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Geografia fisica e geografia umana di fronte ai concetti di valore - L. Gambi, Schemi e mappe concettuali di Geografia Storica

sintesi di "Geografia fisica e geografia umana di fronte ai concetti di valore" di Lucio Gambi

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 13/09/2023

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Scarica Geografia fisica e geografia umana di fronte ai concetti di valore - L. Gambi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Geografia Storica solo su Docsity! Geografia fisica e geografia umana di fronte ai concetti di valore Gambi Uomo, da sempre, si relaziona con ambiente naturale (ciò che gli sta intorno: cose, fenomeni, oggetti e forze). Ambiente ha dato a uomo anche problemi → l’indagare modi coi quali uomo si è relazionato con ambiente è esigenza che ha origine antichissima nella storia della cultura. Per il fatto che è irrefutabile, si deve esprimere in un campo di studio → questo è la geografia tout court, cioè “generale”, o è la geografia umana? Storia della cultura → due fasi antitetiche: 1. da 1850 circa: positivismo; 2. verso 1900: neoidealismo, che si manifesta in reazione al positivismo. NB: geografia ufficiale, in Italia, si è formata poco dopo unificazione nazionale, in clima di caldo positivismo, e si è alimentata alle principali fonti extranazionali di questo, cioè in Germania specialmente. Emerge domanda: per geografia (italiana in particolare) ha avuto importanza tale evoluzione della storia della cultura? Importanza è ovvia, ma questa si manifestò realmente in apprezzabili riflessi, per cui sia giusto dire che a quell’evoluzione la geografia reagì, o da quella fu influenzata? Prima di rispondere va chiarito in cosa per i geografi, doveva o avrebbe dovuto consistere l’importanza dell’opposizione fra positivismo e neoidealismo = vi era nella ragion d’essere della geografia qualcosa che da considerarsi in crisi per l’opposizione fra positivismo e neoidealismo? → è il modo completamente diverso che positivismo e neoidealismo hanno di vedere e capire la natura, cioè le cose fuori di noi. ⇩ POSITIVISMO: natura è conoscibile: possiamo conoscere gli ordini che la governano. Conoscenza della natura ha in qualunque occasione un valore di probabile verità e il fenomeno si manifesta, tendenzialmente, così come noi lo conosciamo. Fenomeni e cose li possiamo descrivere, raggruppare in famiglie e tipi; possiamo stabilire fra loro leggi ed esprimere in schemi e ricostruzioni loro ricorsi e loro evoluzione. Complesso delle scienze naturali aderisce a quest’ordine di idee; ma neoidealismo lo ha arricchito della dottrina dell’organismo → natura è oggettivamente conoscibile e conosciuta, ma le sue entità assumono valore diverso a seconda degli organismi ove agiscono. Creature e forze della natura sono organismi completi, così che la struttura della totalità dell’organismo influenza e condiziona le caratteristiche delle singole parti elementari. Quindi il medesimo atomo può comportarsi in modo diverso quando esso fa parte ad es. di una corrente idrica o del corpo umano. NEOIDEALISMO: nega valore di realtà storica alla cognizione obiettiva della natura e degli ordini che la governano. Ma essa dà valore empirico a ciascuna ricostruzione del mondo naturale, e la considera forgiata solo dal nostro spirito per i suoi fini pratici: cioè la vede solo in funzione dell’uomo. L’atmosfera che il neoidealismo ha animato è oggi comune da noi, in Francia e nei paesi angloamericani, a buona parte di quanti si dedicano alle scienze storiche (studiano uomo e sue opere e relazioni con natura). ⇩ Sono due valori antitetici dati alla conoscenza umana di ciò che esiste fuori di noi. È logico che questa opposizione avrebbe dovuto svegliare delle interrogazioni tra i geografi, che trattano sia di fenomeni e oggetti della natura in sè e per sè, sia degli uomini in relazione con questi. Con neoidealismo relazione fra natura e uomo veniva posta in crisi da un