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Gatti e Caroli, Storia del Giappone Cap. I-IV, Sintesi del corso di Storia dell'Asia

Riassunto dei primi 4 capitoli del libro Storia del Giappone di Gatti e Caroli

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018
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Caricato il 15/08/2018

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Scarica Gatti e Caroli, Storia del Giappone Cap. I-IV e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Asia solo su Docsity! La tesi più condivisa sullo stanziamento delle prime popolazioni nell’arcipelago è che questa sia avvenuta in epoca remotissima, quando le terre erano ancora attaccate al continente, per affinità linguistica con il coreano, il mongolo ed il turco, le lingue altiche, oltre ad affinità culturali con la Polinesia e l’Asia sud- orientale. Il passaggio al Neolitico si ha probabilmente intorno al 10'000 a.C. con l’avvio della manifattura ceramica, detto periodo Jomon (disegno a corda), per i segni di corda o stuoie di paglia che decoravano la superficie delle ceramiche. I più antichi manufatti, dogu, riproducono in modo semplice figure a cavallo tra il mondo umano e quello animale, spesso con seni ed addomi importanti, probabilmente per invocare fertilità. Potevano essere anche una sorta di amuleti atti ad assorbire i pericoli e le malattie. Il periodo Jomon ha diverse fasi, influenzate dai cambiamenti climatici e dalle possibilità che gli offriva il territorio, che li ha portati fino ad unno spostamento verso le regioni interne, ma soprattutto a diffondersi nella parte settentrionale del Kanto e nel Giappone centrale, specializzati nello sfruttamento dei prodotti marini. Nello studio della ceramica si sarebbero riscontrati dei contatti con la penisola coreana, che avrebbe portato in Giappone la tecnica della risicoltura mediante l’irrigazione. Questo fece avviare la fase di passaggio verso il nuovo periodo detto Yayoi, agrario e sedentario, dunque con una società basata su comunità locali legate al territorio, con una percezione del tempo basata sulla ciclicità delle stagioni. Questa cultura era sostanzialmente l’esito di una sintesi tra influenze continentali e cultura preesistente. Il termine Yayoi deriva dalla zona di Tokyo dove sono state ritrovati per la prima volta esempi del nuovo tipo di ceramica, fatte al tornio, di grande varietà e di qualità superiore rispetto alle precedenti. I gruppi si stanziavano in zone con una conformazione del terreno particolarmente adatta alle risaie. I riti che si affermarono erano diretti all’accattivarsi il favore della natura ed a scandire le fasi della coltivazione. Il capo della comunità assumeva oltre al potere politico quello spirituale del culto, che si basava sull’ottenimento del favore dei kami, divinità locali, per un ambiente naturale benevolo. Questo è il culto dello shinto primitivo (via degli dei), caratterizzato da credenze animistiche, pratiche magiche ed influssi sciamanici. Dunque lo Shintoismo primitivo è un culto della natura, che identificava come kami monti, fiumi, alberi ecc. Le prime testimonianze scritte sono cinesi e si riferiscono alla seconda metà dell’epoca Yayoi, ma molto limitate e frammentate. E’ comunque possibile affermare che circa nel 100 d.C. l’organizzazione socio- politica delle comunità fosse abbastanza evoluta e avvenissero già degli scambi commerciali tra le comunità, con all’interno delle quali un inizio di stratificazione sociale più marcata. Troviamo anche un intensificarsi dei contatti con i cinesi nel continente, con missioni giapponesi alla corte cinese, con scambi di manufatti e conoscenze tecniche, che portarono i giapponesi a padroneggiare la fusione del bronzo ed il ferro. Nel III sec. le fonti cinesi ci testimoniano frequenti scontri nelle isole giapponesi, tra comunità locali guidate da capi. Intanto inizia ad affermarsi la costruzione di grandi tombe a tumulo dette kofun, che riflettono una più marcata stratificazione sociale, con un’élite che disponeva di ingenti risorse economiche ed umane. Il periodo che prende il nome da questi monumenti va dalla metà del III alla metà del VI sec. Queste tombe erano corredate