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GATTOPARDO DIFFERENZE TRA ROMANZO E FILM, Dispense di Psicologia Generale

DESCRIZIONE DELLE DIFFERENZE TRA ROMANZO E FILM GATTOPARDO

Tipologia: Dispense

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Caricato il 04/05/2021

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Scarica GATTOPARDO DIFFERENZE TRA ROMANZO E FILM e più Dispense in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! RAPPORTO TRA ROMANZO E FILM GATTOPARDO Visconti fu relativamente fedele, sia nei contenuti specifici che nella complessiva visione del mondo, al romanzo di Tomasi. Si registrano tuttavia alcune significative differenze riguardo i contenuti generali dei due testi. Malgrado la materia del romanzo sia complessivamente rispettata, analizzando l'intera successione delle sequenze del film, si possono notare alcune significative differenze rispetto al romanzo: Visconti costruisce una architettura a blocchi narrativi per quattro grandi movimenti (a Palermo, verso Donnafugata, a Donnafugata, il ballo), analoga a quella del romanzo, ma alcune parti sono escluse nel film pur essendo presenti nel romanzo, mentre altre, escluse dal romanzo, sono introdotte ex novo nel film. Tra le prime: la visita di Padre Pirrone, che è il prete di casa Salina, a San Cono suo borgo nativo, e le sue conversazioni politiche con i villani, in cui definisce il concetto di aristrocazia (cap.V). Di questo episodio non sopravvivono che frammenti dell’incontro con i contadini e l’"erbuario"; ma l’incontro è trasportato in un’osteria sulla strada di Donnafugata; la morte del principe nel 1883 (cap.VII); questa esclusione non attenua tuttavia il profondo senso di morte che percorre il film che prelude e anticipa, soprattutto nella sequenza del ballo, la morte del principe; la serie degli episodi successivi alla morte del principe Fabrizio, allorché rivediamo Concetta e le sorelle, ormai ragazze invecchiate (1910) e seguiamo la burlesca storia delle reliquie fasulle. Tra le seconde: vengono introdotti quadri che descrivono la battaglia dei garibaldini e della popolazione contro i borbonici; ci sono alcune allusioni alle fucilazioni dei disertori dell'esercito regio passati con Garibaldi; con questi motivi rivoluzionari e guerreschi, assenti nel romanzo, Visconti intese dare una maggiore concretezza allo sfondo storico del film; anche se gli episodi rivestono più un carattere evocativo-simbolico che documentario; è esaltata la scena del ballo palermitano a palazzo Ponteleone, la cui durata è da sola più d’un terzo (46') del film. La scena del ballo è cosparsa dei segni in cui è prefigurato il corso futuro degli eventi. E' l'episodio del ballo, questo lungo 'monologo interiore', che dà al film la sua dimensione più profonda, ne chiarisce il senso ed enuncia definitivamente quello che ne è il tema sottilmente segreto, il Tempo. La macrosequenza del ballo ha valenza riassuntiva, riepilogativa e conclusiva. Da un lato Pallavicino, Tancredi e Sedara, ovvero la Storia, dall'altro la bellezza di Angelica, il senso della morte di don Fabrizio e il fascino crepuscolare di un rito al tempo stesso parossistico ed estenuante, ovvero l'Esistenza, sono immersi, senza gerarchie, in una struttura circolare, che la musica continuamente sottolinea ed esalta. IL ROMANZO E IL FILM Somiglianze e differenze Visconti si ispirò spesso a testi letterari, che utilizzava, per lo più, come semplici canovacci, allontanandosene sia nella struttura che nel senso. Il Gattopardo costituisce, in questo senso, una vera e propria eccezione: Visconti fu infatti relativamente fedele, sia nei contenuti specifici che nella visione del mondo, al romanzo di Tomasi. Proprio questa fedeltà rende particolarmente significative le differenze: proviamo dunque ad analizzarle in dettaglio. I contenuti Visconti articola la narrazione in quattro blocchi narrativi (a Palermo, verso Donnafugata, a Donnafugata, il ballo) che corrispondono perfettamente a quelli del romanzo: alcuni episodi, però, pur essendo presenti nel romanzo, sono stati esclusi dal film, mentre altri sono innovazioni del film. Tra gli episodi omessi ci sono, per esempio, la visita di Padre Pirrone (il cappellano di casa Salina) al suo borgo nativo, San Cono, e le sue conversazioni politiche con i villani, in cui egli definisce il concetto di aristocrazia (cap.V): di questo episodio sopravvivono solo alcuni frammenti dell’incontro con i contadini (che viene però trasportato in un’osteria sulla strada di Donnafugata) perché Visconti non vuole allontanare troppo l’attenzione dello spettatore dal vero oggetto del suo interesse, la figura del principe. Nel film sono eliminati anche la sua morte (cap.VII) e gli episodi ad essa successivi: questa esclusione, dovuta, come anticipato, alla volontà di non raccontare le cose senza l’occhio del principe, non attenua il profondo senso di morte che percorre il film, anzi, lo potenzia e lo rafforza, lasciandolo come una minaccia incompiuta e latente che incombe sulla vita del protagonista. Al contrario sono invece introdotte delle immagini che descrivono la battaglia dei garibaldini e della popolazione contro i borbonici nelle vie di Palermo; sono presenti alcune allusioni alle fucilazioni dei disertori dell'esercito regio passati dalla parte di Garibaldi. Con questi motivi rivoluzionari e guerreschi, assenti nel romanzo, Visconti intende dare una maggiore concretezza allo sfondo storico del film, anche se gli episodi hanno un carattere evocativo - simbolico più che documentario. Ma l’aspetto più significativo è senza dubbio l’ampliamento della scena del ballo palermitano a palazzo Ponteleone, presente nel romanzo ma non nelle proporzioni assunte nel film: essa dura, da sola, più d’un terzo (46' su 