apprezzamento diverso del valore delle nostre conoscenze. Però a questa crisi, la geografia è rimasta sorda, specialmente in Italia → geografia non ha avuto in Italia riflesso alcuno della crisi positivismo-idealismo. Perché? → geografia ufficiale era molto giovane nel 1900, e tale rimase a lungo. La geografia italiana doveva fare le ossa. E per fare le ossa si resta in famiglia, quando la famiglia è buona. Ho già detto che la geografia ufficiale, in Italia, era nata in grembo al positivismo. Non c’è da meravigliarsi se - date le sue condizioni - vi rimase. Fu in seno alle discipline naturali che geografia sentì il fermento creato da crisi del positivismo. Da questa crisi era scaturita in ambiente culturale angloamericano una più larga visione del mondo degli organismi, che ebbe poi eco anche in Germania. In tali ambienti culturali che geografia è stata interpretata come «scienza del paesaggio». Paesaggio di questa geografia è inteso come qualcosa di simile ad organismo in cui elementi sono tra loro legati (~dottrina organismo). Così facendo geografia veniva allineandosi con il progredire della cultura. Una scienza è florida quando vive assiduamente nel mondo della cultura che gli sta intorno e ne ritrae gli impulsi. Nella sfera delle scienze naturali, la geografia fece ciò istituendosi come scienza del paesaggio. Va però ricordato che la geografia non studia solo la natura, ma studia pure l’uomo e le sue relazioni col mondo fuori di lui. Ma le scienze che speculano intorno all’uomo da un punto di vista non naturale e non trascendentale attualmente si svolgono su di un piano mentale che è o fu in qualche relazione col neoidealismo. Solo la geografia fa eccezione. Per Gambi, il significato di questa eccezione, è quello di un ritardo culturale. In Italia, la parte della geografia che studia l’uomo ha continuato a vedere le cose con mentalità del positivismo e ha ignorato che quando si tratta di problemi umani, si usa oggi una lingua nuova e si lavora su un diverso piano mentale. Se geografia umana vuole avere ragione di essere, ed essere vitale, si deve per forza innestare nella grande corrente che si muove nello spirito di questo moderno umanesimo. Spirito di tale piano mentale della cultura umanistica è quello che negli ultimi decenni ha sostenuto lo storicismo crociano. Verranno ora esposti esempi di come geografia umana può vedere alcuni dei suoi problemi con lo spirito dello storicismo. È proprio con l’esame di qualche problema che i diversi criteri di valore, che emergono dal diverso piano mentale lungo cui agiscono positivismo e neoidealismo, riescono meglio a discriminare la visione di una geografia umana «tradizionale» e quella di una geografia umana più moderna, in linea con la odierna. Si faranno esempi su problemi del popolamento umano. Geografi hanno grande familiarità con le carte del popolamento umano, le quali indicano una stabile ubicazione di una certa quantità di persone entro una certa zona. Ma ignora che questa popolazione forma una o più comunità, qualunque comunità vive non solo di relazioni interne ma vive in migliaia di relazioni uscenti dalla regione che abita. Le carte della distribuzione della popolazione rischiano di inchiodare gli uomini nei luoghi di residenza legale o della loro ubicazione data dal censimento? Il loro guaio non è forse quello di congelare o nascondere l’idea e il valore delle relazioni degli uomini fra loro? Non si è ancora scoperto un sistema diverso per figurare la distribuzione della popolazione, ed è conveniente prendere a prestito quel sistema dalle scienze naturali. Questo non vuol dire però che le manifestazioni della storia umana siano effigiabili giustamente con i medesimi criteri delle scienze naturali. Per un geografo di mentalità naturalistica il contenuto di una simile carta è bastevole a esaurire il problema della distribuzione della popolazione, ma per un geografo umanista no, perché il numero degli uomini e il loro modo di distribuzione gli importano a una condizione: che