da grandi sculture di terracotta dette haniwa, in cima o accanto, inizialmente avevano la forma di case, poi di oggetti militare o altre cose. I capi abbastanza ricchi da permettersi tale glorificazione appartenevano al nucleo dominante ed erano detti uji. Una potente famiglia con membri legati da vincoli di sangue reali o presunti. Il termine uji viene tradotto spesso con clan. Gli appartenenti ritenevano di discendere da un antenato comune “ujigami” e facevano parte di un’organizzazione gerarchica, con un capo detto uji no kami. Era ereditaria anche la posizione delle persone al servizio del clan dominante, erano divisi in unità chiamate be, divise per occupazione. Al livello più basso vi erano gli yatsuko, servi, domestici o servitori di varia natura. Già dal II-III sec. questa organizzazione sociale delle comunità era diffusa nella maggior parte dell’arcipelago. La vita quotidiana era generalmente collegata con i ritmi della natura e con l’esistenza dei kami. Importante il tabù dell’impurità, i riti più importanti erano quelli di purificazione. In questo periodo le comunità uji cominciarono a stabilire contatti tra loro, come cooperazione o scontri armati, tutto ciò portò alla creazione di confederazioni di uji, guidate dai capi locali più potenti. Questo sistema cessò di esistere quando un potente clan, stanziato nella regione di Yamato, cominciò ad estendere il proprio potere lentamente ma inesorabilmente su tutti gli altri uji, giustificando la propria supremazia con il proprio ujigami, ritenuto da essi la massima divinità celeste, la dea del Sole Amaterasu Omikami. Supremazia che si consolidò ancora di più con l’affermarsi della scrittura e quindi con la compilazione delle due grandi opere di propaganda dinastica “Kojiki” e “Nihon shoki”. Si ebbe un intensificarsi dei contatti con il continente, con spostamenti di oggetti, conoscenze e persone. Ci sono inoltre testimonianze di una presenza di guerrieri giapponesi negli scontri tra i 3 regni coreani, questo testimonierebbe l’espansione dell’autorità e del potere dell’uji Yamato, capace di reclutare talmente tante forze militare da poterne inviare una parte sul continente. Inoltre da questo momento si avviò una fase di specializzazione dell’attività militare di guerrieri professionisti. Lo sviluppo delle attività economiche e gli scambi commerciali erano sottoposti anch’essi all’autorità degli Yamato. La Cina intanto avrebbe fornito agli Yamato un modello di governo efficiente e centralizzato, con una burocrazia centrale e una serie di norme che regolavano il sistema amministrativo fiscale. Importante risultò il ruolo del Buddhismo, per rafforzare l’idea ed il prestigio del sovrano assoluto, che governava un Paese pacifico e unificato. Per questo si decise di accogliere il Buddhismo in Giappone. Il Buddhismo era basato su un progressivo annullamento di sé, poi una serie di reincarnazioni fino al raggiungimento del nirvana. Ma dal punto di vista politico, da forza ideologica, riuscì a sostenere la riunificazione della Cina. Dalla prima metà del VI sec. il Buddhismo cominciò ad entrare nell’arcipelago giapponese. Il 538 è la data convenzionale dell’introduzione del Buddhismo, poiché furono inviati in Giappone i primi libri sacri della religione, che però non attecchì da subito tra le masse popolari, ma determinò da subito una contrapposizione tra le élites al potere favorevoli o contrarie, nei fatti era uno scontro tra clan, che volevano tutelare i propri interessi. I Soga, di origine coreana erano favorevoli, perché svolgevano un ruolo di mediazione tra le due popolazioni e volevano continuare il proficuo scambio, mentre i Mononobe erano sfavorevoli, perché l’introduzione di una nuova dottrina avrebbe potuto offendere i kami. Che le motivazioni addotte fossero sincere o meno, il conflitto si risolse con uno scontro armato, che vide vincitori i Soga nel 587. Questo consolidò lo scambio con il continente, soprattutto con la Cina, che contribuì allo sviluppo di uno Stato unificato sotto la guida di un sovrano. L’introduzione della nuova religione stimolò una trasformazione dei costumi, con l’abbandono dei kofun in favore dei grandi templi e l’abbandono della sepoltura