente al tempo, pronome nome e cognome, però il suo nome rivelava l’origine italica. Come molti uomini italici militò nell’esercito da giovane età: Plutarco lo colloca in Spagna nella campagna contro i Celtiberi e durante la fase finale della guerra agli ordini di Scipione l’Emiliano: egli al contrario veniva da una famiglia prestigiosa ma Plutarco sostiene ci fossero punti in comune tra i due, inoltre Scipione avrebbe riconosciuto impegno e capacità militari di Mario che ricevette un riconoscimento per il suo valore che fu decisivo nella sua ascesa. La documentazione relativa agli inizi della carriera di Mario è sparsa e frammentaria, probabilmente rivestì la carica di tribuno militare alla quale venivano eletti 24 individui ogni anno, ma non sappiamo come si sia comportato dopo esser stato eletto. 2. Il contesto Nel 133 a.C. Attalo III lascia in eredità al popolo romano il suo regno in Asia Minore: il tribuno della plebe Tiberio Sempronio Gracco propose di usare quell’acquisizione per finanziare la riforma agraria suscitando l’opposizione senatoria che lanciò un violento attacco contro di lui. Nel 123 a.C. il fratello Gaio ricoprì la stessa carica e avanzò una proposta per l’organizzazione fiscale della provincia d’Asia: la riscossione dei tributi venne affidata a compagnie private, membri dell’ordine equestre, sulla base di aste pubbliche quinquennali: gli esattori venivano chiamati publicani e avevano margini di profitto illimitati. Gaio voleva inoltre riprendere la riforma agraria e altre iniziative ugualmente ambiziose, per questo si creò una coalizione estesa che gli permise l’approvazione di varie misure. Si scontrò però con l’opposizione senatoria, soprattutto quando uno dei suoi seguaci uccise un seguace del console L. Opimio: i senatori diedero mandato ai consoli di usare qualunque azione necessaria per ripristinare l’ordine, Gaio e molti sostenitori persero la vita negli scontri che seguirono. Non sappiamo quale posizione prese Mario in quegli eventi, forse il suo legame con la famiglia senatoria dei Cecilii Metelli suggerisce che non sostenesse Gaio, però sicuramente gli eventi della crisi ebbero un forte impatto su di lui. Crisi che deriva da diversi aspetti: forse l’emergere di questioni politiche e sociali nel 133 o il rapporto tra politica e guerra nell’età di Mario e Silla, Sallustio invece identifica la svolta nel 146 anno della caduta e distruzione di Cartagine a seguito di cui Roma sarebbe diventata una supremazia incontrastata che sarebbe caduta nel disordine morale e politico a cui sarebbero succeduti una competizione politica senza restrizioni e una spudorata esibizione di ricchezza - > secondo questa lettura la crisi politica della tarda repubblica era radicata in un quadro di decadenza morale. CAPITOLO 2 L’ASCESA Possiamo trovare una lista completa delle cariche pubbliche rivestite da Mario in un’iscrizione in suo onore prima esposta nel foro di Augusto, ora conserviamo una copia integrale nel foro di Arretium in Etruria. Secondo Valeria Massimo, l’ascesa al potere di Gaio Mario fu una lotta continua contro la sfortuna comunque è probabile che le informazioni a proposito siano solo in parte corrette perché nella sua opera non fa riferimento al tribunato militare di Mario e al ruolo della sua reputazione in campo militare nella sua ascesa politica, ne viene menzionato il fatto che agli edili veniva richiesto di mettere a disposizione parte del proprio patrimonio per l’organizzazione di eventi pubblici il che smentirebbe che Mario deriva da una condizione sociale modesta. Il denaro non era però sufficiente ad assicurare una vittoria elettorale, probabilmente fu fondamentale la sua qualità in ambito militare e i legami con la nobilitò senatoria: Plutarco sostiene che l’inizio della carriera di Mario fu possibile grazie al legame con Cecilio Metello che gli assicurò l’elezione al tribunato della plebe. Questo era diventato una forza con cui si manifestavano istanze di cambiamento politico e sociale, come le magistrature romane era collegiale: 10 tribuni eletti ogni anno, e ciascuno poteva bloccare le iniziative dei colleghi grazie al diritto di veto. Mario fu promotore di una legge che interveniva nel processo elettorale: prevedeva il restringimento delle passerelle sulle quali gli elettori dovevano camminare fino al punto dove veniva depositato il voto: Cicerone sostiene che l’intento fosse prevenire la corruzione elettorale, sembra quindi che la sua proposta rispondesse alla necessità di assicurare regolari elezioni in cui