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Geografia delle lingue, Appunti di Storia e geografia linguistica dell'Europa

Geografia delle lingue Università di Roma Tor Vergata Libro: Lingue e spazi

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 15/09/2020

Vanessa-Salis-Iglesias
Vanessa-Salis-Iglesias 🇮🇹

5

(7)

22 documenti

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Scarica Geografia delle lingue e più Appunti in PDF di Storia e geografia linguistica dell'Europa solo su Docsity! ETNIE, CULTURE, ESPRESSIONI LINGUISTICHE L’ETNIA E I SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI La comprensione del concetto di etnia presuppone un richiamo al concetto di cultura:  Per cultura si intende l’insieme degli elementi che costituiscono il modo di vivere di un gruppo umano: credenze collettive, simboli, valori, forme di comportamento, sistemi sociali.  Per etnia si intende un più ampio gruppo di individui che condividono i tratti di una specifica cultura. Il concetto di etnia fu introdotto alla fine del Settecento da Edouard Chavannes in riferimento allo studio dell’uomo in quanto membro di una specie diffusa nel mondo e suddivisa in gruppi diversi per caratteristiche fisiche, culturali e sociali:  Georges Vacher, un antropologo francese, fu il primo a fornire una definizione del concetto di etnia: un gruppo costituito da tutti i caratteri umani, siano essi somatici, linguistici o culturali.  Charles Becquet definisce l’etnia come un gruppo umano unito dalla comunanza di tratti culturali e psicologici, derivanti dalla pratica di una stessa lingua.  Guy Héraud definisce l’etnia come un insieme di popoli accomunati da una stessa lingua, considerando quindi la lingua come l’elemento culturale principale nell’unione di un gruppo (essa però non è la cultura ma il suo veicolo, in quanto se una comunità perde la sua lingua mantiene ancora per un certo lasso di tempo la sua cultura di base, la quale è un patrimonio ereditario, continuando ad essere una comunità etnica).  Altri studiosi, invece, sostengono che un gruppo può essere definito come etnia, non solo se condivide una stessa cultura di base, ma se è consapevole di far parte di una comunità, sviluppando un sentimento di appartenenza ad essa.  Anthony D. Smith ha individuato sei condizioni necessarie per poter definire una comunità sociale come etnia: 1. Il nome collettivo, che ne esprime l’unicità e l’identità. 2. La coscienza di una discendenza comune. 3. Il senso di una storia comune, in riferimento alle memorie condivise. 4. La partecipazione a una cultura condivisa, i cui tratti più comuni sono la religione e la lingua, anche se quest’ultima non è considerata come un fattore essenziale di identità etnica. 5. Il rapporto fra la comunità e un territorio determinato, immaginario o concreto, posseduto o no (può essere anche un ricordo), ma sentito comunque come patria. 6. Il senso di solidarietà. Accanto a questi caratteri interni della comunità etnica, Smith sostiene che vi siano altri due concetti che ne definiscono il comportamento verso l’esterno: 1. L’etnocentrismo, riferito all’atteggiamento cognitivo del gruppo, che distingue il “noi” dal “loro”, attribuendo un giudizio negativo nei confronti di altri gruppi e un giudizio positivo nei confronti del proprio gruppo di appartenenza. 1 2. L’etnicismo, che riguarda la possibile mobilitazione del gruppo contro dei fattori di disgregazione interni o una minaccia esterna, rafforzando quindi i suoi caratteri collettivi. Vi sono, infine, quattro condizioni storico-sociali che, secondo Smith, hanno favorito, nel corso del tempo, l’insorgere del legame etnico: 1. La sedentarietà, che ha contribuito allo sviluppo nei gruppi di un senso di appartenenza comune. 2. La religione organizzata. 3. Il clero, che garantisce la continuità e la stabilità identitaria della comunità nel tempo. 4. La guerra, la quale rinnova l’identità dei gruppi.  Roland Breton ha individuato nove elementi per definire i caratteri generali di una comunità etnica:  Il primo insieme di elementi, chiamati pre-strutture, è costituito:  Dai dati demografici.  Dalla lingua: secondo Breton, un gruppo etnico può essere definito tale se è caratterizzato da un’unità linguistica. L’etnia, quindi, viene identificata con il Gruppo di Lingua Materna (GLM), detto anche gruppo etnolinguistico o comunità linguistica, all’interno del quale vi sono un insieme di individui con la stessa lingua madre.  Dal territorio.  Il secondo insieme di elementi, chiamati strutture, è costituito:  Dalla cultura non materiale, ovvero il patrimonio spirituale ereditario del gruppo, come la storia comune, la religione, la letteratura, la musica, le tradizioni orali ecc.  