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Geografia Umana domande, Prove d'esame di Geografia

Domande di geografia umana per compito

Tipologia: Prove d'esame

2019/2020

Caricato il 22/03/2020

camilla-caccio
camilla-caccio 🇮🇹

4.3

(16)

20 documenti

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Scarica Geografia Umana domande e più Prove d'esame in PDF di Geografia solo su Docsity! Domande esame scritto Geografia Generale Cartografia 1. Parlare delle incisioni rupestri e altri sistemi di rappresentazione del mondo nella preistoria Rappresentano i primi documenti che ci informano della necessità degli essere umani di delimitare lo spazio e rappresentare il loro spazio di vita. Sono un esempio le incisioni rupestri della Valcamonica. La Mesopotamia era una regione povera di materiali, dunque i suoi abitanti utilizzavano l’argilla per le loro incisioni ma anche per la scrittura. In Egitto venivano utilizzati i papiri: ne è un esempio la mappa delle miniere d’oro della Nubia, risalente al regno di Ramsete IV (1150 a.C.). Per quanto riguarda gli eschimesi invece, è stato ritrovato un bastone intagliato rappresentante la costa. 2. Parlare delle rappresentazione del mondo nell’antichità Sono rappresentazioni alquanto imprecise: la forma dello spazio da rappresentare è approssimativa, così come lo è la misurazione delle distanze - non si sapevano definire le coordinate geografiche (latitudine e longitudine). 3. Parlare dei pinax dell’età greca Si tratta dei primi mappamondi disegnati dai filosofi ionici (IV sec a.C.); tra questi abbiamo il mappamondo di Anassimadro. Sono rappresentazioni alquanto imprecise: la forma dello spazio da rappresentare è approssimativa, così come lo è la misurazione delle distanze - non si sapevano definire le coordinate geografiche (latitudine e longitudine). Sembrerebbe che la prima opera geografica greca scritta in prosa, la Periegesi (Viaggio intorno al mondo) di Ecateo di Mileto (550-480 a.C.), uno dei più antichi logografi ionici, sia stata basata proprio su una riproduzione del mappamondo di Anassimandro. La Periegesi 8 di cui sono pervenuti circa 300 frammenti) costituisce una sorta di guida alle regioni costiere del Mediterraneo. Le nozioni geografiche di Ecateo sono primitive: per lui il Caspio era un golfo che sfociava nell’Oceano circolare. Il secondo libro della Periegesi è dedicato alla Libya (Africa), in cui è rappresentata la costa del Nord Africa fino alle Colonne d’Ercole. 4. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Ecateo La prima opera geografica greca scritta in prosa fu la Periegesi (Viaggio intorno al mondo) di Ecateo di Mileto (550-480 a.C.), uno dei più antichi logografi ionici. La Periegesi 8 di cui sono pervenuti circa 300 frammenti) costituisce una sorta di guida alle regioni costiere del Mediterraneo. E’ probabile che la carta di Ecateo sia stata basata su una riproduzione del mappamondo di Anassimandro. Le nozioni geografiche di Ecateo sono primitive: per lui il Caspio era un golfo che sfociava nell’Oceano circolare. Il secondo libro della Periegesi è dedicato alla Libya (Africa), in cui è rappresentata la costa del Nord Africa fino alle Colonne d’Ercole. 5. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Erodoto Oltre che “padre della storia”, Erodoto fu anche un po’ il padre della geografia umana almeno nel quadro del nostro patrimonio superstite di letteratura greca. Nel corso della sua vita (dalle guerre persiane all’inizio della guerra del Peloponneso) poté viaggiare senza troppe difficoltà in molte province dell’impero persiano (di cui era nato suddito) e raccogliere materiale di prima mano. Era un osservatore instancabile di civiltà e costumi, anche se di rado superava i pregiudizi inerenti alla sua formazione. 6. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Dicearco da Messina Dicearco da Messina (III sec a.C.) comprese la necessità di “fare il punto” e disegnò un DIAFRAGMA (un primissimo parallelo) aveva funzione d’equatore per le terre conosciute dell’epoca: dalle Colonne d’Ercole, passando per lo stretto di Messina, poi Atene, per arrivare fino a Rodi. Aveva previsto anche un meridiano: una linea perpendicolare in corrispondenza di Rodi. Dicearco da Messina ha quindi definito il principio del reticolato geografico. 7. Cartografia antica: che cosa è il diafragma Il DIAFRAGMA è una linea di riferimento orizzontale disegnata da Dicearco da Messina (II sec a.C.). Si tratta di un primissimo parallelo che divideva in due parti l’abitabile, passando per le Colonne d’Ercole, lo stretto di Messina, Atene e Rodi; aveva funzione di d’equatore per le terre conosciute. 8. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Eratostene Eratostene (III sec a.C.) costruisce il suo mappamondo, partendo da 7 paralleli e 9 meridiani, posti però a distanze diseguali; utilizza lo GNOMONE per misurare la latitudine con gli astri. All’epoca non vi era nessuno strumento conosciuto per misurare la longitudine, dunque la determinazione di molti luoghi fu difficile per Eratostene: dovette dedurre alcune posizioni indirettamente riducendo le distanze itinerarie fornite dai viaggiatori o basandosi su informazioni vaghe (come la lunghezza del giorno o identità di vegetazione). Nella carta di Eratostene la rappresentazione dell’ecumene progredisce notevolmente, con una tripartizione del mondo conosciuto in Europa, Libia e Asia (conosciuta grazie alle conquiste di Alessandro Magno). Intorno al 230 a.C., Eratostene misurò per la prima volta le dimensioni della terra. Il suo calcolo si basava sull’osservazione del fatto che un bastone verticale posto a Siene (Assuan), in Egitto, il giorno del solstizio d’estate non proiettava nessuna ombra: ciò significa che, in quel giorno e a quell’ora, il sole si trova esattamente allo Zenit. Nello stesso giorno, alla stessa ora, un bastone uguale, piantato ad Alessandria, proietta un ombra con un’inclinazione di 7° 12’ dei raggi solari rispetto alla verticale. Se Alessandria si trovava esattamente a nord di Siene, come riteneva Eratostene, la differenza di latitudine tra i due luoghi era di 7° 12’. 9. Che cosa è lo gnomone? E’ lo strumento di cui si servì Eratostene per misurare la longitudine con gli astri: un banale bastone piantato verticalmente in un territorio perfettamente pianeggiante. Studiando l’ombra che si genera, si possono seguire i movimenti del sole durante il giorno: il momento in cui l’ombra è più corta corrisponde a mezzogiorno. Lo gnomone permette anche di seguire il cambio delle stagioni: il giorno in cui l’ombra è più corta è il giorno del solstizio d’estate. Infine si può stabilire in ogni momento l’altezza del sole, ossia l’angolo che i suoi raggi formano con la linea dell’orizzonte, confrontando semplicemente la lunghezza del bastone AH con la sua ombra BH. 10. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Ipparco da Nicea Ipparco da Nicea (Turchia II sec a.C.) critica il metodo di Eratostene, ma poi in realtà lo perfeziona: utilizza il metodo astronomico per fare il punto (la latitudine) e la differenza d’ora per la longitudine (grazie allo studio delle eclissi lunari). Definisce il reticolato della terra a partire da linee disegnate ad eguale distanza fra loro; definisce i fondamenti dei sistemi moderni per il calcolo delle coordinate geografiche (ad oggi vengono ancora usati gli stessi principi di misurazione) e le tavole trigonometriche (ne è stato il primo redattore). 11. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Posidonio Nella ricostruzione del mondo (eseguita da Petrus Bertus nel 1630) così come era concepito dal filosofo greco Posidonio (vissuto tra il 135 a.C.-51 a.C.), la terra aveva una forma lenticolare. Tale ricostruzione venne pubblicata da Bertius nell’Antiqua Geographia. Le carte nautiche furono ideate da marinai italiani e costruite da vere scuole cartografiche, tra le quali le più famose quella genovese e quella veneziana, a cui si aggiunsero in seguito quella catalana e quella maiorchina. In queste “carte al compasso” (cioè secondo la rosa dei venti) le posizioni delle località erano fissate in base alle distanze itinerarie riportate su una rete di linee direttrici partenti da un punto centrale e rappresentante le direzioni della rosa dei venti, incrociantisi con le direzioni di altre rosette disposte attorno alla prima. Le carte nautiche erano accompagnate da descrizioni della costa e degli approdi,dette portolani. La più antica carta nautica conosciuta è la Carta Pisana, il portolano più antico di cui si è a conoscenza è il “Compasso da Navigare”. Un portolano (il cui nome deriva dalla parola latina portus, porto) è un manuale per la navigazione costiera e portuale o aeronautica basato sull'esperienza e l'osservazione, contenente informazioni relative ad una delimitata regione. L'introduzione del portolano risale al XIII secolo, prima in Italia e successivamente in Spagna. Verso l’Età moderna i portolani hanno sempre accompagnato le carte nautiche. Aiutavano ad evitare gli ostacoli fisici oppure i pericoli nascosti al momento dell’approdo (gli abitanti, le abitudini locali, ecc.). Il più antico giunto completo fino a noi è quello di de Cristoforo Buondelmonte del 1422 24. Il Medioevo e le carte nautiche Oltre alle scuole cartografiche nate nelle Repubbliche marinare, un altrettanto importante scuola cartografica si sviluppò ad Ancona, di cui era originario il navigatore cartografo Grazioso Benincasa, autore di almeno ventidue opere certe, prodotte nella seconda metà del XV secolo. Tra queste la carta del 1492, importante perché basata su ricerche originali e perché testimonia le conoscenze che si avevano nell'anno della scoperta dell'America. Le carte nautiche ebbero grande importanza perché permisero di rappresentare con precisione il bacino del Mediterraneo e le coste occidentali dell’Europa e dell’Africa settentrionale. Inoltre costituirono le basi per la costruzione di mappamondi più precisi, anche di grandi dimensioni (come quello circolare di Fra Mauro). 25. Parlare della Carta pisana La più antica carta nautica giunta ai giorni nostri è la Carta pisana, così denominata perché ritrovata nel XIX sec. a Pisa, anonima e non datata, ma attribuita alla metà del XIII secolo da Raimondo Bacchisio Motzo, che stabilì anche l'interdipendenza tra questa carta ed il precedente Compasso da navigare. La carta fu così chiamata perché originariamente rinvenuta a Pisa, e poi confluita nella Bibliothèque nationale de France di Parigi. Disegnata con grande precisione, la carta, disorientata verso est, rappresenta il Mar Mediterraneo e vi è compreso il Mar Nero. Il Mediterraneo risulta fitto di toponimi perpendicolari alla costa, alcuni in nero ed altri, probabilmente i più importanti per l’epoca, in rosso. 26. L’Atlante catalano (carte nautiche e portolani) L'Atlante catalano (1375 ca.) è il portolano più importante del periodo medioevale. Esso non porta la firma dell'autore, ma è attribuita alla scuola cartografica di Maiorca. Si suppone sia stata prodotta da Abraham Cresques e da suo figlio Jahuda. Originariamente redatto su 6 fogli, preziosamente miniati in vari colori tra cui l'oro e l'argento. I fogli divisi a metà per il lungo vennero incollati su 5 tavole di legno, mentre la prima metà sinistra del primo foglio e l'ultima metà destra dell'ultimo vennero incollate su una pergamena. Le pagine misurano ca. 65x50 cm per un totale di 65x300 cm. VEDI DOMANDA 23 27. Vinland Map: le scoperte dei Vichinghi Essa rappresenta tutta l'ecumene nel XV secolo: oltre ad includere Europa, Asia e Africa, rappresenta anche Islanda,Groenlandia e, più ad ovest, una terra denominata Vinilanda Insula ("isola di Vinland"), con un'iscrizione che parla della sua scoperta da parte dei Vichinghi nell'XI secolo. Nel 1957 il trattato e la mappa furono offerti al British Museum che dopo averli esaminati rinunciò ad acquistarli perché la loro provenienza non era documentata e la rilegatura era recente, il che faceva sospettare che i due documenti non fossero originalmente uniti insieme. Inoltre la Relazione Tartara era sconosciuta e non vi era certezza della sua autenticità; i dubbi su di essa vennero fugati solo nel 2004 quando ne venne scoperta un'altra copia a Lucerna, in Svizzera. 28. Parlare del ruolo di Marco Polo nella cartografia medievale e moderna Nel Globo del 1492 del geografo tedesco Martin Behaim, in cui disegna attorno al polo nord, e ad est della Siberia delle isole, egli annota che queste isole erano conosciute da Marco Polo. Accanto ad una di queste isole una nota dice “Questa terra è bella in estate”, un’altra nota dice “Qui sono stati trovati molti falconi”, mentre un’altra isola ha il disegno di un cacciatore che caccia l’orso polare con arco e frecce: tutte indicazioni che possono essere fornite solo da qualcuno che abbia visitato quei luoghi. Benhaim stesso dichiara che tutte le indicazioni su quelle terre derivano da Marco Polo. Inoltre la carta di Marco Polo: rappresenta uno schizzo delle coste dell’Alaska di ottocento anni fa, disegnata con l’ausilio della bussola. Un’altra carta, detta “Map with ship” e conservata nella biblioteca del Congresso a Washington, riporta il nome di Marco Polo; in questa vi sono rappresentate parte dell’India, la Cina, il Giappone, le Indie Orientali e l’America del Nord. 29. Cartografia rinascimentale e moderna in generale Riappare nel XV sec. (1409) la Geografia di Tolomeo (in versione latina). Vengono ripresi i sistemi geometrici e matematici dell’Antichità. La geografia di Tolomeo ebbe importanza fondamentale nella costruzione della cartografia e geografia moderna. Vengono utilizzate nuovamente le coordinate geografiche (latitudine e longitudine). Si ricomincia a costruire le carte geografiche mediante la rete di meridiani e paralleli posti a eguale distanza. Viene dato grande impulso alla cartografia grazie alla scoperta della stampa e dell’incisione su legno e rame: si hanno così maggiori possibilità di riproduzione delle carte. Viene riconosciuta l’inadeguatezza delle carte tolemaiche rispetto alle nuove conoscenze e vengono inizialmente integrate con le Tabule novae. Nella seconda metà del XVI sec., per effetto dei viaggi di scoperta, le tavole tolemaiche vennero abbandonate del tutto e si affrontò il problema della rappresentazione di tutta la superficie sferica della terra sul piano per mezzo di procedimenti matematici e geometrici, quali sono le proiezioni geografiche. Nel ‘500 e ‘600 i paesi più attivi in campo cartografico furono l’Italia e l’Olanda. 