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GEOGRAFIA DELLE INTERAZIONI LOCALE-GLOBALE, Dispense di Geografia

Riassunto delle dispense dell'esame di geografia delle interazioni locale/globale, prof. Fabio Pollice, programma per frequentanti

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 02/03/2021

Sa_ra98
Sa_ra98 🇮🇹

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Scarica GEOGRAFIA DELLE INTERAZIONI LOCALE-GLOBALE e più Dispense in PDF di Geografia solo su Docsity! 1. FLUSSI COMMERCIALI (Slide) LA GLOBALIZZAZIONE → La globalizzazione viene spesso “rappresentata” come un fenomeno/processo di natura prevalentemente economica. È descrivibile come → la crescente interdipendenza economica tra paesi, realizzata attraverso l’aumento del volume e della varietà dei beni scambiati internazionalmente, la crescita dei flussi internazionali di capitali e la rapida ed estesa diffusione della tecnologia. La globalizzazione è un fenomeno complesso che ha determinanti ed effetti di natura economica, politica e culturale. Possiamo distinguere tra: •La globalizzazione economica: induce un processo di omologazione dei comportamenti di consumo e di acquisto che tende a radicarsi alla scala locale come componente culturale indotta. • La globalizzazione culturale favorisce l’intensificarsi delle relazioni di scambio in quanto riduce le barriere all’internazionalizzazione derivanti dalla differenziazione dei me •La globalizzazione dell’offerta va intesa come l’internazionalizzazione dei sistemi produttivi nazionali che assumono lo spazio globale come riferimento delle loro strategie espansive; • La globalizzazione della domanda va interpretata come un processo di convergenza nei comportamenti di acquisto e di consumo che si manifesta tra i mercati nazionali a scala planetaria. Quali sono i vettori della globalizzazione? → Commercio internazionale; Investimenti diretti esteri; Migrazioni internazionali; Turismo internazionale. Il commercio internazionale si basa sui beni e sui servizi e viene calcolato come la media delle esportazioni e delle importazioni mondiali. L’aumento del commercio internazionale che si è registrato a partire dalla seconda metà del secolo scorso è dovuto in larga misura alla crescente specializzazione delle economie nazionali che è a sua volta il prodotto della divisione internazionale del lavoro. Per la teoria della divisione internazionale del lavoro nella sua versione classica, l’economia mondiale si divide in due cluster di paesi: a) paesi sviluppati = paesi più industrializzati b) paesi sottosviluppati = paesi non industrializzati. Nella “nuova divisione internazionale del lavoro” vi “sarebbero” invece tre gruppi di paesi: • paesi più sviluppati • Nuovi paesi industrializzati • paesi in ritardo di sviluppo La DIL è spiegabile in base ai diversi tipi di vantaggi: • Vantaggio assoluto: Un Paese tende a specializzarsi nel settore in cui ottiene un livello di produttività superiore a quello dei Paesi concorrenti • Vantaggio comparato: Un Paese ha un vantaggio comparato relativamente a quei beni la cui produzione ha un costo minore rispetto ad altri Paesi, e tende di conseguenza a specializzarsi nella produzione di quei beni. • Vantaggio di dotazione: Un Paese esporta il bene che usa in modo relativamente più intensivo il fattore produttivo di cui quel paese è relativamente più abbondante. • Vantaggio competitivo: Il vantaggio competitivo delle nazioni discende dall’interazione di diversi fattori : Condizione dei fattori – condizione della domanda – Settori correlati – assetto competitivo e clima concorrenziale – governo. Analizzare i flussi commerciali: INDICI: •Grado di apertura internazionale per il paese: è il rapporto tra somma di esportazioni e importazioni di beni e servizi e prodotto interno lordo; •Propensione all’esportazione per paese: è il rapporto fra esportazioni di beni e servizi e il prodotto interno lordo; misura la produzione nazionale di merci e servizi destinata ai mercati esteri; •Grado di penetrazione delle importazioni per paese: è il rapporto fra importazioni di beni e servizi e domanda finale nazionale; misura la quota di domanda nazionale che viene soddisfatta con beni e servizi di origine estera; •Quote di mercato sulle esportazioni mondiali per area a paese: è il rapporto tra le esportazioni di merci di un paese/area geografica e le esportazioni mondiali; misura l’importanza relativa di un paese rispetto al valore delle esportazioni mondiali. •Saldi normalizzati: è il rapporto fra saldo commerciale e somma di esportazioni e importazioni; rapporta il valore dell’avanzo o disavanzo con quello dell’interscambio nei confronti di un paese; •Ragioni di scambio per area e paese: è il rapporto tra indici dei valori medi dell’esportazioni e indici dei valori medi delle importazioni; misura la dinamica relativa ai “prezzi” dei prodotti esportati da un paese rispetto a quella dei “prezzi” dei beni importati; •Indicatori di competitività per paese: misura la competitività di prezzo delle esportazioni di un paese rispetto all’insieme dei principali concorrenti. •Quote di mercato dell’Italia per principali raggruppamenti di prodotti: è il rapporto percentuale tra le esportazioni italiane e quelle mondiali di un determinato raggruppamento di prodotti. •Tasso di copertura per area e paese: è il rapporto fra esportazioni e importazioni di un paese misurato a partire da valori espressi a prezzi costanti o da indici di volume. •Indici di intensità degli squilibri: è la media ponderata dei valori assoluti dei saldi disaggregati (ad es. a livello geografico) in percentuale. •Grado di penetrazione delle importazioni per prodotto: misura la quota di impieghi interni soddisfatta con acquisti all’estero. •Competitività delle importazioni per attività economica: misura per un dato settore i vantaggi di costo delle importazioni rispetto alla produzione nazionale. •Presenze operatori: ovvero il numero di operatori attivi in un dato mercato o area. •Esportazioni infragruppo per settore di attività economica: è il rapporto fra esportazioni intra- gruppo ed esportazioni totali realizzate dalle imprese a controllo estero residenti in Italia. •Grado di internalizzazione attiva per settore di attività economica: è il rapporto tra le attività realizzate all’estero dalle multinazionali italiane e il complesso delle attività realizzate in Italia. Misurare l’INTERNALIZZAZIONE • Indice di «Apertura commerciale» :calcolato come somma di importazioni ed esportazioni di beni rapportati al Valore aggiunto totale. • Indice di «Internazionalizzazione produttiva»: calcolato come rapporto tra occupazione attivata dagli IDE in entrata e in uscita e occupati totali • Indice di «distanza geografica dai mercati di sbocco» calcolato come distanza media in chilometri tra il territorio e i mercati esteri di sbocco in cui il territorio esporta. • Indice di «innovazione nei mercati di sbocco»: calcolato come rapporto tra valore delle merci esportate nei nuovi paesi sul totale delle merci • Indice di internazionalizzazione dei residenti: Popolazione residente straniera/Popolazione totale • Indice di internazionalizzazione degli occupati: Occupati stranieri /Occupati totali • Indice di internazionalizzazione degli studenti (Universitari): Studenti stranieri/ Studenti totali • Indice di internazionalizzazione dei turisti: Turisti stranieri/Turisti totali. STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE Internazionalizzazione a monte → Acquistare materie prime e/o semilavorati all’estero. Obiettivi principali: -Ridurre i costi di produzione; -Migliorare la qualità della produzione; -Sfruttare opportunità di investimento; -Controllare la concorrenza. Internazionalizzazione a valle→ Collocare sui mercati esteri parte della produzione Obiettivi di mercato; -Sfruttare le migliori condizioni di mercato (domanda e/o offerta); •CON INSEDIAMENTI MISTI O PRODUTTIVI ALL’ESTERO spesso sono in cooperazione con imprese all’estero. Vantaggi: massimo livello di internazionalizzazione. Svantaggi: in taluni casi, investimenti elevati. Le forme di esportazione con insediamenti misti o produttivi all’estero sono: 1. FRANCHISING → contratto di collaborazione continuativa tra produttore (franchisor) e distributore (franchisee) indipendenti per obiettivi comuni; al franchisee è concesso sfruttamento di marchio, ditta, insegna, know-how commerciale, dietro pagamento di compenso (costo d’ingresso + costo annuale + royalties ovvero il pagamento di una percentuale sul fatturato annuo realizzato dal franchisee;+ contributi vari). Questo contratto si presta molto bene per i piccoli operatori che intendono avviare con immediatezza un’attività di commercio. Il franchising si presenta fondamentalmente come una strategia di marketing che consente il raggiungimento di cinque grandi obiettivi: 1. La fedeltà della marca attraverso il rafforzamento dell’immagine del prodotto; 2. La copertura rapida del mercato che attrae sempre nuovi affiliati; 3. La valorizzazione del marchio; 4. La migliore conoscenza del mercato in quanto i punti vendita diventano punti di informazione sull’andamento del mercato, 5. Il controllo della rete distributiva senza dover passare attraverso gli intermediari. 2. LICENSING → consiste in un accordo tra licenziante e licenziatario per l’utilizzo di brevetti, copyright, marchi e nomi, know-how, consulenza tecnica o assistenza commerciale. Vantaggi: Il licensing permette una rapida espansione nei mercati esteri; non viene richiesto alcun investimento; viene creata una fonte di profitto immediato mediante il trasferimento in Italia delle royalties. Svantaggi: Mancanza di controllo del mercato estero e rischio di avere un potenziale concorrente una volta che il licenziatario abbia acquisito tutte le conoscenze di produzione e commercializzazione. 3. ASSEMBLY → È un’altra forma di collaborazione internazionale mediante la quale l’azienda realizza i prodotti finiti assemblando i pezzi esportati dall’azienda italiana, si evita il pagamento di elevati diritti doganali sul prodotto finito. 4. CONTRACT MANUFACTURING → Ovvero, il contratto di fabbricazione è un accordo fra un’azienda italiana e una estera avente lo scopo di fare fabbricare all’estero dei prodotti che risultano in termine assoluto più competitivi di quelli che fossero fabbricati in Italia. Ha una durata da 1 a 3 anni. Vantaggi: permette una rapida penetrazione nel mercato estero; non richiede grossi investimenti e dà la possibilità di tenere il mercato sotto controllo. Svantaggi: il fabbricante estero alla scadenza del contratto non lo rinnovi e si trasformi invece in un possibile concorrente. 5. JOINT VENTURE: È un’iniziativa di collaborazione tra partner nazionale ed estero in cui i contraenti mettono in comune i propri capitali per perseguire un obiettivo di produzione nel mercato estero. Si addice molto bene alle piccole e medie imprese che desiderano operare sui mercati esteri. Joint venture contrattuali: accordi associativi tra due o più imprese, che non danno vita ad un nuovo sogg. giuridico ma realizzano un business target; Joint venture societarie: sono accordi tra più imprese le quali costituiscono una società autonoma rispetto ai singoli componenti. FILIALE DI PRODUZIONE: fase finale di penetrazione nel mercato estero. Richiede: elevati costi di investimento, complessa struttura organizzativa, valutazione di rischi economici e politici. Utilizzata da grandi imprese esportatrici già affermate sui mercati esteri. Si osservano in casi particolari, ovvero per quei casi in cui i prodotti necessitano di un’azione di vendita particolarmente controllata, oppure in quei paesi che applicano un forte protezionismo. L’ORGANIZZAZIONE DELL’UFFICIO ESPORTAZIONE Quando la commercializzazione con l’estero raggiunge un certo numero d’affari si sente la necessità di creare un ufficio esportazione, che sia in grado di gestire ordini, imballaggio, spedizione e pagamenti. Per essere efficiente l’ufficio esportazione deve essere ben organizzato. La sua struttura dipende dalla dimensione dell’impresa, dai prodotti della fabbrica e dai mercati in cui opera. Le 3 funzioni principali dell’ufficio esportazione sono: - Responsabile esportazione, si occupa di informazioni, ordini e consegne; - Impiegato amministrativo-commerciale, si occupa di spedizione + riscossione; - Segretaria, tiene le statistiche di vendita aggiornate. 2. FLUSSI MIGRATORI POPOLI IN FUGA → Le migrazioni tendono a modificare la composizione demografica e socioculturale della popolazione dell’area di destinazione e innescano un processo di contaminazione culturale che porterà alla nascita di nuove identità territoriali. Una prima distinzione riguarda la differenza tra: - Migrazioni per infiltrazione, che identificano spostamenti di singoli individui o piccoli gruppi che tendono a sommarsi nel tempo; - Migrazioni di massa, che riguardano gli spostamenti di intere popolazioni o consistenti porzioni di esse che determinano mutamenti nelle aree di destinazione. L’insediamento di nuove componenti etnico-culturali all’interno di un predefinito contesto territoriale può innescare tre distinti processi di mutamento: 1. Territorializzazione, (Rafforzamento dell’identità territoriale) la completa assimilazione della componente alloctona (si registra solo nel caso di migrazioni interne); 2. De-territorializzazione, (Indebolimento dell’identità territoriale) si manifesta dove c’è un’elevata concentrazione di immigrati, caratterizzata da un disinvestimento affettivo da parte delle comunità locali nei confronti del territorio a causa delle trasformazioni in atto; 3. Ri-territorializzazione, (Creazione di una nuova identità territoriale) si ha quando la componente alloctona prende il sopravvento sulla componente autoctona. Effetti delle migrazioni nel paesi destinatari → innanzitutto si può dire che la globalizzazione ha ridotto le distanze culturali anche tra popoli completamente diversi, allo stesso tempo però, l’intensificazione dei flussi migratori ha richiesto un’accelerazione dei processi di cambiamento dai quali ne deriverebbe un atteggiamento riluttante della società che comunque non discenderebbe dalla presenza degli immigrati ma proprio dal cambiamento alla quale è sottoposta. Effetti causati nelle aree di origine → l’emigrazione produce un impoverimento della base sociale con conseguenze devastanti sui processi di sviluppo economico, sociale e culturale. Ci sono però anche effetti positivi: riduzione della pressione demografica e del tasso di disoccupazione, fertilizzazione dovuta poi al rientro degli emigrati, l’aumento del reddito disponibile. Effetti POSITIVI flussi migratori → cambio del quadro dei consumi; aumento natalità; contenimento costo del lavoro; aumento della competitività tra imprese; arricchimento culturale; innovazione sociale. Effetti NEGATIVI flussi migratori → cambio del quadro dei consumi; aumento delle importazioni; conflittualità sociale; contaminazione culturale; innovazione sociale; diffusione malattie. Negli anni il fenomeno migratorio ha subito profonde trasformazioni volendosi concentrare sul continente europeo, possiamo individuare SEI FASI MIGRATORIE: 1. Il periodo dello sviluppo industriale con notevoli flussi migratori dall’Europa verso le Americhe; 2. Il periodo tra le due guerre con migrazioni forzate di natura politica; 3. Il periodo della ricostruzione nel post-guerra, che vedo lo sviluppo di migrazioni per motivi di lavoro; 4. Il periodo di sviluppo economico con flussi migratori continentali sull’asse sud-nord e intercontinentali provenienti dal Nord-Africa e dalle colonie; 5. Il periodo delle misure restrittive, che vede una chiusura dei paesi. Il flusso riparte poi negli anni Ottanta e Novanta con nuove componenti etniche provenienti dall’Europa dell’Est e dall’ex Unione Sovietica; 6. Il periodo della ri-apertura delle frontiere