Dalle classi sociali, dalle quali dipendono la circolazione della cultura e l’omogeneità della lingua (in quanto se un gruppo è suddiviso in classi difficilmente adopererà una medesima forma di espressione).  Dal sistema economico, dal quale dipende la distribuzione spaziale del gruppo.  Il terzo insieme di elementi, chiamati post-strutture, è costituito:  Dalle istituzioni politiche.  Dal ruolo della metropoli, intesa come il principale centro decisionale del territorio abitato dalla comunità etnica.  Dal tipo di rete urbana esistente, la cui efficienza influisce sulla solidità e la coesione del gruppo. Tutti questi elementi costituiscono un sistema, quindi qualsiasi variazione intervenuta in un elemento finisce inevitabilmente col modificare anche gli altri. Al di là della difficoltà di giungere a definizioni precise, ciò che emerge è che non esiste, nella realtà contemporanea, uno Stato la cui popolazione costituisca un insieme omogeneo sotto i diversi punti di vista. La maggior parte delle società del pianeta, è caratterizzata, al proprio interno, dalla coesistenza di più gruppi etnici. Inoltre, nel corso del Novecento, il concetto di etnia è diventato uno dei concetti più a rischio, dal momento nel quale viene spesso utilizzato come pretesto per emarginare o eliminare gruppi etnici meno rilevanti rispetto ad altri. 2 3. La sfera di influenza, ovvero l’area esterna e di contatto periferico in cui:  O vi sono i resti del nucleo centrale un tempo più esteso e poi intaccato da un’altra cultura.  O parte della popolazione proveniente dal nucleo centrale vi si è trasferita, portando con sé anche l’impronta della propria appartenenza etnica. Si può quindi affermare che le aree occupate da una cultura si sviluppano in successione a partire dal luogo d’origine. Gli elementi fondamentali per ciascun gruppo etnico sono:  Il legame con il territorio, che assicura la persistenza nel tempo di simboli preziosi per la coesione del gruppo e importanti per il mantenimento della propria identità. Inoltre:  Molte volte, per rafforzare ulteriormente il legame con il territorio, gli si attribuisce una valenza religiosa con la presenza di santuari, luoghi di culto o monumenti commemorativi di episodi o personaggi della storia e del mito della comunità.  Anche le aree rientranti nella sfera d’influenza possono subire l’impronta del luogo d’origine: qualche elemento architettonico o qualche riferimento dei modi di produzione possono essere trasferiti, anche a grande distanza, e contribuire a far sentire “a casa” coloro che sono emigrati (ad esempio le Chinatown presenti in tanti centri urbani). Quando la localizzazione di un gruppo in una determinata area, anche se molto distante dal luogo d’origine, raggiunge una certa soglia e se ne possono notare i segni, si può parlare di quartiere etnicamente connotato.  La definizione di un confine etnico, che risulta però molto difficile, in quanto coincide con una zona al di fuori dell’area centrale del territorio etnico, in cui alcuni tratti dell’etnia dominante andranno a fondersi con quelli delle etnie circostanti e, dovendo una cultura confrontarsi con altre di segno diverso, tale zona potrà diventare anche un’area di scontro tra comunità differenti (per questo motivo, ogni gruppo cerca generalmente di rafforzare la percettibilità del limite del suo territorio e di marcarlo in qualche modo, così da scoraggiare le possibili contestazioni). I confini etnici, in ogni caso, non coincidono quasi mai con quelli politici (che sono esattamente definiti sul terreno e hanno un carattere di ufficialità) e ancora più difficilmente restano fermi nel tempo. In generale, esistono 3 tipi di confini: geografico, politico e socio-linguistico-culturale (il confine geografico e il confine politico tendono a sovrapporsi, soprattutto in Occidente). 5 LINGUE E GEOGRAFIA PREMESSA Le lingue evolvono in relazione ai luoghi e rispondono alle dinamiche delle espressioni e delle esperienze umane. Esse:  Possono essere conservate in quanto elementi essenziali di identità.  