la volontà popolare potesse emergere più liberamente, e si inseriva in un contesto che vedeva già da tempo cambiamenti nell’ambito elettorale. Plutarco vede in questo provvedimento un'innovazione politica che attaccava l’egemonia del senato infatti venne contrastata dal console L. Aurelio Cotta: Mario venne chiamato in senato ma non rinunciò alla sua proposta neanche per l’opposizione di Metello, anzi ricorse ai poteri di tribuno della plebe ordinando l’arresto dell’alleato e il senato ritirò l’opposizione alla proposta di legge che venne approvata. Mario aveva la capacità di pensare in modo più creativo e ambizioso dei suoi oppositori, ad esempio con il provvedimento che regolava le distribuzioni di grano al popolo romano probabilmente allargando la quantità di beneficiari della legge promossa da Gaio Gracco nel 123, seguiva così due obiettivi: sottolineava la distanza con la tradizione politica dei Gracchi e cercava di ricomporre il legame con Metello e i suoi sostenitori. La sua ambizione principale era proseguire nel cursus honorum cioè il percorso delle cariche pubbliche: dopo il tribunato seguiva l’edilità che presupponeva però una posizione finanziaria solida, e nonostante perse due elezioni nello stesso anno continuò nel percorso e sia Valerio Massimo che Plutarco parlano della sua elezione alla pretura, ufficio superiore all’edilità, dove fu l’ultimo degli eletti, e qualche tempo più tardi venne accusato di corruzione elettorale. Assunse quindi la pretura nel 115: non abbiamo notizie sulla sua azione in questa veste, solitamente i pretori a fine carica venivano impiegati in una provincia dell’impero e le sue operazioni militari -> alla fine della sua pretura gli venne dato l’incarico nella Hispania Ulterior, parte meridionale della penisola iberica, che stava attraversando un periodo di minaccia da parte di bande di briganti. Plutarco sottolinea che questo periodo in provincia non lo arricchì ma stabilì importanti rapporti personali e politici nella regione, e non diede ai suoi nemici la possibilità di incriminarlo e potè quindi programmare la mossa successiva cioè la candidatura al consolato. Nel periodo successivo alla promagistratura in Spagna collochiamo le sue nozze con Giulia appartenente alla famiglia patrizia degli Iulii Caesares, questo non significava il sostegno di tutti gli Iulii però era il segno che Mario aveva assunto credibilità in importanti settori della classe dirigente romana 1. La guerra giugurtina L’ascesa di Mario al consolato fu anche determinata da un mutamento del clima politico e da una situazione di grave instabilità nel regno di Numidia, in Africa settentrionale: qui Giugurta aveva usurpato il trono assassinando i due fratelli dopo che il padre morto nel 118/117 aveva lasciato il regno ai tre eredi. Roma era alleata del regno e l’intervento militare divenne necessario quando Giugurta attaccò Cirta dove numerosi mercanti italici persero la vita nella difesa. La campagna venne iniziata da L. Calpurnio Bestia, poi continuata da Sp. Postumio Albino e poi dalla capace guida di Q. Cecilio Metello, e la guerra suscitò l’interesse dello storico Gaio Sallustio Crispo. Secondo quest’ultimo, il rapporto tra senato e re di Numidia dimostrava l’incompetenza della classe dirigente e la facilità con cui veniva corrotta, le azioni del senato sembravano spinte solo dall’ambizione di perpetuare una posizione di influenza e privilegio, però la guerra contro Giugurta mise in crisi questo modello -> il coinvolgimento nelle operazioni di Mario e Silla aprì la discesa più a sud dei cimbri ma non riuscì, quindi Mario venne convocato in senato per discutere della situazione. Mario rinunciò a celebrare il trionfo che il senato gli aveva decretato e accettò la nuova campagna riunendo le sue forze e quelle di Catulo: l'intento era affrontare il nemico nella pianura Padana - > lo scontro decisivo avvenne ai Campi Raudii presso Vercellae: anche Silla prese parte allo scontro sotto il comando di Catulo e l’attacco romano fu durissimo per i cimbri e per le donne che avevano raggiunto gli uomini in soccorso, l’esito fu una straordinaria vittoria per Roma. Mario si appropriò dei beni nemici e Catulo delle insegne e delle spoglie ufficiali: una differenza di atteggiamento che Catulo usò per rivendicare il suo ruolo nella vittoria ma a Roma si era concordi con l’attribuzione della vittoria a Mario che ritornato, secondo Plutarco, sarebbe stato salutato come terzo fondatore di Roma dopo Romolo e Camillo. Gli omaggi che vennero dati a Mario aprivano