con la nascita di accordi tesi a controllare i flussi. Volendo fare delle distinzione generica di migrazione, possiamo individuare: - Migrazioni volontarie, sono quelle determinate da scelte operate liberamente da persone che si muovono da un Paese all’altro o all’interno dello stesso Paese al fine di migliorare le proprie condizioni di vita e si dividono in: →Migrazioni libere interne, quando si riscontrano squilibri territoriali tra una regione e l’altra (es. nord-sud); →Migrazioni libere internazionali, si manifestano in presenza di forti differenze nelle condizioni di vita tra uno Stato e l’altro per fattori di ordine economico, politico, sociale ed ambientale. - Migrazioni forzate, quelle in cui le persone si spostano da un luogo all’altro per fattori indipendenti dalla propria volontà e si dividono in: → Migrazioni forzate interne, possono dipendere da fattori istituzionali (come costruzione di una diga) o da fattori ambientali (Cernobyl); →Migrazioni forzate internazionali, si hanno quando i fattori espulsivi spingono a fuggire oltre i confini dello Stato verso altre Nazioni che possono garantire accoglienza e protezione. Naturalmente i fattori possono sovrapporsi. Le Nazioni Unite definiscono i migranti internazionali come persone che cambiano la propria città di residenza e le distingue in “migranti a breve termine”, che hanno cambiato la residenza per più di tre mesi, ma meno di un anno, e “migranti a lungo termine”. Infine, le diverse migrazioni possono distinguersi in: - Temporanee, quando temporanee sono le cause espulsive; - Permanenti, quando la causa espulsiva è permanente o perdura per un certo numero di anni (spesso la migrazione nata come temporanea diventa, suo malgrado, permanente). Quando si parla di migrazioni forzate si cerca di racchiudere in tale denominazione diverse TIPOLOGIE DI IMMIGRATI, compresi i rifugiati e i richiedenti asilo. (classificazioni). • Turton suggerisce di considerare i migranti forzati come “purposive actor” (attori intenzionali), in questo modo si sottolinea la matrice volontaristica e la finalità del loro comportamento migratorio; • Abbiamo poi i cosiddetti richiedenti asilo ovvero colore che hanno richiesto protezione internazionale e che richiedono lo stato di rifugiati e i rifugiati politici: ovvero una categoria legalmente riconosciuta a livello internazionale a cui la Convenzione di Ginevra fornisce due criteri principali di enucleazione: la persecuzione e l’alienazione; infatti, il rifugiato è una persona che oltrepassa un confine internazionale a causa del timore di poter essere oggetto di persecuzione nel proprio Stato di origine. •Altra categoria di soggetti sono gli “sfollati” o “internal displaced persons”, ovvero persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e spostarsi in un altro territorio compreso entro i confini nazionali; •Altra categoria di migranti sono i “forced resettlers”, ovvero individui costretti a trasferirsi in altre aree del paese a causa di interventi di sviluppo guidati dal proprio governo. •Ultima categoria sono gli “oustees” ovvero gli estromessi, anch’essi migranti interni, alla base del loro spostamento vi sono discriminazioni etniche o sociali. Le categorie sotto la protezione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite sono: rifugiati; richiedenti asilo, Internally displaced persons, Rifugiati rimpatriati (rifugiati che ritornano nel paese di origine), Apolidi persone che non hanno la nazionalità in nessun paese. DIRITTO DI ASILO → Al riconoscimento dello status di rifugiato e dei richiedenti asilo è legato indissolubilmente il concetto di diritto d’asilo, che può essere distinto in tre fasi storiche: 1. Prima fase: dall’antichità fino al IV secolo d.C. Tale fase è legata al cristianesimo, in particolare alla sacralità dei luoghi di culto che garantiva alle persone che si rifugiavano l’immunità e un posto sicuro da qualsiasi persecuzione. 2. Seconda fase: l’asilo cristiano, nasce nel IV secolo d.C., in questa fase non si parla solo di sacralità del luogo di culto, ma anche dei valori più profondi della cristianità, quali l’amore verso il prossimo, la pietas e il dovere di aiutare chi si trova in difficoltà. 3. Terza fase: si apre con la Pace di Westfalia del 1648 e la nascita degli Stati nazionali. In tale 2. STATI NAZIONE: La nascita di tali Stati, ha portato all’epurazione di alcune componenti demografiche minoritarie e alla nascita di regimi non democratici che hanno attuato una dura repressione degli oppositori politici; tali fenomeni hanno provocato forti correnti migratorie. Al riguardo possiamo distinguere ulteriori matrici causali delle migrazioni forzate: - Determinanti di natura congiunturale: ovvero quelle cause espulsive causate da eventi o situazioni temporanee come un conflitto armato o l’ascesa di un governo totalitario; - Determinati di natura strutturale: ovvero cause espulsive permanenti, come la desertificazione di un’area geografica o l’affermazione di un equilibrio internazionale basato sullo Stato-Nazione. La costruzione e il rafforzamento dello Stato-Nazione ha portato inevitabilmente a determinare due distinti flussi migratori: a. Da un lato, il flusso in uscita delle minoranze etniche che non si riconoscono nella cultura dominante dello Stato e abbandonano il territorio per non subire persecuzioni; b. Dall’altro, il flusso in entrata delle popolazioni limitrofe che invece si identificano con quella determinata realtà. 3. CONFLITTI, i conflitti militari costituiscono una delle principali cause dei processi migratori. Nonostante i conflitti attivi siano diminuiti dal 2005 ad oggi non si sono ridotte le cause di questi conflitti, che generano attraverso minacce, aggressioni e altre forme di persecuzione sulla popolazione civile processi migratori. Gli effetti che un conflitto può avere sui flussi migratori variano. In base alle causa e agli attori coinvolti, i conflitti possono essere classificati in: - Governativi: ovvero quei conflitti di natura interna che vedono la contrapposizione di una o più fazioni per il controllo del potere; - Territoriali: ovvero quei conflitti che hanno come obiettivo finale quello di estendere il potere di uno Stato ai territori vicini. - Interstatali: tra due o più Stati; - Intrastatali: interni a un singolo Stato. Quando si tratta di conflitti interstatali i flussi migratori provengono da zone di confine e sono circoscritti all’interno della Nazione stessa; mentre nei conflitti intrastatali i flussi sono più complessi e articolati e avvengono su base internazionali. Ulteriore distinzione può essere effettuata tenendo conto delle strategie militari adottati: atti terroristici e aggressioni verso la popolazione civile sono causa di una forte migrazione 4. POVERTÀ, uno dei fattori coercitivi che agiscono sia sulle migrazioni forzate che su quelle volontarie è costituito dall’indisponibilità dei “mezzi minimi di sussistenza”. La povertà non può essere interpretata solo come una condizione meramente economica ma come un fenomeno che riguarda la mancanza di salute, ambiente, cultura, sicurezza causata da grandi differenze tra Sud e Nord del mondo e può essere misurata tenendo conto dei criteri cui si compone l’Indice di Sviluppo Umano: - Il reddito pro-capite a parità di potere d’acquisto: che misura la capacità che un individuo ha di soddisfare i propri bisogni e di garantirsi uno standard di vita qualitativamente adeguato; - L’aspettativa di vita alla nascita: misura la possibilità che un individuo ha di vivere una vita lunga e in buone condizioni di salute; -Il tasso di alfabetizzazione adulta e il rapporto lordo di scolarità: misurano il livello di conoscenza della popolazione. Negli ultimi anni tale indici ha subito notevoli miglioramenti, anche se ci sono ancora dei divari quasi incolmabili dovuti alla mancanza di politiche di sviluppo territoriale. In alcune aree del pianeta, infatti, i divari economici continuano ad aumentare creando naturalmente instabilità e flussi migratori. RIMPATRIO DEI RIFUGIATI : Il rimpatrio per un rifugiato, così come per uno sfollato, costituisce la soluzione auspicabile. Lo status di rifugiato rappresenta una condizione umana temporanea: la protezione umanitaria, infatti, deve durare solo fino all'individuazione di una soluzione durevole che consenta alla persona di ritornare in possesso della propria vita. Una delle soluzioni durevoli, tra quelle delineate dell'Alto Commissariato, è il ritorno volontario del rifugiato nel paese d'origine. Il rimpatrio dei rifugiati è un processo difficile e complesso. Bisogna fare prima di tutto la distinzione tra rimpatrio volontario e rimpatrio involontario: in alcuni casi, infatti il rimpatrio può non essere una libera scelta personale può configurarsi come: -Ritorno indotto: si ha quando il rientro in patria è determinato da condizioni che si verificano nel paese di origine e che costringono il rifugiato a rimpatriare al fine di evitare che la propria posizione possa essere aggravata dal protrarsi della sua permanenza all'estero. -Espulsione: il ritorno nel paese d'origine è determinato da pressioni esercitate nei confronti del rifugiato da parte dell'autorità o da gruppi armati presenti nel paese d'asilo. - Rimpatrio imposto: in questo caso il rifugiato viene espulso dal paese di asilo ed è costretto a rimpatriare nel proprio Stato di origine. Invece, per quanto riguarda rimpatrio volontario, esso nasce dalla libera decisione del rifugiato di fare rientro nel proprio paese esso rappresenta l'inizio di un processo lungo e complesso, caratterizzato da numerosi fattori di criticità; la parte più complicata è rappresentata dalla ricostruzione del tessuto sociale. Il ciclo della protezione umanitaria non viene infatti ad esaurirsi con il rimpatrio dei rifugiati, ma bensì con la loro piena reintegrazione nel paese di origine. L’ASSISTENZA AL RIMPATRIO: IL RUOLO DELL’UNHCR: Il ruolo dell'Alto Commissariato per quanto riguarda i rimpatri volontari inizialmente si esauriva una volta che il rifugiato varcava la frontiera del paese di origine. Ad oggi vi è un pieno coinvolgimento dell'alto commissariato anche nel processo di ritorno dei rifugiati, compresa la loro reintegrazione socioeconomica. È necessario stabilire i tre principi fondamentali per le strategie per il rimpatrio dei rifugiati: 1. Il rimpatrio deve essere volontario, nel senso che la scelta deve essere libera; 2. Alla base del rimpatrio vi deve essere un accordo tra tutti i soggetti impegnati nelle operazioni; 3. Il rimpatrio deve essere facilitato da un insieme di interventi che rendano effettiva la reintegrazione del rifugiato nel rispettivo contesto territoriale. Ad oggi l'Alto Commissariato in tema di rimpatri volontari deve: Verificare la volontarietà del rimpatrio; Promuovere la creazione delle condizioni necessarie affinché il rimpatrio volontario avvenga; Assicurare che il rimpatrio sia gestito secondo i criteri che garantiscono sicurezza e dignità; Organizzare, in collaborazione con le altre organizzazioni internazionali il trasporto dei rifugiati nel paese di origine; Monitorare lo status dei rifugiati una volta reinsediati nel paese d'origine; Farsi promotore di programmi per la reintegrazione dei rifugiati (come ad es. la strategia conosciuta come “4R’s strategy” con lo scopo di legare l'assistenza umanitaria allo sviluppo dei paesi di origine) Per quanto riguarda il PIANO DI RIENTRO del rifugiato esso prevede→ Il rimpatrio fisico di rifugiato; La reintegrazione nella comunità di origine; La riabilitazione del rifugiato, La ricostruzione delle condizioni insediative. Il piano di rimpatrio deve essere preceduto da una strategia di assistenza che prepara il rifugiato da affrontare le successive fasi del rimpatrio. Tale strategia viene denominata o “Development assistance for refugees (DAR)” il cui obiettivo principale è quello di rendere i rifugiati indipendenti preparandoli sia al rimpatrio ma anche al reinsediamento o all'integrazione nel paese di accoglienza. Molto più specifica è la strategia per favorire l’integrazione dei rifugiati nelle comunità di accoglienza, denominata “Development through integration (DLI)”, che ha come obiettivo quello di promuovere l’integrazione dei rifugiati nei territori d’asilo, accompagnandoli in un processo di interazione con la comunità ospite che dovrebbe condurli fino all’acquisizione della cittadinanza. INTEGRAZIONE DEL RIFUGIATO→ L'integrazione nella comunità di accoglienza è l'obiettivo ultimo del diritto di asilo ma con l’aumento delle correnti migratorie risulta sempre più difficile l'adozione di una strategia di integrazione delle diverse componenti etniche in grado di garantire una certa coesione sociale. Innanzitutto, bisogna interpretare l’integrazione non come un modo per imporre la cultura locale, ma come strategia volta alla creazione di una società multietnica fondata su regole comuni e condivise, rispettosa delle specificità culturali, e che si adoperi al coinvolgimento attivo di ciascuna componente nei processi di sviluppo economico e sociale. I processi di integrazione sono la risultante di due componenti: da un lato, la volontà della comunità locale di integrare le minoranze etniche, adottando comportamenti sociali ed iniziative specifiche; dall'altro, la volontà degli immigrati di inserirsi nel tessuto sociale. In riferimento al rapporto tra comunità locali e componenti alloctone, l'integrazione assume cinque possibili accezioni: uguaglianza, funzionalità, somiglianza, integrazione e convivenza. Vi sono delle specifiche strategie di integrazione che sono state sperimentate nei paesi occidentali nel corso degli ultimi anni. Abbiamo tre distinte tipologie di modelli: -Il modello temporaneo è stato sperimentato in Germania e si richiama ad un concetto di integrazione di tipo funzionalista. -Il modello assimilativo è tipico francese ed è incentrato su una strategia di assimilazione culturale delle componenti etniche. -Il modello pluralista è un modello di tipo multiculturale tipico dell'esperienza canadese e statunitense. Riguardo le STRATEGIE, la prima strategia è l’assimilazione, che si ha quando il migrante tende volontariamente ad acquisire la cultura della comunità che lo ospita. La seconda strategia è la separazione che si ha quando il migrante preferisce mantenere la propria cultura d'origine e cerca di evitare interazioni con la comunità locale. Terza strategia è la marginalizzazione, ovvero il rifiuto della cultura locale quando prevale un forte senso di esclusione sociale. Infine, si avrà integrazione quando il mantenimento della propria cultura di origine si accompagna alla costante ricerca di un'interazione con gli altri gruppi sociali. In concreto l'INTEGRAZIONE ha luogo quando i rifugiati sono posti nelle condizioni di: Realizzare pienamente le proprie potenzialità come membri della società; Contribuire allo sviluppo della comunità; Disporre dei servizi di cui si ha diritto come membri della società ospitante. MISURARE l’integrazione → • Indici di attrattività territoriale (Incidenza: degli stranieri sulla popolazione residente, Densità: numero medio di stranieri per kmq, Ricettività migratoria: saldo migratorio degli stranieri iscritti/cancellati, Stabilità: percentuale di minori tra popolazione straniera, Appartenenza familiare: percentuale famiglie residenti con almeno componente straniero). •Indice di inserimento sociale: (Accessibilità al mercato immobiliare: Incidenza perc. dei costi d’affitto medi annui di casa 50 mq sul reddito medio annuo della pop. Straniera, Istruzione liceale: incidenza iscrizione al liceo, Tenuta del soggiorno stabile: incidenza dei permessi rimasti aperti, Naturalizzazione: num. Medio di naturalizzati ogni 1000 stranieri, Capacità di iniziativa fam: percentuale di famiglie con stranieri in cui almeno un capofamiglia). •Indici di inserimento occupazionale (Impiego della