Possono essere abbandonate qualora, ad esempio, si veda in esse un possibile ostacolo ad una piena integrazione sociale. Nel corso degli ultimi trent’anni, contemporaneamente allo sviluppo delle ricerche in ambito linguistico, sono andate moltiplicandosi le questioni poste dalla pluralità delle lingue: la riduzione delle distanze, l’aumento dei legami tra le diverse aree del pianeta (nascita di istituzioni nazionali e internazionali) e la crescita dei flussi migratori, ha reso evidente la necessità di un adattamento all’uso abituale di due o più lingue nei territori dei vari Stati. LO STUDIO DEGLI ASPETTI SPAZIALI DELLE LINGUE La lingua, ovvero il modo concreto attraverso cui si manifesta la capacità umana di comunicare, viene scomposta dai linguisti in elementi di un codice, costituito da due articolazioni sovrapposte: 1. I monemi, elementi di prima articolazione, ovvero le unità linguistiche più semplici dotate di significato che si dividono a loro volta in:  Lessemi, se dotate di significato lessicale.  Morfemi, se dotate di significato grammaticale. Ad esempio: nella parola “congelato” i monemi sono “con-“, “gel-“ e “-ato”. 2. I fonemi, elementi di seconda articolazione, ovvero le unità fonetiche (suoni) più semplici dotate di capacità semanticamente distintive e oppositive rispetto ad altre unità (ad esempio: gare, pare, bare). Essi possono essere rappresentati, a seconda delle scritture, attraverso un numero variabile di segni grafici (chiamati grafemi), come:  Una lettera o un gruppo di lettere.  Dei segni, chiamati diacritici, come la dieresi. Vi sono, inoltre, due tipi di scrittura, quella:  Fonografica, basata sulla presenza di segni (o grafemi) ai quali corrisponde un suono alfabetico o sillabico.  Ideografica, basata sulla presenza di segni (o grafemi) ai quali corrisponde una parola unica o un concetto (un esempio sono i caratteri cinesi). La maggior parte delle scritture ideografiche, però, ha subito nel tempo un’evoluzione che ha condotto ad una forma di scrittura abbreviata mediante segni convenzionali (come la notazione musicale, oppure la stenografia, un metodo di scrittura che impiega segni, abbreviazioni o simboli per rappresentare lettere, suoni, parole o frasi), chiamata semiografia. I linguisti prendono in considerazione le lingue da punti di vista diversi, studiando:  La fonetica, ovvero i suoni che si articolano nella pronuncia delle parole che costituiscono una lingua.  La fonologia, ovvero i fonemi tipici di ogni lingua.  La morfologia. 6  La sintassi.  La semantica, ovvero il significato delle parole in relazione ai mutamenti subiti nel tempo. Da Ferdinand de Saussure (fondatore della Linguistica moderna) in poi, hanno prevalso due approcci, quello:  Sincronico, che analizza i cambiamenti delle lingue in un dato momento.  Diacronico, che analizza i cambiamenti delle lingue nel corso del tempo. A partire dalla fine dell’Ottocento, in campo linguistico, nacque un nuovo ramo della glottologia, che prendeva in esame non più solo la struttura interna di ciascuna lingua, ma anche il contorno spaziale, e quindi le caratteristiche del territorio in cui le diverse lingue venivano utilizzate. Così:  Graziadio Isaia, considerato l’inventore del termine e della disciplina della glottologia, si dedicò agli studi di dialettologia, opponendosi all’idea manzoniana di utilizzare il fiorentino come parlata nazionale: la lingua, secondo lui, doveva infatti riflettere la cultura nazionale a tutti i livelli e quindi l’italiano sovraregionale, ossia la lingua che sarebbe nata dagli scambi culturali all’interno del Paese, avrebbe rappresentato una soluzione migliore.  Si diffuse la cartografia, che offriva la possibilità di evidenziare le relazioni spaziali delle lingue sul territorio. A questo punto:  Georg Wenker, fissò su una carta geografica i limiti dialettali di alcune forme dialettali.  Jules Gilliéron, iniziò a registrare sulla carta le varianti dialettali di un certo numero di termini francesi e, insieme a Edmond Edmont, pubblicò a Parigi il primo vero atlante linguistico. Nacque così da Gilliéron la Geografia linguistica, intesa come lo studio della distribuzione dei fenomeni linguistici nello spazio, al fine di descriverne i mutamenti e chiarirne modalità e cause. Emerse, inoltre, che sulla carta era possibile tracciare delle linee, definite:  Isoglosse, nel caso in cui delimitassero la zona di un territorio che condivideva un tratto lessicale comune.  Isofone, nel caso in cui delimitassero la zona di un territorio che condivideva un tratto fonetico comune. L’osservazione di queste linee, collegate ad altri caratteri fisici (come un fiume o una catena montuosa) e antropici (come la presenza di una determinata forma di insediamento), consentiva di:  Comprendere alcune delle connessioni tra fenomeni prettamente linguistici e aspetti geografici più generali.  