30. Età moderna: la Scuola italiana di cartografia Nel ‘500 e ‘600 i paesi più attivi in campo cartografico furono l’Italia e l’Olanda. In Italia la produzione cartografica era molto intensa e di alta qualità anche perché inquadrata nella “categoria ufficiale” promossa e organizzata dai governi dei singoli Stati per scopi amministrativi e militari. Giacomo Gastaldi fu un importante cartografo veneziano di origine piemontese del XVI secolo. Gastaldi fu il caposcuola di una nutrita schiera di incisori cartografi, fra i quali Fabio Licinio, che continuarono ad operare a Venezia con la tecnica dell’acquaforte nel XVI e XVII secolo. Il "Dominio Fiorentino" rappresenta il frutto dell'aggiornamento e dell'adattamento prodotti, a cavallo tra Cinque e Seicento, dal grande geografo e cartografo padovano Giovanni Antonio Magini per il suo atlante italiano (edito postumo, solo nel 1620, dal figlio Fabio). 31. Età moderna: la Scuola olandese di cartografia Abraham Ortelius (anche Ortels, Oertel, Orthellius, italianizzato in Abramo Ortelio) (Anversa, 14 aprile 1528 – Anversa, 28 giugno 1598) è stato un cartografo fiammingo, molto famoso per la sua opera Theatrum Ortus Terrarum, una raccolta sistematica di carte di vari autori. Ortelius fu il grande fondatore della cartografia fiamminga, insieme a Mercatore, il quale inventò la proiezione cilindrica e disegnò una serie di carte, pubblicate nel 1595 con il titolo di Atlante. Importanti per la scuola olandese furono anche i fratelli Blaeu che pubblicarono altri due atlanti, di cui uno, l’Atlas Maior, un atlante completo del mondo, ideato da Willem Blaeu ma redatto dal figlio Joan Blaeu e completato nel 1665. Il libro originale, scritto in latino, consisteva di 11 volumi e conteneva 594 mappe. 32. Parlare di Abramo Ortelio Abraham Ortelius (1528-1598) è stato un importante cartografo fiammingo, fondatore della cartografia fiamminga insieme a Mercatore. Il 20 maggio 1570, Gilles Coppens de Diest pubblicò ad Anversa il Theatrum Orbis Terrarum di Abraham Ortelius, una raccolta sistematica di carte di vari autori, che può essere considerato il "primo atlante moderno". 33. Parlare di Gerardo Kremer, detto Mercatore Gerhard Kremer, detto Mercatore, uno dei più grandi cartografi dell’età moderna, inventò la proiezione cilindrica La rappresentazione di Mercatore è uno sviluppo cilindrico diretto, modificato da un procedimento misto geometrico-analitico che rende le carte isogoniche (angoli uguali nella rotta). Essa è diventata la proiezione cartografica più usata per le carte nautiche per la sua proprietà di rappresentare linee di costante angolo di rotta (linee lossodromiche) con segmenti rettilinei. Nel 1595 è stata pubblicata da Mercatore la prima raccolta di carte denominata Atlante. 34. L’uso della parola “karte” per indicare la carta geografica La parola “karte” è stata introdotta nel tedesco orale da Laurent Fries, cartografo alsaziano dell’età rinascimentale. La parola “landcharte” ha cominciato ad essere utilizzata in Germania a partire dal XVII secolo. 35. La proiezione cilindrica di Mercatore La proiezione cilindrica di Mercatore è una proiezione cartografica conforme e cilindrica proposta nel 1569 dal geografo e cartografo fiammingo Gerardo Mercatore. La sua rappresentazione è uno sviluppo cilindrico diretto, modificato da un procedimento misto geometrico-analitico che rende le carte isogoniche (angoli uguali nella rotta). Essa è diventata la proiezione cartografica più usata per le carte nautiche per la sua proprietà di rappresentare linee di costante angolo di rotta (linee lossodromiche) con segmenti rettilinei. 36. La scuola francese di cartografia (in generale) Con la decadenza della scuola olandese e italiana, in Europa si affermò quella francese per merito di Nicolas Sanson e dei suoi continuatori, che dominarono per un secolo questo campo, costruendo carte, anche con proiezioni nuove e pubblicando atlanti. Fu proprio in Francia che presero piede, e si affermarono sempre più nel XVII sec., dei sistemi di misura indiretta delle distanze e di ricerca delle posizioni e dei punti mediante procedimenti trigonometrici, escogitati dall’olandese Snellius. Fu inaugurato così il rilevamento geodetico-topografico moderno. • Il primo e più conosciuto cartografo francese fu Nicolas Sanson (nuove proiezioni, nuovi atlanti). Utilizzò perfezionandolo il metodo trigonometrico per la misura indiretta delle distanze e di ricerca delle posizioni: si ebbe così la nascita del rilevamento geodetico- topografico; •Picard: eseguì a fine ‘600 la prima misurazione esatta del grado di meridiano; •Famiglia Cassini, costituita da generazioni di matematici e topografi. Nel ‘600 rilevarono l’intera Francia e costruirono la Carta di Francia in 182 fogli, che è considerata la prima carta topografica moderna. • Delisle eliminò ciò che restava della tradizione tolemaica, come l’eccessiva lunghezza del Mediterraneo; scomparvero con lui allegorie e rappresentazioni figurate, i contorni incerti e le aree inesplorate furono lasciate in bianco. • La riforma di Delisle venne perfezionata da Bourguignon D’Anville. Ebbe così fine la cartografia empirica e si affermò la cartografia scientifica, la cui base è geodetica, cioè costituita dalla determinazione astronomica della posizione dei punti fondamentali e -Proiezioni convenzionali sono fondate su principi empirici, cioè su regole indipendenti dalle leggi geometriche o matematiche 49. Le proiezioni geografiche equidistanti, equivalenti, isogoniche o equiangole. -equidistanti, se mantengono inalterati i rapporti tra le lunghezze; -equivalenti, se riproducono fedelmente i rapporti tra le aree; -isogoniche o equiangole (o conformi), se mantengono inalterati gli angoli retti formati nella realtà dai meridiani e paralleli. 50. Classificazione dei principali tipi di proiezione geografica Le proiezioni sono di due tipi: • Proiezioni VERE sono fondate su principi matematici e sulla proiezione geometrica del reticolato geografico; esse si possono dividere in: Proiezioni azimutali – si basano sull’uso di un piano orizzontale su cui si proietta la superficie del globo – e Proiezioni per sviluppo – si basano sull’adozione di soli ausiliari, il cono e il cilindro, la cui superficie laterale è sviluppabile su un piano -; • Proiezioni CONVENZIONALI sono fondate su principi empirici, cioè su regole indipendenti dalle leggi geometriche o matematiche; si dividono in due categorie: pseudocilindriche – perché si riallacciano per qualche carattere alle proiezioni cilindriche – e pseudoconiche – perché si riallacciano per qualche carattere alle proiezioni coniche-. 51. La classificazione delle carte geografiche: le carte topografiche da “topos” = luogo esse rappresentano con molta precisione piccoli tratti della superficie terrestre di cui si raffigurano rilievo, idrografia, centri abitati, strade, singole costruzioni, vegetazione, ecc. La costruzione delle carte topografiche è un lavoro complesso: occorre stabilire, attraverso la triangolazione, la posizione esatta di un grandissimo numero di punti ben individuabili; appoggiandosi poi ai punti così fissati si procede con il rilevamento del terreno, cioè alla sua misurazione sia in senso planimetrico che altimetrico di tutti gli aspetti che vengono rappresentati graficamente mediante un particolare simbolismo e mediante le scritture. 52. La classificazione delle carte geografiche: le carte corografiche da “chora” = regione Esse servono a rappresentare con molti particolari una regione abbastanza ampia della superficie terrestre sotto il profilo sia fisico sia antropico, indicando le eventuali relazioni di interdipendenza tra i fatti osservati. Nell'ambito dell'ingegneria stradale, la carta corografica rappresenta una delle parti del progetto preliminare per la costruzione di una strada, e in essa è riportato l'andamento planimetrico della strada medesima. 53. La classificazione delle carte geografiche: le carte geografiche propriamente dette Le carte geografiche propriamente dette sono carte generali in cui viene raffigurata una porzione più estesa del globo; con esse si rappresentano i territori statali, i continenti e l'intera Terra; sono 'a piccola scala', minore di 1:1.000.000. Di questa tipologia di carte fanno parte anche i planisferi e i mappamondi. 54. La classificazione delle carte geografiche: i mappamondi le carte geografiche che rappresentano l’intera superficie terrestre nei suoi tratti generali sono i cosiddetti MAPPAMONDI (= carte del mondo), che si distinguono in: •planisferi: se la figura della Terra è contenuta in un solo disegno •planiglobi: se la figura della Terra è rappresentata in due emisferi separati 55. Le carte geografiche rilevate e derivate Le carte geografiche possono essere: • RILEVATE, se costruite e disegnate con misure ed osservazioni eseguite sul terreno come sono le piante, le mappe e le carte topografiche (a grande scala); • DERIVATE, se ricavate dalle precedenti per semplificazione e riduzione come sono molte carte corografiche e carte geografiche propriamente dette (a piccola scala). 56. Le carte normali o generali carte normali o generali: rappresentano le fattezze naturali (coste, fiumi, monti, boschi, ecc.) o le opere umane (edifici, centri abitati, strade, limiti amministrativi, ecc.) esistenti sulla superficie terrestre, insieme (carte fisico-politiche) o separate (carte fisiche, carte politiche). 57. Le carte tematiche carte tematiche: rappresentano su base geografica o topografica temi particolari ubicati, cioè singoli fatti o fenomeni fisici, biologici, umani, economici. Esse hanno assunto una grande importanza, specialmente per gli Atlanti nazionali. 58. La Carta topografica d’Italia: In generale Tra il 1861 e il 1900 l’I.G.M. (Istituto Geografico Militare) ha provveduto ad effettuare i rilevamenti di tutto il territorio nazionale alla scala 1:25.000 e 1:50.000, per un totale di 2000 fogli. Dalle levate di campagna sono stati ricavati 278 fogli alla scala 1:100.000. Solo nel 1921 la Grande Carta Topografica d’Italia è stata completata. L’I.G.M. ha continuato in seguito a fare nuovi rilevamenti e ad aggiornare le carte pubblicate. La Carta topografica d’Italia ha quale meridiano fondamentale quello di Monte Mario situato a 12°27’13” di longitudine est dal meridiano di Greenwich. La proiezione inizialmente usata era quella poliedrica o policentrica: ogni foglio corrispondeva ad una maglia a forma di trapezio isoscele. Successivamente è stata usata la proiezione di Gauss. La Carta topografica d’Italia è costituita da 277 fogli di cui ciascuno è distinto dal numero d’ordine e prende il nome dal centro abitato o dall’oggetto geografico più importante che vi è incluso. Ogni foglio al 100.000 comprende 4 quadranti al 50.000 che si indicano con: il numero del foglio e con un numero romano (da I a IV) a seconda del posto che occupano nel foglio (procedendo in senso orario). A sua volta ogni quadrante è suddiviso in 4 tavolette al 25.000 che sono indicate con: il numero del foglio, il numero romano del quadrante, il punto cardinale che indica la posizione della tavoletta rispetto al quadrante. Il quadro d’unione della Carta topografica consente di trovare rapidamente il numero del foglio della regione che interessa. Dal 1965 l’I.G.M. ha iniziato la produzione di una nuova carta topografica al 50.000 del territorio italiano destinata a sostituire le tavolette al 25.000 (la cui produzione è cessata nel 1977), considerate inadeguate sia per gli usi civili che militari. Per quanto questa carta abbia la stessa scala del quadrante al 50.000, ha poco a che vedere con quest’ultimo: i suoi elementi denominati FOGLI non sono che una suddivisione della Carta dell’Europa Occidentale a scala 1:250.000 che a sua volta deriva dalla carta al milionesimo del mondo. Data la grande ricchezza di particolari topografici rappresentati essa può sostituire con efficacia la tavoletta al 25.000 poiché, anche se a scala intermedia, nel dettaglio è più vicina alla tavoletta al 25.000 che al foglio al 100.000. 