manodopera: percentuale nati estero tra i lavoratori occupati nel corso dell’anno, Cap di assorbimento del mkt lav: Ingressi su 100 uscite, Reddito: medio annuo stimato della popolazione straniera di paesi esterni all’EU a 15 stati, Tenuta occupaz. Femminile: perc. delle lavoratrici straniere, Lavoro in proprio: perc. titolari imprese stran) L'efficacia delle azioni dipende soprattutto dalla possibilità che queste vengano realizzate in maniera da creare un quadro strategico unitario. Bisogna innanzitutto distinguere tre interventi rivolti all'offerta, cioè a creare le condizioni affinché i rifugiati possano proporsi al mercato del lavoro, e interventi rivolti alla domanda, cioè al sistema di imprese e agli enti pubblici e privati Nel 2018 si è abolito il permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma viene data alla Commissione territoriale la possibilità di permettere il rilascio del permesso di soggiorno per “protezione speciale” della durata di un anno e rinnovabile che consente l’accesso al lavoro. È inoltre previsto il permesso di soggiorno per calamità naturali, atti di particolare valore civile e per cure mediche, oppure per: motivi di protezione sociale, violenza domestica, ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo. Livelli di accoglienza: Primo livello: Centri di prima accoglienza i quali garantiscono primo soccorso e iniziano la procedura di identificazione. Secondo livello: Il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) che offre accoglienza, assistenza e orientamento. (File inglese) MIGRAZIONE E MIGRANTI: UNA PANORAMICA GLOBALE: Comprendere i cambiamenti di scala, le tendenze e i cambiamenti demografici legati alle trasformazioni sociali ed economiche globali, come l'immigrazione, ci aiutano a capire il mondo in cambiamento in cui viviamo e a pianificare il futuro. L'attuale stima globale è che nel 2019 vi erano circa 272 milioni di migranti internazionali nel mondo, ossia il 3,5% della popolazione mondiale. La maggior parte delle persone non migrano attraverso le frontiere ma rimane all'interno dei paesi. MIGRANTI INTERNAZIONALI: Nel 2019 l’Europa e l’Asia hanno ospitato rispettivamente il 61% dello stock globale di immigrati a livello mondiale. Sebbene l'Europa sia stata tradizionalmente una delle principali regioni di destinazione per gli immigrati internazionali, ha registrato il tasso di variazione proporzionale della popolazione più lento (leggermente superiore all'1%) ma tuttavia sarebbe probabilmente più basso senza l’immigrazione, la causa di ciò va ricercata più che altro nel calo dei tassi di natalità. L’Africa invece ha subito i cambiamenti più significativi, con una crescita della sua popolazione di quasi del 30% a causa dell’elevato tasso di fertilità e dell’aumento della durata di vita. Questa crescita è stata tuttavia attenuata dall’emigrazione dall’Africa verso altri Paesi. Mentre in Asia dal 2009 al 2019, la popolazione è cresciuta di quasi 440 milioni, rispetto a poco meno di 300 milioni in Africa. Cinque dei primi 10 paesi più popolosi del mondo sono infatti in Asia (Cina, India, Indonesia, Pakistan e Bangladesh). Gli Stati Uniti sono stati il principale paese di destinazione degli immigrati internazionali dal 1970, nel 2019 il numero di stranieri residenti nel paese è più che quadruplicato. La Germania, è invece la seconda destinazione per i migranti, ha inoltre registrato un aumento nel corso degli anni. “MIGRAZIONE” E “MIGRANTE” :In senso generale, la migrazione è il processo di trasferimento da un luogo all'altro. migrante è uno status variabile che si modifica a seconda del contesto, ad esempio capita che vengano definiti come tali anche soggetti che fondamentalmente non hanno mai migrato come ad esempio figli dei migranti (migranti di seconda/terza generazione) Lo status di immigrazione può derivare da diverse circostanze e da impostazioni giuridiche e politiche. Inoltre, il ritmo dei cambiamenti nella politica di migrazione pone anche una dimensione supplementare di complessità, in quanto le persone possono sfuggire e sfociare in “irregolarità” (come l'attraversamento delle frontiere senza autorizzazione, il superamento del periodo di soggiorno illegale, la violazione delle condizioni dei visti). FLUSSI INTERNAZIONALI DI MIGRAZIONE: La raccolta di dati sui flussi migratori è estremamente impegnativa per diversi motivi, basti pensare che per alcuni paesi i dati sono derivati da informazioni connessi allo status di immigrazione (ad esempio, rilascio di un permesso di soggiorno) e sono quindi utilizzati più che altro come approssimazione. Inoltre, il controllo dei movimenti migratori richiede anche notevoli risorse per riuscire a distinguerli dai viaggi non migratori e ciò rappresenta una sfida soprattutto per i paesi in via di sviluppo. PORTALE GLOBALE DEI DATI SULLE MIGRAZIONI DELL’IOM: Il portale globale dei dati sulle migrazioni è stato lanciato nel 2017 come unico punto di accesso a statistiche tempestive e complete sulla migrazione e informazioni affidabili sui relativi dati. Esso presenta oltre 70 indicatori di dati sulla migrazione provenienti da oltre 20 diverse fonti di dati internazionali, divisi per paese, regione e sottoregione. Vi sono diverse sezioni, tra cui alcune delle quali dedicate al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile ai fini della migrazione e all’attuazione del patto globale per la sicurezza, l’ordine e la migrazione regolare. Attualmente vi sono due principali serie di dati internazionali sui flussi migratori internazionali: l’insieme di dati dei flussi migratori internazionali DESA e la banca dati sulle migrazioni internazionali dell’OECD. Dal 2005 la DESA delle Nazioni Unite ha raccolto dati sui flussi di migranti internazionali da e verso paesi selezionati, sulla base delle statistiche disponibili a livello nazionale. VITTIME TRA I MIGRANTI: Sulla scia dei tragici eventi dell’ottobre 2013, in cui 368 migranti sono morti per il naufragio di due barche vicino all’isola di Lampedusa, lo IOM ha iniziato a raccogliere informazioni sulle vittime delle rotte migratorie nel mondo, nell’ambito del suo progetto MMP. Le informazioni vengono raccolte quotidianamente e messe a disposizione nella banca dati on line del progetto dei migranti mancanti, gestita dal Centro globale di analisi dei dati sulle migrazioni dell’IOM. L’MMP fornisce inoltre un’analisi dei dati e delle questioni relativi ai decessi durante la migrazione, nelle relazioni sui viaggi “Fatali”. Le fonti di dati possono comprendere la documentazione ufficiale delle guardie costiere, degli esaminatori medici etc, ma comunque la raccolta delle informazioni presenta enormi difficoltà anche perché la stragrande maggioranza delle vittime registrate è costituita da persone che viaggiano per vie clandestine. Ad esempio, il Mar Mediterraneo ha registrato il maggior numero di morti, il 64% dei quali non è stato recuperato dal mare. Nel 2018 punto cruciale è stata la “via del Mediterraneo occidentale”, pericolosa è anche la traversata marittima dalla costa dell'Africa settentrionale alla Spagna. LAVORATORI MIGRANTI: Rispetto alla popolazione mondiale dei migranti i lavoratori rappresentano il 70% e il numero di uomini è molto più elevato rispetto alle lavoratrici migranti a livello mondiale. Si è visto un cambiamento significativo in base alla categoria dei paesi di destinazione; dal 2013 al 2017, i paesi ad alto reddito hanno registrato un calo dei lavoratori migranti, mentre i paesi con reddito medio basso hanno registrato un aumento. Questo cambiamento può essere influenzato dalla crescita economica nei paesi a medio reddito o da modifiche delle normative in materia di immigrazione di lavoro nei paesi ad alto reddito. In termini geografici, il 61% di tutti i lavoratori migranti risiedevano in America settentrionale, Stati arabi ed Europa settentrionale, meridionale e occidentale. Gli Stati arabi rappresentano la principale destinazione per i lavoratori migranti, dove possono accedere ai settori chiave. RIMESSE INTERNAZIONALI: Sono trasferimenti finanziari effettuati dai migranti direttamente alle famiglie o alla comunità d’origine attraverso la Banca mondiale la quale compila dati globali nonostante la miriade di lacune nei dati. Nel 2018, India, Cina, Messico, Filippine ed Egitto erano i cinque principali paesi beneficiari. I paesi ad alto reddito sono quasi sempre la principale fonte di rimesse: per decenni, gli Stati Uniti sono stati costantemente il paese che si trovava al primo posto seguito dagli Emirati arabi, dall'Arabia Saudita e dalla Svizzera. Oltre al suo ruolo di principale beneficiario, la Cina è stata anche una fonte significativa, anche se in calo, di rimesse, nel 2016 e 2017. PROGRAMMI DI RIMPATRIO (IOM): A partire dal 1979 lo IOM ha attuato programmi di rimpatrio e reinserimento volontari assistiti (AVRR). Il sostegno dell’AVRR ai migranti comprende una serie di attività: consulenza prima della partenza, l’acquisto di biglietti di volo, assistenza di viaggio e, se possibile, assistenza per il reinserimento. Con l’aumento di migrazione negli ultimi anni il numero dei beneficiari dell’AVRR è aumentato e nel 2018, circa il 24% era costituito da donne e il 22% da bambini. Oltre il 7% di questi rimpatriati è stato vittima di tratta, di bambini migranti non accompagnati o di migranti con esigenze sanitarie. PROFUGHI E RICHIEDENTI ASILO: Alla fine del 2018 si contavano 25,9 milioni di rifugiati a livello mondiale. Circa 3,5 milioni di persone erano alla ricerca di protezione internazionale e in attesa di richiedere asilo. Nel 2018, gli Stati Uniti sono stati il principale destinatario delle domande di asilo. Il Perù è stato invece uno dei paesi che ha registrato l’aumento delle domande di asilo, nel depositate principalmente dai venezuelani. La dinamica dei conflitti ha contribuito in misura significativa alle cifre e alle tendenze attuali e hanno riguardato: Repubblica araba siriana, Afghanistan, Sudan meridionale, Myanmar, Somalia, Sudan, Repubblica democratica del Congo, Repubblica centrafricana, Eritrea e Burundi e rappresentano circa l’82% della popolazione complessiva dei rifugiati. RUOLO DELL’IOM NEL REINSEDIAMENTO: L'IOM organizza viaggi sicuri e organizzati per i rifugiati attraverso programmi di reinsediamento e si occupano di altri percorsi umanitari. Negli anni 2017 e 2018, l’IOM ha sostenuto circa 40 Stati che attuano tali iniziative e trasferimento in più di 138 paesi di partenza, con operazioni significative in Libano, Turchia, Afghanistan L' IOM opera regolarmente in stretta collaborazione con l'UNHCR, al fine di verificare e allineare meglio i dati aggregati relativi al reinsediamento, in particolare alle cifre delle partenze. PERSONE SFOLLATE ALL'INTERNO: Il centro di controllo dei dislocamenti interni (IDMC) raccoglie dati riguardo due tipi di spostamento interno: i nuovi spostamenti durante un determinato periodo e il totale di spostamenti in un determinato momento. Queste informazioni statistiche sono classificate in base a due tipi di cause: a) catastrofi, e b) conflitti e violenza. Le persone sfollate all'interno a causa di conflitti e violenze alla fine del 2018 è stato il più alto registrato da quando l'IDMC ha iniziato il monitoraggio nel 1998. I conflitti inoltre hanno fatto sì che il numero totale di sfollati interni per conflitto e violenza sia quasi raddoppiato dal 2000 ed è aumentato in modo vertiginoso dal 2010. La Repubblica araba siriana aveva il maggior numero di sfollati a causa di conflitti alla fine del 2018. Alcune persone nonostante abbiano fatto ritorno nei loro paesi d’origine e vengono ancora essere considerate sfollate all'interno. Questo perché non viene raggiunta una soluzione duratura. Tali casi vengono presi in carico dal comitato permanente sulle “soluzioni durevoli per gli sfollati interni”, che stabilisce otto criteri che costituiscono una soluzione durevole per determinare quando le persone non sono più considerate sfollate all’interno. NUOVI SPOSTAMENTI NEL 2018: Alla fine del 2018 vi erano 28 milioni di nuovi spostamenti interni in 148 paesi e territori. Il 61% sono stati provocati da catastrofi, e il 39% da conflitti e violenza. Nel 2018, l'Etiopia ha registrato nuovi spostamenti causati da conflitti con un notevole impatto sul numero globale. Nel 2018, le catastrofi causate dal clima o da tempeste e inondazioni, hanno rappresentato gran parte del totale. Nel 2017 sono state inoltre ottenute per la prima volta le informazioni sugli spostamenti provocati dalle siccità (Corno d'Africa). CONTROLLO DELLE DISLOCAZIONE DELLO IOM: Il Displacement Tracking Matrix (DTM) dello IOM è un sistema concepito per raccogliere informazioni sui movimenti e sulle esigenze in evoluzione delle popolazioni sfollate e dei migranti. Sulla base di una determinata situazione, la DTM raccoglie informazioni su popolazioni, condizioni, esigenze e vulnerabilità, utilizzando uno o più dei seguenti strumenti metodologici: A) Monitoraggio della mobilità e delle esigenze in luoghi specifici; B) Monitoraggio delle tendenze dei flusso; C) Registrazione delle persone per la selezione dei beneficiari; paesi espressero la loro preoccupazione perché gli USA stavano abbandonando il multilateralismo per il regionalismo, ma gli americani risposero che i due erano complementari. -Nel 1985 la Comunità Europea firmo l’Atto Unico con il quale si stabilì la creazione del Mercato Unico Europeo, con l’obiettivo di instaurare una nuova struttura per gli scambi alla quale tutte le leggi nazionali avrebbero dovuto adeguarsi. Nel 1983 l’Australia e la Nuova Zelanda firmarono un accordo che prevedeva profonde relazioni economiche e commerciali. Nel 1993 i membri dell’Associazione dei Paesi del Sud-Est Asiatico (ASEAN) diedero inizio a un programma per un’Area di Libero Scambio dell’ASEAN (AFTA). Dopo queste stretta integrazione nel Pacifico ci fu la formazione del Forum per la Cooperazione Economica Asia- Pacifico (APEC), che avrebbe poi portato entro il 2020 alla creazione di un mercato libero. FREE RIDERS ED EFFETTO DOMINO: Ad oggi la maggior parte degli accordi commerciali regionali tra paesi sviluppati ha portato ad una crescita ed a un’accelerazione del commercio tra i membri. La liberalizzazione del commercio mondiale tramite negoziati commerciali multilaterali deve fare i conti però con alcuni problemi; il principale è certamente quello dei free rider. Dato che il GATT è basato sul principio della non condizionalità della clausola della nazione più favorita, si impone ai membri la reciprocità delle concessioni commerciali, in modo da evitare che uno o più membri godano delle concessioni offerte dagli altri e non siano disposti a concederne a loro volta. Altro problema degli accordi multilaterali è che possono richiedere molto tempo per concludere un negoziato. Infatti, più paesi vogliono aderire all’accordo, più grande sarà la rete di compromessi. Per dare una spiegazione al successo del fenomeno del regionalismo è stata proposta una teoria, la “teoria del domino”, che sostiene che ogni nuovo blocco commerciale regionale ha causato un effetto moltiplicatore nel quale le barriere bilaterali all’importazione sono cadute come nel gioco del domino. La creazione di un’area di commercio porta ad una pressione per l’inclusione all’interno del blocco regionale da parte dei paesi non partecipanti. Più grande sarà il blocco, maggiore sarà la pressione per entrarci. La forza principale che sta dietro il regionali, nelle teoria del domino, è il desiderio di chi sta fuori di non essere escluso da nuovi gruppi regionali. LIVELLI DI INTEGRAZIONE REGIONALE: -Area di libero scambio: che comprende un gruppo di paesi tra i quali il commercio avviene liberamente, senza alcuna tariffa doganale e restrizioni quantitative sugli scambi. I paesi partecipanti conservano la propria autonomia riguardo la politica commerciale verso i paesi esterni all’area; - Unione doganale: prevede, oltre l’eliminazione delle barriere visibili, anche la creazione di una tariffa esterna comune o meglio, un’unica politica commerciale verso l’esterno. - Mercato interno dei beni e dei servizi: vengono abolite tutte le restrizioni sul commercio interno, comprese le barriere visibili e invisibili. - Mercato comune: oltre alle caratteristiche già descritte, prevede la piena mobilità dei fattori di produzione, sia per quanto riguarda la libera circolazione del capitale e del lavoro che il diritto di stabilimento delle attività produttive e di servizio. - Unione monetaria: tipo di integrazione ancora più avanzata poiché aggiunge un sistema monetario interno con una valuta comune. -Unione economica: cioè un’unione monetaria nella quale esiste anche un forte livello di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. 