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Gattopardo riassunto e analisi, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Analisi e riassunto capitolo per capitolo del Gattopardo

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 18/04/2020

alemus
alemus 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica Gattopardo riassunto e analisi e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Letteratura italiana contemporanea GATTOPARDO Nome Descrizione e ruolo Don Fabrizio Corbera Protagonista; biondo, massiccio, alto e imponente, con la passione dell’astronomia Maria Stella in Corbera Moglie di don Fabrizio; piccola e smilza al confronto del marito e sempre pronta a perdonare le sue scappatelle Padre Pirrone Gesuita del casato; bonario e amico del principe Tancredi Falconieri Secondo protagonista; giovane, espansivo e dotato per la politica Don Calogero Sedara Suocero di Tancredi; rozzo ma ricco, simbolo di una classe sociale in ascesa Angelica Sedara Fidanzata di Tancredi; giovane e bella ragazza Don Ciccio Tumeo Organista di Donnafugata; socievole e sincero, compagno di caccia e migliore amico del principe Concetta Corbera Figlia di don Fabrizio; irascibile e infantile, innamorata, non corrisposta, di Tancredi Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scrittore italiano nato a Palermo nel 1896 e morto a Roma nel 1957. Di famiglia aristocratica, trascorse la fanciullezza in Sicilia, compiendo, in seguito, numerosi viaggi all'estero. Combatté nella prima e nella Seconda guerra mondiale. Dopodiché, studioso di letteratura straniera e di libri storici, si dedicò alla narrativa negli ultimi suoi anni di vita. Gattopardismo > atteggiamento di tipo politico secondo il quale si mantiene lo stato delle cose però si fa finta che qualcosa cambi. Chi parla di gattopardismo ne parla senza aver letto realmente il romanzo o almeno quel passaggio. L’altro elemento che è costato molto al romanzo > sembra che il protagonista del romanzo sia un principe. Il Gattopardo per eccellenza è il principe è un vecchio ormai maturo rappresentante dell’aristocrazia siciliana, che si trova dentro a questo periodo di trasformazione. Lui dotato di grande ricchezza e potere, chiamato Don Fabrizio, si trova a dover gestire il cambiamento dal momento in cui dal Piemonte inizia l’Unità d’Italia. Questa trasformazione non è guardata come un fenomeno negativo o inevitabilmente è sottoposto ad un giudizio da parte degli aristocratici. Narratore è esterno o quasi sempre esterno e ci racconta come inizia la giornata del principe. Il narratore non coglie i personaggi, ma i luoghi dove i personaggi si trovano. Spesso la narrazione è sospesa per lunghi periodi di tempo: inizialmente mesi, poi verso la fine per lunghi anni. Il narratore (probabilmente di metà Novecento) è esterno e palese, perché talvolta commenta la vicenda e talvolta attua dei paragoni tra l'epoca che narra e quella in cui vive. La focalizzazione è variabile poiché il narratore conosce il punto di vista di alcuni personaggi (quali per esempio il Principe). TRAMA Il racconto inizia con la recita del rosario in una delle sontuose sale del Palazzo Salina, dove il principe Fabrizio, il gattopardo, abita con la moglie Stella e i loro sette figli: è un signore distinto e affascinante, raffinato cultore di studi astronomici ma anche di pensieri più terreni e a carattere sensuale, nonché attento osservatore della progressiva e inesorabile decadenza del proprio ceto; infatti, con lo sbarco in Sicilia di Garibaldi e del suo esercito, va prendendo rapidamente piede un nuovo ceto, quello borghese, che il principe, dall'alto del proprio rango, guarda con malcelato disprezzo, in quanto prodotto deteriore dei nuovi tempi. L'intraprendente e amatissimo nipote