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Geografia fisica e umana, Appunti di Geografia

appunti e slide integrate con "Geografia Umana" di Fellmann Geografia fisica Geografia del paesaggio e dell'ambiente Geografia topografica Geografia demografica Geografia topologica Geografia urbana Geografia dello sviluppo Geografia culturale Geografia delle lingue

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 30/06/2024

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Scarica Geografia fisica e umana e più Appunti in PDF di Geografia solo su Docsity! LA GEOGRAFIA La parola ‘geografia’ indica la descrizione della terra. La geografia è un sapere che ha come domanda il motivo per cui i fenomeni fisici e antropici differiscono da luogo a luogo sulla superficie terrestre, quindi si interroga una molteplicità dei fattori. La geografia concerne lo spazio e ciò che in esso agisce. La geografia generale si divide in geografia fisica e geografia umana, ma entrambi sono lo studio dell’evoluzione e della riorganizzazione della superficie terrestre. La geografia umana studia come le popolazioni, le culture, le società e le loro economie, con le loro manifestazioni materiali, si diversificano nello spazio terrestre, in relazione al variare delle condizioni ambientali e storiche. La geografia è una scienza di frontiera e una materia trasversale. Comunque il denominatore comune è il territorio. GEOGRAFIA FISICA La geografia fisica è la parte della geografia che studia i processi naturali che avvengono sulla superficie della Terra fornendo la base fisica per le attività umane. La geografia fisica include: - la geomorfologia –> scienza dei processi che influenzano la superficie terrestre e le sue forme, la loro storia e i loro processi evolutivi - lo studio dell’idrosfera –> distribuzione dell’acqua sulla Terra, acque continentali (deflusso superficiale; bacini idrografici, corsi d’acqua; laghi; falde; acque superficiali e incanalate), ghiacciai: caratteristiche e distribuzione, oceani e mari (caratteri fisici e chimici delle acque marine; movimenti del mare) - la climatologia –> scienza che descrive e spiega le variazioni nello spazio e nel tempo della temperatura e dell’umidità sulla superficie terrestre - la biogeografia –> studio della distribuzione di organismi alle varie scale spaziali e temporali, nonché dei processi che riproducono questi tipi di distribuzione - la geologia, la litologia e la pedologia –> studio della distribuzione dei tipi di suolo, delle loro proprietà e dei loro processi di formazione Già nell’antica Grecia si riteneva che la Terra fosse sferica, in particolare grazie alle eclissi di Luna durante le quali la forma dell’ombra della Terra appare come un arco. Il problema allora non era di definire se la Terra era tonda o no, ma di misurarne la grandezza. Eratostene, astronomo della scuola di Alessandria, è stato il primo a calcolare le dimensioni della Terra. Il procedimento seguito era descritto in un'opera che è andata perduta, ma ne è stata tramandata una versione semplificata da Cleomede. Il procedimento considera la distanza tra le città di Cirene e Siene (Assuan) e l’incidenza dei raggi solari durante il solstizio. A partire da tali osservazioni, Eratostene stimò che il meridiano terrestre avesse una lunghezza di 252000 stadi, con un errore minimo rispetto al valore corretto. La Terra non è una sfera perfetta, come dimostra la differenza di 42 km tra il diametro equatoriale di 12.756 km e il diametro polare di 12.714 km. La ragione di questa differenza, anche se lieve, è dovuta alla forza centrifuga esercitata sul pianeta dalla rotazione terrestre. Il solido geometrico regolare che più si avvicina alla forma del nostro pianeta, caratterizzato da rigonfiamento equatoriale e appiattimento polare, è l'ellissoide di rotazione, ottenuto dalla rotazione di un semiasse intorno al suo asse minore. La Terra è in realtà un solido irregolare. Nel 1873, J.B. Listing, la definì un geoide: un modello fisico che descrive il profilo della superficie terrestre al livello del mare rispetto al quale si misura l'altezza e che tiene conto delle irregolarità gravitazionali prodotte dalla presenza di montagne o dall'acqua degli oceani. È, dunque, una figura simile ad un ellissoide, definita matematicamente come la superficie equipotenziale che limita la Terra, in ogni punto perpendicolare alla direzione del filo a piombo, quale si otterrebbe prolungando idealmente la superficie libera dei mari al disotto dei continenti. Il moto di rotazione corrisponde al movimento della Terra attorno al proprio asse polare. Una rotazione completa, da ovest verso est, è riferita ad un giorno solare che è diviso in 24 ore. Questo spostamento è massimo all’Equatore (463 m/s) e minimo ai Poli (0 m/s). Tutte le forme di vita del pianeta sono governate dal ritmo diurno della rotazione terrestre e della traiettoria apparente del Sole nel cielo. Le piante ricevono e immagazzinano energia solare durante il giorno e ne consumano una parte durante la notte. Il ciclo giorno/notte è responsabile delle variazioni di temperatura dell’aria. Le direzioni dei grandi moti atmosferici e delle correnti sono influenzate dal moto del pianeta (effetto Coriolis). nostro sistema climatico e come le attività umane possano modificare questi flussi in maniera significativa e non sempre completamente prevedibile. L’effetto serra è il fenomeno naturale da cui dipende la temperatura della superficie terrestre, dovuto alla presenza nell’atmosfera dei cosiddetti gas serra (anidride carbonica, metano, ossido nitroso, ozono e clorofluorocarburi). Il fenomeno è così chiamato per similitudine con quanto avviene nelle serre, cioè il mantenimento del calore ambientale. Le radiazioni emesse dalla Terra verso l’alto hanno una lunghezza d’onda maggiore di quelle che provengono direttamente dal Sole. La maggiore lunghezza d’onda fa sì che esse non riescano a riattraversare l’atmosfera, che le rimanda indietro, verso la superficie terrestre (radiazione di ritorno). L’effetto serra, di per sé, è un fenomeno naturale positivo per la vita sul pianeta determinato dall’interazione dell’atmosfera tra la Terra e il Sole. È un processo fondamentale nella regolazione della temperatura dell’atmosfera terrestre, senza il quale la vita non sarebbe possibile e la temperatura sulla Terra sarebbe di circa -20°C. Una delle più preoccupanti forme di inquinamento atmosferico che interessa la Terra è l’aumento della percentuale di anidride carbonica contenuta nell’aria. Questo aumento è in parte dovuto alla combustione del carbone fossile e del petrolio e ai disboscamenti in varie zone del pianeta; la minore copertura vegetale riesce infatti ad assorbire (mediante la fotosintesi clorofilliana) meno anidride carbonica. Come altri gas serra, l’anidride carbonica impedisce che le radiazioni infrarosse emesse dalla Terra si disperdano nello spazio. La Terra irradia quindi verso lo spazio meno energia di quanta ne assorba dal Sole. Questo squilibrio energetico causa, gradualmente, il riscaldamento della Terra. La pressione atmosferica corrisponde al peso di una colonna d’aria su di una unità di superficie. Al livello del mare è pari ad 1kg per ogni cm2 di superficie. L’unità di misura nel sistema metrico decimale è il pascal (Pa) e la pressione media al livello del mare è pari a 101.320 Pa. Molte misurazioni della pressione usano il bar o millibar (mb) che, a livello del mare è, mediamente, pari a 1013,2 mb. La pressione si misura con il barometro e può essere espressa usando l’altezza in cm della colonnina di mercurio. La pressione atmosferica decresce con l’altitudine, rapidamente a livello del mare, più lentamente a quote elevate. L’altitudine: Elevandosi sopra al livello del mare, la pressione diminuisce perché lo spessore della colonna d’aria sovrastante che grava sull’unità di superficie diminuisce. Prima in maniera veloce vicino alla superficie del mare (1 mb ogni 8 m); rallenta arrivando intorno ai 10 km (1 mb ogni 25 m). La temperatura: La pressione diminuisce al crescere della temperatura dell’aria. Col riscaldamento, l’aria si dilata, diventa meno densa e il suo peso per unità si abbassa e l’aria si sposta verso l’alto; Col raffreddamento le masse gassose subiscono una contrazione, diventano più dense e di conseguenza più pesante e l’aria si sposta verso il basso –> l’umidità: La pressione esercitata su una superficie da una massa di aria umida (cioè che contiene vapore acqueo) è minore di quella esercitata sulla stessa superficie da una massa di aria secca di pari volume. La pressione dell’aria calda e umida è minore di quella dell’aria fredda e secca. Le aree di alta pressione sono chiamate anticicloni e quelle di bassa pressione sono dette cicloni. Isobare: Linea che congiunge i punti della superficie terrestre, o di una superficie a quota prefissata, nei quali la pressione atmosferica ha un medesimo valore (isolinea della pressione atmosferica). La linea che individua la massima differenza di pressione, o gradiente barico, ha direzione perpendicolare a quella delle isobare. Il gradiente di pressione si manifesta a causa dell’ineguale riscaldamento dell’atmosfera. –> Queste variazioni di pressione sono all’origine del vento. L’aria si muove dalle zone ad alta pressione verso le zone di bassa pressione finché non si ristabilisce uniformità di pressione ad ogni livello altimetrico. L’ineguale riscaldamento della superficie terrestre genera la circolazione termica. Il vento è il movimento orizzontale dell’aria sulla superficie terrestre identificato dalla provenienza. La direzione si accerta tramite una banderuola, la velocità si misura con l’anemometro. Velocità e direzione del vento sono influenzati da tre fattori principali: 1) gradiente di pressione; 2) deviazione di Coriolis verso destra nell’emisfero boreale e verso sinistra nell’emisfero australe; 3) attrito con la superficie. Il vento è causato da differenze di pressione da un luogo all’altro. L’aria si muove dalle zone di pressione più alta verso quelle a pressione minore finché non si ristabilisce uniformità di pressione a ogni livello altimetrico. Le linee che uniscono i punti con uguale pressione si chiamano isobare. La linea perpendicolare alle isobare che individua la massima differenza di pressione è detta gradiente barico ed è determinata dal diverso riscaldamento dell’atmosfera. La rosa dei venti è stato uno strumento fondamentale per la navigazione e la realizzazione di carte nautiche. Il punto di origine presunto è l’isola di Malta ma ci sono fonti che parlano anche dell’isola di Zante. Cambiano nome a seconda della direzione da cui provengono. –> L’aria si muove sempre da un’area di alta pressione (o anticiclone, dove è più densa e quindi più pesante) a un’area di bassa pressione (o ciclone, dove è meno densa e meno pesante). Nell’emisfero Nord, il movimento a spirale degli anticicloni si svolge in senso orario e in senso antiorario nei cicloni. L’inverso avviene nell’emisfero Sud. –> esistono due tipi di vento: costanti (venti che soffiano in maniera continua tutto l’anno, esempio gli alisei) e locali (Il sole ha scaldato il terreno e l’aria sopra di esso ha creato una bassa pressione al suolo e un’alta pressione in quota, dove si attiva una corrente di aria calda verso il mare, mentre a livello del suolo spira aria fresca dal mare verso terra (brezza di mare); oppure Si inverte la situazione delle onde calde