4. FLUSSI FINANZIARI LA RETE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI Dalla definizione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) gli investimenti IDE sono “movimenti dicapitale finanziario realizzati con un obiettivo a lungo termine”. Si tratta di investimenti internazionali effettuati da un investitore in un’impresa localizzata in un Paese diverso. Perché si possa parlare di IDE è necessario che l’investitore abbia almeno il 10% delle azioni della società. Le imprese che sono oggetto di investimento possono essere: - Succursali, imprese totalmente controllate da un soggetto straniero. - Sussidiarie, quando il soggetto straniero detiene più del 50% delle azioni. - Associate, quando il soggetto straniero ha quote azionarie tra il 10-50%. Si possono distinguere IDE: 1. Brownfield, nel caso di acquisizioni o fusioni d’impresa già esistenti, 2. Greenfield, nel caso di realizzazione di impianti nuovi, 3. Privatizzazione, acquisizione di strutture, attività possedute da un governo. A seconda del punto di vista IDE sono: in entrata (inflows) o in uscita (outflows). Dalla metà degli anni ’80 fino agli inizi del 2000 gli IDE hanno avuto una notevole espansione, che si è interrotta nei primi anni del nuovo millennio a causa della generale crisi economica e geopolitica dopo l’11 settembre (2001). La crisi si è riassorbita nel 2007. Ci sono 2 principali ragioni per cui un’impresa scegli di divenire multinazionale: a) desiderio di avvicinarsi a un nuovo mercato; b) ricerca di imput produttivi maggiormente economici. CLASSIFICAZIONE DEGLI IDE: Si possono individuare due principali tipologie di flussi: - IDE orizzontali: sono gli investimenti rivolti ai nuovi mercati di sbocco per prodotti e servizi e presentano dei vantaggi in termini di riduzione di alcune tipologie di costi, come quelli di trasporto o anche al perseguimento di alcuni obiettivi strategici: Si basano su due logiche: • Market Seeking, l’IDE è realizzato per sfruttare un mercato di sbocco: per ridurre i costi, per sfruttare guadagni di un determinato settore. • Strategic Asset Seeking, l’IDE è volto ad appropriarsi di specifiche competenze tecniche che si trovano in un determinato contesto nazionale tipico del settore creativo/tecnologico. - IDE verticali, a differenza di quelli orizzontali, questi IDE espandono il commercio internazionale perché spostano prodotti intermedi fra i vari luoghi in cui è distribuita la catena produttiva, sfruttando la scomposizione internazionale del processo produttivo. Le logiche di base degli IDE verticali sono: •Resource Seeking, gli investimenti vengono fatti all’estero perché le materie prime hanno costi inferiori (o la manodopera). Il controllo di una risorsa permette di mantenere bassi i prezzi (legislazioni più permissive). • Efficiency Seeking, si sfrutta la presenza di tecnologie e risorse specifiche pre-esistenti o la creazione di vere piattaforme per le esportazioni (nuovi impianti). L’apertura di un nuovo impianto ha però costi aggiuntivi, difficoltà burocratiche e amministrative. Alcune di queste difficoltà possono essere limitate attraverso accordi con altre imprese e alleanze strategiche. I vantaggi, invece, sono: riduzione dei costi di trasporto, vicinanza del mercato di sbocco, è più semplice adattarsi alla domanda locale. È quindi complesso scegliere che tipo di investimento effettuare davanti all’incertezza del successo. Le imprese tendono a imitare i casi di successo di cui sono a conoscenza aumentando così gli investimenti in una stessa area. Gli investimenti IDE provengono principalmente dal Nord del mondo (81%). Storicamente il panorama di questi investimenti è stato dominato dalle multinazionali USA, francesi o inglesi. Verso la fine degli anni ’80, la seconda ondata di IDE proviene da Germania e Giappone. Oggi, guardando la classifica dei maggiori investitori mondiali troviamo Russia e Cina. Naturalmente è ovvio il ruolo e la centralità delle risorse strategiche nel sud del mondo e il ruolo che gioca il petrolio. CAPITAL FIX E NEOCOLONIALISMO: È evidente quindi come le reti degli IDE nascondano logiche di potere, addirittura alcuni autori per descrivere questo fenomeno usano espressioni come imperialismo e neocolonialismo. Intendono quel controllo politico ed economico sulle società del Sud del mondo. I Paesi dominati sono politicamente indipendenti ma sono di fatto economicamente controllati dall’esterno tramite imprese straniere o promozione di élite funzionali agli interessi del Nord del mondo. Conseguenza di tali fenomeni di espansione del capitalismo è la produzione di Surplus di capitale (eccesso di merci sul mercato che non può essere eliminato senza una perdita, capitale monetario senza sbocchi). Come si risolve? Investimenti a lungo termine che rinviano la circolazione di capitale (es. ricerca scientifica) o riorganizzando lo spazio investendo in nuove infrastrutture fisiche (trasporto, comunicazione). Harvey chiama questo processo di incorporazione del capitale nello spazio fisico con il nome di Fix. Quindi, “capital Fix” è assorbire il surplus di capitale nella costruzione di infrastrutture “immobili” (porti, parchi industriali, ecc.) sul territorio. Il pericolo è che queste nuove forme di immobilizzazione urbana di solito si localizzano in luoghi dove c’è già una certa accumulazione di valore con la minaccia di svalutazione o allontanamento delle minoranze povere. RETI ORIZZONTALI/VERTICALI: Agli investimenti orizzontali e verticali corrispondono reti orizzontali e verticali. Le prime si riferiscono a relazioni simmetriche fra paesi caratterizzati da livelli di ricchezza e di sviluppo comparabili. Le seconde presentano una struttura asimmetrica coinvolgendo economie forti e deboli. In tale contesto l’Unione Europea ad esempio, dimostra una particolare attitudine agli investimenti verso l’est europeo. In modo analogo si può commentare l’attenzione rivolta al Sud America da parte degli USA, o l’orientamento al Sud est asiatico da parte del Giappone. Negli ultimi anni, gli accordi internazionali tendono sempre più a coinvolgere i paesi in via di sviluppo, riflettendo il loro crescente inserimento nelle logiche delle imprese multinazionali. I NODI DELLA GLOBALIZZAZIONE: RETI GLOBALI, CITTA’ MONDIALI → Paul Knox afferma come il mondo moderno sia strutturato da sei tipologie di flussi differenti: 1. ethnoscape (flussi di turisti, uomini d’affari, immigrati, rifugiati, …); 2. technoscape (tecnologie, macchinari, software); 3. finanscape (capitali, denaro); 4. mediascape (immagini, informazioni); 5. ideoscapes (costruzioni ideologiche occidentali, come i concetti di democrazia, sovranità; 6. commodityscape (merci, consumi). I nodi delle reti globali sono le città le quali rappresentano le sedi delle maggiori società multinazionali, i luoghi di concentrazione delle strutture di controllo della finanza mondiale, delle istituzioni internazionali, di flussi di comunicazione e telecomunicazione, i motori della produzione. Possiamo immaginare la rete urbana internazionale, cioè l'insieme delle città e dei flussi che le collegano, organizzata in maniera gerarchica. Il livello più elevato di questa gerarchia è rappresentato da un ristretto numero di città, chiamate città globali che venivano intese da John Friedman, come dei centri di potere economico, ovvero luoghi in cui si concentra il potere decisionale dei più importanti attori economici. Concentrandoci soprattutto sul potere finanziario e investimenti, Friedman va a distinguere: • Città globali: Londra, New York e Tokio; IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA E RICERCA: A partire degli anni ’80 vi è un forte impegno da parte delle multinazionali nella ricerca e nello sviluppo dell'innovazione tecnologica. Ciò è riconducibile al mutamento della domanda che diventa sempre più personalizzata, richiedendo prodotti sempre più nuovi. Le multinazionali tendono a concentrarsi soprattutto nella triade Stati Uniti, Giappone e Unione Europea. Le innovazioni create dalle multinazionali sono riconosciute tramite brevetti i quali impediscono ad altre imprese di sfruttare l’innovazione e consente alla multinazionale la vendita di licenze e know-how. MULTINAZIONALI NEL SETTORE TERZIARIO: Il processo di liberalizzazione e l’evoluzione delle tecnologie hanno dato una forte spinta alla crescita internazionale dell'attività terziarie. Tuttavia, a oggi è sempre più difficile operare una demarcazione della linea di confine tra settore secondario e settore terziario a causa dello sviluppo delle nuove tecnologie che fa sì che la produzione di servizi rientri nel settore industriale e viceversa. Tale convergenza è realizzata per i prodotti high-tech la cui domanda a livello mondiale è in crescita. STRATEGIA GLOBALE: Sempre a partire dagli anni ‘80 si è affermata una strategia detta “globale”, ovvero una strategia complessa nella quale intervengono una pluralità di fattori per la sua realizzazione. Le multinazionali che operano sul mercato mondiale realizzano prodotti standardizzati a livello globale che al tempo stesso si adattano alle preferenze locali differenziandosi. Le imprese che seguono tale strategia preferiscono riunire i capitali fino ad allora accumulati separatamente. Tale manovra viene attuata con lo scopo di eliminare le imprese concorrenti, acquisendo il controllo, ed è facilitata nei periodi di crisi quando molte società sono in difficoltà, favorendo la formazione di gruppi industriali e finanziari che consistono in reti di società collegate. Le alleanze tra imprese multinazionali si sono intensificate negli ultimi due decenni e in genere consistono in accordi tra imprese che decidono di cooperare per la ricerca e lo sviluppo in settori di alta tecnologia, beneficiando anche di aiuti statali. LE NUOVE FORME DI INTERNAZIONALIZZAZIONE: Le nuove forme di internazionalizzazione sono definite tali perché non prevedono né esportazioni né investimenti diretti. Oggi accade che la crescita delle imprese non sia tanto di tipo dimensionale, ma “a rete”, cioè tramite alleanze che consentono un massimo di flessibilità e di capacità di adattamento ad un ambiente complesso, sfruttando al meglio l’evoluzione tecnologica, senza costi elevati. Le motivazioni che spingono le imprese verso la collaborazione internazionale possono essere: *Riduzione del rischio; - * Sviluppo delle economie di scala; * Scambi di tecnologia; - *Cooperazione e blocco di potenziali competitori; - *Superamento di barriere all'esportazione o gli investimenti diretti; - *Acquisizione di esperienza internazionale; - *Sinergia dovuta a complementarità tra le catene del valore; Riguardo le nuove forme di internazionalizzazione possiamo in generale individuarne tre categorie fondamentali: -Accordi di natura tecnologica: realizzati per attuare trasferimenti di tecnologia, oppure per concretizzare forme di integrazione verticale tra imprese complementari, o per beneficiare di forme di frazionamento dei rischi. Gli strumenti possono essere: cessione di licenza e di know how non brevettato, alleanze di vario genere e durata, joint ventures. -Accordi di natura produttiva: costituiti da sistemi di imprese per la realizzazione di determinati prodotti, per la fornitura di servizi e per la realizzazione di opere complesse. Esempi sono le coproduzioni, e gli accordi di sub-appalto e subfornitura. -Accordi di marketing, distribuzione e assistenza: tale gruppo è il più complesso, si va dal semplice accordo di distribuzione di un prodotto fra due imprese fino ad accordi riguardanti più prodotti, dall'intesa di breve periodo fino ad accordi più stabili e duraturi. In tale gruppo rientrano anche le forme più avanzate di franchising. L’IMPRESA TRANSNAZIONALE: L'impresa transnazionale si distingue per la sua capacità di adattamento al contesto socioculturale ed istituzionale in cui viene ad operare. -La prima motivazione per il passaggio dell'impresa multinazionale a quella transnazionale è stato il trionfo della differenziazione dei processi produttivi. -Il secondo fattore consiste nella diffusione della cooperazione tra imprese per lo sviluppo delle rispettive capacità competitive e innovative. -Terzo elemento è rappresentato dal decentramento dei processi decisionali per renderli più interattivi al pluralismo dei soggetti e delle risorse coinvolte nell'attività produttiva. Nell'impresa transnazionale si trasforma il ruolo della società madre che tende a perdere il suo ruolo egemonico per divenire essa stessa un'impresa radicata nel suo contesto socioculturale e istituzionale, ponendosi quindi in una condizione analoga a quella delle imprese filiali. L’ITALIA E GLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI: Facendo riferimento all'avanzamento economico e sociale dell'Italia possiamo notare una sconfortante realtà: l'Italia ha un grado di internazionalizzazione attivo più basso rispetto alle maggiori partner europei. Il rapporto tra lo stock degli IDE e il PIL nel nostro paese è di poco superiore al 20%, una percentuale dimezzata rispetto alla media dell'Unione Europea. Per quanto riguarda poi gli IDE in entrata, la situazione rimane su livelli modesti, con l'aggravante di una debole attrattività nei comparti dell'alta tecnologia e dei servizi avanzati. Nei primi anni ‘90 l'interesse degli investitori delle imprese multinazionali estere nei confronti dell’Italia è scemato. L’ITALIA: FATTORI DI ATTRAZIONE E BARRIERE PER GLI INVESTIMENTI DIRETTI: L’Italia sulla capacità di attrazione di investimenti, offre evidenti vantaggi localizzativi connessi in particolare alla dimensione del mercato interno e il costo del lavoro. Nonostante ciò, vi è un basso rapporto IDE/PIL. Il trasporto dei prodotti influisce sugli investimenti diretti attraverso tre canali principali: le distanze geografiche, le tecnologie di trasporto e la qualità dell'infrastruttura. Sotto il profilo delle distanze interne il mercato italiano è più esteso e più costoso da servire, di quello di altri paesi europei per la particolare forma geografica dell'Italia. La bassa qualità delle infrastrutture italiane è determinata dalla netta prevalenza del trasporto su gomma e dal conseguente sottoutilizzo delle ferrovie con un affollamento dell'autostrada. PARADISI FISCALI: Sono un fenomeno moderno con origini che risalgono alla fine del XIX secolo. I paradisi fiscali e le attività offshore creano concorrenza fiscale deleteria che incide negativamente sul benessere globale e mina la fiducia dei contribuenti verso i sistemi fiscali. Le statistiche della Banca dei Regolamenti Internazionali affermano che fin dal 1980 quasi un terzo degli investimenti diretti esteri di tutte le società multinazionali passano attraverso i paradisi fiscali. Sotto il profilo geo-economico, la maggior parte dei paradisi fiscali oggi esistenti si sono sviluppati attorno a due principali poli: -Un polo si è evoluto attraverso i suoi stretti legami con la City di Londra ed include dipendenze della Corona