Tancredi Falconeri non esita a cavalcare la nuova epoca in cerca del potere economico, combattendo tra le file dei garibaldini (e poi in quelle dell'esercito regolare del Re di Sardegna), cercando insieme di rassicurare il titubante zio sul fatto che il corso degli eventi si volgerà alla fine a vantaggio della loro classe; è poi legato da un sentimento, in realtà più intravisto che espresso compiutamente, per la raffinata cugina Concetta, profondamente innamorata di lui. Il principe trascorre con tutta la famiglia le vacanze nella residenza estiva di Donnafugata; il nuovo sindaco del paese è don Calogero Sedara, un parvenu, ma molto intelligente e ambizioso, che cerca subito di entrare nelle simpatie degli aristocratici Salina, mercé la figlia Angelica, cui il passionale Tancredi non tarderà a soccombere; quella Angelica che, pur non potendo uguagliare la grazia altera di Concetta, ha dalla propria parte l'ingente fortuna economica (sia pur in gran parte derivante dai possedimenti perduti dai Salina e dai Falconeri), così che Tancredi finirà per sposare lei. Arriva il momento di votare l'annessione della Sicilia al Regno di Sardegna: a quanti, dubbiosi sul da farsi, gli chiedono un parere sul voto, il principe, suo malgrado, risponde in maniera affermativa; e, alla fine, il plebiscito per il sì, pur non esente da trucchi, sarà unanime. In seguito, giunge a palazzo Salina un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley di Monterzuolo, incaricato di offrire al principe la carica di senatore del Regno, che egli rifiuta garbatamente dichiarandosi un esponente del vecchio regime, ad esso legato da vincoli di decenza. Il principe condurrà da ora in poi vita appartata fino al giorno in cui verrà serenamente a mancare, circondato dalle cure dei familiari, in una stanza d'albergo a Palermo dopo il viaggio di ritorno da Caserta, dove si era recato per cure mediche. L'ultimo capitolo del romanzo, ambientato nel 1910, racconta la vita di Carolina, Concetta e Caterina, le figlie superstiti di don Fabrizio. Parte prima Maggio 1860 Nella villa dei Salina vicino a Palermo un'aria di turbamento modifica la vita di tutti i giorni. I membri della nobile casata avvertono l'irruzione della storia nel loro privato, come simboleggia il ricordo di un soldato trovato «sbudellato» nel giardino della villa o la tensione di un «cattivo» e inusuale congedo in un incontro del Principe con il re Ferdinando. A Caserta quest'ultimo aveva rivolto al suo interlocutore l'invito ad essere un tutore maggiormente responsabile, a far mettere la testa a posto al nipote Tancredi, apparentemente immischiato con i piemontesi. La sensazione di trovarsi ad uno snodo storico importante appartiene ormai al senso comune e l'interrogativo sulla successione al re è diventato un tema su cui incedono le chiacchiere. Si contempla ormai anche in Sicilia la possibile successione del Galantuomo Piemontese o, addirittura, il rischio di una repubblica. A confermare i timori del re, quando Tancredi fa la sua prima apparizione sulla scena è per avvertire il principe della sua imminente partenza. Il ragazzo è risoluto a prendere parte alle «grandi cose» che si stanno preparando. Davanti all'evidente capovolgersi della situazione politica Tancredi rifiuta di farsi da parte; del resto, restando a casa, sceglierebbe per sé, aristocratico, una posizione abbastanza rischiosa. È il giovane a chiarificare allo zio la necessità di assecondare i mutamenti storici per evitarne il dilagare in esiti ingestibili. È lui a pronunciare la sentenza rimasta emblematica: «se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi». padre e vuole prima poter parlare con Tancredi. Successivamente fa presente a Don Fabrizio dei suoi titoli e i suoi possedimenti vantandosene. Parte