in favore della cremazione. I ricchi templi diventarono un simbolo di potere. Importante nel periodo appena concluso fu l’introduzione del sistema di scrittura cinese, che avvenne tradizionalmente ad opera di due coreani, con testi religiosi e filosofici buddhisti e confuciani. La vittoria dei Soga ed il timore dell’espansionismo cinese dato dalla riunificazione sia della Cina che della Corea, oltre all’alleanza tra questi due, accelerarono la creazione di uno Stato unitario e centralizzato. Però gli Yamato non erano ancora sufficientemente forti e la minaccia più grande ora giungeva proprio dai Soga, forti della posizione di potere conquistata con la vittoria militare, con la figura del capo clan Soga no Umako, particolarmente ambizioso. Infatti egli fece uccidere l’Imperatore, che lo contrastava, per mettere sul trono l’Imperatrice Suiko, legata ai Soga e prima imperatrice donna, ma fu nominato reggente un principe sposato con una donna del clan Soga, che passò alla storia come Shotoku Taishi, che fu promotore di importanti riforme che avrebbero gettato le basi dello Stato imperiale, oltre ad un sempre più stretto legame dello Stato con il Buddhismo. A lui viene attribuita la stesura della Costituzione dei diciassette articoli, scritta in cinese ed emanata nel 604. Essa è più una serie di precetti e regole morali ispirati a valori buddhisti, confuciani e taoisti. Lo scopo era chiaramente quello di affermare il diritto sovrano ed eliminare il potere autonomo degli uji locali sostituendolo con una sorta di burocrazia di ministri e funzionari. Sempre su base cinese fu dato all’imperatore l’appellativo di tenno (ten cielo, no sovrano), ma in questo caso non mandato dal cielo, ma diretto discendente del cielo, dandogli così potere politico e sacerdotale contemporaneamente. Come vediamo qui la cultura cinese era molto presente, ma non accettata passivamente, bensì rielaborata in base alle esigenze. Il periodo riformatore si interruppe momentaneamente con la morte di Shotoku Taishi, ma riprese dopo la perdita dell’egemonia da parte dei Soga, con la morte del capo, caduto vittima di una congiura. Uno dei capi della congiura, Nakatomi no Kamatari, fu ricompensato con importanti cariche ed il prestigioso cognome Fujiwara. Il nuovo imperatore emanò stavolta delle vere e proprie riforme, norme in materia politica ed amministrativa, per gettare le basi di uno Stato imperiale centralizzato, che prendeva la propria ricchezza da tutte le zone del paese. L’editto prevedeva: ▲ La soppressione di tutti i titoli che garantivano privilegi locali sulle terre e sulle persone (be). ▲ Introduzione di un sistema amministrativo, con nomina di funzionari fedeli all’Imperatore. Il territorio fu dunque diviso in province (koku), con a capo dei governatori (kokushi) a tempo limitato. Le province furono a loro volta divise in distretti (kori), con a capo dei capidistretto (kori no tsukasa) tra la nobiltà locale. Poi vi erano i villaggi con un capo scelto dagli abitanti. ▲ Istituzione registri di tasse e censo, con conseguente censimento della popolazione e realizzazione di un catasto, sulla cui base sarebbe avvenuta la distribuzione delle terre. Vennero così gettate le basi di uno nuovo sistema di tassazione. Per la spartizione delle terre si usò il sistema kubunden (campi in base alle bocche). Si partiva da un grande quadrato di terra, il quale veniva diviso in altri 36 quadrati, ognuno dei quali diviso in 10 strisce, chiamate tan, che erano l’unità di base. L’assegnazione delle terre era in base al sesso, all’età ed allo status del destinatario: ai maschi sopra i 6 anni 2 tan, alle femmine due terzi di questi, un terzo in caso femmine non libere. L’assegnazione era soggetta a periodiche redistribuzioni, così come l’importo delle tasse da versare, che potevano essere in natura o in corvée civili e militari . Non tutte le terre venivano distribuite in base al diventarono la questione militare più importante tra l’VIII ed il IX sec. Fu incaricata l’aristocrazia locale di risolvere il problema. Dunque anche questo tipo di pressioni contribuì alla nascita della classe samuraica. Questi guerrieri si consolidarono un’identità di gruppo definita, dotandosi