Britannica; -L'altro polo chi è invece sviluppato in Europa; Altri paradisi fiscali sono Panama e in misura minore l’Uruguay. I paradisi fiscali moderni sono Stati sovrani che usano il loro privilegio di scrivere le leggi per attrarre un certo tipo di clientela internazionale. Tale strategia può essere considerata una diversa strategia di sviluppo statuale basata sul diritto sovrano degli Stati. Gli Stati utilizzano una serie di contributi fiscali e incentivi, come la rimozione dei vincoli burocratici, per attrarre capitali. Un paradiso fiscale viene quindi creato sulla base di tale pacchetto di politica ed è un servizio utilizzato soprattutto dalle piccole giurisdizioni indipendenti del mondo. LA CREAZIONE DEI PARADISI FISCALI: I primi esempi di paradisi fiscali sono gli Stati americani del New Jersey e del Delaware alla fine del XIX secolo che sono stati gli ideatori della tecnica di “creazione semplificata di società”, tecnica che consiste nella possibilità di acquistare una società già confezionata e iniziare un’attività economica in meno di 24 ore. Tale tecnica si sviluppò nel 1880, quando il New Jersey aveva bisogno di fondi e un avvocato aziendale convinse il governatore a seguire un piano per aumentare le entrate che prevedeva una franchigia a tutte le aziende con sede nel New Jersey. La tecnica fu ripresa dai legislatori del Delaware e successivamente dalla Svizzera. Gli stati americani diffusero tale pratica ma furono i tribunali britannici a creare la tecnica della sede legale “virtuale”, che permetteva alle aziende nate in Gran Bretagna di non pagare tasse. Dopo la crisi del 1929 il Parlamento svizzero iniziò a discutere una serie di modifiche volte a salvaguardare il proprio sistema bancario e ne venne fuori la Legge Bancaria del 1934 che rafforzava il principio del segreto bancario mettendolo sotto la protezione del diritto penale. La nuova legge prevedeva un assoluto silenzio, da qualsiasi governo, riguardo gli eventuali conti detenuti in banche svizzere. LA GEOGRAFIA DELLE ORIGINI: Durante gli anni 20 e 30 il Liechtenstein avviò una sorta di sintesi della prassi giuridica svizzera e austriaca, creando l’Anstald, una nuova forma societaria basata sulla totale libertà riguardo la nazionalità degli azionisti. Si andò così a creare un triangolo Zurigo-Zugo-Liechtenstein, che portò ad un aumento delle società off-shore. Zurigo diventò il centro delle società anonime svizzere e di tutte quelle società che di svizzero avevano solo le cassette postali. LA GEOGRAFIA DEL CAPITALE DIVENTA VIRTUALE: Lo sviluppo dei moderni paradisi fiscali è associato all'aumento della tassazione registrata a partire degli anni ‘60. Nel 1957 la Bank of England accettò il principio secondo il quale le transazioni operate dalle banche britanniche per conto di soggetti non residenti nel Regno Unito non dovessero essere considerate svolte nel Regno Unito. L'euromercato è un mercato finanziario interbancario che, a causa di questo accordo tra la Banca d'Inghilterra e le banche commerciali, non è regolamentato dalla banca centrale. Ma, dal momento che la transazione avviene a Londra, nessun'altra autorità regola tale mercato che diviene offshore. I PARADISI FISCALI NELL’ECONOMIA MONDIALE: Il successo dei paradisi fiscali europei e caraibici ha portato nuovi entranti nel settore. Tutti questi paradisi hanno introdotto la legislazione emulata dai paradisi di successo, incluso ad esempio un segreto bancario sul modello di quello svizzero, e, in tempi presenti, normative vantaggiose per facilitare la localizzazione di attività legate all’eCommerce e al gioco d'azzardo on-line. Alla fine degli anni ‘90 nel mondo si potevano contare dai 60 ai 100 paradisi fiscali. Preoccupante però è il fatto che le statistiche hanno affermato che circa la metà dei prestiti internazionali sono stati erogati tramite questi paradisi. Condizionarono lo sviluppo dell'economia mondiale e per questo Paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia fecero pressioni per modificare alcune regole e politiche di tali paradisi. A partire degli anni ‘90 l’OCSE ha avviato una campagna contro la concorrenza fiscale dannosa; FONDI SOVRANI E RISCHI DI SOVRANITÀ LIMITATA: Negli ultimi anni si sono inseriti nella finanza globale sei nuovo soggetti: fondi d’investimento definiti “sovrani” perché detenuti dagli stessi stati che li hanno istituiti, veicolando gli investimenti ed i capitali del sud del mondo nel circuito delle economie avanzate, creando un nuovo flusso finanziario. I fondi sovrani vengono definiti come “speciali fondi d’investimento creati o posseduti da un governo per detenere attività che assicurino dei rendimenti nel medio-lungo termine”; oppure come “un insieme di attività possedute e amministrate, direttamente o indirettamente, da un governo per riuscire a raggiungere obiettivi nazionali che possono variare da Stato a Stato”. Globalizzazione culturale → Quando si parla di g. culturale ci si riferisce alla crescente interazione tra culture diverse; un’interazione che produce un’omologazione dei tratti di tutte le culture e che tende a dar vita a un’unica cultura globale fortemente occidentalizzata. Sostanzialmente la globalizzazione culturale tende a inglobare tutte le particolari culture locali in un’unica grande cultura globale. →Il fenomeno turistico può essere associato alla globalizzazione culturale poiché esso presuppone l’incontro tra due culture diverse: quella dei turisti e quella della comunità locale. I problemi non nascono dall’incontro tra le due culture diverse bensì dal fatto che in gran parte dei casi si tratta di un incontro tra una cultura dominante (quella dei turisti) che tende a imporsi e a modificare la cultura dell’altra comunità più debole (quella locale). In questo senso possono accadere molte conseguenze negative: La comunità dominante può incentivare una ri-territorializzazione dei luoghi del turismo. Sostanzialmente può succedere che se una località viene visitata da turisti con condizione economica, sociale e culturale molto diverse, allora può avvenire una progressiva espulsione/segregazione della comunità locale, la quale viene emarginata o addirittura espulsa. Ciò può avvenire con l’uso della forza, oppure può essere causato dalle dinamiche del mercato (es. investitori provenienti dai Paesi dei turisti investono il loro capitale in aree con ampie prospettive di sviluppo turistico e costi di investimento bassi. Questi investimenti turistici provocano un aumento degli immobili delle località e un aumento del costo della vita e ciò va a gravare sulla comunità autoctona). La turisticizzazione di un luogo può portare alla cosiddetta commodificazione della cultura ospite. Questo significa che i tratti distintivi della comunità locale vengono modificati al fine di andare incontro alle esigenze e aspettative della domanda turistica. In questo modo la cultura locale perde la sua identità per fare spazio ad un’immagine costruita da chi detiene il controllo dell’economia turistica locale. Si ha una situazione di omologazione dell’offerta turistica; infatti il termine commodification significa: standardizzazione ai fini della mercificazione dei paesaggi, degli spazi e degli ambienti. Nella maggior parte dei casi la comunità locale viene esclusa dell’offerta turistica, e quindi dai processi di creazione del valore economico e di ripartizione della ricchezza prodotta. Tutte queste situazioni portano ad una circostanza di conflitto da parte della comunità locale. Tuttavia, i maggiori rischi sul piano culturale non provengono da questa conflittualità della popolazione autoctona, bensì dal processo di acculturazione della comunità locale causato dallo sviluppo turistico: con “acculturazione” si intende la progressiva similitudine che si registra tra due culture che entrano in contatto. Si tratta di una similitudine non equilibrata, ma asimmetrica che tende a comportare l’assorbimento della cultura più debole all’interno della cultura più forte. Globalizzazione delle culture → Dal momento che alla base del viaggiare c’è la ricerca della diversità, la globalizzazione ha portato anche allo sviluppo di una domanda turistica che considera l’autenticità del luogo il vero valore attrattivo. Per cui, alcune località hanno ritenuto vantaggioso costruire la propria offerta turistica puntando sulla valorizzazione della cultura locale. -Attraverso questo tipo di sviluppo turistico il rapporto tra comunità turistica e comunità locale tende a equilibrarsi e costituire una grande opportunità di scambio tra culture. In questo senso si parla di globalizzazione delle culture, la quale accresce l’apertura della cultura locale al mondo. Il turismo che fa riferimanento a questo tipo di globalizzazione viene definito come turismo relazionale perché è incentrato su una relazione reciproca tra turisti e comunità ospite: esso pone al centro la comunità locale autoctona e la sua cultura, coinvolgendola nei processi di gestione e organizzazione dell'offerta turistica. Per evitare i rischi derivanti da una globalizzazione culturale, è necessario promuovere un modello di sviluppo turistico sostenibile che sappia integrare la tutela del patrimonio naturale con la tutela del patrimonio culturale. E per far ciò, bisogna ad esempio educare la domanda turistica a una fruizione consapevole del luogo. HABITUS TURISTICO: L’agire turistico può essere interpretato come condizione di vita: come modo di abitare la terra, come habitus che si riflette nella necessità di conoscere l’alterità attraverso il viaggio poiché questa necessità di relazionarsi con le diversità rappresenta un bisogno primordiale che caratterizza la natura dell’umanità. Pertanto, l’habitus turistico non si riflette soltanto nella sola pratica turistica , ma anche nel modo di vivere il mondo, nel modo di agire nello spazio dell' abitare. E, nel proprio spazio di vita, l’habitus turistico comporta un’accettazione positiva del visitatore, in quanto quest’ultimo è portatore del nuovo e permette di strutturare il territorio in un luogo turistico autentico, con una propria identità forte e originale. Un ruolo fondamentale è rappresentato dalla globalizzazione del turismo: -Da un lato, in una situazione di globalizzazione delle culture → l’agire turistico consolida l’habitus turistico intesto come disposizione del turista a ricercare il valore dell’unicità di ogni luogo. -Dall’altro lato, in una situazione di globalizzazione culturale→ l’agire turistico destruttura l’habitus turistico poiché viene inghiottito da una logica massificata (che dimentica l’antico bisogno umano di ricercare l’alterità) e vi trasferisce pratiche e comportamenti omologati, standardizzati. RISPOSTA SU SCALA LOCALE DELLA GLOBALIZZAZIONE DEL TURISMO: In un’epoca dove la globalizzazione e il turismo costituiscono due fenomeni fortemente connessi la vera sfida consiste nella capacità di instaurare un rapporto di complementarità tra globale e locale, che sia equilibrato e positivo per entrambi. I due sistemi devono essere in grado di interagire in modo autonomo tra di loro: sia il sistema globale che quello locale devono possedere un ruolo attivo. Il turismo si inserisce fortemente all’interno delle dinamiche tra sistema globale e locale: si tratta di un fenomeno che ha beneficiato e si è espanso fortemente grazie all’affermazione della globalizzazione. Al fine di analizzare le risposte della scala locale ai processi della globalizzazione avvenuti su scala mondiale, bisogna far riferimenti a due dimensioni: • Accettazione VS rifiuto del fenomeno turistico da parte della comunità locale interessata; • Autenticità VS massificazione dell’esperienza turistica che il territorio è in grado di offrire. Intersecando i tipi di esperienza turistica offerta dal territorio (autentica e massificata) con gli atteggiamenti della comunità locale nei confronti del fenomeno turistico (accettazione o rifiuto) si ottiene uno schema che individua quattro forme di turismo che la globalizzazione ha dato vita, ognuna delle quali possiede diversi impatti sulla scala locale: •Globalitarismo turistico dall’alto (massificazione+rifiuto=resistenza). In alcuni casi la globalizzazione ha dato vita a una forma di turismo massificata (globalizzazione culturale) che viene rifiutata dalla comunità locale: essa non si riconosce nelle rappresentazioni che vengono date all’esterno di sé. In tal caso si può parlare di globalitarismo turistico dall’alto e il sistema reagisce ad esso con resistenza. -In alcuni casi si ha resistenza attiva: un’ostilità aperta della comunità locale verso i visitatori; -In altri casi si ha una si ha una resistenza passiva: un’alienazione della comunità locale; Un turismo con questi caratteri si trova in un equilibro precario che si mantiene finché i problemi connessi alla massificazione e al rifiuto della comunità non superano una soglia tollerabile. (Un esempio di questa situazione si trova in Madagascar in cui i turisti per raggiungere i villaggi che li ospitano sono scortati dalle forze armate). •Globalizzazione turistica dal basso (autenticità + rifiuto= Vulnerabilità strutturale) In alcuni casi la globalizzazione ha dato vita a una forma di turismo autentica (globalizzazione delle culture) che però viene rifiutata dalla comunità locale: essa percepisce il fenomeno turistico, come elemento estraneo poiché poco propensa all’apertura. Il turismo non è organizzato in un’offerta turistica standardizzata e la comunità locale mantiene inalterata la propria autenticità. In tale caso si può parlare di globalizzazione turistica dal basso e il sistema mostra una vulnerabilità strutturale. Si parla di vulnerabilità strutturale poiché la probabilità di subire danni a seguito dello sviluppo turistico è alta, in quanto il turismo rappresenta un elemento di disturbo all’interno delle comunità: A questo punto: -Se le comunità locale inizia ad accettare la presenza dell’altro allora il sistema raggiunge un punto di equilibrio che è rappresentato da un turismo integrato armoniosamente nelle dinamiche del sistema; -Se la comunità locale continua a rifiutare la presenza dell’altro e non gestisce il suo sistema di offerta, allora il sistema può sviluppare una globalizzazione culturale, ossia quella globalizzazione omologante che va ad appiattire tutte le diverse culture inglobandole in un’unica cultura globale, (Un esempio di questa situazione si trova in Messico dove le popolazioni indigene mostrano disinteresse verso il turismo e tendono a restare completamente estranee ad esso). •Turismo globalitaristico (massificazione + accettazione= vulnerabilità sistemica) In alcuni casi la globalizzazione ha dato vita a una forma di turismo massificata (globalizzazione culturale) che però viene accettata dalla comunità locale: si tratta della situazione in cui gli effetti del turismo agiscono in maniera profonda e irreversibile. In tal caso si può parlare di turismo globalitaristico e il sistema mostra vulnerabilità sistemica, ossia una vulnerabilità del sistema dovuta alle caratteristiche delle sue relazioni. In questa forma di turismo si osserva: un adattamento dell’offerta turistica locale all’immagine della destinazione così come viene vista all’esterno; una cancellazione dell’ identità del territorio. Questo turismo si caratterizza per uno sfruttamento insostenibile delle risorse ambientali e accresce l’instabilità del sistema rendendo difficile il raggiungimento di un nuovo equilibrio. Questo tipo di turismo globalitaristico può essere: -Etero-centrato: il processo di mercificazione della destinazione è esogeno, cioè proviene dall’estero. Ciò significa che l’offerta turistica di una destinazione è dominata da pochi gruppi di “multinazionali delle vacanze” provenienti dall’estero, pertanto: le popolazioni autoctone vengono escluse dalle decisioni relative all’uso turistico del luogo, e le entrate del turismo riguardano principalmente tali multinazionali. -Auto-centrato: il processo di mercificazione della destinazione è endogeno, cioè proviene dall’interno. Ciò significa che avviene il processo contrario, ossia che l’offerta turistica massificata della destinazione viene promossa dalle forze economiche locali. •Turismo glocale (autenticità + accettazione = resilienza) In alcuni casi la globalizzazione ha dato vita a una forma di turismo autentica (globalizzazione delle culture) che viene accettata dalla comunità locale: si tratta della situazione più virtuosa che possa crearsi. In tale caso si può parlare di turismo globale e il sistema mostra una forma di resilienza, ossia una capacità di reazione agli effetti del turismo basata sull’adattamento della località. Il sistema locale interagisce armoniosamente con il sistema globale: il territorio è dotato di forte identità e reagisce al turismo mantenendo un certo equilibrio. Il fenomeno turistico è sostenibile, è organizzato e gestito dalla comunità locale, è capace di assorbire gli effetti negativi adottando delle strategie di adattamento. (Un esempio è rappresentato dalle varie forme di turismo rurale in Italia, dove capitali locali ed esteri ha prodotto un’offerta turistica capace di valorizzare le specificità locali) Il turismo a seconda di come viene promosso e gestito, può assumere diverse forme: • Forma positiva: il turismo diviene attore di globalizzazione, di apertura e scambio culturale, si configura come mezzo che stimola la collaborazione tra comunità locale e industria turistica, apportando benefici ad entrambi; •Forma negativa: il turismo diviene fattore di globalitarismo, ossia forma opprimente di Analisi dell’immagine turistica 1. Analisi ragionata delle guide, valutazione dell’immagine turistica che emerge da una lettura comparativa delle rappresentazioni dell’area contenute nelle guide turistiche. 