quarta Novembre 1860 Primi accordi nuziali. Don Calogero e Don Fabrizio iniziano a frequentarsi e scambiarsi di opinione. Aneglica fa la prima vista in casa Salina e viene accolta con allegria. Baci e abbracci ovunque. Don Fabrizio cerca di elogiare Tancredi in ogni modo possibile. Tancredi è tornato a casa e porta con sé il suo amico il conte Civriaghi. Tancredi scrive una lettera ad Angelica per fargli sapere che presto sarà da lei, tra dure ore. Tancredi regala un anello ad Angelica. Anello dai ritratti cimiteriali, di zafiro. Con i ragazzi arrivati a Corte e la sensualità emanata da Tancredi e Angelica si riscoprono i piaceri e le sensazioni. Tancredi ed Angelica si dirigono verso un palazzo della famiglia perché la futura sposa doveva conoscere ogni cosa. Entrarono in questa enorme villa con corridoi in cui ci si poteva perdere. Accidentalmente arrivano nella porta chiusa dentro l’armadio ed entrano in un piccolo appartamento da sei piccole camere disposte intorno ad un salotto. All’interno delle quali si eseguivano pratiche erotiche. Vicino scorgono una scatola contente fruste con macchie nerastre ed ogni genere di frustino. Scoprirono quindi la parte nascosta della villa. Tancredi si dispiace per come ha trattato Concetta, sua cugina, portando così dietro di sé Civriaghi, per cercare di colmare il vuoto da lui lasciato. Lei lo guarda con disgusto. Arrivo di Chevalley poiché doveva parlare con Don Fabrizio di una questione che stava a cuore al Governo. Richiede a Don Fabrizio di diventare Senatore, lui non accetta la proposta. Poiché siciliani non riescono a vedersi da altre parti e a difendere altre regioni oltre la propria. Partenza all’alba e bel discorso pag.185. Parte quinta Febbraio 1861 Padre Pirrone torna a S.Cono dove era cresciuto. In sacrestia fece una rimpatriata col parroco. Le donne, i giovani e i bambini gli si affollarono intorno poiché era un uomo molto riconosciuto. Sistemò una faccenda familiare e cercò di far sposare sua nipote con suo cugino. Parte sesta Novembre 1862 Due anni dalle imprese garibaldine e Palermo in quel momento era più tranquilla e si gustava il momento con continue feste da ballo e momenti collettivi. La famiglia Salina si reca al ballo a Palermo. Il ballo del Ponteleone sarebbe stato il più importante: per lo splendore del casato, ma soprattutto perché i Salina avrebbero presentato alla società Angelica, la bella fidanzata del nipote. Angelica fu conosciuta da tutti e tutti volevano ballare e parlare con lei. Tra ragazze passò poco prima che si dessero del tu. Don Fabrizio descrive il ballo con note negative e tenta di svignarsela. Le donne che erano al ballo non gli piacevano e 2/3 erano sue amanti solo che con l’età diventate brutte. Unica donna bella è Angelica. Matrimoni interni in famiglia > quasi per pigrizia sessuale Ragazze erano brutte ed irritanti. Il principe inizia a vedere che la realtà si sta trasformando, comincia ad allucinare la realtà. Segnale di allucinazione > vede quelli che lo circondano in qualcosa di animalesco. Importante perché in questa scena ci sono alcuni segnali molto espliciti che ci fanno capire che l’avventura del principe è arrivata alla fine. Rimando a due situazioni nella mente del Principe > essere in un ruolo non reale, ma trasfigurato dall’allucinazione (personaggi diventano animali in una specie di fantasmagoria) e sensazione pervasiva e continuata di disgusto che si trasforma poi in un umore nero (forte malinconia) con la quale il principe sente che quel mondo non è più il mondo in cui lui si riconosce. Il Principe si dirige in biblioteca, dove si sente più a suo agio, e vede il quadro della “Morte del Giusto”: un quadro malinconico. La porta si apre ed entrano Angelica e Tancredi ancora euforici per il ballo, ma