sia chiaro di che uomini si parla, cioè della loro cultura. L’agricoltura invece lega l’uomo al suolo e vuole molte energie e lavoro, ma tali forze sono create in diverso modo a seconda della costituzione della società, dei suoi ordinamenti agronomici e giuridici. Di fronte alla dinamicità di fenomeni come questi, cosa vale il riferimento ad astratti, muti, e - se vogliamo - stupidi dati di superfice e di popolazione, e al quoziente fra loro che si chiama densità? Vi sono importanti problemi attuali che si riferiscono alla ripartizione degli uomini: gli aumenti forti della popolazione di alcuni paesi industriali misero in chiaro il fenomeno della saturazione demografica la quale è stata (ed è) alle origini di conflitti nel campo del lavoro e di frequenti carenze nell’alimentazione, e più di una volta ha influito a invischiare la popolazione di larghe zone in condizioni di vita depresse. Per dare una soluzione ai problemi che questo fenomeno pone, bisogna vedere in cosa consiste il sovrappopolamento. Esso è oggetto di studio dei geografi perché riguarda l’uomo in quanto abitatore della Terra. Cos’è il sovrappopolamento per i geografi? Studiosi nordici riprendono l’idea di optimum di popolazione (=equilibrio, matematicamente precisabile, fra il maggior numero di uomini che una regione può sostenere quando lo sfruttamento delle sue risorse sia eseguito in modo razionale e integrale). Una volta conseguito tale equilibrio, qualsiasi visibile aumento di popolazione fa scendere la quantità di risorse da destinare a ogni uomo: perciò deprime le condizioni di vita e crea uno stato di sovrappopolamento. A parte i suoi meriti, positivismo ha avuto una colpa = aver radicato l’abitudine di giudicare gli eventi dell’umanità con le regole e alla stregua delle manifestazioni naturali; tale modo di pensare è stato ereditato dalla geografia. I geografi, indagando le opere umane, scordano spesso che l’uomo è tale perché lo anima uno spirito: le sue opere sono estrinsecazione di questo spirito, e quindi è scorretto chiudere in formule gli eventi dell’umanità. Nei riguardi del sovrappopolamento, ha una percezione più viva e giusta delle realtà umane la tesi di Demangeon: egli dà al sovrappopolamento un valore diverso da comunità a comunità, secondo le strutture culturali di ciascuna (sovrappopolamento legato al genere di vita). Qualunque crisi in questo complesso ha riflessi in ogni elemento e fatto che lo forma, quindi pure sul popolamento. Per questo la saturazione demografica è soggettiva. Anche il valore economico del sovrappopolamento non è esauriente: ciò lo fa dire ad esempio la storia demografica di alcune regioni del sud Italia, indagata e ripensata non solo mediante i repertori demografici, ma anche nei modi di vita, nel tono sociale delle popolazioni e nel loro spirito. 1820-1870: tali paesi = saturazione demografica. Perché? → Gambi: all’epoca le regioni meridionali si uniscono politicamente con altre regioni d’Italia ed entrano in un nuovo mondo; le loro popolazioni valutano quanto sia misero il loro genere di vita e voglio migliorarlo. In questo caso la saturazione sta nella coscienza che gli uomini prendono dall’inadeguata efficienza del loro genere di vita: ha dunque una motivazione economica e morale e dà ala a fenomeni di psicosi. A tal punto qualcuno farà notare che se lo spirito umanistico si può accogliere quando si fa la storia del popolamento umano, esso va però scartato nello studio delle forme che quel popolamento crea, cioè le forme di insediamento, nella cui indagine la metodologia naturalistica dovrebbe risultare più indicata e potrebbero conservar pienamente il loro valore gli schemi entro cui si inquadrano da decenni i frutti di tali indagini. In Italia la geografia umana ha riconosciuto molti tipi di forme di insediamento, sia per le città, sia per le zone rurali: questi tipi li ha descritti, divisi per classi ecc. Tale procedimento, per chi è nato in una scuola positivistica
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