del giorno con raffreddamento della terra e sviluppo di una brezza di terra) Circolazione generale dell’atmosfera: - Venti che si generano nella bassa troposfera (fino a 3000-5000 m di quota), dove la circolazione dell’aria è fortemente influenzata dalla presenza dei mari, terre emerse, rilievi. - Venti che si generano nella parte più alta della troposfera dove l’influenza del suolo, dell’acqua e delle variazione di temperatura si fanno sentire in maniera trascurabile. La circolazione generale dell’atmosfera è condizionata dalla presenza di aree stabili di bassa pressione alternate a aree stabili di alta pressione. Semplificando possono essere definite 3 celle convettive per ogni emisfero: - Cella polare - Cella temperata - Cella tropicale –> Cella di Hadley: si forma a causa del riscaldamento della fascia equatoriale da parte del Sole. Crea una circolazione d’aria calda. Spostamento verso i Poli. Scende verso la superficie ad una latitudine di 30°. Crea una cella di circolazione dell’aria. Per analizzare la distribuzione dei paesaggi si fa riferimento: - clima - morfologia –> tettonica (teoria della deriva dei continenti e rischi sismici), rischi geologici (vulcani e terremoti, analizzati anche in scala locale), caratteristiche geologiche e litologiche (variazione di resistenza della roccia all’erosione che si riflettono sulla topografia), morfologia (pendenze), litologia (tipo di roccia) in relazione ai fattori atmosferici e alla loro azione erosiva (chimica, meccanica), erosione superficiale, azione dei corsi d’acqua (trasporto di sedimenti, creazione di pianure alluvionali, creazione di reti di valli, sistemi di flusso in relazione al cambio di uso del suolo, clima e altri fattori che influenzano i sedimenti e il deflusso), processi costieri (erosione costiera/abrasione, creazione di spiagge, maree e bradisismo, impatto dell’uomo), processi glaciali (erosione glaciale, forme glaciali, morene e altre forme di deposito glaciale) - copertura vegetale - elementi storico-culturali - strutture economiche I paesaggi terrestri La scelta della scala di analisi impone l’adozione di criteri di valutazione diversi: la distinzione tra i diversi paesaggi alla scala globale terrà conto solo di alcuni fattori quali temperature e piovosità che determinano differenze micorsposcopiche, mentre alla scala regionale e ancora più a quella locale, sarà necessario tener conto di altri fattori (vicinanza al mare o a grandi specchi d’acqua, altitudine, componenti storiche e culturali che hanno plasmato nel tempo i paesaggi). Per analizzare i climi e i derivanti paesaggi a scala globale si usano i climogrammi, che mettono in relazione temperature e precipitazioni, che sono le caratteristiche che influenzano maggiormente la vegetazione. - distribuzione media annua delle precipitazioni - carta a isoline (isoiete): il perimetro delle aree a colore diverso è il punto in cui il fenomeno assume la stessa rilevanza –> isoiete per precipitazioni, isobare per i venti - a cavallo dei tropici e ai poli abbiamo piogge scarse, a cavallo dell’equatore sono abbondanti - qua le precipitazioni dipendono dalla circolarità dei venti: abbiamo una situazione di alta pressione e una situazione di bassa pressione, che generano un flusso proporzionale alla loro differenza: più accentuata è la differenza e più è accentuata il flusso - a cavallo dell’equatore abbiamo una perenne situazione di bassa pressione - dalle fasce tropicali (zone di divergenza) si estrae l’umidità che sarà depositata nella fascia equatoriale (zona di convergenza) - l’intensità di precipitazioni definisce determinati climi - le linee (non isolinee) sono semplicemente confini fra un’area e l’altra e definiscono delle regioni fisiche che vedono la combinazione nello stesso luogo di caratteristiche simili - si individua degli specifici biomi, ossia la distribuzione di specifici ecosistemi sulla superficie terrestre determinati dalle caratteristiche climatiche e geomorfologiche - le linee non sono isolinee ma semplicemente confini tra regioni - le precipitazioni si riversano soprattutto sulla costa occidentale delle terre emerse a causa del movimento rotatorio della terra, eccetto per l’america dove le catene montuose impediscono il passare dei venti e quindi si creano paesaggi di tipo desertico con temperature molto fredde d’inverno e molto calde d’estate I biomi sono le principali zone ambientali della Terra, contraddistinte da una copertura vegetale caratteristica, che varia in funzione della temperatura e delle precipitazioni, determinati dalla latitudine e dall’altitudine. La Terra può essere suddivisa in zona di produttività variabile sulla base della crescita potenziale delle piante, definibile grazie all’indice di produttività di Paterson: I = TmPGS/120Tr –> I = indice di produttività delle piante Tm = temperatura media del mese più caldo espressa in gradi Celsius P = piovosità in centimetri G = stagione di crescita in mesi (temperatura > 3°C) S = quantità di radiazione solare espressa come percentuale della radiazione solare ai poli 120 = coefficiente per aggiustare il risultato Tr = escursione termica annua: differenza tra temperatura media del mese più caldo e del mese più freddo in gradi Celsius –> ciò che sta al numeratore favorisce la crescita delle piante La prateria temperata Piante dominanti: erbe perenni e piante a fiore spontanee Ricchezza di specie: Piante: abbastanza alta Animali: uccelli relativamente scarsi a causa della struttura ambientale semplice, fauna di mammiferi abbastanza ricca Temperatura: Inverno: freddo e secco Estate: calda e umida La foresta temperata decidua Piante dominanti: alberi e arbusti Ricchezza di specie: Piante: molte specie di alberi negli Stati Uniti sudorientali e in Asia orientale, strato arbustivo ricco di specie Animali:alta, con molti uccelli migratori e le più numerose comunità di anfibi della Terra, fauna di insetti ricca in estate Le foreste boreali Piante dominanti: alberi, arbusti ed erbe perenni Ricchezza di specie: Piante: bassa tra gli alberi, più alta nel sottobosco Animali: bassa, ma con un picco estivo dovuto agli uccelli migratori Temperatura: Inverno: molto freddo e secco Estate: mite e umida I deserti freddi Piante dominanti: bassi arbusti e piante erbacee Ricchezza di specie: Piante: poche specie Animali: ricca di uccelli che si nutrono di semi, formiche e roditori, povera per tutti gli altri gruppi Temperatura Inverno: freddo e secco Estate: molto calda ma secca La tundra Piante dominanti: erbe perenni e piccoli arbusti Ricchezza di specie: Piante: bassa, più alta negli ambienti alpini tropicali Animali: bassa Temperature: Inverno: molto freddo e lungo Estate: fresca e breve I paesaggi terrestri si classificano in: 1. paesaggio della fascia intertropicale (quindi paesaggio della foresta pluviale e paesaggio della savana) clima equatoriale umido: temperature uniformemente elevate per tutto l’anno con una media mensile intorno a 27 °C, abbondanza di precipitazioni in tutti i mesi ma con un’accentuazione quando nella regione si ha la convergenza intertropicale clima monsonico: temperature variano di poco nel corso dell’anno registrando un po’ di frescura nel periodo piovoso, si nota un picco nelle piogge quando spira il monsone e una breve stagione secca quando il Sole è più basso, durante l’estate la circolazione monsonica porta masse d’aria a investire le coste occidentali del continente clima mediterraneo: escursione annua modesta, estate molto secca con quasi quattro mesi senza piogge, nel periodo invernale le precipitazioni sono notevoli clima marittimo dei venti occidentali: ciclo annuale delle temperature presenta un’ampia escursione con estati calde e inverni freddi, la gran parte delle precipitazioni annue sono piogge convettive estive che avvengono quando aria marittima tropicale invade queste regioni da Sud causando temporali, in inverno si possono verificare modeste nevicate 4. paesaggi subpolari e del gelo perenne clima continentale umido: lungo inverno molto freddo, escursione termica annua relativamente contenuta data la latitudine, totale annuo delle precipitazioni basso Paesaggio: secondo il Dizionario Enciclopedico Italiano, si intende il complesso di elementi che costituiscono i tratti fisionomici di una certa parte della superficie terrestre; il paesaggio geografico è dunque, in certo senso, una sintesi astratta dei paesaggi visibili, in quanto rivela di essi soltanto i caratteri che presentano le più frequenti ripetizioni sopra uno spazio più o meno grande, superiore in ogni caso a quello compreso da un unico orizzonte –> approccio sistemico: si ha un rapporto tra componenti diversi –> per descrivere un paesaggio si utilizzano cartografie (linguaggio sintetico) –> secondo la Carta di Napoli. Il parere degli specialisti sulla riforma degli ordinamenti di tutele del paesaggio in Italia (1999, quando si inizia a valutare gli indicatori della qualità del paesaggio), il paesaggio è “un sistema vivente, quindi in continua evoluzione, che alle diverse scale: ha una forma fisica ed un’ organizzazione spaziale specifica (struttura); possiede una dinamica interna dovuta al movimento e al flusso di energia tramite acqua, vento, piante e animali (funzionamento); è soggetto ad evoluzione nel tempo in funzione della dinamica e delle modifiche nella struttura (cambiamento); [...] pertanto è possibile una classificazione dei diversi paesaggi [...], stabilendone le caratteristiche strutturali e funzionali, utili anche come indirizzo e riferimento per le trasformazioni e la gestione”. Il paesaggio è una “specifica risorsa culturale ed ambientale” di cui è necessario analizzare le caratteristiche ecologico ambientali e naturalistiche; storico insediative e architettoniche; visuali percettive e dell’aspetto sensibile” –> secondo la Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 20 ottobre 2000), designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Tuttavia se “il paesaggio può essere visto, vissuto, rappresentato, descritto in forme molto personali, da una visuale scientifica e storica a quella estetico contemplativa”, esso “non è solo un valore personale, è una realtà collettiva, pubblica, sociale, un obiettivo documento di cultura” (G. Barbieri, 2003). In sostanza il paesaggio è l’aspetto della superficie terrestre costituito non solo da forme esteriori, ma da strutture interne e da fenomeni dinamici in costante evoluzione che devono essere studiati nel loro insieme e nelle reciproche relazioni. –> Furono due geografi tedeschi, verso la fine del XIX secolo, a occuparsi per primi del concetto di paesaggio: A. Oppel, che lo definiva panorama dotato di una qualche unitarietà e J. Wimmer, secondo il quale scopo del geografo era determinare i paesaggi tipici in cui ripartire le varie regioni –> Sestini nel 1963 scrive: “Alla base del paesaggio sta la superficie terrestre, non nell'insieme, ma nei suoi singoli tratti. La fase elementare del paesaggio è una « veduta » panoramica, ossia l'immagine da noi percepita di un tratto di superficie terrestre, quale può abbracciarsi con lo sguardo da un determinato punto di vista. [...] In una seconda fase il concetto di paesaggio si libera da quello di una veduta determinata, diventa una sintesi di vedute reali o possibili. In questi casi non ci si riferisce più a una singola immagine legata alla tirannia di un punto di vista determinato, ma a tutta una sequenza d'immagini