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L'Emigrazione Italiana verso l'Argentina: Motivi, Storia e Consekvenze, Appunti di Geografia

Storia SocialeStoria dell'ArgentinaStoria dell'immigrazione italianaStoria Economica

La forte emigrazione italiana verso l'argentina a partire dalla fine dell'ottocento, causata dalla crisi agricola in italia e dalla politica d'immigrazione argentina. Il testo illustra i motivi, le ondate migratorie e le conseguenze di questo fenomeno, inclusa la creazione di un museo dell'emigrazione in argentina.

Cosa imparerai

  • Perché l'emigrazione italiana verso l'Argentina iniziò a fine Ottocento?
  • Quali regioni italiane contribuirono maggiormente all'emigrazione verso l'Argentina?
  • Come l'Argentina attrasse gli immigrati italiani?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 02/09/2019

roberto-carlino
roberto-carlino 🇮🇹

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Scarica L'Emigrazione Italiana verso l'Argentina: Motivi, Storia e Consekvenze e più Appunti in PDF di Geografia solo su Docsity! 1. L’Argentina come meta dell’immigrazione italiana. 1.1 La prima ondata migratoria. L’emigrazione europea verso le Americhe cominciò in seguito alla scoperta dei nuovi territori e caratterizzò i secoli a partire dal 1500. Le colonie europee nell’America del sud favorirono spostamenti di persone che erano alla ricerca di luoghi accoglienti per migliora-re le loro condizioni di vita. Alcune aree del nord d’Italia che ricavavano le loro ricchezze dalla coltivazione del grano, subirono un progressivo impoverimento a causa della crisi agraria che colpì il paese negli anni ‘50 – ‘70 dell’Ottocento. La crisi fu molto forte e messa in atto dai prodotti agricoli provenienti dai nuovi granai del mondo: Stati Uniti, Argentina, Australia e India. La produzione dei suddetti paesi era venduta a prezzi stracciati rispetto ai prodotti europei per le enormi estensioni di aree coltivabili ed una manodopera a basso costo. Il costo elevato dei trasporti era una sorta di scudo contro la vendita massiccia dei cereali d’oltreoceano in Europa. Quando i trasporti come treni e navi a vapore facilitarono lo spo-stamento di grandi quantitativi di merce, questo scudo venne a mancare e l’Europa fu inva-sa da tonnellate di cereali di produzione straniera, causando il conseguente crollo dei prezzi delle produzioni interne. Questa situazione di crisi causò la progressiva emigrazione verso i paesi del Nuovo Mondo (Devoto 1994). Si possono distinguere due tipi di emigrazioni nel periodo precedente alla Prima Guerra mondiale: - l’emigrazione per motivi di lavoro, in determinati periodi dell’anno, che prevedeva il successivo rientro in patria; (TEMPORANEA) - un nuovo tipo di emigrazione, che si sviluppò a partire dalla fine dell’Ottocento e che interessò maggiormente la popolazione meridionale, la quale era invece in molti casi definitiva. Si sta parlando di un cambiamento di vita volto ad un possibile miglioramento delle proprie condizioni economiche nel Nuovo Mondo (Devoto 1994). (SPESSO DEFINITIVA) La decadenza dei vecchi mestieri fu causata dall’impoverimento dello stile di vita, soprat-tutto nel meridione, dove la domanda contadina era riferita principalmente al consumo per-sonale, senza creare produzione eccedente e non creando quindi mercati (Sori 1979: 88). In questo modo le popolazioni disagiate si rivolgeranno alla migrazione organizzandola tra-mite parentele e conoscenze (Sori 1979: 80). 5 Altri fattori che portarono a preferire la migrazione sono le corrispondenze con chi già era partito e le politiche a favore dell’immigrazione dei governi sudamericani. La prima massiccia ondata migratoria avvenne nella seconda metà dell’Ottocento. Dopo la sconfitta di Juan Manuel de Rosas nella battaglia di Caseros del 18521, l’Argentina si avvia ad una nuova e profonda riorganizzazione sociopolitica. L’anno successivo fu scritta la prima Costituzione argentina che perdeva grosse riforme strutturali, tra le quali una politica d’immigrazione che preferiva i lavoratori qualificati e provenienti dal nord d’Europa (An-necchiarico 2012: 48). 