59. La Carta topografica d’Italia: la proiezione di Gauss La proiezione di Gauss: una proiezione cilindrica inversa o traversa, in cui l’asse del cilindro avviluppante il globo non corrisponde all’asse terrestre, come nelle altre cilindriche, ma ad un diametro equatoriale della sfera terrestre; le deformazioni di questa proiezione sono opposte a quella di Mercatore (delle latitudini crescenti): sono infatti crescenti le longitudini. La proiezione di Gauss è anche detta proiezione universale trasversa di Mercatore. Per l’Italia la proiezione di Gauss fu studiata e calcolata dal Boaga e perciò conosciuta col nome di Proiezione di Gauss-Boaga. Il Boaga ha diviso il territorio nazionale il due fusi di 6° di ampiezza ciascuno: •il fuso ovest che ha come meridiano centrale il 9° Est da Greenwich •il fuso est che ha come meridiano centrale il 15° Est da Greenwich. NB: poiché tra un fuso e l’altro vi è soluzione di continuità, per consentire il collegamento tra punti che si trovano nei due diversi fusi, il fuso ovest è stato prolungato di 30’ (fino al Meridiano di Monte Mario). Si è così creata una zona di sovrapposizione di circa 40 km per la quale esiste una doppia cartografia: una nel fuso ovest e l’altra nel fuso est (le carte topografiche di questa zona sono stampate sulle due facce del foglio). Allo scopo di comprendere la Penisola Salentina, anche il fuso est è stato prolungato di 30’ e pertanto esso arriva fino a 18°30’ Est da Gw. La proiezione di Gauss-Boaga è stata introdotta nella Cartografia ufficiale italiana anche al fine di uniformare quest’ultima al sistema cartografico internazionale U.T.M. 60. I simboli cartografici planimetrici Si possono suddividere in 5 gruppi: 1- Segni convenzionali relativi all’IDROGRAFIA (coste, laghi, lagune, stagni, saline, fiumi, torrenti, canali, letti asciutti, acquedotti, impianti idroelettrici, ecc.) 2- Segni convenzionali relativi alle VIE DI COMUNICAZIONE (strade rotabili, mulattiere, ferrovie, tranvie, teleferiche, ecc.) che comprendono anche i simboli dei passaggi dei corsi d’acqua o le accidentalità del terreno (ponti di qualsiasi tipo, viadotti, guadi, ecc.) 3- Segni convenzionali riguardanti i FABBRICATI e le opere stabili in genere (case, chiese, cimiteri, fontane, mulini, opifici, ecc.) 4- Segni convenzionali per i TIPI DI VEGETAZIONE (boschi di vario tipo, macchie, campi, piantagioni, prati, risaie, giardini, vigneti, oliveti, ecc.) 5- Segni convenzionali che rappresentano i CONFINI POLITICI, AMMINISTRATIVI, DI PROPRIETA’ (muri, recinti, limiti di colture e di boschi, confini di Stato, di provincia, di comune, ecc.) 61. I simboli cartografici: l’altimetria La rappresentazione del rilievo sulle carte è cominciata in maniera sistematica solo nell’800, data la difficoltà a misurare e rappresentare i dislivelli. Ancora nel XVII secolo le montagne si indicavano con disegni di gobbe allineate, definite tecnicamente MUCCHI DI TALPA, che non davano neppure l’idea della loro effettiva distribuzione. Nel secolo seguente fu usato il cosiddetto RILIEVO A BRUCO O MILLEPIEDI: perché le catene montuose venivano indicate da due serie opposte e parallele di trattini a spina di pesce in modo da lasciare una striscia bianca centrale (rappresentante la linea di cresta, cioè l’asse della catena). Con tale tipo di rappresentazione si poteva dare solo un’idea della direzione delle catene montuose. Ancora oggi si usa, in particolare negli atlanti scolastici, un sistema simile: IL TRATTO FORTE, in cui le catene montuose sono indicate con grosse linee ed alcune quote significative. Un primo importante perfezionamento venne introdotto a fine ‘700 con l’introduzione (da parte del maggiore Lehman) del sistema del TRATTEGGIO, cioè una serie di piccoli tratti allineati secondo le linee di massima inclinazione e tanto più fitti quanto è più ripida la pendenza; con tale sistema si ha un’impressione di ombre, prodotte dal rilievo, che si può immaginare o illuminato dall’alto (lumeggiamento zenitale) oppure da un lato (lumeggiamento obliquo). In quest’ultimo caso si suppone che la sorgente luminosa si trovi a nord-ovest e che le zone in ombra siano quelle localizzate a sud-est. La difficoltà di questo metodo è quella di graduare la direzione, la lunghezza e la forza del tratteggio. Si trova talvolta un lumeggiamento misto come nella Carta d’Italia al scrittura Rongorongo, il culto dell'uomo uccello, le cerimonie funebri, i ritrovamenti del muro preincaico e non solo, presentano elementi in comune con la civiltà egizia, celtica, araba e mediorientale. Altrettanto interessanti sono i petroglifici, immagini scolpite sulla roccia, rappresentanti l'uovo della fertilità e l'uomo uccello. Il Tapati, la gara che si svolge ogni anno nell'isola, ricalca gli antichi culti pasquensi che risalirebbero ad epoche anteriori al 1500 d.c. 66. Le carte mentali e cognitive Le tecniche di espressione sono le più usate in geografia umana. Esse possono riguardare manifestazioni sceniche, pittoriche, musicali, ma ciò che ci interessa è la possibilità di usare queste tecniche attraverso il disegno cartografico. I luoghi da rappresentare secondo quanto viene in mente al soggetto possono essere definiti da conoscenze empiriche («il vicino»), oppure da conoscenze concettuali (il «lontano»). Per ottenere una carta topografica o geografica spontanea, si chiede al soggetto di disegnare a memoria, con o senza punti di riferimento sul foglio, la carta di un'area, che può essere conosciuta direttamente o solo concettualmente. Il risultato è la carta cognitiva, solitamente nota come mappa mentale (traduzione istintiva dell'inglese mental-map). La mappa o carta cognitiva è più specificamente la fase grafica (proiettiva) del processo mentale; nella sua trasposizione esteriore, si opera un processo di strutturazione delle moltissime informazioni che la percezione ha impresso nella mente. Si tratta dell'esempio più diffuso di tecniche proiettive usate in geografia. I due termini (mappa mentale, carta cognitiva) sono usati quasi come sinonimi. La carta cognitiva è la rappresentazione grafica della mappa mentale (l'immagine dello spazio): con essa il soggetto decodifica gli schemi mentali formatisi attraverso un processo cognitivo, iniziato dagli impulsi e dalle informazioni provenienti dall'esterno. Gli spazi e i luoghi di cui si vuole verificare la rappresentazione possono variare di dimensione, dal quartiere e dallo spazio vissuto che vi è connesso, così come è visto e percepito ogni giorno, all'immagine concettuale del mondo, secondo informazioni ricevute. Un altro tipo di carta cognitiva è quella ricostruita da una serie di informazioni e indicazioni. Ad esempio, la carta delle preferenze abitative risulta come un cartogramma a mosaico in cui a ciascuna regione si attribuisce un'intensità proporzionale al numero di preferenze. L'impiego di tecniche proiettive è utile sia nella didattica che nella ricerca, perché esse permettono di avvicinarsi al mondo come è visto dagli altri. La complessità degli schemi mentali deve quindi indurre ad una certa cautela nel trarre conclusioni dai risultati di queste tecniche. Il suo impiego, così come quello di altre tecniche, si è rivelato utile a fini di diagnosi e cura di turbe psichiche; ad esempio, è possibile correlare il disegno cartografico spontaneo e l'alienazione spaziale. Quello delle carte cognitive è un metodo importante a vari fini. Nel campo delle ricerche sullo spazio sociale, la carta è uno strumento con grandi possibilità di miglioramento degli interventi di assetto territoriale, non solo perché con essa gli operatori capiranno di più, ma perché essa renderà esplicita e quindi cosciente la partecipazione degli abitanti all'uso del proprio spazio. 67. Immagini schematiche dell'urbanizzazione europea attraverso i secoli La storica configurazione a X dell'urbanizzazione europea evolve dalla sua originaria concentrazione mediterranea al suo pieno sviluppo medievale, fino al rafforzamento del cuore continentale centrale a scapito delle estremità, in età moderna e contemporanea. DISEGNARE MAPPE 68. Le mappe di comunità: spiegare il concetto e far qualche esempio L'idea delle Parish Maps nasce in Inghilterra quale frutto della felice intuizione di Common Ground, un'associazione che, prima tra tutte, scelse di dedicare le proprie energie alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio locale attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità locali. L'aggettivazione "Parish", scelta da Common Ground per accompagnare Map, evidenzia chiaramente come l'obiettivo principale non sia quello di dare attenzione a un luogo definito da rigidi confini amministrativi - siano questi comunali o legati ad antiche proprietà ecclesiastiche - ma piuttosto come venga privilegiata quella che viene definita "la più piccola arena in cui la vita è vissuta". A diventare luogo deputato di precise attenzioni è allora solo quel territorio che ha un significato particolare proprio per noi, quello di cui abbiamo personale conoscenza, nei riguardi del quale ci sentiamo fedeli, protettivi e attenti, quello di cui abbiamo misura e che, in qualche modo, esercita su di noi la capacità di modellarci. Un esempio di mappa di comunità: La mappa elettronica interattiva della Vallesanta realizzata dal Servizio Cred della Comunità Montana del Casentino con il contributo del Parco Nazionale delle Foreste Casenetinesi e dell'Associazione Ecomuseo della Vallesanta. 69. Cartografia immaginaria. Si può cartografare l’immaginario? Da sempre la letteratura ha squadernato mappe di nuovi mondi, paesaggi immaginari o reali anche se mai visti, srotolato davanti a noi tappeti su cui erano intessute le vie del mondo. La risposta parrebbe semplice. Certo che si può fare: ne danno prova antiche carte e pergamene, mosaici e affreschi, portolani allegati a racconti fantastici e d’avventura. Ma in questa rubrica cercheremo di dare evidenza cartografica a luoghi non del tutto immaginari né del tutto reali. Si tratta di luoghi segnati da traumi, in cui la perdita dei riferimenti geografici, dell’appartenenza a una terra, a una città, a una lingua spinge a tracciare nuove mappe. Sono mappe dinamiche, difficili da rappresentare con gli strumenti tradizionali del geografo e del cartografo. Spesso si tratta infatti di territori solo utopici (mai esistiti o proiettati in un futuro irraggiungibile), molto più spesso sono eterotopici: il che significa che un toponimo, addirittura il suo suono, apre porte impensate su altri spazi, altri luoghi. Un toponimo come Bukowina, in tedesco Buchenland, la terra d’origine di Paul Celan, oggi spartita tra Ucraina e Romania, ma già austroungarica ad alta densità di popolazione ebraica, richiama in un fiato una terra disintegrata, l’onomastica botanica (Buk, Buche è il faggio), la topografia del terrore e della distruzione (Buchenwald, il bosco di faggi che sorge sulla collina di fronte a Weimar, capitale dell’”umanità” tedesca). Nelle parole di Laura Canali «L’impatto visivo di un grafico o di una carta può essere molto potente nell’immaginario di chi lo osserva. Anche la scelta di un colore piuttosto che di un altro ha il suo peso. L’immagine ha un suo equilibrio e chi lo crea decide il suo destino. Ma l’immagine da sola non deve bastare. Dovrebbe essere usata per comprendere meglio il testo al quale si riferisce e per aiutarci a chiarire e a visualizzare i concetti descritti con le lettere». 70. Cosa sono le città primate e perché sono così importanti nei Paesi in via di sviluppo? Le città primate sono delle città le cui dimensioni sono molto più del doppio di quelle della città al secondo posto nella graduatoria. Le città capitali di molti Paesi in via di sviluppo detengono questo tipo di primato indiscutibile. In parte si tratta di un retaggio del loro passato coloniale, quando lo sviluppo economico, l'amministrazione della colonia, così come i trasporti e le attività commerciali, erano concentrati in un unico punto: valgano come caso tipico il Kenya (dove Nairobi è la città primate) e svariati altri Paesi africani. In altre situazioni, per esempio in Egitto (il Cairo) e in Messico (Città del Messico), lo sviluppo e la crescita demografica si sono tendenzialmente concentrati in misura sproporzionata in una città capitale, le cui dimensioni stimolano ulteriormente i processi di sviluppo ed espansione. 71. Che cosa si intende con il termine cultura? (come si trasmette una cultura, incidenza sull’individuo dell’acquisizione di aspetti culturali) Con cultura si intende il complesso di modelli comportamentali, conoscenze, adattamenti e sistemi sociali peculiari, nel quale si sintetizza il modo di vivere acquisito da un gruppo di individui. All’interno di una società la cultura si trasmette alle generazioni successive tramite imitazione ed istruzione ad esempio. La cultura viene appresa, non è biologica. La cultura è una rete di comportamenti e modi di pensare che si modificano nel tempo. La cultura è un processo: essa si trasforma costantemente attraverso l’interazione con culture differenti, l’acquisizione di nuovi gusti, idee e norme comportamentali, la dismissione di vecchi. L’età,il sesso, lo status sociale e l’occupazione possono determinare i vari aspetti del complesso culturale nel quale un individuo viene educato tanto quanto l’epoca storica in cui avviene tale apprendimento. Ogni singola cultura è sfaccettata in varie subculture, che rimandano a una struttura sociale che presenta un quadro di differenti ruoli e di complesse interrelazioni tra i diversi individui. Ciascuno dunque apprende le regole e le convenzioni non soltanto della cultura generalmente intesa, ma anche della sottocultura specifica a cui appartiene. 