associate, ciascuna delle quali ripete certi elementi fondamentali in una costante e caratteristica coordinazione. E come elementi possiamo considerare i volumi, le linee, i colori, coordinati nello spazio secondo un particolare assetto di distribuzione e di proporzioni; oppure considerare gli oggetti reali costitutivi della superficie terrestre, e manifesti nelle vedute, cioè i rilievi del suolo, il rivestimento vegetale spontaneo o coltivato, le abitazioni degli uomini isolate o raggruppate, ecc., pur essi in determinati rapporti di massa e di posizione. [...] Si viene dunque delineando un'ulteriore fase nella concezione del paesaggio, e precisamente un paesaggio geografico, in cui ciascun elemento oggettivo sia considerato non per la sua mutabile appariscenza ma nei suoi caratteri specifici e nella sua reale funzione rispetto agli altri elementi costitutivi della superficie terrestre. E questi elementi sono i vari fenomeni naturali, in quanto presentino manifestazioni visibili, come pure quelli dovuti all'opera degli uomini. [...] Di paesaggio geografico sarà opportuno parlare quando dalle manifestazioni puramente esteriori si passi alle combinazioni reali di oggetti e fenomeni, considerate anche nel loro intero ciclo annuo, ciascuna delle quali chiamerei paesaggio geografico sensibile; riservando infine il nome di paesaggio geografico razionale all'unità organica realizzata in virtù delle reciproche influenze tra i fenomeni”. –> Negli ultimi anni gli studi sul paesaggio sembrano seguire due indirizzi prevalenti: - l'indirizzo ecologista, fondato sull'analisi degli ecosistemi, l'ecosistema è al centro dell'analisi, il paesaggio ne costituisce la proiezione territoriale e viene inteso in senso oggettivistico - l'indirizzo behaviorista (behaviour = comportamento), fondato sui modi con cui il paesaggio viene percepito vissuto dall'individuo e dalle comunità, prevale l'immagine mentale e, quindi, si giunge a concezioni soggettivistiche della realtà. –> Il concetto di paesaggio comprende una serie di elementi che lo compongono (caratteri fisici: morfologia, idrografia, vegetazione e caratteri antropici: insediamenti, coltivazioni, infrastrutture), e una serie di fattori che lo determinano (latitudine, orografia, clima, vicende storiche, culturali, sociali) –> La lettura del paesaggio è un'operazione complessa che va oltre il direttamente visibile e comporta un processo mentale per cercare di comprendere come si è giunti all'attuale situazione. In questo senso vi è inevitabilmente da parte di chi interpreta un paesaggio una componente, più o meno accentuata, di soggettività, tanto più che il paesaggio può assumere valore simbolico e rilevanza estetica. –> L'insieme dei valori attribuiti al paesaggio determina la necessità della sua salvaguardia sancita anche dalla Costituzione: «La Repubblica protegge il paesaggio» (articolo 7). –> Elogio degli uccelli di Leopardi: ... ora in queste cose, una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine, i fiumi stretti infra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente. In modo che la vista di ogni paese abitato da qualunque generazione di uomini civili, eziandio non considerando le città, e gli altri luoghi dove gli uomini si riducono a stare insieme, è cosa artificiata, e diversa molto da quella che sarebbe in natura.: è necessario leggere con attenzione ogni singola componente del paesaggio –> I caratteri oro-idrografici del territorio sono stati sempre il riferimento più classico per delineare le diverse tipologie di paesaggio –> Classificare il paesaggio in sistemi significa tenere conto dei segni dell'uomo, della profonda interazione fra natura e storia, fra passato e presente: criteri che vanno oltre lo stretto riferimento ai caratteri fisici e di uso del suolo –> la componente storico-culturale è fondamentale –> Secondo Denis Cosgrove il paesaggio è composto di tre elementi: i caratteri fisici e tangibili di un’area (le proprietà naturali del paesaggio legate o alla posizione o alle proprietà materiali: forme del rilievo, clima, vegetazione, …); caratteri dell’antropizzazione (le attività misurabili dell’uomo legate ai bisogni di sopravvivenza e riproduzione: uso del suolo, distribuzione e tipologia degli insediamenti…); caratteri culturali (i significati o simboli impressi nella coscienza umana) –> Il paesaggio è essenzialmente un bene culturale, in quanto è un contenitore di valori di cui occorre sia consapevole la popolazione locale: partecipa ai processi di patrimonializzazione, costituisce un elemento fondamentale del carattere identitario di un luogo e, come tale, può giocare un ruolo attivo in processi di sviluppo sostenibile e durevole –> Per bene culturale si intende un segno materiale localizzato, facente parte di un sistema di fatti territoriali oggettivi e un valore in un sistema di relazioni sociali che gli conferiscono il significato di bene, quindi è fondamentale contestualizzare un bene sia in termini di coordinate culturali che di coordinate spaziali –> Il valore di un bene “non è una proprietà fissa e inerente delle cose. È piuttosto una proprietà variabile la cui grandezza non dipende solo dalla natura della cosa in sé, ma anche da chi la valuta e dalle circostanze in cui è valutata” –> Il valore di un bene è frutto di un - qualità del paesaggio urbano (benessere acustico; spazi urbani pedonali; verde urbano; recupero del patrimonio storico; riuso delle aree dismesse, riduzione del disagio abitativo, delle situazioni di degrado e dell'insicurezza; potenziamento dei servizi; adeguamento delle strutture abitative e della viabilità urbana, miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici); - qualità del paesaggio rurale (uso del suolo; incidenza di superficie agricola utilizzata sulla superficie aziendale; presenze architettoniche di pregio; agricoltura di qualità; ...) - abbondanza, stato di conservazione e valorizzazione dei segni della cultura tangibile (protezione del patrimonio archeologico; valorizzazione dell'archeologia industriale; creazione di sentieri culturali; protezione dei siti UNESCO) e intangibile (punti panoramici; luoghi del gusto; luoghi eterotopici; luoghi degli eventi; luoghi delle personalità, luoghi della spiritualità); - qualità estetica; - efficacia dell'azione istituzionale e di quella didattica e formativa; - efficacia della comunicazione sociale L’analisi SWOT (Strengths (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce)) è una tecnica utilizzata per identificare i punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce della tua azienda o anche di un progetto specifico. È ampiamente usata da molte organizzazioni, dalle piccole imprese agli enti non-profit fino alle grandi imprese per identificare opportunità competitive di miglioramento e mitigare gli elementi di fragilità. Ciascuno di questi fattori va esaminato attentamente per pianificare adeguatamente ogni intervento. GEOGRAFIA DEMOGRAFICA «Una molteplicità di culture e di lingue sono entrate nella scuola. L’intercultura è già oggi il modello che permette a tutti i bambini e ragazzi il riconoscimento reciproco e dell’identità di ciascuno. A centocinquanta anni dall’Unità, l’Italiano è diventata la lingua comune di chi nasce e cresce in Italia al di là della cittadinanza italiana o straniera. La scuola raccoglie con successo una sfida universale, di apertura verso il mondo, di pratica dell’uguaglianza nel riconoscimento delle differenze.» «Il sistema educativo deve formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale. Non dobbiamo dimenticare che fino a tempi assai recenti la scuola ha avuto il compito di formare cittadini nazionali attraverso una cultura omogenea. Oggi, invece, può porsi il compito più ampio di educare alla convivenza proprio attraverso la valorizzazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente. La finalità è una cittadinanza che certo permane coesa e vincolata ai valori fondanti della tradizione nazionale, ma che può essere alimentata da una varietà di espressioni ed esperienze personali molto più ricca che in passato. Per educare a questa cittadinanza unitaria e plurale a un tempo, una via privilegiata è proprio la conoscenza e la trasmissione delle nostre tradizioni e memorie nazionali: non si possono realizzare appieno le possibilità del presente senza una profonda memoria e condivisione delle radici storiche. A tal fine sarà indispensabile una piena valorizzazione dei beni culturali presenti sul territorio nazionale, proprio per arricchire l’esperienza quotidiana dello studente con culture materiali, espressioni artistiche, idee, valori che sono il lascito vitale di altri tempi e di altri luoghi.» La relazione uomo-spazio è molto complicata. I fattori per l’insediamento dell’uomo in un determinato luogo possono essere determinanti o condizionanti. La distanza incide sulla relazione spaziale: per esempio, è più facile mi trasferisca a Pisa piuttosto che Vancouver se ho tutta la famiglia a Firenze. La percezione delle possibilità che offre un luogo condizionano il rapporto: per esempio, è più facile mi trasferisca a New York che in un posto sperduto della Siberia. La densità è una misura di tipo relativo che non dice niente sulla distribuzione della popolazione. Densità di popolazione: popolazione totale/superficie totale Densità fisiologica: popolazione totale/superficie agricola Densità agricola: popolazione rurale/superficie agricola produttiva Interazione spaziale: movimento di popoli, idee e prodotti entro aree geografiche specifiche e tra di esse –> influenzato da: complementarietà (domanda/offerta; surplus/deficit), trasferibilità (relazione tra costi e tempi dello scambio e valore del prodotto scambiato), opportunità interposta (riduce interazioni tra offerta e domanda tra aree complementari distanti) –> le risorse umane non sono equamente distribuite –> attrito della distanza: effetto ritardante della distanza sull’interazione spaziale. Interazione tra luoghi è inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa La capacità di carico è la capacità che un dato ambiente ha di sostenere un certo quantitativo di abitanti –> è data dal rapporto tra quantità di risorse e quantità di popolazione –> ex. nell’area subsahariana non ci sono abbastanza risorse per la popolazione, quindi sono poche le risorse o troppa la popolazione? –> si deve tenere conto dei mezzi di produzione e le capacità tecnologiche Il sovrappopolamento è la condizione di superamento della capacità di carico che implica un impoverimento medio della popolazione, una situazione di sottoconsumo –> se all’aumento di popolazione non corrisponde a un aumento della produzione - con popolazione crescente e produzione costante, ad esempio, si ha una riduzione in media di risorse pro capite –> la densità di popolazione non è indicatore opportuno per misurare il sovrappolamento La popolazione assoluta è un dato importante soprattutto in epoche in cui le guerre si combattevano con eserciti sul campo perché permette di contare quanta popolazione è ‘disponibile’. Durante la Francia rivoluzionaria e napoleonica si contava circa 28 milioni di abitanti il che gli aveva permesso di creare un impero vero e proprio, in confronto ai 15 milioni della Gran Bretagna, ai 35 milioni dell’Impero Russo, ai 33 milioni degli Stati tedeschi, ai 23 milioni dell’Impero Asburgico, ai 10 milioni della Spagna e agli 11 milioni dell’Italia. La popolazione assoluta