di norme comportamentali, coniando una cultura propria, acquisendo uno status ereditario e stabilendo al loro interno una rete di rapporti gerarchici fondata su legami di natura personale. Il vincolo dell’obbedienza al Signore, rappresentato dal capo della casata oppure dal leader di un’alleanza militare, divenne l’imperativo nella condotta ed il senso dell’onore fu assunto come tratto essenziale ed esclusivo nel codice di comportamento del bushi. La gerarchia aveva al suo apice i capi delle grandi famiglie, che spesso avevano nobili origini, infatti si avviò la pratica di escludere dalla famiglia imperiale i membri eccedenti o quelli considerati pericolosi, ai quali veniva assegnato un nuovo cognome. Durante la fase di predominio dei Fujiwara, essi avevano creato un nuovo sistema, che si basava su una sorta di governo familiare, che andava a sostituire gli organismi di governo con organizzazioni private interne al clan, tra cui il più importante Mandokoro, l’Ufficio amministrativo dei Fujiwara, divenuto il fulcro del governo centrale. Con la pratica dell’insei la famiglia imperiale imitò il modello Fujiwara e li sostituì come arbitro nell’aspra contesa sui diritti delle risorse della terra ed a appropriarsene a loro volta di una parte. La forza militare però cominciò ad influire pesantemente sulla Corte imperiale quando nel 1156 si scatenò una grande guerra civile per la successione al trono, nota come Hogen no ran (rivolta dell’era Hogen), quando l’Imperatore in ritiro cercò di imporre suo figlio come successore al trono, a cui invece era asceso Go Shirakawa, così le grandi famiglie militari si schierarono chi da una chi dall’altra parte, con protagonisti i Taira ed i Minamoto. I Taira guidati dal leader Kiyomori, appoggiarono Go Shirakawa e vinsero. La vittoria portò ad un periodo di supremazia esercitata dai Taira in ogni ambito e Kiyomori ottenne importanti cariche ed onorificenze. Mantenne il potere per circa 20 anni, detti periodo Rokuhara. Il suo potere si fondò però sul dispotismo e sulla violenza, perdendo così l’appoggio di tanti precedenti alleati, tra cui lo stesso Imperatore. Così si formò una nuova ampia coalizione dietro i Minamoto ed il loro leader Yoritomo, che sconfisse i Taira nella celebre battaglia navale di Dannoura. Nacque così il periodo Kamakura, poiché Minamoto Yoritomo istituì un governo militare proprio a Kamakura. In questa nuova fase le grandi casate guerriere (buke) rappresentavano la nuova aristocrazia militare al potere a scapito delle kuge, l’aristocrazia civile di Heian. Fu dunque creato un centro di potere alternativo rispetto alla Corte imperiale, guidato appunto dall’élite militare. Si registrò un incremento degli shoen detenuti dalle famiglie guerriere, che affiancarono al potere militare anche la ricchezza, mentre per i kuge si fece sempre più difficile la riscossione degli shiki, in quanto gli amministratori degli shoen usavano spesso espedienti per inviare meno del dovuto. Yoritomo, a differenza del precedente avversario Kiyomori, invece che appropriarsi del potere di Heian, preferì creare un centro di potere militare ex novo, detto bakufu (governo della tenda), governo militare retto da capi guerrieri, gli shogun. Lui e la classe guerriera dei samurai riuscirono a stabilire quindi il pieno controllo sulla regione in cui si erano stabiliti, il Kanto, fertile, pianeggiante e lontana da Heian. Quando l’Imperatore Go Toba assegnò a Yoritomo il titolo di Shogun, tale carica assunse anche il significato di delega del potere politico. Cominciò così il progressivo accentramento del potere sul bakufu, che però non si compì totalmente in questo periodo, in cui per circa 2 secoli si verificò una sorta di governo duale con la Corte imperiale, in un equilibrio tra le due forze. Yoritomo organizzò attorno a sé tutti i propri seguaci assegnandogli il titolo di gokenin (membri della casata), in genere assegnato a guerrieri di umili origini e non direttamente facenti parte della casata, in cambio della loro incondizionata fedeltà, estendendo anche il loro potere con incarichi direttivi. Yoritomo dichiarò il proprio sostegno alla Corte imperiale ed ottenne da essa il titolo di sotsuibushi (capo