2. Interviste a testimoni privilegiati volta all’analisi dell’immagine turistica che il sistema dell’intermediazione possiede del territorio in oggetto. 3. Interviste ad un campione di turisti volto ad individuare il processo di costruzione dell’immagine e i cambiamenti intervenuti a seguito dell’esperienza turistica. 4. Interviste agli operatori turistici locali finalizzate a cogliere l’immagine turistica che è alla base dei processi di auto-rappresentazione del locale nello specifico turistico. Output→ Descrizione ragionata dell’immagine turistica degli outsiders, Descrizione ragionata dell’immagine turistica degli insiders, Valutazione dei livelli di coerenza tra posizionamento reale e percepito. AREA DI ATTRAZIONE- Perimetrazione delle ricadute territoriali (turismo residenziale) Gli effetti della valorizzazione in termini turistici tendono a decrescere in ragione della distanza dalla risorsa su cui si è intervenuto; l’area entro la quale questi effetti vengono a manifestarsi coincide con il contesto spaziale entro il quale si esauriscono i fenomeni di mobilità turistica di livello escursionistico. La risorsa “valorizzata” eserciterà un potere di attrazione sui turisti che decidono di soggiornare all’interno del bacino di offerta culturale. Perimetrazione delle ricadute territoriali (turismo itinerante): Gli effetti della valorizzazione in termini turistici tendono a decrescere in ragione della distanza dagli itinerari di spostamento della domanda turistica. La capacità di captazione dipende dalla rilevanza della risorsa (unicità ed eccellenza). Quanto più grande sarà la distorsione da creare nell’itinerario turistico, tanto maggiore dovrà essere l’impegno strategico in termini di valorizzazione. 6. NODI GLOBALI NODI LOCALI E NODI GLOBALI Ogni regione geografica presenta un sistema urbano – insieme di città collegate tra loro da rapporti di dipendenza o di reciprocità – che solitamente si presenta come una gerarchia di centri. All’interno di questa gerarchia si distinguono nodi locali e nodi regionali; alcuni di questi possono assumere il ruolo di connettori tra il sistema regionale e quello globale. • Nodi locali. Ovvero quelle città che svolgono funzioni di luogo centrale per i centri urbani del proprio intorno geografico che costituisce un sottoinsieme della regione di afferenza. • Nodi regionali. ovvero quelle città che svolgono funzioni di luogo centrale per l’intera regione di afferenza. • Nodi globali. Sono nodi sovraregionali che svolgono funzioni di connessione tra il sistema regionale e altri sistemi regionali. Al crescere del numero e dell’importanza dei sistemi connessi, cresce il ruolo internazionale del nodo regionale, facendone in ruolo globale. Per analizzare le relazioni locale-globale è necessario conoscere la natura e il funzionamento dei nodi approfondendo diversi aspetti. CITTÀ E TERRITORIO Le prime città risalgono a 6000 anni fa e sono sorte in aree in cui si sono sviluppate le prime forme di agricoltura (in Mesopotamia). Una città per esistere: -dev’essere centro di attrazione per l’area non urbana circostante e avere legami con altre città; -il suo territorio è diviso in gruppi sociali e funzioni economiche; -l’assetto può esser pianificato da un’autorità centrale; -deve esser connesso al suo interno, ma anche con l’esterno; Per città si intende insediamento polifunzionale sviluppatosi intorno ad un nucleo centrale. Il sobborgo è un centro non autosufficiente che dipende dalla città centrale. Con area urbanizzata si intende un paesaggio caratterizzato da edificazione discontinua che, se costituisce un sistema economico integrato ed è molto estesa prende il nome dell’area metropolitana. Elementi importanti della città sono: - il sito: caratteristiche fisiche del terreno e del territorio in cui si trova; alcune ubicazioni corrispondono a punti di rottura di carico, punti estremi di navigazione o di estremità di baia; -la situazione: ubicazione relativa, rispetto ad elementi fisici e culturali delle aree circostanti; EVOLUZIONE CITTA’: I caratteri distintivi della città sono: la “concentrazione” e la “dimensione” Il primo può essere misurato attraverso indicatori di densità insediativa, quali: la densità edilizia (rapporto percentuale tra sup.urbanizzata e sup. territoriale), la densità demografica (numero di residenti per Kmq); il secondo, invece, è di più difficile quantificazione perché presume la capacità di perimetrare l’aggregato urbano utilizzando come discriminante proprio la densità insediativa. • Urbanizzazione fisica e culturale → Espansione dell’edificato con caratteri di continuità e densità spaziale; • Urbanizzazione culturale → Diffusione del modo di vita (comportamenti di consumo ,relazioni) • Agglomerazione → è una configurazione urbana nata dal processo di espansione di una città di rango superiore che ha inglobato i comuni limitrofi; • Conurbazione → è una configurazione urbana nata dal processo di fusione tra più nuclei urbani in espansione. LE FUNZIONI DELLA CITTÀ: Alcune attività sono effettuate in risposta a interazioni con l’esterno: attività di base. Alcune attività non di base servono ai cittadini e non generano flussi commerciali con l’esterno. La crescita dei settori di base genera un effetto moltiplicatore sulla popolazione della città, dovuto alla crescita dei settori non di base. Le città, però, possono anche declinare. SISTEMI DI INSEDIAMENTI URBANI Centri di trasporto lungo coste, fiumi, canali, ferrovie, altre vie di comunicazione Centri di funzioni speciali, la cui localizzazione è legata alla presenza di materie prime Città polifunzionali, o località centrali, che forniscono beni e servizi (compito svolto anche dagli altri due sistemi) STRUTTURA DELLE CITTÀ: Lo spazio delle città è ripartito tra gruppi sociali ed organizzato secondo funzioni specifiche, coordinate grazie a vie di comunicazione interne. Con i moderni mezzi di trasporto l’area urbana ha potuto estendersi molto. Finché è restato dominante il trasporto pubblico le città erano compatte e avevano una struttura radiale, con il centro occupato da attività economiche intensive ed aree occupate da persone ed attività meno dotate dal punto di vista economico. La diffusione del trasporto privato ha determinato una minore densità e uno sviluppo più ampio e rapido. A questo ha contribuito la riduzione dell’orario lavorativo, che ha reso disponibile più tempo per gli spostamenti. Tra il 1950 e il 1970 sono emersi metropolizzazione e suburbanizzazione. URBANIZZAZIONE: È una caratteristica della società moderna e fa riferimento alla concentrazione della popolazione in centri dotati di varie funzioni, con grande sviluppo dell’attività secondaria e terziaria. Oggi vi è il fenomeno delle megacittà, centri con più di 10 milioni di abitanti, che mostrano nel loro sviluppo una tendenza al rallentamento. Altro fenomeno è l’unione di metropoli, detto conurbazione, la più grande (megalopoli) si trova negli USA che si estende a sud dei Grandi Laghi, sulla costa atlantica da Boston a Washington. In Europa c’è la cosiddetta banana blu (regione del Reno, con espansioni verso Parigi, Londra e Pianura Padana) •PROCESSI DI URBANIZZAZIONE: Le diverse interpretazione dei processi di urbanizzazione possono essere raggruppate in tre distinti modelli interpretativi: 1.Comportamentista → L’urbanizzazione discende dai processi aggregativi di matrice sociale; 2.Strutturalista → L’urbanizzazione è strettamente legata a determinanti di ordine economico; 3.Demografico → L’urbanizzazione discende da un processo di concentrazione della popolazione. 1.INTERPRETAZIONE COMPORTAMENTISTA Questo modello risale a Louis Wirth il quale formulò una “teoria dell’urbanesimo basata sui gruppi sociali”. Si tratta di una teoria sociologica che interpreta l’urbanizzazione come il risultato di un processo aggregativo che influenza le relazioni tra gli individui, innescando fenomeni di differenziazione; fenomeni che, a loro volta, innescano meccanismi di competizione sul piano economico e di segregazione sul piano sociale. A questo stesso filone interpretativo può farsi risalire la teoria del folkurban-continuum di Redfield. Urbano e rurale per quest’autore altro non sarebbero se non gli estremi entro i quali può svilupparsi un processo di mutamento attraverso il quale la folk society tende ad urbanizzarsi. 2.INTERPRETAZIONE STRUTTURALISTA Tale modello si incentra sulla forma di correlazione tra sviluppo economico e grado di urbanizzazione. L’urbanizzazione verrebbe così a configurarsi come il prodotto di una crescente specializzazione economica. Tra gli studi che possono di questo filone vanno ricordati quello condotto da Brian Berry e quello di Leonard Reissman che propone una teoria dell’urbanizzazione di matrice industriale fondata su quattro variabili: crescita urbana, industrializzazione, gerarchie sociali, nazionalismo. A seconda dei livelli raggiunti da tali variabili si hanno diversi stadi di sviluppo urbano-industriale. 3.INTERPRETAZIONE DEMOGRAFICA In base a questo modello interpretativo l’urbanizzazione è il risultato di un processo di concentrazione della popolazione. La città stessa viene interpretata come la forma organizzativa di una determinata comunità; forma che discende da aspetti strutturali ed evolutivi e dall’incrocio di quattro diverse variabili: popolazione, ambiente, tecnologia, organizzazione sociale. -Città globali e quaternario: Le città che presentano un quadro esaustivo di funzioni corrispondono solitamente alle regioni metropolitane, mentre quelle che le esercitano a scala macroregionale vengono definite come città mondiali o globali. Le città con uno spettro diversificato di funzioni risultano specializzate nel settore quaternario e la loro caratterizzazione funzionale deve avere: • elevata specializz., divisione del lavoro spinta, mercato del lavoro molto articolato e qualificato; • stabilità e permanenza nel tempo; • grande differenz. interna culturale, etnica, sociale; poli di immigrazione interna e internazionale; • nodi primari di infrastrutture di trasporto e di comunicazione; • ambiente urbano di elevata qualità cult., fisica, architett., forte immagine simbolica e monum.; • forte polarizzazione sociale con conflitti e devianze. DETERMINANTI NEI MODELLI MORFOLOGICI: Nei modelli morfologici la configurazione urbana e gli aspetti distributivi della città sono fenomeni legati ad una serie di determinanti; le più importanti di esse, tra quelle di carattere economico, sono l’accessibilità e il valore d’uso del suolo. Queste determinanti non agiscono solo a scala urbana ma, anche a scala territoriale, concorrendo alla determinazione dei sistemi urbani regionali. -Accessibilità: Può essere definita come la qualità di un punto o di un’area atta a ridurre gli ostacoli nella comunicazione tra due o più componenti di un sistema spaziale. L’accessibilità di un luogo nello spazio non discende solo da fattori di ordine fisico (distanze), economico (costi) e tecnologico (tempi e modalità), ma anche da fattori di ordine culturale. L’accessibilità dall’esterno va distinta dall’accessibilità dall’interno. Valutazione dell’accessibilità: L’accessibilità integrale di un centro A può essere misurata come sommatoria delle accessibilità relative del centro A rispetto a ciascuno degli n centri dello spazio geografico (debitamente ponderate con l’importanza di ciascun centro). → Aj = Summa(Ni x Pi). AREA DI GRAVITAZIONE si intende l’intorno spaziale entro il quale una o più funzioni riesce ad esercitare una capacità di attrazione sulla domanda. Anche la città, in quanto insieme di funzioni presenta una propria area gravitazionale; l’estensione di quest’area tende tuttavia a mutare in relazione alla tipologia della funzione considerata. AREA D’INFLUENZA si intende l’intorno spaziale sul quale una determinata configurazione urbana riesce ad esercitare una funzione di organizzazione dello spazio ed è solitamente determinata da fattori di ordine politico-istituzionale e culturale. IL FENOMENO DELLA GRAVITAZIONE COMMERCIALE: Per tale si intende la capacità di attrazione che un determinato luogo geografico esercita sulla domanda del proprio intorno. L’estensione dell’area di gravitazione commerciale di un centro urbano dipende dalla quantità, qualità e tipologia delle funzioni commerciali localizzate entro il suo perimetro; queste ultime sono tanto più ricche quanto maggiore è la dimensione demografica del centro urbano. La forza di attrazione, al contrario, tende a decrescere all’aumentare della distanza dal centro e diviene nulla al di là di un punto nello spazio che può essere chiamato soglia di indifferenza. Su queste basi concettuali sono state elaborate numerose leggi di gravitazione, tra le più note c’è →la legge di Reilly In base a tale modello gli acquirenti potenziali di un centro urbano minore, sito in posizione intermedia tra due centri maggiori, è “attratta” da questi ultimi in misura direttamente proporzionale alla numerosità delle rispettive popolazioni e inversamente proporzionale al quadrato delle rispettive distanze. Il confine gravitazionale tra i due suddetti centri maggiori sarà dato dai punti nello spazio in cui sarà verificata la relazione. GERARCHIE URBANE e LO SPAZIO GEOGRAFICO: Lo spazio geografico sembra organizzarsi secondo modelli di dipendenza/complementarità. I fenomeni si addensano in particolari punti dello spazio e sono questi addensamenti ad organizzare lo spazio secondo modelli gerarchici. Le città soggiacciono a questi stessi modelli, dando luogo a quella che viene definita gerarchia urbana. Il modello gerarchico viene utilizzato per spiegare le modalità in base alle quali le funzioni - e, dunque, le città - si distribuiscono nello spazio. La gerarchia può essere sintetizzata con: →REGOLA RANGO-DIMENSIONE: (legge di Zipf) nasce da un’evidenza empirica: nelle regioni urbanizzate ordinando le città in funzione del loro peso demografico si rileva una successione di valori (Pn = P1/n) e quindi la città che occupa