1 La battaglia di Caseros avvenne 3 febbraio 1852. Il governatore di Entre Ríos Justo José de Urquiza, ap-poggiato dai Brasiliani, contro l'esercito del dittatore d’Argentina Juan Manuel de Rosas. Quest’ultimo venne sconfitto ed emigrò in Inghilterra (Annecchiarico 2012). 2 Nicolás Avellaneda fu eletto presidente della Repubblica argentina nel 1874 alla fine della presidenza di Sarmiento (Bucich Escobar 1926). 1.2 Immigrazione e Colonizzazione. Dalla metà dell’Ottocento, come già riportato nel primo paragrafo, i contadini italiani, soprattutto delle regioni nordiche come Piemonte e Lombardia, cominciarono a trasferirsi in Argentina. Ciò che questo nuovo territorio poteva offrirgli erano delle terre incontami-nate, vendute a prezzi stracciati e adatte alla coltivazione. I territori di Santa Fe non erano adatti all’allevamento ovino, come lo erano la maggior parte dei delle regioni circostanti, che riscontravano in quest’ultimo uno dei latifondi più redditizi. Per questo motivo i gradi proprietari terrieri frazionarono la regione con l’obiettivo di vendere a poco, o addirittura regalare, parti di terre ai coloni europei. Nel 1876 con l’arrivo della legge numero 817, proposta dal presidente argentino Nicolas Avellaneda2, la situazione cambiò e venne stabilita una regolamentazione per quanto ri-guardava la proprietà dei terreni della Pampas. La suddetta legge fu chiamata “Immigra-zione e Colonizzazione” proprio perché andava a stabilire le basi sulle quali si creava que-sta fragilissima relazione. Vennero promosse delle agevolazioni per gli immigranti ad en-trare nel territorio argentino a patto che questi ultimi si trasferissero con l’intenzione di la-vorare nelle terre del paese. La ricerca argentina di manodopera, la necessità di esprimere il potenziale della regione attraverso la soddisfazione di una crescente domanda di lavoro contadino nelle fertili terre del territorio argentino consentì agli immigranti di trovare ac-coglienza e collaborazione nella loro ricerca di una collocazione lavorativa. 6 “La legge consentiva che fossero consegnati, con relativo titolo di proprietà, diversi ettari di terra a patto che la lavorassero abitando in essa” (Annecchiarico 2012: 51). Una strabiliante rivoluzione per coloro che dall’Europa partivano in cerca di fortuna. Que-sta situazione fece sì che gli immigranti si stabilissero in maniera definitiva nei territori del Nuovo Mondo, costruendo una quotidianità basata sulla coltivazione dei campi. Questa nuova politica d’attrazione argentina diede la possibilità non solo agli abitanti dell’Italia settentrionale, ma anche a quelli del meridione di trasferirsi oltre l’oceano per iniziare una nuova vita. La Legge Avellaneda non solo agevolò gli immigranti consegnando loro terre da coltivare, ma legalizzò il loro percorso migratorio con l’acquisizione, una volta in territorio Argenti-no, di diritti sociali pari agli abitanti del posto. Questa importante novità diffusasi nel Vecchio Continente invogliò le persone, soprattutto in Italia data la situazione di grave crisi economica che caratterizzava quel periodo, ad emigrare. Come dal versante argentino, da quello italiano la situazione si sbloccò con l’emanazione della legge Crispi (numero 5866 del 1888) che prevedeva la piena liberà per coloro che volevano intraprendere un viaggio di lavoro all’estero, regolamentando l’attività degli emigranti e reprimendo gli illeciti. […] regolamentava i termini del contratto di trasporto; sottraeva l’emigrante all’imposizione di patti vessatori come l’obbligo di scambiare lavoro all’estero contro tra-sporto; creava la Commissione arbitrale per la risoluzione delle vertenze tra emigranti e vettori, nel tentativo di difendere i primi da soprusi abituali delle grandi compagnie di na- vigazione (Bevilacqua/De Clementis/Franzia 2001: 310-311). Questa presa di posizione da parte di entrambe le nazioni, argentina ed italiana, rispetto ai viaggi migratori verso i paesi del Sudamerica, ci fanno riflettere sulle massicce proporzioni di questo evento che iniziò prima della Grande Guerra e che continuò fino al dopoguerra degli anni ’50 del ‘900. La regolamentazione di questo fenomeno divenne in questo perio-do storico necessaria perché quest’ultimo si sviluppò a tal punto da ritrovare nel solo terri-torio argentino, una percentuale di stranieri che alla fine del XIX secolo superava la metà di tutta popolazione argentina. Solamente a partire dal 1920 si ritornerà ad una situazione di parità. 