della polizia militare), che poteva inviare in tutte le province un suo dipendente, per compiti di sorveglianza e di repressione, detto shugo (letteralmente protettore, ma di fatto governatore militare). Fu affermato quindi in modo sistematico che gli shugo avrebbero ricoperto nelle province questi compiti di polizia e di riscossione delle imposte, affiancando dapprima i governatori civili, i kokushi, sostituendoli definitivamente poi. Questo titolo dato a Yoritomo nel 1185 è spesso considerato come l’inizio dell’età feudale giapponese, in quanto da ora si sistematizzò la pratica di suggellare le alleanze militari attraverso la garanzia di proteggere i diritti sugli shoen, gettando così le basi per un vero e proprio feudalesimo. I poteri di Yoritomo furono ulteriormente estesi al conferimento dei titoli di soshugo (capo dei governatori militari) e sojito (capo degli intendenti militari), così che ebbe la facoltà di inviare gli shugo e gli jito anche nelle regioni oltre il Kanto. Gli jito erano funzionari incaricati di raccogliere le imposte, che beneficiavano a loro volta di uno shiki. Il titolo di jito divenne ereditario e finì per avere il totale controllo sullo shoen, a discapito degli amministratori e degli stessi proprietari. Questi erano alle dirette dipendenze di Yoritomo, così egli stabilì tutta una rete di controllo sugli affari degli shoen. La legittimazione ultima arrivò solo nel 1192, quando fu nominato shogun, inviato quindi contro i barbari, che riuscì effettivamente a sottomettere ed a estendere i confini imperiali fino all’estremità settentrionale dell’Honshu. L’apparato amministrativo del bakufu si fondava su 3 organismi principali: ▲ Samurai dokoro (Ufficio degli affari militari), che controllava i vassalli e sovrintendeva agli affari militari e di polizia. ▲ Kumonjo (Ufficio dei documenti pubblici), che nel 1191 confluì nel Mandokoro, l’Ufficio amministrativo, nel quale erano conservati i documenti pubblici e si occupava delle questioni amministrative e politiche. ▲ Monchujo (Ufficio investigativo), una sorta di Corte d’appello per reclami e contese legali. Erano inizialmente organismi privati dei Minamoto, con ogni capo di essi scelto personalmente da Yorimoto, estesi poi al governo del bakufu. All’interno della classe militare era presente una rigida gerarchia, al cui apice c’erano i gokenin, con sotto i kenin, con a loro volta sotto i samurai, che disponevano di cavalli ed un gruppo di seguaci. All’ultimo posto abbiamo i zusa, fanti semplici, senza cavalli ed elaborate armature. All’interno della classe militare c’era un rigido codice morale che abbiamo già trattato, una via riservata al guerriero, detta bushido. Alla morte di Yoritomo i due figli non si dimostrarono all’altezza dell’eredità paterna e, dopo una serie di turbolenze prese il potere il nonno materno dei due, la cui casata, gli Hojo, regnò per un periodo di pace e stabilità. Inizialmente Kamakura non riuscì ad esercitare il proprio controllo su tutti gli shoen, infatti alcuni rimasero sotto il controllo della nobiltà di Kyoto, ma una svolta ci fu nel 1221, quando l’Imperatore Go Toba tentò di attaccare il bakufu senza successo. Così i militari reagirono ed esiliarono l’Imperatore e due suoi predecessori, mettendo sul trono uno più a loro gradito. Inoltre il governo degli Hojo confiscò le terre dei kuge ribelli prendendone il controllo, ma soprattutto inviò a Corte due tandai, inviati diretti dello shogun, con il compito di vegliare sul trono ed approvarne ogni iniziativa. Estese anche il sistema degli jito su tutto il Paese. La novità più importante però fu l’introduzione del Codice Joei, che sostituì le vecchie norme imperiali e dettò i principi della classe militare. Enunciava i diritti e le norme di comportamento dei bushi e definiva i compiti dei funzionari di Kamakura, suggerendo di attenersi al buon senso, senza applicare una rigida osservanza alle antiche norme, desuete in una società fortemente mutata. Si codificò in sostanza una legge feudale ispirata ai valori dominanti in quel momento. L’aristocrazia guerriera trovò sostegno culturale nella scuola buddhista Zen, finalizzata al controllo del corpo e della mente, una forte disciplina