stanchi. Angelica chiese di ballare la mazurka al Principe insieme, il quale contento della proposta disse di ballare il primo valzer insieme. Tancredi per scherzo, forse no, si ritiene geloso di lasciare la sua amata. Gran buffet e Don Fabrizio sceglie di sedersi vicino Pallavicino, invece che Tancredi, poiché aveva paura di esser noioso per loro due giovani. SI vede costrette a fare conversazione con Pallavicini. Il ballo continuò fino alle sei del mattino, nonostante dovesse finire tre ore prima, non era educato andarsene prima, cosicchè potesse sembrare una pessima festa. Don Fabrizio decise di tornare a casa a piedi un po’ per il mal di testa un po’ per godersi le ultime stelle rimaste in cielo, che gli risollevarono l’animo. Parte settima luglio 1883 Don Fabrizio era arrivato la mattina a Napoli per consultare il professore Sèmmola, accompagnato da una Concetta ormai quarantenne e il nipotino Fabrizietto. Nel viaggio di ritorno, invece di proseguire via mare insistette per viaggiare per terra. Con il caldo e il lungo tragitto Don Fabrizio svenne e si ritrovarono in un albergo per riposare una notte e ripartire il giorno seguente. Intanto un dottore del quartiere fa visita a Don Fabrizio per prescrivergli qualche cura. Tancredi capisce che lo zio lo sta abbandonando. Don Fabrizio si sente che se ne sta andando e ricorda il suo albero genealogico pensando che sarà l’ultimo Salina con vividi ricordi. Il nipote più giovane Fabrizietto non porterà il cognome dei Salina, ma sarà un Malvica. Tancredi e Fabrizietto gli sedettero vicino stringendo ognuno una mano. Tancredi raccontava, parlava molto, con allegria. Don Fabrizio quando rimane solo ripensa a tutto ciò che ha fatto nella sua vita, le sue amicizie, le sue avventure e pensò a quanto tempo avesse vissuto realmente. Contando i suoi settantrè anni, pensò dia verne vissuti due o tre al massimo. Tutti erano attorno a Don Fabrizio nel letto, piangenti (tranne Concetta). Vede la morte come una bella donna che lo viene a prendere. Parte ottava Maggio 1910 Monsignor Vicario si era recato a Villa Salina, poiché alla Curia Arcivescovale erano pervenute voci incresciose in relazione a quella cappella. La cappella più nota della città. L’attenzione del Cardinale era stata attratta su di una immagine venerata nella cappella e le sue relique, espote: circa l’autenticità di esse erano corse le dicerie più inquietanti e si desiderava che la loro genuinità venisse comprovata. Il cardinale discusse con le tre sorelle: Concetta, Carolina e Caterina. La conversazione durò per più di un’ora. Carolina si sente accusata, poiché una visita potrebbe procurare una brutta reputazione. Per il Cardinale il suo senso di rabbia è indice di estrema sincerità e buona fede, cosa di cui era già certo dato il nome Salina. Padre Pirrone aveva parlato sempre molto bene di loro. Sua Eminenza avrebbe fatto visita la mattina seguente. Ai tempi del Principe non vi era una cappella dei Salina, ma nel momento di ereditare i lussi la villa divenne esclusiva alle tre sorelle e in una stanza poco usata costruirono una piccola cappellina. Composta da un quadro nello stile di Cremona. A Monsignore piacque molto. In una parete invece stavano 50ina di relique che Carolina aveva raccolto, grazie a donna Rosa che ogni paio di mesi gliele portava. Camera di Concetta fatta bene. Cassettoni verdi con lenzuola e camicie da notte e da giorno divise tra buone e andate. Dipinti ad acquarello di luoghi e case. Foto di amici che hanno imposto ferite, passato brutto. Bendicò imbalzamato da 45 anni, che nessuno volva vedere più in casa, ma per lei era unico ricordo bello. Arriva Angelica a farle visita e a darle un invito per partecipare ai 50 anni dei Mille e per commemorare Tancredi. Insieme ad Angelica