può crescere anche quando i tassi di crescita sono bassi. India e Cina sono pachidermi demografici, in quanto hanno una popolazione assoluta che spaventa in quantità numerica. Per aumentare o diminuire la popolazione si deve adottare delle politiche demografiche: espansive (ex URSS, Cina di Mao Zedong, Italia fascista, Giappone e Spagna, Francia, USA), popolazioniste (nataliste o immigratorie), eugenetiche (germania nazista), restrittive (Cina anni 70). La potenza demografica è una precondizione della potenza politica ed economica, non solo militare. Il tasso grezzo di natalità (Crude Birth Rate (CBR) http://data.un.org/Data.aspx?d=SOWC&f=inID%3A90) di una popolazione è il rapporto tra il numero delle nascite in un determinato periodo di tempo e la quantità della popolazione media dello stesso periodo. Si esprime come rapporto tra il numero dei nati vivi dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1000. Il tasso grezzo di mortalità (Crude Death Rate (CDR) http://data.un.org/Data.aspx?d=PopDiv&f=variableID%3A65) di una popolazione è il rapporto tra il numero dei decessi nell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1000. La comparazione dei due tassi serve per un’analisi a lungo periodo che permette di analizzare se fattori come guerra o malattia hanno influenzato. Per esempio, analizzando il baby boom si analizza un grande incremento demografico. Il tasso di fecondità totale è conosciuto anche come numero medio di figli per donna ed è la somma dei quozienti specifici di fecondità (= il rapporto fra i nati vivi da donne di una determinata età e la popolazione femminile media in tale età) calcolati rapportando, per ogni età feconda (15-49 anni), il numero di nati vivi all’ammontare medio annuo della popolazione femminile. Esprime in un dato anno il numero medio di figli per donna. Il tasso di fecondità che assicura ad una popolazione la possibilità di riprodursi mantenendo costante la propria struttura è pari a 2,1 figli per donna (soglia di sostituzione). Sotto a questo numero, si ha uno squilibrio nella popolazione. www.data.eocd.org/pop/fertility-rates.htm Non è il fattore economico che condiziona la scelta di fare figli, ma è la mancanza di servizi sociali quindi è più che altro un problema socio-culturale e politico. Il tasso di mortalità infantile è il numero annuo di decessi di bambini di età inferiore a 1 anno ogni 1000 nati vivi. Il tasso di incremento naturale della popolazione è il rapporto tra la differenza fra le nascite e le morti in un determinato periodo e la popolazione media del periodo e si moltiplica per 100 o 1000. www.population.un.org/wpp/ Nel 1798 Robert Malthus scrive "An Essay on the Principle of Population, as it affects the future improvement of society": Malthus sosteneva l'evidenza di un disallineamento tra l'aumento delle risorse (agroalimentari) secondo crescita lineare, inferiore rispetto a quello della crescita demografica (progressione geometrica). La capacità di carico di una regione sarebbe destinata a saturarsi. Ergo carestie ed epidemie prevederebbero naturalmente a ridurre il numero degli abitanti a una quantità compatibile con le risorse accessibili. La soluzione al problema: evitare l'accrescimento incontrollato della popolazione. Quindi Malthus si sofferma sulle nascite per controllare che non siano eccessivamente troppe o eccessivamente poche. Paul R. Ehrlich e Anne Ehrlich nel 1968 pubblicano "The population bomb", che descrivono il fenomeno del Baby Boom www.publications.iom.int/books/world-migration-report-2022 www.worldmigrationreport.iom.int/wmr-2022-interactive/ Tendenze della migrazione contemporanea: I flussi si sono intensificati. Le caratteristiche principali di questo fenomeno sono: 1. Globalizzazione della migrazione --> i trasporti hanno facilitato la migrazione 2. Accelerazione della migrazione 3. Differenziazione delle migrazioni in relazione ai tipi e alle modalità d’ingresso --> ci si muove per lavorare, per studiare, per scappare 4. Femminilizzazione delle migrazioni --> nel Novecento erano gli uomini che migravano per cause di lavoro, ora anche le donne migrano 5. Politicizzazione delle migrazioni --> molte persone emigrano perché vivono in una condizione di impossibilità di esprimere la propria condizione umana 6. Proliferazione delle transizioni migratorie --> per cui alcuni paesi tradizionalmente di emigrazione, come l’Italia o la Polonia, sono a loro volta diventati paesi di transito o di immigrazione stabile Un aspetto importante è legato alle rimesse, ossia la quantità di denaro che i migranti rispediscono al paese d’origine, che è importante per la fonte del reddito perché poi spesso vengono anche investite. (FIG 12: la linea blu descrive gli investimenti diretti esteri) GEOGRAFIA TOPOGRAFICA Devo adottare delle strategie per riportare un geoide di rotazione, semplificando un'ellisse e una superficie molto aspra e a seconda della semplificazione che viene fatta abbiamo rappresentazioni diverse soprattutto in considerazione dell’asse maggiore e minore. Bisogna adottare delle formule matematiche che mantengono conformità quindi angoli, equivalenza quindi rapporto fra aree e distanza. Tutte e tre non possono essere mantenute. Una proiezione cartografica è il risultato di trasformazioni geometriche, matematiche o empiriche di punti geografici espressi in coordinate geografiche in punti espressi in coordinate cartesiane. Le proiezioni vengono usate in cartografia per rappresentare su un piano (con le carte geografiche) un fenomeno che nella realtà esiste sulla superficie della sfera (più propriamente di un ellissoide). È impossibile evitare deformazioni (lo stesso mappamondo ne subisce alcune), ma alcune proiezioni vengono privilegiate per i pregi che presentano. Le proiezioni cartografiche possono essere costruite in modo da possedere alcune proprietà. Ad esempio una proiezione può essere: equivalente se mantiene i rapporti tra le superfici; equidistante se mantiene i rapporti tra le distanze; conforme (o equiangola o isogonale) se mantiene gli angoli. Le proiezioni si possono classificare anche in funzione del tipo di proiezione con cui vengono ottenute: la proiezione di sviluppo si ottiene per proiezione prospettica su un altro solido (tipicamente un cilindro o un cono), che viene poi sviluppato ("srotolato"). In funzione del punto di tangenza una proiezione può essere: polare se il punto è uno dei due poli; equatoriale se il punto è sull'equatore; obliqua altrimenti. In funzione del punto di proiezione può essere: gnomonica (o centrografica), rispetto al centro della Terra; stereografica, rispetto al punto opposto al punto di tangenza; scenografica, rispetto ad un punto fuori dalla Terra; ortografica, rispetto al punto ad infinito. La scala si riferisce al livello strutturale a cui si studia un fenomeno ed è un rapporto. L’analisi del geografo è necessariamente multiscalare. Alla scala globale si apprezzano le principali caratteristiche della Terra e le reciproche posizioni; alla scala continentale è visibile la distinzione in regioni desertiche o coperte di vegetazione. Temperatura e precipitazioni sono elementi del clima che possiamo considerare come il fattore principale del paesaggio alla scala continentale.; alla scala regionale sono visibili catene montuose, pianure, corsi d’acqua, modelli morfologici, ma sono anche evidenti i segni dell’attività dell’uomo come le regioni agricole o la deforestazione, alla scala locale sono visibili i dettagli del paesaggio naturale e antropico. Il modello si riferisce al modo in cui si percepisce e si definisce l’evoluzione di un fenomeno a una data scala. Il modello è un concetto introdotto recentemente. Tolomeo aveva realizzato una cartografia sul mondo conosciuto ma in modo descrittivo. L’idea di fondo del determinismo era che le attività di un luogo determinano una popolazione, mentre per il possibilismo le comunità umane erano in grado di scegliere in base alle scelte proposte, quindi questi due modi costituiscono una sorta di premodello. è necessario usare strumenti sia qualitativi che quantitativi quando si analizza un paesaggio. Il processo descrive in che modo i fattori che influenzano un fenomeno agiscono per produrre un modello evolutivo a una data scala. La prima tassonomia di una carta è data dalla scala, ossia il rapporto di riduzione, quindi il rapporto tra le distanze sulla carta e le distanze reali e può essere grafica o numerica: piante 1:100 mappe da 1:1 000 a 1:5 000 carte topografiche da 1 : 5000 carte corografiche da 1: 200 000 a 1: 1 000 000 carte geografiche planisferi superiori a 1: 300 000 000 a 1 : 200000 sintetizza sia elementi fisici che antropici da 1: 1 000 000 a 1: 300 000 000 È necessario semplificare la realtà in simboli: - areali: distribuzione aree - lineari: strade, corsi d’acqua, ferrovie, confini - evocativi: edifici, architetture Ogni cartografia nazionale adotta dei simboli ufficiali: Una carta geografica è una rappresentazione in piano, ridotta, simbolica e semplificata della superficie terrestre. Le carte si possono classificare in: - carte mentali –> topografie utilizzate per rappresentare il grado di competenza relativamente a un territorio di una determinata persona e per la pianificazione territoriale, usato per la didattica Una carta mentale del 1938: Von der alten Heimat zu der neuen Heimat! (“Dalla vecchia patria alla nuova patria!”) realizzata da un migrante, partito da Berlino per poi imbarcarsi da Amburgo verso il Belgio, la Francia, il Portogallo, l’Africa per fermarsi a Montevideo in Brasile - mappa topologica –> posizione reciproca degli oggetti che sono disposti topograficamente per rappresentare le connessioni Yves Lacoste nel 1976 pubblica un articolo ed esordisce con: “La Géographie ça serve, d’abord, à faire la guerre”, legata probabilmente a una polemica generale sulla geografia accademica, dato che i geografi accademici si astenevano dai problemi di geopolitica internazionale, preferendo preoccuparsi di altre tematiche. La cartografia delle Garfagnana del cartografo lucchese Domenico Cecchi (1678-1745): Cecchi viene accusato dal governo lucchese di essere una spia dal governo modenese, provocando in lui la fuga. Continua a lavorare nel territorio lucchese sotto le vesti di un frate ma non può firmare con il proprio nome perché sennò viene condannato a morte, così utilizza questo simbolo come sua firma: La carta non è il territorio, come la parola non è la cosa. La carta non è il territorio, ma è utile per comprenderlo. L’Imperial federation map showing the extent of the british empire (1886) di Walter Crane è un chiaro esempio di imperialismo: Alcuni studi recenti, hanno dimostrato che in realtà doveva essere riflessa la militanza politica: l’impero britannico doveva essere visto come una strada per trovare una maggiore fraternità grazie alla creazione di quest’impero. I campi di applicazione di dati geografici geolocalizzati sono: - valutazione/pianificazione territoriale - analisi/progettazione/gestione di reti tecnologiche - monitoraggio ambientale - tutela e valorizzazione di beni ambientali e culturali - simulazioni di flussi/traffico - piani di restauro ambientale/disinquinamento - piani regolatori - VIA/VAS - gestione del patrimonio edilizio/gestione pratiche catastali - marketing territoriale - scelte localizzative - geomarketing - analisi demografiche - monitoraggio/prevenzione/mitigazione del rischio - analisi dei percorsi ottimali - didattica - ecc… Per raccontare la storia della cartografia si fa riferimento a 12 mappe: 1. Planisfero di Tolomeo (150 d. C.) ricostruito dalla Geographia Tolemaica nel XV secolo a Firenze, mostra la Sinae (Cina) all’estrema destra, l’isola di Taprobane (Sri Lanka) e l’Aurea Chersonesus (penisola del Sud-Est asiatico), mostra come i greci vedevano il mondo nel I secolo d. C., il Mediterraneo è rappresentato come un mare chiuso e separato nettamente dagli altri mari 2. Mappamondo di Al-Idrisi (1154) è una descrizione del mondo scritta dal geografo arabo Al Idrisi nel 1154, cui è allegato il mappamondo in 70 fogli noto come Tabula Rogeriana. Al-Idrisi lavorò sul testo e sulla carta geografica per quindici anni alla corte del re normanno Ruggero II di Sicilia che gli aveva commissionato l’opera intorno al 1138. 