mentale. Verso la fine del XIII sec. i mongoli che avevano fondato la dinastia Yuan in Cina decisero di appropriarsi del Giappone e nel 1274 inviarono una grande spedizione militare in Giappone, che però fu costretta a ritirarsi dopo un solo giorno di battaglia a causa di un provvidenziale tifone che danneggiò gravemente la flotta. Così gran parte del Giappone fu impiegata nella costruzioni di grandi fortificazioni in previsione di un nuovo attacco, che avvenne nel 1281, ancora più grande del precedente. Dopo 2 mesi di scontri i mongoli dovettero di nuovo ritirarsi a causa di un nuovo tifone. Di nuovo il bakufu si spese molto in attività di difesa. Inizialmente Kamakura ricevette grande prestigio dalla rocambolesca vittoria, ma segnò di fatto la sua fine. Infatti spesero molto in termini di fatica, ricchezza e vite umane, senza ricavare alcun bottino di guerra, non furono così in grado di risarcire né le famiglie delle vittime né le istituzioni religiose che ritenevano aver contribuito molto con l’invocazione del vento divino. Così si andò minando il concetto di governo giusto del bakufu. Inoltre l’ultimo shikken (primo ministro) di Kamakura, non brillò né per intelligenza né per moralità, neanche quando divenne reggente. Aumentò così l’ostilità verso gli Hojo, tanto da far nascere il progetto di una Restaurazione Kenmu, per riportare nelle mani dell’Imperatore il governo. Il colpo di mano fu tentato dall’Imperatore Go Daigo, che nel 1321 fece abolire il sistema degli imperatori in ritiro per accrescere il proprio potere, inoltre cercò di guadagnarsi l’appoggio di quelle casate militari che auspicavano la fine della supremazia Hojo. Kamakura reagì inviando un contingente armato a Kyoto, che riuscì a respingere, così Go Daigo scappò con i simboli dell’autorità imperiale, ma fu presto catturato, riportato a Kyoto, deposto ed esiliato. Ma nel 1333 egli evase dall’isola dove era stato esiliato, mentre il fronte filoimperiale non si era ancora sciolto, così Kamakura inviò due contingenti militari, guidati da due generali, uno dei quali morì, lasciando entrambe le schiere nelle mani dell’altro , Ashikaga Takauji, che si ammutinò passando dalla parte imperiale. Così sconfisse le truppe di Kamakura a Kyoto entrando trionfalmente con Go Daigo, mentre a est un altro generale attaccò e distrusse Kamakura. Fu la fine del bakufu, mentre a Kyoto si proclamava l’era Kenmu nel 1334. L’imperatore cercò di ricompensare tutti i capi militari con cariche pubbliche importanti, ma non rimase soddisfatto il più potente di essi, proprio Takauji, che non ottenne la carica di shogun. Così si ribellò, sconfisse le truppe imperiali ed entrò di nuovo trionfalmente a Kyoto, depose l’Imperatore e ne fece eleggere un altro dal ramo principale della famiglia imperiale, che lo proclamò shogun. Takauji scelse la capitale come sede del proprio governo legittimato appunto dalla carica di shogun. Le riforme operate da Go Daigo gli avevano spianato la strada, infatti si adoperò una fusione tra cariche civili e militari, dando così al governo militare un potere mai avuto in precedenza. Gli stessi governatori militari ebbero un potere senza precedenti e la stessa famiglia imperiale si ritrovò senza terre, essendo state messe, nell’ottica della centralizzazione, nel dominio del tesoro pubblico. Nacque così il periodo Muromachi, da nome del quartiere di Kyoto scelto come sede del governo militare che vide avvicendarsi 15 membri del clan Ashikaga come shogun. Il sistema istituito da Takauji si ispirava per grandissima parte al bakufu precedente, con l’assetto centrale che rispecchiava quella di Kamakura con il Samurai dokoro, il Mandokoro e il Monchujo, acui affiancò il nuovo Onshogata (ufficio per le ricompense). La carica più alta era quella di kanrei (capo dell’amministrazione), assegnata a 3 più potenti vassalli dello shogun. A livello locale utilizzò ancora il sistema degli shugo e degli jito, mentre l’autorità era esercitata dai delegati regionali. Per quanto riguarda il controllo sulla Corte imperiale fu garantito dalla vicinanza del bakufu. Nel 1336 Takauji emanò il Kenmu shikimoku, un codice ispirato al Codice Joei, che avrebbe costituito la base legale