arriva il senatore Tassoni, il quale è suo ospite a Villa Falconeri e desidera conoscerla. Tassoni inizia a raccontare a Concetta di quanto Tancredi avesse parlato di lei e capisce che lui aveva dei rimpianti nei suoi confronti e che comunque teneva alla ragazza. Questo getta Concetta nello sconforto, anni di odio e di sentimenti repressi che vede ora vacillare. Concetta crede forse di amarlo ancora. Ripensa all’episodio del convento e delle parole supplichevoli per entrare, mentre lei dice un “no” secco. Forse quel gesto era proprio per lei, ma non era riuscita a capirlo. Il Cardinale di Palermo passò nella Cappella Salina, il quale fece infastidire le tre sorelle. Alla fine dell’ispezione disse di dover riconsacrare la cappella, il quadro sopra altare doveva essere cambiato con la Madonna di Pompei e che le reliquie dovevano essere esaminate. Ad ispezione finita rimasero solo cinque reliquie, il resto tutto nell’immondizia. Concetta si ritira nella sua stanza e ripensa a tutti gli anni e per liberarsi completamente del suo passato fa gettare via anche Bandicò, il quale buttato in un angolo del cortile, in attesa che passi l’immondiziaio, si spezzò completamente. ANALISI Da sempre l’opera di Tomasi è catalogata come romanzo storico, definizione ad oggi considerata errata. Gli accadimenti storici sono sicuramente presenti, non rappresentando però il filo conduttore del racconto. Gli eventi storici fanno da sfondo alla narrazione e quanto accade si percepisce solo attraverso la vita dei personaggi, attraverso i loro dialoghi e le loro vicissitudini. Sarebbe quindi più giusto definirlo un romanzo di vita, considerando che il protagonista fa della propria esistenza un intreccio di pensieri, domande, dandosi a volte delle risposte, su ciò che gli succede e su come probabilmente si evolverà la realtà che lo circonda. Gli anni vissuti da Don Fabrizio costituiscono un periodo di profonda trasformazione. Il protagonista si ritrova a vivere a cavallo tra due tempi, uno vecchio e malandato, quello a cui geneticamente e biograficamente appartiene e l’altro nuovo, che deve accettare, ma nel quale non si riconosce. Don Fabrizio si ritrova a vivere tra due generazioni, una che muore e l’altra che nasce, ma sente di non appartenere né a una né all’altra. La prima, ormai sta morendo e la seconda è così profondamente diversa! L’uomo non riesce a trovare la sua giusta collocazione, pur acquisendo la consapevolezza della decadenza della classe nobiliare, un ceto che viene lentamente e inarrestabilmente sradicato dai nuovi accadimenti sociali e dai nuovi ricchi e che sente di aver perso ogni stimolo e ogni ideale per cui combattere. Don Fabrizio si sente proprio così, come il suo ceto, profondamente apatico, senza più alcuna voglia di reagire. L’artefice della sua infelicità, della sua mancanza di reattività, non si identifica negli avvenimenti storici che accadono in quel periodo, bensì nel suo disagio come persona, nel suo animo travagliato, da cui nasce il pessimismo profondo che è tutto dell’autore e che parte della critica definisce appunto pessimismo leopardiano. Il Gattopardo: temi e chiavi di lettura Abbiamo già parlato della non storicità de Il Gattopardo e della necessità di non poterlo definire esclusivamente romanzo storico, ma tale elemento non costituisce l’unico tema e l’unica chiave di lettura dell’opera, che ne consta diversi. Elenchiamo di seguito alcuni dei più importanti: • Don Fabrizio è la figura emblematica, attraverso la quale Giuseppe Tomasi di Lampedusa, vuole esprimere un incoerente adattamento alla novità e la mancanza di capacità di modificare sé stessi. Una chiave di lettura, drammaticamente attuale, almeno fino a un decennio di anni fa,
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