Rilevare le relazioni esistenti tra l’espressione parlata e le diverse forme di organizzazione del territorio. TRA LINGUISTICA SPAZIALE E GEOGRAFIA DELLE LINGUE Negli anni venti, la Geografia linguistica assunse in Italia la denominazione di neolinguistica e, un po’ di tempo dopo, Matteo Bartoli suggerì di modificarla in linguistica spaziale, volendo sottolineare l’importanza che aveva in materia l’analisi territoriale, senza però utilizzare una denominazione che desse l’idea di interferenze non chiare con le scienze geografiche. Bartoli, partendo dall’osservazione che l’evoluzione di una forma linguistica non è contemporanea 7 DINAMICHE LINGUISTICHE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO L’EVOLUZIONE LINGUISTICA NEL TEMPO Le lingue costituiscono delle strutture dinamiche, in continua evoluzione. Il lessico è la parte più esposta al mutamento, che prevede la presenza di:  Neologismi (creazione di nuove parole che entrano nell’uso) o prestiti da lingue straniere, in risposta alle necessità di determinati settori, per indicare qualcosa che prima non c’era.  Arcaismi, ovvero parole che diventano “antiquate”, in quanto non vengono più utilizzate. La dinamica linguistica, dipende:  Dal dato demografico, in quanto se il numero dei locutori di una lingua scende al di sotto di una certa soglia, la lingua perderà di vitalità.  Dalla capacità che ha un gruppo di elaborare cultura e trasmetterla agli altri, in quanto nell’espansione di una lingua contano:  L’organizzazione sociale e politica: in un’area in cui è presente un centro politico e culturale, la lingua si evolverà più rapidamente (a differenza delle periferie, nelle quali prevalgono invece gli arcaismi).  L’efficienza del sistema economico e le innovazioni tecnologiche, sociali e produttive: ad esempio, la Rivoluzione industriale ha determinato la sovrapposizione di una lingua nazionale (forgiata dai gruppi sociali artefici della trasformazione) ai dialetti regionali (la decadenza dell’economia rurale ha determinato infatti il declino di quelle parlate che, con l’instaurarsi di un mercato nazionale, non erano più efficaci alla comunicazione). La scomparsa di un idioma è un evento molto frequente, anche se nessuna lingua è morta senza lasciare traccia di sé negli idiomi che ad essa si sono sovrapposti e, molte lingue che hanno smesso di essere parlate, sono divenute oggetto di studio (greco e latino). Le ragioni per le quali una lingua può scomparire sono:  La morte dell’ultima (o penultima) persona che la parla (dopo può continuare ad esistere solo se è stata messa per iscritto o se è stata registrata in qualche modo).  In seguito a diglossia (ovvero la compresenza, all’interno di una singola comunità di parlanti, di due lingue, una utilizzata in ambito formale e l’altra in ambito informale), che può portare alla fossilizzazione della lingua usata in ambito formale, colto.  Per effetto della differenziazione dialettale, a causa della quale una lingua “lasciata a sé stessa”, senza istituzioni politiche e culturali, tenderà a frantumarsi.  Ragioni extralinguistiche, ovvero il prevalere di un gruppo etnico su un altro (per egemonia politica, dipendenza economica e dominazione culturale), può portare alla dispersione della lingua del gruppo che subisce il processo di acculturazione. L’ESPANSIONE DELLE LINGUE NELLO SPAZIO Il processo di diffusione culturale, ossia la propagazione di un’idea o di un’innovazione dalla sua area di origine ad altre culture, può avvenire in due modi: 10 1. Per spostamento, quando l’idea o l’innovazione vengono fisicamente trasferite in nuove aree da individui che entrano a far parte di popolazioni non di per sé associate o in contatto con la loro area di provenienza. 2. Per espansione, quando l’idea o l’innovazione sviluppatasi in una determinata aera, si propaga da un luogo ad altri. Queste forme di propagazione linguistica rappresentano un processo di diffusione spaziale, che può essere ostacolato da barriere fisiche o culturali o risultare facilitato dalla loro assenza. Il processo di estinzione di una lingua, si divide in tre fasi: 1. Si verifica una forte pressione (politica, sociale o economica), dall’alto verso il basso (ad esempio, una serie di provvedimenti legislativi) o dal basso verso l’alto (ad esempio, la sollecitazione da parte di un gruppo sociale), sulla popolazione affinché parli la lingua dominante. 2. Ne consegue un periodo iniziale di bilinguismo, in cui le persone parlano sempre meglio la nuova lingua, ma conservano la competenza di quella precedente, fino ad arrivare a un declino di questo bilinguismo, momento nel quale il vecchio idioma cede il passo a quello nuovo. 