72. In che modo le isoglosse e la geografia linguistica contribuiscono alla studio della geografia umana? Grazie alle isoglosse e alla geografia linguistica è stato possibile possibile in primo luogo correlare i confini dialettali a quelli geografici, politici, culturali e storici e identificare i centri diffusori di innovazioni linguistiche con quelli dotati di maggior prestigio sociale in quanto sedi del potere politico, amministrativo, religioso o di influenti e prestigiose istituzioni culturali. In seconda istanza si arrivò a individuare le correnti di innovazione storico-culturale da essi generate in epoche diverse e a esaminare le dinamiche messe in atto per affermarsi in una determinata area. 73. Le differenze tra determinismo ambientale e possibilismo. DETERMINISMO AMBIENTALE: teoria del XIX sec. secondo cui l’ambiente fisico da solo plasma gli esseri umani, le loro azioni e il loro pensiero. POSSIBILISMO GEOGRAFICO: teoria nata a cavallo tra il XIX-XX sec secondo cui sono gli individui e non gli ambienti in sé a rappresentare le forze dinamiche dello sviluppo culturale. La natura non esprime solo dei vincoli, ma offre varie possibilità di occupazione del territorio e di utilizzazione delle risorse fisiche. I bisogni, le tradizioni e il livello di tecnologia di una comunità influenzano il modo in cui essa agisce sull’ambiente, cogliendone le varie potenzialità. tropici;inoltre nel corso degli anni ‘90 milioni di ettari di foreste tropicali e terreni furono convertiti a uso agricolo o deforestati per fare fare posto al pascolo del bestiame bovino; questi utilizzi hanno notevoli implicazioni non solo ecologiche ma anche economiche , in quanto tagliare le foreste senza ripiantare, trasforma una risorsa rinnovabile in non rinnovabile. - MINIERE e CAVE fanno parte delle attività estrattive, che prelevano dalla crosta terrestre minerali metallici e non metallici non rinnovabili (inclusi i combustibili minerali), materie prime essenziali per le moderne economie industriali. 83. Cosa si intende per interazione spaziale? (le tre condizioni che governano tutte le forme di interazione spaziale) L’interazione spaziale indica il movimento di popoli, idee e prodotti all’interno delle aree geografiche e fra di esse. Tali movimenti e scambi sono finalizzati a raggiungere un’efficace integrazione fra diversi punti di attività umana. Le condizioni che governano l’interazione spaziale sono: - la COMPLEMENTARIETA’: perché due luoghi interagiscano è necessario che l’uno abbia ciò che l’altro desidera ed è in grado di ottenere; -la TRASFERIBILITA’: l’interazione spaziale si verifica solo quando i costi di uno scambio risultano accettabili; - l’OPPORTUNITA’ INTERPOSTA: serve a ridurre le interazioni fra offerta e domanda che altrimenti potrebbero svilupparsi tra aree complementari distanti; per motivi di costo e convenienza è improbabile che un acquirente acquisti beni a distanza, se ha a disposizione un’offerta vicina più conveniente; quando ciò si verifica, l’opportunità interposta indica la complementarietà a più breve distanza. 84. Che cosa si intende per agricoltura commerciale? L’agricoltura commerciale è l’agricoltura tipica delle economie avanzate: specializzata, ad alto investimento di capitali e quasi industriale, concepita per destinare i prodotti lontano dai luoghi di produzione; con essa si intende quel tipo di agricoltura che mira a massimizzare i profitti, non ad assicurare il minimo vitale alimentare. I contadini poveri, incapaci di permettersi l'investimento di capitale richiesto dalla "rivoluzione verde", sono stati soppiantati dalla monocoltura di mercato, spesso orientata verso coltivazioni agroindustriali, concepite per l'esportazione piuttosto che per la produzione alimentare a uso del mercato interno. L'agricoltura commerciale, o altrimenti chiamata agroalimentare, è un metodo di coltivazione in cui vengono coltivate le colture e allevati con l'obiettivo di vendere i prodotti sul mercato, in modo da guadagnare denaro. In questo tipo di agricoltura, viene investita un'enorme quantità di capitale e le colture vengono coltivate su larga scala in enormi fattorie, con l'uso di moderne tecnologie, macchine, metodi di irrigazione e fertilizzanti chimici. La caratteristica fondamentale dell'agricoltura commerciale è che alte dosi di input moderni sono utilizzate per una maggiore produttività, come semi di varietà ad alto rendimento, fertilizzanti, insetticidi, pesticidi, weedicidi, ecc.. 85. Quali sono le ragioni che spingono alla migrazione? Esistono dei fattori di spinta (push factors) alla migrazione, fra essi si possono annoverare la disoccupazione, la mancanza di opportunità professionali, il sovraffollamento o lo sgombro dei quartieri degradati, oltre alla povertà, alla guerra e alla fame. Le presumibili condizioni positive del luogo di destinazione prendono il nome di fattori di attrazione (pull factors). Di essi fanno parte tutte le caratteristiche di attrazione che si presume esistano nelle nuove ubicazioni: sicurezza e cibo, opportunità di lavoro, clima migliore, tasse meno gravose, più spazio e così via, perlopiù in risposta a valutazioni, individuali e di gruppo, di prospettive economiche migliori; ma sovente tali migrazioni sono una forma di fuga da condizioni ambientali, militari, economiche o politiche difficili o pericolose. Fondamentalmente, le migrazioni hanno luogo perché i migranti ritengono che le loro opportunità e condizioni di vita saranno migliori nella loro meta rispetto a quanto lo siano nella loro ubicazione di partenza. 86. Come si classificano le attività economiche Le attività economiche si classificano in: - ATTIVITA’ PRIMARIE: quelle attività che raccolgono o estraggono qualcosa dalla terra o dal mare; si collocano all'inizio del ciclo produttivo, nel quale gli esseri umani sono in più stretto contatto con le risorse e le potenzialità dell'ambiente; tali attività (come la caccia e la raccolta, la pastorizia, l'agricoltura, la pesca, la selvicoltura, l'estrazione mineraria e le cave) implicano la produzione di generi alimentari di base e di materie prime; -ATTIVITA’ SECONDARIE: quelle che aggiungono valore ai materiali, modificandone la forma o combinandoli, per creare prodotti più utili e, dunque, di maggior valore; il modo di conferire ai materiali tale utilità di forma può variare dalla semplice produzione di manufatti in ceramica o legno al raffinato assemblaggio di articoli elettronici o di veicoli spaziali (ad es. la fusione del rame, la fabbricazione dell'acciaio, la siderurgia, la produzione di automobili, le industrie tessili e chimiche- in pratica l'intera gamma delle industrie manifatturiere e di trasformazione, la produzione di energia e l'industria edilizia); - ATTIVITA’ TERZIARIE: consistono in quelle occupazioni e specializzazioni lavorative che forniscono servizi ai settori primario e secondario, beni e servizi alla comunità in genere e all'individuo (ad es. servizi finanziari, commerciali, professionali, amministrativi e personali); costituiscono il vitale collegamento tra produttore e consumatore, perché le occupazioni del terziario includono primariamente le attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio, comprese le vendite via Internet, indispensabili in società a forte interdipendenza; i servizi del terziario, inoltre, forniscono ai produttori un'informazione essenziale: l'entità della domanda di mercato, senza conoscere la quale sono impossibili decisioni produttive economicamente giustificabili. - ATTIVITA’ QUATERNARIE: una quarta classe di attività economiche, interamente composta dai servizi resi da "colletti bianchi", professionisti impegnati nel campo dell'istruzione, del governo, della gestione, dei processi informativi e della ricerca. A volte si distingue una suddivisione di queste funzioni direttive - le ATTIVITA’ QUINARIE - per evidenziare il ruolo dei centri decisionali ad alto livello, in tutti i tipi di organizzazioni su larga scala, pubbliche e private. 87. Cos’è un bacino migratorio? Definizione e riflessione su un flusso migratorio storico Le coppie di luoghi di origine e destinazione, una volta stabilite, tendono a riproporsi. Le aree che dominano i modelli di immigrazione ed emigrazione di un luogo costituiscono i BACINI MIGRATORI del luogo in questione. I flussi migratori possono essere analizzati su diverse scale , dai massicci flussi torrenziali intercontinentali alle decisioni alle decisioni individuali di trasferirsi in una nuova casa nella stessa città. Le migrazioni intracontinentali e interregionali, ad esempio, comportano movimenti tra Paesi e all'interno degli stessi, perlopiù in risposta a valutazioni, individuali e di gruppo, di prospettive economiche migliori; ma sovente tali migrazioni sono una forma di fuga da condizioni ambientali, militari, economiche o politiche difficili o pericolose. Un esempio di flusso migratorio può essere quello che avvenne nel XX secolo: la seconda guerra mondiale (1939-1945) e l'immediato dopoguerra causarono oltre 25 milioni di trasferimenti permanenti di popolazione, tutti a livello internazionale, ma non intercontinentale. 88. Tipologia di movimenti migratori e cause di tali movimenti. Una tipologia di flusso migratorio è quello della MIGRAZIONE FORZATA: in questo caso a prendere la decisione del trasferimento sono esclusivamente individui diversi dai migranti stessi. Un esempio di questo tipo di movimento migratorio è quello che avvenne dalla fine del XVI secolo all'inizio del XIX, in cui gli africani che vennero trasferiti con la forza come schiavi nell'emisfero occidentale furono probabilmente da 10 a 12 milioni. La metà o più furono destinati nei Caraibi e la maggior parte dei rimanenti nell'America centrale o meridionale, mentre quasi un milione raggiunse gli Stati Uniti. RILOCALIZZAZIONE INDOTTA: è una migrazione non completamente volontaria, come ad esempio quella indotta da un’energica campagna del governo a favore del trasferimento di parte della popolazione di Giava, densamente abitata, verso altri territori del paese meno popolosi. MIGRAZIONE VOLONTARIA: rappresenta la grande maggioranza dei movimenti migratori; fondamentalmente, le migrazioni hanno luogo perché i migranti ritengono che le loro opportunità e condizioni di vita saranno migliori nella loro meta rispetto a quanto lo siano nella loro ubicazione di partenza. La povertà rappresenta il maggiore incentivo. Nei paesi in via di sviluppo la povertà colpisce maggiormente le campagne: dai 20 a 30 milioni degli abitanti delle campagne si trasferisce ogni anno nei paesi e nelle città, molti come "profughi ambientali" che abbandonano la terra talmente erosa o depauperata da non poter più essere loro di sostentamento. Nelle città, essi raggiungono il 40% o più della forza lavoro che è disoccupata o sottoccupata nel proprio paese di origine e che cerca un accesso legale o illegale alle più promettenti economie del mondo sviluppato. Tutti gli individui, di campagna o di città, reagiscono alle stesse forze basilari - la spinta della povertà e la capacità di attrazione dell'opportunità percepita o sperata. 89. Spiegare il modello agricolo di von Thünen -capitolo 7 p.189 Agli inizi del XIX secolo Johann Heinrich von Thünen (1783-1850) osservò che suoli dotati in apparenza delle medesime caratteristiche fisiche venivano impiegati per scopi agricoli diversi. Egli notò che attorno a ciascuna delle più importanti città in cui si concentrava il mercato dei prodotti agricoli del territorio circostante - il suo campo d'osservazione era il Meclemburgo, nel Nord-Est della Germania - si sviluppava una serie concentrica di anelli di terreno, ciascuno usato per produrre derrate agricole differenti. L'anello più vicino al mercato si specializzava in prodotti deperibili, costosi da trasportare e molto richiesti. Per i prezzi elevati che riusciva ad aggiudicarsi sul mercato cittadino, tale produzione era la scelta più conveniente per il terreno adiacente alla città, terreno a elevato valore. Gli anelli di suolo coltivabile più lontani dal centro urbano erano impiegati per derrate meno deperibili, con costi di trasporto più contenuti, domanda meno continua e prezzi unitari di mercato inferiori. Colture cerealicole, o comunque non così altamente specializzate, si succedevano quindi all'orticoltura dell'anello più interno. Ai margini esterni dell'agricoltura più redditizia, ancora più lontano dal mercato centrale (supposto come unico; onde il modello è chiamato anche dello "Stato isolato"), si trovavano i pascoli per il bestiame e analoghi usi estensivi del suolo. Von Thünen giunse alla conclusione che le differenze riflettevano il costo necessario per superare la distanza che separava una data fattoria da una città centro di mercato (egli così si esprime: "Una parte di ciascun raccolto è mangiata dalle ruote"). Maggiore era la distanza, più elevato era il costo operativo per il contadino, giacché alle altre spese bisognava aggiungere quelle di trasporto. Il rapporto tra rendita della terra e distanza dal mercato si può facilmente calcolare facendo riferimento alla distanza di trasporto di ogni coltura implicata. Prodotti deperibili, quali frutta e ortaggi, presentano alti costi di trasporto per unità di distanza, mentre altre merci, come i cereali hanno costi inferiori. 100. Le radici e il significato della cultura Per uno studioso di scienze sociali la cultura rappresenta il complesso di modelli comportamentali, conoscenze, adattamenti e sistemi sociali peculiari, nel quale si sintetizza il modo di vivere acquisito da un gruppo di individui. Le prove visibili e invisibili della cultura – i modelli di costruzione e di coltivazione, la lingua, l'organizzazione politica – rientrano tutte nella diversità spaziale studiata dagli esperti di geografia. Al tempo dei primi uomini però, l’ambiente fisico era più condizionante per la vita dell’uomo rispetto ad oggi. Circa 11000 anni fa, quando i massicci ghiacciai cominciarono a ritirarsi, gli animali, le piante e le popolazioni cominciarono a diffondersi, colonizzando i territori resi ora accessibili. Gli uomini avevano tutti culture di cacciatori-raccoglitori e organizzazioni sociali di tipo adattivo. Con le migrazioni, le differenze tra la flora, la fauna e le condizioni ambientali tipiche di regioni diverse accelerarono la differenziazione culturale. 