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Gattopardo - Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Appunti di Letteratura Italiana

Appunti di letteratura italiana del professor Pupo. Università della Calabria

Tipologia: Appunti

2020/2021
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Caricato il 19/04/2021

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Scarica Gattopardo - Giuseppe Tomasi di Lampedusa e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Gattopardo Ambientato maggiormente a Palermo, è l’unico romanzo completo dell’autore, pubblicato postumo nonostante egli ci tenesse particolarmente (nelle carte documentarie raccomanda più volte ai parenti di farlo pubblicare). Ebbe comunque successo di pubblico e di critica in Italia e all’Estero. Viene pubblicato nel 1958, in seguito alla morte dell’autore avvenuta un anno prima a causa di una malattia polmonare ma venne trovato anche l’abbozzo di un altro romanzo “lezioni di letteratura straniera” (principalmente inglese e francese) e di alcuni racconti, che vennero anch’essi pubblicati. La moglie testimonia che lui da molti anni aveva in mente la scrittura di un romanzo ispirato alla figura del nonno, un aristocratico borbonico al tempo dello sbarco di Garibaldi in Sicilia (Risorgimento) ma lo scrive solo tra il 55-56; viene poi copiato da lui stesso e battuto a macchina da Francesco Orlando, uno dei suoi allievi e tra i più importanti critici del filone della critica psicoanalitica. Le 2 case editrice a cui lo propone (Mondadori ed Einaudi) lo rifiutano e verrà pubblicato solo in seguito dalla Feltrinelli (e maggiormente Bassani). Il rifiuto dell’Einaudi ha un significato storico e deriva da Elio Vittorini, direttore della casa editrice, il quale gli fa capire che il suo romanzo non è in linea con il progetto di rinnovamento culturale e letterario che la casa editrice stessa si proponeva in quegli anni (2º dopoguerra). Secondo Vittorini, il romanzo è anacronistico, attardato tanto da sembrare ottocentesco: si inserisce nel filone del romanzo storico che ha il suo grande successo tra fine 800, inizi 900 e che secondo questo è superato ormai. Lo definisce prolisso in alcune parti, e in altre schematico. Giorgio Bassani al contrario, colpito dalla sua qualità, deciderà di pubblicarlo; la prolissità (che per Bassani è una sorta di soffio lirico) è finalizzata ad un particolare scopo ovvero quello di descrivere un mondo e fare entrare il lettore al suo interno. La trama è molto simile a quella dei Viceré: narra di una famiglia siciliana borbonica e maggiormente del capofamiglia Don Fabrizio di Salina durante il periodo dell’Unità d’Italia e del post-unità. La decadenza della famiglia e l’ascesa di nuovi ceti come la borghesia e la delusione dettata dal Risorgimento. Viene accomunato ai Viceré, e a “I vecchi e i giovani” di Pirandello nella definizione dei romanzi “antistorici” (hanno lo scopo di rendere evidente il fallimento che portano gli eventi storici, la loro regressione) studio coniato da Spinazzola. Questa visione è dettata dalla delusione che gli autori vedono nell’isola a causa del processo risorgimento. Un altro tema è il mancato ricambio della classe dirigente perché nonostante i cambiamenti, le persone al potere sono sempre le stesse. Il romanzo è scritto in un momento di passaggio: dalla Monarchia alla Repubblica dopo la 2ª guerra mondiale e la liberazione dal fascismo. Giuseppe Tomasi (di Lampedusa) → ovvero Principe di Lampedusa, appartiene alla classe sociale di cui scrive, la nobiltà. Studioso colto che si dedica interamente all’otium letterario. La prospettiva rispetto ai Viceré è diversa nonostante sembrino molto simili e poiché egli è molto consapevole del confronto che si potrebbe creare, si preme di sottolineare la sua prospettiva rispetto a quella di D.R; nell’introduzione del romanzo da parte di Gioacchino Lanza Tomasi (adottato dall’autore poiché non aveva figli), egli riporta alcune lettere di Tomasi e in seguito la copia dell’opera ricevuta da parte del barone Enrico Merlo. D.R nella sua opera, mostra astio nei confronti di quella