3. Mappa di Hereford è una mappa mundi, di una forma derivante dalla T e O. Disegnata su un singolo foglio di vellum, misura 158 x 133 cm ed è la più grande mappa medievale conosciuta finora. Fu dipinta in Inghilterra tra il 1276 e il 1283 da Richard di Haldingham e riproduce il mondo allora conosciuto formando la propria rappresentazione sulla base di nozioni storiche, bibliche, classiche e mitologiche. Al centro c’è Gerusalemme che è l’ombelico del mondo Nel Medioevo si soleva dipingere carte nautiche o i T (mar Mediterraneo, Don, Nilo, che dividono l’Europa dall’Asia e dall’Africa) e O. 4. Carta storica degli imperatori e del re di Kangnido Racconta le ambizioni della dinastia imperiale coreana Choson a espandere il proprio controllo. Sulla base di una lontana tradizione cosmica cinese, le terre abitate costituivano un corpo unico, con l’Africa come estrema propaggine della grande massa eurasiatica. Il Giappone appare molto lontano quasi a distanziarlo il più possibile. La ricchezza dei dettagli relativi a regioni molto lontane dalla Corea dimostra la conoscenza di fonti non solo cinesi ma anche persiane e arabe. scadenza decennale. Importante è valutare la qualità dei dati statici, in quanto questi possono essere manipolati. https://www.istat.it/it/organizzazione-e-attivit%C3%A0/attivit%C3%A0-istituzionali/impegno-per-la-qualit%C3%A0 In Toscana abbiamo l’Ufficio regionale di Statistica. Per garantire la qualità dei dati statici toscani seguiamo il link: https://www.regione.toscana.it/-/glossario-della-qualita-dei-dati-statistici: per esempio, Accuratezza - Il termine accuratezza, nell'accezione più generale, esprime la vicinanza di un valore rilevato al corrispondente valore vero. Anche riferito, come spesso avviene, ad una stima,il termine conserva lo stesso significato, denotando la ridotta dimensione dell'errore statistico globale (v. errore globale di stima). In questo senso l'accuratezza può essere espressa quantitativamente, almeno sul piano teorico, dal reciproco dell'errore quadratico medio. Maggiore è l'errore quadratico medio, minore l'accuratezza della stima e viceversa. In questa accezione il termine coincide con attendibilità. Adeguatezza - E' la capacità del dato o del sistema di informazione statistico di soddisfare i bisogni conoscitivi dell'utente. Qualità estrinseca del dato precisabile facendo riferimento all'insieme dei criteri che consentono di valutare la soddisfazione dell'utente. Tra i principali criteri vi sono la pertinenza, la tempestività, la trasparenza. Affidabilità - Nel linguaggio tecnico è affidabile l'impianto, l'apparecchio, ecc., che dà garanzia di buon funzionamento. Nell'indagine statistica, per analogia, il termine non si riferisce al dato ma alla fonte, allo strumento, al metodo, alla procedura, ecc. E' quindi affidabile una procedura dalla quale si ottengono dati di qualità costante o poco variabile in ripetute applicazioni della stessa sotto identiche condizioni. Nella letteratura specializzata il termine affidabile è utilizzato anche per denotare una stima il cui errore globale (v. errore globale di stima) non supera un prestabilito livello. Completezza - Il termine, generalmente associato all'informazione raccolta per ogni unità statistica che partecipa all'indagine, indica l'assenza di dati mancanti nel questionario o scheda di rilevazione ecc. Considerando il complesso dei dati raccolti nell'indagine, è detto tasso di completezza la quota o percentuale di unità per le quali sia stata raccolta un'informazione completa, sul totale delle unità che hanno partecipato all'indagine. Correttezza - Nella teoria della stima è la proprietà per la quale il valore atteso dello stimatore coincide con quello del parametro stimato. In riferimento al dato rilevato sulla singola unità statistica esprime una misurazione non affetta da errore; in altri termini il dato è corretto se il valore rilevato coincide col valore vero. Distorsione del rilevatore - In una indagine svolta mediante rilevatori, si denomina distorsione del rilevatore il risultato del condizionamento esercitato dal rilevatore sui dati ottenuti. La distorsione può derivare dall'incapacità del rilevatore di stabilire una relazione adeguata con il rispondente, dalla incapacità di porre correttamente le domande e di ottenere le giuste risposte, da errori commessi nella registrazione delle risposte. La distorsione è quantificabile con lo scarto tra il valore medio ottenuto dal rilevatore e il valor medio atteso. In un disegno di rilevazione nel quale sia stata effettuata la compenetrazione dei subcampioni, la distorsione di un rilevatore è misurata dallo scarto tra la media del subcampione a lui assegnato e la media campionaria globale GEOGRAFIA DELLO SVILUPPO Lo sviluppo implica progresso, quindi un miglioramento della tecnologia, un incremento della produzione e del benessere socioeconomico –> la ricchezza non dipende unicamente da ciò che viene prodotto ma in gran parte da come e dove viene prodotto –> si misura in base: sviluppo del benessere economico, sviluppo della tecnologia e della produzione e sviluppo del benessere sociale –> ci sono vari approcci: lo sviluppo convenzionale (che privilegia la crescita economica e secondariamente il benessere sociale, ex. deforestazione in Brasile che non tiene conto degli indigeni viventi sui quei territori per privilegiare la ricchezza che dà questo fenomeno) e lo sviluppo sostenibile (che privilegia una crescita economica ottenuta senza compromettere le diversità culturali, le risorse naturali o le condizioni dell’ambiente per le generazioni future) Rappresenta lo sviluppo economico mondiale, che viene mostrato attraverso la divisione in tre fasce di colore: rosso per sviluppo ricco quindi Nord America, Europa e Australia, arancione per sviluppo medio quindi Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, giallo per i paesi poveri quindi maggior parte dell’Africa. Per distinguere i paesi in base al loro livello di sviluppo si usa fare riferimento alla distinzione tra Nord e Sud del mondo, perché si è osservato che i paesi con un basso indice di sviluppo si concentrano nella parte meridionale del globo, con l’eccezione dell’Australia. Gli indicatori, ossia tassi che misurano un processo e lo identificano limitatamente a un particolare fenomeno, si dividono in indicatori economici (ambito economico), socio-demografici (ambito socio-culturale) e ambientali (ambito ambientale). economici - Prodotto Nazionale Lordo (PIL) o Gross National Product (GNP) –> misura del valore, dei beni e servizi prodotti dai residenti e dalle imprese di un Paese in un dato anno. Comprende beni e servizi prodotti sia all’interno che all’esterno del Paese. è sempre maggiore del PIL. - Prodotto Interno Lordo (PIL) o Gross Domestic Product (GDP) –> valore monetario complessivo in un dato anno di tutti i beni e servizi di un Paese al quale sono stati sottratti i consumi e aggiunte le imposte - Reddito Nazionale Lordo (RNL) Gross National Income (GNI) –> valore totale della produzione all’interno di un Paese aumentato dei flussi di reddito ricevuti dall’esterno e diminuiti di quelli inviati all’estero. Calcola l’economia formale. Non è in grado di mostrare la distribuzione della ricchezza all’interno di un Paese. Non è in grado di valutare i costi di produzione che gravano sull’ambiente causando l’esaurimento delle risorse e l’inquinamento di aria, acqua e suolo. Si può misurare la struttura occupazionale della forza lavoro (% di lavoratori impegnati nei vari settori): un’elevata % di lavoratori impegnati nel settore primario indica un basso livello di sviluppo, un’elevata % di occupati nei settori secondario e soprattutto terziario e quaternario indica un livello elevato. La produttività per lavoratore si calcola dividendo la produzione di un anno per il numero dei lavoratori, questa dipende dalla struttura del sistema produttivo, quindi indica l’efficienza del sistema produttivo nel suo complesso. È utile valutare la disparità nell’accesso alla tecnologia, quindi infrastrutture di trasporti e comunicazioni pro capite e digital divide. Un fenomeno legato allo sviluppo è la povertà, che si misura con il tasso di povertà (numero di persone povere sul totale della popolazione): povertà assoluta (non consente l’accesso a beni e servizi essenziali per conseguire uno standard di vita accettabile in assoluto) e povertà relativa (mancanza di un livello socialmente accettabile di risorse o di reddito rispetto ad altri all’interno di una società). Secondo l’Istat del 2016, in Italia la povertà assoluta coinvolge il 6.3% delle famiglie e la povertà relativa il 10.6%. Nel 2010 si è introdotto nuovi indicatori: l’Inequality-adjusted Human Development Index (IHDI) che esamina l’HDI attraverso la lente dell’iniquità aggiustandolo in modo da riflettere disparità di reddito, salute e educazione, il Gender Inequality Index (GII) che esamina l'iniquità di genere, la mortalità infantile e la rappresentanza di donne in Parlamento, il Multidimensional Poverty Index (MPI) che introduce un nuovo indice di povertà (circa 1.7 miliardi di individui sono poveri in 104 paesi; 1.3 miliardi vivono con $1.25 al giorno). A livello globale la disuguaglianza di reddito è molto alta, ma lo è spesso anche all’interno di uno stesso paese. Il divario più grande esiste in Africa. Per misurare la disuguaglianza di reddito si possono usare le curve di Lorenz e il coefficiente di Gini (introdotto dallo statistico Corrado Gini, misura la diseguaglianza di una distribuzione, è un numero compreso tra 0 e 1): I paesi a coefficiente di Gini più basso (colore chiaro) sono i paesi dove il reddito è distribuito più equamente. Al contrario, quelli a coefficiente di Gini più elevato sono quelli dove la diseguaglianza nella distribuzione del reddito è maggiore: A livello globale si sta cercando di creare politiche per mitigare gli squilibri. Le strategie prevedono delle azioni relative al potenziamento delle competenze delle popolazioni locali, perché solo in questo modo lo sviluppo perdura nel tempo: Anche a livello nazionale si lavora sulla descrizione della sperequazione dello sviluppo. L’ISTAT ha messo degli indicatori per misurare il benessere: il BES (Benessere Equo e Sostenibile) che è diviso in dodici dimensioni del benessere (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi). Analizziamo l’elemento della salute: La salute rappresenta un elemento centrale nella vita e una condizione indispensabile del benessere individuale e della prosperità delle popolazioni, come documentato a livello globale dai lavori della