7 .3 L’Hotel dell’immigrante. In questo grande edificio chiamato “Hotel dell’Immigrante” passarono la maggior parte di quelli che arrivavano dal Vecchio Continente alla ricerca di un lavoro tra il 1911 e il 1953. La struttura era costruita in cemento armato, con tecniche moderne ed era composta da un molo, un ospedale ed un deposito adibito a bagagliaio. La sala da pranzo occupava il pian terreno dove le persone facevano colazione a base di mate3 e pane, infine era allocata la cucina e i servizi accessori. Salendo si incontravano ben quattro piani di dormitori, delle camerate composte ognuna da 280 letti. Una doppia fila di finestre davano aria e luce, mentre i lati grandi scale consentivano l’accesso ai vari piani. I bagni erano all’esterno. 3 Un infuso preparato con foglie di yerba mate, una pianta tipica del Sudamerica. Le foglie lasciate essiccare precedentemente, vengono poi tritate e macinate. Come il tè, il caffè ed il cioccolato, il mate ha un effetto stimolante dovuto alla caffeina contenuta in esso. Oltre all’accoglienza l’Hotel aveva anche un ufficio di collocamento che aveva serviva per la ricerca delle varie sistemazioni e per il viaggio verso la destinazione all’interno del Pae-se. La struttura poteva contenere più di 4000 persone. Dopo l’espletamento delle procedure doganali, l’immigrante poteva anche trovare un’occupazione temporanea nell’Hotel stesso. Il periodo massimo di ospitalità era di cin-que giorni e poteva aumentare in caso di malattia o assenza temporanea di lavoro idoneo. Durante le giornate presso il centro, le donne erano impiegate a eseguire lavori “domestici” (lavaggio dei panni, cura dei bambini, ecc.) mentre gli maschi andavano presso l’Oficina de Trabajo per valutare le offerte dei vari impieghi che poteva ottenere.. L’Officina era sta-ta costruita appositamente per espletare queste funzioni, qui gli immigrati pote-vano anche seguire corsi di formazione, conoscere la reale disponibilità dei vari impieghi e il fabbiso-gno di essi. L’Hotel dell’immigrante fu usato per il suddescritto scopo di accoglienza per gli stranieri fino agli anni ’50 del XX secolo. Dai primi anni ’70 cominciò a formarsi l’idea sulla crea-zione di un Museo dedicato all’emigrazione idea presa in seria considerazione solo a metà degli anni ’80. Infine nel 1990 (decreto n. 2402) il complesso fu dichiarato “Monumento storico di interesse nazionale” diventando sede definitiva del “Museo, Archivo y Biblioteca de la Inmigración” (Devoto in Bevilacqua/De Clementis/Franzia 2002). Alcuni scenari di quello che l’immigrato doveva passare presso questa struttura è racconta-to da Luigi Barzini che così scriveva sul Corriere della Sera nel 1902: 8 L'Hotel degli emigranti (lo chiamano Hotel!) ha una forma strana, sembra un gasometro munito di finestre (...). L'acre odore dell'acido fenico non riesce a vincere il tanfo nauseante che viene dal pavimento viscido e sporco, che esala dalle vecchie pareti di legno, che è alitato dalle porte aperte; un odore d'umanità accatastata, di miseria (...). Più in alto, le tavole serbano dei segni più vivi di questo doloroso passaggio: li direi le tracce delle anime. Sono nomi, date, frasi d'amore, imprecazioni, ricordi, oscenità raspati sulla vernice, o segnati colla matita, talvolta intagliati nel le-gno. Il disegno più ripetuto è la nave; il loro pensiero guarda indietro! (Barzini 1902: 13-14). A discapito della testimonianza molto cruda sull’Hotel degli Immigranti, vorrei ricordare che quest’ultimo fu creato per fornire un alloggio provvisorio a coloro che, dopo un viag-gio della speranza, con molti disagi come
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