3. La generazione più giovane migliora sempre più la competenza della nuova lingua, finendo per considerare la prima lingua, ormai divenuta una sorta di dialetto familiare, sempre meno adatta alle nuove esigenze. Secondo un modello elaborato da Roland Breton, procedendo dal centro di una regione etnolinguistica (A) verso il centro di un’altra regione etnolinguistica (B), si possono osservare una serie di aree con connotazioni linguistiche differenti:  Al centro della regione dell’etnia A, ci sono persone che parlano solo la lingua a (Aa).  Andando verso l’esterno, sempre all’interno della regione dell’etnia A, ci sono persone che parlano a come prima lingua, ma che utilizzano anche la vicina lingua b (frangia bilingue Aab).  Proseguendo ancora di più verso l’esterno, sempre all’interno della regione dell’etnia A, ci sono persone che parlano b come prima lingua, ma che utilizzano anche a come una lingua secondaria (frangia bilingue Aba).  Proseguendo ancora una volta verso l’esterno, sempre all’interno della regione dell’etnia A, ci sono persone che parlano solo la lingua b (Ab).  Più avanti, vi è la regione dell’etnia B, dove ci sono persone che parlano solo la lingua b (Bb). Grazie a questo modello, è possibile spiegare il processo di:  Acculturazione, quando membri di un determinato gruppo, in seguito a migrazione, conquista o contatti diretti, assumono la cultura di un altro popolo.  Deculturazione, quando membri di un determinato gruppo perdono la propria cultura. LE POLITICHE LINGUISTICHE Chi amministra una comunità, può modificare il quadro linguistico di un territorio. Uno Stato infatti, può decidere di: 11  Favorire la diffusione di una lingua a scapito della o delle altre, utilizzando una serie di misure, quali:  La conquista del monopolio nella scuola, con l’insegnamento obbligatorio della e nella lingua prescelta, al fine creare un’iniziale bilinguismo.  Introdurre ufficialmente, in un secondo momento, il bilinguismo.  Favorire l’editoria e le comunicazioni nell’idioma che si vuole diffondere, così da renderlo progressivamente il più adoperato a tutti i livelli e, a lungo andare, l’unico conosciuto dalla popolazione.  Eliminare una lingua, utilizzando una serie di misure, quali:  Esercitare una sorta di condizionamento psicologico sui locutori, spingendoli a ritenere di livello inferiore quella che è la loro parlata originaria e scoraggiandoli pertanto ad utilizzarla abitualmente.  Rifiutare testi e dichiarazioni che non siano redatti nell’idioma ufficiale.  L’esclusione della lingua che si vuole colpire dai mass media.  Vietare l’uso della lingua che si vuole colpire.  Cancellare ogni riferimento culturale della lingua che si vuole colpire dal territorio. Dunque, si può affermare che tutti gli Stati, a prescindere dalle motivazioni e dalle prospettive verso le quali decidono di intervenire, hanno una propria politica linguistica, che può supportare il multilinguismo (come in Svizzera), il bilinguismo (come in Belgio) o l’omogeneizzazione dell’uso linguistico. LA TUTELA DELLE LINGUE MINORI Le comunità alloglotte, ovvero le comunità nelle quali viene parlata una lingua diversa da quella ufficiale della maggioranza, sono meno numerose rispetto alle situazioni che vedono un gruppo nella posizione di minoranza. In un’epoca come quella attuale, infatti, i patrimoni linguistici di molte comunità, deboli dal punto di vista politico, economico o demografico, sono stati minacciati dall’avanzata di idiomi più forti. Vi è infatti una differenza tra lingua:  Regionale, una lingua parlata in un’area limitata del territorio di uno Stato e dalla maggioranza della popolazione che vi risiede.  Minoritaria, una lingua parlata da persone che non sono stanziate in uno spazio specifico o che, pur vivendo in un’area delimitata, costituiscono un gruppo numericamente inferiore rispetto alla popolazione della regione che parla la lingua maggioritaria dello Stato. La conservazione della diversità linguistica è fondamentale perché il linguaggio è l’essenza stessa di ciò che vuol dire essere umani: la lingua racchiude in sé la maggior parte della storia di una comunità e buona parte della sua identità, e costituisce il principale strumento di trasmissione della cultura. A tal proposito, nel 1992, è stato approvato dal Consiglio d’Europa un documento chiamato “Carta delle lingue regionali e minoritarie”, entrato in vigore nel 1998 e adottato da molti Stati membri dell’Unione Europea, il quale:  Ha come obiettivo principale non quello di tutelare le minoranze linguistiche, ma quello di privilegiare la funzione culturale della lingua.  Dichiara di perseguire finalità di ordine culturale, nella consapevolezza che la salvaguardia delle lingue regionali e minoritarie costituisce un arricchimento, potendo contribuire allo 12
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