Commissione WHO su Macroeconomics and Health (WHO 2001) e richiamato, a livello europeo, dalla Strategia di Lisbona per lo Sviluppo e il Lavoro lanciata dalla Commissione Europea nel 2000 in risposta alle sfide della globalizzazione e dell’invecchiamento. Essa ha conseguenze che impattano su tutte le dimensioni della vita dell’individuo in tutte le sue diverse fasi, modificando le condizioni di vita, i comportamenti, le relazioni sociali, le opportunità e le prospettive dei singoli e, spesso, delle loro famiglie. Via via che l’età cresce, il ruolo svolto dalla condizione di salute tende a divenire sempre più importante, fino a essere quasi esclusivo tra i molto anziani, quando il rischio di cattiva salute è maggiore e l’impatto sulla qualità della vita delle persone può essere anche molto severo. Il set di indicatori selezionati per questo dominio descrive gli elementi essenziali del profilo di salute della popolazione, ripercorrendone le principali dimensioni: la salute oggettiva, quella funzionale e quella soggettiva. Si propongono, inoltre, alcuni indicatori che descrivono potenziali fattori di rischio per la salute. Gli indicatori sono organizzati in tre liste: indicatori globali (in grado di dare informazioni sul complesso del fenomeno), indicatori specifici per fasi del ciclo di vita (arricchiscono l’informazione globale con degli approfondimenti legati a rischi che caratterizzano fasi specifiche del ciclo della vita), indicatori relativi a fattori di rischio o di protezione della salute derivanti dagli stili di vita (utili ai fini della valutazione della sostenibilità degli attuali livelli di salute della popolazione e del loro auspicabile miglioramento). Analizziamo l’elemento del paesaggio e del patrimonio culturale: Per definire con chiarezza il dominio Paesaggio e patrimonio culturale conviene partire dalla classica distinzione, enunciata da Biasutti (1962) [1], fra le due dimensioni del concetto di paesaggio: “il paesaggio sensibile o visivo, costituito da ciò che l’occhio può abbracciare in un giro di orizzonte o, se si vuole, percettibile con tutti i sensi; un paesaggio che può essere riprodotto da una fotografia (...) o dal quadro di un pittore, o dalla descrizione, breve o minuta, di uno scrittore” e il paesaggio geografico, che è “una sintesi astratta di quelli visibili, in quanto tende a rilevare da essi gli elementi o caratteri che presentano le più frequenti ripetizioni sopra uno spazio più o meno grande, superiore, in ogni caso, a quello compreso da un solo orizzonte”. Nel binomio “paesaggio e patrimonio culturale”, che definisce questo dominio, collochiamo quindi sotto la voce “paesaggio” il paesaggio sensibile di Biasutti, mentre assegnamo il paesaggio geografico – ovunque abbia valore storico – alla voce “patrimonio culturale”, insieme agli altri beni culturali (musei, monumenti, ecc.). Al paesaggio/patrimonio culturale così considerato possono applicarsi misure oggettive, riferibili tanto alla quantificazione e qualificazione delle dotazioni territoriali, quanto all’efficacia della governance nella tutela delle dotazioni stesse. In questo senso, il grado di conservazione dei paesaggi riconosciuti di valore storico è assunto, al pari della consistenza del patrimonio artistico e monumentale, come un correlato della capacità di un territorio di rappresentare – grazie alla ricchezza del proprio patrimonio culturale e paesistico – una fonte di benessere per la collettività. Tuttavia, il paesaggio è una realtà in divenire, le cui modificazioni non sono necessariamente peggiorative e in tal senso non è da considerarsi un valore positivo la conservazione in sé, quanto specificatamente la tutela dei paesaggi tradizionali o storici, per i benefici che ne derivano su diversi piani, documentati da un’ampia letteratura e tutti riconducibili alla dimensione del benessere collettivo: preservazione della memoria storica e dell’identità dei territori, creazione di ricchezza attraverso il turismo e la valorizzazione delle produzioni tipiche, protezione dell’ambiente e difesa del suolo. Come dimostra, poi, la vitalità dell’associazionismo locale, la tutela del paesaggio è anche un importante fattore di aggregazione sociale, e un tema fortemente sentito come connesso alla qualità della vita. Il paesaggio sensibile è quello dell’esperienza individuale, che può concorrere al benessere degli individui su un piano, per così dire, esistenziale: i fattori che ne determinano l’influsso sulla qualità della vita delle persone sono imponderabili e tutt’altro che limitati alla sfera dei valori estetici. In parte forse predominante pesano, infatti, valori affettivi e simbolici legati alla memoria personale, alle abitudini della vita quotidiana, ecc.: il tutto filtrato, in ogni caso, attraverso la lente della percezione soggettiva. Il paesaggio geografico, invece, è quello sedimentato dalla storia in forme caratteristiche, riconosciute dalla collettività, che conferiscono una particolare identità a una regione dello spazio fisico: “una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni” secondo la definizione del Codice dei beni culturali e del paesaggio. In questa accezione, il paesaggio è parte integrante del patrimonio culturale, cioè dell’eredità storica (heritage) della collettività, e come tale è considerato dalla Costituzione italiana, che lo associa nella tutela al “patrimonio storico e artistico della Nazione” (Art. 9). Specifica attenzione deve essere dedicata alla componente del paesaggio agrario, “la forma che l'uomo, nel corso e ai fini delle sue attività produttive agricole coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale” [2]; la tutela del paesaggio rurale, è anche uno degli obiettivi strategici del Piano Strategico Nazionale di sviluppo rurale 2007-2013, con la motivazione che il paesaggio “costituisce una risorsa fondamentale, determinando un valore aggiunto per le produzioni con denominazione di origine, configurandosi come elemento chiave per le sviluppo turistico e per la biodiversità legata alla qualità degli spazi coltivati (...) e rappresentando un aspetto caratterizzante la qualità della vita nelle aree rurali”[3]. Le teorie dello sviluppo: 1. modello classico –> nel 1960 Walt W. Rostow propose un modello di sviluppo in cinque fasi ponendo un’enfasi particolare sulla crescita economica che considerò essere un prodotto diretto della struttura economica di un paese, ma il modello, fortemente eurocentrico, non tiene conto del fatto che la crescita economica non è lineare e che non tutti i paesi iniziano il processo di sviluppo dallo stesso punto di partenza tendendo verso una società occidentale modernizzata e tecnologicamente avanzata: fase 1: tradizionale (agricoltura di sussistenza) fase 2: precondizioni per il decollo (l'agricoltura diventa più commerciale, emerge la classe imprenditoriale, nascono nuove industrie) fase 3: decollo (alti tassi di investimento e adozione di nuove tecnologie, attività manifatturiere) GEOGRAFIA URBANA Urbanizzazione: spostamento dalle campagne alle città –> accentuatosi con la Seconda Rivoluzione Industriale e con il secondo dopoguerra, il 54% della popolazione mondiale vive in aree urbane, percentuale che dovrebbe aumentare al 66% entro il 2050, prevalentemente concentrato in Asia (Cina e India) e in Africa (Nigeria) –> Sprar urbano: quando la crescita demografica è inferiore all’espansione edilizia Città: centro abitato di dimensioni demografiche non correttamente definibili a priori, comunque non troppo modeste, sede di attività economiche in assoluta prevalenza extra-agricole e soprattutto terziarie, e pertanto in grado di fornire servizi alla propria popolazione e a quella di un ambito più o meno vasto che ne costituisce il bacino d’utenza (o area di influenza) –> la città è uno degli elementi umani dello spazio geografico: elemento insediativo, elemento economico, elemento politico (perché sempre vi si concentrano almeno alcune attività di governo da quelle locali a quelle nazionali o internazionali), e elemento culturale (sia in quanto luogo elettivo della produzione di cultura sia in quanto sede di beni culturali accumulatisi nel tempo) –> una città è dunque un insediamento umano esteso e stabile, un’area urbana che si differenzia da un paese o un villaggio per dimensione, densità di popolazione, funzioni, importanza –> città deriva da civitas (città come società che vi abita: status giuridico della cittadinanza romana + insieme dei cittadini romani → il derivato italiano città, cittadinanza sottolinea il ruolo coesivo delle dinamiche storiche, economiche, sociali e culturali che hanno condotto alla creazione di un insediamento umano esteso e stabile), urbs (città come luogo fisico: insieme degli edifici e delle infrastrutture → il derivato italiano urb, urbano si riferisce alla struttura della città intesa come agglomerato funzionale di edifici, strade, spazi pubblici) e polis (città come governo) –> non c’è un accordo su che cosa sia un centro abitato e quando lo si può considerare ‘città’, infatti si adotta criteri demografici: una soglia demografica frequentemente adottata è quella dei 10.000 abitanti, al di sopra della quale si distinguono poi le città piccole, le città medie, le città grandi e le metropoli –> la popolazione urbana (cioè la popolazione che abita in centri urbani convenzionalmente considerati città) dell’intera Terra nei primi anni del Novecento ammontava ad appena un decimo di quella totale; a metà del Novecento raggiungeva il 30%; nel 1990 era già il 50%, eguagliandosi così la popolazione urbana con quella rurale in una corsa secolare apparentemente inarrestabile. Permangono peraltro notevoli difformità tra i paesi avanzati (dove in media la popolazione urbana supera l’80%, con punte massime prossime al 100% in alcuni paesi europei come la Gran Bretagna e il Belgio o in Stati da sempre molto urbanizzati per i loro caratteri geografico-fisici o le peculiari vicende del loro popolamento) e paesi arretrati (in media circa il 40%, con minimi in alcuni Stati afroasiatici) –> agglomerazione urbana, conurbazione, città regione, regione città, area metropolitana, megalopoli sono termini usati per indicare entità urbane fondate su particolarità morfologiche o funzionali o amministrative piuttosto che demografiche, anche se sono accomunate tutte dal possedere un numero di abitanti molto elevato –> le stime ONU successive al 2015 distinguono tre definizioni di città: città prevalentemente dette (basata sull’unicità amministrativa, la città cinese di Chongqing è la più grande del mondo, ma questa città ricopre una superficie di 82.400 km2 con una densità relativamente contenuta essendo 400 abitanti/km2), aree urbane (agglomerato privo di aree rurali, per esempio Tokyo è divisa in diverse unità amministrative, ma è l’area urbana più popolosa del mondo) e aree metropolitane (l’area interconnessa mediante infrastrutture e trasporti frequenti, per esempio Shanghai) –> non vi è coincidenza tra paesi ad alto tasso di popolazione urbana e paesi che ospitano grandi metropoli –> la città ha subito nel corso del tempo varie trasformazioni, spesso differenti nelle diverse aree geografiche: - prima di essere in grado di vivere in città, gli essere umani dovettero compiere la transizione dalla caccia e dalla raccolta all’agricoltura→ il passaggio da villaggio a città dipende dall’organizzazione sociale interna: nella città il potere è centralizzato e