101. Le componenti della cultura La cultura viene appresa, non è biologica. La cultura è una rete di comportamenti e modi di pensare che si modificano nel tempo. La cultura è un processo, non un corpus inalterabile di tratti culturali; essa si trasforma costantemente attraverso l’interazione con culture differenti, l’acquisizione di nuovi gusti, idee e norme comportamentali, la dismissione di vecchi. La cultura è composta da TRATTI CULTURALI, con cui si intendono i più piccoli elementi distintivi di una cultura. Sono considerati unità di comportamento acquisito, come la lingua, gli utensili, le tecniche , le credenze o i modi di pensare. I tratti sono l’espressione più elementare della cultura. Lo stesso tratto può ricorrere in più di una cultura. La STRUTTURA CULTURALE è formata da singoli tratti culturali correlati dal punto di vista funzionale. All’interno di una società si possono individuare strutture di tipo religioso, economico, sportivo, ecc. I tratti e le strutture culturali possono essere proprietà condivisa di individui che presentano per altri aspetti tratti distinti, ma associati dal punto di vista spaziale. Quando esistono sufficienti comunanze è possibile individuare un SISTEMA CULTURALE come realtà spaziale più ampia e generalizzata. Le società multiculturali, per quanto ulteriormente suddivise dalle differenze linguistiche, dalle varie preferenze alimentari e da molteplici altre differenziazioni interne, potrebbero però condividere un numero di caratteristiche comuni sufficiente a renderle entità culturali riconoscibilmente distintive ai loro occhi e a quelli degli altri. Senza dubbio, i cittadini del melting pot statunitense si identificano come americani, costituendo tutti insieme un unico sistema culturale sulla scena mondiale. Tratti, strutture e sistemi culturali hanno una propria estensione spaziale. In ambito geografico, soprattutto a partire dalla teoria possibilista, si fa riferimento alla REGIONE CULTURALE, come a una porzione della superficie terrestre caratterizzata da alcuni elementi culturali distintivi. Inoltre regioni culturali che presentano strutture e paesaggi culturali correlati possono essere raggruppate per formare un complesso culturale regionale: un ampio segmento di superficie terrestre che mostra una presunta unità di base nelle sue caratteristiche culturali e che, in virtù di queste, si differenzia dai territori adiacenti. 102. I tratti culturali Per TRATTI CULTURALI si intendono i più piccoli elementi distintivi di una cultura, sono considerati unità di comportamento acquisito, come la lingua, gli utensili, le tecniche , le credenze o i modi di pensare. I tratti sono l’espressione più elementare della cultura. Lo stesso tratto può ricorrere in più di una cultura. La STRUTTURA CULTURALE è formata da singoli tratti culturali correlati dal punto di vista funzionale. All’interno di una società si possono individuare strutture di tipo religioso, economico, sportivo, ecc. 103. Il sistema culturale I tratti e le strutture culturali possono essere proprietà condivisa di individui che presentano per altri aspetti tratti distinti, ma associati dal punto di vista spaziale. Quando esistono sufficienti comunanze è possibile individuare un SISTEMA CULTURALE come realtà spaziale più ampia e generalizzata. Le società multiculturali, per quanto ulteriormente suddivise dalle differenze linguistiche, dalle varie preferenze alimentari e da molteplici altre differenziazioni interne, potrebbero però condividere un numero di caratteristiche comuni sufficiente a renderle entità culturali riconoscibilmente distintive ai loro occhi e a quelli degli altri. Senza dubbio, i cittadini del melting pot statunitense si identificano come americani, costituendo tutti insieme un unico sistema culturale sulla scena mondiale. 104. La regione culturale Tratti, strutture e sistemi culturali hanno una propria estensione spaziale. In ambito geografico, soprattutto a partire dalla teoria possibilista, si fa riferimento alla regione culturale, come a una porzione della superficie terrestre caratterizzata da alcuni elementi culturali distintivi. Inoltre regioni culturali che presentano strutture e paesaggi culturali correlati possono essere raggruppate per formare un complesso culturale regionale: un ampio segmento di superficie terrestre che mostra una presunta unità di base nelle sue caratteristiche culturali e che, in virtù di queste, si differenzia dai territori adiacenti. 105. Il determinismo ambientale DETERMINISMO AMBIENTALE: teoria del XIX sec. secondo cui l’ambiente fisico da solo plasma gli esseri umani, le loro azioni e il loro pensiero. E’ una teoria che è stata da tempo respinta dai geografi in quanto limitata: i soli fattori ambientali non possono giustificare le varianti culturali che si producono nel mondo. I livelli di tecnologia, i differenti, sistemi organizzativi e i valori culturali ed etici propri delle singole società non hanno relazioni scontate con le circostanze ambientali. 106. Il possibilismo geografico POSSIBILISMO GEOGRAFICO: teoria nata a cavallo tra il XIX-XX sec secondo cui sono gli individui e non gli ambienti in sé a rappresentare le forze dinamiche dello sviluppo culturale. La natura non esprime solo dei vincoli, ma offre varie possibilità di occupazione del territorio e di utilizzazione delle risorse fisiche. I bisogni, le tradizioni e il livello di tecnologia di una comunità influenzano il modo in cui essa agisce sull’ambiente, cogliendone le varie potenzialità. L'ambiente pone determinati limiti all'utilizzo del territorio da parte dell'uomo, ma questi limiti non devono essere considerati assoluti, bensì legati alle tecnologie disponibili, alle considerazioni sui costi necessari per modificare l'ambiente, alle differenti aspirazioni nazionali e ai legami con il resto del mondo: non si tratta dunque di circostanze insite nel territorio. 107. Il focolaio culturale In origine, le rivoluzioni sociali e tecnologiche che cominciarono nel periodo neolitico e lo caratterizzarono erano circoscritte. Le nuove tecnologie, i nuovi modi di vivere e le nuove strutture sociali si diffusero dalle culle di origine e furono adottate in modo selettivo anche da individui che non avevano preso parte alla loro creazione. Il termine focolaio culturale viene utilizzato per descrivere tali centri di innovazione e di invenzione, dai quali importanti tratti ed elementi culturali si spostarono per esercitare la loro influenza sulle regioni circostanti, facendosi portatori di particolari paesaggi culturali. Fra i molti e importanti focolai culturali del neolitico possiamo ricordare l’Egitto e la Mesopotamia. 108. La struttura del sistema culturale Il sistema culturale si divide in: - SOTTOSISTEMA IDEOLOGICO (prodotti mentali): composto da idee, credenze e conoscenze di una cultura e dalle modalità secondo le quali esse trovano espressione in discorsi o in altre forme di comunicazione (le mitologie,teologie la letteratura,la lingua, la saggezza popolare); le credenze formano la base del processo di socializzazione; - SOTTOSISTEMA TECNOLOGICO (prodotti materiali): è composto dagli oggetti materiali (e le tecniche di utilizzo) grazie a cui gli individui sono in grado di vivere (gli utensili e gli strumenti che consentono di nutrirsi, vestirsi, ripararsi, difendersi, muoversi, svagarsi); - SOTTOSISTEMA SOCIOLOGICO (prodotti sociali): è la somma dei modelli attesi e accettati di relazioni interpersonali, che sfociano nelle associazioni economiche, politiche, militari, religiose, di parentela, ecc; tali prodotti sociali definiscono l’organizzazione sociale di una cultura. 109. Il sottosistema ideologico (mentale) della struttura del sistema culturale VEDI SOPRA 110. Il sottosistema tecnologico della struttura del sistema culturale VEDI SOPRA 111. Il sottosistema sociologico della struttura del sistema culturale VEDI SOPRA 112. Immagini schematiche dell'urbanizzazione europea attraverso i secoli IMMAGINI -slide 17 diapositiva 8 113. Alle origini della stanzialità umana Nel corso del Neolitico, una vera e propria Rivoluzione Agricola, basata sulla coltivazione della terra e sull’allevamento del bestiame, conduce l’uomo verso una vita sempre più stabile. Le mandrie non devono più essere inseguite continuamente nei suoi spostamenti perché ora l’uomo sa come allevarle e ha bisogno solo di zone da adibire a pascolo: l’uomo si stabilizza in luoghi confortevoli per dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento. L’accampamento nomade si trasforma in una stanziamento stabile: per la sua costruzione vale la pena investire più tempo e maggiori risorse. 114. Il modello agrario dei campi aperti: l’openfield L'openfield è un sistema di organizzazione dello spazio agrario a campi aperti. Esso caratterizzò vaste regioni dell'Europa centro-occidentale (ad esempio isole Britanniche, Francia settentrionale, valle del Reno in Germania, arrivando fino alla Polonia e alla Russia) e si associò a forme di proprietà collettiva della terra e di insediamento accentrato in villaggi. I campi erano ottenuti abbattendo le foreste di latifoglie e venivano coltivati col sistema della rotazione triennale (colture cerealicole e maggese) sulla base delle scelte produttive operate dagli anziani del villaggio. Nei campi a riposo si faceva pascolare il bestiame ovino. Non esistevano case sparse e l'agricoltura era di tipo estensivo. regioni agricole, delle aree montuose e degli oceani. Pur essendo sotto molti aspetti più importante del sito per comprendere le funzioni e il potenziale di crescita delle città, la situazione è un elemento che caratterizza in modo più esclusivo ciascun insediamento e non si presta a facili generalizzazioni. 126. Perché sono nate le città e a quale epoca risale la loro nascita. Le città sono uno dei più antichi segni della civiltà. Risalenti a 6000 anni fa o più, ebbero origine (o si diffusero) a partire dai focolai culturali da cui si svilupparono le prime forme di agricoltura stanziale. Esse rappresentano altresì una delle esperienze più nuove per una percentuale crescente della popolazione mondiale. 127. Le funzioni delle città. In generale Per funzione delle città si intende l’effettivo ruolo da esse svolto all’interno della società e del sistema economico in cui sono inserite. Ogni città svolge determinate funzioni - ha una base economica - da cui ricava il reddito necessario per sostentare se stessa e i suoi abitanti. Inoltre nessuna città esiste "nel vuoto", bensì appartiene a una società e a un sistema economico più ampi, con i quali ha legami reciproci essenziali; in altri termini, ogni città costituisce un'unità all'interno di un sistema di città e un centro d'attrazione per un'area non urbana circostante. In terzo luogo, ogni unità urbana presenta una disposizione interna per quanto concerne usi del territorio, gruppi sociali e funzioni economiche. Qualunque sia la loro dimensione, età o ubicazione, gli insediamenti urbani esistono al fine di svolgere in modo efficiente le funzioni richieste dalla società che li ha creati. Essi riflettono il risparmio di tempo, energia e denaro implicito nel processo di agglomerazione degli individui e delle attività. 128. Le funzioni delle città. Le città mondiali Nella gerarchia urbana, ai vertice dei sistemi nazionali di città, vi è un numero relativamente esiguo di agglomerazioni che possono essere denominate città MONDIALI. Questi grandi centri urbani sono punti di controllo delle attività internazionali di produzione, marketing e finanza. Nel loro complesso, esse sono state denominate i "centri di controllo e comando" dell'economia globale. Londra, New York e Tokyo sono state universalmente riconosciute come le tre città mondiali dominanti. Esse ospitano il maggior numero di servizi transnazionali e di filiali appartenenti a società multinazionali, dominando il commercio nelle rispettive aree geografiche. Ciascuna è legata direttamente a parecchie altre città mondiali di livello primario e secondario, tutte unite in complesse reti che controllano l'organizzazione e la gestione del sistema di finanza globale. 129. Le funzioni delle città: la classificazione funzionale Secondo una semplice classificazione funzionale in tre categorie, gli insediamenti urbani vengono distinti in CENTRI DI TRASPORTO, città con FUNZIONI SPECIALI e LOCALITA’ CENTRALI. Ogni categoria prevede il proprio caratteristico tipo di disposizione spaziale; insieme, esse contribuiscono a spiegare lo schema di distribuzione, nonché le gerarchie dimensionali e funzionali dell'intero sistema di città. 130. Le funzioni delle città: i centri di trasporto Il modello spaziale dei centri di trasporto è quello dell'allineamento - lungo coste, fiumi importanti e minori, canali o ferrovie. Gli itinerari seguiti per le comunicazioni formano gli assi lungo i quali le città si svilupparono e da cui dipese, almeno inizialmente, il loro successo dal punto di vista funzionale. 131. Le funzioni delle città: le città con funzioni speciali Le città con funzioni speciali sono quelle dedite ad attività minerarie, produttive o di altro tipo, la cui localizzazione è legata alla presenza di materie prime, a economie di agglomerazione o alla forza d'attrazione circolare e cumulativa esercitata da una concentrazione di mercati e lavoro in costante espansione. Le città con funzioni speciali danno vita a un modello specifico di aggregazione urbana: è il caso delle città minerarie e industriali del distretto della Ruhr (Germania), delle Midlands (Inghilterra) o del bacino del Donetz (Ucraina); altre volte assumono la forma delle concentrazioni metropolitane multifunzionali riconosciute dalle Metropolitan Statistical Areas (negli Stati Uniti) e dalle Census Metropolitan Areas (nel Canada), o si presentano come enormi o quantomeno onsiderevoli complessi urbanizzati, quali le aree metropolitane di Tokyo, Mosca, Parigi, Londra, Milano, Barcellona, Buenos Aires e altre in tutto il mondo. Un tratto comune a tutti gli insediamenti è la centralità a prescindere da quali siano le loro specializzazioni funzionali riconosciute. 