181’) dello spettacolo (Visconti stesso, in un'intervista, parlò di "dilatazione iperbolica" dell’episodio). Questo accade perché il regista affida a questa scena il compito di concludere il film, ricomponendo i diversi motivi del romanzo (nel gran ballo, che allude alla vita, si muovono circolarmente, in un perpetuo movimento che non ha principio né fine, Pallavicino, Tancredi e Sedara, che rappresentano la Storia, Angelica, che incarna il fascino della giovinezza, e Don Fabrizio, che ricorda l’incombere della morte) ed anticipando con inquietanti segnali il corso futuro degli eventi (la relatività di tutto ciò che riguarda la vita dell’uomo di fronte all’inesorabile scorrere del Tempo). Il capitolo I e la sua trasposizione cinematografica Se si confrontano le sequenze del I capitolo del romanzo e quelle del film, si può notare che, anche in questo caso specifico, alcune sequenze del primo non compaiono nel secondo, che altre sono state aggiunte e che altre ancora occupano un posto diverso rispetto all'ordine in cui sono presentate nel romanzo. Il I capitolo del romanzo si apre e si conclude, in modo circolare, con la recita del rosario; all'interno di questo momento rituale, la vita si svolge sempre uguale a se stessa, con un’unica trasgressione, la visita alla prostituta Mariannina, che non a caso si situa al di fuori dello spazio della casa. La corrispondente sezione del film si apre invece con la descrizione, a piani sempre più ravvicinati, della villa Salina, per chiudersi con gli scontri di Palermo, allargando così lo sguardo dalla storia della famiglia (rappresentata dal palazzo solitario e dignitoso) alla storia in senso lato. Le motivazioni di questi cambiamenti sono facilmente deducibili: nel film, che ha tempi e spazi narrativi più stretti di quelli del romanzo, hanno mantenuto la loro posizione di rilievo i protagonisti (il principe, Tancredi e Padre Pirrone), mentre gli altri personaggi sono stati messi in secondo piano o addirittura esclusi; allo stesso modo sono state eliminate le scene che riguardano l'attività del principe (i contatti con gli amministratori e i controlli delle merci portate dai contadini), che deve apparire subito nel suo aspetto di uomo tormentato da oscuri presentimenti e non come un nobile impegnato in faccende quotidiane. Il tempo del romanzo e il tempo del film Il tempo del film comprende gli anni 1860 – 62: rispetto al romanzo sono escluse sia la morte del principe (che avviene nel 1883) sia le vicende conclusive (che sono riferibili al 1910). L'omissione è compensata dal significato che il regista attribuisce alla lunga sequenza del ballo: è il ballo infatti che, consacrando i mutamenti storici avvenuti (come ha correttamente sottolineato il critico Emilio Cecchi, il ballo tra il principe e Angelica è "una simbolica investitura, una sorta di testamento cavalleresco che consacra un passaggio di poteri, il nascere di un nuovo mondo"), anticipa quelli futuri (la solitudine del principe, nonostante egli sia immerso nella folla dei ballerini, prepara il distacco definitivo della morte). Gli eventi storici hanno maggiore rilievo nel film che nel romanzo, dove sono raccontati con delle analessi (per esempio il ritrovamento del cadavere del soldato morto, il plebiscito…): essi, però, entrano nel film con forti stacchi, come vicende esterne di scarsa significatività narrativa, perché il fulcro del racconto è il privato del principe, che implica l’attenzione sulla sua casa e sulla sua famiglia. Gli eventi hanno dunque una funzione evocativo – simbolica, che li rende poco attendibili dal punto di vista storico: il racconto che ne fa chi vi ha partecipato è infatti impreciso e tendenzioso (per esempio quello di Tancredi sulla battaglia di Palermo e quello di Pallavicino sulla battaglia di Aspromonte e la figura di Garibaldi). L’ironia che accompagna taluni episodi (per esempio quello del plebiscito) mette in rilievo questa concezione critica e disincantata della storia. Anche nel film le ellissi temporali sono forti e il passare del tempo inavvertito: se Pallavicino non parlasse del “fattaccio” dell'Aspromonte, sarebbe difficile datare l'episodio del ballo. La resa del tema principale: il presentimento della morte Tra i pensieri più ricorrenti del principe c'è la morte, che non è avvertita dal protagonista né come un totale annullamento della persona né come un passaggio nell'oltretomba cristiano (anche se nel momento del trapasso del principe non manca il prete con le ultime preghiere rituali): essa viene infatti percepita come uno sgretolarsi della personalità legato ad un vago presagio di una vita non terrena, che finalmente porrà termine alle noie, alle angosce e alle inquietudini dell’esistenza. Il tema della morte è senza dubbio il più importante sia nel romanzo (in particolare nel settimo capitolo, intitolato "La morte del Principe") che nel film, ma, a causa dei diversi codici utilizzati dalle due forme narrative, esso viene affrontato con differenti simbologie ed espedienti. La morte entra per la prima volta nel romanzo e nel film con la scoperta, nel giardino della villa dei Salina, del cadavere di un soldato ucciso: la descrizione del ritrovamento avviene, nel primo capitolo del romanzo, per mezzo di un flashback, ma risulta particolarmente forte e brutale perché volutamente contrapposta alla precedente descrizione del giardino, di cui si esaltano la vitalità e la bellezza. Nella sequenza del film, invece, la morte fa un ingresso meno violento: il corpo del ragazzo, a differenza di quanto accade nel romanzo, è compostamente steso a terra, perché l’immagine del cadavere ha più forza della sua descrizione, che proprio per questo viene accentuata negli aspetti più macabri.
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