ogni abitante ha una funzione specifica (prima rivoluzione urbana) - nell’area mediterranea e vicino-orientale, lo sviluppo urbano diede luogo all’originale proliferazione delle poleis, le città stato, tipiche soprattutto dell’antica Grecia, ma presenti anche in altri paesi dell’area suddetta, in alcuni dei quali, anzi, si ebbero i casi di più appariscenti dimensioni, quelli di Babilonia e Roma, evolute da piccole città stato a capitali di vastissimi imperi. In genere, però, le città stato, come del resto per lungo tempo tutte le città, erano di dimensioni demografiche e territoriali modeste e si presentavano come elementi puntiformi nello spazio geografico, radicalmente diversi dal resto del territorio per la concentrazione di popolazione e di manufatti edilizi, alcuni dei quali di fattezze inconfondibili, come il mercato e gli edifici per l’esercizio del culto e dei pubblici poteri. - La modestia dell’estensione territoriale comportava l’impossibilità di accogliere popolazione oltre un certo limite, e dunque l’esiguità demografica, e la necessità che, raggiunto tale limite, una parte degli abitanti emigrasse e andasse a fondare nuovi centri urbani, denominati dai Greci con un termine, quello di colonie. La fondazione delle colonie ebbe conseguenze notevolissime per la diffusione di caratteri etnico-culturali, in particolare la lingua, e per i legami politico-economici, sia pure a volte non scevri di conflittualità tra città madri e nuovi centri. Tale modello urbano nato con le città dell’età classica si mantenne a lungo in Europa e nei paesi mediterranei, fin quando la formazione di Stati più vasti, l’indebolimento della funzione difensiva delle mura, il sia pur lento accrescimento demografico e la ricerca di nuovi spazi commerciali non produssero un travaso di popolazione e abitazioni extra moenia, in aree contigue, ma esterne, all’antico nucleo urbano. La polis, nata per sinecismo, ovvero per aggregazione di villaggi in comunità più ampie, si afferma nell’VIII secolo a.C. Si hanno parecchi esempi di sinecismo: uno dei più famosi è quello di Atene, che nacque come aggregazione di villaggi di un’intera regione, l’Attica. All'interno della politica espansionistica romana, la fondazione di nuove città, costruite sempre in luoghi strategici, prevedeva la sistemazione del territorio circostante in una stretta relazione fra città e campagna. Si tratta già di un modello diverso, ma ancora derivato dalla città antica e lontano da quella che sarebbe stata la città moderna, nata con la rivoluzione industriale europea del Sette-Ottocento, caratterizzata da un gran numero di fabbriche e di residenze operaie: una c. profondamente diversa da quella antica perché non è più un organismo esclusivamente terziario, ma anche, e spesso, secondario, in quanto sede di attività produttive di trasformazione. Le nuove città industriali si accrescono rapidamente di abitanti, soprattutto per immigrazione dalle campagne, e, in conseguenza di tale afflusso e dell’occupazione di nuovi spazi contigui per l’insediamento di industrie, si espandono nelle aree limitrofe, soprattutto lungo gli assi di comunicazione, e catturano centri vicini, trasformandoli in propri sobborghi e favorendo la formazione di agglomerazioni urbane e talora di conurbazioni. Con la successiva evoluzione industriale e con la spinta terziarizzazione dell’età cosiddetta postindustriale (ultimi decenni del 20° sec.) si manifestano nuove tendenze: un sensibile aumento della popolazione occupata nelle attività di servizio; il decentramento e la conseguente rilocalizzazione delle industrie, in particolare quelle pesanti; una decongestione delle città più grandi, con trasferimento della popolazione in centri di minori dimensioni i quali offrono vantaggi economici e di qualità della vita. È un processo che ha fatto parlare, non del tutto propriamente, di controurbanizzazione, perché di una nuova forma di urbanizzazione comunque si tratta. In definitiva, la città torna a essere, anche se in forme ovviamente assai diverse rispetto al passato, un organismo eminentemente terziario. Del resto, che si accetti o meno il termine controurbanizzazione, già al passaggio del millennio si avvertono i segni di una nuova inversione di tendenza, da cui si evince soprattutto la Lo spazio e l’economia si organizzano su rapporti a rete: reti di rapporti di subfornitura locali o internazionali; reti finanziarie mondiali. Le “reti di città” consistono in un insieme di rapporti tendenzialmente orizzontali e non gerarchici fra città, che nel modello tradizionale non dovrebbero avere alcun rapporto; tali rapporti possono legare fra loro città differentemente specializzate e complementari (reti complementari) o città similari aventi una stessa specializzazione (reti di sinergia); la combinazione della complementarietà con la specializzazione consente la realizzazione di nuovi vantaggi connessi alla integrazione orizzontale fra unità produttive (economia di distretto) e di integrazione verticale attorno a precise “filiere” di specializzazione; Un caso particolare delle “reti di sinergia” possono essere le “reti di innovazione” che nascono fra centri similari che si consorziano al fine di realizzare grandi infrastrutture o attorno a progetti di innovazione territoriale (aeroporti, centri tecnologici) per le quali i singoli centri non disporrebbero delle capacità finanziarie e dimensioni adeguate di mercato; Il modello a rete non è un modello di organizzazione totale del territorio.Esso si adatta bene a rappresentare il comportamento spaziale dell’industria e del terziario superiore (direzionalità, finanza, ricerca, consulenza internazionale). Il modello gerarchico continua infatti a permanere come “memoria” territoriale dei tempi in cui altri settori (agricoli, commerciali, terziario per la popolazione, la pubblica amministrazione) rappresentavano la quasi totalità dell’economia e di conseguenza organizzavano il paesaggio urbano. In termini empirici è possibile avanzare l’ipotesi che sulla gerarchia tradizionale dei centri si sia sovraimposta oggi una gerarchia di reti formata da: • una rete di primo livello a cui appartengono le città mondiali; • una rete di secondo livello di città specializzate a carattere nazionale; • una rete di terzo livello di città specializzate a carattere regionale. Analisi dello spazio urbano • Piante di città • Valori e impiego del suolo urbano • Il CBD • La localizzazione residenziale • La localizzazione delle attività produttive e dei servizi • Le periferie La città come area problematica • Insediamenti abusivi • Degrado delle periferie • Ghettizzazione • Dinamica della sostituzione dei residenti di un quartiere I paesaggi agrari e urbani: Il modello di von Thünen, ideato agli inizi del XIX secolo, è utile per lo studio delle aree di influenza di siti di grandi dimensioni, come le città. Johann Heinrich von Thünen pensava a una città isolata al centro di una pianura orizzontale, uniformemente fertile, senza corsi d’acqua navigabili e circondata dalla natura incontaminata. Il modello mostra la formazione di zone concentriche di produzione agricola attorno alla città centrale. Il limite principale del modello di von Thünen risiede nel suo inevitabile conflitto con la natura articolata dei territori oggetto di studio, spesso ben lontana dalle condizioni ideali che ne sono alla base. Il modello di Weber, ideato tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, spiega la localizzazione ottimale di uno stabilimento manifatturiero in termini di minimizzazione di tre spese base: costi relativi al trasporto, costi di manodopera e costi di agglomerazione. L’agglomerazione si riferisce al raggrupparsi di attività produttive e di individui per un vantaggio reciproco. Un simile raggruppamento può produrre “economie di agglomerazione”, tramite la condivisione di impianti e servizi. A causa della competizione per queste risorse, tuttavia possono anche sopravvenire delle diseconomie, quali affitti o salari più alti. Alfred Weber conclude che i costi di trasporto sono l’elemento principale nel determinare la localizzazione. In altre parole, la localizzazione ottimale si troverà laddove sono più contenuti i costi di trasporto delle materie prime verso la fabbrica e dei beni finiti verso il mercato. Egli osserva comunque che, se le variazioni nei costi della manodopera o dell’agglomerazione sono abbastanza elevati, una localizzazione stabilita soltanto in base ai costi di trasporto può in effetti non rivelarsi ottimale. Città ecosostenibile: Nel 1994 ad Aalborg si tiene la "1a Conferenza Europea sulle Città Sostenibili", dove viene approvata dai partecipanti la Carta di Aalborg, Carta delle città europee per uno sviluppo durevole e sostenibile: un impegno delle «...città e regioni europee ad attuare l'Agenda 21 a livello locale e ad elaborare piani d'azione a lungo termine per uno sviluppo durevole e sostenibile, nonché ad avviare la campagna per uno sviluppo durevole e sostenibile delle città europee». –> Secondo il rapporto annuale di Legambiente "Ecosistema urbano 2017" Mantova, Trento, Bolzano, Parma, Pordenone, Belluno sono le sei città più ecosostenibili d'Italia. Lo studio esamina una serie di parametri e misura le performance ambientali delle amministrazioni locali. Si tratta di città in cui si vive meglio dal punto di vista della qualità ambientale, dove sono state fatte scelte innovative, talvolta coraggiose e impopolari, per garantire una qualità dell’aria e dell’acqua migliori, una mobilità alternativa all’uso delle automobili, un sistema di approvvigionamento moderno basato sulle fonti rinnovabili e pulite e sull’efficienza energetica. Tutte superano il 65 per cento di raccolta differenziata dei rifiuti e si dimostrano efficienti anche per quello che riguarda la depurazione delle acque reflue e il contenimento delle perdite di acqua potabile dalla rete idrica. Sono città verdi (Pordenone, con 29 alberi ogni 100 abitanti, e Mantova, con 32 alberi) e con un’incidenza ridotta di polvere sottili. GEOGRAFIA DELLA SALUTE L’ambiente è una determinante fondamentale dello stato di salute della popolazione umana. L’inquinamento di aria, acqua, suolo influisce negativamente sulla qualità della vita e sulla salute. Solo tramite l’incrocio di dati ambientali, territoriali e urbanistici, epidemiologici, così come di altri indicatori sanitari, demografici, culturali e sociali è possibile delineare, per una determinata popolazione, una serie di scenari possibili. Le epidemie rappresentano una delle caratteristiche più comuni per la salute della popolazione mondiale, esse sono delle onde di diffusione e modellate come molti altri processi di diffusione e cambiamento. Per comprendere la diffusione delle epidemie è utile comprendere le dinamiche che regolano il movimento della popolazione e i comportamenti umani, oltre a conoscere nel dettaglio le caratteristiche della malattia. Le dinamiche di diffusione delle epidemie devono essere analizzate in un arco temporale ampio per capire tendenze e modelli di diffusione, individuare quali comportamenti possono aver incrementato o, viceversa, mitigato il diffondersi di una epidemia. In geografia il termine diffusione ha due significati differenti: diffusione per espansione (informazione, innovazione, tecnologie, epidemie si propagano da un luogo all’altro ed avviene in due diversi modi), per contagio (dipende dal contatto diretto), spostamento (costituisce