132. La gerarchia urbana E’ una classificazione delle città in base a dimensioni e complessità funzionale. La gerarchia assume la forma di una piramide al cui vertice compaiono poche città grandi e complesse, mentre alla base si trovano molti centri più piccoli e di struttura più semplice. Quando alla gerarchia viene integrata una dimensione spaziale, appare chiaro che esiste un sistema areale di centri metropolitani, grandi città, piccole città e cittadine. Beni, servizi, comunicazioni e persone si muovono avanti e indietro all'interno della gerarchia. 133. Le città mondiali. VEDI 128 134. La gerarchia urbana. La legge rango-dimensione In alcuni Paesi, soprattutto quelli caratterizzati da economie complesse e una lunga storia urbana, la gerarchia relativa alle dimensioni delle città è sintetizzata dalla legge rango- imensione (rank-size rule). Secondo questa regola, la città che occupa il posto n per grandezza all'interno di un sistema nazionale di città, avrà dimensioni pari a 1/n di quelle della città più grande. In altri termini, il secondo insediamento in ordine di grandezza sarà equivalente alla metà di quello più grande, quello al decimo posto avrà dimensioni pari a 1/10 rispetto alla città collocata al primo posto. Benché nessun sistema nazionale di città soddisfi esattamente i requisiti della legge rango-dimensione, quelli della Russia e degli Stati Uniti vi si avvicinano molto. La possibilità di ordinare le città secondo il principio rango-dimensione è meno applicabile a Paesi caratterizzati da economie poco sviluppate, o a quelli nei quali il sistema di città è dominato da una città primate, ovvero una città le cui dimensioni sono molto più del doppio di quelle della città al secondo posto nella graduatoria; è il caso per esempio della Francia, in cui Parigi rappresenta un esempio di città primate dominante (tanto che anni fa si è potuto scrivere di "Parigi e il deserto francese"). 135. La gerarchia urbana. La città primate. Si tratta di una città le cui dimensioni sono molto più del doppio di quelle della città al secondo posto nella graduatoria; è il caso per esempio della Francia, in cui Parigi rappresenta un esempio di città primate dominante (tanto che anni fa si è potuto scrivere di "Parigi e il deserto francese"). Le città capitali di molti Paesi in via di sviluppo detengono questo tipo di primato indiscutibile. In parte si tratta di un retaggio del loro passato coloniale, quando lo sviluppo economico, l'amministrazione della colonia, così come i trasporti e le attività commerciali, erano concentrati in un unico punto: valgano come caso tipico il Kenya (dove Nairobi è la città primate) e svariati altri Paesi africani. Alcuni Paesi europei - come Francia, l'Austria e il Regno Unito - evidenziano anch'essi una struttura caratterizzata dalla presenza di città primate, che spesso si spiega con la precedente concentrazione del potere economico e politico attorno alla corte reale, in una capitale che magari rappresentava anche il centro amministrativo e commerciale di un più vasto impero coloniale. 136. La gerarchia urbana. Aree di influenza urbana Al di là dalla posizione all'interno della specifica gerarchia urbana in cui è inserito, ogni insediamento urbano esercita un'influenza sull'area immediatamente circostante. Tale influsso di norma è proporzionato alle dimensioni dell'unità urbana che lo esercita. Si dicono aree di influenza urbana le zone che si trovano all'esterno di una città ma gravitano comunque attorno a essa. Via via che la distanza da una comunità aumenta, l'influenza esercitata da quest'ultima sulla campagna circostante diminuisce. 137. La gerarchia urbana. Il modello di Christaller Nel 1933 il geografo tedesco Walter Christaller tentò di spiegare i tratti di regolarità inerenti le dimensioni, l'ubicazione e l'interdipendenza degli insediamenti. Egli decise di applicare la sua teoria delle località centrali a un contesto ideale semplificato. Christaller ipotizzò che si verificassero le seguenti condizioni: 1. Le cittadine che forniscono alle campagne circostanti beni fondamentali, quali generi alimentari e abbigliamento, si sviluppano in una pianura uniforme priva di barriere topografiche, di direzioni privilegiate del traffico, nonché di variazioni della produttività agricola. 2. La popolazione agricola è distribuita in modo uniforme in tale pianura. 3. Le persone hanno caratteristiche omogenee, vale a dire che hanno gusti, tipi di domanda e redditi simili. 4. Ogni tipo di prodotto o servizio disponibile alla popolazione distribuita nella pianura ha una propria soglia, ovvero un numero minimo di consumatori necessario per sostenerne l'offerta. Beni quali auto sportive o pellicce, essendo costosi o non molto richiesti, hanno una soglia elevata, mentre per tenere in vita un piccolo negozio di alimentari è necessario un numero inferiore di consumatori residenti in aree satelliti più limitate. 5. I consumatori acquistano beni e servizi presso la struttura più vicina (negozio o fornitore di servizi). Christaller giunse a due ulteriori importanti conclusioni: - Innanzitutto, le città di uguali dimensioni (livello funzionale) nel sistema di località centrali si trovano a una distanza uniforme l'una dall'altra; inoltre i centri più grandi (località di ordine superiore) sono più distanziati rispetto a quelli più piccoli. Ciò significa che esistono molte più città piccole che grandi. -In secondo luogo, il sistema di città è interdipendente: se una località centrale fosse eliminata, l’intero sistema dovrebbe essere riadattato per quanto riguarda il modello spaziale, i beni offerti, e così via. 138. La gerarchia urbana. La competizione per l’uso del suolo urbano Nel XIX sec, con l’aumento delle funzioni e della popolazione delle città, venne introdotto il trasporto pubblico, ma solo i terreni raggiungibili a piedi dalle stazioni o dai capolinea potevano essere integrati nella struttura urbana in espansione. Il terreno accessibile (e in quanto tale utilizzabile) era dunque una risorsa scarsa, ma con un elevato valore di mercato e imponeva un impiego intensivo, ad alta densità. A causa della limitata disponibilità di terreno utilizzabile, la città industriale tipica del periodo di diffusione del trasporto pubblico (la fine del XIX e l'inizio del XX secolo) era compatta, contraddistinta da un'elevata densità residenziale ed edilizia, con una netta contrapposizione fra usi urbani e non urbani nelle aree periferiche. Le città centrali più antiche, diffuse in particolare nella parte nord-orientale degli Stati Uniti e sud-orientale del Canada, risalivano a quell'epoca e presentavano le caratteristiche descritte. L’appetibilità di un lotto, e dunque il prezzo, era in funzione della sua accessibilità. Dato che i vari usi devono essere organizzati dal punto di vista spaziale, l’appetibilità di un lotto viene valutata in base alla sua accessibilità relativa rispetto a tutti gli altri usi del territorio urbano: i commercianti vogliono sistemarsi in un punto raggiungibile da potenziali clienti; le fabbriche devono trovare un luogo adatto dove organizzare i lavoratori e i materiali; i residenti vogliono poter raggiungere facilmente il lavoro, i negozi e le scuole. antibiotici e vaccini, per curare le malattie e contenere le infezioni, e quando sono stati stanziati più fondi per migliorare le strutture sanitarie. 154. Il Movimento naturale della popolazione Il movimento naturale di una popolazione in un anno è determinato dalla differenza fra le nascite ed i decessi ed è detto anche saldo naturale. 155. L’Indice di vecchiaia Rappresenta il grado di invecchiamento di una popolazione. È il rapporto percentuale tra il numero degli ultrasessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni. Ad esempio, nel 2017 l'indice di vecchiaia per l'Italia diceva che c’erano 165,3 anziani ogni 100 giovani. 156. L’Indice di dipendenza strutturale Rappresenta il carico sociale ed economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni). Ad esempio, teoricamente, in Italia nel 2017 ci sono stati 55,8 individui a carico, ogni 100 che lavoravano. 157. L’Indice di ricambio della popolazione attiva Rappresenta il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione (60-64 anni) e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro (15-19 anni). La popolazione attiva è tanto più giovane quanto più l'indicatore è minore di 100. Ad esempio, in Italia nel 2017 l'indice di ricambio era 128,2 e significa che la popolazione in età lavorativa è molto anziana. 158. Il Flusso migratorio della popolazione. In generale Il flusso migratorio della popolazione rappresenta le migrazioni, in termini di numero di trasferimenti di residenza, dall'Italia verso l'estero e viceversa. I trasferimenti di residenza sono riportati come iscritti e cancellati dall'Anagrafe dei comuni d'Italia. 159. Le "piramidi" demografiche VEDI 92 160. L’incremento naturale della popolazione Un paese con un’elevata percentuale di giovani registrerà un elevato tasso di incremento naturale. Il tasso di incremento naturale di una popolazione si ottiene sottraendo il tasso generico di mortalità dal tasso generico di natalità. Naturale significa che esso non tiene conto degli incrementi o decrementi dovuti alle migrazioni. 161. Il concetto di migrazione della popolazione Quando circa 11000 anni fa i ghiacciai continentali iniziarono a ritirarsi, lo spazio di attività e lo spazio di consapevolezza degli uomini dell'età della pietra erano limitati. Come conseguenza delle pressioni indotte dalla quantità di individui, dalla necessità di cibo, dai cambiamenti climatici e da altri incentivi, quegli spazi furono collettivamente allargati fino a comprendere il mondo intero. La migrazione – lo spostamento, permanente o a lungo termine, del luogo di residenza e dello spazio di attività - è stata uno dei temi durevoli della storia umana. Essa ha contribuito all'evoluzione di culture lontane, alla loro diffusione e a quella dei loro elementi attraverso l'interscambio e la comunicazione, e alla mescolanza, spesso complessa, di popoli e culture nelle varie aree del mondo. 162. I principali modelli di migrazione I flussi migratori possono essere analizzati su diverse scale: • dai massicci flussi torrenziali intercontinentali • alle decisioni individuali di trasferirsi in una nuova casa nella stessa area metropolitana. A ciascun livello - mentre rimangono costanti i fattori fondamentali che determinano il comportamento spaziale - variano quelli immediati di motivazione, i quali influenzano l'interazione spaziale con impatti diversi sui modelli di popolazione e sui paesaggi culturali. - I MOVIMENTI INTERCONTINENTALI vanno dai primissimi popolamenti del mondo abitabile ai più recenti esodi dei profughi asiatici o africani verso i Paesi dell'Europa o dell'emisfero occidentale. La struttura demografica degli Stati Uniti, del Canada, dell'Australia e della Nuova Zelanda, dell'Argentina, del Brasile e di altri Paesi sudamericani è un riflesso e un risultato dei massicci flussi intercontinentali di migranti che iniziarono come un rivolo durante il XVI e il XVII secolo, per diventare un torrente durante il XIX e l'inizio del XX secolo. - I MOVIMENTI INTERNAZIONALI: nel XX secolo, la seconda guerra mondiale (1939- 1945) e l'immediato dopoguerra causarono oltre 25 milioni di trasferimenti permanenti di popolazione, tutti a livello internazionale, ma non intercontinentale. - I MOVIMENTI INTRACONTINENTALI E INTERREGIONALI: comportano movimenti tra Paesi e all'interno degli stessi, perlopiù in risposta a valutazioni, individuali e di gruppo, di prospettive economiche migliori; ma sovente tali migrazioni sono una forma di fuga da condizioni ambientali, militari, economiche o politiche difficili o pericolose. I milioni di persone che hanno lasciato le loro terre a seguito del collasso dei sistemi economici socialisti dell'Europa dell'Est sono un esempio di questo tipo di fuga. Tra il 1980 e il 2005 l'Europa ha dato asilo a circa 23 milioni di nuovi arrivati, spesso profughi, che si sono aggiunti ai 15 milioni di lavoratori migranti ("lavoratori ospiti") già presenti nei Paesi dell'Europa occidentale all'inizio degli anni Novanta. - MODELLO MIGRATORIO DALLA CAMPAGNA ALLA CITTA’: nel XX secolo, quasi tutti i Paesi occidentali assistettero a un cospicuo movimento di individui dalle zone agricole alle città. Tale movimento perpetuava un modello migratorio dalla campagna alla città che era cominciato con una certa intensità durante il XVIII secolo, proseguendo in quello successivo (con la rivoluzione industriale) e che attualmente è ancora più massiccio dei flussi migratori internazionali. I rapidi aumenti delle popolazioni agricole povere nei Paesi in via di sviluppo esercitano pressioni crescenti e insostenibili sul suolo, sui combustibili e sulle risorse idriche nelle località rurali. La privazione di terra e la fame, come pure la perdita di coesione sociale causata dalla crescente competizione per le risorse in diminuzione, determinano una spinta migratoria verso le città. Ne consegue che, mentre nei Paesi più sviluppati il tasso di crescita urbana è in diminuzione, l'urbanizzazione nel mondo in via di sviluppo continua rapidamente. 163. I movimenti migratori intercontinentali VEDI 162 164. I movimenti migratori internazionali VEDI 162 165. Le migrazioni intracontinentali e interregionali VEDI 162 166. Il modello migratorio dalla campagna alla città VEDI 162 167. I tipi di migrazione: le migrazioni forzate Una tipologia di flusso migratorio è quello della MIGRAZIONE FORZATA: in questo caso a prendere la decisione del trasferimento sono esclusivamente individui diversi dai migranti stessi. Un esempio di questo tipo di movimento migratorio è quello che avvenne dalla fine del XVI secolo all'inizio del XIX, in cui gli africani che vennero trasferiti con la forza come schiavi nell'emisfero occidentale furono probabilmente da 10 a 12 milioni. La metà o più furono destinati nei Caraibi e la maggior parte dei rimanenti nell'America centrale o meridionale, mentre quasi un milione raggiunse gli Stati Uniti. 