classe sociale di cui tratta attraverso l’aggressività della scrittura e il rendere i personaggi portatori di disvalori mentre Tomasi di Lampedusa ha nei confronti di questa classe un atteggiamento positivo. La nobiltà, nel romanzo, viene descritta sotto una duplice luce: una decadenza fisica, economica e di prestigio (quest’ultima dovuta al latifondo; la sua vastità e la cattiva amministrazione da parte del nobile, portava a dei furti da parte di contadini e amministratori). I nobili perciò regredivano sempre più e i nuovi borghesi si arricchivano approfittando della situazione e accumulando (come Mastro Don Gesualdo)- Nell’opera Don Fabrizio si rende conto di non essere un buon amministratore dei propri feudi e guarda con ammirazione del parvenu Don Calogero Sedàra, borghese in ascesa; la decadenza vera e propria avviene quando le ricchezze del non-nobile (diventato anche sindaco) sono alla pari di quelle del nobile, inoltre mentre Don Fabrizio dovrà spartire il patrimonio tra i figli, Don Calogero lo lascerà all’unica figlia Angelica: i figli del nobile avranno il nome della casata, ma la figlia del non-nobile sarà più ricca. Lo squilibrio porta alla decadenza dei primi, e all’entrata nella classe dirigente degli altri che approfittano della situazione unendosi con l’aristocrazia (mescolanza tra classi con matrimonio): Viceré: Uzeda – Giulente Gattopardo: Salina – Sedara Un’altra differenza con i Viceré sta nel fatto che, questo era un romanzo corale basato su un’intera famiglia, il Gattopardo invece si incentra maggiormente su un personaggio solo, Don Fabrizio superiore moralmente, intellettualmente e fisicamente: il principe ci viene descritto come un gigante, massiccio e alto, la sua stazza intimorisce gli altri ed è diverso dai suoi compatrioti anche perché per metà, da parte di madre, è tedesco. La sua diversità fisica è specchio di una diversità morale e intellettuale: ha un’intelligenza molto acuta e si chiede continuamente il senso delle cose, come quello per gli eventi storici senza però trovar risposta; è inoltre un intellettuale tanto da avere un particolare interesse per l’astronomia e la matematica e ciò lo rende stravagante agli occhi degli altri nobili ma ha altre caratteristiche che lo rendono adeguato a questi: buon cacciatore, cavallerizzo e donnaiolo. Ha una forte personalità, infatti gli piace intimorire qualcuno, dargli ordini e dominare su tutti, ma gli eventi storici sono fuori dalla suo arbitrio ed egli non riesce a prevederli né tanto meno a gestirli, come accade con gli uomini, mentre vede nell’astronomia e nella matematica la prevedibilità: tutto è calcolabile. In un primo momento egli pensa di avere il controllo su tutto (compresa la famiglia), ma cosi non è. Egli ha 7 figli e un nipote, Tancredi Falconieri (figlio della sorella) di cui è tutore perché rimasto orfano e privo di denaro che da un momento all’altro, nel 1860 inizia a frequentare i liberali e ciò non era stato previsto da Fabrizio che chiede spiegazioni ricevendo come risposta il fatto che la dinastia borbonica sarebbe presto decaduta (cosa che pensa anche lui) e che bisognava stare dalla parte dei futuri vincitori per trarne vantaggio (P.50): “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Questa tesi di immobilismo storico, è stata scambiata per l’ideologia di Tomasi di Lampedusa ma cosi non è. Il 1º capitolo termina con lo sbarco di Garibaldi a Marsala e mentre alcuni nobili fuggono per paura, Don Fabrizio non lo fa; Garibaldi consegna a Teano l’Italia Meridionale a Vittorio Emanuele e i nobili rimangono al loro posto, lo stesso Fabrizio che ha la protezione del nipote. Apparentemente non è cambiato nulla ma adesso i Garibaldini, anche semplici contadini siciliani che si sono arruolati con i rivoluzionari, e che per Fabrizio non sono nessuno, hanno maggiore potere dei nobili. I successivi capitoli sono ambientati a Donnafugata e qui egli inizia a rendersi conto che nulla è rimasto com’era e ciò che più lo sconvolge è rappresentato dalla figura di Don Calogero che approfittando della situazione,
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