l’ennesima posizione avrà una popolazione pari alla popolazione della prima città regionale diviso il numero della posizione che occupa in graduatoria . Volendo rappresentare il fenomeno con gli assi cartesiani si rappresentano i valori (posizione/rango e popolazione) attraverso la scala logaritmica. In questo caso si ha una retta inclinata negativamente. Gli scostamenti dalla retta sono solitamente riferibili alle seguenti cause: • La regione non è omogenea ed è costituita da più sistemi di città; • Il sistema urbano regionale presenta un carattere multinucleare e presenta centri concorrenti; • Il sistema urbano è in formazione o ha subito una modificazione del suo perimetro (In Italia, ad esempio, dall’unità ad oggi si è assistito ad un’evoluzione della gerarchia urbana che ha potato il sistema ad avvicinarsi alla retta). AREE SOCIALI DELLE CITTÀ: Quanto più la città cresce, tanto più gli abitanti si aggregano in gruppi più omogenei per status sociale e familiare (in Occidente è identificato dal reddito, dal livello di istruzione, dalla posizione lavorativa e dall’ampiezza dell’abitazione.), appartenenza etnica (per alcuni gruppi più importante dello status sociale ai fini della scelta abitativa.) MORFOLOGIA URBANA: Per quanto riguarda la densità abitativa abbiamo un profilo a cratere, determinato dai prezzi elevati del centro, sostenibili da attività di servizi qualificati. Grazie al progresso nei trasporti, con l’espansione della città, il ceto benestante preferisce vivere nelle aree periferiche, anche se recentemente si osserva una tendenza alla valorizzazione dei centri cittadini. Si ha così un modello a struttura concentrica: una zona di transizione degradata, una di piccole residenze occupate da lavoratori nel settore industriale, una occupata da ricchi e una esterna abitata da pendolari. Il modello a settori prevede lo sviluppo della città lungo le principali arterie di comunicazione, lungo cui si concentrano cittadini facoltosi, mentre gli altri vivono a distanze maggiori. Il modello a nuclei multipli prevede uno sviluppo attorno a più nuclei, che assolvono specifiche funzioni. Il modello degli ambiti urbani è caratterizzato dalla coesistenza di più modelli classici, nel quale le città di margine diventano sempre meno dipendenti dalla città centrale. All’inizio del XXI secolo l’espansione determina la nascita delle spread city, ammasso urbano che manca di un vero centro e sobborghi, le cui zone esterne sono il prodotto di una contro- urbanizzazione, cioè di una fuga dai centri urbani. Dagli anni 2000 si assiste ad una rivitalizzazione dei centri cittadini, la gentrification. LOCALITÀ CENTRALI E GERARCHIE URBANE: Le località centrali sono centri urbani che esercitano il proprio potere di attrazione su un’area geografica di dimensioni variabili, fornendo servizi e prodotti alla popolazione che vi è insediata. Quest’area geografica viene anche definita come regione complementare, per indicare la complementarità che esiste tra il luogo centrale e il suo intorno geografico. La capacità di attrazione della località centrale è determinata dalla quantità, qualità e tipologia dei servizi offerti. -Teoria del cono di domanda: Un centro urbano esercita una forza di gravitazione sul suo intorno geografico (domanda) che è direttamente proporzionale alla sua capacità di attrazione di funzioni urbane (offerta). Il processo di crescita diviene dunque un processo cumulativo. Per spiegare la localizzazione “centrale” di nove funzioni si può utilizzare il modello del cono di domanda. L’erogazione di un servizio diviene economicamente conveniente se nell’area di mercato ricade una popolazione in grado di generare una domanda capace di remunerare il capitale investito. -Teoria delle località centrali: Christaller dedusse che lo spazio si suddivide in aree di mercato non concorrenziali di forma esagonale, in cui le località centrali hanno il monopolio delle vendite. Queste aree hanno una superficie proporzionale al numero di beni e servizi offerti dalla località centrale. Le distanze crescono al crescere del valore dei beni e servizi forniti. Dunque: le località centrali di pari livello si disporranno secondo una configurazione spaziale formata da aree esagonali di cui costituiranno il centro. Considerando che in un determinato spazio geografico coesistono località centrali di diverso livello, queste si disporranno secondo un sistema di reti esagonali sovrapposte la cui configurazione tenderà a variare a seconda dell’organizzazione gerarchica. La complessità di questa configurazione viene a dipendere da tre principi. •Il principio di mercato secondo il quale la competizione tenderà a minimizzare il numero dei centri di ogni ordine e ad ogni area di mercato di rango “n” corrisponderanno tre aree di rango “n-1” •Il principio del trasporto secondo il quale l’organizzazione gerarchica dello spazio viene influenzata dall’obiettivo di massimizzare la connettività tra i centri della rete. •Il principio amministrativo in base al quale l’obiettivo istituzionale è quello di ridurre i conflitti di natura politico-amministrativa fra i centri dello stesso ordine per la gestione dei centri di livello inferiore. CONFIGURAZIONI REGIONALI: -Regioni omogenee: aree geografiche che presentano caratteri di omogeneità fisica, culturale, socioeconomica e possono essere enucleate dal proprio intorno geograf. e analizzate separatamente da esso. -Regioni funzionali: aree geografiche che presentano interazioni diffuse con riferimento ad una o più funzioni caratterizzanti (esempio:i sistemi locali del lavoro (SLL) -Regioni sistemico-reticolari: aree geografiche in cui i centri urbani (nodi) presentano elevati livelli di interazione e di reciprocità. SISTEMI URBANI - Concentrazione geografica sia di edifici e infrastrutture, sia di soggetti (famiglie, istituzioni) legati tra loro da relazioni che consentono lo svolgimento di attività “centrali”, cioè non presenti di regola nel resto del territorio. RETI URBANE: I sistemi urbani costituiscono nodi di una rete di relazioni e di flussi. Le reti urbane svolgono due funzioni essenziali: • valorizzazione delle risorse locali; • migliorare il livello di connettività interna ed esterna (locale/globale). Principali tipologie 1. Reti multipolari - solitamente di livello nazionale o internazionale, sono composte da quei centri che svolgono funzioni metropolitane; 2. Reti equipotenziali - osservabili quasi esclusivamente alla scala locale, sono composte da più centri minori in relazione di forte complementarità. INDICATORI DELLA COMPETITIVITA’ DEI NODI GLOBALI -Economia: • dimensione del mercato (es. PIL) • attrattività del mercato (tasso di crescita del PIL) • vitalità economica (le prime 500 aziende del mondo) • capitale umano (occupazione totale) occidentale del Regno Unito, le tratte ferroviarie ad alta velocità Berlino-Verona (lungo il corridoio 1) e Lione-Torino-Trieste (lungo il corridoio 2). In molti Paesi è in atto una deregolamentazione che si manifesta in una minore presenza dello Stato nella gestione di vettori nazionali, porti e aeroporti. Ciò ha portato all’emergere di imprese multinazionali che disciplinano il flusso globale di trasporti aerei, porti e reti ferroviarie. Questo ha intensificato la concorrenza rendendo più efficiente ma meno sicuro il servizio a causa della necessità di ridurre i costi. Inoltre, il controllo dei trasporti è un aspetto centrale delle strategie geopolitiche. In passato molte guerre sono state fatte per ottenere il controllo di rotte commerciali, giacimenti di minerali, fonti di energia, ecc. In questo senso nel mondo attuale permangono dei gangli strategici il cui libero accesso (e controllo) è condizione essenziale per i trasporti marittimi mondiali: si tratta di canali interoceanici come Panama e Suez. LE INNOVAZIONI TECNICO-ORGANIZZATIVE E LA SCELTA DEL MEZZO DI TRASPORTO: Le imprese e gli individui che utilizzano mezzi di trasporto hanno a disposizione una varia gamma di modi di trasporto che offrono vantaggi in termini di rapidità, economicità, sicurezza, capillarità e portata. - Il trasporto stradale è organizzato con infrastrutture fortemente consumatrici di spazio ed ha il più alto livello di flessibilità tra i modi di trasporto (permette il trasporto porta a porta). Ha però costi elevati di manutenzione dei veicoli e delle infrastrutture e vincoli fisici come nebbia e ghiaccio. - Il trasporto ferroviario opera su percorsi rigidi, è meno vincolato da limiti fisici ed è la modalità di trasporto che offre la più alta capacità (25000 tonnellate) e velocità (treno ad alta velocità a lievitazione magnetica che arriva a toccare i 500 km/h). - Il trasporto marittimo permette di spostare grandi quantità di merci a basso costo. - Il trasporto aereo ha costi più elevati e ne limita l’utilizzo solo a pochi tipi di merci e passeggeri. Dal punto di vista tecnologico-organizzativo la modificazione più importante è data dall’utilizzo dei container con i quali è più facile trasferire i carichi sui treni, navi, autocarri con costi e tempi di scarico ridotti tanto che si può parlare di sistema di trasporto integrato. Lo sviluppo dei sistemi di trasporti intermodali, in cui i modi di trasporto sono integrati attraverso l’uso dello stesso modulo carico ha interessato vari tipi di merci: materie prime, semilavorati e prodotti finiti. Oltre all’intermodalità c’è il sistema di trasporto combinato, del quale una forma è il roll-on/roll-off, che consente di trasferire direttamente un mezzo di trasporto su un altro per scaricarlo a destinazione. I “GATEWAY” PORTUALI: Parlando di trasporti non possiamo non considerare i porti e la loro funzione. I porti si configurano come gateway (punto di entrata-uscita) di regioni e punto di convergenza dei collegamenti tra mare e terraferma, perciò spesso hanno il ruolo di nodo organizzatore di intere regioni: tanto che la localizzazione di industrie nei porti è cresciuta, già a partire dagli anni ’50. Negli ultimi anni però si assiste allo sviluppo di porti polivalenti (o polifunzionali) che sono adibiti al traffico di vari tipi di merci, per ognuno dei quali operano banchine specifiche e sistemi di movimentazione specializzati. Altri porti prendono il nome di porti di trasbordo che si occupano di transhipment (traffico mare- mare), es. Gioia Tauro. Un caso importante è quello dei porti cinesi che nell’ultimo ventennio hanno accresciuto le esportazioni diventando tra i maggiori porti mondiali, es. Shangai. A scala europea il trasporto via mare accresce sempre di più a causa della crescita dei commerci con l’America, con le potenze asiatiche e di conseguenza concorrenza fra fronti marittimi Atlantico e Mediterraneo e tra Atlantico Settentrionale e meridionale per contendersi il traffico marittimo. Il caso italiano di Genova evidenzia un fatto cruciale per tutti i porti: il bisogno di spazio. Mentre il porto italiano non può espandersi a causa dell’intensa urbanizzazione costiera e della presenza degli appennini, ampia disponibilità di spazio ha avuto invece il nuovo porto di Rotterdam, la cui superfice è di 5.000 ettari. L’esigenza di spazio dei porti possono essere soddisfatte anche espandendosi in mare, attraverso la costruzione nell’acqua (offshore) di nuove strutture come ad es. porti Giapponesi. Mentre il fatto che alcune aree portuali siano divenute motore dell’organizzazione e dello sviluppo di un vasto territorio, ha indotto a parlare di regione marittimo-portuale. La zona del porto ha allargato il proprio raggio d’influenza a tutta la regione e lungo i litorali, fungendo da stimolo alla crescita economico. Tali situazioni ha interessato soprattutto i porti dei paesi industrializzati. LA LOGISTICA E L’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE HUB & SPOKE: La logistica è definibile come quell’attività che gestisce e controlla la circolazione delle merci legata in tutte le fasi del processo produttivo alle informazioni ad esso connesse. L’efficacia dell’attività logistica si misura sulla fluidità e sull’economicità dei flussi materiali e informativi. La logistica è un fattore strategico dal punto di vista delle imprese in quanto garantisce una riduzione dei costi di produzione. Essa risponde inoltre alla domanda di produzione just in time nelle quali la riduzione delle scorte, da un lato, ha portato alla riduzione di capitale investito in depositi e capannoni, ma, dall’altro, alla necessità di un approvvigionamento più elastico e tempestivo. I componenti da assemblare, infatti, vengono consegnati al momento fissato in relazione alle esigenze della catena di montaggio. In Europa operano diversi Network logistici che puntano sull’istallazione di grandi piattaforme logistiche per la distribuzione europea. Queste piattaforme sono collocate vicino a porti e aeroporti, vicino a grandi bacini di traffico o vicino a grandi snodi viari e ferroviari. Le esigenze di logistica hanno portato, poi, una nuova organizzazione territoriale nella rete di trasporti di vaste aree. Ad esempio, per ciò che riguarda il traffico merci per via aerea, i maggiori aeroporti mondiali fungono da nodi centrali, chiamati HUB (piattaforme di interconnessione), per lo smistamento verso destinazioni più periferiche dette SPOKE. Questo sistema detto HUB e SPOKE struttura in maniera gerarchica i flussi aerei. Si è passati dunque: •Dal sistema: Point-to-point → in cui la relazione tra tutti i punti necessita di 16 connessioni; •A quello: Hub-and-Spoke → in cui utilizzando un hub i punti si relazionano tutti con 8 connessioni. Le nuove piattaforme logistiche e di interconnessione insieme ai nodi di traffico tradizionali, stanno accelerando una tendenza alla polarizzazione. Nel caso europeo si è venuto così a creare, da un punto di vista geografico, il “ triangolo europeo” (golden triangle) per il traffico aereo merci tra Amsterdam, Parigi e Francoforte. LE GRANDI DIRETTRICI DEL TRAFFICO Le principali direttrici del traffico, che intercorrono tra Paesi sviluppati, ovvero i cuori strategici del trasporto mondiale sono 4: - Il principale flusso si svolge tra Europa Occidentale e America Settentrionale. Il trasporto marittimo unisce le due coste per quasi tutto il traffico merci. - La seconda direttrice è quella che collega l’America Settentrionale ai Paesi Asiatici che si affacciano sul Pacifico (Giappone e Cina). Qui il trasporto marittimo si combina con quello terrestre. - La terza direttrice è quella che dall’Europa Occidentale, attraverso il Medio Oriente e l’Asia Meridionale, arriva in Cina e Giappone. È una direttrice in cui prevale il trasporto marittimo e secondariamente quello aereo. - Una quarta direttrice è quella che dal Giappone, attraverso la Russia e l’Europa Orientale, arriva in Europa Occidentale. L’asse è coperto in tutta la sua lunghezza sia da rotte aeree sia da linee di trasporto terrestri. LE RETI DI TRASPORTO NEL SUD DEL MONDO: In molte aree del Sud del mondo le reti sono poco dense, pochi nodi di traffico partecipano agli scambi dell’economia globale, mentre spesso aree interne sono raggiungibili solo con l’aereo o percorrendo piste sterrate. Tale situazione è un carattere presente anche nelle regioni meno sviluppate del Nord del mondo. L’evoluzione della forma delle reti di traporto nei paesi sottosviluppati può essere descritta attraverso un modello interpretativo che presenta quattro fasi dell’evoluzione che da un’economia coloniale procedono verso uno sviluppo economico. Nella prima fase si può notare la presenza di numerosi piccoli centri portuali privi di interdipendenze reciproche, nella seconda fase si avvia l’integrazione dei territori interni nel sistema economico delle grandi potenze. Ciò comporta la crescita più rapida dei centri costieri; nella terza fase si sviluppano le prime interconnessioni laterali; in questa fase inizia a essere la evidente la selezione tra assi e centri principali e