e politica del regime Ashikaga. Dopo aver conquistato la capitale Takauji dovette affrontare il conflitto tra le due Corti imperiali del Sud e del Nord (Nanbokucho). Infatti dopo essere stato deposto, Go Daigo era fuggito aYoshino a sud di Kyoto, con le insegne imperiali. Gli scontri tra le due corti ed i relativi alleati militari si protrassero fino al 1392, quando l’ultimo sovrano del Sud si arrese, consentendo agli Ashikaga di estendere il proprio dominio su tutto il Giappone. Il problema del dominio era però più complesso, infatti molti shugo avevano approfittato del clima di disordine per rafforzare il proprio dominio locale, dunque il bakufu non era più garante, come una volta, dei diritti sulle terre e dispensatore di potere, rendendo meno solide le alleanze, inoltre potenti famiglie di shugo monopolizzarono le 3 cariche di kanrei, tanto da dover considerare in effetti il governo Ashikaga come una coalizione formata da shogun e shugo. Uno dei predecessori di Takauji, Yoshimitsu, riuscì a rimpinguare le casse del bakufu grazie ad un fiorente commercio con la Cina dei Ming. Dopo di lui si aprì una fase di governanti meno abili e congiure, che indebolirono il bakufu sempre di più. In una fase di assoluto potere locale da parte degli shugo, che, oltre ad aver da tempo ottenuto i poteri dei kokushi, avevano preso per sé anche i poteri dei jito, inoltre beneficiavano della pratica avviata da Takauji del hanzei (pagamento della metà), che gli consentiva di riscuotere la metà delle imposte dello shoen per sostenere le proprie milizie. Ciò che legava shogu e shogun erano le garanzie di potere che questo poteva dargli, ma venendo meno la capacità di fare questo, a causa dell’indebolimento del governo centrale, venne meno anche il vincolo di fedeltà verso lo shogun. Gli shugo ormai mantenevano il proprio potere e ne guadagnavano altro in base alla propria forza, in grado di fronteggiare o meno gli attacchi esterni e di attaccare per conquistare più potere a loro volta. Molti shugo si indebolirono per l’obbligo che avevano di risiedere a Kyoto, sul campo i loro delegati erano gli shugodai. Nel 1467 cominciò l’era Onin, con un’aspra guerra per la successione shogunale, tra gli Hosokawa e gli Yamana, che durò per almeno 10 anni. Si affrontarono nella zona della capitale, distruggendone una parte, ma lo shogun non se ne curò, dedito più che altro alla cultura ed alle arti, come poi molti suoi successori. Questa guerra segnò l’inizio di un lungo periodo di guerre civili, detto Sengoku (dei territori belligeranti), che durò circa un secolo. In tutto questo tempo ci fu una progressiva perdita dell’autorità bakufu, fino alla deposizione dell’ultimo shogun Ashikaga, nel 1573. Di fatto, anche se Imperatore e shogun continuavano a rappresentare i simboli dello Stato unificato, esso era diviso in una serie di realtà autonome, del tutto svincolate dal controllo centrale, che produsse l’ascesa di capi militari locali, detti sengoku daimyo, visto che erano in continua lotta per consolidare o difendere i propri domini. Era ormai un vero e proprio feudalesimo decentrato. Era successo che il potere di molti shugo fu minato dall’eccessivo sforzo bellico ed alcune casate si smembrarono a causa di conflitti interni. Questo causò un frazionamento del territorio in numerose unità politiche, controllate da grandi famiglie residenti in esse, che avevano approfittato dell’indebolimento del governo militare e degli shugo per affermare un proprio potere politico autonomo con la forza. Questo fu chiamato dai giapponesi gekokujo (trionfo degli inferiori sui superiori). Ci fu una completa redistribuzione del potere con l’ascesa di nuovi leader militari, i sengoku daimyo. I domini di questi erano del tutto autonomi e non coincidevano più né con le province né con gli shoen, da cui i proprietari erano stati totalmente estromessi, perdendo ogni diritto su di essi. Fu così la fine del sistema shoen. Il daimyo assorbì quindi diritti amministrativi e di proprietà sulle terre, diventando quasi un vero e proprio feudatario. All’interno del proprio dominio il daimyo era svincolato da tutto e poteva emanare codici
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