168. La migrazione volontaria MIGRAZIONE VOLONTARIA: rappresenta la grande maggioranza dei movimenti migratori; fondamentalmente, le migrazioni hanno luogo perché i migranti ritengono che le loro opportunità e condizioni di vita saranno migliori nella loro meta rispetto a quanto lo siano nella loro ubicazione di partenza. La povertà rappresenta il maggiore incentivo. Nei paesi in via di sviluppo la povertà colpisce maggiormente le campagne: dai 20 a 30 milioni degli abitanti delle campagne si trasferisce ogni anno nei paesi e nelle città, molti come "profughi ambientali" che abbandonano la terra talmente erosa o depauperata da non poter più essere loro di sostentamento. Nelle città, essi raggiungono il 40% o più della forza lavoro che è disoccupata o sottoccupata nel proprio paese di origine e che cerca un accesso legale o illegale alle più promettenti economie del mondo sviluppato. Tutti gli individui, di campagna o di città, reagiscono alle stesse forze basilari - la spinta della povertà e la capacità di attrazione dell'opportunità percepita o sperata. 169. L’emigrazione italiana L'Italia è stata, sin dalla sua unificazione, una nazione che ha conosciuto il fenomeno dell'emigrazione. Per più di cento anni, la popolazione fuoriuscita dal paese ha raggiunto territori lontani - come le Americhe, a cavallo tra i secoli XIX e XX - e nazioni più vicine - come quelle dell'Europa occidentale, soprattutto (ma non solo) nel secondo dopoguerra. Un elemento rilevante che si afferma riguarda la provenienza dell'emigrante: se i primi a partire, dopo l'unità, erano stati individui provenienti dalle regioni settentrionali, seguiti successivamente anche dal resto dell'Italia, nel secondo dopoguerra l'emigrazione si "meridionalizza". 170. L’immigrazione in Italia A partire dagli anni ‘70 del 1900, in Italia cominciano ad arrivare i primi lavoratori provenienti da Paesi extraeuropei. All'inizio il fenomeno ha caratteristiche particolari sia riguardo all'area di provenienza sia riguardo all'attività lavorativa, sia, ancora, al genere. Le prime presenze significative si registrano nella cittadina siciliana di Mazara del Vallo, dove le attività della pesca e dell'agricoltura richiamano molti lavoratori, maschi, tunisini. Un altro tipo di arrivi, che non riguarda un'area particolare dell'Italia, è caratterizzato da una manodopera femminile impegnata nel lavoro domestico. Negli ultimi 30 anni le migrazioni hanno assunto caratteristiche differenti: sono più diversificate (sia nella durata che nella professione) e la provenienza tocca tutte le aree del mondo. 171. Push et pull factors migratori I fattori di spinta (push factors) alla migrazione, fra essi si possono annoverare la disoccupazione, la mancanza di opportunità professionali, il sovraffollamento o lo sgombro dei quartieri degradati, oltre alla povertà, alla guerra e alla fame. Le presumibili condizioni positive del luogo di destinazione prendono il nome di fattori di attrazione (pull factors). Di essi fanno parte tutte le caratteristiche di attrazione che si presume esistano nelle nuove ubicazioni: sicurezza e cibo, opportunità di lavoro, clima migliore, tasse meno gravose, più spazio e così via, perlopiù in risposta a valutazioni, individuali e di gruppo, di prospettive economiche migliori; ma sovente tali migrazioni sono una forma di fuga da condizioni ambientali, militari, economiche o politiche difficili o pericolose. 172. Le leggi di Ravenstein Negli anni Settanta e Ottanta dell'Ottocento E.G. Ravenstein (1834-1913) formalizzò una serie di "leggi della migrazione". Tra le più importanti vi sono le seguenti. 1. La maggior parte dei migranti percorre soltanto una breve distanza. 2. La migrazione a più lunga distanza favorisce le mete verso grandi città. 3. La maggior parte delle migrazioni procede passo per passo. 4. La maggior parte delle migrazioni ha luogo dalla campagna verso la città. 5. Ciascun flusso migratorio produce un controflusso. 6. La maggior parte dei migranti è costituita da adulti; è meno probabile che le famiglie operino trasferimenti a livello internazionale. 7. La maggior parte dei migranti internazionali è composta da giovani di sesso maschile. considerevolmente di anno in anno, influenzato in modo negativo o favorevole dalle condizioni climatiche, dai danni causati dagli insetti, dalle malattie delle piante e da altri fattori operanti nel corso della stagione vegetativa. Le più recenti pratiche agricole sono state caratterizzate dall’aumento dei fattori produttivi come l'acqua, i fertilizzanti, i pesticidi e la manodopera, così da incrementare i raccolti. La pratica tradizionale di lasciare inselvatichire i terreni a riposo, per rinnovarne la fertilità, è stata ampiamente abbandonata e, nelle regioni in cui il clima lo permette, in Asia e persino in Africa, per soddisfare la crescente domanda alimentare sono aumentati i doppi e tripli raccolti e terreni in passato marginali sono stati oggetto di un utilizzo quasi ininterrotto. Alla base della rivoluzione verde c’è il miglioramento genetico del riso e del frumento. L’adozione di nuove varietà e delle necessarie innovazioni in termini di irrigazione, meccanizzazione, fertilizzazione e impiego di pesticidi ha creato una nuova agricoltura ad “alto investimento- alta resa”. L’incremento nella produzione innescato dalla rivoluzione verde ha contribuito ad alleviare alcune delle crisi di scarsità previste per le regioni ad agricoltura di sussistenza. Però c’è un rovescio della medaglia: l’irrigazione, necessaria per la “rivoluzione verde”, ha distrutto vasti tratti di terreno a causa dell’eccessiva salinità del terreno; si è verificato un grave impoverimento delle falde acquifere a cause dell’irrigazione; si temono conseguenze genetiche a causa dell’abbandono dell’agricoltura tradizionale e di conseguenza si perde anche la sicurezza alimentare garantita dalla molteplicità di specie botaniche. - L’agricoltura di MERCATO:tipica delle economie avanzate, specializzata, ad alto investimento di capitali e quasi industriale, concepita per destinare i prodotti lontano dai luoghi di produzione; con essa si intende quel tipo di agricoltura che mira a massimizzare i profitti, non ad assicurare il minimo vitale alimentare; le attività agricole sono generalmente orientate alla domanda del mercato e sono connesse ai consumi di una società più ampia, anziché ai bisogni immediati degli stessi coltivatori. I contadini poveri, incapaci di permettersi l'investimento di capitale richiesto dalla "rivoluzione verde", sono stati soppiantati dalla monocoltura di mercato, spesso orientata verso coltivazioni agroindustriali, concepite per l'esportazione piuttosto che per la produzione alimentare a uso del mercato interno. L’agricoltura di mercato può essere intensiva - in cui i contadini impiegano grandi quantità di capitali e/o di lavoro per unità di superficie - oppure estensiva – caratterizzata da grandi fattorie produttrici di cereali e/o dall’allevamento di bestiame brado al pascolo -. 181. L’agricoltura di sussistenza intensiva VEDI 180 182. L’agricoltura di sussistenza estensiva VEDI 180 183. L’agricoltura di sussistenza urbana VEDI 180 184. L’agricoltura di piantagione VEDI 180 185. La "rivoluzione verde" VEDI 180 186. L'agricoltura di mercato VEDI 180 187. Il modello di localizzazione agricola di von Thünen VEDI 89 188. Parlare dell’attività primaria: la pesca Sebbene la pesca e i frutti di mare incidano per meno del 20% sul consumo di proteine animali umane, si ritiene che un miliardo di persone dipenda dal pesce come fonte principale di proteine, soprattutto nei Paesi a basso reddito dell'Asia orientale e sud- orientale, dell'Africa e di parte dell'America Latina. Il pesce è molto importante anche nella dieta dei Paesi più avanzati. Mentre il 75% circa del prodotto ittico annuale mondiale è consumato dagli esseri umani, il restante 25% è trasformato in alimento per il bestiame o impiegato come fertilizzante. La fornitura annuale di pesce proviene da 3 fonti: 1. la pesca nelle acque interne (stagni, laghi e fiumi); 2. l’allevamento ittico, in cui i pesci crescono in un ambiente controllato e ristretto; 3. la pesca marittima, che comprende tutto il pesce non di allevamento catturato nelle acque costiere o in mare. Le aree di pesca sono sempre più danneggiate dall’inquinamento provocato dal deflusso continentale e dallo scarico di rifiuti in mare; in alcune zone il danno è stato talmente grave da portare alla distruzione delle riserve di pesci e molluschi; inoltre la produttività della pesca in mare si è ridotta a causa della pesca indiscriminata. 189. Parlare della selvicoltura Prima del ritiro dei ghiacciai continentali, circa 12000 anni fa, e dello sviluppo dell'agricoltura, le foreste e i terreni boscosi coprivano probabilmente un buon 45% della superficie terrestre, esclusa l'Antartide. La selva costituiva un ambiente protettivo e produttivo per le antiche società, che si sostentavano con la raccolta della frutta, delle noci, delle bacche, delle foglie, delle radici e delle fibre ricavate dagli alberi e dagli arbusti. Il manto forestale ricopre ancora il 30% circa della superficie del pianeta, malgrado i millenni di disboscamenti provocati da agricoltura e allevamento, dalla richiesta locale o dal commercio di legname da opera, da costruzione e da combustione. Come fonte di materie prime industriali, però, le foreste costituiscono un'area più ristretta. Le foreste di interesse commerciale sono ridotte a due vastissime fasce: una, quasi ininterrotta, si trova nelle latitudini medie e settentrionali dell'emisfero nord; l'altra è collocata nelle zone equatoriali dell'America meridionale e centrale, dell'Africa centrale e dell'Asia sud- orientale. Queste fasce forestali differiscono per tipo di alberi e di mercato di sbocco, o comunque di utilizzo. Circa il 47% del raccolto annuale di legname avviene per il consumo industriale; a sua volta, il 73% di tale percentuale è il risultato della produzione dei Paesi industrializzati tratta dalla fascia forestale temperata e boreale. Metà di tutta la produzione industriale di legno proviene dagli Stati Uniti, dal Canada e dalla Federazione Russa. Data soprattutto la distanza dai principali mercati industriali del legno, nel 2000 i Paesi poveri, nel complesso, incidevano per meno di un quarto sulla produzione industriale di legno. La logica dell'analisi di von Thünen sui costi di trasporto e l'accessibilità dei mercati aiuta a spiegare il modello. L'altra metà (53%) della produzione di legname è destinata a uso combustibile diretto o alla produzione di carbonella; il 90% della produzione mondiale di legna da ardere proviene dalle foreste dell'Africa, dell'Asia, dell'Oceania e dell'America Latina. Dal momento che le popolazioni dei Paesi poveri dipendono largamente dal legno da fuoco e dalla carbonella, la crescita demografica ha provocato un forte depauperamento delle riserve forestali dei tropici. 190. La localizzazione delle attività umane Ogni attività umana ha un'espressione spaziale. Nei diversi sistemi economici si riconoscono regioni di concentrazione industriale, aree di specializzazione e luoghi specifici destinati a fabbriche e magazzini. Se le attività primarie sono legate alle risorse naturali che vengono sfruttate, la localizzazione è quindi predeterminata dalla distribuzione di tali risorse e dalle condizioni naturali che interessano agricoltura e allevamento. Gli stadi successivi delle attività economiche (oltre quello primario), invece, appaiono sempre più svincolati dalle caratteristiche dell'ambiente fisico. In questo caso, sviluppo, distribuzione, comunicazione e gestione consentono di localizzare l'impresa in risposta a influenze culturali ed economiche anziché fisiche. Si tratta di attività mobili, non legate allo spazio. Le decisioni assunte in materia di localizzazione e i modelli economici che ne risultano cambiano con il tipo o il livello di attività economica in questione. Le attività secondarie, incentrate sulla lavorazione dei materiali e sulla produzione di merci, richiedono condizioni spaziali diverse dalle attività al dettaglio del terziario o dei poli di ricerca e dei complessi d'uffici delle attività quaternarie e quinarie. Si presume, comunque, che per l'industria e per gli altri tipi di attività si possa identificare un insieme ricorrente di vincoli economici. 191. La localizzazione delle attività secondarie e dei servizi Nel caso delle attività economiche del settore secondario e fino al quinario, la scelta della localizzazione è più complessa, richiedendo di valutare le "spinte" localizzative connesse a considerazioni plurime sui costi e sulle prospettive di profitto. Sul versante della domanda, a definire le aree in base alle opportunità commerciali è la distribuzione della popolazione e della capacità di acquisto. La localizzazione regionale delle attività del terziario - vendite e servizi – può risultare quasi altrettanto fissa di quella delle attività primarie, sebbene le decisioni in proposito siano più complesse. Sul versante dell'offerta, prendere decisioni comporta, per gli industriali, un insieme di equazioni più elaborato. I produttori devono considerare il costo delle materie prime, la distanza tra queste ultime e i mercati, il costo della manodopera, le spese per il combustibile, la disponibilità e i costi di capitale e una serie di altri oneri, relativi al processo di produzione e distribuzione. 