un processo simile, ma gli elementi che vengono diffusi abbandonano il luogo di origine) e gerarchia (determina la trasmissione attraverso una successione regolare per gradi, classi o gerarchie). Rispetto al passato, oggi, la sanità è molto più sviluppata e l’accesso alle strutture e al personale sanitario è molto importante per la salute della popolazione. Nelle zone in via di sviluppo, ancora, si riscontrano delle criticità, il personale specializzato tende a scarseggiare e quel poco che c’è si concentra nelle zone urbane, a volte molto distante dalle popolazioni che ne hanno bisogno. Con l’arrivo dei medicinali e i vaccini, il tasso di mortalità è diminuito molto, ma a volte i costi delle cure mediche non permettono a tutta la popolazione di farne uso. GEOGRAFIA DELLE LINGUE La geografia delle lingue si occupa di distribuzione spaziale delle lingue, diffusione storica delle lingue, comportamenti spaziali connessi alle lingue e alle etnie. L’importanza della geografia delle lingue è connessa al ruolo della lingua come strumento di comunicazione all’interno di un gruppo sociale e come elemento di identità di una comunità di parlanti o di un gruppo etnico. L’uomo è un essere sociale, non può sopravvivere se non si organizza in gruppo: necessita quindi di mezzi di contatto, di comunicazione con gli altri uomini. Fra i mezzi di comunicazione è fondamentale l’espressione linguistica, lo strumento principale per creare una comunità organizzata e socialmente compatta. La cultura si elabora attraverso lo scambio di idee e informazioni pertanto è necessario una comune forma di espressione: la lingua. Alla base di ogni regione antropica c’è quasi sempre un codice comune di comunicazione, che riflette l’evoluzione di quella regione. Rapporto fra lingue e religioni: - il rapporto uomo/divinità è individuale, ma l’esercizio delle pratiche religiose e riti necessita di una lingua comune - le lingue liturgiche sono statiche –> le liturgie hanno bisogno di formule gelosamente conservate nella loro forma originaria, poiché si vede nel momento della rottura delle tradizione un pericolo - in Europa vi sono numerosi esempi di relazioni fra lingua e religione: una comunità religiosa che per qualche motivo si trova minacciata da un’altra fede, cerca di rafforzare la propria identità anche attraverso l’uso di una lingua diversa da quella della comunità che la minaccia. ex. in Polonia la Chiesa cattolica ha sempre difeso l’uso del polacco anche nei momenti in cui la nazione era spartita tra russi (ortodossi) e tedeschi (luterani). Questa difesa di lingua e religione ha contribuito notevolmente a tenere unita la popolazione. Rapporto fra lingue ed economia: - per l’organizzazione di un sistema produttivo, ampio, efficiente che renda ricchezza a chi lo controlla, sono fondamentali gli scambi di informazioni in maniera celere - i primi a studiare le lingue furono i mercanti - la diffusione della lingua inglese nel mondo è dovuta anche al fatto che i principali centri dell’economia sono in aree anglofone; le conoscenze scientifiche, industriali, le organizzazioni di mercato trovano nella lingua inglese lo strumento per raggiungere un alto numero di persone - l’omogeneizzazione dei mercati favorisce la diffusione delle lingue già diffuse, danneggiando spesso fatalmente i patrimoni linguistici e culturali, le lingue minori - il rapporto fra lingua e sviluppo economico ha ad es. posto notevoli problemi ai paesi afroasiatici al momento della loro decolonizzazione (rinunciare alla lingua del colonizzatore significava rinunciare ad aiuti economici, legami commerciali, apporti culturali) Rapporto tra lingue e società: - la vitalità di una lingua dipende molto dalla sua capacità di essere utilizzata nei diversi momenti della vita sociale –> le lingue possiedono molteplici usi adattabili ad ambiti specifici: 1. uso religioso –> diffusione/ staticità (ex. latino) 2. uso amministrativo –> legata all’effettiva capacità di agire e incidere nella vita pubblica e privata di un sistema di governo (ex. inglese) 3. uso commerciale –> è tra i più poveri per una lingua poiché gli scambi possono avvenire con codici linguistici molto semplificati e standardizzati 4. uso culturale e scientifico –> legato alla capacità del parlante di elaborare e trasmettere messaggi culturali e informazioni. Il popolo che in un certo momento storico è alla guida dell’evoluzione culturale e scientifica riesce sempre a imporre la sua lingua come strumento di trasferimento delle innovazioni (ad es. nel tempo: greco, latino, italiano, francese, inglese, americano). 5. uso diplomatico –> nasce da accordi internazionali determinati da situazioni di potere al momento degli accordi 6. uso scolastico –> nasce dalla volontà politica di favorire una lingua, o per la necessità pratica di usare tale lingua per mancanza di insegnanti o strumenti in altra lingua Regione culturale: è caratterizzata non solo per la presenza al suo interno di una comunità con una propria e originale espressione culturale, ma anche perché nel suo territorio si avverte l’impronta sia dei prodotti sociali della cultura (norme che regolano i rapporti interni del gruppo), sia dei prodotti materiali che danno forma non casuale al paesaggio culturale (tipologie di colture agricole, dimore rurali, ecc.). La conservazione della lingua è sentita dalla comunità etnica come condizione fondamentale per il mantenimento della propria identità, ma il legame con il territorio viene percepito come qualcosa di irrinunciabile. I segni della storia, della vita quotidiana, le forme espressive sono depositate nel territorio etnico, che rassicura con le sue forme e la sua organizzazione tutti gli appartenenti al gruppo garantendo la persistenza di quei simboli preziosi per la coesione del gruppo. Tale legame viene spesso rafforzato da simboli religiosi (luoghi di culto, santuari). La crescita, la decadenza o la scomparsa di una lingua dipendono da una serie di fattori, alcuni controllabili da chi ha il potere di fare scelte di governo. Gli interventi seguono tre diverse prospettive: - visione evoluzionista di tipo darwiniano delle lingue; - visione conservazionista: le lingue minori vanno salvate e tutelate; - visione protettiva di tipo ecologico: le lingue sono elementi di un sistema socio-ecologico all’interno del quale non si può modificare alcun elemento senza comprometterne altri, ovvero è necessario mantenere in vita anche le altre forme della cultura materiale e sociale del contesto in cui la lingua vive e viene usata. I cinque livelli di sviluppo linguistico secondo Breton (1978): 1. Lingue prive di scrittura 2. Lingue vernacolari o locali 3. Lingue veicolari 4. Lingue nazionali 5. Lingue internazionali Tipi di lingue: dominanza linguistica: - lingue ufficiali - lingue minoritarie - bilinguismo lingue veicolari di contatto: - lingue franche - lingue pidgin - lingue creole - lingue artificiali livelli linguistici: - lingua standard - dialetto - patois - gergo - argot La stratificazione secolare va in parallelo ad altre vicissitudini, come processi di riconfigurazione di congiunture socio-economiche, usura del tempo. Spesso si può recuperare il nome iniziale: San Pietroburgo è passato a Leningrado, ma oggi si è ripreso il San Pietroburgo. Questo a causa dei vari colonizzatori che si sono succeduti. ‘Lombardia’ viene da ‘Longobardia’, questo è un esempio di restringimento Numerose ricerche negli scorsi decenni hanno realizzato con metodologie tradizionali carte tematiche finalizzate a rappresentare la distribuzione di particolari categorie toponimiche ricavate da fonti cartografiche, come ad esempio il 25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano (IGMI), rispondendo efficacemente agli scopi di ricerca prefissati. Le carte erano state redatte sulla base di spogli sistematici compiuti direttamente sulle singole tavolette, spogli che richiedevano molto tempo, sia per rintracciare i toponimi derivati dalle serie di termini selezionati in precedenza sia per collocarli su una nuova base cartografica. Successivamente, con l’uso dei geodatabase si sono rese possibili l’archiviazione e l’interrogazione di grandi quantità di dati relativi a oggetti spazialmente localizzati. Si è potuto pertanto procedere alla costruzione di carte con notevole risparmio di tempo e maggiore accuratezza rispetto al metodo di ricerca e collocazione manuale. Il geodatabase della toponomastica dell’IGM, ad esempio, permette la realizzazione di query all’interno di software quali ArcGIS, GvSIG, da cui è possibile esportare sintesi tematiche con informazioni spaziali sia in forma tabellare che cartografica, suscettibili di aggiornamento ogni qual volta lo si ritenga necessario. Da segnalare il recente Repertorio Toponomastico della Regione Toscana (RETORE), in cui sono raccolti i toponimi toscani desunti da varie fonti cartografiche. Anche la redazione delle carte realizzate con i sistemi informativi richiede tuttavia, così come per le carte tradizionali, un’attenta cura per la corretta scelta dei lemmi e toponimi derivati, nonché per l’espunzione delle ripetizioni di uno stesso nome, come nel caso dei corsi d’acqua il cui nome viene ripetuto più volte, e così via. STORY MAPPING Per raccontare il territorio si possono usare storymaps (carte per raccontare storie), geocaching (caccia al tesoro digitale), QRCode (può essere usato per raccontare dei luoghi) o virtual tours (realtà aumentata). La Storia può essere raccontata attraverso una cartografia. Però è importante interpretare la storia che racconta la carta. È poi necessario avere informazioni: fatti, persone, luoghi. Ogni storia si svolge in un luogo preciso e in un tempo preciso. Gli strumenti da utilizzare sono i sistemi informativi geografici, nei quali ogni singolo elemento è geolocalizzato e georeferenziato ed è organizzato a strati. Una Story Map è un’applicazione web consultabile e condivisibile in modalità open source che permette di combinare mappe interattive, contenuti digitali-multimediali e testo. Facilmente personalizzabile per ogni obiettivo e per costruire elaborati originali e con un forte impatto comunicativo. Non necessita di competenze in GIS o in sviluppo web. Strumento efficace per contestualizzare, descrivere, sintetizzare, approfondire un tema/argomento di rilevanza geografica o per dargli una dimensione geografica che senza una mappa è difficile da concepire. È un modo stimolante di rappresentare digitalmente eventi e fenomeni, di comunicare informazioni e di trasmettere conoscenze. Ci sono varie tipologie di story maps: - map tour –> un set di foto o video con didascalia collegato ad una mappa interattiva, soluzione ideale per proporre un itinerario escursionistico che il lettore può seguire passo passo, visualizzando la propria posizione sulla mappa e consultando le suggestive foto collegate a ciascuna tappa dell’itinerario - modalità gallery –> si racconta attraverso delle figure geometriche - sidecar –> creare una sorta di “diario di viaggio” in cui si può navigare sulla mappa scorrendo contemporaneamente il contenuto interattivo associato a ciascuna sezione (immagini, video, scene 3D) - presentation –> si offre al lettore un'esperienza visuale avvincente, con un minimo di testo https://storymaps.com/it→ iscriversi usando la mail istituzionale https://storymaps.arcgis.com/stories/add09adc915f460bbb7ec2cdc66a0b12
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