un nuovo clima politico e gli davano un’autorevolezza che nessuno dei contemporanei poteva raggiungere, alcuni degli onori che ricevette erano paragonabili a quelli degli dei. Mario però decise di condividere la vittoria con Catulo per motivi politici: il suo intento era consolidare il consenso intorno alla propria persona in vista della candidatura a un sesto consolato, e al ritorno a roma promosse la costruzione di un tempio dedicato a Honos e Virtus (onore e valore virile). Mario ora, dopo i suoi successi militari, cercava di affermarsi come figura politica e religiosa: il sostegno non gli proveniva più per le sue capacità militari ma doveva ora venire dalle sue capacità politiche che fino ad allora non aveva dimostrato. CAPITOLO 3 LA CADUTA Mario scelse di lanciare un attacco alla nobiltà e in particolare alla figura di Metello Numidico, console del 109: per la necessità di opporglisi, Mario scelse alleati come Saturnino, usò metodi illeciti per accrescere il suo consenso come la concessione della cittadinanza a soldati di Camerinum che avevano combattuto ai suoi ordini, e aveva corrotto gli elettori a roma. Metello infatti venne sconfitto e Mario eletto al consolato per il 100 con L. Valerio Flacco. Come alleati poteva contare sul tribuno Appuleio Saturnino e il pretore C. Servilio Glaucia: quest’ultimo dopo aver rivestito tribunato e pretura in anni consecutivi, voleva candidarsi al consolato nel 99 non rispettando la prassi degli intervalli tra magistrature, invece Saturnino eletto tribuno 3 volte voleva proporre oltre a una legge agraria, una legge frumentaria, un provvedimento che diminuisse il potere dei magistrati nelle province, una legge sull’amministrazione provinciale in oriente. Secondo Appiano, il punto centrale della proposta di Saturnino era l’assegnazione di terre ai veterani di Mario: questo aveva il pieno sostegno del console Mario ma non è chiaro perché la proposta sia stata avanzata come iniziativa tribunizia e non come un progetto consolare. Sicuramente nelle proposte di Saturnino c’era l’intento di distanziarsi dalle iniziative dei gracchi che si concentravano sulla posizione dei poveri mentre lui si rivolgeva ai veterani, inoltre l’intento generale era sostenere gli interessi di Mario e del suo esercito. Nel 101 viene assassinato il tribuno Nonio e Saturnino, Glaucia e Mario cercarono di distanziarsi dall’accaduto, però era evidente che in questo modo Nonio non avrebbe potuto porre il veto sulla loro proposta, inoltre inserirono la clausola che chiedeva ai senatori di giurare di rispettare qualunque decisione il popolo avesse preso con il suo voto: l’intento era che non ci fossero tentativi di attaccare quella legge, il mancato giuramento comportava una multa. Nonostante questo alcune componenti del popolo erano ostili all’iniziativa convinti che gli italici ne avrebbero tratto beneficio, per questo Saturnino fece confluire a roma schiere di sostenitori di origine rurale che partecipassero al voto -> la legge venne approvata dopo duri scontri. Mario quindi predispose una trappola per Metello: inizialmente si rifiutò di giurare e lo seguì anche Metello, e quando pochi giorni dopo Saturnino ripropose il problema a un’adunanza popolare i senatori giurarono e lo stesso fece anche Mario tradendo Metello che invece si rifiutò di giurare: Saturnino propose quindi il suo arresto, e Metello per porre fine alla controversia scelse di lasciare la città e rifugiarsi a Rodi. Quindi il decreto venne approvato infliggendo un duro colpo all’oligarchia senatoria e iniziava una fase politica nuova in cui un console, sostenuto da migliaia di veterani, si era riunito a un tribuno per condurre in porto una riforma agraria -> l’attuazione della legge generò però insoddisfazione: Mario non diede più di 14 iugeri ai beneficiari della riforma sostenendo fossero necessari per la loro sussistenza. La situazione divenne tesa quando nel 99 Glaucia si propose alle elezioni consolari e prima del voto lui e i suoi seguaci uccisero il suo rivale C. Memmio: l’elezione venne sospesa e si aprì uno scontro tra gli abitanti della città di Roma e gli abitanti della campagna -> Glaucia, Saturnino e i loro uomini presero il controllo del Campidoglio, il senato condannò il loro operato e incaricò i consoli di intervenire in qualunque modo contro la minaccia alla repubblica, quindi Mario si trovava tra i suoi due alleati e il senato. Saturnino e Glaucia decisero di arrendersi sperando in un atto di clemenza di Mario che li rinchiuse nella curia sperando che le acque si calmassero, ma una folla inferocita tolsero le tegole della curia e lapidarono le due figure e i loro sostenitori rinchiusi all’interno -> secondo Appiano fu Mario ad agire contro i suoi due ex alleati e abbandonarli. Comunque gli eventi del 100 segnarono una sconfitta per Mario: la riforma non venne abolita ma non vi è traccia della sua attuazione e il capitale accumulato durante le campagne vittoriose in Africa e Gallia venne disperso. 