192. Concetti e vincoli delle attività secondarie e dei servizi Si presuppone che produttori e venditori di merci e servizi mirino alla massimizzazione dei profitti. Per raggiungere tale obiettivo, ciascuno di questi soggetti deve tenere conto dei costi di produzione e di quelli derivanti dal mercato, nonché dei condizionamenti della politica, della concorrenza e di altri fattori limitativi, non ultimi i capricci del comportamento individuale. Alla fine bisogna comunque supporre che, nelle economie di mercato, la migliore valutazione della correttezza delle decisioni economiche sia determinata dal meccanismo di mercato. Spesso tuttavia i meccanismi del mercato vengono analizzati al di fuori di un contesto territoriale e gli economisti trattano la domanda, l’offerta e il prezzo come se tutta la produzione, gli acquisti e le vendite avvenissero in un unico punto. Sappiamo che le attività umane si svolgono in un contesto preciso e che né la popolazione, né le risorse, né le opportunità sono distribuite in maniera uniforme sulla terra. Ci rendiamo conto che il luogo o i luoghi della produzione possono differire da quelli della domanda. Comprendiamo che esistono relazioni e interazioni spaziali fondate sull'offerta, la domanda e il prezzo di equilibrio. Ci accorgiamo che esistono una geografia dell'offerta, una geografia della domanda e una geografia del costo. Per un effetto moltiplicatore, ogni impresa che si aggiunge all’agglomerazione porterà a un ulteriore sviluppo di infrastrutture e connessioni; questo effetto implica anche l’incremento demografico e dunque l’espansione del mercato e dei bacini comuni di manodopera. 201. Le principali concentrazioni industriali sul pianeta Nel corso degli anni le decisioni localizzative hanno creato un caratteristico modello mondiale delle manifatture, in cui vi è la preminenza di un numero ridotto di grandi concentrazioni industriali industriali all’interno di un gruppo ristretto di nazioni, principalmente appartenenti al mondo “industrializzato” o “sviluppato”. Si possono individuare 4 principali regioni manifatturiere: gli Stati Uniti orientali, l’Europa centrale e occidentale, l’Europa orientale e l’Asia orientale. Si stima che nel complesso le industrie di queste aree incidano per 3/5 della produzione manifatturiera mondiale. Gli Stati Uniti e i paesi europei sono sempre più post-industriali e i processi manifatturieri e di lavorazione al loro interno hanno un’importanza relativa decrescente. La rigida divisione tra mondo sviluppato e in via di sviluppo è andata sfumando e la vasta gamma di attività industriali si è dispersa all’interno di un elenco di nazioni in continua crescita. 202. L'orientamento localizzativo delle industrie verso le materie prime I materiali grezzi possono attirare i settori che li lavorano quando sono ingombranti, perdono notevolmente di peso nel corso della lavorazione o sono altamente deperibili. La fusione del rame e l'arricchimento dei minerali di ferro sono esempi di industrie che riducono il peso (le impurità) e vengono situate presso i giacimenti minerari. Le industrie di lavorazione della pasta di legno, le cartiere e le segherie si trovano in aree vicine o con accesso ai boschi e alle foreste. La ragione è semplice: è più facile e più economico trasportare sui mercati un prodotto raffinato o stabilizzato che un prodotto pieno di materiali destinati allo scarto, o soggetto a deterioramento e riduzione di valore. I conservifici di frutta e verdura della California, l'industria alimentare della Food Valley emiliana (formaggi, pasta, prodotti da forno, conserve di frutta), gli oleifici dell'Andalusia, l'industria casearia danese e olandese sono esempi diversi, ma accomunati dall'orientamento verso le materie prime. La varietà di materie prime impiegate può imporre un'ubicazione intermedia degli impianti: il minor costo, infatti, può risultare non dal costo di un singolo materiale grezzo, ma dai costi spazialmente differenziati di diverse materie prime che devono essere riunite. 203. L'orientamento localizzativo delle industrie verso l’energia Risorse energetiche inamovibili oppure di limitata trasferibilità possono attrarre alcune industrie da esse dipendenti. Così avvenne agli inizi della rivoluzione industriale: le località ricche di energia idraulica determinavano la localizzazione delle industrie tessili (per esempio, in Lombardia, lungo il corso dell'Olona) il combustibile (carbone di legna e poi carbone da coke) attirava le acciaierie e le aziende siderurgiche e metallurgiche (le Midlands in Inghilterra, il distretto della Ruhr in Germania e il bacino del Donec in Ucraina). 204. L’orientamento localizzativo delle industrie sulla manodopera Anche la manodopera è una variabile spaziale che influenza le decisioni localizzative e lo sviluppo industriale. Tradizionalmente, si consideravano determinanti per la manodopera tre diversi fattori, indipendenti o in combinazione: il prezzo, la specializzazione e la quantità. Per alcune attività è necessaria forza lavoro a basso costo, mentre per altre la manodopera qualificata può rappresentare un'attrazione localizzativa. Gli utensili meccanici in Svezia, gli strumenti di precisione in Svizzera, i prodotti elettronici e ottici in Giappone sono tutti esempi di industrie che hanno creato una specializzazione professionale locale e vi fanno assegnamento. In un mondo sempre più ad alta tecnologia, caratterizzato da automazioni, elettronica e robot industriali, la manodopera qualificata - anche a elevati costi unitari - è spesso più richiesta della forza lavoro generica e poco istruita. 205. L’orientamento localizzativo delle industrie sul mercato Questo orientamento verso il mercato si riflette anche nella localizzazione, nel Nordamerica, delle fabbriche di auto o degli impianti di assemblaggio di case automobilistiche asiatiche ed europee. Le vaste concentrazioni urbane rappresentano dei mercati che hanno sempre attratto i produttori di merci. Non è facile, in realtà, distinguere in modo chiaro tra le città come mercato e le città come bacini di manodopera. Comunque sia, molte attività manifatturiere sono attirate dalle maggiori metropoli. 206. I costi di trasporto delle merci Molte attività manifatturiere sono attirate dalle maggiori metropoli. Certi produttori appaiono inseparabili dai mercati limitrofi che servono e sono così capillarmente distribuiti da essere noti come industrie ubiquitarie. Ne sono esempio gli editori di quotidiani, i panifici e i caseifici, che producono tutti merci altamente deperibili, o comunque destinate al consumo immediato. Per esempio, gli imbottigliatori di bevande analcoliche aggiungono grandi quantità di acqua a piccole quantità di sciroppo concentrato, ottenendo un prodotto voluminoso, di valore relativamente basso. Tutti i costi di trasporto si riducono se è soltanto il concentrato a essere mandato agli imbottigliatori locali. Le fabbriche di imbottigliamento di analcolici appartengano al novero delle industrie ubiquitarie. Il trasporto su vie navigabili è il sistema di spostamento di merci più economico per la lunga distanza e presenta costi operativi e diritti di transito contenuti. Il miglioramento delle vie d'acqua interne e la costruzione di canali segnò, in Europa, la prima fase della rivoluzione industriale e costituì il primo stadio di sviluppo dei trasporti moderni negli Stati Uniti. 207. La teoria del minor costo di Alfred Weber La teoria della localizzazione industriale o teoria del minor costo, si fonda sul lavoro di Alfred Weber (1868-1958) ed è a volte chiamata analisi weberiana. Il modello spiega la localizzazione ottimale di uno stabilimento manifatturiero in termini di minimizzazione di tre spese base: costi relativi al trasporto, costi di manodopera e costi di agglomerazione. Weber formulò 5 assunti di controllo: 1. L’area è completamente uniforme dal punto di vista fisico, politico, culturale e tecnologico (principio della pianura uniforme); 2. Le attività manifatturiere riguardano un unico prodotto da trasportare a un unico mercato; 3. Gli input concernono materie prime provenienti da più fonti conosciute, situate in luoghi diversi; 4. La manodopera è disponibile in maniera illimitata ma immobile sul posto; 5. I percorsi di trasporto non sono fissi, ma collegano punto d’origine e di destinazione per la via più breve e i costi di trasporto riflettono il peso degli articoli trasportati e la distanza da percorrere. Da questi principi Weber deduce il minimo costo di trasporto, attraverso il triangolo localizzativo, che risulterà essere un punto intermedio all’interno di tale triangolo. 208. L’outsourcing: la deconcentrazione e la delocalizzazione industriale Con outsourcing si intende la produzione all’estero per il mercato interno. Esso è divenuto un elemento chiave nell’acquisizione just in time di componenti pre-assemblate per la fabbricazione modulare di prodotti finiti, che spesso vengono costruiti solo in risposat a effettivi ordini emessi dagli acquirenti. Un esempio regionale caratteristico di deconcentrazione industriale diversificata attraverso l’outsourcing si trova lungo il confine settentrionale del Messico. Negli anni Sessanta il Messico promulgò una legge che permetteva a società straniere, in particolare statunitensi, di costituire aziende "consorelle", chiamate maquiladoras, entro venti chilometri dal confine con gli Stati Uniti, per l'assemblaggio libero da imposte di prodotti destinati a essere esportati di nuovo. Nel giro di pochi anni sorsero oltre 3000 di questi stabilimenti di assemblaggio, nei quali si lavoravano soprattutto prodotti elettronici e tessili, articoli d'arredamento e capi in pelle, giocattoli e componenti per l'automobile. Gli impianti assicurarono occupazione diretta e indiretta a più di un milione di lavoratori messicani e a parecchi cittadini statunitensi, impiegati dalle maquilas sul versante americano. In Europa, dopo l'allargamento della UE a 27 paesi (2007), i vantaggi dell'outsourcing risultano particolarmente rilevanti quando gli operatori economici decentrano alcune fasi produttive nei paesi dell'Est di recente sviluppo, come avviene per esempio in Romania, dove diverse imprese tessili, calzaturiere e dell'abbigliamento del Veneto operano nell'area di Timisoara. 209. I servizi: il terziario Le attività terziarie forniscono servizi ai settori primario e secondario, alla comunità in generale e all'individuo e perseguono finalità diverse dall'effettiva produzione di beni tangibili. I paesi avanzati, che in origine dominavano la scena manifatturiera mondiale, nell'ultimo terzo del XX secolo hanno visto ridurre la propria precedente supremazia industriale o l'hanno addirittura perduta. I vantaggi competitivi nell'ambito manifatturiero, un tempo appannaggio dei paesi sviluppati, non si sono più potuti mantenere e sono stati sostituiti da nuovi orientamenti economici, che enfatizzano le attività di servizio e l'informazione. Le economie avanzate nelle quali si è compiuta in maniera più completa questa transizione sono spesso definite "postindustriali". Terziario e servizi sono termini estesi e imprecisi che coprono una vasta gamma di attività: dal negozio di barbiere all'angolo, alla presidenza della Banca Mondiale. Ovviamente la categoria composita del terziario andrebbe disaggregata, per distinguere tra quelle attività che rispondono alle esigenze della vita e del sostentamento quotidiano, individuale o delle comunità locali, e quelle che riguardano i compiti dirigenziali professionali, amministrativi e finanziari su scala regionale, nazionale e internazionale. Sarà utile restringere il significato del termine "terziario", limitandolo ai servizi di basso profilo, largamente connessi alle necessità quotidiane della gente, e alla comune gamma di funzioni che si svolgono nei centri urbani grandi e piccoli di tutto il mondo. 210. I servizi: il quaternario Le attività più specializzate di informazione, ricerca e gestione ad alto livello devono essere attribuite alle categorie distinte del "quaternario" e del "quinario" con caratteristiche e significato del tutto dissimili e peculiari. Alcuni servizi si occupano della vendita di merci all'ingrosso e al dettaglio e attribuiscono ad articoli prodotti altrove ciò che gli economisti definiscono utilità di posizione. Essi svolgono la funzione di scambio nelle economie avanzate e forniscono le transazioni di mercato necessarie alle società altamente interdipendenti. Nelle economie commerciali, le attività si servizio avanzate offrono anche informazioni vitali sulla domanda di mercato, senza le quali è impossibile prendere decisioni operative giustificabili sotto il profilo economico. Il settore quaternario può essere con buona approssimazione considerato una forma avanzata di servizi riguardanti conoscenze specialistiche, competenze tecniche, abilità comunicative o capacità amministrative. Si tratta di compiti che vengono svolti negli uffici, nelle aule scolastiche e universitarie, negli ospedali e negli studi dei medici, nei teatri, nelle agenzie di gestione della contabilità e di intermediazione ecc. Grazie alla crescita esplosiva della domanda e del consumo dei servizi fondati sull'informazione - gestori di fondi di investimento, consulenti fiscali, creatori di software, studiosi di statistica, ecc. - il settore quaternario, nelle economie più sviluppate, ha sostituito l'occupazione del settore primario e secondario come base della crescita economica. In effetti, oltre la metà dei lavoratori nelle economie ricche appartengono al solo "settore della conoscenza", cioè si occupano della produzione, immagazzinamento, recupero o distribuzione di informazioni.
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