secondari; le tratte stradali sono asfaltate e si creano nuovi collegamenti; nella fase 4, c’è una rete simile a quella di alcuni paesi sviluppati. (Slide): LA COMPETIZIONE PORTUALE IN EUROPA: L’Europa è un contesto ad alta intensità concorrenziale in ragione del numero dei porti presenti. Il sistema portuale europeo, infatti, dispone di 130 porti marittimi capaci di intercettare il traffico container e 40 di questi in grado di ospitare il traffico container di livello intercontinentale. Mentre ad es. il cluster nordamericano dispone di 35 porti e appena 17 sono quelli che possono accogliere il traffico intercontinentale. Il livello di concentrazione del TRAFFICO CONTAINER all’interno del sistema portuale europeo è leggermente aumentato nell’ultimo decennio (attualmente i primi 15 porti assorbono circa il 70% del traffico), ma Rotterdam, primo porto europeo con un’incidenza del 12%, ha visto indebolirsi la propria posizione competitiva. Negli anni Novanta i porti del Mediterraneo avevano eroso quota di mercato a quelli del Nord Europa grazie allo sviluppo di “transhipment hubs”, ma negli ultimi anni si è assistito ad un netto recupero di questi ultimi. Il sistema portuale europeo presenta 12 regioni logistiche caratterizzate da più gateway portuali. I porti di queste regioni sono mediamente più competitivi di quelli isolati, ma questo anche perché le regioni logistiche sono solitamente collegate ad entroterra economicamente più sviluppati. La grande espansione dei porti catalani è riconducibile allo sviluppo economico della regione, mentre per il sistema ligure è accaduto esattamente l’opposto. La COMPETITIVITÀ di un porto discende da 4 fattori: -Localizzazione geografica -Infratrutturazione portuale -Sistema connettivo (trasporti) -Servizi logistici LA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ PORTUALI: L’organismo istituzionale che sovraintende al Trasporto Marittimo in Italia è il Corpo delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera : Svolge compiti e funzioni collegate con l'uso del mare in prevalenza per fini civili. L’Autorità portuale è un Ente pubblico dotato di personalità giuridica :Gestione e l'organizzazione di beni e servizi nel proprio ambito portuale. ERTMS Corridors: European Railway Traffic Management System. Nato con l’obiettivo di centralizzare il sistema di gestione del traffico su linee di interesse europeo, ha di fatto indentificato le linee stesse, gettando così le basi per lo sviluppo di una rete europea del trasporto ferroviario che promette di incidere in maniera significativa sulla competitività dei territori che attraversa e dei porti che connette. L’iniziativa del FERRMED (associazione multisettoriale che si propone di rafforzare la competitività dell’Europa) propone lo sviluppo di un sistema di interconnessione logistica lungo un asse Sud- Ovest – Nord-Est. Si tratta di un progetto articolato che tuttavia taglia fuori quasi integralmente il nostro Paese. In qualche modo il progetto riprende ed estende quello che è l’asse di sviluppo della cosidetta regione della “Banana Blu” fasi (ITER); -Valutazione e monitoraggio: Necessario al raggiungimento degli obiettivi di fondo in futuro. L’Organizzazione che promuove tale pianificazione strategica contenuta nel DPSS è un soggetto pubblico che è volto a promuovere lo sviluppo locale qui a tal proposito il documento dovrà fare proprio i criteri di: >RESILIENZA per garantire l’adattabilità e la flessibilità di servizi portuali sul mercato; >LA COMPETIZIONE COLLABORATIVA; >LA SINERGIA per classificare le azioni sulla base di un sistema di reti e differenti e maglie di partecipazione. Viene proposto un possibile approccio metodico atto a creare una strategia del sistema portuale per sviluppare le possibilità di crescita delle opportunità per tutte le categorie di soggetti che operano e interagiscono al suo interno chiamato STRUMENTO DELL’ANALISI SWOT, per le scelte strategiche da attuare, con il fine di potenziare le attività innervate dalle scelte strategiche di 5 porti: -Bari: funzione passeggeri merci e commerciale; -Brindisi: industriale, passeggeri merci e commerciale; -Manfredonia: peschereccio, turistico e di porto; -Monopoli: commerciale, turistico, di porto e peschereccio; SISTEMA EUROPEO DEI TRASPORTI DELLA MOBILITÀ E DELLA LOGISTICA: Il sistema europeo ha determinato una rete centrale core network da realizzare entro il 2030, quale futura struttura portante nei trasporti del mercato unico, appoggiata su una rete globale Rete ten-t. Anche il Mezzogiorno è interessato da tele rete TEN che unisce nord e sud, infatti il Parlamento europeo nell’ottobre 2015 approvò il Dorsale jonico adriatico nell’ambito completamento del corridoio Baltico-adriatico, coprendo così, una dimenticanza relativa alla tratta che collega Ancona-Bari fino a raggiungere Brindisi, volta in seguito alla realizzazione di una evoluzione infrastrutture intelligenti, il quale fu denominato progetto Horizon 2020, attraverso un utilizzo diffuso di sensori per orientarsi. PIANO STRATEGICO NAZIONALE DELLA PORTUALITÀ E DELLA LOGISTICA (PSNPL):Con la legge 164, 11 novembre 2014, con il Decreto nominato Sblocca Italia Si è cercato di migliorare la competitività del sistema portuale logistico, visto che il Mediterraneo, quale leader nella globalità dei traffici, tale piano aveva tali obiettivi: - Semplificazione e snellimento delle procedure nei porti -Concorrenza e trasparenza e aumento della competitività tra operatori attraverso assegnazioni dei servizi nautici, investimenti, ecc… -Innovazione potenziamento infrastrutturale e l’attuazione della governance dei porti AREA LOGISTICA INTEGRATA DEL SISTEMA PUGLIESE-LUCANO: Viene programmato un documento 2014-2020, con fondi strutturali volto realizzare un sistema di trasporti che garantisca lo sviluppo della competitività, che interessi Puglia e Lucania. PIANO OPERATIVO TRIENNALE 2017-2019 Del mare adriatico Meridionale, è stato proposto dopo pochi mesi dalla fusione delle ex autorità portuali di Manfredonia, del Levante e di Brindisi ed è riuscito a delineare una prima strategia di complementarità tra i vari porti indicati e non di concorrenza come era in passato. Ciò ha determinato un rafforzamento negli scambi, negli investimenti ed esportazioni, anche se si sono affrontate non poche difficoltà, dovute a mancanze di accosti dedicati per le navi portacontainer; insufficienza di aree demaniali per la custodia dei container; impossibilità di gestire merci pericolose; ecc… LA ZONA ECONOMICA SPECIALE ADRIATICA ZES: Le ZES sono zone geograficamente delimitate entro i confini dello Stato e con decreto-legge 20/06/2017 il governo ha voluto favorire la creazione di condizioni favorevoli in termini economici e amministrativi per consentire lo sviluppo. I porti della Puglia e della Lucania ne fanno parte. Essa rappresenta un’occasione di sviluppo per circa 2700 ettari di territorio tra Foggia, BAT, Bari, Brindisi e Lecce. SCENARI ECONOMICI ATTUALI: È prevista dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) per stime, che i paesi emergenti avranno un’accelerazione della crescita economica nel prossimo biennio e contemporaneamente un lieve rallentamento nelle economie avanzate, infatti le previsioni mostrano un leggero rallentamento dei tassi dell’economia cinese ciò vale anche per i paesi produttori di petrolio del Medioriente. Inoltra è previsto che la quota di produzione mondiale della Cina toccherà picchi negli anni 2030-2040 arrivando al 27% circa, per poi diminuire lentamente, tali ipotesi si basano sull’acceleramento della convergenza dell’economia dei mercati emergenti, dovute all’aumento degli investimenti pubblici; Al regime di mercato aperto e ai continui processi d’innovazione. PREVISIONI E SCENARI DELLE RELAZIONI COMMERCIALI NEL MONDO. Secondo l’International Transport Forum il commercio internazionale aumenterà del 350% nei trasporti internazionali entro il 2050, ovviamente anche i volumi globali di trasporto merci si quadruplicheranno entro quell’anno. A livello mondiale il trasporto marittimo aumenterà, grazie alla crescita della lunghezza media del raggio risultante dalle variazioni nella composizione geografica degli scambi. Inoltre, cresceranno molto lentamente le rotte commerciali tra le economie sviluppate, mentre sarà maggiore l’aumento di quelle dei paesi emergenti. IL FUTURO DEL MEDITERRANEO Nel Mediterraneo ci sono 480 porti e terminali, quasi la metà si trovano tra Grecia e Italia ed è un commercio trans Mediterraneo in continua espansione. In una posizione di rilievo si presenta il Mezzogiorno che ha un interscambio con i paesi dell’area MENA (Algeria, Egitto, Iran, Iraq, Kuwait, Marocco, Quatar, Arabia Saudita), pari a 14 miliardi di euro, bisogna dire che questi interscambi con questi paesi non si limitano a scambi commerciali. Un ruolo fondamentale è ricoperto dal gigante asiatico (CINA) sulla scena Mediterranea negli ultimi 15 anni, il quale ha incrementato il suo commercio estero nel mediterraneo dell’841%, principalmente transitato via mare dal canale di Suez. L’importanza enorme è rivestita dal Mare Nostrum che rappresenta la porta di accesso per l’Africa (continente in piena evoluzione). Il Mediterraneo rappresenta quindi per la Cina il punto di snodo e approdo verso i 2 mercati, a Nord l’Europa e Sud l’area Mena, che insieme rappresentano l’aria di Pil e di commercio più grande al mondo, capace di coniugare inoltre la componente manifatturiera con quella energetica. Mentre L’Italia e soprattutto il mezzogiorno, rappresenta la naturale piattaforma logistica per collegare le rotte marittime Asia-Suez-Mediterraneo con L’Europa continentale, tra cui spicca il porto più importante della Grecia e del Mediterraneo “Il porto di Pireo”. LA BELT e ROAD INIZIATIVE (VIA DELLA SETA): Si tratta di una grande piattaforma per la cooperazione internazionale attuale, della politica interna della Cina, per consolidare il Network di accordi bilaterali all’interno del mercato cinese. Ad oggi il 60% del commercio cinese avviene via mare e tenderà ad aumentare di molto nei prossimi vent’anni. IL CANALE DI SUEZ E IL CANALE DI PANAMA:Il canale di Panama consente il passaggio di navi container larghe fino a 49 metri e lunga 366 metri, ciò ha innescato una sfida competitiva tra i due passaggi, dovuta ai ribassi sulle tariffe, però il transito nel canale di Suez rappresenta tuttora quasi il quadruplo di quello del canale di Panama. Il canale di Suez è più centrale specie con il rilancio cinese della Via della Seta (Belt e road). LA ROTTA ADRIATICA: I ghiacci artici si stanno sciogliendo, permettendo l’attraversamento di navi, che prima erano impossibili, anche per il trasporto di petrolio e gas. L’apertura della rotta artica farà risparmiare giorni di navigazione rispetto al canale di Suez. Però L’incertezza è ancora tanta perché vi è il rischio per le navi per via dei ghiacci, poi perché per ora la rotta è aperta solo 3 mesi l’anno, anche se la Russia si sta attrezzando con navi rompighiaccio. A livello mondiale per gli scambi marittimi primeggiano gli Stati Uniti, seguiti dalla Cina. L’Italia per i trasporti via mare raggiunge il 19° posto a livello mondiale e la 7° in ambito Europeo. Ciò contraddistingue però i porti del Mezzogiorno, sono un fattore naturale di attrazione dovuta al loro posizionamento strategico che permette di evitare deviazioni di rotta, tra le sfide italiane future troviamo la richiesta di importanti investimenti sulla logistica per ridurre i tempi di consegna e migliorare le fasi che accompagnano e seguono il ciclo strettamente portuale. SETTORE CROCIERISTICO E LA NAUTICA DA DIPORTO: Settore in forte crescita è il turismo e circa L’80% del turismo si sviluppa nell’aree costiere e oltre il 4% dei turisti, ha raggiunto le destinazioni turistiche scelte via mare, con crociere e traghetti, ciò ha generato 1 milione di posti di lavoro ed il Mediterraneo rappresenta un punto cardine di tale traffico crocieristico, in particolare è 2° solo ai Caraibi. Particolarmente positivo in campo crocieristico è stato il 2017. Il porto di Bari è quello che registra il maggior numeri di passeggeri all’interno del sistema del Mare Adriatico Meridionale. Le risposte del turismo in tali anni e successivamente, sono necessarie per l’ADPS (Autorità del Sistema Portuale) del Mar Adriatico Meridionale per comprendere su quali fronti investire. Anche la nautica da diporto nel Mar Mediterraneo investe un ruolo importante vista la ricchezza delle attrattività storiche e paesaggistiche presenti. Un periodo nero per questo settore è iniziato nel 2010, anno in cui è stata introdotta dal governo Monti l’imposta di possesso delle unità nautiche da diporto che ha portato una flessione del 35% del giro d’affari degli scali turistici, tale sofferenza si è ottenuta nel 2016. TESSUTO ECONOMICO E PRODUTTIVO PUGLIA: In una fase in cui la ripresa economica è ancora debole, bisogna riconoscere che la Puglia nel periodo 2015-2016 ha registrato una crescita del PIL, anche se inferiore alla media nazionale. Nel 2017 si è registrata una robusta ripresa economica italiana e anche in Puglia e nel Mediterraneo se pur più lento di quella nazionale, perché l’economia delle regioni meridionali sconta un ritardo di crescita consolidata. Le previsioni del 2018 hanno confermato il rallentamento dell’economia dell’Italia e del PIL, nel 2020, ciò è riconducibile a fattori esterni come l’andamento del commercio mondiale e il prezzo del petrolio, ciò quasi sicuramente allargherà il divario di crescita tra Nord e Sud. Tuttavia, bisogna dire che il sistema produttivo della Regione Puglia è caratterizzato prevalentemente da imprese operanti nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, soprattutto nel settore primario, segue poi il settore della costruzione, poi di servizi e ristorazione. Un ruolo importantissimo per la Puglia e soprattutto per il Mezzogiorno è svolto dal Fondo Di Sviluppo E Coesione (il PON) imprese e competitività con i contratti di sviluppo a partire dal 2016. Lo ZES (Programmi Di Sviluppo Per Aree Geograficamente Delimitate), si ritiene possano assumere valenza strategica per lo sviluppo delle regioni, per le agevolazioni fiscali e per la ricollocazione per le imprese Italiane ed Europee. BACINI DI UTENZA: Il processo di containerizzazione delle merci e l’intermodalità, contribuiscono alla globalizzazione degli scambi commerciali e all’intensificazione dei rapporti tra porti dell’entroterra di riferimento. Ciò che ha contribuito ad accrescere la competitività di un porto dipende dal coordinamento del porto con gli attori esterni che lo popolano, ossia l’intera SUPPLY CHAIN. Assume una rilevanza strategica l’analisi dei flussi delle merci che dal bacino di utenza giungono nei porti pugliesi, anche se le difficoltà sono ancora tante soprattutto nei collegamenti di lunga percorrenza fra i porti pugliesi e il bacino nazionale europeo e ciò rende necessaria un’analisi molto approfondita del tessuto produttivo ed economico locale. Per i porti pugliesi assumono importanza rilevante a livello strategico alcune imprese di paesi limitrofi, come: -L’ILVA Di Taranto e la SATA FCA a San Nicola. -Tra le imprese di estrazione petrolifera ricordiamo quelle della Basilicata in Val d’Agri (Viggiano) dove troviamo il COVA- Centro olii Val d’Agri e la Total a Corleto Perticara. -Inoltre ricordiamo tanti imprese di produzione agricola le cui materie danno vita ad articolate filiere di trasformazione agroalimentari presidiate da importantissime aziende straniere ed italiane come la Barilla, la Coca Cola, la Ferrero, la Doria, Granarolo, birra Peroni… -In Puglia inoltra è diffusa la presenza dei grandi centri di Enel, enipower, Sorgenia. Inoltre, con la presenza di Edison in campi Edici fotovoltaici e varie centrali a Biomassa.
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