1. Vecchio statista A fine secondo secolo a.C. Roma attraversava una fase di travaglio politico: alcuni magistrati in carica erano stati uccisi, altri avevano usato violenza politica, le elezioni avevano visto scontri violenti, un ex console condannato all’esilio, a Mario era stato consentito di rivestire il consolato per vari anni consecutivi contro ogni prescrizione. I sostenitori di Metello proposero di richiamarlo dall’esilio ma anche Mario si oppose al suo ritorno e decise di lasciare roma per un viaggio in Asia Minore cui ragioni non sono chiare: l’ordine equestre aveva interessi in quella regione, oppure era un tentativo di risaldare i rapporti con quegli ambienti, oppure durante la guerra contro i cimbri un sacerdote del santuario di Magna Mater a Pessinunte aveva predetto la vittoria di Mario e quindi lui voleva onorare il voto o rinsaldare il rapporto tra roma e la divinità. Inoltre la violenta politica a Roma suggerisce che un’assenza temporanea di Mario fosse prudente, invece alcune fonti parlano di Mario che mirava a ottenere un nuovo comando militare e quindi voleva porre le basi per una crisi in asia minore che gli avrebbe dato modo di tornare in prima fila -> a sostegno di questo sarebbe stato l’incontro tra Mario e Mitridate VI Eupatore, re persiano che dominava la regione del ponto a nord dell’asia minore: Mitridate non era nemico di Roma ma forse Mario vedeva in lui il motivo scatenante di una crisi regionale da cui trarre profitto. È possibile che i due si siano incontrati per discutere sui rapporti tra Roma e il Ponto, e forse va inteso come un interesse crescente di roma verso l’asia minore e in particolare del Ponto. Pochi anni dopo la visita di Mario, nel 96 a Silla venne data la provincia della Cilicia sulla costa meridionale dell’asia minore: al centro della spedizione era un alleato di Mitridate, Godio, che voleva rimuovere il re di Cappadocia -> la missione ebbe successo e le ambizioni di Mitridate sull’asia minore vennero contenuto. Nel 91 forse, Bocco, che aveva aiutato alla sconfitta di Giugurta, consacrò sul Campidoglio una statua che presentava la cattura di Giugurta da parte di Silla: Mario ne fu offeso perché sminuiva il suo ruolo nella vittoria, inoltre nel 56 Fausto, figlio di Silla, coniò una moneta che rappresentava la stessa scena della statua di Bocco, quindi Mario voleva riguadagnare un ruolo politico di primo piano con questo viaggio in asia minore. Durante questo suo soggiorno venne eletto all’augurato: uno dei sacerdozi più importanti della religione pubblica romana, infatti nel 104-103 la lex Domitia aveva reso i principali sacerdozi elettivi e non più scelti per cooptazione. La volontà di Mario di mantenere un ruolo significativo fu confermata anche dal trasferimento della sua residenza vicino al foto. Intanto il rapporto tra roma e Italia era sempre più pressante: nel 95 al termine del censimento, venne approvata la proposta di legge di due tribuni, la lex Licinia Mucia: sanzionava i cittadini delle comunità alleate che si erano illegittimamente dichiarati cittadini romani quindi rimuoveva dai registri dei censori molti individui, l’intento era quindi correggere il censimento appena avvenuto ed era simbolo di instabilità in ambito politico e amministrativo. Questa legge si inseriva in una sequenza di decisioni che si erano contrapposte ai tentativi degli italici di ottenere una piena inclusione nella comunità politica romana. CAPITOLO 4 DESTINI ALTERNI 1. La guerra sociale Nel 91 il tribuno M. Livio Druso avanzò ambiziose proposte che si opponeva alla linea tenuta dal senato nei decenni precedenti: dopo il fallimento delle sue proposte e il suo assassinio nell’ottobre del 91, varie comunità italiche passarono all’azione che suscitò una forte risposta militare di Roma che fu costretta a richiamare Mario: egli assunse il comando di un contingente di truppe in Italia centrale, formalmente sotto la guida del console P. Rutilio Lupo. Poco dopo l’inizio della battaglia, Mario e Rutilio unirono le forze contro il nemico guidato da Vettio Scatone presso il fiume Liri ma le truppe di Rutilio vennero colte di sorpresa e lo stesso console morì. Mario quindi spostò il suo contingente oltre il fiume e attaccò l’accampamento di Vettio che fu costretto alla ritirata. Dopo il funerale di Rutilio, il senato affidò formalmente l’esercito a Mario e a Cepione che morì poco dopo e Mario ebbe la responsabilità assoluta del comando e unì le forze al rivale Silla contro i Marsi: questi vennero massacrati ma il credito della vittoria andò a Silla che emerse dalla guerra sociale come figura di rilievo. L’elite romana fu disponibile a offrire un patto agli italici, soprattutto a quelli che cessavano l’ostilità, concedendo la cittadinanza romana: l’inclusione però dei nuovi cittadini nel quadro politico richiese almeno due decenni. 2. La marcia su roma La guerra sociale ebbe anche conseguenze che non investirono solo l’Italia ma anche l’oriente greco e soprattutto la provincia romana d’asia in asia minore occidentale: nell’89 il re Mitridate, approfittando del coinvolgimento di roma sul fronte italico, lanciò un’offensiva militare sulla provincia, e venne salutato come liberatore dei greci dai romani: l’egemonia romana in oriente greco finì. Questo ebbe ripercussioni sull’economia dell’Italia, inoltre il re invitò i greci ad uccidere tutti i residenti di origine romana o italica dando un duro colpo alla stabilità finanziare dell’Italia. Era necessaria un’azione di Roma: nell’88 le elezioni consolari prevedevano che uno dei due consoli avrebbe preso l’incarico della campagna: fu Silla incaricato della spedizione contro Mitridate, opportunità anche per cumulare un bottino di guerra, per questo a roma molti volevano prendere il comando tra cui Mario stesso ormai settantenne -> il tribuno della plebe Sulpicio avanzò infatti la proposta di affidare il comando a Mario in cambio Mario sostenne la proposta di Sulpicio di distribuire i nuovi cittadini italici nelle 35 tribù in cui erano divisi i cittadini romani: questa proposta arrivò prima di quella del comando mitridatico e scatenò uno scontro tra cittadini vecchi e nuovi quindi i consoli decretarono uno iustitium cioè la sospensione di ogni affare ufficiale. Sulpicio quindi ricorse al suo diritto di veto per dichiarare illegale questa sospensione ma i consoli rifiutarono le sue istruzioni ma furono soverchiati da minacce e pressioni dei sostenitori di Sulpicio quindi si trovarono isolati: il console Pompeo Rufo lasciò la città mentre Silla trovò riparo nella casa del rivale Mario che gli consentì di lasciare la città senza perdere la sua carica e raggiungere il suo esercito in Campania. Quindi la proposta di trasferire il comando a Mario venne approvata ma la sua età avanzata era un problema, secondo Plutarco Mario non voleva reclutare un nuovo esercito ma prendere quello di Silla infatti mandò due tribuni militari a Nola per prendere il controllo delle truppe. Questo suscitò la reazione di Silla che si rivolse con autorevolezza al suo esercito che decise di schierarsi con lui nel suo progetto di attaccare roma: l’esercito in partenza era poderoso, 6 legioni, e la decisione di marciare su roma fu di grande importanza e la difficoltà del momento è manifestata dal contrasto tra la condotta dei soldati e quella degli ufficiali di Silla. L’esercito comunque rimase leale al console Silla che ricevette 3 ambasceria da Roma a cui rispose giustificando la campagna con l’intento di liberare Roma dalla tirannia, quando arrivò vicino all’urbe chiese colloqui diretti con Mario e Sulpicio che mandarono degli inviati, invece il console Pompeo Rufo si unì a lui. Silla, nonostante le richieste di Mario e Sulpicio di mantenere l’esercito lontano 40 stadi dalla città, divise le sue forze in 5 contingenti su diversi lati della città. Per fronteggiarli Mario e Sulpicio ordinarono l’uccisione dei sostenitori di Silla e fecero promesse di libertà agli schiavi che avrebbero combattuto con loro ma la maggior parte non si unirono. La fase iniziale dello scontro sembrò favorevole a Mario e Sulpicio, Silla così decise di combattere in prima linea e chiamò i rinforzi: appena arrivati Mario e Sulpicio capirono di non poter resistere e fuggirono, Silla prese la città e le redini del governo con il collega Pompeo e fece due proposte per riequilibrare la res publica: nessuna proposta sarebbe stata avanzata al popolo prima dell’approvazione del senato, il voto sulla legislazione veniva affidato ai comitia centuriata controllati da classi ricche e non più dai
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